Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Direzione Provinciale del Lavoro di Vercelli La “Legge Biagi” per il lavoro “Riformare il mercato del lavoro è la condizione per conseguire l’obiettivo di aumentare l’occupazione, accrescendone la qualità” Marco Biagi Il nuovo mercato del lavoro La riforma ideata e scritta da Marco Biagi, contenuta nel decreto legislativo 10 settembre 2003 n°276 attuativo della legge delega n°30/2003 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre ed è entrata in vigore il 24 ottobre 2003.Si tratta di una riforma con una valenza storica destinata a riscrivere interamente il mercato del lavoro e ad avere un notevole impatto sociale.La riforma ha come obbiettivo la flessibilità cui il legislatore ha già da anni guardato con particolare attenzione quale soluzione per aumentare l’occupazione proporzionalmente alla qualità del lavoro.La particolarità di tale riforma sta nell’intervento, a tutto campo, al punto di coprire l’intero mercato del lavoro ed i suoi meccanismi che sono riconducibili a due fasi: quella iniziale di ricerca ed informazione e quella di instaurazione ed avvio del rapporto di lavoro. Sotto il primo profilo, il decreto mette mano alla riforma del collocamento e della borsa del lavoro (strumenti diretti a fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro) mentre, sotto il secondo profilo, rivolge l’attenzione a nuove forme contrattuali e rivisita i rapporti di lavoro autonomo a carattere personale coordinato e continuativo.Ciò che può maggiormente interessare alla platea, destinataria del presente incontro, sono le varie tipologie contrattuali introdotte o rinnovate da tale riforma ed è su di esse che ora ci soffermeremo.Prima di illustrare le varie tipologie contrattuali è necessario illustrare la differenza che esiste tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato.La distinzione fra lavoro subordinato e autonomo ha profonde radici storiche. Nell’antichità il lavoro dell’uomo libero era considerato solo in rapporto al risultato.La distinzione era tra “locatio operis” in cui la contropartita del compenso era costituita dalla “realizzazione di un’opera predeterminata” e “locatio operarum” in cui la contropartita del compenso era la “messa a disposizione delle proprie energie lavorative”. Il concetto di lavoro, in quanto valore estratto, si confondeva con quello di schiavitù. Pertanto il lavoro a servizio di un altro individuo era ritenuto incompatibile con l’ideale di libertà: l’uomo libero era colui che agiva nel proprio interesse e non per soddisfare i bisogni altrui.Soltanto con la rivoluzione industriale si sono cominciate a fondere in un’unica categoria astratta le diverse tipologie di lavoro umano ed è soltanto nel momento in cui e nella misura in cui il lavoro subordinato e il lavoro autonomo assumono delle regole differenti che il problema della loro distinzione acquista un significato giuridico.L’esigenza di avere regole adatte al lavoro subordinato ha obbligato a distinguere quest’ultimo dal lavoro autonomo.Nel nostro ordinamento giuridico la definizione di lavoratore subordinato viene data dall’art. 2094 del codice civile che lo definisce così: “colui che si obbliga, mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.Pertanto il criterio principale d’individuazione del contratto di lavoro subordinato è stato ovunque ritenuto la soggezione del lavoratore al potere del datore di lavoro che si esprime nel binomio “potere/subordinazione”.Il lavoro autonomo è invece così definito dall’art. 2222 del codice civile:”quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.Pertanto nel lavoro autonomo emerge l’assenza del legame della subordinazione.Le definizioni fornite dagli artt. 2094 e 2222 del codice civile sono di carattere generale pertanto non è agevole inquadrare in modo sistematico la natura autonoma e subordinata del rapporto di lavoro. Il legislatore infatti non ha ritenuto di specificare in modo analitico i tratti distintivi di ciascuna fattispecie.2 Tale vuoto è stato colmato dalla giurisprudenza, formatasi nel corso degli anni, che ha individuato i cosiddetti “indici qualificatori” che si possono così riassumere: 1. sottomissione del lavoratore alle direttive del datore di lavoro; 2. stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione lavorativa; 3. esistenza di un vincolo di orario; 4. assenza di struttura imprenditoriale in capo al prestatore d’opera e quindi l’assenza di rischio economico; 5. nell’esclusiva in favore di un solo committente; 6. nella commisurazione della retribuzione “al tempo lavorato” anziché al mero risultato. In tema di qualificazione del rapporto di lavoro, è importante e decisiva l’indagine circa l’individuazione del cosiddetto “nomen iuris” che l’effettiva volontà delle parti vuole attribuire al rapporto di lavoro che intercorre tra di esse.E’ rilevante in tal senso il principio generale che la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito e cioè che ogni attività umana economicamente rilevante, anche se di semplice manovalanza, può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo a seconda delle modalità concrete del suo svolgimento e della scelta liberamente compiuta dalle parti circa lo schema maggiormente idoneo a soddisfare i rispettivi interessi.A metà strada tra la subordinazione e l’autonomia si collocavano le “collaborazioni coordinate e continuative” (cosiddetto CO.CO.CO.) che si fondavano essenzialmente sul concetto di “collaborazione”. Le collaborazioni coordinate e continuative sono aumentate soprattutto negli anni novanta e hanno rappresentato un modo per superare, pur nelle pieghe della legge, la strada per superare rigidità e insufficienza delle regole del lavoro che rischiava di rappresentare una pratica elusiva.Pertanto, pur restando immutata la collaborazione coordinata e continuativa in una serie di ipotesi (rapporti con la Pubblica Amministrazione, contratti con professionisti iscritti in un Albo, con soggetti che percepiscono una pensione di vecchiaia, ecc.), rispetto al passato, la nuova normativa si è proposta, all’interno di una logica di creazione di “buona occupazione” una finalità antielusiva cercando di codificare tipologie contrattuali ben definite che possano rappresentare dei buoni strumenti per il datore di lavoro e garanzie per i lavoratori.