Bankitalia presenta due esposti in Procura contro le coop: “Hanno aperto banche abusive”. In ballo 11 miliardi. Tutto nasce da un’inchiesta del Fatto Giovedì 18 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 348 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 LA POLITICA COMMISSARIA LA PROCURA DI PALERMO Il ritorno del Gattopardo di Marco Travaglio eri, con la nomina di Franco Lo Voi a succesI sore di Francesco Messineo, il Palazzo si è ripreso la Procura di Palermo che aveva dovuto I membri laici di destra e sinistra del Csm, con i togati di MI e i vertici della Cassazione, nominano Lo Voi. Violate tutte le regole per bocciare Lari e Lo Forte, ritenuti troppo vicini ai pm del processo Trattativa Lo Bianco, Mascali e Rizza » pag. 9 VIETNAM PARLAMENTARE Quirinale, la carica dei 205 per far saltare l’asse Renzi-B. Marra » pag. 4 - 5 » TODOS SOMOS AMERICANOS » 50 anni dopo. Il presidente: “Chiederò la fine dell’embargo” Obama cancella Kennedy: pace con Cuba grazie al Papa Raúl Castro e il leader Usa annunciano nello stesso momento la ripresa dei rapporti diplomatici: presto verranno aperte ambasciate. Scambio di prigionieri tra l’Avana e Washington. “Il blocco economico è stato inutile”, dice la Casa Bianca. E a Miami esplode la rabbia degli esuli Chierici, d’Esposito e Vitaliano » pag. 12 - 13 FEDELE ALLA LINEA Gianni Minà esulta: “Finalmente Fidel ha vinto la battaglia” Raúl Castro e Barack Obama annunciano la ripresa delle relazioni diplomatiche Ansa LA SENTENZA D‘APPELLO-BIS MAFIA CAPITALE 16 anni a Stasi: ”È lui l’assassino di Chiara Poggi” re 19:30 di ieri. O Entra la Corte e condanna Alberto Sta- Milosa e Truzzi » pag . 10 I genitori di Chiara Ansa Migliore » pag. 13 10 MILIONI IN TV » MAGNA MAGNA Udi Marco Politi BENIGNACCIO E L’ITALIA TRA BENE E MALE Quel summit Buzzi-Carminati: “Possiamo mollare massimo il 5%” si a 16 anni di carcere per l’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi. y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!=!$!#!: Lillo, Massari e Pacelli » pag. 6 Udi Nanni Delbecchi IL MAESTRO E LE REGOLE DELLA VITA » pag. 18 Così la ‘ndrangheta voleva prendersi i ristoranti di Expo Barbacetto » pag. 2 LA CATTIVERIA Papa Francesco: “Maria cucinava e stirava le camicie di Gesù e Giuseppe”. Devono avergli scambiato l’autore con quello di Benigni » www.forum.spinoza.it mollare 22 anni fa, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, con la rivolta dei pm ragazzini cresciuti al fianco di Falcone e Borsellino che misero in fuga il famigerato Pietro Giammanco e propiziarono l’arrivo di Gian Carlo Caselli. Ora quella stagione che, fra alti e bassi, aveva garantito risultati eccezionali nella lotta a Cosa Nostra e ai suoi tentacoli politico-affaristico-istituzionali, si chiude violentemente con un colpo di mano che ha nel Csm l’esecutore materiale e negli alti vertici dello Stati e dei partiti i mandanti. Un replay, ma in peggio, dell’operazione che nel 1988 portò l’anziano Antonino Meli e non l’esperto Giovanni Falcone al vertice dell’Ufficio Istruzione. In peggio perché, allora, prevalse nel Csm l’osservanza delle regole formali dell’anzianità. Stavolta tutte le regole, fissate in precise circolari del Csm, sono state travolte per premiare il candidato più giovane, inesperto e totalmente sprovvisto dei titoli minimi richiesti per quell’incarico. Lo Voi ha 9 anni in meno dei due concorrenti – i procuratori di Messina, Guido Lo Forte, e di Caltanissetta, Sergio Lari –, non ha mai diretto né organizzato un ufficio giudiziario, non è mai stato né capo né aggiunto, ma solo sostituto (e per tre anni appena). L’unico incarico di prestigio l’ha ottenuto per nomina politica: delegato italiano in Eurojust per grazia ricevuta dal governo B. Il che, a prescindere dagli altri handicap, avrebbe dovuto escluderlo in partenza dalla corsa per la Procura che ha fatto condannare per mafia Marcello Dell’Utri e lo sta processando per la Trattativa. Invece è stato questo uno dei pregi che gli sono valsi la vittoria. Non è qui in discussione l’onestà personale né la capacità professionale di Lo Voi, che ha fama di buon magistrato. Ma la violazione sfacciata della legalità da parte di un Csm che, totalmente asservito ai diktat della politica, ha rinunciato per sempre al ruolo costituzionale di “autogoverno” dei magistrati e ora non tenta neppure di spiegare perché non rispetta neppure le proprie regole. L’ordine partito dai piani alti era ben noto agli addetti ai lavori fin da luglio, quando il Quirinale bloccò il Csm che stava per nominare Lo Forte (uscito primo in commissione Incarichi direttivi): normalizzare Palermo e commissariare la Procura che ha osato trascinare sul banco degli imputati boss, politici e alti ufficiali per la trattativa Stato-mafia, fino allo sfregio finale di disturbare il presidente Napolitano. E l’ordine è stato puntualmente eseguito da tutti i membri laici, cioè politici, di centrodestra e centrosinistra: il Patto del Nazareno con l’aggiunta sorprendente del “grillino” Zaccaria (complimenti vivissimi) e quella scontata dei togati di Magistratura Indipendente (la corrente di Lo Voi) e dei vertici della Cassazione. Cioè del presidente Giorgio Santacroce, già commensale di Previti; e del Pg Gianfranco Ciani, che due anni fa parlò con Piero Grasso di avocare l’indagine sulla Trattativa a gentile richiesta del Quirinale e dell’indagato Mancino. Di fatto, Lo Voi è il primo procuratore di nomina politica della storia repubblicana, sulla scia di quel che accadde nel 2005 per la Procura nazionale antimafia, quando il governo B. varò tre leggi (poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta) per eliminare Caselli e intronare il suo unico concorrente, Grasso. Dopo due anni di condanne a morte targate Riina e Messina Denaro – con tanto di tritolo già pronto – contro il pm Nino Di Matteo, e di minacce di servizi vari (“deviati”, si dice) al Pg Roberto Scarpinato, totalmente ignorate dai vertici istituzionali, Palermo attendeva un segnale da Roma. E quel segnale è arrivato: Lari, scortato col primo livello di protezione per le sue indagini su stragi e depistaggi, non può guidare la Procura di Palermo; e nemmeno Lo Forte, reo di aver processato Andreotti, Carnevale, Contrada, Dell’Utri & C.: rischiavano di sostenere il processo sulla trattativa e le indagini sui mandanti esterni delle stragi. Lo Stato di Mafia Capitale non se lo può permettere. 2 GRANDI TORTE GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 Psi allone e affari, dimette il capo ispettore della Fifa IL CAPO ISPETTORE sbatte la porta e se ne va. L’avvocato americano Michael Garcia, autore dell’indagine su una presunta corruzione nell’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022 in Russia e Qatar, ha annunciato le sue dimissioni dal comitato etico della Fifa, il massimo organo calcistico, in segno di protesta. A spingerlo all’addio il rigetto del suo ricorso contro il riassunto fatto dal giudice Eckert delle 430 pagine della sua indagine riservata. Testo che ha portato all’archiviazione dell’inchiesta, nata da pesanti sospetti su mazzette incrociate. Nel comunicato, Garcia lamenta: “Questa decisione mi ha fatto perdere la fiducia nell’indipen- il Fatto Quotidiano denza della camera arbitrale e la mancanza di leadership su questi temi all’interno della Fifa che mi porta a concludere che il mio ruolo in questo procedimento è finito”. Pochi giorni fa, la federazione britannica aveva definito una farsa la gestione della vicenda da parte della Fifa. Molte riserve anche dai dirigenti tedeschi. Così la ’ndrangheta voleva mangiarsi i ristoranti di Expo I CLAN PUNTAVANO AGLI SPAZI DI RISTORO NEI PADIGLIONI STRANIERI TRAMITE LA “AREA KITCHEN” DI CRISTIANO SALA di Gianni Barbacetto C Milano ibo amaro, nell’Expo sul cibo. Uno: la ’ndrangheta, attraverso l’imprenditore Cristiano Sala, stava tentando di accomodarsi a tavola, mettendo le mani sui ristoranti dei padiglioni stranieri dell’esposizione universale. Due: una nuova indagine giudiziaria è aperta sull’appalto per la ristorazione del Padiglione Italia. Tre: trionfa, per il resto, la trattativa diretta e l’affidamento senza gara. A Eataly di Oscar Farinetti, che gestirà due grandi padiglioni che ospiteranno 20 ristoranti; e a Cir Food, coop rossa di Reggio Emilia che proprio oggi annuncerà di aver ottenuto la gestione di tutti gli altri 120 punti ristoro di Expo, chioschi, fast food, self service e ristoranti. Sì, anche la ’ndrangheta stava cercando un posto a tavola. Secondo quanto risulta al Fatto quotidiano, la società “Area Kitchen Catering” era molto attiva in zona Expo: ha fatto diverse proposte di gestione dei ristoranti interni ad alcuni padiglioni stranieri, tra cui quello di Israele. Chi c’è dietro Area Kitchen Catering? Cristiano Sala, l’imprenditore arrestato due giorni fa, insieme ad altre 58 persone, nella grande retata contro la cosca Libri-De Stefano-Tegano attiva tra Reggio Calabria e Milano. Impegnata nel traffico di droga, ma anche in business più raffinati, quali Il Camilleri greco la ristorazione. Cristiano Sala aveva ereditato dal padre il gruppo “Il maestro di casa”, che nel 2007 fatturava 35 milioni di euro. Entrato in crisi, aveva chiesto aiuto ai boss. Non era riuscito a salvarsi dal fallimento, ma i debiti accumulati con gli uomini della cosca, nel tentativo di salvarsi, lo avevano invece perduto: “Da vittima diventa complice”, scrivono i magistrati milanesi, e “persona estremamente importante per il sodalizio criminoso”. Tanto che cerca di ottenere, anche con giochi sporchi, il servizio di catering per lo stadio di San Siro. Secondo l’ipotesi d’accusa, si mette a disposizione dei fratelli Giulio, Vincenzo e Domenico Martino, considerati i capi dell’associazione criminale. “Ha bisogno”, dicono, intercettati, i boss. “Si tappa il naso, questo Cristiano”. Ed entra così nella schiera degli imprenditori del nord che “da vittime diventano organici alle cosche”. to a Peck l’appalto per la ristorazione, o se invece ha qualche ragione il secondo arrivato, Piero Sassone della Icif, che è ricorso al Tar e all’Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, segnalando alcune presunte irregolarità. Per il resto, il cibo in Expo arriva a trattativa privata. Quello di “Italy is Eataly”, 8 mila metri quadrati affidati senza gara a Farinetti, ex venditore di elettrodomestici molto vicino al presidente del Consiglio Mat- NELLE CARTE dell’ultima in- teo Renzi. Sarà “il più grande ristorante che mente (e pancia umana) abbia mai pensato”, promette il patron di Eataly, che sceglierà i 120 ristoratori i quali, a rotazione, gestiranno i 20 ristoranti, uno per regione, che saranno allestiti all’interno dei suoi due padiglioni, per offrire al mondo l’esperienza della cucina di tutta Italia. “Su questo affidamento non abbiamo potere”, spiega Cantone. “È avvenuto prima del 24 giugno 2014, quando è entrata chiesta milanese sulla ’ndrangheta a Milano non c’è traccia di Expo, che non è neppure mai citata. Eppure Cristiano Sala stava trattando per entrare in alcuni padiglioni stranieri, tra cui appunto quello israeliano. Sul padiglione italiano, invece, sono al lavoro la procura e la Guardia di finanza di Milano, che dopo un articolo del Fatto quotidiano hanno aperto un’inchiesta per verificare se è stata corretta la gara che ha assegna- CHIAMATA DIRETTA La Cir Food prende l’appalto su 120 punti di ristorazione. Cantone su Eataly: “Ha avuto i due padiglioni prima del mio arrivo: non ho poteri” in campo, per decreto del governo, l’Autorità nazionale anticorruzione. Sappiamo che Expo può utilizzare poteri in deroga e fare affidamenti diretti”, prosegue Cantone. “Acquisiremo i documenti e verificheremo cosa è stato fatto, ma non abbiamo alcun potere su atti precedenti al nostro arrivo”. DIVERSO è il caso dell’altro affidamento senza gara, quello – annunciato oggi – per tutta la ristorazione di Expo, tolti il Pa- lazzo Italia (sotto inchiesta) e i due padiglioni di Eataly (affidati a Farinetti). Per i 120 punti ristoro disseminati in tutta l’area dell’esposizione universale sono state bandite due gare, entrambe andate deserte: nessun operatore del settore ha ritenuto convenienti le condizioni poste da Expo. Allora la società ha avviato un “dialogo competitivo” con le aziende. “In questo caso, l’Autorità anticorruzione ha seguito la procedura e ha posto alcuni palet- ti”, dichiara Cantone. Alla fine Expo spa ha trovato chi ci sta. La coop Cir Food, che sul suo house organ scrive: “Stiamo scaldando i motori anche per Expo 2015, con tante speranze, tante apprensioni e tanta voglia di lavorare”, con “l’orgoglio di essere una cooperativa sana, giovane e ricca di storia”. Cir Food spera di servire, pur con margini di guadagno molto limitati, circa 26 milioni di pasti ai 24 milioni di visitatori previsti, con 13 milioni di pasti Il giallista Petros Markaris “Le Olimpiadi sono una rovina” di Luca De Carolis enzi parla di Olimpiadi per distrarre la gente dai R veri problemi. I Giochi non portano affari ma solo sprechi e corruzione: per la mia Grecia sono state l’inizio della crisi, senza fine”. Lo scrittore e drammaturgo Petros Markaris, uno dei più noti giallisti europei, si accalora al telefono. Ripete più volte: “Credimi, so com’è andata”. Lui conosce bene i segni che le Olimpiadi di Atene del 2004 hanno lasciato sulla Grecia, devastata da una crisi a cui ha dedicato una trilogia. Dei Giochi parla anche nei suoi romanzi, come La lunga estate calda del commissario Charitos (Bompiani), in cui l’omonimo poliziotto scopre due omicidi in impianti costruiti proprio per Atene 2004. Abbandonati, come cattedrali sconsacrate. Perché le Olimpiadi sono state così nocive per la Grecia? La questione di fondo è che non si possono organizzare i Giochi partendo da zero. La Grecia non aveva neppure le strutture di base per ospitarle. Eppure si andò avanti lo stesso, coprendo tutto con enormi debiti verso le banche. E così hanno innescato la crisi che tuttora vediamo. Inoltre, ci sono tutti quegli impianti co- struiti per le Olimpiadi (22, ndr). Ora sono abbandonati, non li vuole più nessuno. Una catastrofe finanziaria. Il governo insomma sfidò ogni logica. Perché? Ufficialmente per due ragioni. La prima era di natura patriottica: sostenevano che le Olimpiadi dovessero tornare a casa, nella terra dell’antica Olimpia. L’altra era di natura economica: dicevano che i Giochi avrebbero portato tanti turisti in più. Ma dopo le tre settimane delle gare è finito tutto. DISTRAZIONE DI MASSA “I Giochi del 2004 hanno distrutto la Grecia con sprechi e corruzione. Renzi li vuole per distogliere la gente dai veri problemi” Lei cosa ne pensava? Ero assolutamente contrario alle Olimpiadi, sin dall’inizio. Sapevo che avrebbero provocato un disastro. Si è parlato molto di episodi di corruzione attorno ad Atene 2004. Da noi sbarcarono tante aziende straniere, consapevoli che la corruzione era molto diffusa in Grecia. Ne hanno approfittato. Ma la verità è che dove ci sono i Giochi c’è la corruzione. Questo è un fatto inevitabile, non ci si può fare nulla. Ospitarli potrebbe anche portare ricavi. Non puoi guadagnare con le Olimpiadi, è un’altra regola. È stato così per tutte le edizioni degli ultimi decenni. Gli unici che fanno affari con i Giochi sono quelli del Comitato olimpico. Tutti gli altri ci hanno rimesso montagne di denaro. Matteo Renzi però la pensa diversamente. Vuole che l’Italia ospiti i Giochi del 2024. Quando Mario Monti disse no alla candidatura italiana (nel febbraio 2012, ndr) io venni intervistato da un giornalista italiano in uno degli stadi greci usati per i Giochi. E gli dissi: ‘Il vostro premier è un uomo saggio, lo posso dire per esperienza’. E allora perché Renzi ci riprova? Perché i grandi annunci fanno dimenticare, distraggono la gente dai problemi. Non vedo altre possibili ragioni. Se il vostro premier pensa davvero di fare affari con le Olimpiadi si sbaglia di grosso. Però non c’è solo l’aspetto economico. I Giochi dovrebbero anche rappresentare anche un ideale, lo spirito dell’antica Olimpia... Quello spirito non esiste più, né in Grecia né in nessun altro parte del mondo. Tutti si preoccupano solo dei soldi che riusciranno a fare. Come sta adesso il suo Paese? Vede spiragli di ripresa? GRANDI TORTE il Fatto Quotidiano I CINQUE STELLE DA CANTONE “SERVE NORMA SU IMPRESE SOCIALI” “Un confronto utile”. Così i Cinque Stelle definiscono l’incontro privato avuto ieri a Roma con il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone. Cantone ha visto una delegazione composta dal capogruppo alla Camera Andrea Cecconi, da Ro- berta Lombardi e dalla capogruppo in commissione Affari sociali Giulia Grillo. Secondo i 5 Stelle, “Cantone è convinto, così come lo siamo noi, che il forte incremento degli affidamenti diretti di servizi da parte degli enti locali alle cooperative sociali, avvenuto soprattutto negli ultimi anni, non consente controlli adeguati e apre al rischio di corruzione”. GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 3 Di conseguenza, “si rende necessario realizzare quanto prima una norma ad hoc sulla trasparenza dedicata alle imprese sociali che accedono a provvidenze pubbliche. Noi agiremo in Parlamento in tal senso. Nel frattempo, intendiamo proseguire nel confronto e nello scambio di informazioni con il dottor Cantone”. AMICI SUOI LI MANDA MATTEO Una poltrona ai Giochi L’ultima promessa a Giani, uomo di sport L’altro Gelli, il boy scout ex socialista che vuole digitalizzare la sanità di Davide di Chiara Daina Vecchi O BUONI E CATTIVI Da sinistra, Raffaele Cantone, il logo della ditta di Sala e Giulio Martino, per i pm boss di ’ndrangheta Ansa nei 55 giorni di picco (weekend e festivi), in cui si stimano 250 mila visitatori al giorno, e altri 13 milioni di pasti nei 129 giorni non di picco, durante i quali si ipotizzano 90 mila visitatori al giorno. “Dobbiamo misurarci con scommesse che mettono a dura prova i nostri modelli lavorativi”, ribadisce Cir Food, “acquisire tante commesse a margine quasi zero e sommarle, sperando di avvicinarci alla redditività dell’anno precedente”. ATENE 2004 L’impianto olimpico per il beach volley, abbandonato dopo i Giochi. Sotto, Markaris LaPresse, Ansa Sono molto pessimista, non vedo segnali positivi. Si fanno sacrifici enormi solo per ragioni politiche, e la corruzione resta un enorme problema. Nessuno in Europa muove un dito per aiutare la Grecia. Molti danno la colpa alla Germania, alla sua linea dell'austerità. Il mio editore è tedesco, conosco bene quella nazione. E posso dirle che è troppo semplice dire che è tutta colpa della Germania. Cosa stanno facendo gli altri Paesi dell’Unione? È tutto il modello europeo che non funziona, perché non c’è più la politica. Comanda solo il mercato, e vale anche per le Olimpiadi Twitter @lucadecarolis I Milano ra è un incarico nel presunto, futuro comitato olimpico per Roma 2024. Matteo Renzi ha ancora qualche conto in sospeso con alcuni politici fiorentini che lo hanno aiutato a realizzare i suoi progetti e attendono fiduciosi che ricambi e mantenga la parola data. Uno su tutti: Eugenio Giani, ex assessore, presidente del consiglio comunale e oggi consigliere regionale. Sconosciuto fuori dalla Toscana quanto noto e amato nella terra di Dante: per spiegare il consenso di cui gode basta ricordare che grazie a lui nel 2002 la squadra di calcio gigliata, oggi dei Della Valle, si è salvata dal fallimento di Vittorio Cecchi Gori. Eugenio Giani, consigliere in Toscana Ansa dium, fra l’altro), aiutare le varie società (ciclicamente in difficoltà) e ha giri finanziari da centinaia di milioni di euro. L’ultimo bilancio registra un patrimonio netto pari a 800 milioni di euro e una movimentazione di quasi 2 miliardi. Una banca partecipata anche da alcuni istituti finanziari privati, ma L’ALLORA ASSESSORE allo sport della la maggior parte della liquidità finangiunta Domenici si inventò la Floren- ziaria le arriva dallo Stato che la fitia, società che fece da Caronte tra la nanzia con i ricavi dei concorsi provecchia e la nuova proprietà. Una pas- nostici tipo Lottomatica. Nel 2008 è sione azzeccata per lo sport, quella di arrivata la Corte dei conti e nel luglio Giani. Da allora è presidente provin- 2011 è stata commissariata. Il provciale del Coni, molto stimato (e ascol- vedimento però, dopo una dozzina di tato) da Malagò. Quando lo scorso rinnovi, scade il 31 dicembre ed entro febbraio Renzi ha lasciato in anticipo quella data dunque dovrà dotarsi di un la guida del Comune per andare al go- nuovo cda. Renzi temporeggia. Ma anche due giorni fa alla verno, Giani era indicerimonia insieme a cato come il futuro Malagò al Coni Renzi sindaco della città: re LA RINUNCIA ha garantito a Giani, di consensi, aveva già presente, che la polun comitato elettorale Doveva candidarsi trona è sua. Poi, in attivo da oltre un anquel contesto, il preno e ufficializzò ima sindaco di Firenze, mier ha annunciato la mediatamente la sua ma il premier gli chiese candidatura di Roma candidatura alle prialle Olimpiadi del marie del Pd. Contro di ritirarsi: avrebbe vinto. 