Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
Direzione Provinciale del Lavoro di Vercelli
La “Legge Biagi”
per il lavoro
“Riformare il mercato del lavoro
è la condizione per conseguire l’obiettivo
di aumentare l’occupazione,
accrescendone la qualità”
Marco Biagi
Il nuovo mercato del lavoro
La riforma ideata e scritta da Marco Biagi, contenuta nel decreto legislativo 10 settembre 2003 n°276
attuativo della legge delega n°30/2003 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre ed è
entrata in vigore il 24 ottobre 2003.Si tratta di una riforma con una valenza storica destinata a riscrivere interamente il mercato del
lavoro e ad avere un notevole impatto sociale.La riforma ha come obbiettivo la flessibilità cui il legislatore ha già da anni guardato con
particolare attenzione quale soluzione per aumentare l’occupazione proporzionalmente alla qualità del
lavoro.La particolarità di tale riforma sta nell’intervento, a tutto campo, al punto di coprire l’intero
mercato del lavoro ed i suoi meccanismi che sono riconducibili a due fasi: quella iniziale di ricerca ed
informazione e quella di instaurazione ed avvio del rapporto di lavoro. Sotto il primo profilo, il decreto
mette mano alla riforma del collocamento e della borsa del lavoro (strumenti diretti a fare incontrare la
domanda e l’offerta di lavoro) mentre, sotto il secondo profilo, rivolge l’attenzione a nuove forme
contrattuali e rivisita i rapporti di lavoro autonomo a carattere personale coordinato e continuativo.Ciò che può maggiormente interessare alla platea, destinataria del presente incontro, sono le
varie tipologie contrattuali introdotte o rinnovate da tale riforma ed è su di esse che ora ci
soffermeremo.Prima di illustrare le varie tipologie contrattuali è necessario illustrare la differenza che esiste tra
rapporto di lavoro autonomo e subordinato.La distinzione fra lavoro subordinato e autonomo ha profonde radici storiche. Nell’antichità il
lavoro dell’uomo libero era considerato solo in rapporto al risultato.La distinzione era tra “locatio operis” in cui la contropartita del compenso era costituita dalla
“realizzazione di un’opera predeterminata” e “locatio operarum” in cui la contropartita del compenso
era la “messa a disposizione delle proprie energie lavorative”. Il concetto di lavoro, in quanto valore
estratto, si confondeva con quello di schiavitù. Pertanto il lavoro a servizio di un altro individuo era
ritenuto incompatibile con l’ideale di libertà: l’uomo libero era colui che agiva nel proprio interesse e
non per soddisfare i bisogni altrui.Soltanto con la rivoluzione industriale si sono cominciate a fondere in un’unica categoria
astratta le diverse tipologie di lavoro umano ed è soltanto nel momento in cui e nella misura in cui il
lavoro subordinato e il lavoro autonomo assumono delle regole differenti che il problema della loro
distinzione acquista un significato giuridico.L’esigenza di avere regole adatte al lavoro subordinato ha obbligato a distinguere quest’ultimo
dal lavoro autonomo.Nel nostro ordinamento giuridico la definizione di lavoratore subordinato viene data dall’art.
2094 del codice civile che lo definisce così: “colui che si obbliga, mediante retribuzione a collaborare
nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell’imprenditore”.Pertanto il criterio principale d’individuazione del contratto di lavoro subordinato è stato
ovunque ritenuto la soggezione del lavoratore al potere del datore di lavoro che si esprime nel binomio
“potere/subordinazione”.Il lavoro autonomo è invece così definito dall’art. 2222 del codice civile:”quando una persona si
obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.Pertanto nel lavoro autonomo emerge l’assenza del legame della subordinazione.Le definizioni fornite dagli artt. 2094 e 2222 del codice civile sono di carattere generale pertanto
non è agevole inquadrare in modo sistematico la natura autonoma e subordinata del rapporto di lavoro.
Il legislatore infatti non ha ritenuto di specificare in modo analitico i tratti distintivi di ciascuna
fattispecie.2
Tale vuoto è stato colmato dalla giurisprudenza, formatasi nel corso degli anni, che ha
individuato i cosiddetti “indici qualificatori” che si possono così riassumere:
1. sottomissione del lavoratore alle direttive del datore di lavoro;
2. stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione lavorativa;
3. esistenza di un vincolo di orario;
4. assenza di struttura imprenditoriale in capo al prestatore d’opera e quindi l’assenza di rischio
economico;
5. nell’esclusiva in favore di un solo committente;
6. nella commisurazione della retribuzione “al tempo lavorato” anziché al mero risultato.
In tema di qualificazione del rapporto di lavoro, è importante e decisiva l’indagine circa l’individuazione
del cosiddetto “nomen iuris” che l’effettiva volontà delle parti vuole attribuire al rapporto di lavoro che
intercorre tra di esse.E’ rilevante in tal senso il principio generale che la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito e
cioè che ogni attività umana economicamente rilevante, anche se di semplice manovalanza, può essere
oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo a seconda delle
modalità concrete del suo svolgimento e della scelta liberamente compiuta dalle parti circa lo schema
maggiormente idoneo a soddisfare i rispettivi interessi.A metà strada tra la subordinazione e l’autonomia si collocavano le “collaborazioni coordinate e
continuative” (cosiddetto CO.CO.CO.) che si fondavano essenzialmente sul concetto di
“collaborazione”.
