Manuela D’Orazio Martina Giammarino Florinda Romano Gessica Mazziotti Classe IV A Mercurio La “legge Biagi”, entrata in vigore il 23 ottobre 2003 ha rivoluzionato il mercato del lavoro introducendo, alcune importanti novità. Lo scopo essenziale della riforma, è quello di creare un sistema dotato di strumenti in grado di garantire un mercato del lavoro efficiente, trasparente e flessibile e in grado di migliorare le capacità di inserimento dei disoccupati e di coloro che sono in cerca di una prima occupazione, rivolgendo quindi una particolare attenzione alle fasce più deboli. Gli obiettivi principali della riforma sono: aumentare in breve tempo il numero delle persone che lavorano regolarmente:le norme attuali sono in parte responsabili di aver reso l’Italia il Paese con il tasso di occupazione regolare più basso e con il più alto numero di lavoratori in nero. Lo sviluppo economico deve invece accompagnarsi a una più elevata capacità di produrre posti di lavoro; aumentare l’occupazione dei giovani nel Mezzogiorno e delle donne:questo è possibile con un mercato del lavoro trasparente e con un sistema di servizi pubblici e privati che facilitano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro; promuovere un lavoro regolare, non precario e con tutele effettive:regole più moderne vogliono favorire l’adattamento tra le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese, con particolare attenzione all’orario di lavoro. La riforma Biagi è stata accolta da tutti in maniera positiva, ma nello stesso tempo ha suscitato molte perplessità legate soprattutto al rischio di un aumento della precarietà. Gli istituti come il lavoro a chiamata, il part-time flessibile, sembrano rivelarsi inadatti sia ad attirare l’attenzione degli imprenditori, sia a stimolare l’offerta di lavoro. E’ venuta meno la consapevolezza del fatto che il lavoro irregolare rappresenta uno dei maggiori ostacoli e che sarebbe stato necessario un maggior coordinamento tra flessibilità nell’interesse delle imprese, flessibilità nell’interesse dei lavoratori e semplicità regolativa. Le novità introdotte riguardano: la liberalizzazione del collocamento; la liberalizzazione del part-time; la creazione di nuove forme contrattuali; Tutti i servizi per il mercato del lavoro, oltre che dai centri per l’impiego, potranno essere svolti anche da organismi privati o privato-sociali (come le nuove Agenzie per il lavoro, sindacati,enti locali, ecc.).I Comuni inoltre, potranno svolgere il collocamento prestando una maggiore attenzione ai soggetti svantaggiati. I servizi svolti dai privati sono gratuiti per i lavoratori e onerosi per le imprese; essi, insieme ai servizi pubblici saranno collegati in rete attraverso il sil (sistema informativo del lavoro) dando così luogo alla borsa del lavoro, una banca dati dei lavoratori attivi e in cerca di occupazione. C’è da dire infine, che un datore di lavoro, ogni volta che instaura un rapporto lavorativo può ricorrere alla certificazione; in questo modo la qualificazione del rapporto di lavoro è convalidata a tutti gli effetti e fin dall’inizio. E’ stata introdotta la distinzione tra part-time orizzontale e part-time verticale o misto. Il primo caso si ha quando il lavoratore ha un orario ridotto tutti i giorni, ma è previsto che nell’arco di una giornata lavorativa, il datore può richiedere prestazioni supplementari. La seconda ipotesi invece, si verifica quando il lavoratore è a tempo pieno ma lavora solo alcuni giorni della settimana, del mese o dell’anno oppure quando il rapporto lavorativo è una combinazione tra i due diversi tipi di part-time. Adottando queste due ultime possibilità, il datore senza ottenere il consenso ma aumentando la retribuzione, può chiedere di cambiare giornata o periodo di prestazione lavorativa. Inoltre sono previste agevolazioni per i lavoratori anziani che volessero passare al part-time in modo da favorire l’occupazione giovanile. Le nuove tipologie di contratto sono: lavoro interinale (già introdotto dalla legge Treu); lavoro a progetto; lavoro occasionale; staff leasing; lavoro a chiamata; job sharing; apprendistato; contratto di inserimento; tirocinio estivo di orientamento. Il lavoro interinale è stato introdotto dalla legge Treu (196/97) ed è una particolare forma di lavoro nella quale un’impresa (impresa fornitrice) mette uno o più lavoratori, che non abbiano una qualifica dirigenziale (prestatori di lavoro temporaneo) a disposizione di un’altra impresa (impresa utilizzatrice). Le imprese, oltre che nelle situazioni previste dalla legge, possono “affittare” lavoratori anche in situazioni strutturali di carattere produttivo e organizzativo; saranno i contratti collettivi a stabilirne i limiti quantitativi. A parità di mansioni,chi presta lavoro temporaneo dovrà subire un trattamento economico e normativo pari a quello dei dipendenti dell’impresa utilizzatrice. Il lavoro interinale non può essere utilizzato per sostituire i lavoratori in sciopero e i licenziati collettivamente nei sei mesi precedenti. Il lavoro a progetto va a sostituire i cosiddetti co.co.co., una via di mezzo tra lavoro autonomo e subordinato. Il datore di lavoro definisce un programma di attività, che affida al lavoratore a progetto, il quale lo esegue con autonomia, senza uno specifico orario di lavoro. La durata dovrà essere superiore ai 30 giorni nell’anno per lo stesso committente, eccetto quando il compenso è