LA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE Anno Accademico 2011 – 2012 1 Il pluralismo culturale è divenuto una realtà delle società contemporanee. Il modo tradizionale di pensare la cultura, ossia delimitata geograficamente e appartenente a specifici gruppi che occupano determinati territori, appare superato. L'insieme dei fenomeni definiti come ''globalizzazione'' impone di acquisire consapevolezza del fatto che le culture sono miste, intrecciate tra di loro e sottoposte a reciproca influenza. 2 Non significa che il mondo sia diventato tutto uguale ed omogeneo, anzi, vi sono disuguaglianze che tendono ad aumentare e culture locali che, per paura di una omogeneizzazione, tendono a chiudersi in loro stesse o in nuovi fondamentalismi. L'intercultura ha indotto a scoprire e mettere in rapporto le differenze etniche, ma il rischio è di limitarsi ad esaltare e fissare queste diversità, senza metterle in dialogo tra di loro o, addirittura, ostacolare la comprensione reciproca. 3 CONTESTO In un tale contesto, il ''compito'' della comunicazione interculturale è, infatti, quello di favorire il confronto tra persone di culture diverse e la coesione sociale. 4 TRE FASI La capacità di comunicare tra culture deriva dalla consapevolezza, dalla conoscenza unite ad una forte esperienza personale. 5 • Consapevolezza significa il riconoscere che ciascuno porta con sé una particolare cultura mentale, che deriva dal modo in cui è cresciuto. E che coloro che sono cresciuti in altre condizioni, per le stesse ottime ragioni ne possiedono una diversa. • Software mentale. 6 • Conoscenza dell’altro significa, dovendo interagire con altre culture, imparare come sono,quindi quali sono i loro simboli, i loro eroi, i loro riti , la loro storia. • Conoscenza è soprattutto conoscere la nostra cultura, i nostri simboli, la nostra storia. 7 La comunicazione interterculturale è un insieme integrato di abilità e facoltà generali e non di competenze specifiche; questo non esclude, tuttavia, che si possano acquisire conoscenze particolari che arricchiscano la relazione comunicativa. In particolare, la conoscenza della lingua costituisce un modo per ''accorciare le distanze'' e per dimostrare interesse verso l'altro. Il linguaggio, oltre ad essere uno strumento di comunicazione, è anche un sistema di rappresentazione della percezione e del pensiero. 8 Fondamentale elemento di conoscenza specifica è la conoscenza non stereotipata di valori e tradizioni. Il riferimento è alla essenziale conoscenza degli stili di comunicazione e delle regole di interazione. La competenza specifica risiede quindi nella capacità di interpretare i modi particolari con cui stili e regole vengono espressi attraverso la comunicazione dalle singole persone. 9 LA COMUNICAZIONE NASCOSTA • Una comunicazione interculturale corretta si focalizzerà sulla modalità soggettiva con cui le altre culture vengono vissute: la lingua parlata, la comunicazione non verbale, gli stili di comunicazione, la comprensione dei vari caratteri nazionali. • Un'attenzione particolare in questo ambito è fornita al linguaggio non verbale, quella che E. Hall chiama la dimensione nascosta. 10 Secondo Hall, gli esseri umani sono guidati da due forme di informazioni alle quali si può accedere in due modi diversi: quello della cultura manifesta, che viene appreso tramite le parole e i numeri, e quello della cultura tacitamente acquisita. Questa non è verbale ma altamente situazionale e opera secondo regole che non sono consapevoli, ossia non vengono apprese nel senso comune del termine, ma vengono acquisite durante il processo di crescita o quando ci si trova in ambienti diversi. 11 OSTACOLI PSICOAFFETTIVI • La presunzione di essere uguali, che impedisce di vedere la diversità; • La differenza linguistica; • I fraintendimenti verbali; • I preconcetti e gli stereotipi; • La tendenza a giudicare; • L’ansia; • L’abbandono dei propri valori. 