Le collaborazioni coordinate e continuative sono aumentate soprattutto negli anni novanta e hanno
rappresentato un modo per superare, pur nelle pieghe della legge, la strada per superare rigidità e
insufficienza delle regole del lavoro che rischiava di rappresentare una pratica elusiva.Pertanto, pur restando immutata la collaborazione coordinata e continuativa in una serie di ipotesi
(rapporti con la Pubblica Amministrazione, contratti con professionisti iscritti in un Albo, con soggetti
che percepiscono una pensione di vecchiaia, ecc.), rispetto al passato, la nuova normativa si è proposta,
all’interno di una logica di creazione di “buona occupazione” una finalità antielusiva cercando di
codificare tipologie contrattuali ben definite che possano rappresentare dei buoni strumenti per il
datore di lavoro e garanzie per i lavoratori.-
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TIPOLOGIE CONTRATTUALI
(D.Lgs. n°276/2003)
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lavoro intermittente
lavoro ripartito
lavoro a tempo parziale
apprendistato
inserimento
tirocini estivi di orientamento
lavoro a progetto
prestazioni di lavoro occasionale
art. 33
art. 41
art. 46
artt. 47/48/49/50
art. 54
art. 60
art. 61
art. 70
LAVORO INTERMITTENTE
(job on call - il lavoro a chiamata)
Il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata) è un contratto di lavoro mediante il quale un
lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro per svolgere determinate prestazioni di carattere
discontinuo o intermittente (individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale) o per
svolgere prestazioni in determinati periodi nell'arco della settimana, del mese o dell'anno (individuati dal
Dlgs 276/2003).
Questo contratto costituisce una novità per l'ordinamento italiano ed è previsto in due forme: con o
senza obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità, a seconda che il lavoratore scelga di
essere o meno vincolato alla chiamata.
L'obiettivo del contratto intermittente è la regolarizzazione della prassi del cosiddetto lavoro a fattura,
usato finora per le richieste di attività lavorativa non occasionale ma con carattere intermittente.
Rappresenta anche un'ulteriore possibilità di inserimento o reinserimento dei lavoratori nel mercato del
lavoro.
•
Applicazione
Può essere stipulato da qualunque impresa, ad eccezione di quelle che non abbiano effettuato la
valutazione dei rischi prevista dalla legge sulla sicurezza nei posti di lavoro (Dlgs 626/1994):
a) con qualunque lavoratore per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o
intermittente, indicate dalla tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657 (in attesa
delle regolamentazioni dei contratti collettivi)
b) indipendentemente dal tipo di attività:
In un primo momento il contratto prevedeva che potessero essere chiamati lavoratori con
meno di 25 anni o con più di 45 anni, anche pensionati; con la Legge 14 maggio 2005, n. 80 è
stata confermata la possibilità, inizialmente sperimentale, di stipulare il contratto con i lavoratori
di età inferiore ai 25 anni o superiore ai 45 anni, indipendentemente dal tipo di attività svolta.
Non sono più richiesti requisiti particolari quali lo stato di disoccupazione e l'iscrizione nelle
liste di mobilità;
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per il lavoro nel week-end o in periodi predeterminati (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie);
Il lavoro intermittente è immediatamente utilizzabile anche per il lavoro nel week-end o in
periodi predeterminati (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie), come chiarito già dalla nota
ministeriale del 12 luglio 2004 e confermato dal Dlgs 251/2004 (correttivo del Dlgs. 276/2003).
La circolare ministeriale del 2 febbraio 2005, n. 4 ha fornito importanti chiarimenti
sull'applicazione di questo contratto.
Non può essere stipulato dalla pubblica amministrazione
•
Caratteristiche
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato.
Deve avere la forma scritta e deve contenere l'indicazione di una serie di elementi (che devono
conformarsi a quanto sarà contenuto nei contratti collettivi) quali: durata, ipotesi che ne
consentono la stipulazione, luogo, modalità della disponibilità, relativo preavviso, trattamento
economico e normativo per la prestazione eseguita, ammontare dell'eventuale indennità di
disponibilità, tempi e modalità di pagamento, forma e modalità della richiesta del datore, modalità
di rilevazione della prestazione, eventuali misure di sicurezza specifiche.
Non è possibile ricorrere al lavoro intermittente nei seguenti casi:
sostituzione di lavoratori in sciopero;
se si è fatto ricorso nei sei mesi precedenti a una procedura di licenziamento collettivo, ovvero
se è in corso una sospensione o riduzione d'orario con cassa integrazione (questo divieto è
derogabile da un accordo sindacale) per le stesse unità produttive e/o mansioni cui si riferisce il
contratto di lavoro intermittente.
•
Retribuzione e Indennità
Al lavoratore intermittente deve essere garantito un trattamento economico pari a quello
spettante ai lavoratori di pari livello e mansione, seppur riproporzionato in base all'attività
realmente svolta. Per i periodi di inattività, e solo nel caso in cui il lavoratore si sia obbligato a
rispondere immediatamente alla chiamata, spetta un'indennità mensile, divisibile per quote
orarie. È stabilita dai contratti collettivi, nel rispetto dei limiti minimi fissati con decreto
ministeriale, e non spetta nel periodo di malattia oppure di altra causa che renda impossibile la
risposta alla chiamata. Il rifiuto di rispondere alla chiamata senza giustificato motivo può
comportare la risoluzione del rapporto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità
riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, e il risarcimento del danno la cui misura è
predeterminata nei contratti collettivi o, in mancanza, nel contratto di lavoro.
I contributi relativi all'indennità di disponibilità devono essere versati per il loro effettivo
ammontare in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
Nel caso di lavoro intermittente per predeterminati periodi della settimana, del mese o dell'anno
l'indennità è corrisposta solo in caso di effettiva chiamata.
•
Attuazione
Il contratto di lavoro intermittente è una novità per l'ordinamento italiano.