superiore a 5000 euro. Il lavoratore agisce in assenza del rischio economico ma con autonomia organizzativa e senza subire alcun potere direttivo da parte del committente. Le collaborazioni coordinate continuative (co.co.co.) rimarranno invariate per migliaia di persone: sono infatti esclusi dall’applicazione dei contratti a progetto coloro che collaborano con società sportive, gli amministratori di società, coloro che sono iscritti in un albo professionale, ecc.. Lo scopo di questo cambiamento è quello di evitare tutte quelle situazioni, in cui dietro un co.co.co. si nasconde un dipendente vero e proprio al quale però l’impresa versa solo il 14% dei contributi (e non il 32.7%) e non gode delle tutele tipiche del lavoro subordinato. I “rapporti occasionali” o “accessori” hanno una durata non superiore ai 30 giorni nel corso dell’anno con lo stesso committente, con un compenso che può superare i 5000 euro. Rientrano in questa categoria le prestazioni di tipo assistenziale senza fini di lucro come lavori domestici, assistenza a bambini o anziani ecc. ; possono essere svolte solo da soggetti a rischio di esclusione sociale (disoccupati,disabili, ecc.). I datori di lavoro devono acquistare un carnet di buoni, il cui valore nominale é determinato in base alla media delle retribuzioni. I contributi dovuti all’ Inps sono pari al 13% del valore nominale; quelli dovuti all’ Inail al 7%. Lo staff leasing è una nuova forma contrattuale nata negli Stati Uniti e permette alle aziende di affittare manodopera a tempo indeterminato, ma solo per motivi tecnici e organizzativi. Il “leasing di manodopera” è possibile solo in una serie di casi contenuti in un elenco tassativo: consulenza e assistenza nel settore informatico; servizi di pulizia, custodia e portineria, gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi e magazzini, ecc. Il lavoro a chiamata, detto anche “job on call” o “lavoro intermittente”, è un contratto con il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro, che può chiamarlo quando ne ha bisogno. Se il lavoratore garantisce la risposta alla chiamata, oltre alla retribuzione per le ore di lavoro effettive, quando non lavora percepisce un’indennità di disponibilità; in caso contrario questo diritto viene meno. Inoltre, se garantisce la risposta, un suo eventuale rifiuto può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione dell’indennità di disponibilità e il risarcimento del danno. I soggetti interessati sono: i giovani fino ai 25 anni, i lavoratori oltre i 45 anni, oppure chi sia stato espulso dai cicli produttivi, o sia iscritto alle liste di mobilità. E’ il cosiddetto “lavoro ripartito” e prevede che il contratto sia firmato da una parte dal datore di lavoro e dall’altra da due o più lavoratori che concordano tra loro come ripartirsi gli incarichi e suddividersi la fascia oraria. In ogni caso la responsabilità di assicurare la presenza sul posto di lavoro ricade sui lavoratori. Lo stipendio è uno solo e verrà ripartito in base al numero di giorni che ciascuno ha lavorato. Se uno dei due lavoratori viene licenziato o si dimette, viene estinto l’intero contratto, a meno che, su richiesta del datore, l’altro sia disposto ad assumersi l’intero incarico e il contratto si trasformi in rapporto subordinato. La legge prevede dei contratti “a contenuto misto”, che uniscono alla prestazione lavorativa l’attività di formazione e riqualificazione professionale. Se è utilizzato per adempiere al diritto-dovere di istruzione, l’apprendistato dura fino a tre anni ed è destinato ai giovani che abbiano compiuto 15 anni. Se invece ha un fine “professionalizzante”, per conseguire cioè una qualifica attraverso la formazione sul lavoro, è rivolto ai giovani fino ai 29 anni e può durare da due a sei anni. Un’ultima alternativa riguarda il conseguimento di titoli di studi universitari o di livello secondario, la cui regolamentazione è affidata alla Regione. Il contratto di formazione lavoro è sostituito dal contratto di inserimento, che ha l’obiettivo di adattare le competenze dei lavoratori alle esigenze dell’impresa.E’ destinato ai giovani tra i 18 e i 29 anni, ai disoccupati con più di 45 anni, a chi non abbia lavorato per due anni, alle donne residenti in aree svantaggiate e ai disabili. Questo tipo di contratto dura da 9 a 18 mesi e può essere stipulato da enti pubblici, imprese, associazioni professionali, fondazioni, ecc.. I tirocini estivi che riguardano giovani iscritti a scuole o università e che hanno fini orientativi e di addestramento pratico, hanno una durata superiore ai tre mesi e si svolgono tra la fine di un anno accademico e l’inizio del successivo. Eventuali “borse di lavoro” concesse al tirocinante, non possono superare l’importo massimo mensile di 600 euro. A distanza di un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della legge Biagi, il Governo ha apportato le prime integrazioni e rettifiche. Nell’ambito di appalto di opere o servizi, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, entro un anno dalla fine dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori la retribuzione e i contributi previdenziali. Inoltre la certificazione dei contratti di lavoro può essere ottenuta in relazione a tutti i contratti. La precedente versione prevedeva che fosse ammessa solo per i contratti di lavoro intermittente, a tempo parziale, a progetto e dei contratti di associazione in partecipazione.