2024. Male che va, per Dario Nardella avrebGiani ci sarà anche be vinto con facilità Ora gli offre un posto quella. “Fidati di disarmante. Così nel comitato olimpico me”. Renzi lo convinse a desistere e, per stessa ammissione di Giani, gli propose di fare il sottosegretario dell'allora nascente governo. Lui ovviamente accettò, si ritirò dalle primarie e attese fiducioso. Fatte le consultazioni, i ministri, i viceministri, a fine febbraio Giani chiese al premier conRoma tutti ferme e lui rispose con un sms: “Fidati hanno amici. di me”. Che non era proprio “Enrico Troppi amici. Pure stai sereno” usato con Letta ma di tequelli che stanno nore simile. Giani si fida. Il primo nel “mondo di somarzo arriva lo schiaffo: il suo nome è pra” e quello di sotstato escluso dall’elenco dei sottoseto non lo hanno mai gretari. Con Renzi, si sa, capita. Ma visto neanche in foquella stessa settimana viene invitato a to. Giovanni Malapassare a Palazzo Chigi. Si aprono gò – presidente del nuove prospettive, garantisce l’ormai Coni lettiano nel premier scusandosi. Magari al Coni? senso di Letta zio – Propone Renzi, in un incontro romadi amici ne ha tantissimi e un’idea no raccontato dallo stesso Giani in terdiciamo estetica dell’organizzaziomini quasi surreali. “Io ci sarei già al ne d’impresa. Ora è tutto ringalConi”, è costretto a sottolineare. Passano altre settimane, visite nei Palazzi, luzzito dal fatto che Matteo Renzi viaggi da Firenze, nuovi sms, infine ha deciso di appoggiare la candil’ultima proposta: la guida del Credito datura di Roma ai Giochi del 2024: sportivo. Che non è proprio un ente “A capo del Comitato olimpico? qualsiasi, è l’unica banca pubblica itaUna persona che ha il tipo di caliana. Ed espressamente dedicata allo ratteristiche di Montezemolo”, ha sport. Quindi elargisce mutui e finansostenuto ieri senza specificare beziamenti per costruire stadi (ha coperto la metà del costo dello Juventus sta- n ballo c’è un boccone goloso, l’attuazione della sanità digitale. E schierato in prima linea c’è Federico Gelli, tra i devoti al premier. Pisano di 52 anni, deputato Pd, renziano della prima ora (fu capogruppo del partito nel Comune di Firenze sotto Renzi), ex boy scout. A Montecitorio siede nella commissione Affari sociali e dalla sua poltrona gli piace fare lobby. Da febbraio a maggio 2012 ha diretto la Scuola di legalità per i dirigenti e amFederico Gelli, deputato Pd Ansa ministratori del partito, inclusi quelli che oggi sono indagati nell’inchiesta su- retti, amico e sostenitore dell’inquilino gli appalti del Mose a Venezia. È stato di Palazzo Chigi, che nel 2006 vince un finanziatore della fondazione Open, che appalto da 4 milioni di euro per il proha foraggiato l’ascesa di Matteo alle pri- getto di informatizzazione dei dati sanimarie e alle amministrative di Firenze. tari della Regione Abruzzo. In corso Chiese le dimissioni di Fedez da X Factor d’opera la spesa sale a 7 milioni. dopo l’inno che scrisse per il M5S. Tra le altre cose è pure presidente di Nova, as- NEL 2011 IL SISTEMA viene collaudato sociazione no profit che promuove l’in- ma poi non entra più in funzione. Poi c’è novazione tecnologica, anche nella sani- Engineering, colosso Usa dell’informatità. Quindi, la coincidenza: l’ultimo patto ca, che vorrebbe mettere le mani sopra della Salute siglato lo scorso luglio dalla Ancitel, spa attiva nei servizi informatici Conferenza Stato-Regioni prevede un per la Pubblica amministrazione di propiano strategico per la sanità digitale. E prietà dell’Anci. Gli altri sono Poste, Tequi entra in gioco Nova, che confeziona lecom, Tbs Group, Noema Life, Exprivia, un progetto ad hoc battezzato “Ecosiste- Reply. Nova, gli imprenditori e il minima digitale”. Tra gli obiettivi: il fascicolo stro della Salute Beatrice Lorenzin si sosanitario elettronico, la teleassistenza, il no già incontrati a porte chiuse. Parola alla Lorenzin: “Il protelemonitoraggio da getto di ecosistema dicasa, la telemedicina. gitale che mi ha propoGli stessi che si prefigge COINCIDENZE sto l’associazione Noil ministero della Saluva, grazie all’impegno te, come raccontato Lorenzin vara un piano di otto imprese è un settimane fa da La Noprimo passo importizia. Gelli, come presisulla sanità digitale. tante in questa direziodente di Nova, invita le E Nova, l’associazione ne (la sanità digitale, imprese del settore a ndr) e i nostri uffici occuparsi del piano. del deputato Pd (piena stanno lavorando per Per adesso sono otto. C’è il gruppo Dedalus di industrie del settore), implementare questo progetto”. Il ministro spa, creato nel 1990 dal presenta una proposta... lo ha dichiarato il 25 fiorentino Giorgio Mosettembre nel suo ufficio, intervistata proprio da Gelli. Erano seduti uno di fianco all'altro, di fronte alle telecamere, lui in veste di “giornalista” temporaneo. Il video è online, sul canale YouTube dell’onorevole. Oggi un’interrogazione parlamentare del M5S chiede trasparenza sulne cosa intendesse. la vicenda. L’uomo, d’altronIl consiglio direttivo di Nova annovera de, ha un modo tutmanager di importanti aziende hi-tech, to suo di approccome Stefano Cinquini, sales manager ciare la realtà. Talnel settore pubblico di Telecom in Tovolta, non conoscana, Marche e Umbria, Stefano Orselli, scendolo, si podistrict manager presso Philips Healtrebbe pensare che thcare, Umberto Bessi di Axiom e Patrisia un tipo naïf: zio Donnini di Dot Media, che ha curato “Appalti Mose e molte campagne di comunicazione del Expo? Non candiComune di Firenze e di Renzi grazie al darsi alle Olimpiaquale il fatturato dell’azienda in solo un di per causa loro vuol dire dargliela anno, dal 2008 al 2009, lievitò da 9 mila a vinta due volte”, ha spiegato su Ra137 mila euro. Dot Media ha legami sodiodue. Espressione che disegna cietari con la Eventi 6, società della fauna situazione win win per i cormiglia Renzi, di cui Matteo è stato fonruttori: con gli appalti gli va bene, datore e socio fino al 2004. Intanto il prisenza vincono due volte. Anche il mo dicembre Gelli, per conto di Nova, ha neorenziano Malagò ha già vinto: è annunciato il lancio dell’ecosistema ditanto vero che ha convinto il Cio a gitale per l’area metropolitana fiorentina dargli due milioni per far partire il (M.a.d.e.) entro aprile 2015. Il Fatto lo ha Comitato Roma 2024. interpellato, ricevendo questa risposta: “Nova è un incubatore di idee, fa cultura, non promuove aziende”. RIECCOLO Roma 2024, Malagò: “Magari Montezemolo...” A 4 LA PARTITA GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 J“Non obs Act, Damiano: accetteremo diktat di Ncd” di Fabrizio d’Esposito I l manuale del franco tiratore sul Quirinale che verrà prende forma ora dopo ora nei capannelli o sui divanetti del Transatlantico di Montecitorio. I renziani tentano di esorcizzare l’abisso del pantano con un finto e nervoso ottimismo. Chi racconta che alla fine ci sarà il metodo Ciampi già al primo scrutinio, chi ribadisce che comunque non si andrà oltre la quinta votazione, quando servirà la maggioranza assoluta di 505 su 1008 grandi elettori. Ma le truppe dei ribelli, emuli dei 101 che frantumarono sia Prodi sia la Ditta di Bersani, si stanno organizzando e promettono di essere almeno il doppio di quelli che provocarono la genuflessione di un intero sistema davanti a Napolitano, con la supplica di accettare un inedito secondo mandato. “NOI NON PENSIAMO che il previsto confronto del Governo con il sindacato, a differenza di quello che afferma il Nuovo Centro Destra, debba risolversi in uno 'sbraco’ sull'art. 18, mentre quello con gli imprenditori sarebbe 'doveroso e utile’. Crediamo ancora nel dialogo e nel ruolo di tutte le parti sociali”. Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. “Così come pensiamo - prosegue Damiano che, mentre è lecito in politica avere punti di vista divergenti, non sia accettabile lanciare avvertimenti al Premier Renzi ('Presidente avvertito il Fatto Quotidiano mezzo salvato’) sui Decreti del Jobs Act”. “Se l’Ncd vuole sfilarsi dalla maggioranza - continua il presidente della Commissione Lavoro - lo dica senza pretendere di mettere inaccettabili diktat sui contenuti dei Decreti: per parte nostra continueremo a batterci, come abbiamo fatto con i 37 emendamenti al testo del Jobs Act uscito dal Senato, per tutelare al massimo livello possibile i diritti dei lavoratori. Chiediamo che l’Aspi abbia una durata per tutti di almeno 24 mesi e che nella legge di Stabilità siano messi altri 400 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali”. BANDE E CORRENTI COSÌ SI ORGANIZZANO I FRANCHI TIRATORI I 101 CHE IMPALLINARONO PRODI SONO GIÀ RADDOPPIATI, TANTI GRUPPI SEMINANO IL PANICO NEI DEMOCRATICI E I FITTIANI SONO PRONTI A DISTRUGGERE IL NAZARENO Il viaggio nei palazzi dove nascono le trame La ricognizione del cronista, ovviamente, parte dal Partito democratico renziano che sulla carta conta 446 voti. La mappa del dissenso la fa un bersaniano ortodosso, a taccuino chiuso: “Non è vero che siamo 40. Siamo almeno il doppio”. Segue la descrizione delle tribù: “Tra Bersani e D’Alema, quelli fedeli-fedeli senza canali con Renzi sono 25. Poi una decina controllati da Fioroni, dieci di Civati, una ventina dell’area Cgil di Fassina e Damiano”. Siamo a 65. E il resto? “A questo punto entrano in ballo i malpancisti trasversali a tutte le correnti: parlamentari che vogliono la riconferma oppure che si lamentano di essere stati emarginati sul territorio; aspiranti sottosegretari che sono rimasti fuori dal governo; semplici deputati condannati all’anonimato che invidiano i colleghi che vanno in tv”. La somma di quest’ultima tribù, nome dopo nome, sfiora la cinquantina. In pratica, siamo a 115, ben oltre i 101 di prodiana memoria. Ma ecco che scatta la variante Nazareno, snodo decisivo della lunga partita che durerà due mesi: “Se Renzi ci porta Il premier Matteo Renzi; sullo sfondo Giorgio Napolitano Ansa ANIME PERSE La mediazione di Bersani sulla rosa di tre nomi ex Ds: il sindaco di Torino, la dalemiana Finocchiaro e il ritrovato Walter impacchettato il candidato concordato con Berlusconi per la serie prendere o lasciare allora si sale minimo a 140, se non di più”. Qui è Rodi e qui bisogna saltare. Ed è per questo che Bersani vuole intestarsi il ruolo di mediatore unitario delle minoranze per trattare con il premier. La condizione dei ribelli è una soltanto: “Sconfessare Berlusconi e proporre uno dei nostri. Se il premier è un ex dc della Margherita, allora al Colle può andarci un pidino di matrice diessina”. I nomi che circolano sono tre, tenendo presente che ognuno di loro avrebbe già sondato riservatamente il Condannato: Piero Fassino, Walter Veltroni e Anna Finocchiaro. Qualcuno sostiene che alla fine potrebbe uscire lo stesso Bersani, ma molto dipenderà dall’inizio degli scrutini. Agli emissari dei ribelli, però, è chiara la minaccia che Renzi agiterà per farsi seguire: il voto anticipato. È lo schema del teorema propugnato dal forzista dissidente Augusto Minzolini: “A questo Parlamento, il futuro capo dello Stato deve garantire solo una cosa: far terminare la legislatura nel 2018. Con questa promessa potrebbe sperare persino Prodi”. Un paradosso, ma nemmeno tanto. Dai potenziali 140 del Pd si passa alle faide di Forza Italia. Ieri mattina a Omnibus, il fittiano Francesco Paolo Sisto – dopo aver collocato le parole di Napolitano contro le minoranze in una sorta di “anticamera dell’antidemocrazia” – ha detto chiaramente che la successione a Napolitano sarà un affare “molto complesso”. I parlamentari che fanno riferimento all’ex governatore pugliese Raffaele Fitto, baluardo azzurro contro il patto del Nazareno tra B. e Renzi, sono almeno quaranta dichiarati, pronti a diventare cinquanta nel segreto dell’urna. Battuta di un deputato non renziano del Pd: “A dare la linea a Fitto ci penserà D’Alema”. Segno che la leggenda sull’interlocuzione tra i due non è tramontata. Anzi: lo spettro di una convergenza tattica tra le due minoranze interne è un’altra variabile impazzita del Grande Gioco del Quirinale. E 140 più 50 fa 190 schegge impazzite che nel loro percorso segreto potrebbero incrociare le ambizioni dei centristi sparsi tra alfaniani di Ncd, casiniani dell’Udc ed ex montiani di Scelta civica. I neodc hanno un candidato, non solo di bandiera, che si chiama Pier Ferdinando Casini. Crescono i cattivi pensieri del giovane fiorentino L’ex presidente della Camera è politico esperto e navigato e sa perfettamente che le sue chance di successo sono bassissime. Però c’è un prezzo da stabilire per i voti e una scelta non condivisa oppure difficile da digerire creerebbe in quest’area una frangia di 30 malpancisti che farebbe schizzare a 200 la zona ballerina. Un tormento senza fine per Renzi a quel punto, che difficilmente compenserebbe queste perdite con lo scouting tra i grillini. Nel Movimento 5 Stelle i renziani in sonno non sono più di venti, nella migliore delle ipotesi. Ma Renzi una possibilità per recuperare voti ce l’ha. Gliela suggerisce un altro bersaniano in incognito: “Si sforzi di essere più simpatico”. IL BORSINO Quirinale, Fassino corre e Grasso insegue PIERO FASSINO SINDACO TORINO SABINO CASSESE GIUDICE EMERITO PIETRO GRASSO PRES. DEL SENATO PIERCARLO PADOAN MIN. ECONOMIA PAOLA SEVERINO EX GUARDASIGILLI WALTER VELTRONI EX SINDACO ROMA ROMANO PRODI EX PREMIER Sostenuto dal “partito dell’Anci”, potrebbe garantire la minoranza Pd e Renzi: da ex Ds fu tra i primi a stare con lui. Ideale per il patto con Fi. L’ex giudice della Consulta, nominato dal Ciampi, è molto stimato negli ambienti Pd e dal presidente uscente Giorgio Napolitano. In caso di stallo, il numero uno di Palazzo Madama, che sarà pro tempore il capo dello Stato, potrebbe essere la soluzione per unire centro, Pd e Fi. Oltre all’ottimo rapporto con il Quirinale, il presidente Renzi e il mondo degli ex diesse, il ministro avrebbe anche un consenso più inclusivo. L’avvocato penalista può contare sul sostegno di Gianni Letta, un pezzo di Fi, il Vaticano e tanti poteri forti che pesano nelle scelte politiche. Il candidato premier sconfitto da Berlusconi, evitando di espatriare in Africa, si è ripreso uno spazio intorno al Pd e non dispiace a centro e destra. Il professore non può fidarsi del Pd, visto il recente precedente per il Colle e su di lui c’è il no di Berlusconi. Ma potrebbe convincere il M5S. LA PARTITA il Fatto Quotidiano B agnasco dice messa ai politici: “Siate onesti” MESSA PER SCAMBIARE gli auguri di Natale nella basilica romana di Santa Maria Sopra la Minerva. La celebrazione, presieduta dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, è dedicata ai parlamentari. Nella chiesa romana a due passi dal Pantheon sono arrivati, tra gli altri, il presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro della GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 5 Salute Beatrice Lorenzin, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti e molti parlamentari, da Rosy Bindi a Maurizio Gasparri, da Pier Ferdinando Casini, a Gaetano Quagliariello. “Servire il Paese con onestà e fare le scelte avendo come criterio l’onore. E’ l’appello del presidente Cei, il card. Angelo Bagnasco, nell’omelia pronunciata nella messa con i parlamentari. RENZI VUOLE PRIMA L’ITALICUM CARTA SEGRETA PER IL COLLE IL PREMIER SPERA CHE NAPOLITANO RITARDI DI QUALCHE GIORNO LE DIMISSIONI ENNESIMA GUERRA CON FORZA ITALIA CHE VUOLE PRIMA ELEGGERE IL SUCCESSORE di Wanda Marra Q M5S: “Queste riforme portano al fascismo” PRIMA una lunga citazione di Pietro Calamandrei, poi l’affondo, per accostare i metodi del Fascismo a quelli di Renzi, “una persona che vorrebbe essere re”. Intervenendo alla Camera nella discussione sulle riforme istituzionali, il deputato 5Stelle Andrea Colletti non usa mezzi termini: “Se davvero volete frodare il nostro regime costituzionale vi invito ad approntare una parvenza di valvola di sfogo. Nei Paesi emergenti ci si muove dall’autoritarismo alla democrazia, noi facciamo il percorso inverso. E lì abbiamo letto del teatro tra il gerarca, il dittatore, e il re, e qui abbiamo il teatro tipico che diventa dell’assurdo tra Renzi e Napolitano, e a questo teatro noi ci sottraiamo pur combattendo”. E dopo un riferimento al celebre “discorso del bivacco”, il primo di Mussolini alla Camera da presidente del Consiglio, rincara: “Abbiamo ogni settimana il teatro del presidente del Consiglio che afferma, attraverso i suoi sodali, che le elezioni anticipate sono sempre possibili, e il presidente della Repubblica che dice che bisogna arrivare a fine legislatura. Sono attori di una stessa tragedia. Di quella maggioranza raccogliticcia non si sentiva sicuro e portò la lotta contro il Parlamento sul piano della riforma elettorale, cercando un sistema che permettesse alla minoranza fascista di trasformarsi, con nuove elezioni manovrate, in schiacciante maggioranza parlamentare. Ricorda nulla l’Italicum, dove una minoranza, grazie all’abnorme premio di maggioranza, può diventare maggioranza parlamentare?”. PORTFOLIO uello che ha in testa davvero Renzi per il nuovo presidente della Repubblica non lo dice a nessuno”. Il commento è condiviso dagli alti dirigenti Dem, come al Colle. Il grande gioco del Quirinale è ufficialmente iniziato, il nome va proposto dal Pd. E il presidente del Consiglio è alla ricerca sia di una strategia che non lo faccia diventare rapidamente vittima di un Parlamento pronto a impallinarlo, sia di una figura che vada bene a lui, ma sia nello stesso tempo votabile dagli altri. Una ricerca che va di pari passo alla gestione degli altri due capi del triangolo delle Bermuda, dimissioni di Napolitano e approvazione dell’Italicum. per cercare una data tra il gennaio 2016 e il settembre 2017 che vada bene ad entrambi i contraenti del Nazareno. Il vero timing di Renzi potrebbe essere quello di chiudere l'iter di riforme istituzionali a fine del 2015, fare il referendum popolare per confermare il superamento del bicameralismo e sul traino del successo andare alle elezioni. FI non vuole. Nessun Mattarellum di riserva, invece. Primo, perché Renzi l’Italicum lo vuole senza se e senza ma. E poi, perché lasciar aleggiare l’idea che potrebbe rimanere in vita il Consultellum in caso di voto anticipato è un modo per placare chi nella minoranza medita scissioni (e dunque prefererirebbe un proporzionale). Tra i retro-pensieri del presidente del Consiglio ci sta pure quello, in caso di voto, di fare un decreto o una leggina per andare a elezioni con Italicum a Montecitorio e Consultellum al Senato. INTANTO, ha stabilito la war room: ci sono il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Lotti e il ministro delle Riforme, Boschi, il vice segretario Pd, Guerini, i capigruppo a Camera e Senato, Speranza e Zanda, e il presidente dem, Orfini, tra una pratica e l’altra su Roma. Renzi ieri mattina è andato in Senato, ha spiegato i punti dell’Italicum, e ha chiarito che intende arrivare al voto prima dell’elezione del Colle. “Con il suo discorso iper-renziano, Napolitano ha blindato il premier. Quindi ora il Parlamento deve andare avanti con le riforme”, spiegano i fedelissimi. Renzi, dunque, ha tutte le intenzioni di usare quel (poco) tempo in più che gli ha concesso il Presidente, con le dimissioni non prima del foto di Umberto Pizzi Il cane nero non abbaia più Cafonal della depressione QUESTIONI di là da venire. Ma 14 gennaio e i 15 giorni che possono passare tra queste e l’inizio dell’elezione del suo successore. Anzi, i suoi ancora cercano di rosicchiare giorni: il Presidente starebbe aspettando il timing delle riforme per capire se può rimandare l’addio fino alla fine di gennaio. Ma in commissione sono stati presentati oltre diecimila emendamenti. L’idea è di portare l’Italicum direttamente in aula. Dovrebbe arrivare il 22 dicembre o il 7-8 gennaio, per esser licenziato non oltre il 23. E se in Aula si dovesse ripresentare la stessa situazione? Si parla Roberto Gervaso presenta il suo libro contro la depressione: “Ho ucciso il cane nero”. Di nero è rimasta solo donn’Assunta SEGRETI IL POETA A suggere le prelibatezze letterarie di Gervaso, c’è il poeta mandarino di Stato Corrado Calabrò con occhiali catarifrangenti di canguro, di contingentamento dei tempi, di tagliola. C’è il precedente del voto sulle riforme l’estate scorsa: prova non brillantissima, dalla quale il governo uscì dopo aver preso a testate l’opposizione, in molto più tempo di quanto avrebbe voluto. Trattativa politica in atto sulla clausola di salvaguardia. Renzi ha intenzione solo di inserire nell’Italicum una data dalla quale entra in vigore. Il duo Boschi-Guerini, da un lato, e Verdini in contatto con l’ex Cavaliere, dall’altro, hanno lavorato PASTORI E PRESEPI I genitori di Gesù, Maria Elena e Matteo M A NOI! Per Gervaso e il cane nero ammazzato si mobilitano pure i servizi segreti di Gianni De Gennaro, ex capo della Polizia fatto a mano aria Elena Boschi c’era già finita nel presepe, e faceva la Madonna, da bambina, in quel di Laterina, Arezzo. Adesso che è ministro ci ritorna, nei pressi della mangiatoia, stavolta assieme a Matteo Renzi. Per fortuna, non devono recitare. Ma vengono raffigurati proprio come i genitori del bambinello. Gli artigiani napoletani di San Gregorio Armeno, maestri del presepe, quest’anno propongono una coppia santa inedita, la Boschi è sempre Maria, e dunque è una seconda reinterpretazione, mentre Renzi è San Giuseppe, il laborioso falegname. Fi ha chiesto la calendarizzazione dell’Italicum, dopo l’elezione del nuovo Presidente. Pronta la reazione del Pd: “Rispettino i tempi o avanti da soli”. Al Nazareno però, in via ufficiosa lo dicono fuori dai denti: “Dobbiamo mettere pressione”. Il grado di esistenza in vita del Nazareno è ormai un tormentone quotidiano. Il punto è il controllo delle fronde. E così, il lavoro della cabina di regia diventa sempre più importante. Lotti è dall’inizio della legislatura il deputato con il compito di controllare i colleghi. Il problema è che il controllo è esteso anche a gente che i fiorentini conoscono poco. E allora, ecco sondaggi quotidiani e pressioni di vario tipo. Siamo ancora all’inizio. Il premier pensa al nome da proporre. Un identikit piuttosto preciso parla di una figura sufficientemente fidata, ma autorevole. Che lo aiuti. Come in fondo ha fatto Napolitano negli ultimi mesi. Fino a telefonare a molti autorevoli dirigenti della minoranza dem prima del discorso di mercoledì per invitarli a collaborare. Una figura dunque di peso, ma disposta a fare quello che vuole il premier all’occorrenza. E che sia abbastanza di garanzia per tutti. In molti pensano che un politico non sarebbe adatto. Dunque, torna Pier Carlo Padoan. Si sa quando un nome si fa troppo forte c’è il rischio di bruciarlo. Ma una pattuglia, a partire dai Giovani Turchi, ci sta lavorando davvero. Tra i politici, spiccano Piero Fassino e Walter Veltroni. Resta la Severino. Tra le carte più coperte Dario Franceschini. Come estrema ratio, Romano Prodi. Dietro l’angolo c’è sempre Pietro Grasso. 6 ROMANZO CRIMINALE GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 B indi: “I mafiosi in rapporti anche con l’attuale giunta” “LA MAFIA si è insediata e ha fatto il salto di qualità con Alemanno, ma è innegabile che ha avuto rapporti politici anche con la giunta del sindaco Ignazio Marino”. Così il presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, rivolgendosi al sindaco di Roma. “Non c'è nessuno nella mia amministrazione – replica il sindaco in audizione alla commissione – indagato per associazione mafiosa. E il Fatto Quotidiano questo è un dato di fatto. La mafia con la giunta precedente aveva posizioni di vertice – aggiunge –. Con la mia giunta ha certamente tentato di avvicinarsi e di infiltrarsi, ma non è riuscita perché non aveva nessuna posizione di vertice. L’assessore Ozzimo che si è dimesso è indagato per corruzione. Come anche il presidente dell’assemblea capitolina (Mirko Coratti, ndr). Non sono indagati per mafia“. L’ASSASSINO, L’EX NAR, LA BRIGATISTA E LA TORTA DEL 5% MEETING Uno degli incontri del Re di Roma Massimo Carminati ripresi dal Ros dei Cc Ansa tornano a fare i loro conti: “Dovrebbero arrivatte i soldi sempre con l'Eur”, dice Buzzi a Carminati, “perché ci son altri 2 o 300mila euro che dovrebbero arriva?”