Il decreto ministeriale 10 Marzo 2004 ha quantificato l'indennità di disponibilità da corrispondere
al lavoratore in attesa di chiamata. Il successivo decreto 23 ottobre 2004, in attesa delle
determinazioni della contrattazione collettiva, ammette la stipulazione di contratti di lavoro
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intermittente per le tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre
1923, n. 2657.
LAVORO RIPARTITO
(job sharing - il lavoro condiviso o ripartito)
E’ un istituto nato negli Stati Uniti e prevede che l'adempimento di un'unica e identica obbligazione
lavorativa venga condiviso da due lavoratori legati tra loro da un vincolo di solidarietà. I due lavoratori
si dividono, in modo proporzionale all'orario svolto, la retribuzione, le assicurazioni obbligatorie, la
contribuzione relativa alle prestazioni assistenziali e previdenziali.
Ogni lavoratore è responsabile personalmente e direttamente dell'intera obbligazione. Ciascun
lavoratore si obbliga a sostituire l'altro in caso di impossibilità a svolgere la prestazione lavorativa.
Chi sottoscrive un contratto di lavoro ripartito non può ricevere un trattamento economico meno
favorevole rispetto a quello dei lavoratori subordinati.
•
Applicazione
Il contratto di lavoro ripartito può essere stipulato da tutti i lavoratori e da tutti i datori di lavoro, ad
eccezione della pubblica amministrazione. Rispetto a quanto previsto dalla precedente normativa
(circolare Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 43/1998), la vera novità del contratto di
lavoro ripartito previsto dalla legge Biagi sta nell'aver limitato la possibilità di gestire il lavoro in solido a
due lavoratori.
•
Caratteristiche
Il contratto di lavoro ripartito, a fini probatori, deve avere forma scritta e contenere le seguenti
indicazioni:
la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o
annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei due lavoratori, secondo gli accordi
intercorsi e ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di determinare, in qualsiasi
momento, la sostituzione tra di loro o la modifica consensuale della distribuzione dell'orario di
lavoro (che deve essere comunicato al datore con cadenza almeno settimanale, al fine di
certificare le assenze);
il luogo di lavoro, nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore;
le eventuali misure di sicurezza specifiche per l'attività lavorativa svolta
Il rapporto di lavoro può essere stipulato a termine o a tempo indeterminato. Per quanto riguarda il
trattamento economico, vige il principio di parità di trattamento rispetto ai lavoratori di pari livello e
mansione. Il trattamento è comunque riproporzionato in base alla prestazione lavorativa effettivamente
eseguita.
Il datore non può opporsi alla ripartizione dell'attività lavorativa stabilita dai due lavoratori. Ai fini
previdenziali i lavoratori ripartiti sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale, ma il calcolo delle
prestazioni e dei contributi dovrà essere effettuato mese per mese, salvo conguaglio in relazione
all'effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.
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In caso di dimissioni o licenziamento di uno dei due lavoratori, il rapporto si estingue anche nei
confronti dell'altra parte, ma il datore di lavoro può chiedere all'altro di trasformare il contratto di
lavoro ripartito in un normale contratto di lavoro subordinato. Eventuali sostituzioni da parte di terzi,
nel caso di impossibilità di uno o entrambi i lavoratori, sono vietate e possono essere ammesse solo
previo consenso del datore di lavoro.
•
Attuazione
L'attuazione e la regolamentazione del lavoro ripartito è vincolata alla contrattazione collettiva. In
assenza di contratti collettivi, si applica la normativa generale del lavoro subordinato in quanto
compatibile con la natura del rapporto di lavoro ripartito. Il regime transitorio e l'attuazione dei rinvii
alla contrattazione collettiva potranno essere affidati anche a un Accordo interconfederale su
convocazione del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale.
LAVORO A TEMPO PARZIALE
(PART-TIME)
Il lavoro a tempo parziale (part-time) si caratterizza per un orario inferiore all'orario di lavoro
normale (full-time) stabilito dalla norma di legge e dai contratti collettivi.
Il rapporto a tempo parziale può essere:
orizzontale quando la riduzione d'orario è riferita al normale orario giornaliero;
verticale quando la prestazione è svolta a tempo pieno ma per periodi predeterminati nella
settimana, nel mese e nell'anno;
misto quando il rapporto di lavoro a tempo parziale è articolato combinando le modalità
orizzontale e verticale.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale si è rivelato un valido strumento per incrementare l'occupazione
di particolari categorie di lavoratori, come giovani, donne, anziani e lavoratori usciti dal mercato del
lavoro. Si configura come un rapporto di lavoro stabile, non precario, che permette di soddisfare le
esigenze di flessibilità delle imprese da una parte e di adattarsi a particolari esigenze dei lavoratori quali
la conciliazione tra lavoro e famiglia
•
Applicazione
Il rapporto a tempo parziale può essere stipulato dalla generalità dei lavoratori e dei datori di
lavoro.
La disciplina del lavoro a tempo parziale si applica interamente anche al settore agricolo. Nel
settore pubblico è possibile ricorrere al lavoro part-time, ma non si applicano le modifiche
introdotte dalla riforma.
•
Caratteristiche
Il contratto di lavoro part-time è un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o
indeterminato.
Deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve contenere puntuale indicazione
della durata della prestazione lavorativa e dell'orario di lavoro, con riferimento al giorno, alla
settimana, al mese e all'anno.
