Part-time Disciplina del contratto Il contratto di lavoro a tempo parziale (c.d. part-time) ha la funzione di introdurre una rilevante flessibilità nel rapporto di lavoro subordinato con riguardo al tempo di lavoro e costituisce, pertanto, un ottimo strumento per i lavoratori per conciliare la propria attività professionale con altre necessità. Ai sensi della normativa vigente, per lavoro a tempo parziale si intende il rapporto di lavoro subordinato caratterizzato da un orario di lavoro inferiore rispetto all’orario di lavoro a tempo pieno (art. 1, comma 2, D.Lgs. 61/2000). L’orario di lavoro a tempo pieno cui fare riferimento è quello stabilito dalla legge in 40 ore settimanali o il minor orario settimanale fissato dal contratto collettivo (art. 3, D.Lgs. 66/2003). Il regime del tempo parziale può essere applicato nell’ambito di qualsiasi contratto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato o di apprendistato. Vi sono 3 tipologie di lavoro part-time (art. 1, comma 2, D.Lgs. 61/2000): 1. part-time di tipo orizzontale: in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro (il lavoratore presta la propria attività tutti i giorni ma con un orario inferiore al normale); 2. part-time di tipo verticale: in cui l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno; 3. part-time misto: in cui l’attività lavorativa viene svolta secondo una combinazione delle due modalità sopra indicate. Il contratto di lavoro part-time deve indicare, oltre a tutti gli elementi previsti dalla legge per la generalità dei contratti di lavoro, la durata della prestazione lavorativa e la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno (art. 2, comma 2, D.Lgs. 61/2000). L’orario di lavoro part-time concordato non può essere modificato unilateralmente dal datore di lavoro, nemmeno per legittime esigenze organizzative e produttive; ogni modifica richiede il consenso del lavoratore, in assenza del quale deve ritenersi illegittima e priva di effetto (Cass. n. 3898/2003). Il lavoro supplementare e straordinario La normativa, che nel corso degli anni è intervenuta più volte a ridisegnare la disciplina del lavoro a tempo parziale (in particolare il D.Lgs. 276/2003, attuativo della c.d. Legge Biagi), ha aumentato le possibilità per il datore di lavoro di richiedere al lavoratore, in regime di part-time, ore di lavoro in più rispetto all’orario di lavoro ridotto. Il lavoro che eccede l’orario del part-time concordato tra le parti può essere classificato come: 1. lavoro supplementare: è l’attività lavorativa svolta dai lavoratori part-time oltre l’orario concordato a livello individuale e fino al limite previsto dalla contrattazione collettiva per il tempo pieno. Il lavoro supplementare è legittimo sia nel part-time orizzontale sia in quello verticale e misto. La contrattazione collettiva nazionale o aziendale può stabilire il numero massimo di ore di lavoro supplementare, le causali e le conseguenze del superamento del limite massimo (ad es. maggiorazioni o riposi compensativi). Il consenso del lavoratore è necessario solamente se non vi sia una previsione nel contratto collettivo della possibilità per il datore di richiedere ai lavoratori in part-time ore di lavoro supplementare (D.Lgs. 61/2000, art. 1, comma 2 e art. 3 commi 1-4); le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ordinarie, salva la facoltà per i contratti collettivi di prevedere una percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto; 2. lavoro straordinario: è l’attività lavorativa svolta dai lavoratori part-time oltre l’orario legale settimanale previsto in 40 ore. Nel part-time, il lavoro straordinario si può configurare solo nel caso in cui sia raggiunto il tempo pieno e quindi solo nel part-time di tipo verticale e misto. In tale caso, si applica la disciplina legale e contrattuale che si applica normalmente in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno (art. 3, commi 1-5, D.Lgs. 61/2000). Le clausole di flessibilità e di elasticità Il datore di lavoro non può normalmente variare la collocazione temporale della prestazione del lavoratore part-time, né aumentare la durata della prestazione, salva la possibilità, come appena ricordato, di richiedere al lavoratore del lavoro supplementare o straordinario. Tuttavia, il datore può ottenere una maggiore flessibilità facendo ricorso (art. 3, comma 7, D.Lgs. 61/2000): 1. alle clausole flessibili della prestazione (ammesse in ogni tipologia di part-time) che permettono di distribuire diversamente la prestazione lavorativa nell’ambito della giornata, senza aumentarne la durata; o 2. alle clausole di elasticità (ammesse solo nel part-time verticale o misto) che consentono di estendere la durata della prestazione lavorativa per periodi prolungati e continuativi fino al limite di quella “normale” del lavoro a tempo pieno, senza che le ore in più valgano come ore di lavoro straordinario. Tali clausole, per essere valide, richiedono il consenso del lavoratore e l'eventuale rifiuto dello stesso non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento (art. 3, comma 9, D.Lgs. 61/2000). La contrattazione collettiva determina le condizioni e modalità attraverso le quali il datore può modificare e aumentare la collocazione temporale e i limiti massimi della durata della prestazione lavorativa. Il datore che intenda variare in aumento la prestazione o collocarla diversamente deve dare al lavoratore un