14
19 NOVEMBRE 2014
il FATTO ECONOMICO
TASSI NEGATIVI Effetti collaterali della Bce
di Beppe Scienza
ALTRO CHE preoccuparsi
di stare sempre sul deposito col tasso migliore, come
accadeva anni fa. Ora c’è
da temere che gli interessi
negativi della Banca centrale europea (Bce) vengano ribaltati sul proprio
conto. A rompere il tabù
nell’eurozona è stata una
piccola banca tedesca, dal
buffo nome di Skatbank,
che sarebbe come la banca
della briscola o dello scopone. Ha sede infatti ad
Altenburg, nota per la pro-
duzione di carte da gioco.
Il tasso negativo è lo 0,25
per cento annuo, applicato
da inizio novembre su
quanto eccede i 3 milioni
di euro a testa, una giacenza infrequente anche in
Germania. Il segno meno
di fronte al tasso sui depositi fa scandalo, ma per un
normale risparmiatore è
meglio una banca così di
certune in Italia. Se infatti
va inaspettatamente in
rosso, la banca della Turingia addebita il 6,75 per
cento. Invece Intesa Sanpaolo corrisponde pratica-
di Mario Seminerio
E
ra partito come uno
schiacciasassi,
Matteo
Renzi. Un programma da
cento giorni con venature
miracolistiche, l'Italia trasformata da
carrozzone dilaniato da particolarismi
e burocrazia a fuoriserie in esemplare
unico. E soprattutto, il premier aveva
realizzato un capolavoro di comunicazione politica, una sorta di programmazione neuro linguistica ad uso
di elettori angosciati da una crisi che
ormai è depressione conclamata. Il capo scout è un grande motivatore, sa
toccare i tasti e le corde giuste. Come la
furba polemica contro la “tecnocrazia” europea, che invece è pura politica
degli interessi nazionali. Poi, lentamente ma inesorabilmente, la realtà ha
ripreso il comando delle operazioni.
Nessuno aveva realmente creduto alle
mirabilie renziane dei primi cento
giorni, motivo per cui al premier si è
avallato senza troppo eccepire il programma dei mille giorni, che ha posto
Renzi in una dimensione più riflessiva
e “matura”, di grande destrutturatore
e ristrutturatore di un paese in gravissimo affanno. Renzi è passato senza
subire danni da bellicosi proclami di
sforamento della soglia del 3 per cento
del deficit-Pil alla rivendicazione dell'inutilità di tali parametri, tuttavia rispettati per accreditarsi come paese
serio. Poi è arrivata la bozza della legge
di Stabilità, e la realtà ha sfondato la
porta di Palazzo Chigi.
Una manovra in origine solo blandamente espansiva ma ricca di criticità.
Come la conferma del controverso bonus di 80 euro, erogato senza correzione per nucleo familiare, ignorando
incapienti e pensionati. Una erogazione da 10 miliardi annui che sta impiccando il bilancio pubblico e che è una
tax expenditure, spesa fiscale selettiva
e non vera riduzione d'imposta che benefici erga omnes tutti i redditi uguali
ed equivalenti, come invece avrebbe
richiesto l'obiettivo di massimizzarne
l'impatto sui consumi.
mente zero sui normali
conti correnti (per la precisione 0,01 per cento), ma
colpisce col 22,18 per cento negativo gli scoperti di
conto corrente sino a cinquemila euro. Che poi la
normativa italiana salvi dal
reato di usura tassi simili,
si spiega solo con un parlamento e una banca centrale proni agli ordini dei
banchieri.
Tornando ai tassi negativi,
per la Germania non li
esclude in linea generale la
stessa associazione delle
banche tedesche (Banken-
verband). Diversa invece la
situazione italiana. Il rendimento di un conto corrente può risultare negativo, anche con costi bancari
nulli, per il bollo annuo di
34,2 euro sopra i 5 mila euro. Con una giacenza media sui 10 mila euro, ciò
pesa quanto un tasso negativo dello 0,34 per cento.
Per altro esistono ancora
banche (Findomestic, Ifis,
Ing Direct, Chebanca ecc.)
che pagano interessi ovviamente bassi, ma non da
presa in giro come lo 0,01
per cento di Banca Intesa.