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•
Trattamento economico e normativo
Il lavoratore part-time non deve essere discriminato rispetto al lavoratore a tempo pieno per
quanto riguarda il trattamento economico e normativo:
ha diritto alla stessa retribuzione oraria del lavoratore a tempo pieno, anche se la
retribuzione, l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio e maternità
vengono calcolati in maniera proporzionale al numero di ore lavorate, salvo che i
contratti collettivi non stabiliscano che il calcolo avvenga in maniera più che
proporzionale;
ha diritto allo stesso trattamento normativo dei lavoratori assunti a tempo pieno sotto
tutti gli aspetti quali la durata del periodo di ferie annuali, la durata del congedo di
maternità e del congedo parentale, il trattamento della malattia e infortunio ecc.
•
Strumenti di flessibilità
Rispetto alla precedente disciplina, il Dlgs 276/2003 prevede maggiore flessibilità nella gestione
dell'orario di lavoro e minori vincoli per la richiesta di prestazione di lavoro supplementare,
lavoro straordinario e per la stipulazione di clausole flessibili o elastiche. I contratti collettivi
devono stabilire i limiti, le causali (per il lavoro supplementare), le condizioni e modalità (per il
lavoro elastico e flessibile) e le sanzioni legati al ricorso al lavoro supplementare, elastico e
flessibile. In ogni caso:
Lavoro supplementare: è prestato oltre l'orario di lavoro stabilito nel contratto di lavoro
part-time orizzontale (anche a tempo determinato), ma entro il limite del tempo pieno;
quando il tempo pieno non sia stato raggiunto è ammissibile anche nel part-time
verticale o misto. In attesa che i contratti collettivi stabiliscano i limiti massimi, è
necessario il consenso del lavoratore. La mancanza del consenso non costituisce mai un
giustificato motivo di licenziamento. I contratti collettivi stabiliscono anche il
trattamento economico per le ore di lavoro supplementare;
Lavoro straordinario: è il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro full time.
È ammissibile solo nel rapporto di lavoro part-time di tipo verticale o misto anche a
tempo determinato;
Lavoro elastico: è prestato per periodi di tempo maggiori rispetto a quelli definiti nel
contratto di lavoro part-time verticale o misto a seguito della stipulazione di clausole
elastiche;
Lavoro flessibile: è prestato in periodi di tempo diversi rispetto a quelli fissati nel
contatto di lavoro part-time di tutte e tre le tipologie a seguito della stipulazione di
clausole flessibili. Il lavoro a turni non integra una clausola flessibile.
Le clausole elastiche e flessibili possono essere stipulate anche per i contratti a tempo determinato. La
disponibilità del lavoratore allo svolgimento di lavoro flessibile ed elastico deve risultare da un patto
scritto e, salve diverse intese fra le parti, è richiesto un periodo di preavviso di almeno due giorni
lavorativi da parte del datore di lavoro.
In assenza delle disposizioni dei contratti collettivi il datore di lavoro e i lavoratori possono concordare
direttamente clausole flessibili ed elastiche.
•
Diritti e doveri
Il lavoratore a tempo parziale ha gli stessi diritti e doveri nei riguardi del datore di lavoro di tutti i
lavoratori subordinati. Ha inoltre il diritto, se previsto dal contratto individuale, di precedenza nel
passaggio dal part-time a full-time rispetto alle nuove assunzioni a tempo pieno, avvenute nelle
unità produttive site nello stesso ambito comunale e per le stesse mansioni o mansioni
equivalenti.
Il lavoratore a tempo pieno ha invece il diritto a essere informato, anche con comunicazione
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scritta in luogo accessibile a tutti, dell'intenzione di procedere ad assunzioni a tempo parziale per
poter presentare domanda di trasformazione.
Il lavoratore affetto da patologie oncologiche ha il diritto di trasformazione del rapporto di lavoro
da full-time a part-time. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato
nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno quando il lavoratore lo richieda.
Il datore di lavoro, oltre ai diritti e doveri tipici del rapporto di lavoro subordinato, ha:
il diritto a richiedere lavoro supplementare, straordinario e stipulare clausole flessibili ed
elastiche secondo le modalità e nei limiti indicati dalla legge;
il dovere di informare le rappresentanze sindacali aziendali dell'andamento del ricorso al
lavoro part-time;
il dovere di informare i lavoratori dell'intenzione di procedere a nuove assunzioni part-time
e full-time e di trasformare il contratto ai lavoratori affetti da malattie oncologiche
•
Attuazione
La disciplina del rapporto a tempo parziale contenuta nel Dlgs 276/2003 è immediatamente operativa,
infatti non è prevista una fase di transizione, né un rinvio ad una fase di verifica della normativa.
Il regime transitorio e l'attuazione dei rinvii contenuti alla contrattazione collettiva potranno essere
affidati anche ad un accordo interconfederale su convocazione del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali.
APPRENDISTATO
L'apprendistato è un contratto a contenuto formativo, in cui il datore di lavoro oltre a versare un
corrispettivo per l'attività svolta garantisce all'apprendista una formazione professionale. Il Dlgs
276/2003 individua tre tipologie di contratto, con finalità diverse:
apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente
di conseguire una qualifica professionale e favorire l'entrata nel mondo del lavoro dei più
giovani;
apprendistato professionalizzante, che consente di ottenere una qualifica attraverso una
formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che
consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta
formazione e per la specializzazione tecnica superiore.