preavviso di almeno 2 giorni, anche se le parti possono stabilire un termine diverso, riducendo o aumentando i giorni di preavviso, ma non sopprimerlo del tutto. Infine, lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili, dà diritto al lavoratore a specifiche compensazioni, quali ad es. riposi compensativi o maggiorazioni della retribuzione, nella misura e nelle forme previste dal contratto collettivo (art. 3, commi 7 e 8, D.Lgs. 61/2000 e Circolare Min. Lav. 9/2004). In assenza di contrattazione collettiva, le parti possono concordare direttamente in un apposito patto scritto (contestuale o successivo al contratto individuale) l’adozione di clausole elastiche o flessibili (Risp. Interpello Min. Lav. 659/2005). Trattamento economico e normativo del lavoratore part-time Il trattamento economico e normativo del lavoratore part-time è regolato dall’applicazione di due principi fondamentali: 1. il principio di non discriminazione: in base al quale il lavoratore a tempo parziale deve beneficiare dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione, la durata del periodo di prova, delle ferie annuali e dei periodi di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità/paternità, dei riposi giornalieri e dei permessi per malattia del figlio, la durata della conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia, infortuni sul lavoro e malattie professionali, diritti sindacali, accesso ai servizi sociali aziendali, applicazione norme a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e l’accesso a iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro (art. 4, comma 1 e 2/lett.a, D.Lgs. 61/2000); 2. il principio di proporzionalità: in base al quale il trattamento del lavoratore deve essere parametrato in proporzione alla ridotta entità della prestazione lavorativa per quegli istituti commisurati alla stessa (es. importo retribuzione globale, trattamenti economici per malattia, maternità e paternità, ferie etc.; art. 4, comma 2/lett.b, D.Lgs. 61/2000). Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time Il rapporto di lavoro a tempo parziale può costituirsi a seguito di assunzione del lavoratore direttamente con un contratto part-time oppure mediante trasformazione successiva di un rapporto da tempo pieno in tempo parziale. In tal caso, la legge richiede che vi sia un accordo scritto tra datore e lavoratore (art. 5, comma 1, D.Lgs 61/2000). Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento (art. 5, comma 1, D.Lgs 61/2000). La trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in part-time non costituisce un diritto per il lavoratore che infatti, pur richiedendola, non ha la certezza di ottenere un rapporto di lavoro ad orario ridotto. La legge si limita a prevedere un mero obbligo informativo in capo al datore il quale è tenuto ad informare tempestivamente il personale già dipendente con rapporto a tempo pieno delle nuove assunzioni in regime part-time che intende effettuare ed a tenere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale presentate dai lavoratori (art. 5, comma 3, D.Lgs. 61/2000). Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time in casi particolari La legge riconosce al lavoratore affetto da malattia oncologica il diritto di ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time. Più precisamente, i lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale, per tutto il periodo di cura. Tale richiesta non può essere negata sulla base di contrastanti esigenze aziendali. Successivamente, in seguito alla richiesta del lavoratore, il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno (art. 12bis, comma 1, D.Lgs. 61/2000 e Circolare Min. Lav. 40/2005). Inoltre, la normativa ha individuato delle situazioni in cui i lavoratori hanno la priorità per richiedere la trasformazione in part-time del rapporto di lavoro a tempo pieno. La priorità spetta ai lavoratori che: hanno il coniuge, i figli o i genitori affetti da patologie oncologiche (art. 12bis, comma 2, D.Lgs. 61/2000); assistano una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa grave, con necessità di assistenza continua (art. 12bis, comma 2, D.Lgs. 61/2000); e hanno un figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o portatore di handicap (art. 12bis, comma 3, D.Lgs. 61/2000). Il diritto di precedenza nella trasformazione del rapporto di lavoro da parttime a tempo pieno Posto il sacrificio di una minore retribuzione che consegue ai rapporti di lavoro a tempo parziale, la legge tende a favorire la trasformazione degli stessi a tempo pieno, prevedendo a tal fine un diritto di c.d. precedenza ai lavoratori assunti. Questi, infatti, hanno il diritto ad essere preferiti rispetto ad altri lavoratori nel caso in cui il datore di lavoro intenda effettuare nuove assunzioni con contratti di lavoro a tempo pieno. Per i lavoratori assunti direttamente con contratto di lavoro part-time, il diritto di precedenza deve essere stabilito dal contratto individuale in caso di assunzione da parte dell’azienda di personale a tempo pieno, e deve essere data la precedenza al lavoratore occupato a tempo parziale presso unità produttive site nello stesso ambito comunale, adibito alle stesse mansioni o a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione (art. 5, comma 2, D.Lgs. 61/2000). Nel caso di mancato rispetto del diritto di precedenza, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno che viene quantificato