. La contabilità rileva che i “soci” hanno percentuali di guadagno elevatissime: sull'affare “Giardini”, per esempio, il Ros rileva che viaggiano intorno a “un'aliquota del 30 per cento”. IL VERTICE CON IL CAPO DELLA 29 GIUGNO, NADIA CERRUTI E IL LEADER DI MAFIA CAPITALE MASSIMO CARMINATI: ”HANNO LEVATO UNA BRAVA PERSONA PER METTERCI UN LADRO” di Antonio Massari e Valeria Pacelli A llora, i conticini li hai fatti?”, chiede Massimo Carminati a Salvatore Buzzi. E lo invita a uscire per pendere un caffè da “compagnero”. I due scherzano spesso sulle rispettive appartenenze provenienze politiche, Carminati il “nero” e Buzzi il “rosso”, e si ride sul coloro del libro dove annotano la contabilità parallela. “Hai visto che è nero”, dice la segretaria Nadia Cerrito, che annota in ordine alfabetico, segnandoli con delle sigle, i nomi dei veri “soci” in affari. “Quando è cosi”, scherza Carminati, “mi inquieta un po’”. DI INQUIETANTE, in realtà, ci sono gli importi degli affari che che – coinvolgendo talvolta anche l’ex terrorista Emanuele Bugitti – il “rosso” e il “nero” riescono ad annotare nel libro affidato alla Cerrito. Che Carminati sia un “socio” effettivo di Buzzi e lo stesso patron della cooperativa 29 giugno ad ammetterlo, parlando con Giovanni Campennì, al quale rivela: “a me ‘na grande mano me l’ha data (...) Massimo perché un milione e due, seicento per uno, chi cazzo ce l’ha un milione e due… cash?”. “Tutti a ‘carti i centu’ (in banconote da cento, ndr) ... nella valigetta te li ha portati?”, dice Campennì. “Le opere di urba- nizzazione, d’impresa che poi ce siamo divisi chi pagava chi. Io me so’ preso le casette mobili, le commissioni… e lui s’è preso tutta la costruzione del campo”, continua Buzzi. “Ma ha una società, qualcosa?”, chiede Campennì, ed ecco la risposta di Buzzi: “meno so…”. È lo stesso Carminati a dichiarare in un’altra intercettazione: “Quelli che IL LIBRO NERO La segretaria: ”Hai visto di che colore è?” Il Cecato: “Quando fa così mi inquieta un po’”, ironizza tiro fuori sono soldi miei, sono soldi nostri”. E i soldi servono anche a oliare i “loro” uomini nelle municipalizzate, come Giovanni Fiscon. A GIOVANNI FISCON, ex diret- tore generale della municipalizza Ama, era destinato al massimo il 5 per cento. C'è la possibilità che, al suo posto, venga nominato Carlo Pucci, arrestato anch’egli. E così Buzzi dice a Carminati: “Ci vuol mette Pucci...(...) al posto di Fiscon”. E poi aggiunge: “ Quindi levava una brava persona e ce metteva un ladro.” Il punto è però la percentuale da destinare a Fiscon e il Ros dei carabinieri capta una conversazione dell'ex brigatista Buggitti che chiede conferma “se Guarany (Carlo Maria stretto collaboratore di Buzzi, ndr) lunedì sarebbe andato da Fiscon “per questo 5 per cento”. Il riferimento, annota il Ros, è alla “percentuale che avrebbero dovuto riconoscere al direttore generale di Ama Spa a fronte di una trattativa ancora in corso”. E il tetto del 5 per cento è tassativo: “No 5... può partì dall’1… pe arrivà fino a 5... (…) il massimo (…) Perché se tu parti con 5 quello te chiede il 10..no?”. E TORNIAMO ai conticini. Sul libro nero, Carminati e Buzzi cercano alla lettera “B” che è la sua iniziale: “B...B...dove sta B... Ohh mo arriva sto milione e mezzo! (fischio)...”. Il contabile Paolo DI Ninno segnala i soldi relativi agli affari: “allora.. io qui c’ho messo i primi 2 e 50 dell’Eur...”. È gennaio e l'ultima volta che hanno controllato il libro risale a un mese prima: “Quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto.. guarda.. al 2 dicembre.. guarda dal 2 dicembre...”. Si passa al conteggio. “Il 2 dicembre... 20 MC.. è lui (Massimo Carminati, ndr)”, dice Nadia Cerrito, “l’hai presi... dopo no.. dopo non gli ho dato più niente io...”. Il 26 maggio FRANCO PANZIRONI, ex ad di CANTONE-MARINO Vertice per 120 appalti sospetti gnazio Marino incontra Raffaele Cantone. Il sinI daco di Roma ha presentato al presidente dell’Autorità anticorruzione un dossier che contiene la lista di circa 120 appalti “sospetti” o poco trasparenti, assegnati dall’Amministrazione capitolina negli ultimi anni. L’incontro è durato un’ora e mezza, durante la quale Marino ha illustrato i risultati del censimento realizzato insieme all’assessore al Bilancio, Silvia Scozzese. Sono tre i settori su cui si concentrano le attenzioni del Comune e dell’Anac: il sociale, l’emergenza abitativa e il verde. In questi ambiti, tra il 2007 e il 2013, è stato registrato un aumento vertiginoso degli appalti affidati con procedura diretta e senza bandi pubblici. Una pratica, come dimostra l’indagine su Mafia Capitale, che ha consentito di alimentare gli intrecci tra politica e interessi criminali. Sulle aziende coinvolte c’è riserbo: “Si tratta solo di contratti ‘dubbi’ – fanno sapere dal Campidoglio – non vogliamo gettare nel tritacarne imprese che magari sono pulite”. Nelle prossime settimane la lista sarà scremata e raffinata con la collaborazione di Cantone. To.Ro. Ama, nel libro nero era annotato alla lettera “T”: il suo soprannome, infatti, è il “Tanca” ed è destinatario, secondo le accuse dei pm romani, di molte somme di denaro. Il 29 gennaio scorso Buzzi, Carminati e il Di Ninno, accusato di mantenere la contabilità occulta dell'associazione, parlano di lui: “Perché noi se vincemo Sant’Oreste...io devo... noi c’avevamo da da’ 40 sacchi a Panzironi ... ahh ecco.. ecco chi erano i 10... Panza erano i 10... ecco chi erano i 10! (…)” “Però metti Tanc”, interviene Carminati, e Buzzi aggiunge: “E quindi a Tanc gliene mancano altri 30...quindi sarebbero 30 per Tanc e 30 per il Sindaco...e son 60....”. Di quale sindaco si tratti, in questo caso specifico, non è annotato dai Ros. C’è poi un riferimento a un 10 % destinato a Gramazio. Dice Buzzi: “Il 10%, no?.. noi i soldi che doveva... eccoli qua questi, questa segnamo Gramazio”. Il riferimento sembra essere a Luca, indagato nell’inchiesta e non a suo padre, il senatore Domenico. Infondo all’elenco, alla lettera “T” dopo il “Tanca” troviamo anche Fabrizio Testa, ex presidente di Tecnosky, condannato in primo grado nella vicenda del finanziamento illecito per la barca di Marco Milanese, ex braccio destro del ministro Tremonti. E anche Testa – dice Buzzi - ha diritto alla sua parte: “Quindi Fabrizio Testa quanto deve prendere?”. E Carminati: “Un terzo”. Buzzi: “Il Nero? Lavora per me da poco” AL RIESAME, IL RAS ROSSO ESIBISCE IL CONTRATTO DEL PRESUNTO BOSS: “LO CONOBBI IN GALERA, L’HO RIVISTO NEL 2012” di Marco Lillo sorpresa all’udienza del A Tribunale del riesame si è presentato Salvatore Buzzi per rendere un’autodifesa con dichiarazioni spontanee. L’ex detenuto si è laureato in lettere in carcere nel 1984 ma se la cava anche con la giurisprudenza, che ha studiato senza raggiungere la laurea quando fu recluso per scontare le 34 coltellate che uccisero il suo socio in truffe. BUZZI ha capito subito il pun- to: dividere il suo destino da quello del presunto boss di mafia capitale: “Non ho mai fatto affari illeciti con Massimo Carminati”, ha esordito Buzzi, per poi puntare sulla casualità e la scarsa rilevanza del suo rapporto con ‘Il nero’. 29 giugno: il nero era socio-la- sente uno schemino seque“Buzzi ha raccontato di avere voratore a tempo indetermi- strato il 2 dicembre dal Ros dei conosciuto Massimo Carmi- nato. Il pm Paolo Ielo ha sor- Carabinieri al commercialista nati (come anche Gianni Ale- riso davanti al contratto che Paolo Di Ninno. Quello schemanno, Ndr) in cella - spiega risale al 2014 quando gli in- ma suddivide gli incassi del l’avvocato che lo difende, il dagati erano già in allarme e campo nomadi di Castel Roprofessor Alessandro Diddi - potevano precostituirsi un ali- mano tra il consorzio Eriches tanti anni fa. Lo ha poi rivisto bi per i loro rapporti. Inoltre, di Buzzi (E) e Massimo Carnell’agosto 2012 casualmente ha spiegato il pm, è ben strano minati (M) in ragione di al bar Palombini dell’EUR. un dipendente che spartisce quanto era stato investito Allora Buzzi aveva già rag- centinaia di migliaia di euro all’inizio. Carminati aveva giunto un fatturato notevole e con il suo datore di lavoro, co- messo 640 mila euro contro i il grande salto era stato rea- me risulta dalle carte seque- 760 mila di Eriches. Pertanto lizzato nei primi anni della strate e depositate ieri. gli introiti spettavano per il giunta Alemanno - sottolinea In particolare nell’informati- 57,4 per cento alla coop rossa Diddi - prima dell’incontro va del 16 dicembre 2014 è pre- e per il 42,6 per cento al ‘Necon Carmiro’. Per ottenere un utile nati”. L’avvocato di Buzzi degno dei due compari ha depositato LA STRATEGIA PROCESSUALE il contratto di Il capo della cooperativa al Riesame ha un unico obiettivo: però era necessario gonlavoro di separare il suo destino da quello dell’uomo del “Mondo di Carminati fiare il pagacon la Coop mezzo”. I Pm: strano visto che dividevate i guadagni a metà mento del co- mune fino a 89 mila euro al mese, dichiarando 300 occupanti mentre i nomadi realmente presenti erano la metà. Scrive il ROS: “Dalle intercettazioni emergeva che si trattava di un conteggio fittizio, ovvero il numero delle persone realmente presenti, a detta degli indagati, era stato aumentato perché risultasse maggiormente favorevole ai guadagni del sodalizio (‘noi paghiamo.. ti paghiamo 300 persone in realtà sono 150”). I pm ieri hanno depositato anche ‘il libro nero’ delle mazzette detenuto dalla segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito. L’udienza si è conclusa, con la riserva dei giudici, sui ricorsi presentati da 17 dei 39 arrestati. Salvatore Buzzi Ansa ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano Cdelsmgiudice contro il figlio Esposito: trasferito a Torino Kaputt mundi NON PUÒ PIÙ LAVORARE a Milano, né continuare a fare il pm il sostituto Ferdinando Esposito, sotto inchiesta a Brescia per induzione indebita. La sezione disciplinare del Csm, con un provvedimento cautelare, lo ha trasferito d’ufficio al Tribunale di Torino. È il figlio del giudice Antonio, presidente del collegio che ha condannato Berlusconi per frode fiscale. Il “tribunale delle toghe” ha così accolto la richiesta del pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, avanzata un mese fa per vicende al centro dell’inchiesta di Brescia. In quella indagine il pm è accusato di aver indotto in- GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 7 debitamente l’avvocato piacentino Michele Morenghi a pagargli l'affitto di una casa a Milano, paventando la possibilità che un’attività che il legale aveva intenzione di aprire nel settore della commercializzazione di integratori alimentari sarebbe potuta finire al centro di qualche inchiesta. Una città allo sprofondo Roma tra odio e me ne frego: “Se so’ magnati pure le buche” di Antonello Caporale T dell’Esqulino, il più multietnico, il più colorato. Ore 12:40, netturbino dell’Ama intento a sfogliare il catalogo offerte di MediaWorld: “Un po’ me ne frego del lavoro perché se ci metti entusiasmo non ti capita niente. T’ammazzi e nessuno te lo riconosce. Allora ho deciso di fare come gli altri della mia squadra. Mi siedo e aspetto il fine turno. Leggo un po’, mi distraggo un po’ come adesso. Scopo il necessario, domani la monnezza ce sarà di nuovo”. Bancone orientale di frutta, cesto di pere cinesi (3 euro al chilo), Jo Lang alla cassa: “Non capisco lingua bene, non vedo televisione”. Bancone di riso indiano, Kumar, più reattivo: “Anche a me ruba Acea che non cambia il contatore e pago tanto e non so perché. Io già chiamato tre volte ma non rispondono”. utto quello che succede e succederà nel mondo, Roma è convinta di averlo già visto. Figurarsi i ladri. Mozzicone di L’ULTIMO GRANDE traffico di mazzette sembra colloquio all’incrocio tra via Merulana già tutto digerito, riposto nella pancia di questa e Labicana, scambio di saluti tra un signore di- metropoli scollacciata che riduce costantemente stinto con borsa della spesa Despar e cane al guin- lo standard della sua vita senza quasi dolersene. Le zaglio e un vigile urbano: “Tanto neanche stavor- strade sono ovunque bucate, i vigili ovunque dita cambia quarcosa. So’ tutti figli de na’ mignotta”. La stratti (il livello di performance, riferito al numero Capitale è come una bella addormentata che delle multe elevate, è risibile rispetto a quello dei muove al numero minimo di giri l’indignazione. colleghi milanesi) i bus ovunque sporchi, gli sberLo fa per presunzione, o incoscienza, o forse ras- leffi sui muri ovunque godibili (uno per tutti, risegnazione. “Me voi dì che rubbano?”, sorride il ba- preso in tv da un magnifico servizio di Alessandro rista. Roma spurga l’odio delle giovani generazio- Sortino: “Se so’ magnati anche le buche!”). È nella ni al Monte di Testaccio dove orde di ragazzini si rassegnazione la scelta dei più. Alessandra Caldadanno appuntamento al sabato sera. È notte e si rozzi, ricercatrice, iscritta fino all’anno scorso al balla, finalmente. Al mattino, a scuola, di quel che Pd della sezione di Torpignattara: “Non mi ha sorsta succedendo in città neanche un cenno. Giulia, presa lo scandalo, mi era già tutto chiaro purtropdel liceo classico Visconti, destinazione naturale po. Sapevo che il mio partito avrebbe offerto quedei ceti affluenti, una sede mosto spettanumentale proprio alle spalle di colo, era Montecitorio: “Da noi i profesnell’aria. È sori non hanno tempo, né voglia questo il CIRCOLO PD di parlarne. Sono tutti concendato più trati sul programma, sulle intersconso“TORPIGNA” rogazioni, sulle versioni da corlante, ne Non mi ha sorpreso reggere. Sappiamo davvero posono conco dello scandalo, mi spiace”. I sapevole. lo scandalo, giovanissimi ballano e non sanIl dolore no, gli adulti sanno ma restano a c’è, ma purtroppo mi era già braccia conserte. L’indignazionon sfocia tutto chiaro: sapevo ne è adeguata ai tempi moderni, in un senall’idea irriducibile che mondo è timento di protesta attiva perché che il mio partito stato e mondo sarà, che lo sporforse non intacca ancora il regico non si ripulisce, e che ciascume del ceto di cui faccio parte. La avrebbe offerto no può sporcare ancora un po’. borghesia cittadina è sconcertaquesto spettacolo... Adiacenze del mercato ta ma muta perché questa crisi civile ancora non ha ridotto la percezione della San Giovanni e fanno più paura. L’espressione di qualità della vita, il sistema delle relazioni è ancora un odio così largo verso il potere affronta l’ultima saldo, il buio se c’è non ha allungato la sua ombra curva. Oltre queste parole c’è la violenza. Speriasu di noi. Non esistendo più i partiti, quindi un mo che non accada, ma questo vedo”. canale che organizzi la protesta, l’indignazione di- “Odio, dunque sono”. È quello che ha visto da vampa nel tinello di casa e lì arde, fino a spegnersi tempo Ascanio Celestini, quello che ha sentito come una candela. La ribellione la trova altrove, continuamente nei bar. L’odio come identità colnei quartieri in cui l’indignazione si trasforma in lettiva, lessico comune, misura che valorizza una rabbia perché l’economia va male, ed è sedata in- posizione, riconduce a unità una classe sociale. vece nelle altre forme di vita sorrette da piccole L’odio. Verso il potere, naturalmente, e verso i più collusioni. Il geometra che campa sull’occhiolino, deboli nei luoghi in cui la povertà rende la battaglia per la vita una conquidentro il traffico degli sta quotidiana, un prouffici comunali s’indicesso permanente di gnerà? Io credo che staIl netturbino: costruzione del nuovo rà muto. Il commerordine. Fuori i ladri, ciante che s’allarga, ‘Ti ammazzi di fati- ma anche gli immigral’oste che allunga i tavoli sul marciapiede ha ti, i rom, ma anche i ca e nessuno lo riconosce. transessuali e tutti i ditutto da perdere da un versi. Fuori tu, dentro regime di legalità”. io. L’indignazione si traAllora pulisco il necessasforma in ferocia solo “IO VIVO nella città sisui social network, è lì rio, domani la monnezza lente invece – dice Anche tracima, si sostiene tonietta De Lillo, reginella violenza verbale, ci sarà di nuovo’. Il comsta e produttrice – Sonella gara a chi è più duno parte di quella fetta ro, trucido, definitivo. merciante indiano: ‘A me di abitanti a cui è stata “E c’è da stupirsene? tappata la bocca, perChi diavolo mai doruba Acea che non cambia chè l’illegalità l’ha resa vrebbe andare in piazza marginale. Vivo con – chiede Sabina Ambrogi, giornalista e il contatore: li ho chiamati sofferenza questa situazione e come me blogger – Decine e detanti altri. Ma le nostre cine sono state le manima non rispondono’ impressioni, le nostre festazioni e cosa accadelusioni, le nostre de? Niente di niente. Tu preoccupazioni ce le andresti in un posto conoscendone l’inutilità?”. La politica con la piazza scambiamo al telefono, ce le diciamo allo specusa le stesse ipocrite, bugiarde frasi. Inizia con a) è chio, da soli in casa. Chiedere legalità sembra uno lecito manifestare, prosegue con b) però bisogna sforzo inutile, una battaglia a cui appartiene una abbassare i toni. Termine con l’immancabile chiu- minoranza. La maggioranza dei cittadini coltiva sa: avanti con le riforme. Di qualunque cosa si par- altri sentimenti. O è sorda, chiusa in un rancore li, di qualunque protesta si tratti, le riforme, questa infinito, o apatica perchè connivente. Perchè il insopportabile litania riformista, così falsa e stuc- mondo di mezzo è una palude in cui molti affonchevole, viene riproposta. C’è una irriconoscenza dano volentieri le gambe. E allora ti viene solo da dell’altrui intelligenza che oltrepassa i confini del- sperare che questa ondata di pulizia sia qualcosa di la liceità. Non può la politica pensare che la gente più, e gli inquirenti iniziano a far luce anche nel sia idiota al punto da rifilarle una promessa così tuo settore, nei luoghi che frequenti, negli uffici volgare. E quindi se in piazza non succede niente che conosci e da cui esce cattivo odore. Io faccio il esprimo la mia rabbia dove posso connetterla ad tifo in silenzio. Aspetto e spero che arrivino anche altre. Facebook e Twitter contano di più di piazza dalle mie parti”. Sulle coop imbarazzi e silenzi dei ministri PIOGGIA DI INTERROGAZIONI DEI CINQUESTELLE, CHE CHIEDONO UN’ISPEZIONE ALLA ONLUS HUMAN FOUNDATION DELLA MELANDRI di Gianluca Roselli ioggia di interrogazioni del MoP vimento 5 Stelle in Parlamento su Mafia Capitale. Tre solo nella giornata di ieri. Ma le risposte dei ministri lasciano molto a desiderare. Imbarazzo, silenzi e pochi fatti concreti. Nonostante i poteri ispettivi che la legge dà al governo. La prima, al question time a Montecitorio, sulla cooperativa 29 giugno presieduta da Salvatore Buzzi. Le altre due in commissione Affari sociali: sul Cara di Mineo, il grande centro di accoglienza immigrati in provincia di Catania, e sull'Onlus Human foundation di Giovanna Melandri. In entrambe è stato consulente Luca Odevaine, l’ex capo di gabinetto di Veltroni, finito in manette nell’inchiesta sulla Terra di mezzo. “Da tempo in Parlamento denunciamo la mancanza di regole per onlus e coope- rative che porta questi soggetti a essere a rischio d’infiltrazioni mafiose. Sono dovuti arrivare gli arresti per dimostrare la fondatezza delle nostre tesi”, spiega la deputata Giulia Grillo. IL PROBLEMA, secondo i 5Stelle, è la mancanza di leggi per regolare il mondo della cooperazione cui lo Stato delega molti servizi con appalti milionari. A fronte, peraltro, di una tassazione agevolata, tanto che qualcuno parla di un regime di concorrenza sleale nei confronti delle altre imprese. “Nel mondo delle coop girano un sacco di soldi, è normale che facciano gola alla criminalità. Molte di esse di non profit non hanno più nulla e agiscono come vere imprese private. Per questo occorre al più presto disciplinare questo settore”, continua la deputata grillina. Secondo cui “i partiti, da destra a sinistra, sono stati conniventi in questa de- so degli anni. generazione”. Giulia Grillo, nella sua Marialucia Lorefice, invece, ha chieinterrogazione, ha chiesto al mini- sto chiarimenti al ministro dell’Instro del Lavoro Poletti di effettuare terno sui presunti appalti pilotati al un’ispezione presso la Human Foun- Cara di Mineo. “Vogliamo sapere se dation, che vede tra i soci fondatori il Viminale era a conoscenza dei proStefano Bravo, ritenuto dagli inqui- fili di conflitto d’interesse e di inoprenti il commercialista di mafia ca- portunità dei ruoli nella vicenda da pitale, l’uomo esperto nel riciclaggio parte dell’eurodeputato Giovanni La di denaro della banda di Massimo Via e del sottosegretario alle PoliCarminati. Nell’interrogazione si chiede LAZIO conto anche di un presunto In Consiglio regionale conflitto d’interessi della fonchiesto conto datrice della di un lavoro da oltre onlus, Giovanna Melandri, a un milione. Gli uffici causa dei suoi numerosi incadi Zingaretti: “Non richi politici rilo abbiamo gestito noi” Giovanna Melandri Ansa coperti nel cor- tiche Agricole Giuseppe Castiglione, entrambi in quota Ncd”, ha detto. Infine, in aula a Montecitorio, Massimo Baroni ha chiesto al ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi perché non è stata avviata un’ispezione da parte del ministero nei confronti della cooperativa 29 Giugno. “Le ispezioni partono quando riceviamo segnalazioni. Ora, vista la gravità dell’inchiesta, verranno avviate”, la risposta del ministro. MA L’OFFENSIVA grillina si fa sentire anche in Regione Lazio, dove Valentina Corrado ha presentato un’interrogazione per avere chiarimenti sull’affidamento dell’appalto di manutenzione degli uffici della Regione, per oltre un milione e 300 mila euro, a due società coinvolte nell’inchiesta. “La gara è stata gestita dalla Consip e non dalla Regione”, è stata la risposta giunta dagli uffici di Zingaretti. 