Bankitalia presenta due esposti in Procura contro le coop: “Hanno aperto
banche abusive”. In ballo 11 miliardi. Tutto nasce da un’inchiesta del Fatto
Giovedì 18 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 348
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
LA POLITICA
COMMISSARIA
LA PROCURA
DI PALERMO
Il ritorno del Gattopardo
di Marco Travaglio
eri, con la nomina di Franco Lo Voi a succesI
sore di Francesco Messineo, il Palazzo si è ripreso la Procura di Palermo che aveva dovuto
I membri laici di destra e sinistra del Csm, con i togati di MI
e i vertici della Cassazione, nominano Lo Voi. Violate tutte
le regole per bocciare Lari e Lo Forte, ritenuti troppo vicini
ai pm del processo Trattativa
Lo Bianco, Mascali e Rizza » pag. 9
VIETNAM PARLAMENTARE
Quirinale, la carica dei 205
per far saltare l’asse Renzi-B.
Marra » pag. 4 - 5
» TODOS SOMOS AMERICANOS » 50 anni dopo. Il presidente: “Chiederò la fine dell’embargo”
Obama cancella Kennedy:
pace con Cuba grazie al Papa
Raúl Castro e il leader Usa annunciano
nello stesso momento la ripresa dei
rapporti diplomatici: presto verranno aperte
ambasciate. Scambio di prigionieri tra
l’Avana e Washington. “Il blocco economico
è stato inutile”, dice la Casa Bianca.
E a Miami esplode la rabbia degli esuli
Chierici, d’Esposito e Vitaliano » pag. 12 - 13
FEDELE ALLA LINEA
Gianni Minà esulta:
“Finalmente Fidel
ha vinto la battaglia”
Raúl Castro e Barack Obama annunciano la ripresa delle relazioni diplomatiche Ansa
LA SENTENZA D‘APPELLO-BIS
MAFIA CAPITALE
16 anni a Stasi:
”È lui l’assassino
di Chiara Poggi”
re 19:30 di ieri.
O
Entra la Corte e
condanna Alberto Sta-
Milosa e Truzzi » pag . 10
I genitori di Chiara Ansa
Migliore » pag. 13
10 MILIONI IN TV
» MAGNA MAGNA
Udi Marco Politi
BENIGNACCIO
E L’ITALIA TRA
BENE E MALE
Quel summit
Buzzi-Carminati:
“Possiamo mollare
massimo il 5%”
si a 16 anni di carcere
per l’omicidio della
sua fidanzata Chiara
Poggi.
y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!=!$!#!:
Lillo, Massari e Pacelli » pag. 6
Udi Nanni Delbecchi
IL MAESTRO
E LE REGOLE
DELLA VITA
» pag. 18
Così la ‘ndrangheta
voleva prendersi
i ristoranti di Expo
Barbacetto » pag. 2
LA CATTIVERIA
Papa Francesco: “Maria cucinava
e stirava le camicie di Gesù e Giuseppe”. Devono avergli scambiato
l’autore con quello di Benigni
» www.forum.spinoza.it
mollare 22 anni fa, dopo le stragi di Capaci e via
D’Amelio, con la rivolta dei pm ragazzini cresciuti al fianco di Falcone e Borsellino che misero in
fuga il famigerato Pietro Giammanco e propiziarono l’arrivo di Gian Carlo Caselli. Ora quella stagione che, fra alti e bassi, aveva garantito risultati
eccezionali nella lotta a Cosa Nostra e ai suoi tentacoli politico-affaristico-istituzionali, si chiude
violentemente con un colpo di mano che ha nel
Csm l’esecutore materiale e negli alti vertici dello
Stati e dei partiti i mandanti. Un replay, ma in
peggio, dell’operazione che nel 1988 portò l’anziano Antonino Meli e non l’esperto Giovanni
Falcone al vertice dell’Ufficio Istruzione. In peggio perché, allora, prevalse nel Csm l’osservanza
delle regole formali dell’anzianità. Stavolta tutte le
regole, fissate in precise circolari del Csm, sono
state travolte per premiare il candidato più giovane, inesperto e totalmente sprovvisto dei titoli
minimi richiesti per quell’incarico. Lo Voi ha 9
anni in meno dei due concorrenti – i procuratori
di Messina, Guido Lo Forte, e di Caltanissetta,
Sergio Lari –, non ha mai diretto né organizzato
un ufficio giudiziario, non è mai stato né capo né
aggiunto, ma solo sostituto (e per tre anni appena). L’unico incarico di prestigio l’ha ottenuto per
nomina politica: delegato italiano in Eurojust per
grazia ricevuta dal governo B. Il che, a prescindere