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APPRENDISTATO PER L'ESPLETAMENTO
DEL DIRITTO-DOVERE DI ISTRUZIONE
(D.lgs. 276/03 art. 48)
Beneficiari
•
giovani e adolescenti che abbiano compiuto quindici anni che possono essere assunti, in tutti i
settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione
e formazione
Durata
•
la durata non è superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica
professionale. La durata del contratto è determinata tenendo conto:
o della qualifica da conseguire
o del titolo di studio
o dei crediti professionali e formativi acquisiti
o del bilancio di competenze fatto dai servizi per l'impiego o da privati accreditati
Disciplina
•
contratto in forma scritta contenente:
o il tipo di prestazione
o il piano formativo individuale
o la qualifica che potrebbe essere acquisita sulla base dell'esito della formazione aziendale ed
extra-aziendale
•
divieto di determinare il compenso dell'apprendista in base a tariffe di cottimo;
•
possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di
apprendistato (art. 2118 Codice Civile);
•
divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratti di apprendistato prima della scadenza del
termine in assenza di una giusta causa o giustificato motivo.
La regolamentazione dei profili formativi per l'espletamento del diritto - dovere di istruzione e
formazione è demandata alle Regioni d'intesa con il Ministero del Lavoro e quello dell'Istruzione sentite
le OO. SS. e quelle datoriali rispettando i seguenti criteri e principi:
•
•
•
•
•
definizione qualifica professionale
previsione di un monte ore di formazione esterna e interna in relazione alla qualifica da
conseguire e in base a standard minimi formativi (Legge 53/03)
rinvio ai contratti collettivi nazionali, territoriali, aziendali per determinare, anche nell'ambito degli
Enti bilaterali, le modalità di effettuazione della formazione aziendale, nel rispetto degli standard
fissati dalle Regioni
riconoscimento ai fini contrattuali della qualifica raggiunta in base ai risultati ottenuti con la
formazione interna ed esterna
registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo
presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate
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APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE
(D.lgs. 276/03 art. 49)
Beneficiari
•
soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni.
•
Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato
professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul
lavoro e l'acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali.
Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi della legge 53/03, il
contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.
Durata
•
non può essere inferiore a due anni e superiore a sei
•
I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale o regionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione
da conseguire, la durata del contratto di apprendistato professionalizzante.
Disciplina
•
contratto in forma scritta contenente il tipo di prestazione, il piano formativo individuale e la
qualifica conseguibile sulla base dell'esito della formazione aziendale e extra-aziendale
•
divieto di determinare il compenso dell'apprendista in base a tariffe di cottimo
•
possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo
dell'apprendistato (art. 2118 Codice Civile)
•
possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell'ambito del diritto - dovere di
istruzione e formazione con quelli dell'apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite
massimo di durata (non inferiore a 2 anni e superiore a 6)
•
divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto, prima della scadenza del termine, senza
giusta causa o giustificato motivo
La regolamentazione dei profili formativi professionalizzanti è demandata alle Regioni d'intesa con le
OO.SS. e datoriali comparativamente più rappresentative a livello regionale nel rispetto dei seguenti
criteri e principi direttivi:
•
previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno 120
ore annue
•
le modalità di erogazione e dell'articolazione della formazione esterna ed interna alle singole
aziende saranno determinate dai contratti collettivi nazionali - territoriali - aziendali, anche
all'interno degli Enti Bilaterali
•
riconoscimento ai fini contrattuali della qualifica professionale
•
registrazione su libretto formativo della formazione effettuata
•
presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate
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APPRENDISTATO PER L'ACQUISIZIONE DI UN DIPLOMA
O PER PERCORSI DI ALTA FORMAZIONE
(D.lgs. 276/03 art. 50)
Beneficiari
•
soggetti di età compresa tra i 18 anni e i 29 anni che possono essere assunti, in tutti i settori di
attività, con contratto di apprendistato per il conseguimento di un titolo di studio di livello
secondario, per il conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, nonché per
la specializzazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi della legge 28 marzo
2003, n. 53, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.
Disciplina e durata
•
la regolamentazione e la durata dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi
di alta formazione è rimessa alle Regioni, in accordo con le Associazioni territoriali del datori di
lavoro, le Università e le altre Istituzioni formative.
CONTRATTO DI INSERIMENTO
Il contratto di inserimento mira a inserire (o reinserire) nel mercato del lavoro alcune categorie di
persone, attraverso un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del singolo a
un determinato contesto lavorativo. Momento centrale del contratto è la redazione del piano di
inserimento lavorativo, che deve garantire l'acquisizione di competenze professionali attraverso la
formazione on the job.
Il contratto di inserimento sostituisce il contratto di formazione e lavoro (CFL) nel settore privato.
•
Applicazione
Lavoratori:
o persone di età compresa tra 18 e 29 anni
o disoccupati di lunga durata tra 29 e 32 anni
o lavoratori con più di 50 anni privi del posto di lavoro
o lavoratori che intendono riprendere un'attività e che non hanno lavorato per almeno
due anni
o donne di qualsiasi età che risiedono in aree geografiche in cui il tasso di occupazione
femminile sia inferiore almeno del 20% a quello maschile (oppure quello di
disoccupazione superiore del 10%)
o persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico
Datori di lavoro:
o enti pubblici economici, imprese e loro consorzi
o gruppi di imprese
o associazioni professionali, socio-culturali e sportive
o fondazioni
o enti di ricerca pubblici e privati
o organizzazioni e associazioni di categoria
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Non è prevista una percentuale massima di lavoratori che possono essere assunti con contratto di
inserimento (anche se questa potrà essere stabilita dai contratti collettivi nazionali, territoriali o
aziendali).
Il datore di lavoro, per poter assumere con questo contratto, deve aver mantenuto in servizio almeno il
60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia scaduto nei 18 mesi precedenti.
•
Settori:
Il contratto può essere stipulato per tutte le attività e per tutti i settori, esclusa la pubblica
amministrazione.