8 SENZA SOLDI GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 M osca prova a salvare le banche e a fermare il rublo GIORNATA DI TREGUA sulle Borse, ma potrebbe essere soltanto una pausa: il governo di Mosca ha un po’ calmato gli investitori annunciando un piano di sostegno alle banche. anca centrale russa ha dato il via a misure aggiuntive per accelerare la stabilizzazione del rublo. Il vice governatore della Banca di Russia, il Fatto Quotidiano Ksenia Yudayeva, afferma che "queste misure hanno lo scopo di equilibrare l’offerta e la domanda sul mercato dei cambi, contribuendo ha stabilizzare il tasso di cambio del rublo più rapidamente". Il Cremlino ha annunciato ulteriori misure per i prossimi giorni, ma la situazione resta critica: il prezzo del pe- trolio è troppo basso per garantire la sopravvivenza degli attuali assetti dell’economia russa. Nonostante la relativa calma, la Borsa di Milano ha comunque chiuso in rosso dello 0,85 per cento, trascinata al ribasso dalle banche, soprattutto dal Monte dei Paschi di Siena che ha peso il 2,85. Guerra del deficit con la Ue: a Renzi mancano 3 miliardi GLI SFORZI AGGIUNTIVI NELLA LEGGE DI STABILITÀ NON CONVINCONO BRUXELLES di Carlo Di Foggia e Stefano Feltri U na settimana fa l’Eurogruppo, cioè il coordinamento dei Paesi dell’euro, ha detto che la correzione del deficit strutturale dell’Italia nel 2015 sarà 0,1 per cento. Molti hanno pensato che il riferimento fosse all’inizio del negoziato tra Roma e Bruxelles, quando a metà ottobre il governo Renzi ha provato a offrire un risanamento dello 0,1 al posto dello 0,5 richiesto dalle regole di Bruxelles. Invece no. Nelle tabelle della Commissione europea della Direzione Economia e Finanza che il Fatto ha consultato, si leggono questi numeri: scostamento strutturale rispetto all’aggiustamento benchmark un anno: -0,4, rispetto al benchmark di spesa -0,7. E questi dati si riferiscono a dopo il negoziato tra il Tesoro e il commissario Jirky Katainen. Dopo, cioè, che l’Italia ha sacrificato un cuscinetto da 3,3 miliardi di euro, una riduzione della spesa per co-finanziamento dei fondi strutturali europei per 500 milioni di euro e 730 milioni dalla lotta all’evasione. Morale: no- nostante questi interventi aggiuntivi per 4,5 miliardi, l’aggiustamento resta 0,1. Mancano ancora 3 miliardi. Ergo, la prima versione della legge di Stabilità era carente di ben 7,5 per gli standard europei. COME SI SPIEGA lo scetticismo di Bruxelles? Fonti europee spiegano che la differenza deriva da una diversa stima del deficit nominale: “Noi stimiamo 2,7 per il 2015, il Tesoro 2,6”, la Commissione non conteggia entrate dallo spesometro (lotta all’evasione) e dai giochi. Del problema giochi sono consape- 0,3% CORREZIONE ANNUNCIATA 0,1% CORREZIONE EFFETTIVA Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan Ansa L’EUROPA “Buttate fondi per aeroporti inutili” roppo vicini a scali già esistenti, troppo grandi T rispetto al volume di traffico accolto. Così l’Europa ha finanziato una serie di progetti di espansione aeroportuale senza prevederne la reale utilità. La Corte dei conti europea, che ha sede in Lussemburgo, ha passato in rassegna 20 aeroporti di cinque Paesi (Italia, Spagna, Polonia, Grecia ed Estonia). Tra il 2000 e il 2013, dettaglia il rapporto della Corte, sono stati destinati all’espansione di diversi scali oltre 600 milioni di euro in fondi di coesione o di sviluppo regionale. Di questi, ben 250 milioni sono finiti a piani che si possono definire “non necessari” e 129 in progetti di aeroporti giudicati totalmente inutili. In Italia sono finiti sotto la lente d’ingrandimento Alghero, Catania, Comiso, Crotone e Napoli. Quello che è apparso è che in tutti e cinque i casi è presente un altro scalo a meno di due ore di distanza. A Crotone, per esempio, la prossimità con Lamezia Terme rende il progetto di espansione “non sostenibile”. Prova ne è il fatto che il numero di passeggeri dello scalo calabrese è diminuito dai 106.000 del 2007 ai nemmeno 29.000 dello scorso anno. Ma questa volta non siamo soli, con Grecia e Spagna a guidare la classifica degli sprechi. An.Val. OGGI IL SUMMIT La lettera con misure da 4,5 miliardi offerte da Padoan a Katainen non è servita. E sui fondi strutturali l’Italia è sempre più distratta voli anche al Servizio bilancio della Camera e all’Ufficio parlamentare di bilancio. Nella prima versione della legge di Stabilità si stimavano 900 milioni di euro di entrate alzando il carico fiscale sulle slot machine collegate in rete in Italia. In teoria basterebbe ridurre le probabilità di vincita per scaricare l’aggravio fiscale sui clienti, ma questo richiede interventi meno semplici del previsto e i gestori hanno fatto capire che potrebbero addirittura fermare molte macchine per evitare di dover poi pagare più tasse. La pressione della lobby ha fatto il resto e il governo al Senato ha sostituito la norma con un aumento di 500 milioni annui (sicuri) che i concessionari dovranno versare in proporzione alle slot collegate. A anche la proposta di prelievo forfettario sugli operatori stranieri è a rischio contenziosi e dunque il gettito incerto. C’È ANCHE uno 0,1 di aggiustamento mancante dovuto ai “filtri statistici” usati al ministero del Tesoro per calcolare quanto pesa la recessione sull’aumento del deficit. Il modello usato al ministero è un po’ diverso da quello della Commissione e minuscole differenze decimali possono produrre scostamento rilevanti come lo 0,1 in questione (che vale circa 1,5 miliardi). Se poi la crescita 2015 sarà inferiore al +0,6 per cento previsto dal governo, la divergenza dagli obiettivi sarà ancora più marcata: se il Pil farà solo +0,2, come prevede l’Ocse, l’Italia sarà fuori regola di un ulteriore 0,2 per cento. E lo scostamento complessivo dagli obiettivi sarà addirittura dello 0,8. È con questi numeri che Matteo Renzi arriva oggi al Consiglio europeo di Bruxelles chiedendo flessibilità e lo scorporo degli in- vestimenti dal deficit. Richieste che saranno respinte, anche perché l’Italia non usa neppure le risorse che ha a disposizione. Come i fondi strutturali 2007-2013 già impegnati, ma non ancora spesi. La questione è in agenda al vertice. Il Consiglio potrebbe decidere di prorogare di un anno, al 2016, la scadenza per spendere i soldi: l'Italia rischia di perdere 14 miliardi di euro. Soldi che torneranno a Bruxelles alla fine 2015. La richiesta è stata avanzata nei giorni scorsi da otto Paesi dell'Est Europa capitanati dalla Slovacchia (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Slovenia, Croazia, Bulgaria e Romania): “Realizzare in tempo i grandi appalti è sempre più difficile – si legge nel documento fatto girare a livello di ambasciatori – Saremo costretti a utilizzare fondi nazionali, aggravando i deficit”. Il Consiglio potrebbe accogliere la richiesta, come già successo in passato, ma il meccanismo di voto a maggioranza qualificata complica le cose: basta il veto di due grandi Paesi e salta tutto. Le trattative si annunciano serrate. Stando a una fonte diplomatica italiana, la richiesta potrebbe essere accolta dalla Commissione. “È molto difficile – spiega un funzionario europeo – la direzione Regionale è contraria: si sovrappongono i pagamenti, e abbiamo sempre meno liquidità. Se il presidente Juncker lo farà, è perché lo considera il male minore rispetto alle richieste di Renzi”. IL GOVERNO ITALIANO finora non si è esposto, ufficialmente per questioni di opportunità visto che ha ancora la presidenza di turno del semestre europeo: “Ma ci spera più degli altri”, spiega chi segue i lavori del vertice. Basilicata, Calabria, Puglia, Campania, e Sicilia rischiano di perdere oltre 13 miliardi di euro. La Campania, il malato più grave, ha solo 12 mesi per spendere oltre 2 miliardi. E i ritardi si sommano: la Regione non ha ancora presentato il programma per il prossimo settennato e partirà con molto ritardo, come la Calabria, a cui hanno bloccato i pagamenti per carenze nei controlli, anche perché il responsabile regionale era andato in pensione e non era stato sostituito. ALL’ITALIANA il Fatto Quotidiano M iliardi di euro riciclati all’estero con i Money Transfer UN "FIUME DI DENARO", oltre 1 miliardo e 14 milioni, è stato trasferito in Cina attraverso sette agenzie money transfer, (in Italia sono 1500) da dove sono state spedite quotidianamente piccole somme di denaro. Non più di 999 euro a operazione per sfuggire ai controlli fiscali. Il mittente era fittiziopersone defunte o clienti ignari- altrettanto il destinatario, ma il denaro confluiva su conti correnti cui potevano attingere commercianti cinesi. L'operazione condotta dal Nucleo valutario della Gdf, diretto dal generale Bottillo, ha portato all'arresto di 18 persone, impiegate presso la succursale italiana della Sigue Global Service, multinazionale britannica specializzata nella spedizione di danaro. Tra i 10 italiani ci sono dirigenti e responsabili della società, perfino l'addetta al controllo “antiriciclaggio”, oltre LA POLITICA SI PRENDE PALERMO: IL PRUDENTE LO VOI È PROCURATORE DECISIVI I CONSIGLIERI LAICI DI DESTRA E SINISTRA. I PM RISCHIANO L’ISOLAMENTO di Giuseppe Lo Bianco e Antonella Mascali H a vinto la politica. Il Csm ieri ha nominato procuratore di Palermo Franco Lo Voi, membro italiano di Eurojust, ex pm di Palermo, l’unico, tra i candidati, a non aver mai diretto un ufficio giudiziario. Ce l’ha fatta con i voti determinanti dei consiglieri laici sia di centrodestra che di centrosinistra. A suo favore hanno votato anche i vertici della Cassazione. Tra i togati, i consiglieri di Magistratura Indipendente. Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, come quasi sempre in questi casi, si è astenuto. la Procura di Palermo, ma nessuno ha voglia di commentare apertamente la nomina che segna la discontinuità con il recente passato di indagini verso le aree più occulte del rapporto mafia-politica. Se ne parlerà stamattina in una riunione che si annuncia particolarmente accesa, in una procura segnata dagli allarmi per il progetto di attentato a Nino Di Matteo e dalle polemiche recenti sull’ingresso in Dda di Roberto Tartaglia, il più giovane tra i pm che si occupano della trattativa, tra magistrati collocati in due schieramenti divisi da una linea di confine: il giudizio sull’indagine (e sul processo) sulla trattativa Stato-mafia. Per coloro che la sostengono Lo Voi, che non ha mai indagato sulle relazioni pericolose di Cosa Nostra, la sua nomina chiude una stagione ed è il segnale di una normalizzazione che parte dal colle più alto di Roma. Lo dice, senza peli sulla lingua, il “padre’’ dell’inchiesta sulla trattativa, l’ormai ex magistrato Antonio Ingroia: “L’andamento della votazione è la conferma che ha vinto il partito unico dell’asse Napolita- LO VOI ha avuto la meglio su candidati del calibro del procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, titolare di numerose inchieste antimafia, tra cui quella sulla strage Borsellino, ex procuratore aggiunto di Palermo e del procuratore di Messina Guido Lo Forte, anche lui ex procuratore aggiunto a Palermo e tra i pm del processo Andreotti e Che Lo Voi il “prudente” potesse avere la meglio, nonostante i maggiori requisiti degli altri candidati, si era capito nelle settimane scorse. I “palazzi romani” volevano un procuratore lontano dal processo trattativa Stato-mafia. Il processo che ha pesato come un macigno sulla scelta del nuovo capo di una delle procure più difficili d’Italia. Ci sono volute due votazioni perché Lo Voi diventasse procuratore. Durante la prima, infatti, i laici Paola Balducci (Sel) Giuseppe Fanfani (Pd) Renato Balduzzi (Scelta Civica) e Alessio Zaccaria (M5S) si sono astenuti, dichiarando che volevano un procuratore con il più ampio consenso possibile. I sette consiglieri togati di Area avevano votato Lari e i cinque di Unicost Lo Forte. A quel punto i consiglieri di Area hanno proposto ai laici di indicare un nome tra Lari e Lo Forte e loro lo avrebbero votato. Ma la scelta da parte dei consiglieri di nomina politica non c’è stata. Il “grillino” Zaccaria, a nome dei laici, ha fatto la dichiarazione di voto a favore di Lo Voi, che ce l’ha fatta con 13 voti contro i 12 divisi tra Lari e Loforte, espressi da parte di Area e Unicost. A Palermo la prima reazione a caldo è di incredulità: “Ma come è potuto accadere?’’, si chiede un pm che preferisce restare anonimo. Pochi muniti prima delle 20 il nome del nuovo procuratore comincia a rimbalzare tra i cellulari degli oltre 50 pubblici ministeri del- Il nuovo procuratore capo di Palermo, Franco Lo Voi Ansa GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 no-Renzi saldato con Berlusconi con il patto del Nazareno. Adesso il rischio è quello di un ulteriore isolamento e sovraesposizione di quei magistrati che coerentemente hanno portato avanti, a differenza di Lo Voi, quelle linee giudiziarie di aggressione ai rapporti tra mafia e politica e E LE INCHIESTE... “Com’è potuto accadere?”, commenta un magistrato. Ingroia: “Ha vinto l’asse tra Renzi, Napolitano e Berlusconi” mafia e istituzioni. Vedremo se il nuovo procuratore saprà gettarsi alle spalle le lezioni del passato che sono inequivocabili”. Bocche cucite anche dall’altra parte dello schieramento, dove la sorpresa sembra stata la stessa, visto che in pochi avevano scommesso sull’arrivo di Lo Voi. Fa discutere un po’ tutti, infatti, la scelta dei membri laici, anche di sinistra, di votare per Lo Voi. 9 a 7 pachistani gestori delle agenzie. Per tutti l'accusa è di associazione per delinquere transnazionale e riciclaggio. Dice il procuratore aggiunto Nello Rossi: "La Finanza ha vagliato 785 mila operazioni, sottosoglia rispetto ai limiti per l'uso del contante, che hanno sottratto oltre un miliardo di euro alle casse nazionali finito all'estero senza lasciare traccia fiscale”. RdG Morvillo: “Lui non era un amico di Falcone” di Sandra Rizza Palermo o Voi amico di Giovanni? Non direi”. Parola di Alfredo L Morvillo, Procuratore di Termini Imerese, che non vuole commentare la nomina di Franco Lo Voi al vertice dell'ufficio inquirente di Palermo, ma non rinuncia a raccontare la sua versione dei rapporti tra il neo-procuratore e Giovanni Falcone, il giudice ucciso nella strage di Capaci, che era suo cognato: “Tra Lo Voi e Giovanni c'era un rapporto di conoscenza, posso confermare che i due si incontrarono a qualche cena, ma di certo non si può parlare di un'amicizia particolarmente intensa, perché questo non mi risulta”. Eppure Lo Voi viene indicato come un magistrato vicino a Giovanni Falcone. Perché? Non saprei. Io non ho mai letto sue dichiarazioni in proposito, ma so che questa frequentazione tra Lo Voi e Falcone è stata più volte riportata come un'amicizia significativa. La realtà è un'altra: si conoscevano, è vero, ma se si parla di un'amicizia profonda, come quella di Giovanni con Ayala, allora devo dire che questo tipo di rapporto non mi risulta. D'altra parte negli ultimi vent'anni, sono tanti i magistrati che si sono professati grandi amici di Falcone... Sì, professarsi amici di Falcone, da Capaci in poi, è diventato uno sport collettivo. Ma quindi Lo Voi in questi anni ha millantato? Io posso dire solo che la storia della Procura di Palermo dimostra chiaramente che Lo Voi non era un amico vero di Falcone. La storia, semmai, ci dice il contrario: dopo la strage di via D'Amelio, Lo Voi si rifiutò di firmare il documento per chiedere le dimissioni del procuratore Pietro Giammanco, che era sempre stato un avversario di Falcone e di Borsellino. Non solo. Lo Voi si adoperò per convincere altri pm a non firmare quel documento. Un amico di Falcone non si comporta certo così'. Dottor Morvillo si aspettava un segnale diverso dal Csm? Non mi faccia dire niente. Cosa succederà da domani nella Procura che processa la trattativa Stato-mafia? Niente di particolare. Sono sicuro che il lavoro dei colleghi continuerà con lo stesso impegno. IN GIOCO 11 MILIARDI Risparmio, Bankitalia denuncia le Coop di Giorgio Meletti a notizia è seminascosta in una coL municazione che la Banca d’Italia ha inviato alla redazione di Virus, la trasmissione di Nicola Porro che nella puntata di questa sera si occuperà del bubbone del “prestito sociale”, 11 miliardi di euro di risparmi che il sistema delle Coop raccoglie come una banca senza esserlo. Scrive Bankitalia: “La Banca non può investigare, né intervenire, né sanzionare in caso di esercizio abusivo dell’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico, che è un reato penale il cui accertamento e repressione sono affidati alla magistratura e alle forze di polizia. Qualora riceva segnalazioni su possibili violazioni delle disposizioni in materia, interessa tempestivamente l’autorità inquirente, come è accaduto nel corso del 2014, in relazione a due segnalazioni ricevute”. BANKITALIA non rivela che cosa e a chi sia stato segnalato, ma è presumibile che una delle due segnalazioni coinvolga la Coop Operaie di Trieste, che è sotto procedura fallimentare e con l’ex presidente Livio Marchetti indagato per false comunicazioni sociali e bancarotta, mentre 103 milioni di risparmi raccolti da 17 mila soci della Coop sembrano essersi volatilizzati. Il caso di Trieste è il trailer di un film che si è già esteso alla vicina CoopCa, in Car- nia, e potrebbe presto coinvolgere l’intero sistema Coop. Un anno fa il tema dei supermercati Coop dove si è sviluppata una “banca clandestina alla luce del sole” è stato sollevato da un’inchiesta del Fatto. Subito dopo il presidente dell’associazione di consumatori Adusbef, l’ex senatore Elio Lannutti, ha chiesto lumi alla Banca d’Italia, segnalando proprio il caso di Trieste. Sul sito della Coop Operaie c’era scritto (e c’è scritto tuttora) che il prestito sociale consisteva in un servizio di “deposito a vista”. Proprio ciò che le regole Bankitalia riservano alle banche (autorizzate e vigilate dalla banca centrale) vietando ovviamente a chiunque altro di farlo perché si tratterebbe di un grave reato. La risposta data lo scorso gennaio all’Adusbef sottolineava che non tocca alla Banca d’Italia vigilare sulle cooperative ma rendeva noto che “questo Isti- ALLARME RISPARMI Dopo il crac di Trieste due esposti per il reato di “banca abusiva”. Nel mirino il prestito soci. Adusbef coinvolge la Procura di Roma tuto ha assunto le iniziative reputate doverose”. Non è dato sapere che cosa esattamente sia stato segnalato e a chi, fatto sta che il fallimento della Coop Operaie di Trieste è stato chiesto lo scorso 27 ottobre, esattamente un anno dopo la segnalazione dell’Adusbef. Un anno durante il quale non è accaduto niente di utile ai 17 mila risparmiatori di Trieste per salvare i loro soldi. “Esercizio abusivo dell’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico”, come lo definisce precisamente la Banca d’Italia è un reato che si commette senza bisogno di fare bancarotta o perdere i soldi dei risparmiatori. Si commette chiamando “prestito sociale” (cioè finanziamento degli investimenti della propria coop) un servizio che viene venduto come “gestione liquidità”, distribuendo libretti di risparmio con i quali si possono fare versamenti e prelievi come su un conto bancario, dotando i soci di tessera magnetica con cui si può pagare la spesa al supermercato con addebito sul proprio libretto, mettendo addirittura i bancomat nei supermercati dove si può prelevare il contante dal proprio “prestito sociale”. IL PROBLEMA dunque tocca tutte le grandi coop che fanno una o più di queste attività, e che raccolgono complessivamente quasi 11 miliardi di euro di risparmi senza nessuna vigilanza di Bankitalia e senza la copertura del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Non a caso al congresso di Legacoop che ci chiude oggi a Roma il presidente Mauro Lusetti ha proposto nuove norme più stringenti sul prestito sociale. Saranno introdotte addirittura con una modifica dello statuto per obbligare le coop associate a rispettarle. Ma il punto più critico, per le coop e per i risparmiatori, sarà la risposta alla pressione della magistratura e di Bankitalia. Si tratta di spiegare a 1,2 milioni di “soci prestatori” che il loro non è risparmio protetto come Costituzione comanda, ma capitale di rischio che in caso di crac come quello di Trieste finisce in fondo alla classifica dei creditori da soddisfare. Le Coop sono una banca parallela Ansa Twitter @giorgiomeletti 10 CRONACHE GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 N o Tav, attivisti assolti dall’ accusa di terrorismo QUESTA SENTENZA è uno schiaffo alla Procura di Torino e a questi Pm che usano la giustizia come grimaldello per difendere i poteri forti”. Lo ha detto l’avvocato Claudio Novaro, difensore dei quattro attivisti No Tav sotto processo per l'assalto al cantiere della Torino-Lione, a Chiomonte, del maggio 2013. La Corte d'Assise di Torino ha infatti assolto dall’accusa di terrorismo i quattro imputati di area anar- chica, con la formula “perché il fatto non sussiste”. La Procura aveva chiesto per loro 9 anni e mezzo. Sono invece stati condannati a tre anni e mezzo per danneggiamento, incendio e violenza a pubblico ufficiale. “Siamo No Tav, fermarci è impossibile” è lo striscione che ha aperto la manifestazione cui hanno parte circa trecento persone, bloccando la statale 25 in Val di Susa. I manifestanti, che chiedono la OMICIDIO POGGI, IL FIDANZATO QUESTA VOLTA È COLPEVOLE DOPO LE ASSOLUZIONI, NEL PROCESSO BIS CONDANNA A 16 ANNI PER ALBERTO STASI di Davide Milosa O Milano re 19:30 di ieri. Entra la Corte e condanna Alberto Stasi a 16 anni di carcere per l’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi. L’ex bocconiano assiste immobile alla lettura del dispositivo. Dice solo: “Sono sconvolto”. Sette anni e quattro processi dopo, così, il delitto di Garlasco fissa una prima verità giudiziaria. La mattina del 13 agosto 2007 a colpire la ragazza con 15 colpi fu Alberto Stasi. Il procuratore generale Laura Barbaini, nella sua requisitoria finale, aveva chiesto una condanna a 30 anni con l’aggravante della crudeltà. In sede di giudizio finale la Corte d’appello ha fatto cadere l’aggravante rimodulando la pena definitiva. PRIMA che i giudici entrassero in una lunga camera di consiglio (durata cinque ore), Stasi aveva fatto un appello: “Non cercate a tutti i costi un colpevole condannando un innocente, spero mi assolviate”. Così alla fine non è stato. “Non abbiamo mai mollato”, è stato il primo commento di Rita Poggi la madre di Chiara. “Volevamo la verità – ha detto Gian Luigi Tizzoni, legale di parte civile – oggi abbiamo avuto risposte”. Da ieri per Alberto Stasi la vita è cambiata. Da innocente a colpevole. Cinque anni fa, esattamente il 17 dicembre 2009, infatti, veniva assolto in primo grado dal Tribunale di Vigevano perché, come è scritto nelle motivazioni, il quadro istruttorio “è ritenuto contraddittorio e altamente insufficiente a dimostrare la colpevolezza dell’imputato”. Un passaggio che reggerà anche durante il primo processo d’appello. Il 6 dicembre 2011 la seconda assoluzione perché “la decisione di primo grado è immune da vizi e merita di essere confermata”. Nell’aprile 2013, la Cassazione ribalta i giochi, rinviando gli