12 CONTESTO ATTUALE • E’ quello di un’Europa multiculturale in cui questa pluralità la diventa simbolo della identità culturale. • In questo ambito la comunicazione è elemento essenziale per una corretta gestione delle relazioni. • Entrare in una prospettiva interculturale non significa abbandonare i propri valori, ma rispettare le differenze che non entrano nella sfera della immoralità e delle leggi vigenti, ma che rimandano alle diverse culture. • Interculturalità è un atteggiamento che prende atto della ricchezza insita nella varietà che mira a permettere una interazione il più piena e fluida fra le diverse culture. Multiculturalità è rispetto dei valori altrui, esattamente l’opposto di una comoda e molte volte falsa omogenizzazione. Rispetto degli altri vuol dire per prima cosa rispetto dei propri valori e della propria cultura, al fine di aprire un confronto paritario fra le diversità. COM. INTERCULTURALE • Scegliere consapevolmente quali modelli comunicativi e culturali accettare, tollerare, rifiutare nelle varie situazioni in cui ci si trova ad operare. • Evitare i conflitti involontari dovuti alle differenze culturali. • Rendersi protagonisti di un mondo che punti alla curiosità, al rispetto, alle ‘interesse per soluzioni diverse dalle proprie. INTERCULTURALE • Il termine è riferito è alla situazione comunicativa nella quale gli interlocutori sono provenienti da differenti contesti socio-culturali dei quali è chiaramente avvertibile la differenza. • Il problema etico primario è nel definire il concetto di differenza nello specifico. 17 PRATICAMENTE Lo scarto, chiaramente percepibile, anche se con difficoltà definibile, fra codici per la comunicazione verbale e non-verbale, atteggiamenti, comportamenti, sistemi di valori e credenze ( religiosi e non ) dei quali sono portatori sia i singoli individui che gruppi sociali. 18 PROBLEMI L’interculturalità ha inizialmente coinciso con la necessità di risolvere problemi anche gravi di tipo teorico pratico. Questo è dovuto soprattutto al fatto che l’immigrazione, da permanenza temporanea si è trasformata in coabitazione di lunga durata, per motivi di lavoro o di studio, e anche permanente. ASSIMILAZIONE A suo fondamento la convinzione che l’altro, in quanto ospite sul nostro territorio si debba adeguare non solo alle nostre leggi, ma anche al nostro insieme di comportamenti condivisi. Anche se ad oggi costituisce la strategia cui si ricorre più frequentemente, si va sempre più facendo largo la convinzione che essa non sia sufficiente a prevenire il maggior numero di conflitti. L’atteggiamento assimilazionistico non considera il fatto che l’immigrato è portatore di una cultura interiorizzata che può modificarsi, ma non essere cancellata o sostituita. Il suo carattere non etico è evidenziato dal fatto di non avere a fondamento ilrispett9o dell’altro, quanto la convinzione che sia meglio per l’altro il diventare come noi. CONSEGUENZE Tale atteggiamento è stato causa di una reazione di autodifesa forte, da spingere in taluni casi, soprattutto la seconda generazione, ad una evidente forma di autodifesa, detta autoghettizzazione, cioè al recupero intransigente delle proprie origini come reazione al mancato riconoscimento della propria differenza. INTEGRAZIONE • Sottolinea maggiormente la necessità di un reale dialogo fondato sul confronto, con le differenze intese non come qualcosa da superare, ma come un elemento di arricchimento reciproco. • L’integrazione punta sul confronto costruttivo, con il presupposto di una accettazione da parte dell’ospite della nostra cultura e delle nostre leggi. E’ opportuno sottolineare come l’alternativa fra le due forme non è radicale né netta, è piuttosto vero che le strategie messe concretamente in atto a livello istituzionale, si trovano sempre e, forse, inevitabilmente, collocate in un punto situato fra i due estremi. FINE Il fine della comunicazione interculturale non è principalmente la tolleranza per l’altro, quanto la disponibilità ad integrare nei propri schemi mentali di riferimento alcuni aspetti delle diversità percepite e a modificare quegli schemi in virtù delle nuove informazioni che riceve dall’interlocutore.