- 3 TIPOLOGIE CONTRATTUALI (D.Lgs. n°276/2003) • • • • • • • • lavoro intermittente lavoro ripartito lavoro a tempo parziale apprendistato inserimento tirocini estivi di orientamento lavoro a progetto prestazioni di lavoro occasionale art. 33 art. 41 art. 46 artt. 47/48/49/50 art. 54 art. 60 art. 61 art. 70 LAVORO INTERMITTENTE (job on call - il lavoro a chiamata) Il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata) è un contratto di lavoro mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro per svolgere determinate prestazioni di carattere discontinuo o intermittente (individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale) o per svolgere prestazioni in determinati periodi nell'arco della settimana, del mese o dell'anno (individuati dal Dlgs 276/2003). Questo contratto costituisce una novità per l'ordinamento italiano ed è previsto in due forme: con o senza obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità, a seconda che il lavoratore scelga di essere o meno vincolato alla chiamata. L'obiettivo del contratto intermittente è la regolarizzazione della prassi del cosiddetto lavoro a fattura, usato finora per le richieste di attività lavorativa non occasionale ma con carattere intermittente. Rappresenta anche un'ulteriore possibilità di inserimento o reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro. • Applicazione Può essere stipulato da qualunque impresa, ad eccezione di quelle che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi prevista dalla legge sulla sicurezza nei posti di lavoro (Dlgs 626/1994): a) con qualunque lavoratore per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, indicate dalla tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657 (in attesa delle regolamentazioni dei contratti collettivi) b) indipendentemente dal tipo di attività: In un primo momento il contratto prevedeva che potessero essere chiamati lavoratori con meno di 25 anni o con più di 45 anni, anche pensionati; con la Legge 14 maggio 2005, n. 80 è stata confermata la possibilità, inizialmente sperimentale, di stipulare il contratto con i lavoratori di età inferiore ai 25 anni o superiore ai 45 anni, indipendentemente dal tipo di attività svolta. Non sono più richiesti requisiti particolari quali lo stato di disoccupazione e l'iscrizione nelle liste di mobilità; 4 per il lavoro nel week-end o in periodi predeterminati (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie); Il lavoro intermittente è immediatamente utilizzabile anche per il lavoro nel week-end o in periodi predeterminati (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie), come chiarito già dalla nota ministeriale del 12 luglio 2004 e confermato dal Dlgs 251/2004 (correttivo del Dlgs. 276/2003). La circolare ministeriale del 2 febbraio 2005, n. 4 ha fornito importanti chiarimenti sull'applicazione di questo contratto. Non può essere stipulato dalla pubblica amministrazione • Caratteristiche Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. Deve avere la forma scritta e deve contenere l'indicazione di una serie di elementi (che devono conformarsi a quanto sarà contenuto nei contratti collettivi) quali: durata, ipotesi che ne consentono la stipulazione, luogo, modalità della disponibilità, relativo preavviso, trattamento economico e normativo per la prestazione eseguita, ammontare dell'eventuale indennità di disponibilità, tempi e modalità di pagamento, forma e modalità della richiesta del datore, modalità di rilevazione della prestazione, eventuali misure di sicurezza specifiche. Non è possibile ricorrere al lavoro intermittente nei seguenti casi: sostituzione di lavoratori in sciopero; se si è fatto ricorso nei sei mesi precedenti a una procedura di licenziamento collettivo, ovvero se è in corso una sospensione o riduzione d'orario con cassa integrazione (questo divieto è derogabile da un accordo sindacale) per le stesse unità produttive e/o mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente. • Retribuzione e Indennità Al lavoratore intermittente deve essere garantito un trattamento economico pari a quello spettante ai lavoratori di pari livello e mansione, seppur riproporzionato in base all'attività realmente svolta. Per i periodi di inattività, e solo nel caso in cui il lavoratore si sia obbligato a rispondere immediatamente alla chiamata, spetta un'indennità mensile, divisibile per quote orarie. È stabilita dai contratti collettivi, nel rispetto dei limiti minimi fissati con decreto ministeriale, e non spetta nel periodo di malattia oppure di altra causa che renda impossibile la risposta alla chiamata. Il rifiuto di rispondere alla chiamata senza giustificato motivo può comportare la risoluzione del rapporto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, e il risarcimento del danno la cui misura è predeterminata nei contratti collettivi o, in mancanza, nel contratto di lavoro. I contributi relativi all'indennità di disponibilità devono essere versati per il loro effettivo ammontare in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo. Nel caso di lavoro intermittente per predeterminati periodi della settimana, del mese o dell'anno l'indennità è corrisposta solo in caso di effettiva chiamata. • Attuazione Il contratto di lavoro intermittente è una novità per l'ordinamento italiano. Il decreto ministeriale 10 Marzo 2004 ha