atti a Milano perché venga celebrato un nuovo processo. Secondo gli ermellini, nel giudizio di secondo grado erano stati “svalutati” gli indizi contro Stasi e andavano effettuati, come era stato chiesto dalla parte civile e dal procuratore, “una serie di approfondimenti istruttori”. Il 9 aprile scorso così riparte il processo a porte chiuse. Per setti- mane il procuratore generale ricostruisce la storia del delitto aggiungendo via via novità, chiarendo i fatti. Quando Chiara Poggi viene uccisa è da sola in casa. Quasi certamente apre al suo assassino. La ragazza viene colpita più volte vicino all’ingresso. L’arma del delitto non sarà mai ritrovata. Chiara morirà tra le 11 e le 11:30. Poi con il cranio sfondato, il corpo viene gettato giù dalle scale che portano alla taverna. Ed è qui che Alberto, racconterà ai carabinieri, trova il cadavere. L’ex boc- liberazione immediata dei quattro No Tav, hanno anche acceso alcuni fumogeni. Inoltre sono stati registrati disagi sull'autostrada del Frejus bloccata da una ventina di manifestanti e sul regionale Milano-Torino per un gruppo di una trentina di attivisti che viaggiavano senza biglietto, scandendo slogan. Un attacco informatico al sito internet della Procura di Torino è stato rivendicato da Anonymous. Sorrisi e lacrime Dopo il verdetto La gioia amara della famiglia che sapeva già tutto di Silvia Truzzi è qualcosa di disumano nell’aspettare la sentenza C’ sull’omicidio di tua figlia. Non solo per quella frase che si sente ripetere e che spiega come niente - nessuna decisione, Alberto Stasi attende la sentenza; a fianco i genitori di Chiara Poggi Ansa QUATTRO GIUDIZI Ridotta la richiesta di 30 anni, cade l’aggravante della crudeltà. La Cassazione ordinò di rivalutare le prove che portarono all’assoluzione il Fatto Quotidiano coniano riferisce di essere arrivato alla villetta dopo aver lavorato alla tesi di laurea, preoccupato perché Chiara non rispondeva. La versione non convince fin da subito, tanto che il 24 settembre il pm decide il fermo. Stasi farà quattro giorni di carcere poi tornerà a casa, perché il gip non convalida il fermo. In casa c’è sangue ovunque, eppure Stasi non si macchia le scarpe. Particolare smentito da una recentissima perizia per la quale era praticamente impossibile che lo studente non calpestasse il sangue. Non è la pistola fumante, ma certamente è una prova che per l’accusa è decisiva. E del resto, in questi sette anni d’inchiesta, sono stati tanti gli errori e le omissioni. Come la bici nera da donna che viene indicata subito dopo il delitto da una testimone, ma quella posseduta dalla famiglia Stasi viene solo visionata da un maresciallo, che non la sequestra perché “non corrisponde” alla descrizione. Sarà acquisita solo dopo 7 anni. E poi c’è la scena del crimine dove vi accedono senza calzari ben 25 persone tra inquirenti, medici legali e necrofori. DELLE 17 impronte digitali complete repertate, 6 appartengono a tre diversi ufficiali dei carabinieri che non hanno indossato i guanti. Altra dimenticanza: il Dna sul capello trovato sotto le unghie di Chiara. All’epoca non fu fatto l’esame, eseguito solo pochi mesi fa senza risultati apprezzabili. Poteva essere quello dell’assassino? Domande senza risposte come per l’impronta di una mano sul pigiama di Chiara. Dell’impronta però rimarranno solo le fotografie, quelle reali vengono cancellate quando il cadavere viene incautamente rivoltato sul pavimento cosparso di sangue. Tutti questi elementi sono stati riletti e rivalutati dall’accusa, la cui tesi è stata, infine, parzialmente accolta da giudici di Milano. Tra 90 giorni saranno depositate le motivazioni. nessun giudice - te la restituirà. Soprattutto perché non esiste una conclusione che sia davvero augurabile. Non è augurabile sperare che tutto - e per tutto bisogna pensare all’amputazione, di qualcosa che è molto più di un arto - si risolva in niente, in un “il colpevole non è stato trovato”. E il risarcimento - oltre un milione di euro - lo è soltanto di nome. Ma nemmeno è augurabile sperare che alla fine ti dicano sì, a fracassarle il cranio è stato quel ragazzo biondo che avrebbe dovuto volerle bene e proteggerla. E che adesso, dopo l’assoluzione in primo grado e la condanna di ieri, può solo dire di essere “sconvolto”. Eppure in questa foto la mamma di Chiara sorride. Subito dopo la lettura della sentenza ha detto: “Siamo soddisfatti, non abbiamo mai mollato, volevamo giustizia e dopo sette anni è arrivata”. E poi: “Ora guarderò Chiara e le dirò 'ce l'hai fatta”. E’ una dichiarazione struggente, tenerissima: perdere qualcuno che si ama non significa affatto smettere di parlargli, il problema al massimo è non ricordare bene la sua voce. “Non abbiamo mai mollato” vuol dire che c’era una battaglia da combattere, forse l’unico modo per dare un senso alla più inaccettabile verità. Giuseppe Poggi ha ringraziato gli avvocati: “Chiara ormai è diventata una figlia anche per i nostri legali, che ringrazio. Non dico di più altrimenti mi commuovo”. Sono passati sette anni, che per la famiglia Poggi devono essere trascorsi al ralenti, nell’ossessiva ricerca di un perché che non esiste, di un colpevole che per adesso, in attesa della Cassazione, è stato trovato. Il loro sollievo è probabilmente il respiro trattenuto in un’apnea durata troppo a lungo. Per questo non c’è spazio per nessun giudizio sulla compostezza, sui sorrisi, sulla soddisfazione. Si può solo guardare da lontano, senza curiosità, senza sentimenti. Sapere che vivere una non vita senza Chiara è stata la prima prova di resistenza. Adesso li aspetta una battaglia ancora più difficile, che non ha luoghi, nemici, vittorie: accettare che anche tra 16 anni (sempre che la sentenza di secondo grado sia confermata) dovranno continuare a stare senza Chiara. Twitter @silviatruzzi1 Ora Confindustria vede la vie en rose INCASSATI JOBS ACT E IRAP ANNUNCIA LA RIPRESA. E SI LAMENTA DELLA CORRUZIONE: 300 MILIARDI IN 20 ANNI di Marco Palombi utto si può dire tranne che a Confindustria T non sappiano come si sta al mondo: il governo gli vuole bene, e glielo dimostra, e loro co- minciano a vedere il futuro in rosa, annusano la ripresa, auscultano il 2015 e avvertono telepaticamente la crescita. Breve riepilogo dei fatti. Sancita a inizio settembre con la visita alle Rubinetterie Bresciane - nel giorno in cui il “salotto buono” s’annoiava a Cernobbio - la santa alleanza tra Matteo Renzi e Giorgio Squinzi (a rappresentare la grande impresa), tra industriali e governo è stata tutta una corrispondenza d’amorosi sensi. Confindustria ha incassato prima la riscrittura del Jobs Act secondo le sue Proposte di maggio (a settembre e ottobre arrivano gli emendamenti governativi che cancellano il divieto di demansionamento e quello di controlli a distanza, a seguire viene cancellato l’articolo 18, più altre cosette meno importanti, ma sempre gradite); poi la Legge di Stabilità ha diretto lo sgravio Irap e la decontribuzione delle nuove assunzioni verso le grandi aziende (“siamo pienamente soddisfatti”, il commento di Squinzi). Visto che il governo ha rispettato gli impegni, gli industriali ora si mettono gli occhiali dell’ottimismo. Non più “Fate presto”, come titolava Il Sole 24 Ore facendo spazio a Mario Monti, ma “all’inizio del 2015 arriva la ripresa”. O almeno così ha sostenuto in un report pubblicato ieri il Centro Studi di Confindustria (Csc): il Pil del 2014 andrà peggio di come stimato in precedenza (-0,5 per cento anziché 0,4), ma dal primo gennaio inizia la terra di latte e miele. DICE IL CSC che lo scenario economico globale si presenta “nettamente migliore rispetto a 3 mesi fa”: merito della crescita della domanda mondiale, del calo del prezzo del petrolio (70 dollari a barile contro i 104 indicati a settembre), alla svalutazione dell’euro: questi ultimi due fattori, in particolari, giustificano una buona metà delle previsioni rosa del report. Ma non di soli scenari internazionali vive l’ottimismo confindustriale: pare che anche la domanda interna nel 2015 tornerà finalmente a crescere. Insomma il Csc prevede un Pil a +0,5% il prossimo anno (buon ri- sultato se si tiene conto che il cosiddetto “effetto trascinamento” fa partire il conto già oggi da un -0,2%). Nel 2016, poi, le cose si mettono decisamente meglio: +1,1%. E questo stando pure bassi: “Nelle stime non sono inclusi gli effetti, indubbiamente favorevoli ma non quantificabili, del Jobs Act e di Expo 2015. Ciò lascia spazio a sorprese positive per la crescita italiana nel prossimo biennio”. C’è solo un brutto numero in questo racconto: la disoccupazione si attesterà al 12,7% nel 2014 e “inizierà a scendere lentamente dalla seconda metà del 2015” (quando sarà al 12,9%) per arrivare al 12,6% nel 2016. E che dire dei conti pubblici? Ma ovviamente che Renzi fa benissimo a opporsi ai falchi del rigore della Commissione: evidentemente l’associazione degli industriali ha cambiato idea da quando magnificava il pareggio di bilancio e chiedeva tagli sanguinosi alla spesa pubblica. Oggi, dice il Csc, non si può fare: “Occorre procedere con gradualità lungo al rientro del deficit pubblico per non inchiodare il Paese a una stagnazione insopportabile sul piano politico e sociale e foriera di iniziative populistiche”. Matteo Renzi e Giorgio Squinzi LaPresse Sempre ieri, il Csc ha diffuso alcuni dati sulla corruzione, “una zavorra per l’economia”: “Se con Mani pulite l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia, il Pil sarebbe stato nel 2014 di quasi 300 miliardi in più”. I dati a supporto sono i soliti conti spannometrici (rectius, non scientifici) di Banca mondiale e Transparency International. Molto renziana, invece, la decisione di costituirsi parte civile nel futuro processo su Mafia capitale: bella iniziativa d’immagine, ma nella vita reale non risultano associati cacciati per una condanna per corruzione o dure prese di posizione su analoghi processi che coinvolgono ad esempio l’Eni. SERVA ITALIA il Fatto Quotidiano Ipiùlva,soldi, non ci sono il modello Alitalia per salvarla IL MODELLO ALITALIA sembra l’unico piano del governo per salvare l’Ilva. Un’azienda, come ha spiegato il commissario straordinario, Piero Gnudi, in audizione ieri alla Commissione Attività produttive della Camera, che ha soldi per pagare solo gli stipendi di dicembre. “Forse gennaio” ha aggiunto, spiegando che un’azienda che ha il 75% degli impianti sotto sequestro della magistratura non è acquistabile da nessun operatore privato. Il risanamento ambientale, quindi, l’unica strada per eliminare la presenza della magistratura, continua a essere lo spauracchio per aziende come ArcelorMittal e il suo socio Marcegaglia, GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 11 che pure hanno presentato un’offerta di interesse. In assenza di un passaggio ai privati, dunque, l’unica strada sarà quella di un’Amministrazione straordinaria “ponte” per poter risanare l’azienda e venderla poi ai privati. Come fatto all’Alitalia. Il governo provvederà con un decreto il 24 dicembre, la vigilia di Natale. Dopo lo smacco sui marò Roma chiede aiuto al mondo ANNUNCIATO IL RICORSO ALL’ARBITRATO INTERNAZIONALE, CONGELATO IN ATTESA DEL NUOVO GOVERNO INDIANO. LACONICA LA UE: “CONTINUIAMO A SEGUIRE LA VICENDA” di Giampiero Gramaglia L a strada diplomatica è tutta in salita, quella giudiziaria un dedalo di viuzze, quella politica tipo Davide senza fionda contro Golia con l’atomica. Quasi tre anni – e molte grida – dopo, la vicenda dei due marò è messa male. Peggio di quanto non sia mai stata. E s’illude chi pensa che “adesso l’Europa è con noi”, perché Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, s’agita a Bruxelles più di quanto non abbia mai fatto prima la britannica Lady Ashton. In questa storia, la Mogherini è chiaramente percepita come una voce di parte, quando avverte che la questione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone può incidere sui rapporti globali tra India e Ue. A livello europeo, gli strali della Mogherini trovano eco solo fra gli eurodeputati italiani. Del resto, i fatti non tengono dietro alle parole: nella sostanza, l'Ue “continua a seguire” la vicenda, in contatto con il governo italiano, e “reitera la richiesta di rapida soluzione”, condivisa, “nell'interesse sia dell'Italia sia dell'India, sulla base del diritto internazionale”. C’è di mezzo anche l’efficacia della lotta contro la pirateria, su cui l'Ue è “fortemente impegnata”. NESSUNA CAPITALE europea è pronta a mettersi contro l’India, grande quanto l’Unione, con tre volte gli abitanti dell’Ue e un Pil che vale già il nostro e un posto nel G8. Quanto al premier Narendra Modi, che corteggia il nazionalismo indù, un po’ di frizioni internazionali possono persino fargli gioco. Incerto fin dall’inizio tra il pugno sul tavolo e il negoziato, il governo richiama per consultazioni l’ambasciatore in India Daniele Mancini: c’è “delusione” e “irritazione” dopo che la Corte Suprema di New Delhi ha respinto le richieste di Latorre e Girone. I due marò sono accusati di aver ucciso due pescatori nel febbraio 2012, mentre erano in missione anti-pirateria a bordo di una nave italiana in acque internazionali nell’Oceano Indiano. Davanti alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, i ministri Paolo Gentiloni (Esteri) e Roberta Pinotti (Difesa) dicono che Latorre, vittima di un ictus l’estate scorsa, non tornerà in India alla scadenza del suo permesso, il 13 gennaio, DAVIDE E GOLIA Il peso mondiale dei due contendenti è sempre più sbilanciato dalla parte di New Delhi. Richiamato l’ambasciatore Mancini perché “i medici ci dicono che deve curarsi qui”: “Non è un atto di sfida né di scontro, ma una presa d'atto della situazione", parola di Pinotti. Il pieno recupero fisico del fuciliere è “una priorità”: non sarà fatto “nulla per metterlo a rischio”. Quanto a Girone, i giudici indiani hanno respinto la richiesta di tornare a casa per Natale, oltre che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone con l’ambasciatore Mancini Ansa quella di ulteriore allentamento della libertà vigilata. Pesa ancora la manfrina tra il 2012 e il 2013, quando i marò, tornati in Italia per le feste, furono prima trattenuti, poi rimandati. L'ITALIA È PRONTA a “qualsiasi passo” per risolvere la situazione: il richiamo dell'ambasciatore non è “un gesto di rottura”, ma “l’espressione d’un malessere”; è una mossa per concordare le successive, come l'apertura dell'arbitrato internazionale, che è pronto, ma venne congelato puntando – chissà perché su una soluzione diplomatica dopo l’insediamento del nuovo governo indiano. Non che l’arbitrato sia un toccasana: bisogna che l’India l’accetti e prende tempo. Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, chiede che sia istituita “una cabina di regia con rappresentanti dell’opposizione per coordinare le iniziative sui marò”. E l’ex ministro degli Esteri, ed ex commissario europeo, Franco Frattini, sollecita un’azione congiunta Onu-Ue: “Bisognava internazionalizzare la crisi subito”. Magari, era meglio non innescarla. @ggramaglia 12 CUBA LIBRE GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano PAKISTAN LE IMMAGINI DEL COMMANDO Mentre il Pakistan è in lutto per l’eccidio di alunni, considerato “il nostro 11 settembre”, il gruppo kamikaze dei Taliban ha diffuso le foto del commando responsabile dell’assalto alla scuola Peshawar. Caccia senza quartiere al leader Mullah Fazlullah (detto “Mullah Radio”). Ansa ISRAELE PARLAMENTO UE RICONOSCE LA PALESTINA Prima il Tribunale Ue ha rimosso Hamas dalla lista dei gruppi terroristici. Poi il Parlamento di Strasburgo ha votato sì al riconoscimento della Palestina. Il premier israeliano Netanyahu ha affermato: “Si sono dimenticati della Shoah”. Ansa “TODOS SOMOS AMERICANOS” OBAMA-CASTRO: EMBARGO ADDIO COMUNICATO “CONGIUNTO” CON RAÚL . L’IMPEGNO DIRETTO DEL PAPA ARGENTINO SCAMBIO DI PRIGIONIERI E APERTURA DI AMBASCIATE. LA RABBIA DEGLI ESULI DI MIAMI di Maurizio O Chierici pubblicano della Florida, presidente della commissione esteri del Senato: “Mi impegno a bloccare la manovra che mendica simpatie a spese del popolo cubano”. La decisione di aprire ambasciate non scioglie formalmente l’embargo, deciderà il parlamento, ma resta un guscio vuoto Intanto non solo si moltiplicano i voli che ogni due ore già atterrano e partono nell’incrocio Miami–l’Avana e due al giorno per Los Angeles, due per New York. Cubani e americani più liberi di andare e venire; in programma battelli per attraversare i 150 chi- bama e Raul Castro sono finalmente d’accordo e per Cuba cominciano giorni felici anche se complicati dal rapporto con una realtà non deformata dalle propagande. Diventa un paese qualsiasi dopo 52 anni 10 mesi e 10 giorni di isolamento annacquato da rapporti informali tra intellettuali, manager e turisti. Privilegio per pochi. Non sarà facile adeguarsi all’improvvisa trasparenza dell’informazione e alle insidie dei mercati. L’immobilismo dei dogmi ha separato per mezzo secolo popoli che si ritrovano per cominciare a guarire da castrismo e anticastrismo invecchiati nelle burocrazie che annoiano le nuove generazioni. TEMPI MATURI Stop al “Bloqueo”dopo 52 anni, 10 mesi e 10 giorni. Da tempo nell’isola si avvertivano segnali di apertura. Mossa per il voto dei latinos nel 2016 DUE PRESIDENTI simbolo del partiro democratico hanno chiuso e riaperto le ambasciate: Kennedy che stringe nel febbraio 1962; Obama che lo riaprirà in aprile alla Cumbre de Las America di Panama primo incontro ufficiale con Raul Castro. Si erano educatamente stretti la mano ai funerali di Mandela. Quasi un segno premonitore nell’addio a un uomo di pace. L’annuncio della distensione nel pomeriggio di ieri quando Alan Gross, funzionario di una ong umanitaria nordamericano accusato di spionaggio, dopo cinque anni di prigione scende dall’aereo che l’ha riportato a casa. Intanto Obama e Raul Castro parlano mezzora al telefono: la prima volta tra due presidenti dopo troppi anni. Scendono all’Avana anche i tre cubani “spia” liberati a Miami. Scambio quasi annunciato dal New York Times, simpatie democratiche: tre editoriali con sollecitazioni al buon senso. Il mondo sta scoppiando, parlatevi, è una storia finita. L’appello di domenica scritto in spagnolo, seconda lingua degli Stati Uniti. Attenzione alle presidenziali 2016: la curiosità delle nuove generazioni latine e dei pronipoti dei profughi cubani sfuma il passato con la nostalgia del presente. E sfioriscono le simpatie per il partito repubblicano cattedrale dell’intransigenza anche se nella piccola Avana di Miami fioriscono cartelli e cortei man mano che LO SPIRITO DI MANDELA Obama stringe la mano a Raúl ai funerali del leader sudafricano. Alan Gross sbarca negli Usa dopo 5 anni di prigionia. Il Papa e il segretario di Stato Parolin. Manifestazione per la liberazione dei 5 cubani detenuti LaPresse radio e tv allargavano la novità. Torna Gross in cambio dei tre: “Una vergogna”, protesta dei delusi. Obama e Castro parlano al telefono: “Deve essere impazzito”. Prova a consolarli Marco Rubio, re- lometri del braccio di mare. E commerci sciolti dall’ipocrisia dei vincoli di parentela che stanno travasando all’Avana capitali per catene di negozi, ristoranti, piccole aziende. Alfy Fanjul, re dello zucchero Usa, vuole riportare agli antichi splendori l’industria decrepita dell’isola. E protesta contro il suo partito repubblicano che difende l’embargo. Anche Carlos Sandrigas commenta con una piccola delu- sione. Presidente della Bank America di Miami e hispanic board di non so quanto consigli d’amministrazione compresa la pepsi Cola in odore Cia, si era illuso che le relazioni “diventassero davvero normali”. Per anni ha combattuto i fratelli Castro, poi si è arreso “perché un manager quando sbaglia deve trovare un’altra strada”. Lavora all’Avana con entusiasmo ricambiato, ma non da tutti. I vecchi comunisti rimproverano ogni novità: le loro poltrone in pericolo se meritrocrazia e convenienza economica sbiadiscono carriere disegnate dalla fedeltà al partito. E il commento e un po’ lamento di Raul (“vogliamo la fine dell’embargo, le concessioni non bastano”) prova ad acquietarne l’ indignazione con quel lottare ormai fuori dalla storia. Diffidano anche i generali cresciuti con Fidel mentre i giovani ufficiali respirano felici la cultura di una generazioni diversa. Lentamente affiorano i segreti delle manovre che hanno stimolato l’apertura. I colloqui di Francesco con Raul Castro e Obama e i messaggi che invitano a non desistere sorprendono la diplomazia del Pentagono. I due presidenti lo ricordano e ringraziano. GUANTANAMERA A NEW YORK “Un’altra pace dopo Cina e Vietnam” di Angela Vitaliano pa è stata la mediazione di papa Francesco che ha scritto sia a Obama che a Castro ono quasi le 13 a New York invitandoli a riprendere le e sotto una delle stazioni relazioni diplomatiche. “Todella metropolitana, un uomo dos somos americanos”, dice sta suonando alla tromba “Feliz in spagnolo il presidente Navidad”; un viaggiatore gli si quasi in chiusura del suo diavvicina e gli dice qualcosa scorso, dopo aver ringraziaall’orecchio, lui sorride e le noto gli immigrati cubani per te di Guantanamera si diffondol’enorme apporto che hanno ovunque. Barack Obama ha no dato agli Stati Uniti in finito da poco il discorso con il “CHE” SIEMPRE Il profilo del “Che” all’Avana; Raúl Castro legge il discorso di distensione; con Obama nel 2013 LaPresse questi decenni e aver ricoquale ha annunciato alla nazionosciuto gli altissimi meriti ne che, da oggi, riprenderanno le relazioni diploma- nel suo discorso ha ammesso, senza nessun pream- dell’isola in campo medico/scientifico. tiche con Cuba, quelle che nel 1961, anno della sua bolo, il fallimento di una politica di embargo che non “Lavoreremo insieme per sconfiggere l’Ebola”, ha gaha cambiato assolutamente nulla nella dinamica po- rantito Obama. Insieme: una parola che il mondo nascita, vennero interrotte. “Ho dato mandato al Segretario di Stato Kerry – ha litica fra i due paesi, acuendo solo le tensioni. aspettava da qualche decennio e che ora sembra già spiegato Obama – di attivare tutte le procedure nenormalità. E mentre i repubblicani, per bocca di Marcessarie per riaprire un’ambasciata americana “ABBIAMO MANTENUTO RAPPORTI diplomatici co Rubio, promettono già battaglia su questa decisioall’Avana”. Contemporaneamente anche Raul Ca- con la Cina e con il Vietnam”, ha ricordato il pre- ne, Obama invita il Congresso a togliere completastro, a Cuba, diffondeva un messaggio alla nazione per sidente, per sottolineare come la drastica chiusura nei