La disciplina del trattamento di fine rapporto
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erogato il TFR. Egli riceverà invece una pensione integrativa di quella
pubblica-obbligatoria alla maturazione dei requisiti pensionistici nel regime di appartenenza;
— se il lavoratore non aderisce alla previdenza complementare, continuerà a maturare il TFR che sarà liquidato in regime di retribuzione differita al termine del rapporto di lavoro.
4 Il Fondo di Tesoreria
L’accantonamento del TFR ad opera del datore di lavoro è un’operazione meramente contabile, nel senso che viene creato un fondo di bilancio nel quale
confluiscono le somme accantonate di anno in anno per ciascun lavoratore.
Ne consegue che, non essendoci un materiale dislocamento di somme di
denaro, le quote di TFR, pur se appartenenti al lavoratore, rimangono di
fatto nella disponibilità del datore di lavoro.
Dal 1°-1-2007, le aziende con almeno 50 dipendenti devono versare le quote di TFR, per ciascun lavoratore, al Fondo per l’erogazione del trattamento di fine rapporto (cd. Fondo Tesoreria) istituito dalla L. 296/2006 presso
la Tesoreria dello Stato e gestito dall’INPS.
Anche al TFR maturato presso il Fondo Tesoreria si applica la disciplina dell’art. 2120 c.c.,
sia per quanto riguarda le modalità di calcolo che per il regime delle anticipazioni.
Quale effetto produce l’accantonamento del TFR nel Fondo di Tesoreria?
Per il lavoratore, nessuno. Analogamente a quanto accade per i lavoratori delle aziende
fino a 49 addetti, infatti, il lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, ha comunque diritto alla liquidazione del TFR anche per le quote conferite al fondo statale.
È, invece, per le aziende che si hanno rilevanti cambiamenti, in quanto perdono
quella liquidità — consistente negli accantonamenti delle somme di TFR dei propri
dipendenti — che veniva utilizzata come autofinanziamento della propria attività
(situazione che permane per le aziende con organico inferiore ai 50 addetti).
5 L’anticipazione del TFR maturando in busta paga
La L. 23-12-2014, n. 190, cd. legge di stabilità 2015, ha riconosciuto ai lavoratori dipendenti del settore privato il diritto di richiedere il pagamento
mensile della quota maturanda di TFR come parte integrante della retribuzione (direttamente in busta paga).
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Si tratta di una facoltà concessa in via sperimentale, per i periodi di paga
dal 1°-3-2015 al 30- 6-2018, che rappresenta un’ulteriore eccezione alla regola espressa in via generale dall’art. 2120 c.c. secondo cui il diritto al TFR
matura alla cessazione del rapporto di lavoro.
Possono chiedere al datore di lavoro l’anticipo del TFR in busta paga i lavoratori che hanno maturato un’anzianità di servizio di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro.
Anche il lavoratore che ha aderito al fondo pensione può ottenere «monetizzata» in busta paga la quota di TFR che il datore di lavoro, in base a tale scelta, dovrebbe, invece,
devolvere al fondo medesimo.
Il lavoratore che manifesta la volontà di ottenere l’anticipazione non può
più revocarla fino al 30-6-2018.
Glossario
COVIP: è l’organismo di vigilanza sulle forme pensionistiche di vigilanza ed è stata istituita con lo
scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari, avendo riguardo alla tutela degli iscritti e dei beneficiari e al buon funzionamento del sistema di previdenza complementare. La COVIP ha personalità
giuridica di diritto pubblico.
Forme pensionistiche complementari collettive: sono le forme pensionistiche (art. 3, co. 1, lett.
a)-h) D.Lgs. 252/2005) che hanno ottenuto l’autorizzazione all’esercizio dell’attività da parte della
COVIP, e quelle (art. 20 D.Lgs. 252/2005), iscritte all’apposito albo, alle quali è possibile aderire
collettivamente o individualmente e con l’apporto di quote del trattamento di fine rapporto.
Forme pensionistiche complementari individuali: sono le forme pensionistiche (art. 13 D.Lgs.
252/2005) che hanno ottenuto l’approvazione del regolamento da parte della COVIP alle quali è
possibile destinare quote del trattamento di fine rapporto.
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I contratti speciali di lavoro
Sommario
Sezione I: I contratti speciali di lavoro nel settore privato. 1 La specialità dei
rapporti di lavoro. 2 Il contratto di apprendistato. 3 Il contratto di inserimento. 4 Il lavoro a tempo parziale. 5 Il lavoro intermittente. 6 Il lavoro ripartito. 7 Il lavoro a domicilio. 8 Il lavoro domestico. 9 Il lavoro subordinato sportivo. 10 Il rapporto di lavoro in regime di somministrazione. - Sezione II: Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. 1 Il pubblico
impiego: caratteri ed evoluzione. 2 Il sistema delle fonti del pubblico impiego
e la contrattazione collettiva. 3 Accesso al pubblico impiego e tipologie contrattuali. 4 Organizzazione degli uffici. 5 La dirigenza pubblica. 6 La responsabilità disciplinare. 7 La disciplina della mobilità.