quantificato l'indennità di disponibilità da corrispondere al lavoratore in attesa di chiamata. Il successivo decreto 23 ottobre 2004, in attesa delle determinazioni della contrattazione collettiva, ammette la stipulazione di contratti di lavoro 5 intermittente per le tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657. LAVORO RIPARTITO (job sharing - il lavoro condiviso o ripartito) E’ un istituto nato negli Stati Uniti e prevede che l'adempimento di un'unica e identica obbligazione lavorativa venga condiviso da due lavoratori legati tra loro da un vincolo di solidarietà. I due lavoratori si dividono, in modo proporzionale all'orario svolto, la retribuzione, le assicurazioni obbligatorie, la contribuzione relativa alle prestazioni assistenziali e previdenziali. Ogni lavoratore è responsabile personalmente e direttamente dell'intera obbligazione. Ciascun lavoratore si obbliga a sostituire l'altro in caso di impossibilità a svolgere la prestazione lavorativa. Chi sottoscrive un contratto di lavoro ripartito non può ricevere un trattamento economico meno favorevole rispetto a quello dei lavoratori subordinati. • Applicazione Il contratto di lavoro ripartito può essere stipulato da tutti i lavoratori e da tutti i datori di lavoro, ad eccezione della pubblica amministrazione. Rispetto a quanto previsto dalla precedente normativa (circolare Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 43/1998), la vera novità del contratto di lavoro ripartito previsto dalla legge Biagi sta nell'aver limitato la possibilità di gestire il lavoro in solido a due lavoratori. • Caratteristiche Il contratto di lavoro ripartito, a fini probatori, deve avere forma scritta e contenere le seguenti indicazioni: la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei due lavoratori, secondo gli accordi intercorsi e ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di determinare, in qualsiasi momento, la sostituzione tra di loro o la modifica consensuale della distribuzione dell'orario di lavoro (che deve essere comunicato al datore con cadenza almeno settimanale, al fine di certificare le assenze); il luogo di lavoro, nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore; le eventuali misure di sicurezza specifiche per l'attività lavorativa svolta Il rapporto di lavoro può essere stipulato a termine o a tempo indeterminato. Per quanto riguarda il trattamento economico, vige il principio di parità di trattamento rispetto ai lavoratori di pari livello e mansione. Il trattamento è comunque riproporzionato in base alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita. Il datore non può opporsi alla ripartizione dell'attività lavorativa stabilita dai due lavoratori. Ai fini previdenziali i lavoratori ripartiti sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale, ma il calcolo delle prestazioni e dei contributi dovrà essere effettuato mese per mese, salvo conguaglio in relazione all'effettivo svolgimento della prestazione lavorativa. 6 In caso di dimissioni o licenziamento di uno dei due lavoratori, il rapporto si estingue anche nei confronti dell'altra parte, ma il datore di lavoro può chiedere all'altro di trasformare il contratto di lavoro ripartito in un normale contratto di lavoro subordinato. Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilità di uno o entrambi i lavoratori, sono vietate e possono essere ammesse solo previo consenso del datore di lavoro. • Attuazione L'attuazione e la regolamentazione del lavoro ripartito è vincolata alla contrattazione collettiva. In assenza di contratti collettivi, si applica la normativa generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la natura del rapporto di lavoro ripartito. Il regime transitorio e l'attuazione dei rinvii alla contrattazione collettiva potranno essere affidati anche a un Accordo interconfederale su convocazione del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale. LAVORO A TEMPO PARZIALE (PART-TIME) Il lavoro a tempo parziale (part-time) si caratterizza per un orario inferiore all'orario di lavoro normale (full-time) stabilito dalla norma di legge e dai contratti collettivi. Il rapporto a tempo parziale può essere: orizzontale quando la riduzione d'orario è riferita al normale orario giornaliero; verticale quando la prestazione è svolta a tempo pieno ma per periodi predeterminati nella settimana, nel mese e nell'anno; misto quando il rapporto di lavoro a tempo parziale è articolato combinando le modalità orizzontale e verticale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale si è rivelato un valido strumento per incrementare l'occupazione di particolari categorie di lavoratori, come giovani, donne, anziani e lavoratori usciti dal mercato del lavoro. Si configura come un rapporto di lavoro stabile, non precario, che permette di soddisfare le esigenze di flessibilità delle imprese da una parte e di adattarsi a particolari esigenze dei lavoratori quali la conciliazione tra lavoro e famiglia • Applicazione Il rapporto a tempo parziale può essere stipulato dalla generalità dei lavoratori e dei datori di lavoro. La disciplina del lavoro a tempo parziale si applica interamente anche al settore agricolo. Nel settore pubblico è possibile ricorrere al lavoro part-time, ma non si applicano le modifiche introdotte dalla riforma. • Caratteristiche Il contratto di lavoro part-time è un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato. Deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve contenere puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e dell'orario di lavoro, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. 