mente l’embargo, una decisione che non spetta a lui spiegare le ragioni di questa giornata storica mentre, confronti di Cuba fosse diventata ormai davvero in- prendere, ma che, a questo punto, appare decisamente in città, si levava alto il suono delle campane. Obama, giustificabile. Fondamentale per arrivare a questa tap- di buon senso. New York S il Fatto Quotidiano CUBA LIBRE USA MINACCE, STOP A FILM ANTI-COREANO Niente première a New York per The Interview. La prima della commedia con James Franco su un piano della Cia per assassinare il leader nordcoreano Kim Jong Un è stata cancellata dai cinema della Grande Mela dopo le minacce di alcuni hacker di un “nuovo 11 settembre”. LaPresse LONDRA PRIMA DONNA VESCOVO Nominata la prima donna vescovo della chiesa d’Inghilterra dopo la storica riforma delle legge canonica. È il reverendo Libby Lane, 48 anni, che diverrà vescovo di Stockport, area di Manchester, vacante da maggio. Le congratulazioni del premier Cameron: “Passo per uguaglianza sessi”. Reuters GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 13 La sinistra e l’ossessione da infinita Guerra fredda STESSI COLORI Fìdel (89 anni) in Piazza della Revolucion all’Avana e Obama (53) Ansa L’EPOPEA DI FÌDEL È STATO IL VERO PROPELLENTE DELL’ANTIAMERICANISMO. L’ISOLA COMUNISTA È ANCORA UNA NOSTALGIA, UN’UTOPIA SENZA SE E SENZA MA di Fabrizio d’Esposito A ncora nel 1996, Pietro Ingrao, simbolo dell’operaismo del Pci, scandiva con calma: “L’embargo contro Cuba è un’infamia”. Pur precisando, da comunista convinto: “Anche se io non credo che all’Avana oggi ci sia un regime comunista”. Molto di più della lunga fedeltà alla gelida Unione Sovietica, è stato il caldo mito castrista-guevarista il grande propellente del sentimento antiamericano della sinistra italiana. Una questione di cuore più che di testa, che ha visto nell’eroica resistenza cubana all’imperialismo a stelle e strisce un modello perenne da celebrare. Perché se è vero che fu Berlinguer ad aprire alla Nato e a fare lo strappo da Mosca, la difesa dell’Avana dall’infame embargo degli Stati Uniti è durata fino ai governi Prodi. Hemingway e le notti a scolare rum e cola TRA LEGGENDA E REALTÀ Il mix è molto semplice. Rum e Cola. Ma il Cuba Libre ha origine all’inizio del secolo, durante la guerra per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna, ottenuta grazie all’aiuto degli Stati Uniti. L’ambasciatore del long drink diventerà anni dopo Ernest Hemingway, grande bevitore soprattutto nei lunghi soggiorni sull’isola caraibica. Se a Venezia il premio Nobel andava da Cipriani e si faceva servire Bellini fino allo sfinimento, all’Avana preferiva il Rum e Cola, possibilmente preparato al bar La Floridita dove si sedeva fino a tarda notte. L’intervista ERA IL GENNAIO ‘97, pochi mesi dopo la vittoria dell’Ulivo, e Fausto Bertinotti, capo di Rifondazione comunista, andò in visita sull’isola e venne ricevuto da Fidel Castro. Il leader di Rc era accompagnato da Ramon Mantovani e da quel Gennaro Migliore oggi renziano dell’ultimissima ora con tanto di cartellino timbrato alla Leopolda. Bertinotti rimase incantato da Fìdel, che gli raccontò in un colloquio durato quasi quattro ore: “Il mio Paese vince, è vivo, perché ha una grande unità di popolo e di coscienza. Nessun altro Paese, nelle nostre condizioni, con il blocco commerciale, credo sarebbe resistito 15 BAIA DEI PORCI Aprile ‘61, la Cia appoggia l’invasione degli anticastristi: respinti sul bagnasciuga LaPresse BALSEROS CRISI DEI MISSILI Ottobre ‘62: blocco militare Usa per impedire installazione missili sovietici LaPresse A ondate attraversano le 90 miglia tra Cuba e Usa LaPresse giorni”. Dal viaggio, i compagni di Rifondazione tornarono più che convinti della lotta alla globalizzazione e al capitalismo. Undici anni più tardi, archiviato il secondo Prodi, toccò al Pdci di Oliviero Diliberto aprire il congresso e inneggiare a Cuba, che “indipendentemente dalla forma politica in cui il socialismo si è realizzato, è un simbolo per chi ha tenuto testa al capitalismo americano a soli 90 miglia dalla costa degli Stati Uniti”. Cuba è stata ed è tuttora un sentimento, una nostalgia, un’utopia senza se e senza ma, dentro e fuori il Pci. In un altro anno mitico, nel Sessantotto, il rivoluzionario Giangiacomo Feltrinelli - detto il “miliardario rosso” e che saltò in aria ai piedi del famoso traliccio di Segrate venne folgorato dal castrismo, progettò di trasformare la Sardegna nella Cuba del Mediterraneo e prese contatti con il bandito Graziano Mesina. MOLTO PIÙ realisticamente, trent’anni dopo, il governo Prodi, per volontà dell’allora vicepremier Walter Veltroni, sottoscrisse un accordo di cooperazione cinematografica con l’Avana. Fu prodotto un film sulla vita di Fidel, Il sognatore, che però non uscì mai nelle sale. Rivelò il regista Enrico Coletti: “Greganti ci ha messo in con- tatto col potente Ramiro Valdez, responsabile per il cinema nel governo cubano, che ha letto la sceneggiatura con Raul Castro e ha suggerito alcune modifiche”. Sì, Greganti. Il compagno G delle cronache di Tangentopoli, finito di nuovo nei guai e in carcere per l’inchiesta sull’Expo di Milano. La fascinazione per Cuba, antiamericana per via dell’embargo e dell’imperialismo, ha unito politici e intellettuali (Moravia, per esempio), cantanti e attori. Berlinguer fece una visita storica nel 1981 e specificò: “Noi non mettiamo in discussione i vincoli che derivano dall’adesione al Patto Atlantico, ma riteniamo che l’Italia non possa supinamente accettare la politica rischiosa e aggressiva dell’Amministrazione Reagan”. Due anni più tardi, quando gli Usa invasero Grenada, Giancarlo Pajetta fece un comizio a Roma, in piazza Santi Apostoli: “L’invasione non è solo un monito a Cuba, ma è la dimostrazione del conto in cui gli Usa tengono i loro alleati e il movimento mondiale per la pace”. Il tramonto dell’embargo chiude un’era infinita. Gianni Minà Raúl la vera sorpresa. Obama così così di Antonio Migliore ianni Minà, lei frequenta Cuba e G Castro da tanti anni. Di chi è il merito di questo disgelo? È un grande successo di Fidel Castro e di suo fratello Raul. I fatti dimostrano che il comunismo e il capitalismo sono falliti, mentre Cuba è ancora lì. E i due fratelli hanno avuto la meglio. Tutte le previsioni fatte negli anni dagli esperti sono state smentite. Fidel ha 89 anni e scrive 2 articoli a settimana mentre Raul ha cominciato la modernizzazione del paese e gli è parzialmente riuscita. Certamente in questi anni hanno commesso degli errori, causati dalla sindrome d’assedio, che ha influito molto sul governo del paese. La vera sorpresa è che tutti credevano Raul essere meno importante del fratello, invece ha fatto la storia. Molti sostengono che la negoziazione sia partita con la stretta di mano ai funerali di Nelson Mandela tra Raul Castro e Barack Obama. Credo che qualcosa sia cominciato molti anni prima, grazie a Jimmy Carter, il 39° presidente degli Stati Uniti. Nel 2002 infatti l'ex presidente andò in vacanza a Cuba e in quell’occasione passò un intero pomeriggio con Fidel Castro. Quell’evento fu un chiaro segno di apertura. Perché è importante: Carter non sarebbe mai L’abbraccio con il Lìder Maximo a Roma nel ‘96 Ansa CIVILTÀ SUPERIORE Il comunismo e il capitalismo sono falliti, mentre Cuba è ancora lì. Quando arriva un uragano a Cuba muoiono due persone, in Louisiana 700 andato in visita da altri leader, come in Libia da Gheddafi oppure in Egitto da Mubarak. E invece da Fidel Castro andò. Chi ci guadagna realmente? Ci guadagna Cuba e ci guadagnerà il popolo cubano, il popolo oggi con la più bassa mortalità infantile, la più alta media di vita e la migliore organizzazione di protezione civile. Quando arriva un uragano a Cuba muoiono due persone, in Louisiana settecento. Cosa ha fatto Cuba in questi anni sul fronte internazionale? Ha saputo affrontare perfino situazioni che non gli competevano. È stato il paese promotore dell’Alba, l’alleanza di cooperazione economica, politica e sociale tra molti paesi dell’America Latina. Cuba è stato il primo paese a intervenire in Africa per l’epidemia di Ebola. I media occidentali non l'hanno riportato, ma i medici cubani sono intervenuti per primi in Sierra Leone e Guinea e sono stati pure penalizzati. Per l'embargo infatti non sono riusciti a percepire lo stipendio lontano da Cuba. Obama ha ringraziato Papa Francesco e ha salutato l'apertura a Cuba dicendo “Todos somos Americanos”. Il Vaticano è stato importante, e il papa sudamericano ha influito sicuramente molto nei negoziati tra i due paesi. Il suo ruolo e le sue capacità di dialogo sono state determinanti per questi ultimi eventi. Che dire di Obama: in questi anni ha fatto poco, non è riuscito a cambiare molto, ha fatto cose irrilevanti. Adesso, a due anni dalla conclusione del suo ultimo mandato, ha deciso evidentemente di fare la storia. 14 il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 RUGBY, CASTROGIOVANNI OUT 4 TURNI: HA AMMESSO DI AVER INSULTATO Il pilone azzurro del Tolone aveva apostrofato Richard Cockerill, director of rugby dei Leicester Tigers. Si è dichiarato colpevole ed è stato squalificato per quattro giornate QATAR 2022, L’AMERICANO GARCIA SI DIMETTE DAL COMITATO ETICO FIFA RECORD DI VENDITE SU AMAZON OLTRE 4 ORDINI AL SECONDO L’americano Michael Garcia si è dimesso dal comitato etico Fifa, dopo aver visto sconfessata la sua inchiesta sulla controversa assegnazione dei Mondiali di Russia 2018 e Qatar 2022 SECONDO Lunedì scorso Amazon.it ha raggiunto il picco di vendite, con oltre 396.261 prodotti ordinati al ritmo di oltre 4 al secondo. Ogni 15 minuti un Tir è partito dal Centro di distribuzione TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE Zero, nessuno e centomila UNA MOSTRA RACCONTA I 64 ANNI DI VITA E I 41 DI CARRIERA DI RENATO: FOTO, OGGETTI E FILMATI DEL DISSACRATORE A COLORI L’ di Marco Travaglio uomo che nacque tre volte – la prima come tutti, la seconda subito dopo nel reparto maternità con una trasfusione completa del sangue per scacciar via una rarissima anemia emolitica, la terza a 41 anni quando tutti lo davano per finito e invece strappò dieci minuti di applausi a Sanremo con Spalle al muro – si racconta in una mostra che dovrebbe essere retrospettiva, invece diventa introspettiva e antespettiva. Il suo nome infatti è Re-nato. Ma soprattutto Zero, perché è pari e dispari, maschio e femmina, maschera e individuo, personaggio e persona, destra e sinistra, sesso e mistica, arte e show. Tutti gli opposti insieme. Impossibile moltiplicarlo, dividerlo, estrarne la radice quadrata. Zero nessuno centomila. Da oggi al 22 marzo i suoi fan “sorcini” e “zerofolli”, ma si spera soprattutto i non fan, gli agnostici, i misconoscitori, i sottovalutatori troveranno le tracce dei suoi primi 64 anni di vita e 41 anni di carriera nei mille metri quadri supertecnologici di quattro grandi sale del centro di produzione culturale “La Pelanda”, nel cuore del museo d’arte contemporanea Macro nel cuore di Testaccio nel cuore di Roma. Il primo suono è un battito cardiaco, il ritmo pop del feto che rischiava di nascere morto (“quante volte sono morto quante volte nascerò”). Invece uscì vivo (“il mio alibi è che vivo”). E strano (“privo di un’etichetta, infilo il naso dove mi va, brucio la vita eppure non ho fretta; rifiuto l’uniforme, gli inviti della pubblicità, pranzo coi neri, ceno coi rossi, mi fidanzo con chi mi va; io sono strano, forse per questo più umano eh già, io sono strano”). Ma soprattutto a colori. La prima sala della mostra, volutamente narrativa non solo di Renato ma anche dell’Italia che ha attraversato, insomma del Dna di tutti e di Zero, è un corridoio di foto, oggetti, filmati degli anni 60, del boom economico, della speculazione edilizia, delle prime rivendicazioni sociali, della fuga dalle campagne verso l’urbanizzazione e l’industrializzazione. Un’Italia in progresso e in movimento, ma anche irreggimentata nelle troppe gabbie dell’ipocrisia, conformiste e massificanti: la politica, la religione, la famiglia, l’amore, l’esercito, i media, l’ordine costituito, le contestazioni e le prime violenze di piazza. IN QUELL’ITALIA in bianco e nero, sta per irrompere un folletto a colori. I colori stravaganti della sua faccia dipinta, dei suoi costumi attillati e piumati e sfavillanti di lustrini e paillettes, dei suoi testi dissacratorii, della sua musica senza pentagramma e dei suoi balli senza metronomo. E dire che Renato Fiacchini è figlio di un poliziotto, ha studiato dalle suore, ha tre zii preti e un quarto intellettuale comunista (Mario Tronti). Ballerino di fila per Don Lurio e Rita Pavone, comparsa in tre film di Fellini, randagio fra il Piper e i provini all’Rca. Con un bel po’ di coraggio, i curatori di Ennezerotre che hanno realizzato la mostra, ideata da Simone Veneziano e diretta dal paroliere Vincenzo Incenzo, gli accostano foto e videotape di Pasolini (i Comizi d’amore), Moravia, Musatti, Warhol e Pirandello (le maschere). Gli zerofeticisti possono godersi in cuffia l’audio del primo provino col brano Supermarket del 1973, scritto con Franco Migliacci, l’autore di Nel blu dipinto di blu, e arrangiato da Piero Pintucci (che firmerà e produrrà i suoi primi travolgenti successi): una comica, burlesca storia d’amore fra un sedano e un pomodoro. E del 1973 è anche la foto scelta per il manifesto della mostra: Renatino pittato di tutto punto con una corona di ossa e denti intrecciati, da guerriero Apache (“E mi trucco perché la vita mia non mi riconosca e vada via”). COSÌ QUELL’ARGENTO vivo che non sta fermo mai rompe a una a una quelle gabbie, con un talento spettacolare e una vitalità ginnica che spesso oscurano i suoi testi agli orecchi distratti della critica. Parole che a troppi parevano buttate lì a caso, e invece a rileggerle e riascoltarle oggi ben si comprende perché ogni sera, per anni, il teatro tenda di Zerolandia traboccasse di gente che faceva a pugni per passare due ore sotto il palco di quel ragazzo esile, bizzarro, leggero e variopinto come una farfalla (il biglietto ingiallito del “Natale a Zerolandia” compresa la messa di mezzanotte, “lire 5 mila”, è esposto alla Pelanda). Anche lui era “impegnato”, ma diversamente dagli altri cantautori, quelli “politici”: anche grandissimi, ma tutt’altro che allegri. Coperto di piume e di paillettes (alcuni dei costumi più sorprendenti sono esposti nella mostra, tipo quello da albero di Natale e quello da voliera, ma senza esagerare per evitare l’effetto-reliquia), L’APACHE Coperto di piume e paillettes, ha parlato di Dio, ambiente, Aids, guerra, sesso e chirurgia plastica con qualche decennio di anticipo parlava di Dio, ambiente, guerra, sesso, aborto, droga, pedofilia, prostituzione, depressione, eugenetica, Aids, malattia, vecchiaia, chirurgia plastica, falsa democrazia, malainformazione, psichiatria, conflitti genitori-figli con qualche decennio d’anticipo sulla tabella di marcia nazionale. Ma lo faceva da trasgressore della non-trasgressione, dadaista e lunare, con quella lingua tutta sua: paleobarattolo, ormonauta, zerofobia, zerofavola, zerofolli, zeromatti, fonopoli, sesso-o-esse, atomicopathos, ondagay, nonsensepigro, spiridioti, umaneria. “È più utile ritrovare la propria anima che andare in piazza a sventolare una bandiera”. Parlava di noi raccontando la sua storia. “Sarò lieto di togliervi alcuni complessi e di procurarvene altri”, è la frase che domina la terza sala, dove gli schermi trasmettono 7 minuti del suo introvabile film Ciao Nì e varie interviste salvate dagli archivi Rai. Una è solo in voce (ancora roca, da giovane fumatore): “Tremila femministe tremila, con tremila bastoni tremila, volevano spaccarmi la faccia per come canto le donne. Gli ho detto: ‘Che faccio, cambio qualche parolina alle mie canzoni?’. Io non stimo tanto le femministe, io stimo le donne”. ALLA PARETE, sotto vetro, la pagina di un roto- calco per ragazzi con un sondaggio: “Secondo voi, Renato Zero fa l’amore: a) con gli uomini e con le donne; b) solo con gli uomini; c) solo con le donne?”. In un’altra teca, il bozzetto di un costume rosa confetto disegnato per sé da lui medesimo. Alla quarta sala si accede da un corridoio buio come la sua crisi di fine anni 80, quando la vena creativa sembra esaurita, i travestimenti hanno fatto il loro tempo, i critici lo massacrano e decretano il tramonto. Finché Renato risorge a Sanremo ‘91, senza trucco e in total black, con un brano che pare autobiografico invece è di Mariella Nava (“Vecchio, diranno che sei vecchio...”). Quel che rie- RETROSPETTIVA La mostra è allestita nelle sale del centro “La Pelanda” al Macro di Roma fino al 22 marzo sce a scrivere e a cantare Zero nella sua terza vita, negli anni 90 e Duemila, lo ricordano due enormi pareti-planetario blu con tutti i brani della sua carriera, a forma di stelle collegate alle costellazioni dei vari album. E, all’uscita, le cabine per ascoltare in presa diretta la sala parto, il cantiere in divenire delle canzoni nella fase del concepimento: quando sono solo un’idea di laboratorio, un provino in grammelot simil-inglese con un motivetto musicale in sottofondo al pianoforte e qualche frase appuntata con la biro rossa su un quaderno a quadretti, e poi via via prendono forma con la melodia, gli arrangiamenti, il testo che via via si completa fino al prodotto finito, pronto per essere cantato, ma anche sempre per diventare show. Tutto il resto, fuori di qui, è noia (“vecchia troia!”). SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 15 Il campionato è meno uguale grazie al giudice sportivo GARCIA FERMATO DUE TURNI PER LA DENUNCIA DI UN NON TESSERATO, ALLEGRI PERDONATO PER UN GESTACCIO, FERRERO (SAMP) BASTONATO PER INSULTI, LOTITO, INVECE, GRAZIATO di Luca Pisapia P oco spettacolare in campo, la Serie A riesce comunque a mantenersi il campionato più interessante a livello di polemiche. Le ultime riguardano le decisioni del giudice sportivo Giampaolo Tosel che ha scelto, a dispetto del regolamento e per la prima volta in Italia, di dare ascolto a dei non tesserati per emettere una sentenza. Com’è noto, infatti, il tecnico della Roma Rudi Garcia è stato squalificato per due giornate per avere, secondo l’accusa, aggredito il responsabile degli steward del Genoa nel tunnel di Marassi, durante il concitato finale di partita di domenica scorsa, mentre i giocatori litigavano (Perotti del Genoa si è beccato quattro giornate per un fallaccio, Cholevas della Roma un turno per aver rivolto il dito medio al pubblico) e i tifosi tiravano di tutto in campo. A questo vanno aggiunti 20 mila euro di multa alla società giallorossa per aver rifiutato di consegnare i tesserini di riconoscimento. IL PROBLEMA però è che né gli ufficiali di gara, né i delegati della Procura federale, nel caso di Garcia hanno visto nulla: la squalifica si basa esclusivamente sulla testimonianza di un non tesserato, e per di più parte in causa, lo steward genoano. Un unicum nella storia del campionato, nemmeno previsto dal Codice di Giustizia Sportiva. Un caos totale, che ha spinto a intervenire anche il presidente del Coni Giovanni Malagò: “Su ogni provvedimento della giustizia sportiva ho una mia bella opinione, ma purtroppo pubblicamente non la posso dire. Certo ci sono delle cose che fanno riflettere”. Ancor più dura la posizione della Roma. Il dg romanista Mauro Baldissoni, annunciando il ricorso in sede sportiva e la denuncia in sede penale per lo steward genoano, ha dichiarato: “Siamo stanchi di fare giurisprudenza, sembra che con la Roma si voglia provare sempre a portare più in là lo spazio di azione della giustizia”. Garcia ha invece dettato un comunicato all’Ansa che recita: “Tutta la mia carriera di calciatore, educatore e allenatore testimonia un comportamento esemplare. Non accetterò che si cerchi di infangarmi attribuendomi gesti aggressivi che non ho commesso, che deploro e che sono contrari alla mia educazione. confronti dei tifosi avversari dopo Juventus-Sampdoria. Ma la vicenda è tutt’altro che chiusa dal punto di vista penale, vedi denuncia allo steward genoano, e da quello della giurisprudenza: dovrebbe essere infatti modificato l’articolo 35 del Codice di giustizia sportiva per permettere di utilizzare come prova le dichiarazioni dei non tesserati. E sarebbe una rivoluzione copernicana. PIUTTOSTO, la giustizia sportiva andrebbe seriamente riformata e resa indipendente, perché come ogni anno anche in questa stagione stanno succedendo cose strane. Oltre l’assurda vicenda Garcia. Il presidente della Samp Massimo Ferrero è stato infatti squalificato per 3 mesi e QUERELA IN VISTA “Denuncio questo intollerabile attacco al mio onore –protesta il giallorosso –Mi batterò per difendermi da ingiustizia e menzogne” Mi batterò con ogni mezzo a mia disposizione per difendermi da questa ingiustizia e da queste menzogne”. Ora, per quello che riguarda il campo è prevista per venerdì la sentenza di appello, che potrebbe togliere la squalifica al tecnico giallorosso per permettergli di essere in panchina sabato sera contro il Milan. Anche perché ieri è stata commutata in multa la squalifica di un turno al tecnico bianconero Massimiliano Allegri, per un gestaccio nei DUE GIORNATE L’allenatore della Roma Rudi Garcia, squalificato per una lite con uno steward Ansa multato per 35 mila euro per avere prima insultato l’omologo nerazzurro Erick Thohir e poi, mentre era deferito, avere reiterato l’offesa su Twitter. Mentre il presidente della Lazio Claudio Lotito se l’è cavata con 10 mila euro di multa per avere insultato il direttore generale della Juventus Beppe Marotta, cui è stata anche negata la possibilità di uscire dalla clausola compromissoria per querelare Lotito. Che il padrone della Lazio e della Salernitana sia oggi l’uomo più potente del calcio italiano, dopo aver costruito la presidenza di Carlo Tavecchio, è sicuramente una coincidenza. Ma la Giustizia sportiva proprio da queste coincidenze dovrebbe affrancarsi. RISCHIO SQUALIFICA Soccorso Coni per Carolina di Fausto Nicastro un problema. on ho visto, non ho senN tito, non c’è. L’ultima versione dell’omertà azzurra, E NONOSTANTE il presidente sdoganata da Carolina Kostner, trova il sigillo reale del presidente del Coni Giovanni Malagò. Intervenuto ai microfoni della trasmissione Un giorno da Pecora su Radio 2, è stato sollecitato sulla richiesta di squalifica di quattro anni e tre mesi per la pattinatrice, accusata di aver coperto il fidanzato Alex Schwazer. Secondo le accuse, quando la Wada, agenzia mondiale antidoping, bussò alla porta della casa del marciatore a