Una novità della legge Biagi sta nell'aver incluso tra i soggetti che possono assumere con contratto
d'inserimento anche i gruppi d'impresa, riconoscendo loro il ruolo giuridico di datore di lavoro.
•
Durata
Il contratto di inserimento va da 9 a 18 mesi, (fino a 36 mesi per gli assunti con grave handicap fisico,
mentale o psichico). Non vanno conteggiati ai fini della durata i periodi relativi al servizio civile o
militare e l'assenza per maternità. Non può essere rinnovato tra le stesse parti (ma si può stipulare un
nuovo contratto di inserimento con un diverso datore di lavoro) e le eventuali proroghe devono
comunque aversi nei limiti stabiliti (18 o 36 mesi).
•
Caratteristiche
Il contratto di inserimento deve avere forma scritta e contenere l'indicazione precisa del progetto
individuale di inserimento. In mancanza di progetto di inserimento o di forma scritta il contratto è nullo
e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato dalla data di costituzione del rapporto.
La definizione del progetto individuale di inserimento deve avvenire con il consenso del lavoratore e
nel rispetto di quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, oppure all'interno
di enti bilaterali.
•
Trattamento economico e normativo
Al contratto di inserimento si applicano per quanto compatibili le previsioni relative ai contratti di
lavoro subordinato a tempo determinato.
Il lavoratore assunto con contratto di inserimento può essere "sotto inquadrato" ovvero essere
inquadrato con uno o due livelli (al massimo) inferiori rispetto ad un lavoratore già qualificato a
parità di mansioni svolte. Il sotto inquadramento non può essere applicato nel caso di assunzione
di donne residenti in particolari aree geografiche (in cui il tasso di occupazione femminile sia
inferiore almeno del 20% a quello maschile oppure quello di disoccupazione superiore del 10%),
salvo che ciò non sia previsto dal contratto collettivo nazionale o territoriale.
Al datore di lavoro spettano inoltre degli sgravi economici e contributivi per l'assunzione di
lavoratori con contratto di inserimento.
•
Attuazione
Le modalità di definizione del piano di inserimento, in particolare per quanto riguarda la
realizzazione del progetto, devono essere stabilite dai contratti collettivi nazionali e territoriali e
dai contratti aziendali.
Sempre attraverso la contrattazione collettiva dovranno essere definiti orientamenti, linee guida e
codici di comportamento che garantiscano l'effettivo adeguamento delle competenze
professionali al contesto lavorativo.
13
In attesa che la contrattazione collettiva provveda a disciplinare la materia, è stato siglato, in data
11 febbraio 2004, un accordo interconfederale che definisce alcuni elementi del contratto di
inserimento necessari per consentirne una prima applicazione. Tra i vari aspetti è stato indicato il
contenuto del contratto ed è stata prevista una formazione teorica minima di 16 ore.
TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO
Il tirocinio estivo di orientamento è il tirocinio che gli adolescenti o i giovani, regolarmente iscritti ad un
ciclo di studi presso l'università e gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, possono svolgere durante
le vacanze estive. Come ogni tirocinio non è un rapporto di lavoro, ma costituisce un'esperienza
formativa svolta in azienda.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 50 del 2005, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 60 del Dlgs
276/2003, che ha istituito i tirocini estivi di orientamento.
Saranno dunque le Regioni a disciplinare questo istituto in forza della loro competenza in materia di
formazione.
•
Finalità
Il tirocinio estivo mira ad agevolare gli studenti nella scelta professionale e a permettere loro di
orientarsi meglio nel mondo del lavoro. Consente inoltre di acquisire competenze spendibili nel
mercato del lavoro.
•
Durata e limiti
Il tirocinio estivo ha una durata non superiore a tre mesi e si svolge nel periodo compreso tra la
fine dell'anno accademico e/o scolastico e l'inizio di quello successivo. In caso di pluralità di
tirocini, la durata massima complessiva non può superare i tre mesi. L'azienda interessata a
ospitare tirocinanti non incontra limiti numerici per legge, salvo diversa previsione dei contratti
collettivi.
•
Sussidio economico
L'azienda che ospita il tirocinante, pur non essendo obbligata, può erogare al tirocinante una
borsa lavoro per un importo massimo mensile non superiore a 600 euro.
Disciplina
Per tutti gli aspetti non esplicitamente disciplinati dal Dlgs 276/2003 valgono le disposizioni in
materia di tirocini formativi (Legge 196/97 e DM 142/1998) tra le quali:
i soggetti promotori dei tirocini possono essere, tra gli altri, i Centri per l'impiego, gli Uffici
scolastici regionali, gli istituti scolastici, i Centri di formazione professionale. Questi soggetti
sono responsabili del corretto svolgimento del tirocinio
le imprese disponibili a ospitare tirocinanti devono stipulare apposite convenzioni con i
soggetti promotori
per ogni tirocinante deve essere elaborato un progetto formativo e di orientamento nel
quale sono indicati obiettivi e modalità di svolgimento del tirocinio
l'attivazione di un tirocinio non comporta l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non
determina la cancellazione dagli elenchi anagrafici del centro per l'impiego
il tirocinante deve essere assicurato contro gli infortuni sul lavoro presso l'INAIL, nonché
presso idonea compagnia assicuratrice per la responsabilità civile verso terzi
le attività svolte durante il tirocinio possono avere valore di credito formativo
•
14
CO.CO.PRO. LAVORO A PROGETTO E
COLLABORAZIONI OCCASIONALI
Il contratto di lavoro a progetto è un contratto di collaborazione coordinata e
continuativa caratterizzato dal fatto di:
• essere riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di
lavoro o fasi di esso
• essere gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del
risultato, nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del
committente e indipendentemente dal tempo impiegato per
l'esecuzione dell'attività lavorativa
Figura 1 - Il prof.