Sezione I
I contratti speciali di lavoro nel settore privato
1 La specialità dei rapporti di lavoro
Alcuni rapporti di lavoro sono definiti speciali (lavoro derivante da somministrazione, part-time, lavoro ripartito, lavoro intermittente) per la peculiarità dell’assetto normativo rispetto alla disciplina generale del lavoro subordinato che trova applicazione solo se compatibile.
Con il D.Lgs. 81/2015, emanato in attuazione della L. 183/2014, cd. Jobs
Act, è stata introdotta una nuova disciplina organica dei contratti di lavoro.
L’intento è quello di riordinare i contratti di lavoro vigenti al fine di renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo.
Per completezza, in questa sede è esaminato (v. Sez. II) il rapporto di lavoro alle dipendenze delle P.A. (cd. rapporto di pubblico impiego), il quale,
anche dopo il processo di privatizzazione e contrattualizzazione, ha conservato rilevanti aspetti di specialità.
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2 Il contratto di apprendistato
A Nozione
Secondo la disciplina attuale, contenuta nel D.Lgs. 81/2015 di attuazione
della L. 183/2014, cd. Jobs Act, l’apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato caratterizzato dall’obbligo di formazione al fine di favorire l’inserimento nel mercato del lavoro dei giovani.
Si distinguono:
— apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di
istruzione secondaria superiore (ISS) e il certificato di specializzazione tecnica superiore (STS), con cui possono essere assunti i giovani dai
15 anni di età compiuti e fino al compimento dei 25 anni. Tale tipologia
è attuabile in tutti i settori di attività ed è strutturata in modo da coniugare la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell’ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione (l’apprendistato costituisce una modalità dell’alternanza scuola-lavoro).
La sua durata è in funzione della qualifica o del diploma da conseguire, nel limite di
3 anni (o 4 nel caso di diploma quadriennale regionale) relativamente agli aspetti
formativi. Sono previste specifiche ipotesi di proroga del periodo formativo (di un
altro anno) in caso di giovani qualificati e diplomati per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche;
— apprendistato professionalizzante, con cui possono essere assunti i giovani di età compresa dai 18 ai 29 anni di età (per i soggetti già in possesso di una qualifica professionale, l’assunzione può avvenire anche a
partire dai 17 anni di età). Tale tipologia è attuabile in tutti i settori di
attività privati e pubblici ed è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali.
La sua durata è in funzione dell’età dell’apprendista e della qualifica professionale
da conseguire, nel limite di 3 anni (o 5 per le qualifiche professionali dell’artigianato) relativamente agli aspetti formativi;
— apprendistato di alta formazione e di ricerca, con cui possono essere
assunti i giovani di età compresa dai 18 ai 29 anni in possesso di un diploma di istruzione superiore o di un diploma professionale (o titolo
equivalente). Tale tipologia è attuabile in tutti i settori di attività priva-
I contratti speciali di lavoro
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ti e pubblici ed è finalizzata al conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione tecnica superiore, nonché per il praticantato per l’accesso
agli ordini professionali o per esperienze professionali.
Cosa prevede la disciplina sulla formazione dell’apprendistato?
Lo svolgimento, durante il rapporto di apprendistato, della formazione avviene, a
seconda della tipologia di apprendistato, in base alle disposizioni della legge regionale
e del contratto collettivo, tenuto conto del sistema dell’istruzione e della formazione
per le tipologie più connesse all’adempimento del relativo obbligo, e comunque
nell’osservanza dei principi generali stabiliti dal D.Lgs. 81/2015.
In caso di mancata attività di formazione, la legge prevede, a titolo di sanzione,
che il datore di lavoro debba restituire, maggiorati, i benefici contributivi connessi
all’assunzione di apprendisti.
La formazione, inoltre, determina il periodo di durata del contratto, ferma restando
la durata minima, nella generalità dei casi, di 6 mesi.
Durante il periodo di formazione al datore di lavoro è fatto divieto di recedere dal
contratto, salvo che per giusta causa o giustificato motivo, e in caso di licenziamento
ingiustificato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente; al
termine del periodo di formazione, le parti possono recedere dal contratto, dandone
preavviso; in mancanza di recesso, il rapporto prosegue come un normale rapporto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
B Disciplina
La disciplina del rapporto di lavoro in regime di apprendistato è definita dai
contratti collettivi nazionali di lavoro o da appositi accordi interconfederali.