Oberstdorf, Carolina disse che si trovava a Recines, mentre invece era proprio lì dentro. Ed ecco la solidarietà del Presidentissimo, l’uomo che ha lanciato a fianco di Metteo Renzi la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024: “Cosa avrei detto io agli ispettori che cercavano il mio fidanzato? Avrei detto no, non c’è, se fossi stato convinto che non sarebbe stato un problema. Che poi è quello che ha pensato lei”. Lei, Carolina, si è sempre difesa: “Se avessi saputo che Alex si dopava per il suo bene innanzitutto, l’avrei convinto a confessare. Non ne ho saputo nulla fino a che il test è tornato positivo”, aveva detto in un’intervista al Fatto Quotidiano. Quindi mentire all’agenzia mondiale antidoping non sarebbe comunque fosse, a suo dire, “in grandissimo imbarazzo e difficoltà” non si è fermato e ha completato il concetto, quasi a malincuore: “Devo accettare le norme della giustizia sportiva che sono state scritte da un ordinamento internazionale e che prevedono questo tipo di san- FAVOREGGIAMENTO Il presidente Malagò a Radiodue: “Accetto le decisioni dell’antidoping, ma anch’io avrei coperto Schwazer come ha fatto la Kostner” zione per chi non denuncia. Io non sono affatto d’accordo, le sono molto vicino”. Non proprio un ragionamento da “trasparenza totale”, quella che lui stesso ha assicurato per l’agognata Olimpiade romana anche solo per la fase della candidatura. In barba alle parole di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, che qualche giorno fa ha ribadito l'importanza delle segnalazioni e delle denunce per combattere corruzione e malaffare. COMPLEANNI Un “vento di Pampa” per papa Francesco di Gianluca Roselli o spettacolo c’è stato davvero. Perché mai L piazza San Pietro si era trasformata in una milonga a cielo aperto. Ieri tremila tangueri provenienti da tutta Italia hanno ballato il tango in onore di Papa Francesco, un modo speciale di fargli gli auguri nel giorno del suo 78esimo compleanno. Per un’ora e venti, al termine dell’udienza generale, i ballerini hanno piroettato sulle musiche di Astor Piazzolla, Amelia Baltar, Juan D’Arienzo davanti agli sguardi incuriositi degli altri pellegrini e dei passanti. “Oggi si balla con il vento della Pampa”, ha detto Papa Bergoglio durante l’udienza, molto divertito dall’iniziativa. L’idea è venuta a Cristina Camorani, 49enne romagnola di Conventello di Ravenna. Sposata e mamma di quattro figli maschi, quindici anni fa ha iniziato a ballare e non ha più smesso e oggi gestisce una milonga. “Dopo aver letto diverse interviste in cui Bergoglio racconta il suo amore per il tango, a Ferragosto con un po’ di amici abbiamo detto: perché al suo compleanno non gli facciamo una sorpresa e andiamo a ballare in piazza San Pietro?”, racconta Cristina. All’inizio doveva esserci solo qualche decina di persone, ma poi il tam tam su Facebook è esploso e sono arrivate centinaia di adesioni. A quel punto è iniziato il braccio di ferro con il Comune di Roma e con la gendarmeria vaticana per ottenere i permessi. Che sono arrivati all’ultimo, con l’autorizzazione a ballare in Piazza Pio XII (adiacente a San Pietro) e in Via della Conciliazione. Per rispetto, però, niente gonne con lo spacco e rose tra i denti, ma solo foulard bianchi in segno di pace. “Speravamo che il Papa si affacciasse, ma va bene anche così. Abbiamo saputo che era contentissimo dell’iniziativa. Anche perché abbiaI ballerini italiani di tango hanno invaso ieri piazza San Pietro LaPresse MILONGA ROMANA Migliaia di ballerini di tango si sono dati appuntamento in piazza San Pietro per festeggiare i 78 anni di Bergoglio mo messo le sue musiche preferite, le milonghe, quelle che ballava da ragazzo”, continua Cristina. Per i profani, la milonga (oltre a essere il luogo dove si balla) è una musica più allegra e veloce rispetto al tango tradizionale. L’amore di Bergoglio per questo ballo è risaputo. “Mi piace moltissimo, è una cosa che mi nasce dentro”, disse qualche anno fa in un’intervista a un giornale argentino. Da ragazzo andava a ballarlo con il suo gruppo di amici. E verosimilmente faceva coppia tanguera con la fidanzatina Flores, la ragazza per cui lui stesso ha raccontato di aver avuto una simpatia. IL PAPA può addirittura vantare un suo tango personale: si chiama “Ahora Papa Francisco” ed è stato composto per lui da Eduardo Rivero, titolare di una famosa milonga a Buenos Aires. Anche lui ha voluto fargli un regalo. Il brano gli è stato consegnato su un iPad durante il volo che l’ha portato a Rio de Janeiro nel luglio 2013 per la giornata mondiale della gioventù. “Un tango cordiale per un argentino abbracciato al sociale/Un sacerdote lottatore che già da piccolo, a Flores, voleva del debole essere il protettore”, recitano le prime due strofe. Bergoglio, come ha poi raccontato il giornalista argentino Sergio Rubin, ha molto gradito. Ma non è la prima volta che la Santa Sede apre le sue porte al ballo più sensuale. Nel 1924 Pio XI ricevette in udienza Casimiro Ain, grande ballerino di tango dell’epoca, portato in Vaticano da un sacerdote argentino. “Se non ci avessero dato i permessi, lo avremmo fatto lo stesso, illegalmente, com’è nello stile dei veri tangueri, che sono ballerini di strada. E stasera (ieri, ndr) si va tutti a ballare nelle milonghe romane”, sorride Cristina Camorani. “Però stavolta le gonne con lo spacco sono ammesse”. 16 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano IL SEQUEL I social killer con il film intorno PER DAVID FINCHER, IL REGISTA DI “GONE GIRL”, LE RESPONSABILITÀ INDIVIDUALI DIPENDONO QUASI SOLO DAI CAMBIAMENTI SOCIALI di Federico Pontiggia G one Girl è il sequel di The Social Network: dopo quel Facebook, questo Fakebook, ed è sempre l’album delle menzogne. David Fincher continua a decrittare i vizi privati fatti pubblici della società neocapitalistica: là la genesi, qui lo stato dell’arte, il regista seguita ad ascrivere responsabilità individuali ai cambiamenti sociali. Siano gli Zuckerberg piuttosto che questi Nick e Amy, Fincher crede che dare un nome ai responsabili significhi dare una spiegazione alle loro azioni e alla nostra visione del mondo, ma è così? E, soprattutto, l’approdo di Fincher ci dice qualcosa che già non sapevamo o ce lo dice meglio? Tratto dal bestseller di Gillian Flynn (Rizzoli), L’amore bugiardo esula da un genere specifico, meglio, ne contempla più d’uno: quello principale è il thriller, suppergiù a scatole cinesi. Diamo fede alla sua classe d’appartenenza e non sveliamo – anche per chi ha già letto il libro, ci sono delle variazioni – il plot, se non nei suoi passi iniziali: Amy Dunne (Rosamund Pike) scompare il giorno del quinto anniversario di matrimonio, il marito Nick (Ben Affleck) è il principale sospetto, la verità non triangola. Come già in The So- CRIMINI E MISFATTI Amy scompare il giorno del quinto anniversario di matrimonio, il marito Nick è il principale sospettato. Ma alla pellicola manca lo spessore umano cial Network del 2010, e parzial- mente anche nel successivo Millennium – Uomini che odiano le donne, il regista compie un passo ulteriore nella sua poetica, anzi, nella sua ideologia. LASCIATE perdere le accuse inconsistenti di misoginia che puntualmente gli vengono addossate, in realtà, il suo cinema è il rifugio dei serial killer. Su basso continuo mortifero, ecco la teoria: Seven (1995), serial killer; Fight Club (1999), botte di gruppo; Panic Room (2002), reclusione e paura; Zodiac (2006), serial killer; Il curioso caso di Benjamin Button (2008), ep- GONE GIRL - L’AMORE BUGIARDO © Usa, 2014 regia: David Fincher; con: Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Kim Dickens pur si muore. Poi, inframmezzati dal remake killer Millennium, The Social Network e Gone Girl che allargano lo spettro e le ambizioni di critica sociopolitica: protagonisti sono dei so- cial killer, l’evoluzione 2.0 della specie serial killer. La correità, ovvio, è sociale: qui non arriviamo alle centinaia di condivisioni del “Sei morta troia” postato recentemente da un uxoricida italiano, ma il verdetto è sempre affidato al “mi piace” (innocente) o “non mi piace” (colpevole) del social e TV network. Della coppia Nick e Amy, come già della coppia Eduardo Saverin e Mark Zuckerberg, a Fincher non interessa quasi nulla: sono gli spettatori delle loro azioni, in ultima analisi gli spettatori del film, il suo punto focale, mentre la crisi del matrimonio e i suoi derivati sono il dito che indica la luna. La più grande menzogna del film, già avvertibile nell’appartenenza problematica al genere thriller, è questa: non è Gone Girl, la ragazza scomparsa, il film, ma ancora una volta il Social Network sulle sue tracce. Lo stesso discorso può essere applicato a House of Cards, la fuoriserie tenuta a battesimo dietro la macchina da presa da Fincher, anche produttore esecutivo: storia di coppia (Kevin Spacey e Robin Wright, alias Frank e Claire Underwood) sullo sfondo dello scacchiere politico a Washington DC, in realtà, è l’esatto opposto, storia di backstage politico sullo sfondo di coppia. Eppure, a fare di The Social Network e House of Cards dei capolavori e di Gone Girl un film solo parzialmente riuscito, interviene altro: il fattore umano. Di Mark e Eduardo, di Frank e Claire, dei loro scazzi e dei loro amori, ce ne importa assai, non così di Nick e Amy, nonostante le nefandezze, le turpitudini morali siano a favore di House of Cards: a Gone Girl manca l’umanità dolente, il cuore di tenebra, i fallimenti e la fallibilità. Ed è grave, caro Fincher, perché se non ce ne frega nulla del proprietario del dito, di sicuro non guarderemo mai la luna. BOX-OFFICE I PIÙ VISTI 1. IL RICCO, IL POVERO, IL MAGGIORDOMO Euro 2.303.924 (tot 4gg) 2. MA TU DI CHE SEGNO 6? Euro 1.071.466 (tot 4gg) 3. MAGIC IN THE MOONLIGHT Euro 787.021 (tot 2 sett 2.884.793) 4. I PINGUINI DI MADAGASCAR Euro 716.871 (tot 3 sett 7.078.162) ITALIA IN TESTA Aldo, Giovanni & Giacomo battono Boldi & Proietti. Il botteghino del primo round natalizio parla chiaro: Il ricco, il povero e il maggiordomo del trio comico milanese sfiora i 2 milioni e mezzo secondo Cinetel nel weekend 11-14 dicembre doppiando praticamente il cinepanettone Ma tu di che segno 6? di Neri Parenti che dirige Boldi, Proietti e Salemme. Al terzo posto “tiene botta” l’inossidabile Woody, tallonato dal cartoon DreamWorks coi simpatici pinguini africani. AM Pas. RECENSIONI Sorpresa Salvatores, il fantasy italiano vale quello made in Usa © Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, con Ludovico Girardello, Valeria Golino NELLA TRIESTE di oggi, il mansueto 12enne Michele vive con Giovanna, madre single poliziotto, e la piccola Candela. Sognatore, il ragazzo è segretamente innamorato della compagna Stella in una classe dove è spesso deriso dai compagni bulli, finché un giorno si scopre dotato del superpotere dell’invisibilità. Sorpresa delle sorprese: Salvatores è un maestro del cinema fantasy. E non solo: che può tranquillamente competere con i blockbuster USA dei vari Spider-man, Superman e Batman. Certo, in forma e budget ridotti (8 CIAK SI GIRA Matthew McConaughey e Van Sant in Giappone USCIRÀ negli Usa a marzo “Sea of Trees” il nuovo film interpretato da Matthew McConaughey, con Ken Watanabe e Naomi Watts, diretto da Gus Van Sant. Le vicende di un americano e di un giapponese in un’oscura foresta ai piedi del Monte Fuji nota perché le persone vi si recano per togliersi la vita: invece di suicidarsi i due inizieranno ad esplorare la foresta in un viaggio di riflessione, riscoperta di sé stessi e, forse, sopravvivenza. McConaughey inizierà anche le riprese di “The Free State of Jones”, una storia vera scritta da Gary Ross ambientata tra la Guerra Civile e la Restaurazione. RON HOWARD è tornato sul set per dirigere a Londra “In The Heart Of The Sea”, film d’azione ambientato nel XIX secolo con Cillian Murphy, Chris Hemsworth, Michelle Fairley, Paul Anderson e Charlotte Riley che descrive gli eventi che ispirarono Herman Melville a scrivere "Moby Dick". La Essex, una baleniera di Nantucket, fu inseguita e distrutta da un capodoglio nel Pacifico: dei venti marinai salvatisi tre si stabilirono su un'isola in attesa di aiuti e solo cinque riuscirono a sopravvivere in mare nei 90 giorni successivi mentre cercavano di raggiungere l'America del sud. M. McConaughey LaPresse PER CELEBRARE della prima guerra mondiale la Rai ha in cantiere “Il confine” una miniserie diretta ad aprile da Carlo Carlei, autore anche della sceneggiatura con Andrea Purgatori e Laura Ippoliti. Ambientata fra Trieste, il Carso e il Trentino racconterà le vicende di un gruppo di giovani liceali le cui vite saranno spazzate via dall’inizio del conflitto internazionale. Prima delle riprese Carlei seguirà il lancio del suo “Romeo e Juliet”, il film dal ricco cast internazionale guidato da Hailee Steinfeld, Douglas Booth e Paul Giamatti previsto nelle sale a partire dal 15 febbraio a cura di Good Films. milioni) ma con altrettanta immaginazione, originalità e solidità produttiva. Alla base un’idea “che ho in testa da anni” ma che “solo il superpotere dell’Oscar nel ’92 ha reso possibile”, dice il regista supportato dalla anch’essa oscarizzata Indigo di Giuliano & Cima. Già forte di soggetto e sceneggiatura a tre teste (Fabbri, Rampoldi & Sardo), la regia di Salvatores e la sua indiscussa capacità di lavorare coi ragazzi hanno raffinato un prodotto con tutti i crismi per sfondare presso giovani, adulti, famiglie e single. Un film che si mette felicemente alla prova degli esperti del genere. Con finale da sequel. Anna Maria Pasetti © Lo Hobbit - La battaglia delle Cinque Armate di Peter Jackson, con Martin Freeman, Ian McKellen FINE. Dopo Il Signore degli Anelli, Peter Jackson conclude il secondo trittico Lo Hobbit, con buona pace dei residui fan e, soprattutto, del fu Tolkien, qui strapazzato come non ma. Comunque La battaglia delle Cinque Armate passerà alla storia, perché se non ha quasi soluzione di continuità per 145 minuti, riesce a non versare sangue: spottone antibellico o anti-Avis, chissà? Non solo, l’ultima fatica nella Terra di Mezzo manda agli annali para-hollywoodiani l‘adagio “morto un drago non si fa un film”: infilzato Smaug dopo poche, incendiarie sequenze, pathos e adrenalina finiscono sotto i piedoni pelosi dell’Hobbit Martin Freeman. Rimangono negli occhi potenti coreografie marziali in cerca di epos, e i soliti pezzi forti, ovvero gli orchi e gli animaloni immaginifici: sì, non tutti i diorami CGI a 48 fotogrammi al secondo vengon per nuocere. Eppure, fuori dalla sala questa Terra di Mezzo è già superata: Mondo di Mezzo vi dice qualcosa? Fed. Pont. © St. Vincent di Ted Melfi, con Bill Murray, Jaeden Lieberher SEPARATA, infermiera a tempo pieno, Maggie (Melissa McCarthy) non può che affidare il figlio dodicenne Oliver (Lieberher) al nuovo vicino di casa, Vincent (Murray), un pensionato malandato, ubriacone, scommettitore e fornicatore. Eppure, tra un ippodromo e uno strip club, Oliver ci si affeziona: in fondo, Vincent non è poi così male…St. Vincent è il classico film che è più di quel che pro- mettono storia e regia, perché la sua forza è negli attori: Murray è formidabile nel ruolo per antonomasia di Murray, lo sfatto, cinico, bukowskiano dal cuore d’oro; Naomi Watts mette pancione vero e accento russo fittizio a una prostituta adorabile; la McCarthy ha altrettanto peso scenico e il giovincello Lieberher futuro roseo. Fed. Pont. w ©Un Natale stupefacente di Volfango De Biasi, con Lillo & Greg SI AVVICINA il Natale e il piccolo Matteo si trova sprovvisto di genitori, arrestati per spaccio di marijuana. Gli zii Remo (Lillo) e Oscar (Greg) provano a modo loro ad attutire il colpo, creando attorno al bimbo un’allargata famiglia simpaticamente improvvisata, a prova di assistenti sociali. Col nuovo timoniere De Biasi (già sperimentato sceneggiatore di Colpi di fulmine e Colpi di fortuna) la premiata ditta Filmauro presenta un cinepanettone totalmente inedito per toni, temi e naturalmente cast. Siamo anni luce dai “Natale a..” con Boldi & De Sica diretti da Parenti, e questo grazie allo spirito evergreen di patron De Laurentiis che intuisce i desideri del pubblico prima che il pubblico stesso li conosca. Ora alla prova del botteghino, sperando che il rischio di una commedia divertente ma non volgare sia compensato. Am Pas. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 17 FARGO La nuova serie firmata dai fratelli Coen ogni martedì su Sky Atlantic SKY UNO IL PEGGIO DELLA DIRETTA La ricetta di marketing per diventare stellati di Nanni Delbecchi atemi una casseruola e vi solD leverò il mondo. E se per caso il mondo non si dovesse sollevare, almeno ribalterò la mia vita. Alla sua quarta edizione Masterchef (ogni giovedì da stasera su SkyUno) si prepara a raccogliere quello che lui stesso ha seminato in questi anni. Gli istituti di ricerca certificano che ormai esiste una “generazione masterchef”, bambini che alla domanda che cosa vuoi fare da grande non rispondono più il calciatore o l’astronauta, ma proprio aprire un ristorante. Sarà per questo che stavolta i magnifici venti pronti a contendersi il titolo, superstiti di un casting di oltre 18 mila candidati, hanno quasi tutti meno di trent’anni? I diretti interessati negano che la cosa sia voluta, e in particolare i tre giudici-rockstar del fornello Carlo Cracco, Bruno Barbieri e Joe Bastianich insistono su criteri molto più poetici. “Abbiamo realizzato un’edizione più gastronomica rispetto al passato”, ha dichiarato Barbieri alla presentazione del programma, “c’è soprattutto gente che sa cucinare bene gente per cui la cucina è una ragione di vita”. Il cibo come arte, emozione, comunicazione, amore... Ok, ok. Ma nel paese dei Masterchef non manca nemmeno una buona dose di marketing e una macchina da guerra produttiva targata Magnolia, il vero asso nella manica che quest’anno alza ancora di più l’asticella spettacolare. Un occhio di riguardo sarà rivolto alla valorizzazione delle materie prime dei territori, attraverso una serie di prove sparse per tutta la penisola. Ma ci si apre anche al mondo, spaziando per la cultura culinaria dei cinque continenti, e con le esterne si arriverà fino in Irlanda, quando i concorrenti saranno chiamati a preparare il post partita di un incontro di rugby. NEL CORSO delle 12 prime serate (per un totale di 24) si succederanno anche ospiti d’onore come il pasticciere Iginio Massari, lo chef Antonino Cannavacciuolo o il critico gastronomico Matt Preston, mentre tra i tre giudici l’affiatamento sconfina ormai nella presa in giro reciproca. Una dose di autoironia utilissima a stemperare l’eccesso di emozione di partecipanti sempre più giovani ma non meno pittoreschi di sempre. Frammenti di reality, di sit-com e di varia umanità a comporre il mosaico del varietà postmoderno, dalla nicchia al trend solo andata, su cui Sky ha le idee sempre più chiare. Non a caso dopo X Factor e Masterchef dietro l’angolo è già pronto Italia’s got talent. Coen, la violenza grottesca funziona anche in serie di Luigi Galella ppassionano, le serie televisive americane. Soprattutto se vi si miA surano la sapienza tecnica e i mezzi del grande cinema. È la volta dei fratelli Coen, che producono il premiatissimo “Fargo” (Sky Atlantic, martedì, 21.10), ambientato in Minnesota e girato in Canada, tratto dal film omonimo di culto del 1996, preceduto da una sovrascritta iniziale – verosimilmente finta, come nel caso della prima pellicola – che indica come veri i fatti narrati. Una modalità retorica, viatico per lettori e spettatori, che si accingono a misurarsi con una narrazione in cui la realtà mostra il suo volto orrorifico. Un orrore tuttavia che in questo caso danza col grottesco e in cui la violenza paradossalmente è stemperata dal suo eccesso. Nella fredda, ilare crudeltà di trama e personaggi, spicca un mefistofelico killer filosofo, Lome Malvo (Billy Bob Thornton), flemmatico e spettrale, dall’ipnotica fissità espressiva, che incarna il male, offrendone una chiave ideologica antica – alla “homo homini lupus” – con un abito moderno: “È una marea di sangue, Lester, questa nostra vita. La merda che ci fanno ingoiare...”