NON SOLO VIDEOGIOCHI
M A S S
E F F E C T :
In Italia si vendono trenta videogiochi al minuto, due famiglie su tre hanno
una console in casa, produrre il videogioco
più costoso al mondo, Grand Theft Auto V,
è costato 265 milioni di
dollari, 30 più del film
Avatar. Potrebbero bastare questi numeri ad alzare la soglia di attenzione
riguardo a un fenomeno
commercialmente
di
primo piano e culturalmente troppo sottovalutato, ma c’è ben di più.
Sono argomenti che su
Fogli ho trattato spesso e
dettagliatamente. Per
questa ragione, e sperando di rendere un servizio
utile ai lettori, mi permetto di dedicare questa
puntata della rubrica a
un’«auto recensione». È infatti appena uscito un mio libro, Mass effect. L’interattività
ludica e narrativa: videogame, advergame,
gamification, social organization (Lupetti
editore, Milano 2014, € 14), in cui ho dedicato una trattazione sistematica al mondo
dei videogiochi in quanto tale e con molti
effetti che ne derivano.
Come i lettori di queste pagine ben sanno,
quello dei videogame è il vertice qualitativo
della grande innovazione linguistica che ci
ha investiti con l’era digitale. Prima del web
di Giuseppe Romano
e meglio del web hanno saputo utilizzare
l’interattività multimediale mettendo il giocatore nei panni di un protagonista e affascinandolo con due dimensioni umanamente essenziali: il gioco
e le storie. Là dove un
romanzo o un film narrano in terza persona,
infatti, nel videogame
subentra l’invito a farsi
attori e a dipanare in
prima persona l’intreccio, affrontando le prove
e giungendo all’epilogo
attraverso una delle
molte, o infinite, strade
possibili. Questa è un’altra caratteristica essenziale di un medium che ha
grandi valenze semiotiche, narratologiche e
retoriche, e che può essere catalogato in particolare nell’àmbito dei
persuasive games.
I videogiochi attivano in noi dei processi
retorici radicati nel coinvolgimento personale che ingenerano: in qualche modo è lo
stesso «fare» del giocatore che – pur sempre
vincolato dalle strategie dell’autore – costituisce una condivisione attiva dei contenuti
proposti; e, d’altra parte, la proposta di
videogiochi dotati di «spazi» e di «tempi»
sempre più dilatati fa sì che diventi effettivamente possibile, nel contesto di un video-
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IL LINGUAGGIO DEI VIDEOGIOCHI
game, scegliere autonomamente «a che
gioco giocare»: che tipo di personaggio
interpretare, che atteggiamenti, che attività,
che relazioni privilegiare.
Vi è poi l’amplissimo ventaglio delle applicazioni di questo linguaggio in territori non
di intrattenimento, bensì di apprendimento
e di lavoro: col termine gamification si riassumono le sempre più ricorrenti iniziative
che, sfruttando la forza d’immedesimazione, l’immersione narrativa e lo stimolo
competitivo (tutte dinamiche proprie del
gioco), mirano a sviluppare coinvolgimento
e coesione in campi che, altrimenti, resterebbero ardui, aridi e noiosi. È un terreno
ancora tutto da scoprire, ma non pochi casi
concreti – il libro fa parecchi esempi – incoraggiano a esplorarlo.
Orientarsi nel mondo dei media digitali è
un desiderio, quasi un’ossessione, per chi
abbia un ruolo di responsabilità educativa,
in primo luogo genitori e insegnanti.
Altrimenti, come stare dietro ai figli, che
minuto dopo minuto s’immergono nella
rete e vi svolgono attività spesso indecifrabili? Lecito preoccuparsi, meglio se questa
preoccupazione si converte in un impegno
attivo per essere presenti e, con tutta la delicatezza e il rispetto del caso, affiancare i giovani e i giovanissimi in queste loro esplorazioni.
La figlia tredicenne di amici ha preteso, per
il proprio compleanno, un telefono che «va
in internet». Lo adopera per connettersi a
Facebook, per messaggiare con Whatsapp,
per tenere viva in questo modo la cerchia
delle sue relazioni. La mamma si preoccupa:
avrà il discernimento e la prudenza bastevoli a evitare brutti incontri? Domanda capitale, come vent’anni fa lo era quella riguardante chi si vede e quando si torna quando
si esce la sera. La seconda domanda rimane
attuale, ma le si è aggiunta la prima, che
paradossalmente è ancora meno verificabile
e controllabile.
La questione del «controllo» è ineliminabile,
con tutto il suo carico di drammaticità che
passa dal difficile equilibrio tra libertà e legittimo desiderio di fare esperienze del ragazzo,
da un lato, e volontà di evitare che queste
risultino dannose o pericolose, dall’altro.
Il mondo dei videogiochi – che non coincide con quello della frequentazione dei social
network, ma in buona parte vi si sovrappone perché sempre più giochi sono anche reti
sociali e luoghi d’incontro – può servire a
comprendere il fascino e la complessità
coinvolgente di un linguaggio al quale non
si può rimanere estranei.
Per questo il libro ha il titolo di Mass effect,
ripreso da uno dei più interessanti e amati
videogame degli ultimi anni, nel quale è
chiara la suggestione popolare e la straordinaria forza di attrazione. Non è un manuale per genitori, ma una riflessione sulle
caratteristiche dei videogiochi che può renderli più comprensibili anche a genitori ed
educatori.
G.R.
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MASS EFFECT: IL LINGU