7 • Trattamento economico e normativo Il lavoratore part-time non deve essere discriminato rispetto al lavoratore a tempo pieno per quanto riguarda il trattamento economico e normativo: ha diritto alla stessa retribuzione oraria del lavoratore a tempo pieno, anche se la retribuzione, l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio e maternità vengono calcolati in maniera proporzionale al numero di ore lavorate, salvo che i contratti collettivi non stabiliscano che il calcolo avvenga in maniera più che proporzionale; ha diritto allo stesso trattamento normativo dei lavoratori assunti a tempo pieno sotto tutti gli aspetti quali la durata del periodo di ferie annuali, la durata del congedo di maternità e del congedo parentale, il trattamento della malattia e infortunio ecc. • Strumenti di flessibilità Rispetto alla precedente disciplina, il Dlgs 276/2003 prevede maggiore flessibilità nella gestione dell'orario di lavoro e minori vincoli per la richiesta di prestazione di lavoro supplementare, lavoro straordinario e per la stipulazione di clausole flessibili o elastiche. I contratti collettivi devono stabilire i limiti, le causali (per il lavoro supplementare), le condizioni e modalità (per il lavoro elastico e flessibile) e le sanzioni legati al ricorso al lavoro supplementare, elastico e flessibile. In ogni caso: Lavoro supplementare: è prestato oltre l'orario di lavoro stabilito nel contratto di lavoro part-time orizzontale (anche a tempo determinato), ma entro il limite del tempo pieno; quando il tempo pieno non sia stato raggiunto è ammissibile anche nel part-time verticale o misto. In attesa che i contratti collettivi stabiliscano i limiti massimi, è necessario il consenso del lavoratore. La mancanza del consenso non costituisce mai un giustificato motivo di licenziamento. I contratti collettivi stabiliscono anche il trattamento economico per le ore di lavoro supplementare; Lavoro straordinario: è il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro full time. È ammissibile solo nel rapporto di lavoro part-time di tipo verticale o misto anche a tempo determinato; Lavoro elastico: è prestato per periodi di tempo maggiori rispetto a quelli definiti nel contratto di lavoro part-time verticale o misto a seguito della stipulazione di clausole elastiche; Lavoro flessibile: è prestato in periodi di tempo diversi rispetto a quelli fissati nel contatto di lavoro part-time di tutte e tre le tipologie a seguito della stipulazione di clausole flessibili. Il lavoro a turni non integra una clausola flessibile. Le clausole elastiche e flessibili possono essere stipulate anche per i contratti a tempo determinato. La disponibilità del lavoratore allo svolgimento di lavoro flessibile ed elastico deve risultare da un patto scritto e, salve diverse intese fra le parti, è richiesto un periodo di preavviso di almeno due giorni lavorativi da parte del datore di lavoro. In assenza delle disposizioni dei contratti collettivi il datore di lavoro e i lavoratori possono concordare direttamente clausole flessibili ed elastiche. • Diritti e doveri Il lavoratore a tempo parziale ha gli stessi diritti e doveri nei riguardi del datore di lavoro di tutti i lavoratori subordinati. Ha inoltre il diritto, se previsto dal contratto individuale, di precedenza nel passaggio dal part-time a full-time rispetto alle nuove assunzioni a tempo pieno, avvenute nelle unità produttive site nello stesso ambito comunale e per le stesse mansioni o mansioni equivalenti. Il lavoratore a tempo pieno ha invece il diritto a essere informato, anche con comunicazione 8 scritta in luogo accessibile a tutti, dell'intenzione di procedere ad assunzioni a tempo parziale per poter presentare domanda di trasformazione. Il lavoratore affetto da patologie oncologiche ha il diritto di trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno quando il lavoratore lo richieda. Il datore di lavoro, oltre ai diritti e doveri tipici del rapporto di lavoro subordinato, ha: il diritto a richiedere lavoro supplementare, straordinario e stipulare clausole flessibili ed elastiche secondo le modalità e nei limiti indicati dalla legge; il dovere di informare le rappresentanze sindacali aziendali dell'andamento del ricorso al lavoro part-time; il dovere di informare i lavoratori dell'intenzione di procedere a nuove assunzioni part-time e full-time e di trasformare il contratto ai lavoratori affetti da malattie oncologiche • Attuazione La disciplina del rapporto a tempo parziale contenuta nel Dlgs 276/2003 è immediatamente operativa, infatti non è prevista una fase di transizione, né un rinvio ad una fase di verifica della normativa. Il regime transitorio e l'attuazione dei rinvii contenuti alla contrattazione collettiva potranno essere affidati anche ad un accordo interconfederale su convocazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. APPRENDISTATO L'apprendistato è un contratto a contenuto formativo, in cui il datore di lavoro oltre a versare un corrispettivo per l'attività svolta garantisce all'apprendista una formazione professionale. Il Dlgs 276/2003 individua tre tipologie di contratto, con finalità diverse: apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l'entrata nel mondo del lavoro dei più giovani; apprendistato professionalizzante, che consente di ottenere una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore. 9 APPRENDISTATO PER L'ESPLETAMENTO DEL DIRITTO-DOVERE DI ISTRUZIONE (D.lgs. 276/03 art. 48) Beneficiari • giovani e adolescenti che abbiano compiuto quindici anni che possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione Durata • la durata non è superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata tenendo conto: o della qualifica da conseguire o del titolo di studio o dei crediti professionali e formativi acquisiti o del bilancio di competenze fatto dai servizi per l'impiego o da privati accreditati Disciplina • contratto in forma scritta contenente: o il tipo di prestazione o il piano formativo individuale o la qualifica che potrebbe essere acquisita sulla base