Marco Biagi
La disciplina prevista in materia di lavoro a progetto è finalizzata a prevenire
l'utilizzo improprio delle collaborazioni coordinate e continuative e a tutelare
maggiormente il lavoratore.
•
Applicazione
Il contratto di lavoro a progetto può essere stipulato da tutti i lavoratori e per tutti i settori e le
attività, con le seguenti esclusioni:
o agenti e rappresentanti di commercio
o coloro che esercitano professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione a
specifici albi professionali (già esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto)
o componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società
o partecipanti a collegi e commissioni (inclusi gli organismi di natura tecnica)
o pensionati al raggiungimento del 65° anno di età
o atleti che svolgono prestazioni sportive in regime di autonomia, anche in forma di
collaborazione coordinata e continuativa
o collaborazioni coordinate e continuative di tipo occasionale "minima", ovvero di durata
non superiore a 30 giorni con un unico committente, e per un compenso annuo non
superiore a 5.000 euro con lo stesso committente
o rapporti di collaborazione con la pubblica amministrazione
o rapporti e attività di collaborazione coordinata a progetto comunque resi e utilizzati a
fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle
federazioni sportive nazionali e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI
(Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
•
Caratteristiche
Il contratto di lavoro a progetto deve essere redatto in forma scritta e deve indicare, a fini della
prova, i seguenti elementi:
durata della prestazione di lavoro: può essere determinata (indicata specificamente) o
determinabile in quanto il rapporto dura finché non sia stato realizzato il progetto, il
programma o la fase di lavoro
individuazione e descrizione del contenuto caratterizzante del progetto o programma di lavoro,
o fase di esso
corrispettivo e criteri per la sua determinazione, tempi e modalità di pagamento, disciplina dei
rimborsi spese
forme di coordinamento tra lavoratore a progetto e committente sull'esecuzione (anche
temporale) della prestazione lavorativa
15
eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto (oltre a
quelle previste in applicazione delle norme relative all'igiene e sicurezza del lavoratore sul luogo
di lavoro)
Il contratto termina quando il progetto, il programma o la fase vengono realizzati. Il recesso anticipato
può avvenire per giusta causa o in base alle modalità previste dalle parti nel contratto individuale.
•
Trattamento economico e normativo
Il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tenere
conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel
luogo di esecuzione del contratto.
Il Dlgs 276/2003 prevede una maggior tutela, rispetto alle collaborazioni coordinate e
continuative, del lavoratore in caso di malattia, infortunio e gravidanza:
la malattia e l'infortunio del lavoratore comportano solo la sospensione del rapporto che
però non è prorogato e cessa alla scadenza indicata nel contratto o alla fine del progetto,
programma o fase di lavoro. Il committente può comunque recedere se la sospensione si
protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto (quando
determinata) ovvero superiore a 30 giorni per i contratti di durata determinabile
la gravidanza comporta la sospensione del rapporto e la proroga dello stesso per 180
giorni
Sono stati inoltre previsti a favore del lavoratore:
facoltà di svolgere la propria attività per più committenti (salvo diversa previsione del
contratto individuale)
diritto a essere riconosciuto autore dell'invenzione fatta nello svolgimento del lavoro a
progetto
•
Attuazione
La disciplina relativa al lavoro a progetto si applica alle collaborazioni coordinate e continuative
stipulate dopo l'entrata in vigore della norma (24 ottobre 2003). Le collaborazioni coordinate e
continuative stipulate prima del 24 ottobre 2003 senza il riferimento a un progetto o a una fase
di esso, mantengono efficacia fino alla loro scadenza e in ogni caso non oltre un anno dall'entrata
in vigore del Dlgs 276/2003, senza possibilità di rinnovo o proroga. Decorso il termine del 24
ottobre 2004 le collaborazioni non ricondotte a un progetto cessano automaticamente.
Possono essere stipulati accordi aziendali che stabiliscano che le collaborazioni non riconducibili a un
progetto siano trasformate in una forma di lavoro subordinato che può essere individuata sia fra quelle
previste dal decreto 276/2003 (lavoro intermittente, ripartito, distacco, somministrazione, appalto), sia
fra quelle già disciplinate (contratto a termine o a tempo parziale). Questi accordi possono anche
prevedere un termine di efficacia più ampio di quello del 24 ottobre 2004, ma comunque non superiore
al 24 ottobre 2005.
16
PRESTAZIONI DI LAVORO OCCASIONALI
Le prestazioni di lavoro accessorio sono attività lavorative di natura occasionale svolte da soggetti a
rischio di esclusione sociale o, comunque, non ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di
uscirne.
Il contratto di lavoro occasionale accessorio ha due finalità:
far emergere il sommerso che caratterizza alcune prestazioni lavorative, tutelando
maggiormente lavoratori che altrimenti opererebbero senza protezione
favorire l'inserimento lavorativo di fasce deboli del mercato del lavoro, aumentando le
possibilità di lavoro presso le famiglie e gli enti senza fine di lucro
•
Applicazione
Lavoratori:
• disoccupati da oltre un anno
• casalinghe, studenti, pensionati
• disabili e soggetti in comunità di recupero
• lavoratori extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, nei sei mesi successivi alla
perdita del lavoro
•
Datori di lavoro:
Il Dlgs 276/2003 non indica espressamente i soggetti a favore dei quali può essere prestata
l'attività, ma, sulla base di quanto stabilito dalla legge 30/2003, si può ritenere che questi siano:
Famiglie
enti senza fine di lucro
soggetti non imprenditori o, se imprenditori, al di fuori dell'esercizio della propria attività
•
Settori ed attività:
o piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai
bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap
o insegnamento privato supplementare
o piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti
o realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli
o collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di
lavori di solidarietà o di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali
improvvisi
o vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati
Nel settore agricolo non sono considerate prestazioni di natura occasionale quelle rese da parenti e
affini entro il terzo grado, quelle rese per motivi di solidarietà a titolo gratuito o dietro rimborso spese.