nella differenza tra la retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio a tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio (art. 8, comma 3, D.Lgs. 61/2000). Per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo pieno, poi trasformato in parttime, il diritto di precedenza, nel caso di nuove assunzioni di lavoratori a tempo pieno per mansioni identiche o equivalenti a quelle svolte dal lavoratore part-time, è stabilito direttamente dalla legge (art. 12ter, D.Lgs. 61/2000). Il rapporto di lavoro costituito originariamente a tempo parziale può trasformarsi, per fatti concludenti, in rapporto a tempo pieno. Ciò si può verificare per effetto della continua ed effettiva osservanza di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno (Cass. n. 15774/2011 e Cass. n. 11905/2011). Legislazione comunitaria Direttiva 1993/104/CE del Consiglio Europeo del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti della organizzazione dell'orario di lavoro → La Direttiva regola i limiti temporali della prestazione di lavoro e i regimi temporali in cui è maggiormente avvertita l'esigenza di tutelare le condizioni di sicurezza e di salute dei lavoratori. In particolare prescrive che gli Stati adottino le misure necessarie a salvaguardare la salute e sicurezza dei lavoratori anche attraverso la determinazione normativa dei riposi (giornalieri, settimanali, e annuali) e dei limiti al lavoro notturno. Direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES → La direttiva stabilisce l’uguaglianza di trattamento tra i lavoratori full time e part-time e incoraggia il ricorso al part-time a tutti i livelli di responsabilità dell’impresa. Direttiva 2000/34/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 giugno 2000, che modifica la direttiva 93/104/CE del Consiglio concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, al fine di comprendere i settori e le attività esclusi dalla suddetta direttiva →Modifica il campo di applicazione della precedente direttiva 104 sull'orario di lavoro estendendolo anche ai settori che ne erano prima esclusi, ovvero trasporti, attività in mare e attività dei medici in formazione. Dopo la modifica del giugno 2000, i lavoratori appartenenti a queste tre categorie fruiscono di alcune disposizioni per quanto riguarda i periodi di riposo, i tempi di pausa, le ore di lavoro, i congedi retribuiti ed il lavoro notturno. Legislazione nazionale D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 → Il Decreto attua la Legge Biagi, attraverso un disegno di riforma che agisce sia sul sistema degli intermediari del lavoro sia sul sistema dei contratti, con l'obiettivo di: rendere più flessibile il mercato del lavoro, migliorarne l'efficienza, sostenere le politiche attive per il lavoro e favorire la diminuzione del tasso di disoccupazione. D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, Attuazione delle direttive 1993/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro → Attua in Italia le direttive citate nel titolo disciplinando gli aspetti del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell'orario nel rispetto dell'autonomia negoziale collettiva: disciplina fra gli altri, l'orario normale di lavoro, il lavoro straordinario, i riposi giornalieri, settimanali e annuali, i limiti al lavoro notturno e definisce i lavori usuranti. D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, Attuazione della direttiva 1997/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES → In attuazione dei principi comunitari disciplina il rapporto di lavoro a tempo parziale definendo, fra l'altro, forme e contenuti del contratto, modalità e limiti del lavoro supplementare e straordinario, principio di non discriminazione, tutele e incentivi. Giurisprudenza Corte di Cassazione, sentenza n. 3898/2003 → L’orario di lavoro part-time concordato non può essere modificato unilateralmente dal datore di lavoro, nemmeno per legittime esigenze organizzative e produttive; ogni modifica richiede il consenso del lavoratore, in assenza del quale deve ritenersi illegittima e priva di effetto. Corte di Cassazione, sentenza n. 15774/2011 e Corte di Cassazione, sentenza n. 11905/2011 → Il rapporto di lavoro costituito originariamente a tempo parziale può trasformarsi, per fatti concludenti, in rapporto a tempo pieno. Ciò si può verificare per effetto della continua ed effettiva osservanza di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno Circolari e note Lettera Circolare Ministero del Lavoro, 22 dicembre 2005, n.40/2005 → Fornisce chiarimenti in materia di patologie oncologiche, computo del periodo di comporto, invalidità e situazione di handicap grave e diritto al lavoro a tempo parziale. Lettera Circolare Ministero del Lavoro, 18 marzo 2004, n. 9/2004 → Fornisce chiarimenti in materia di lavoro a tempo parziale, con riferimento particolare alle modifiche introdotte al D.Lgs. 61/2000, dal D.Lgs. 276/2003. Risposta Interpello Ministero del Lavoro, 25 maggio 2005, n. 659/2005 → La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale richiede l’accordo delle parti risultante da atto scritto (c.d. accordo di trasformazione). Ne deriva che il lavoratore non può pretendere di convertire unilateralmente, cioè senza il consenso del datore di lavoro, il rapporto da tempo pieno a tempo parziale e, analogamente, non è ammissibile una trasformazione per determinazione unilaterale del datore di lavoro.