RACCONTANO
BALLE
Può trattarsi di conti deposito o di altre forme, vincolate o anche libere. La Posta offre addirittura l’1,75
per cento su un libretto,
battezzato Smart e garantito dallo Stato. Un’ulteriore
smentita al luogo comune
che a rendimenti maggiori
corrispondano sempre e
comunque rischi maggiori.
La realtà finanziaria è più
complessa di come presentata dalla squalificata iniziativa Patti Chiari delle
banche italiane.
Twitter @beppescienza
www.beppescienza.it
PENSIERO MAGICO La realtà dei numeri ha incrinato
la propaganda governativa e le politiche del premier
risultano diverse dalle promesse. Molte tasse e poco altro
MATTEO
E LA VERITÀ
SUL DL
POLETTI
“rendita finanziaria”. Misure fiscali
assurdamente retroattive, in spregio
dei più elementari principi di uno stato di diritto, sono consolidata tradizione italiana, ma con questo governo
hanno trovato rinnovato slancio. Malgrado la guerra di chiacchiere contro
la Commissione Ue, il governo è stato
costretto a una correzione dei saldi,
che con tutta probabilità non sarà l'ultima, e la manovra è ora nella migliore
delle ipotesi neutrale in termini di
pressione fiscale, al netto delle distorsioni che causerà al risparmio di lungo
periodo.
Perché Renzi si è dato questa priorità:
consumate o verrete tassati. Il concetto di risparmio precauzionale in quello che è il paese più anziano del mondo
(col Giappone) e in dissesto gli è alieno.
C'è poi l'ampio capitolo dei numeri liberamente interpretati: Renzi ha deciso che, da febbraio, cioè da quando
Enrico Letta è stato sfrattato, l'occupazione sta crescendo. E pazienza che
sia poco più che rumore statistico e
non vera tendenza: la determinante
della svolta è stata identificata nel decreto Poletti. La stagnazione è proble-
ma dell'Eurozona? Vero, ma l'Italia è
comunque deviante. Lo dicono i numeri, quelli veri, che Renzi ignora per
sprigionare tutta la potenza della persuasione motivazionale. Il premier
vuole la flessibilità, magari barattandola con zombie come la “riforma”
delle Province, un improbabile Senato
e una riforma del mercato del lavoro
che in un contesto meno onirico sarebbe letta per quello che è: manutenzione al margine di un sistema in grave
sofferenza. Renzi strepita sui leggendari trecento miliardi che la Commissione Juncker deve tirar fuori ma non
riesce a fare due conti sul reale impatto
espansivo di quella cifra (ammesso
che sia vera, e non il reimpacchettamento di fondi europei preesistenti),
spalmata su un quinquennio ed una
regione di mezzo miliardo di persone.
E intanto, mentre impazza l'ennesima
riedizione dello psicodramma sui
quattro miliardi di tagli alle Regioni,
dal 2016 arriva l'onda di clausole di salvaguardia che toccheranno nel 2018 i
30 miliardi di euro. Renzi nuovissimo
ma anche fanfaniano, assicurano collaudati king maker della sinistra cosiddetta riformista, quella che massacra il piccolo risparmio ma lascia invariata la tassazione a chi possiede milioni in titoli di Stato.
Esistono alternative a questa confusa e
declamatoria renzinomics? Non interne al Paese, a meno di credere che
l'alternativa siano patrimoniali “a botta secca” o stampa di moneta per esaudire i desideri di grandi e piccini. Ma
prima di scoprire che abbiamo gettato
via almeno sei anni di salassi fiscali,
vedrete che qualcuno riuscirà a intestarsi l'alito di crescita prodotto dal deprezzamento dell'euro causato invece
dall'azione di Draghi e dalla divergenza delle politiche monetarie tra Stati
Uniti ed Eurozona. Noi italiani siamo
bravissimi a vedere cause dove ci sono
solo correlazioni. I risultati di questo
pensiero magico sono sotto i nostri occhi.