•
Impresa familiare
E' possibile svolgere prestazioni occasionali accessorie anche nell'ambito dell'impresa familiare nei
settori del commercio, dei servizi e del turismo. In tal caso si applica la normale disciplina
assicurativa e contributiva del lavoro subordinato.
L'impresa familiare può utilizzare prestazioni occasionali accessorie entro un limite di 10.000 euro
nel corso di ciascun anno fiscale. Il limite è relativo all'impresa e non al singolo lavoratore
impiegato per il quale resta vigente il limite di 5.000 euro annui con riferimento al medesimo
committente.
17
•
Caratteristiche
La forma del contratto è libera. Il rapporto di lavoro occasionale, anche con più datori di lavoro,
non può dar luogo a un reddito superiore a 5.000 euro annui con riferimento al medesimo
committente.
È prevista una particolare procedura per il pagamento del corrispettivo: i lavoratori sono
retribuiti attraverso la consegna di buoni lavoro dal valore nominale fissato da un Decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquistati in precedenza dai datori di lavoro presso le
rivendite
autorizzate.
Tenuto conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini, con decreto
del 30/09/2005 il valore nominale dei buoni è stato stabilito in € 10,00.
Una volta effettuata l'attività e ricevuti i buoni, il lavoratore deve presentarli ai centri autorizzati i
quali, rispetto al valore nominale del buono:
trattengono una percentuale (5%) come rimborso spese del servizio prestato
versano i contributi Inps (13%) e Inail (7%) dovuti
pagano il restante importo al lavoratore
Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione o
inoccupazione del lavoratore accessorio.
Chi è interessato a svolgere prestazioni di lavoro accessorio deve comunicare la propria disponibilità ai
soggetti accreditati o ai Servizi per l'impiego i quali invieranno, a spese dell'interessato, una tessera
magnetica personalizzata.
Attuazione
Con decreti del M.L.P.S. del 30/09/2005 e 01/03/2006 sono state individuate le aree in cui
avviare, in fase di sperimentazione, il lavoro accessorio.
Va, infine, inserita una breve menzione sulla disciplina introdotta dalla riforma Biagi in materia di socilavoratori.
SOCIO-LAVORATORE
DI SOCIETA’ COOPERATIVE
Le disposizioni della legge 142 del 2001 (così come modificate dalla legge 30 del 2003) disciplinano il
lavoro dei soci di cooperative che hanno quale scopo mutualistico la prestazione delle attività lavorative
da parte degli stessi soci.
•
Rapporto Associativo
Il rapporto associativo nasce con l'adesione del socio alla cooperativa.
Il socio ha diritti e doveri specifici:
o concorre alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla
definizione della struttura di direzione e conduzione dell'impresa
o partecipa alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte
strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell'azienda
18
o contribuisce alla formazione del capitale sociale e partecipa al rischio d'impresa, ai risultati
economici ed alle decisioni sulla loro destinazione
o mette a disposizione della cooperativa le proprie capacità professionali
•
Rapporto di lavoro
Quando il socio presta il proprio lavoro per la cooperativa instaura un vero e proprio rapporto di
lavoro che può essere prestato in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma,
compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale.
Le regole relative al lavoro dei soci vengono definite da un regolamento che le cooperative hanno
l'obbligo di redigere e di depositare presso la Direzione Provinciale del lavoro territorialmente
competente.
•
Diritti e doveri del socio-lavoratore
Dal rapporto di lavoro derivano diritti e doveri legati allo specifico contratto di lavoro stipulato
con la cooperativa.
Tuttavia, in mancanza dell'adozione del regolamento interno le cooperative non potranno
inquadrare i soci con un rapporto diverso da quello subordinato.
Si evidenzia, comunque, che per il RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO:
o la retribuzione del socio non può essere inferiore rispetto ai minimi stabiliti dai contratti
collettivi del settore o delle categorie affini
o si applica lo Statuto dei Lavoratori tranne l'art. 18. Infatti, in caso di cessazione del rapporto
associativo (quindi di perdita della qualità di socio a seguito di esclusione o recesso) cessa
anche il rapporto di lavoro: il socio escluso senza giusta causa o giustificato motivo non può
chiedere di essere reintegrato nel posto di lavoro
o i diritti sindacali previsti dal titolo III dello Statuto dei lavoratori possono essere esercitati solo
in seguito alla stipulazione di un accordo collettivo stipulato tra le associazioni nazionali del
movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più
rappresentative
e che per il RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO O IN ALTRA FORMA:
o in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, si deve fare riferimento ai compensi medi
in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo
o si applicano le disposizioni dello Statuto dei lavoratori relative a: libertà di opinione, divieto
di indagine sulle opinioni, diritto di associazione e attività sindacale, divieto di atti
discriminatori
o anche in questo caso si applicano le disposizioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro
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RESPONSABILE PROGETTO: Patrizia LONGO
GRUPPO DI LAVORO:
Denise CARIZZANO, Carola LORIO, Mauro PARESCHI, Stefano PASQUALATO, Maria
SARASINI, Germana SPEZZANO, Marisa VIASSI
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Legge `Marco BIAGI` - Istituto Superiore "Lagrangia" Vercelli