. IL SUO CASUALE interlocutore è Lester Nygaard (Martin Freeman), incontrato in ospedale: un borghese piccolo piccolo e inoffensivo, ferito al naso, che infelicemente trascina la sua mediocre esistenza fra una moglie che lo disprezza, un fratello minore di successo che ne rimarca i fallimenti, e un modestissimo impiego di assicuratore. Un inetto che ha visto in strada un vecchio compagno, un bullo che già a scuola lo torturava coi suoi sadici giochi. Grosso, grasso, ricco, mentre lui è magro e di modesta condizione economica. Scena che evoca “Il grasso e lo smilzo” di Cechov. Il bullo finge di dargli un pugno, quasi amichevolmente ora, ma è tale lo spavento che Lester, per scansare il colpo, batte la testa indietro contro il vetro di una porta e poi di nuovo avanti, scontrandosi con quella mano minacciosa, chiusa a pugno, che gli carezzava il naso come ai vecchi tempi. Il killer filosofo si offre di uccidere che l’ha l’uomo umiliato: “Non merita di vivere”. E gli chiede un “sì”, che equivocamente giunge. Il grosso bullo sarà Gli ascolti di martedì I DIECI COMANDAMENTI Spettatori 10,2 mln Share 38,3% THE GUARDIAN Spettatori 2,4 mln Share 10,7% quindi colpito con un coltello piantato sulla nuca mentre, nudo, sbuffa e geme, e si sbatte dietro al corpo di una prostituta, piegata avanti. Sputando sangue dalla bocca all’acme del piacere, sul corpo della donna, passando dall’affannoso orgasmo alla morte. Una di quelle scene splatter in cui la violenza, vitale nella sua teatralità umoristica, estrema e beffarda, diviene antiretorica, perché giunge a sanare ciò che la realtà trascura, e la vita al contrario, retoricamente gravida di senso, nel momento in cui la morte giunge a interromperla, schernendola, si percepisce come insensata. Morte genera morte. A questo omicidio ne seguiranno altri. Della sprezzante moglie di Lester, ad esempio, proprio per mano del marito, che le dà una martellata in testa, nel momento in cui lei, dopo averlo ancora una volta offeso, ride di lui, sfidandolo, chiedendogli che cosa volesse fare, di quel martello che aveva afferrato. Un colpo secco, improvviso. A dimostrare che la morte è più umile di quella vita, che si traveste di superbia, e può giungere così, in un attimo: inattesa e necessaria. [email protected] BALLARÒ Spettatori 1 mln Share 4,3% DIMARTEDÌ Spettatori 877mila Share 3,8% 18 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano L’EX DIAVOLO Benigni, il bravo maestro In dieci milioni a tu per tu dell’Italia smarrita con il bene e con il male LO SHOW di Nanni di Marco B Politi D ieci milioni e più di spettatori, un terzo degli ascolti. Non è uno share, è un referendum. Il segno di una richiesta di massa, che sale dal basso e che invoca il pane dell’etica, il pane della coscienza, un criterio riconosciuto per distinguere l’essere umano dalle maschere delinquenziali del “mondo di sotto”, spesso intrecciate al “mondo di sopra”. Se la gerarchia ecclesiastica non avesse negli anni abusato del concetto di “legge naturale” per inserire propri schemi dottrinali e diktat nell’arena pubblica, si potrebbe dire che la passione straordinaria, con cui milioni di italiani hanno seguito per due serate la narrazione di Roberto Benigni sui dieci comandamenti, è il segno di un’insopprimibile bisogno popolare di ritrovare chi dà voce ad una antica legge iscritta nel cuore degli uomini. Un criterio di riconoscibilità del bene e del male, che spazzi via almeno per una sera gli incantesimi di ciarlatani, azzeccagarbugli, manovrieri di ogni tipo. Perché non era il divertimento che questa Italia quotidiana cercava, non il piccolo momento di svago, ma – attraverso l’arte guizzante del giocoliere Benigni – questa Italia rivela la ricerca di un senso della vita, delle basi dello stare insieme, un desiderio di segnali di orientamento che i ceti dirigenti sono testardamente incapaci di dare. La stessa volontà di capire le ragioni I 10 COMANDAMENTI Uno share del genere, al di là del talento del protagonista, è il segno di una richiesta di massa, che sale dal basso e che invoca il pane dell’etica dello stare uniti sotto il tetto di una medesima “patria”, che si era espresso in passato negli ascolti ancora maggiori per le lezioni di Benigni sull’Inno di Mameli e la Costituzione italiana. LA SUA MAESTRIA è consistita nel rispondere a questo bisogno profondo – che separa l’Italia del “così non si fa” da quella del “tanto lo fanno tutti” – con un racconto sostanzialmente laico, plastico, terreno, in cui Dio non è un’astratta costruzione teologica, persa in una sfera trascendente al di là del mondo, ma ritrova i tratti fortemente umani dell’Essere che parla a tu per tu con l’uomo, che viene in suo soccorso. Lo trascina via dalla terra delle schiavitù e lo libera dalla tirannia dei Faraoni antichi e moderni. C’è un’Italia di massa, umana, onesta nel senso basico della Delbecchi Roberto Benigni, 62 anni Ansa parola – frastornata certamente dalla slavina continua di slogan, insulti, promesse, menzogne, capriole e smentite, ma tutt’altro che ingenua – che si ritrova con sollievo nel riflettere sui fondamentali di una società. Non rubare, non arraffare, non ingannare. Non desiderare la donna altrui, la casa altrui, i beni altrui, gli animali (le automobili, al tempo della Bibbia) altrui, lo spazio altrui. Non cedere alla smodatezza del desiderio di ammassare. Non uccidere il prossimo, non lasciarlo uccidere, non permettere che venga ucciso mentre volti la testa dall’altra parte. È un’etica laica, che supera le frontiere di religioni e convinzioni filosofiche, quella che Benigni espone. Quando denuncia il “furto” di chi al riparo della scrivania di manager toglie l’esistenza a innumerevoli persone, gettandole sul lastrico. È un verbo laico (che nulla toglie all’ispirazione religiosa) quello che descrive il furto di dignità e di libertà. Altrettanto laico, valido per credenti e non credenti, è il rifiuto della distorsione e dell’abuso del nome di Dio con cui i violenti seminano morte e disperazione. Altro che la bestemmia per la gomma bucata! Altro che accostarsi al tema lacerante dell’adulterio con il fogliettino degli “atti impuri”. In questa semplicità di predica laica Benigni incrocia – e non per caso – l’immediatezza delle riflessioni, dal timbro egualmente laico, che papa Francesco nelle sue messe mattutine o negli incontri pubblici svolge sulla corruzione, sul male, sulle ferite dell’umanità. Il pubblico in gran parte è lo stesso. Trasversale, assetato di salvezza nel gorgo di scandali e nefandezze che superano l’immaginazione dei romanzieri. Un popolo refrattario agli aridi catechismi, ma attento a ciò che rovina o che salva, sensibile a ciò che guarisce o incancrenisce. Convinto che il crinale tra morale e immorale nonostante tutto esista e vada semmai riportato alla luce. Spente le luci, calato il sipario dove può dirigersi questo popolo? L’immagine, che non si può scacciare, è quella del deserto. Non ci sono Mosè per questi milioni, che vorrebbero vivere secondo buona coscienza. QUANDO dalle massime au- torità giunge – com’è tragicamente avvenuto nel nostro Paese – il suggerimento a “modulare” opportunamente la pena già lieve di chi si è macchiato di frodi per milioni di euro, derubando lo Stato di tutti, cosa deve fare un “volgo disperso... confuso ed incerto”, umiliato nel suo attaccamento ai comandamenti dei filosofi e dei profeti? asta la consumata tecnica dell’evento annunciato che accompagna ogni apparizione televisiva di Roberto Benigni per spiegare il boom di ascolti delle due serate dedicate ai Dieci comandamenti? Certo che no. Non solo la sua metamorfosi – l’irresistibile, incontenibile comico di una volta non esiste più – non ha intaccato il successo, ma anzi questo successo immutabile si spiega anche con il cambio di identità. Benigni è stato il giullare di un’Italia che aveva più voglia di ridere, e soprattutto di trasgredire. Ora è diventato un’altra cosa. O meglio, ha tirato fuori dalla soffitta della memoria collettiva qualcosa che credevamo non esistesse più: il maestro. Non il guru, l’esperto, il giudice, il professorone o il causidico: di quelli sono pieni i talk show (di cui è piena la Tv). Chi invece è in via di estinzione è il maestro elementare del libro Cuore, quello che insegnava le cose fondamentali della vita con il sillabario e il sussidiario, il primo formatore di un bimbo spesso destinato a essere anche l’ultimo. LA RAI TV ne ha avuto uno appena nata, l’indimenticabile maestro Manzi di Non è mai troppo tardi, poi più niente. Fino a Benigni. Che a un certo punto della sua carriera ha smesso di prendere in braccio Berlinguer e di stoccacciare la calzamaglia della Carrà per prendere in mano i fondamentali dei vecchi maestri. La Divina Commedia, la Costituzione, adesso addirittura l’Esodo. Ha fatto davvero come si faceva una volta: si è preparato, ha studiato e poi ha spiegato i comandamenti uno per uno, con dovizia di dettagli storici, per raccontare quale rivoluzione fossero stati nel mondo di tremila anni fa. TUTTO con il linguaggio semplice, colloquiale e affettuoso del maestro elementare. È stato un successo sia perché la metamorfosi è riuscita (sia detto da uno che preferiva di gran lunga il primo Be- Una fase dello show Ansa DA LIBRO CUORE Sembra – che piaccia o no – quello elementare di una volta, che insegnava le cose fondamentali della vita con un solo sussidiario nigni, briccone divino), sia perché in quest’Italia superalfabetizzata, superdigitalizzata e superomologata abbondano diplomi e master, ma si sono perduti i sillabari, e soprattutto chi è in grado di spiegarceli. Non per nulla, secondo un sondaggio di Demopolis appena commissionato dal Corriere della Sera, solo tre italiani su dieci affermano di ricordare tutte le regole delle Tavole della Legge. Così, voltando le spalle all’attualità, Benigni – che aveva già interpretato un maestro elementare in un profetico film di Marco Ferreri, Chiedo Asilo del 1979 – si è ritrovato a essere forse più necessario di prima. La vera svolta è poi iniziata con l’Oscar ottenuto con La vita è bella, il film in cui Benigni si scopriva papà e al tempo stesso maestro per tremende cause di forza maggiore; da quel momento ha iniziato a fare lo stesso con il grande pubblico televisivo, incontrandosi a metà strada con il servizio pubblico. È interessante notare come negli anni Zero i due più maggiori talenti comici abbiano separato le loro strade prendendo direzioni opposte. BEPPE GRILLO è sceso nella trincea della militanza politica, Benigni è risalito fino all’Empireo dei valori, dove morale laica e religiosa si incontrano. Uno si consulta con Casaleggio, l'altro con Sant'Agostino. Cattivismo e buonismo a confronto, entrambi portatori di curiosi effetti collaterali. Beppe restituisce ai cittadini l’incazzatura della giovinezza, Roberto fa tornare tutti bambini, quando prima di andare a nanna non c'è niente di meglio dell’avere imparato qualcosa davanti alla Tv; la voglia di ridere, e di irridere, arriverà più tardi, dopo avere vinto la paura del buio. Forse è questo il piccolo, grande segreto dell'ex piccolo diavolo Roberto Benigni. PIOVONO PIETRE Basta con gli Stati nazionali, lo Olimpiadi le organizzi Apple di Alessandro Robecchi e Olimpiadi romane del 2024 sono dunLgaraque ufficialmente iniziate. Per ora è una tutta interna (italiani contro italiani) e tutta ideologica. Da una parte i fremiti ottimisti del “Vedrete! Per allora saremo cambiati” e dall’altra il cinismo realista di chi ancora sta contando i debiti dell’Expo, i processi del Mose, le piscine non finite del Mondiali di nuoto del 2009 e via elencando. I secondi hanno più argomenti. I primi ne hanno uno formidabile: non bisogna stare fermi perché ci sono i ladri, piuttosto bisogna fermare i ladri. Discorso impeccabile, se non fosse che lo si recita a un paese sospeso tra una pressione fiscale di tipo danese e la banda der Cecato. Potendo uscire dalle beghe nazional-popolari di casetta nostra, però, merita qualche pensierino il concetto stesso di Olimpiade, o di Expo. Dagli anni Ottanta in poi, questi mirabolanti grandi eventi costano più di quello che incassano. Si tende (ovunque, figuratevi qui) a sottostimare i costi e a sovrastimare i ricavi, e raramente le economie nazionali ne risultano rilanciate (a meno che non siano già lanciate da sé). Insomma, gli stati nazionali non sono più gli organizzatori ideali delle Olimpiadi. Allo stato attuale, nessuno può dire come sarà un paese, un’economia, un debito pubblico, uno spread tra dieci anni, siamo qualcosa. nel campo delle scomSOVRANITÀ messe. Ti ricordi Roma, alle Però le Olimpiadi ci Olimpiadi Samsung? Sì, Google, Coca Cola, bello, ma anche le Olimpiacciono parecchio e quindi c’è forse da chiepiadi Volkswagen di CitMicrosoft, una banca tà del Messico, niente dersi perché non le orgacinese. Si scelgono male. Ma pure le Olimnizzino le vere potenze piadi Disney di Topolimondiali. Google, Coca un paese, fanno strade, nia… Insomma, se le Cola, Microsoft, Apple. Si scelgono un paese, stadi, alloggi per gli atleti... Olimpiadi sono diventafanno le strade, gli stadi, te anche una specie di diIl cerchio si chiuderebbe le metropolitane, gli almostrazione di potenza, loggi per gli atleti, le gare tipo le torri medievali che ogni quattro anni. gareggiavano in altezza, La Industrial & Commercial Bank of Chi- ci si chiede perché non affidarne gli oneri a na (più grande azienda del mondo secon- chi può farlo con il giusto orgoglio e la redo Forbes, anche la seconda e la terza sono lativa grandeur. Gli Stati nazionali, specie in banche cinesi) potrebbe organizzare le Europa, potrebbero evitare di buttare tanti Olimpiadi a Roma, e poi magari tocche- soldi sulla roulette dei grandi eventi e marebbero a Facebook quelle di Oslo, o Ma- gari occuparsi di progetti meno grandiosi, drid, o Bogotà, perché no? Dopotutto il che so, i treni locali, il Bisagno, le frane, i passaggio di potere tra le varie sovranità soffitti delle scuole e altre amenità che rennazionali e i grandi gruppi finanziari, in- dono la vita di molti italiani uno sport dustriali, commerciali, petroliferi, tecno- estremo, più che una specialità olimpica. E logici eccetera è in corso da tempo. In Eu- non si tratta di minimalismo, ma anche di ropa, per dire, sarebbe anche un modo, per esperimento sociale e antropologico. Se i grandi colossi del mercato, di restituire, in una banca cinese, o una multinazionale termini di investimenti, un po’ di quel che americana, o un gigante coreano venissero hanno risparmiato in tasse grazie a certi qui a farci le Olimpiadi, infrastrutture, orparadisi fiscali o soluzioni furbette (l’Irlan- ganizzazione e tutto, ci dovrebbero parlare da, il Lussemburgo, eccetera). Che so, ma- loro, con er Cecato e con gli altri gentiluogari costruiscono le piscine in tempo per mini come lui. Magari impareremmo farci le gare, da queste parti sarebbe già qualcosa, chissà. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 19 GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo L’arroganza imperante di Napolitano e Renzi La preoccupazione per quello che accade in questo periodo e per il futuro della nostra democrazia parlamentare, così come concepita dai padri costituenti, mi fa sentire un profondo sconforto. Siamo arrivati al punto che un presidente novantenne, prima di mollare dopo 61 anni di politica ai massimi livelli, si permette di deplorare l’opposizione, dare disposizioni alla stampa su quello che deve scrivere, disporre su chi è autorizzato a parlare, blindare un governo e un capo che si è autoinsediato referente della finanza speculativa filoeuropea che strangola la nostra economia, disporre le modifiche della carta costituzionale in senso autoritario, e infine addirittura tracciare la linea politica dei futuri decenni ed il calibro del suo successore? Scherziamo? Dove siamo finiti e dove ci vogliono portare? Pensano forse che dimostrando questa arroganza il popolo si compatterà dietro a questo giubilo universale del renzismo arrogante? Oppure si verificherà la opposta verità, e cioè che si apriranno sempre di più le porte della ribellione? Vi prego fate qualcosa. Qui è arrivato il momento di agire contro questo disegno. Massimo Giorgi Qual è il prezzo della stabilità? Napolitano, continuando con il lavaggio del cervello, ha detto che va bene così, la stabilità è la cosa più importante. Mi chiedo quale sia il prezzo che il popolo paga in cambio della stabilità. Il non rispetto della sentenza della Corte costituzionale sui parlamentari nominati con legge illegittima? Nonostante la illegalità consumata ce li teniamo per altri quattro anni? La distruzione programmata della nostra Costituzione? Quindi la stabilità è conservare questi punti, cioè conservare lo status quo, conservare il potere ai parassiti. È la teoria del conservatorismo più bieco. Tanto il prezzo lo paga il popolo, vedi le tasse sulla casa triplicate, o i giovani con il 42% di disoccupati. Allora è preferibile l’instabilità, almeno da essa potrà nascere un nuovo assetto del potere o almeno renderebbe più difficile appropriarsi stabilmente del denaro pubblico da parte dei parassiti e dei corrotti. Ed è questo il problema principe del paese. la Cina. La speranza di vedere cambiare qualcosa si è spenta, e come eredità evidente ci ha lasciato un elettorato che non va più a votare perché ha capito che non serve a niente e che il capitalismo regge perché non c’è nessuna alternativa. Se l’economia fosse a misura d’uomo, si aprirebbe una strada maestra valida per tutti: la terza rivoluzione tecnologica per portare ogni nazione a essere completamente indipendente in materia di energia e di alimentazione Francesco Degni Paolo De Gregorio Cosa c’entra Che Guevara a Hong Kong CARO FURIO COLOMBO, ho notato una cosa strana e vorrei un’opinione. Su varie foto, in rete e sui giornali, ho notato l’immagine di Che Guevara sulle magliette dei ragazzi della grande protesta di Hong Kong. Che Guevara in Cina? Angela NON CREDO CHE la scelta sia stata prevalente, ma le magliette con l’immagine di Che Guevara certo c’erano (vedi foto sul New York Times del 16 dicembre) ed è vero che, a prima vista, il fatto è strano. Nonostante il suo ruggente capitalismo, la Repubblica Popolare Cinese definisce tuttora se stessa un Paese comunista. Che Guevara è un eroe comunista. Come può essere anche l’immagine di una rivolta contro la Cina, proprio dalla parte di coloro che vogliono conservare, rispetto a tutto il resto del Paese, un margine di autonomia molto più grande? Credo che l’episodio ci sia utile non tanto per capire che cosa ha portato Che Guevara a Hong Kong (ce lo diranno meglio testimoni informati) quanto per spiegare l’universale ricomparire di quella immagine, che evidentemente rappresenta cose diverse in circostanze diverse. Provo a riflettere sul più evidente doppio significato. Che Guevara rappresenta uguaglianza per tutti coloro che combattono circostanze avverse come la disoccupazione o la povertà. In quel caso è l’immagine di un la vignetta La strada ecologica per uscire dalla crisi Il tabù italiano dei diritti civili La diversità di questa crisi economica è determinata da due fenomeni epocali: uno è quello della globalizzazione che ha stabilito il primato della economia sulla politica, lasciando fare al mercato che premia chi più taglia diritti e comprime salari degli operai fregandosene della loro salute e di quella dell’ambiente, l’altro è rappresentato dalla fine di ogni speranza di vedere il tramonto del capitalismo, mentre sotto i nostri occhi i regimi comunisti si trasformavano in monarchie ereditarie (Corea del Nord, Cuba) o in regimi ipercapitalisti come Vladimiro Zagrebelsky, su La Stampa, ci racconta che in “una Francia afflitta da problemi economici non meno gravi dei nostri e da una verticale caduta di credibilità dei suoi partiti di governo, non (si) evita però di affrontare temi delicati di società e di diritti fondamentali, che invece in Italia sono considerati “divisivi” e per ciò stesso lasciati senza risposta”. Unitamente a quello di rifiutare la continuazione delle cure, sarebbe quindi riconosciuto un diritto nuovo, quello di ottenere insieme alla cessazione dei trattamenti, la sedazione profonda e continua, che assicura di non soffrire e di morire quietamente”. Ma davvero si può credere che in un Paese in cui il primo ministro si fa “normalmente” ricevere dal Papa in visita con la famiglia, e mai è successo che un Papa si facesse ricevere (anche una sola volta in via eccezionale) ed anche con la famiglia, in visita dal primo ministro; in un paese in cui un governo è sorretto anche da uomini come quel Quagliariello che in Parlamento sbraitava che Eluana Englaro era stata ammazzata, davvero si può credere che invece di annunciare prossime Olimpiadi a Roma, si possa mettere all’odg il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio giustiziere che non perdonerà coloro che depredano gli altri e li costringono a vite invivibili. È il segno del riscatto per coloro che sono emarginati e umiliati o spinti fuori dal benessere. Ma un altro Che Guevara è invece simbolo di libertà. Mostrando quella immagine, io dichiaro che non mi sottometto, che non ripeto il tuo slogan, che non eseguo il tuo ordine, che non partecipo al tuo gioco. Chiamo Guevara a testimoniare il mio diritto di essere libero e di non dover rispondere a decisioni che io non ho preso e di cui non sono parte. Ecco, io credo che questo sia stato il Che Guevara di Hong Kong: essere militanti ma da fuori, diversi e responsabili della propria indipendenza. Credo che valga la pena di seguire il fenomeno e penso soprattutto alle persone giovani che, per studio o lavoro, vanno di frequente in Cina. Vale la pena di seguire questa pista, Che Guevara è il segno della progressiva occidentalizzazione e del distacco dal vetero-comunismo ancora sventolato dalla dirigenza come modo, molto più accettato delle dittature di destra, di tenere a freno la libertà. Comincia un racconto che si intitola “Che Guevara contro il comunismo burocratico”. Sarà interessante scoprire come finisce. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] del Parlamento una legge civile capace di regolare per tutti quello che lo vogliono, il modo migliore di morire? Mi è personalmente facile rispondere di no. Checché ne dicano “Sentinelle in piedi” e seguaci di tal “Silvio”, in Italia c’è gran rispetto per il volere delle “minoranze”, e da sempre non si muove foglia che la Chiesa Cattolica Romana non voglia. Vittorio Melandri DIRITTO DI REPLICA L’articolo “Opera buffa ad Ancona: parte il jet, stop al treno” del 27 novembre racconta una situazione che non rispecchia la realtà. Il collegamento ferro- viario Orte-Falconara con la linea Adriatica-Nodo di Falconara possiede le autorizzazioni di tutti i soggetti chiamati a esprimere parere vincolante: Regione Marche, Cipe, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero della Difesa, Ministero dell’Ambiente, Conferenza di Servizi. Per quanto riguarda il rischio di alluvioni, lo studio sulle problematiche idrauliche della zona è stato condotto e condiviso con l’amministrazione provinciale di Ancona. Le soluzioni tecniche adottate sulla base di tale studio sono state recepite e valutate positivamente dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale. Sul rischio di interferenze con l’aeroporto di Ancona, Rfi ha commissionato all’Enav uno studio specifico, trasmesso all’Enac nell’agosto 2009, che ha evidenziato la totale compatibilità tra le due infrastrutture e, quindi, nessuna influenza negativa su regolarità e sicurezza delle operazioni aeroportuali. Stefano Biserni Relazioni con i Media Rete Ferroviaria Italiana Non risulta che Rfi in sede di progettazione preliminare abbia chiesto il parere né le prescrizioni di Enav, l’ente più direttamente interessati all’opera. Lo studio sulle problematiche legate al rischio alluvioni è stato licenziato nel 2004 e non aggiornato, né valutato alla luce di due disastrose inondazioni verificatesi nel 2006 e nel 2011. Infine lo studio commissionato all’Enav è postumo al progetto non, come sarebbe stato logico, precedente ad esso. (a.cap.) In merito all’articolo pubblicato in data 17 dicembre dal titolo “Discovery terza forza, lo sa persino l’Auditel” a firma di Loris Mazzetti, nel quale si afferma che il canale Real Time si posiziona nel mese di novembre al settimo posto assoluto, si tiene a precisare che, nel periodo di riferimento, La7 ha conseguito il 3.03% di share a fronte dell’1.39% di share di Real Time. Ufficio stampa La7 La rettifica è doverosa: Real Time, il canale più visto dei 12 di Discovery (a novembre terzo gruppo tv dopo Rai e Mediaset) è la settima tv in assoluto per i programmi prodotti in Italia e la seconda dopo Canale 5 per il pubblico femminile dai 20 ai 49 anni. Mi scuso con i lettori e La7 per la parziale informazione. (l. maz.) Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7617 del 18/12/2013 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal.