ANTIPSICOTICI:
CONFRONTO TRA CONOSCENZA E PRATICA
Andretta M1, Corbari L1, Mirandola M2
1 Farmacista - Centro di Riferimento Regionale sul Farmaco - Regione Veneto, 2 Statistico - Centro di Riferimento Regionale sul Farmaco - Regione Veneto
IL CONTESTO
GLI OBIETTIVI
Il consumo di antipsicotici (AP) in Italia è in aumento, grazie soprattutto alla
commercializzazione dei nuovi farmaci. L’analisi delle prescrizioni di un campione
di ASL venete permette di descrivere le caratteristiche della popolazione in
trattamento con antipsicotici e di fare alcune ipotesi sulle motivazioni d’uso.
Valutare prevalenza e incidenza d’uso degli AP, le caratteristiche della
popolazione trattata, la tipologia dei trattamenti e le principali comorbidità.
Verificare se gli AP atipici siano associati ad una minore co-prescrizione di
anticolinergici e ad una maggiore durata delle terapie rispetto ai tipici.
MATERIALI E METODI
Dati di prescrizione territoriale a carico del SSN di 12 ASL del Veneto (2.600.000 abitanti circa) nel periodo 1999-2002 relativi al gruppo terapeutico N05A (esclusi litio
e benzamidi).
Gli anticolinergici considerati corrispondono agli ATC N04AA01, N04AA02 e N04AB02.
Come farmaci traccianti di patologia sono stati considerati insuline e ipoglicemizzanti orali (A10A, A10B), antipertensivi (C02A, C02C, C03, C07, C08C, C09),
ipolipemizzanti (C10A), antiepilettici (N03A), ticlopidina e aspirina (B01AC05, B01AC06), sostanze dopaminergiche (N04B).
La durata delle terapie è stata ricavata calcolando il numero di giorni/anno di terapia ad un dosaggio pari alla DDD in funzione del numero di confezioni prescritte.
RISULTATI
28
24
maschi
femmine
prevalenza ‰
20
1516
16
Dal 1999 al 2002 la prevalenza d’uso di AP è
aumentata significativamente da 5 a 7‰.
La quota di trattati è significativamente maggiore tra
gli anziani rispetto ai giovani e tra le donne (oltre i 51
anni) rispetto agli uomini.
* 13
12
* 10
*9
7
8
5*
6*
6
6
11
8
6
3
4
1*
0
2*
2
0
0-14
15-20
21-30
31-40
41-50
51-60
61-70
71-75
età
76-80
>80
Dal 2000 al 2002 il numero di pazienti che iniziano
il trattamento con AP aumenta dal 2 al 3‰.
L’incidenza d’uso di questi farmaci cresce
significativamente con l’età: è maggiore nelle donne
fra i 41 e i 70 anni, per gli uomini fra i 15 e i 20 anni,
mentre per le altre fasce di età la differenza non è
significativa.
*rapporto significativo tra le prevalenze
16
15
Maschi
15
Femmine
12
incidenza ‰
25
24
18
9
8
6
7
5 5
3
1 *
0 0
2 1
2 2
21-30
31-40
2
* 2
* 2
* 3
3
51-60
61-70
2
1
0
0-14
15-20
41-50
71-75
76-80
>80
età
*rapporto significativo tra le incidenze
L’87% dei soggetti che iniziano ad usare AP ha prescrizioni di un unico principio attivo (monoterapia). Tra questi, il 78% riceve prescrizioni che coprono fino
a 3 mesi di terapia, il 13% da 3 a 6 mesi, il 4% da 6 a 9 mesi e il rimanente 5% oltre 9 mesi. La durata della terapia si riduce con l’aumentare dell’età dei pazienti.
Le terapie di breve durata sono molto più frequenti nei pazienti trattati con AP tipici rispetto agli atipici.
Il 35% dei pazienti a cui sono prescritti AP non viene trattato con alcuno dei farmaci considerati proxy di diabete, ipertensione e/o scompenso,
iperlipidemie, epilessia, prevenzione cardiovascolare o Parkinson, il 35% presenta una co-morbidità e il rimanente 30% ne presenta almeno 2.
Il 39% dei pazienti in trattamento con AP ha prescrizioni anche di antipertensivi, il 17% di antiaggreganti piastrinici, il 15% di antiepilettici, il 9% di ipoglicemizzanti, il
6% di ipolipemizzanti e il 4% di antiparkinson.
Complessivamente, il 17% di chi fa uso di AP assume anche anticolinergici per contrastarne gli effetti extrapiramidali. L’associazione è più frequente per gli
AP tipici rispetto agli atipici.
CONCLUSIONI
L’esposizione agli AP sta crescendo.
Gli individui prevalentemente esposti sono donne, hanno un’età avanzata e fanno un uso concomitante di altri farmaci. In queste
popolazioni il ricorso agli AP è prevalentemente occasionale.
Tali caratteristiche corrispondono, con allarmante precisione, ai criteri di esclusione delle sperimentazioni cliniche. Vi è una netta
divergenza tra il mondo della ricerca e quello della pratica clinica.
E’ necessario allora “prendere sul serio” i dati epidemiologici e ripartire dall’esercizio della medicina per sviluppare studi dal disegno
innovativo.
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