I principi generali fissati dal D.Lgs. 81/2015 prevedono tra l’altro:
— il divieto di retribuzione a cottimo;
— la possibilità, nell’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e nell’apprendistato di alta formazione, che la retribuzione
dell’apprendista sia rapportata alle ore di lavoro effettivamente prestate e che le ore di formazione possano essere retribuite parzialmente;
— la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finaliz-
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zato il contratto, ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di
servizio;
— l’obbligo di un tutore o referente aziendale;
— il prolungamento del periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a 30 giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi.
Il contratto di lavoro deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova.
Nel contratto di lavoro deve essere riportato, in forma sintetica, il piano formativo individuale dell’apprendista, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali; per le due tipologie contrattuali connesse al sistema dell’istruzione, il piano formativo individuale è predisposto dall’istituzione formativa con il coinvolgimento dell’impresa.
A quali limiti è soggetta l’assunzione di apprendisti?
Ai fini della legittimità dell’assunzione, deve essere mantenuto un determinato rapporto
tra apprendisti e lavoratori qualificati in organico. Nella generalità delle imprese, il
numero di apprendisti deve essere in rapporto di 3 a 2 (è possibile avere in organico 3
apprendisti ogni 2 lavoratori qualificati). Per i datori di lavoro con meno di 10 dipendenti possono essere assunti tanti apprendisti quanti sono i dipendenti specializzati.
In caso di ricorso al contratto di apprendistato professionalizzante, si applica anche un
limite di stabilizzazione. Secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 81/2015 (prima questa
limitazione si applicava a tutte le tipologie di apprendistato), nel caso di datori di lavoro
che occupano almeno 50 dipendenti, l’assunzione di giovani con contratto di apprendistato professionalizzante è subordinata alla verifica che, nei 36 mesi precedenti, almeno
il 20% (o diversa percentuale prevista dalla contrattazione collettiva) degli apprendisti
sia stata mantenuta in servizio alla scadenza. Se il requisito di stabilizzazione non è
soddisfatto, il datore di lavoro può assumere un solo ulteriore apprendista.
In caso di violazione, a titolo di sanzione per il datore di lavoro, gli apprendisti assunti
in sovrannumero sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin
dalla data di costituzione del rapporto.
3 Il contratto di inserimento
Il contratto di inserimento era stato introdotto dal D.Lgs. 276/2003 e disciplinato come un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavo-
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ratore a un determinato contesto lavorativo, l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie di lavoratori.
Tale tipologia contrattuale prevista in sostituzione del contratto di formazione e lavoro
che, a fianco dell’apprendistato, costituiva l’altra tipologia contrattuale a finalità formativa, in realtà è stata indirizzata soprattutto a favorire l’occupazione di alcune categorie
di lavoratori considerate socialmente deboli; solo marginalmente ha svolto un ruolo formativo.
Il contratto di inserimento è stato abrogato a partire dal 1°-1-2013 dalla L.
92/2012, cd. riforma Fornero.
4 Il lavoro a tempo parziale
A Nozione e caratteristiche
Il lavoro a tempo parziale è un rapporto di lavoro subordinato caratterizzato da un orario di lavoro inferiore rispetto all’orario di lavoro a tempo
pieno (40 ore settimanali o il minor orario settimanale fissato dal contratto collettivo).
Le tipologie di part-time sono:
— rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, cioè quello in
cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione
all’orario giornaliero di lavoro (si lavora tutti i giorni ma per un orario
inferiore);
— rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale, in cui l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno (si lavora ad orario pieno ma solo per alcuni giorni della settimana, o per alcune settimane del mese o mesi dell’anno);
— rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto, consistente in una
combinazione delle precedenti tipologie (ad es. si lavora tutti i giorni
della settimana, ma il lunedì e il martedì ad orario pieno ed i restanti
giorni ad orario ridotto).
B La disciplina del rapporto di lavoro
La disciplina di tale tipologia contrattuale è ora contenuta nel D.Lgs. 81/2015
di attuazione della L. 183/2014, cd. Jobs Act.
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Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere stipulato in forma scritta (forma ad probationem).
Nel contratto di lavoro deve essere specificata la durata della prestazione
lavorativa e la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
In mancanza di tali indicazioni non si ha la nullità del contratto ma: se manca la durata della prestazione, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza
fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale; se manca la collocazione temporale dell’orario, essa sarà determinata dal giudice.
Il trattamento economico e normativo del lavoratore part-time è equiparato a quello di un lavoratore a tempo pieno (principio di non discriminazione), tenendo però conto della ridotta durata della prestazione lavorativa per gli istituti commisurati alla stessa (es. importo della retribuzione)
(principio di proporzionalità).