SPREAD La Ue? Un superstato di polizia economica
C
LA DITTATURA
DELLO SPREAD
di Alessandro
Somma
DeriveApprodi
pagg. 302, 20,00 ¤
hi pensa che quello della
Germania in Europa sia un
ruolo ingombrante e, per di più,
negativo, trova in questo volume una rappresentazione organica. La dittatura dello
spread, infatti, è solo la forma
moderna di una modalità di costruzione della Ue che, anche
nelle sue determinazioni finali
- il Fondo europeo di stabilità
finanziaria, il Mes, il Fiscal
Compact - si configura come lo
“schmittiano Stato che deve
essere forte in quanto è chiamato a presidiare lo sviluppo di
un’economia sana: un Superstato di polizia economica incaricato di sacrificare le libertà
politiche per riformare quelle
economiche”.
La Ue di Alessandro Somma
viene ricondotta alle radici ordoliberali, pensiero affermatosi in Germania negli anni Trenta - in pieno nazismo - e poi in
grado di resistere alle intemperie della storia. Quel pensiero,
spiega l’autore, fonda la nozione di “economia sociale di
mercato” che, dalla campagna
con cui fu lanciata nel 1952 in
Germania, ha modellato tutte
le tappe future della storia economica e politica tedesca fino
a riversarsi nell’Unione europea. Pensiero a cui resta legata
“l’Era Adenauer”, il cancelliere
che ha marcato gli anni 50 e
metà dei 60. Il cancellierato
cristianodemocratico recupera un ordoliberismo più morbido rispetto a quello degli anni
30, ma animato dalla stessa
avversione al conflitto e finalizzato a uno Stato forte, in cui il
potere politico abbia come
missione la tutela del libero
MILA
I POSTI
DI LAVORO
CREATI
AD APRILE, la disoccupazione aveva “i
giorni contati”. Sabato, invece, il premier
ha detto che i posti di lavoro “creati dal governo sono 153 mila”, merito del “decreto
Poletti”. Non è così: sono saliti di 70 mila
unità, grazie al calo degli “inattivi” (chi non
cerca lavoro). Il mercato del lavoro sta quindi migliorando? La Cig cresce inarrestabile
(a fine anno sarà di un miliardo di ore) e a
settembre si è toccato il record di disoccupati (12,6%). Da inizio anno frenano le retribuzioni (-0,3%) e la “Garanzia Giovani”
è naufragata. Per la Cgil, più di 400 mila
contratti dell’ultimo trimestre sono durati
un giorno e 900 mila meno di un mese. Merito - in effetti - anche del decreto Poletti.
In cerca di alternative
alla Renzinomics
Poi è giunto il baccanale di retroattività fiscale, con la cancellazione dello
sconto Irap introdotto solo pochi mesi
fa e con l'assalto al risparmio, incluso
quello previdenziale (con aliquote sul
risultato dei fondi pensione passate
dall'11,5 al 20% con decorrenza primo
gennaio 2014) e di lungo periodo, come il Tfr, tassato di più sia in caso di
approdo in busta paga che di permanenza in azienda. Anche qui, il Grande
Programmatore neurolinguistico ed i
suoi più stretti collaboratori hanno
fatto il miracolo, riuscendo a etichettare il risparmio previdenziale come
153
mercato e della concorrenza.
La Spd che prenderà il potere
nel 1966, non modificherà in
profondità questo orientamento. Si tratta del partito che
ha già realizzato Bad Godesberg (1959) e che vira decisamente verso la centralità del
mercato. Anche quando l’ordoliberalismo viene recuperato dal cancelliere dell’unificazione tedesca e di quella europea, Helmuth Kohl, il filo conduttore resta lo stesso, “la critica alle istituzioni democratiche” a cui si imputa l’instabilità
economica e politica che aveva
caratterizzato gli anni Venti.
Ordine e centralizzazione,
quindi, come rimedio ai guasti
di Weimar. L’ordoliberalismo si
tramanda di trattato in trattato, da un passaggio europeo
all’altro ben sintetizzato nella
tecnocrazia economica come
“essenza della condizione postdemocratica in cui sempre
più precipita il processo di integrazione europea”. Figlio
della Germania, soffocato dalla Germania.
Sal. Can.
Scarica

Leggi in PDF - Derive Approdi