dell'esito della formazione aziendale ed extra-aziendale • divieto di determinare il compenso dell'apprendista in base a tariffe di cottimo; • possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato (art. 2118 Codice Civile); • divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratti di apprendistato prima della scadenza del termine in assenza di una giusta causa o giustificato motivo. La regolamentazione dei profili formativi per l'espletamento del diritto - dovere di istruzione e formazione è demandata alle Regioni d'intesa con il Ministero del Lavoro e quello dell'Istruzione sentite le OO. SS. e quelle datoriali rispettando i seguenti criteri e principi: • • • • • definizione qualifica professionale previsione di un monte ore di formazione esterna e interna in relazione alla qualifica da conseguire e in base a standard minimi formativi (Legge 53/03) rinvio ai contratti collettivi nazionali, territoriali, aziendali per determinare, anche nell'ambito degli Enti bilaterali, le modalità di effettuazione della formazione aziendale, nel rispetto degli standard fissati dalle Regioni riconoscimento ai fini contrattuali della qualifica raggiunta in base ai risultati ottenuti con la formazione interna ed esterna registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate 10 APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE (D.lgs. 276/03 art. 49) Beneficiari • soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. • Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l'acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi della legge 53/03, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. Durata • non può essere inferiore a due anni e superiore a sei • I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o regionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, la durata del contratto di apprendistato professionalizzante. Disciplina • contratto in forma scritta contenente il tipo di prestazione, il piano formativo individuale e la qualifica conseguibile sulla base dell'esito della formazione aziendale e extra-aziendale • divieto di determinare il compenso dell'apprendista in base a tariffe di cottimo • possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo dell'apprendistato (art. 2118 Codice Civile) • possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell'ambito del diritto - dovere di istruzione e formazione con quelli dell'apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite massimo di durata (non inferiore a 2 anni e superiore a 6) • divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto, prima della scadenza del termine, senza giusta causa o giustificato motivo La regolamentazione dei profili formativi professionalizzanti è demandata alle Regioni d'intesa con le OO.SS. e datoriali comparativamente più rappresentative a livello regionale nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: • previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno 120 ore annue • le modalità di erogazione e dell'articolazione della formazione esterna ed interna alle singole aziende saranno determinate dai contratti collettivi nazionali - territoriali - aziendali, anche all'interno degli Enti Bilaterali • riconoscimento ai fini contrattuali della qualifica professionale • registrazione su libretto formativo della formazione effettuata • presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate 11 APPRENDISTATO PER L'ACQUISIZIONE DI UN DIPLOMA O PER PERCORSI DI ALTA FORMAZIONE (D.lgs. 276/03 art. 50) Beneficiari • soggetti di età compresa tra i 18 anni e i 29 anni che possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, per il conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, nonché per la specializzazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. Disciplina e durata • la regolamentazione e la durata dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione è rimessa alle Regioni, in accordo con le Associazioni territoriali del datori di lavoro, le Università e le altre Istituzioni formative. CONTRATTO DI INSERIMENTO Il contratto di inserimento mira a inserire (o reinserire) nel mercato del lavoro alcune categorie di persone, attraverso un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del singolo a un determinato contesto lavorativo. Momento centrale del contratto è la redazione del piano di inserimento lavorativo, che deve garantire l'acquisizione di competenze professionali attraverso la formazione on the job. Il contratto di inserimento sostituisce il contratto di formazione e lavoro (CFL) nel settore privato. • Applicazione Lavoratori: o persone di età compresa tra 18 e 29 anni o disoccupati di lunga durata tra 29 e 32 anni o lavoratori con più di 50 anni privi del posto di lavoro o lavoratori che intendono riprendere un'attività e che non hanno lavorato per almeno due anni o donne di qualsiasi età che risiedono in aree geografiche in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% a quello maschile (oppure quello di disoccupazione superiore del 10%) o persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico Datori di lavoro: o enti pubblici economici, imprese e loro consorzi o gruppi di imprese o associazioni professionali, socio-culturali e sportive o fondazioni o enti di ricerca pubblici e privati o organizzazioni e associazioni di categoria 12 Non è prevista una percentuale massima di lavoratori che possono essere assunti con contratto di inserimento (anche se questa potrà essere stabilita dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali). Il datore di lavoro, per poter assumere con questo contratto, deve aver mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia scaduto nei 18 mesi precedenti. • Settori: Il contratto può essere stipulato per tutte le attività e per tutti i settori, esclusa la pubblica amministrazione. Una novità della legge Biagi sta nell'aver incluso tra i soggetti che possono assumere con contratto d'inserimento anche i gruppi d'impresa, riconoscendo loro il ruolo giuridico di datore di lavoro. • Durata Il contratto di inserimento va da 9 a 18 mesi, (fino a 36 mesi per gli assunti con grave handicap fisico, mentale o psichico). Non vanno conteggiati ai fini della durata i periodi relativi al servizio civile o militare e l'assenza per maternità. Non può essere rinnovato tra le stesse parti (ma si può stipulare un nuovo contratto di inserimento con un diverso datore di lavoro) e le eventuali proroghe devono comunque aversi nei limiti stabiliti (18 o 36 mesi). • Caratteristiche Il contratto di inserimento deve avere forma scritta e contenere l'indicazione precisa del progetto individuale di inserimento. In mancanza di progetto di inserimento o di forma scritta il contratto è nullo e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato dalla data di costituzione del rapporto. La definizione del progetto individuale di inserimento deve avvenire con il consenso del lavoratore e nel rispetto di quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, oppure all'interno di enti bilaterali. • Trattamento economico e normativo Al contratto di inserimento si applicano per quanto compatibili le previsioni relative ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il lavoratore assunto con contratto di inserimento può essere "sotto inquadrato" ovvero essere inquadrato con uno o due livelli (al massimo) inferiori rispetto ad un lavoratore già qualificato a parità di mansioni svolte. Il sotto inquadramento non può essere applicato nel caso di assunzione di donne residenti in particolari aree geografiche (in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% a quello maschile oppure quello di disoccupazione superiore del 10%), salvo che ciò non sia previsto dal contratto collettivo nazionale o territoriale. Al datore di lavoro spettano inoltre degli sgravi economici e contributivi per l'assunzione di lavoratori con contratto di inserimento. • Attuazione Le modalità di definizione del piano di inserimento, in particolare per quanto riguarda la realizzazione del progetto, devono essere stabilite dai contratti collettivi nazionali e territoriali e dai contratti aziendali. Sempre attraverso la contrattazione collettiva dovranno essere definiti orientamenti, linee guida e codici di comportamento che garantiscano l'effettivo adeguamento delle competenze professionali al contesto lavorativo. 13 In attesa che la contrattazione collettiva provveda a disciplinare la materia, è stato siglato, in data 11 febbraio 2004, un accordo interconfederale che definisce alcuni elementi del contratto di inserimento necessari per consentirne una prima applicazione. Tra i vari aspetti è stato indicato il contenuto del contratto ed è stata prevista una formazione teorica minima di 16 ore. TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO Il tirocinio estivo di orientamento è il tirocinio che gli adolescenti o i giovani, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'università e gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, possono svolgere durante le vacanze estive. Come ogni tirocinio non è un rapporto di lavoro, ma costituisce un'esperienza formativa svolta in azienda. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 50 del 2005, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 60 del Dlgs 276/2003, che ha istituito i tirocini estivi di orientamento. Saranno dunque le Regioni a disciplinare questo istituto in forza della loro competenza in materia di formazione. • Finalità Il tirocinio estivo mira ad agevolare gli studenti nella scelta professionale e a permettere loro di orientarsi meglio nel mondo del lavoro. Consente inoltre di acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro. • Durata e limiti Il tirocinio estivo ha una durata non superiore a tre mesi e si svolge nel periodo compreso tra la fine dell'anno accademico e/o scolastico e l'inizio di quello successivo. In caso di pluralità di tirocini, la durata massima complessiva non può superare i tre mesi. L'azienda interessata a ospitare tirocinanti non incontra limiti numerici per legge, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. • Sussidio economico L'azienda che ospita il tirocinante, pur non essendo obbligata, può erogare al tirocinante una borsa lavoro per un importo massimo mensile non superiore a 600 euro. Disciplina Per tutti gli aspetti non esplicitamente disciplinati dal Dlgs 276/2003 valgono le disposizioni in materia di tirocini formativi (Legge 196/97 e DM 142/1998) tra le quali: i soggetti promotori dei tirocini possono essere, tra gli altri, i Centri per l'impiego, gli Uffici scolastici regionali, gli istituti scolastici, i Centri di formazione professionale. Questi soggetti sono responsabili del corretto svolgimento del tirocinio le imprese disponibili a ospitare tirocinanti devono stipulare apposite convenzioni con i soggetti promotori per ogni tirocinante deve essere elaborato un progetto formativo e di orientamento nel quale sono indicati obiettivi e modalità di svolgimento del tirocinio l'attivazione di un tirocinio non comporta l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non determina la cancellazione dagli elenchi anagrafici del centro per l'impiego il tirocinante deve essere assicurato contro gli infortuni sul lavoro presso l'INAIL, nonché presso idonea compagnia assicuratrice per la responsabilità civile verso terzi le attività svolte durante il tirocinio possono avere valore di credito formativo • 14 CO.CO.PRO. LAVORO A PROGETTO E COLLABORAZIONI OCCASIONALI Il contratto di lavoro a progetto è un contratto di collaborazione coordinata e continuativa caratterizzato dal fatto di: • essere riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso • essere gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa Figura 1 - Il prof. Marco Biagi La disciplina prevista in materia di lavoro a progetto è finalizzata a prevenire l'utilizzo improprio delle collaborazioni coordinate e continuative e a tutelare maggiormente il lavoratore. • Applicazione Il contratto di lavoro a progetto può essere stipulato da tutti i lavoratori e per tutti i settori e le attività, con le seguenti esclusioni: o agenti e rappresentanti di commercio o coloro che esercitano professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione a specifici albi professionali (già esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto) o componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società o partecipanti a collegi e commissioni (inclusi gli organismi di natura tecnica) o pensionati al raggiungimento del 65° anno di età o atleti che svolgono prestazioni sportive in regime di autonomia, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa o collaborazioni coordinate e continuative di tipo occasionale "minima", ovvero di durata non superiore a 30 giorni con un unico committente, e per un compenso annuo non superiore a 5.000 euro con lo stesso committente o rapporti di collaborazione con la pubblica amministrazione o rapporti e attività di collaborazione coordinata a progetto comunque resi e utilizzati a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). • Caratteristiche Il contratto di lavoro a progetto deve essere redatto in forma scritta e deve indicare, a fini della prova, i seguenti elementi: durata della prestazione di lavoro: può essere determinata (indicata specificamente) o determinabile in quanto il rapporto dura finché non sia stato realizzato il progetto, il programma o la fase di lavoro individuazione e descrizione del contenuto caratterizzante del progetto o programma di lavoro, o fase di esso corrispettivo e criteri per la sua determinazione, tempi e modalità di pagamento, disciplina dei rimborsi spese forme di coordinamento tra lavoratore a progetto e committente sull'esecuzione (anche temporale) della prestazione lavorativa 15 eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto (oltre a quelle previste in applicazione delle norme relative all'igiene e sicurezza del lavoratore sul luogo di lavoro) Il contratto termina quando il progetto, il programma o la fase vengono realizzati. Il recesso anticipato può avvenire per giusta causa o in base alle modalità previste dalle parti nel contratto individuale. • Trattamento economico e normativo Il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del contratto. Il Dlgs 276/2003 prevede una maggior tutela, rispetto alle collaborazioni coordinate e continuative, del lavoratore in caso di malattia, infortunio e gravidanza: la malattia e l'infortunio del lavoratore comportano solo la sospensione del rapporto che però non è prorogato e cessa alla scadenza indicata nel contratto o alla fine del progetto, programma o fase di lavoro. Il committente può comunque recedere se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto (quando determinata) ovvero superiore a 30 giorni per i contratti di durata determinabile la gravidanza comporta la sospensione del rapporto e la proroga dello stesso per 180 giorni Sono stati inoltre previsti a favore del lavoratore: facoltà di svolgere la propria attività per più committenti (salvo diversa previsione del contratto individuale) diritto a essere riconosciuto autore dell'invenzione fatta nello svolgimento del lavoro a progetto • Attuazione La disciplina relativa al lavoro a progetto si applica alle collaborazioni coordinate e continuative stipulate dopo l'entrata in vigore della norma (24 ottobre 2003). Le collaborazioni coordinate e continuative stipulate prima del 24 ottobre 2003 senza il riferimento a un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla loro scadenza e in ogni caso non oltre un anno dall'entrata in vigore del Dlgs 276/2003, senza possibilità di rinnovo o proroga. Decorso il termine del 24 ottobre 2004 le collaborazioni non ricondotte a un progetto cessano automaticamente. Possono essere stipulati accordi aziendali che stabiliscano che le collaborazioni non riconducibili a un progetto siano trasformate in una forma di lavoro subordinato che può essere individuata sia fra quelle previste dal decreto 276/2003 (lavoro intermittente, ripartito, distacco, somministrazione, appalto), sia fra quelle già disciplinate (contratto a termine o a tempo parziale). Questi accordi possono anche prevedere un termine di efficacia più ampio di quello del 24 ottobre 2004, ma comunque non superiore al 24 ottobre 2005. 16 PRESTAZIONI DI LAVORO OCCASIONALI Le prestazioni di lavoro accessorio sono attività lavorative di natura occasionale svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale o, comunque, non ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne. Il contratto di lavoro occasionale accessorio ha due finalità: far emergere il sommerso che caratterizza alcune prestazioni lavorative, tutelando maggiormente lavoratori che altrimenti opererebbero senza protezione favorire l'inserimento lavorativo di fasce deboli del mercato del lavoro, aumentando le possibilità di lavoro presso le famiglie e gli enti senza fine di lucro • Applicazione Lavoratori: • disoccupati da oltre un anno • casalinghe, studenti, pensionati • disabili e soggetti in comunità di recupero • lavoratori extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro • Datori di lavoro: Il Dlgs 276/2003 non indica espressamente i soggetti a favore dei quali può essere prestata l'attività, ma, sulla base di quanto stabilito dalla legge 30/2003, si può ritenere che questi siano: Famiglie enti senza fine di lucro soggetti non imprenditori o, se imprenditori, al di fuori dell'esercizio della propria attività • Settori ed attività: o piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap o insegnamento privato supplementare o piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti o realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli o collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di solidarietà o di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi o vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati Nel settore agricolo non sono considerate prestazioni di natura occasionale quelle rese da parenti e affini entro il terzo grado, quelle rese per motivi di solidarietà a titolo gratuito o dietro rimborso spese. • Impresa familiare E' possibile svolgere prestazioni occasionali accessorie anche nell'ambito dell'impresa familiare nei settori del commercio, dei servizi e del turismo. In tal caso si applica la normale disciplina assicurativa e contributiva del lavoro subordinato. L'impresa familiare può utilizzare prestazioni occasionali accessorie entro un limite di 10.000 euro nel corso di ciascun anno fiscale. Il limite è relativo all'impresa e non al singolo lavoratore impiegato per il quale resta vigente il limite di 5.000 euro annui con riferimento al medesimo committente. 17 • Caratteristiche La forma del contratto è libera. Il rapporto di lavoro occasionale, anche con più datori di lavoro, non può dar luogo a un reddito superiore a 5.000 euro annui con riferimento al medesimo committente. È prevista una particolare procedura per il pagamento del corrispettivo: i lavoratori sono retribuiti attraverso la consegna di buoni lavoro dal valore nominale fissato da un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquistati in precedenza dai datori di lavoro presso le rivendite autorizzate. Tenuto conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini, con decreto del 30/09/2005 il valore nominale dei buoni è stato stabilito in € 10,00. Una volta effettuata l'attività e ricevuti i buoni, il lavoratore deve presentarli ai centri autorizzati i quali, rispetto al valore nominale del buono: trattengono una percentuale (5%) come rimborso spese del servizio prestato versano i contributi Inps (13%) e Inail (7%) dovuti pagano il restante importo al lavoratore Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore accessorio. Chi è interessato a svolgere prestazioni di lavoro accessorio deve comunicare la propria disponibilità ai soggetti accreditati o ai Servizi per l'impiego i quali invieranno, a spese dell'interessato, una tessera magnetica personalizzata. Attuazione Con decreti del M.L.P.S. del 30/09/2005 e 01/03/2006 sono state individuate le aree in cui avviare, in fase di sperimentazione, il lavoro accessorio. Va, infine, inserita una breve menzione sulla disciplina introdotta dalla riforma Biagi in materia di socilavoratori. SOCIO-LAVORATORE DI SOCIETA’ COOPERATIVE Le disposizioni della legge 142 del 2001 (così come modificate dalla legge 30 del 2003) disciplinano il lavoro dei soci di cooperative che hanno quale scopo mutualistico la prestazione delle attività lavorative da parte degli stessi soci. • Rapporto Associativo Il rapporto associativo nasce con l'adesione del socio alla cooperativa. Il socio ha diritti e doveri specifici: o concorre alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell'impresa o partecipa alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell'azienda 18 o contribuisce alla formazione del capitale sociale e partecipa al rischio d'impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione o mette a disposizione della cooperativa le proprie capacità professionali • Rapporto di lavoro Quando il socio presta il proprio lavoro per la cooperativa instaura un vero e proprio rapporto di lavoro che può essere prestato in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale. Le regole relative al lavoro dei soci vengono definite da un regolamento che le cooperative hanno l'obbligo di redigere e di depositare presso la Direzione Provinciale del lavoro territorialmente competente. • Diritti e doveri del socio-lavoratore Dal rapporto di lavoro derivano diritti e doveri legati allo specifico contratto di lavoro stipulato con la cooperativa. Tuttavia, in mancanza dell'adozione del regolamento interno le cooperative non potranno inquadrare i soci con un rapporto diverso da quello subordinato. Si evidenzia, comunque, che per il RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO: o la retribuzione del socio non può essere inferiore rispetto ai minimi stabiliti dai contratti collettivi del settore o delle categorie affini o si applica lo Statuto dei Lavoratori tranne l'art. 18. Infatti, in caso di cessazione del rapporto associativo (quindi di perdita della qualità di socio a seguito di esclusione o recesso) cessa anche il rapporto di lavoro: il socio escluso senza giusta causa o giustificato motivo non può chiedere di essere reintegrato nel posto di lavoro o i diritti sindacali previsti dal titolo III dello Statuto dei lavoratori possono essere esercitati solo in seguito alla stipulazione di un accordo collettivo stipulato tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative e che per il RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO O IN ALTRA FORMA: o in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, si deve fare riferimento ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo o si applicano le disposizioni dello Statuto dei lavoratori relative a: libertà di opinione, divieto di indagine sulle opinioni, diritto di associazione e attività sindacale, divieto di atti discriminatori o anche in questo caso si applicano le disposizioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro 19 RESPONSABILE PROGETTO: Patrizia LONGO GRUPPO DI LAVORO: Denise CARIZZANO, Carola LORIO, Mauro PARESCHI, Stefano PASQUALATO, Maria SARASINI, Germana SPEZZANO, Marisa VIASSI 20