C Il lavoro supplementare e straordinario
Il lavoro prestato eccedente l’orario part-time può configurarsi come:
— lavoro supplementare, pari alla differenza tra orario part-time, concordato tra le parti, e orario normale giornaliero. Il lavoro supplementare è legittimo sia nel part-time orizzontale, sia in quello verticale e misto (quando
l’orario part-time è comunque inferiore all’orario normale settimanale).
Il datore di lavoro può richiedere lavoro supplementare nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi. In assenza di tale disciplina, lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare è consentita in misura non superiore al 25% delle ore di
lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di
salute, familiari o di formazione professionale;
— lavoro straordinario, conseguente al superamento dell’orario legale settimanale (40 ore). In tal caso si applicherà la disciplina generale del lavoro straordinario, valida per i lavoratori a tempo pieno.
D Le clausole di flessibilità e di elasticità
Il datore di lavoro non può normalmente variare la collocazione temporale della prestazione del lavoratore part-time, né aumentare la durata della
I contratti speciali di lavoro
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prestazione (salvo la possibilità di richiedere del lavoro supplementare o
straordinario).
È però possibile inserire nel contratto:
— clausole flessibili della prestazione che permettono di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa (ma senza aumentarne
la durata);
— clausole di elasticità che consentono al datore di lavoro di variare in
aumento la durata della prestazione, senza che le ore in più valgano
come straordinario.
L’introduzione delle clausole di flessibilità e di elasticità è rimessa al contratto collettivo.
Nel caso in cui il datore di lavoro e il lavoratore pattuiscano clausole elastiche, nel rispetto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva, è dovuto comunque un preavviso di 2 giorni lavorativi, fatte salve le diverse intese tra le parti, nonché specifiche compensazioni, nella misura o nelle forme determinate dai contratti collettivi.
In assenza di regolamentazione collettiva, le clausole elastiche possono
essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle commissioni di certificazione.
La misura massima dell’aumento dell’orario non può eccedere il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale.
Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
Il lavoratore può revocare il consenso prestato alla clausola elastica?
Il diritto di revocare la clausola elastica è riconosciuto al lavoratore solo quando
questi si trovi in determinate circostanze previste dalla legge.
Si tratta di lavoratori affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronicodegenerative ingravescenti per le quali risulti una ridotta capacità lavorativa; in
caso di patologie oncologiche o cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il
coniuge, i figli o i genitori del lavoratore; il lavoratore o la lavoratrice che assiste
una persona convivente con grave disabilità; lavoratore con figlio convivente di età
non superiore agli anni 13; lavoratore con figlio convivente portatore di handicap;
lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio.
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E La trasformazione del rapporto
La trasformazione del rapporto a tempo pieno in lavoro a tempo parziale
può avvenire su base consensuale, mediante un semplice accordo scritto
tra datore e lavoratore.
Al di fuori di questa facoltà di trasformazione consensuale del rapporto di lavoro, la
legge non riconosce un diritto del lavoratore a tempo pieno di trasformare il proprio
rapporto di lavoro in part-time, ma prevede solo che il datore di lavoro deve dare tempestiva informazione delle assunzioni che intende effettuare oltre a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto
dei dipendenti a tempo pieno.
Hanno invece diritto alla trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale i lavoratori affetti da patologie oncologiche o cronico-degenerative ingravescenti, e i lavoratori genitori, (in sostituzione del congedo parentale).
È invece prevista soltanto una priorità nella trasformazione del contratto di lavoro a tempo pieno in part-time ai lavoratori che hanno il coniuge, i figli o i genitori affetti da patologie oncologiche, o che assistono una persona convivente inabile e con necessità di
assistenza continua perché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, o che
hanno un figlio convivente di età non superiore ai 13 anni o portatore di handicap.
Cosa prevede il diritto di precedenza nella trasformazione da part-time a
tempo pieno?
Il legislatore disciplina il cd. diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni a
tempo pieno da parte del datore di lavoro. In particolare, i lavoratori assunti a tempo
pieno ma che hanno poi trasformato il rapporto in part-time, devono essere preferiti,
rispetto ad altri prestatori di lavoro, nelle assunzioni a tempo pieno che il datore di
lavoro intende effettuare per le mansioni identiche o equivalenti a quelle oggetto del
rapporto di lavoro in regime di part-time.
5 Il lavoro intermittente
A Nozione e caratteristiche
Il contratto di lavoro intermittente (cd. lavoro a chiamata o job on call) è
stato introdotto dal D.Lgs. 276/2003 al fine di consentire al datore di lavoro di chiamare una o più volte il lavoratore per lo svolgimento di lavori
connessi ad esigenze contingenti e non necessariamente programmati.
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