dagli altri handicap, avrebbe dovuto escluderlo in
partenza dalla corsa per la Procura che ha fatto
condannare per mafia Marcello Dell’Utri e lo sta
processando per la Trattativa. Invece è stato questo uno dei pregi che gli sono valsi la vittoria. Non
è qui in discussione l’onestà personale né la capacità professionale di Lo Voi, che ha fama di
buon magistrato. Ma la violazione sfacciata della
legalità da parte di un Csm che, totalmente asservito ai diktat della politica, ha rinunciato per
sempre al ruolo costituzionale di “autogoverno”
dei magistrati e ora non tenta neppure di spiegare
perché non rispetta neppure le proprie regole.
L’ordine partito dai piani alti era ben noto agli
addetti ai lavori fin da luglio, quando il Quirinale
bloccò il Csm che stava per nominare Lo Forte
(uscito primo in commissione Incarichi direttivi): normalizzare Palermo e commissariare la
Procura che ha osato trascinare sul banco degli
imputati boss, politici e alti ufficiali per la trattativa Stato-mafia, fino allo sfregio finale di disturbare il presidente Napolitano. E l’ordine è stato puntualmente eseguito da tutti i membri laici,
cioè politici, di centrodestra e centrosinistra: il
Patto del Nazareno con l’aggiunta sorprendente
del “grillino” Zaccaria (complimenti vivissimi) e
quella scontata dei togati di Magistratura Indipendente (la corrente di Lo Voi) e dei vertici della
Cassazione. Cioè del presidente Giorgio Santacroce, già commensale di Previti; e del Pg Gianfranco Ciani, che due anni fa parlò con Piero
Grasso di avocare l’indagine sulla Trattativa a
gentile richiesta del Quirinale e dell’indagato
Mancino. Di fatto, Lo Voi è il primo procuratore
di nomina politica della storia repubblicana, sulla
scia di quel che accadde nel 2005 per la Procura
nazionale antimafia, quando il governo B. varò tre
leggi (poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta) per eliminare Caselli e intronare il suo unico concorrente, Grasso. Dopo due anni di condanne a morte targate Riina e Messina Denaro –
con tanto di tritolo già pronto – contro il pm Nino
Di Matteo, e di minacce di servizi vari (“deviati”,
si dice) al Pg Roberto Scarpinato, totalmente
ignorate dai vertici istituzionali, Palermo attendeva un segnale da Roma. E quel segnale è arrivato: Lari, scortato col primo livello di protezione per le sue indagini su stragi e depistaggi, non
può guidare la Procura di Palermo; e nemmeno
Lo Forte, reo di aver processato Andreotti, Carnevale, Contrada, Dell’Utri & C.: rischiavano di
sostenere il processo sulla trattativa e le indagini
sui mandanti esterni delle stragi. Lo Stato di Mafia
Capitale non se lo può permettere.
2
GRANDI TORTE
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
Psi allone
e affari,
dimette il capo
ispettore della Fifa
IL CAPO ISPETTORE sbatte la porta e se
ne va. L’avvocato americano Michael Garcia, autore dell’indagine su una presunta
corruzione nell’assegnazione dei Mondiali
2018 e 2022 in Russia e Qatar, ha annunciato le sue dimissioni dal comitato etico
della Fifa, il massimo organo calcistico, in
segno di protesta. A spingerlo all’addio il
rigetto del suo ricorso contro il riassunto fatto dal giudice Eckert delle 430 pagine della sua indagine riservata. Testo
che ha portato all’archiviazione dell’inchiesta, nata da pesanti sospetti su
mazzette incrociate. Nel comunicato,
Garcia lamenta: “Questa decisione mi
ha fatto perdere la fiducia nell’indipen-
il Fatto Quotidiano
denza della camera arbitrale e la mancanza di leadership su questi temi all’interno
della Fifa che mi porta a concludere che il
mio ruolo in questo procedimento è finito”. Pochi giorni fa, la federazione britannica aveva definito una farsa la gestione
della vicenda da parte della Fifa. Molte riserve anche dai dirigenti tedeschi.
Così la ’ndrangheta
voleva mangiarsi
i ristoranti di Expo
I CLAN PUNTAVANO AGLI SPAZI DI RISTORO NEI PADIGLIONI
STRANIERI TRAMITE LA “AREA KITCHEN” DI CRISTIANO SALA
di Gianni Barbacetto
C
Milano
ibo amaro, nell’Expo
sul cibo. Uno: la
’ndrangheta, attraverso l’imprenditore
Cristiano Sala, stava tentando
di accomodarsi a tavola, mettendo le mani sui ristoranti dei
padiglioni stranieri dell’esposizione universale. Due: una
nuova indagine giudiziaria è
aperta sull’appalto per la ristorazione del Padiglione Italia.
Tre: trionfa, per il resto, la trattativa diretta e l’affidamento
senza gara. A Eataly di Oscar
Farinetti, che gestirà due grandi padiglioni che ospiteranno
20 ristoranti; e a Cir Food,
coop rossa di Reggio Emilia
che proprio oggi annuncerà di
aver ottenuto la gestione di tutti gli altri 120 punti ristoro di
Expo, chioschi, fast food, self
service e ristoranti.
Sì, anche la ’ndrangheta stava
cercando un posto a tavola. Secondo quanto risulta al Fatto
quotidiano, la società “Area Kitchen Catering” era molto attiva in zona Expo: ha fatto diverse proposte di gestione dei
ristoranti interni ad alcuni padiglioni stranieri, tra cui quello
di Israele. Chi c’è dietro Area
Kitchen Catering? Cristiano
Sala, l’imprenditore arrestato
due giorni fa, insieme ad altre
58 persone, nella grande retata
contro la cosca Libri-De Stefano-Tegano attiva tra Reggio
Calabria e Milano. Impegnata
nel traffico di droga, ma anche
in business più raffinati, quali
Il Camilleri greco
la ristorazione. Cristiano Sala
aveva ereditato dal padre il
gruppo “Il maestro di casa”,
che nel 2007 fatturava 35 milioni di euro. Entrato in crisi,
aveva chiesto aiuto ai boss.
Non era riuscito a salvarsi dal
fallimento, ma i debiti accumulati con gli uomini della cosca, nel tentativo di salvarsi, lo
avevano invece perduto: “Da
vittima diventa complice”,
scrivono i magistrati milanesi,
e “persona estremamente importante per il sodalizio criminoso”. Tanto che cerca di ottenere, anche con giochi sporchi, il servizio di catering per lo
stadio di San Siro. Secondo
l’ipotesi d’accusa, si mette a disposizione dei fratelli Giulio,
Vincenzo e Domenico Martino, considerati i capi dell’associazione criminale. “Ha bisogno”, dicono, intercettati, i
boss. “Si tappa il naso, questo
Cristiano”. Ed entra così nella
schiera degli imprenditori del
nord che “da vittime diventano organici alle cosche”.
to a Peck l’appalto per la ristorazione, o se invece ha qualche
ragione il secondo arrivato,
Piero Sassone della Icif, che è
ricorso al Tar e all’Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, segnalando alcune presunte irregolarità.
Per il resto, il cibo in Expo arriva a trattativa privata. Quello
di “Italy is Eataly”, 8 mila metri
quadrati affidati senza gara a
Farinetti, ex venditore di elettrodomestici molto vicino al
presidente del Consiglio Mat-
NELLE CARTE dell’ultima in-
teo Renzi. Sarà “il più grande
ristorante che mente (e pancia
umana) abbia mai pensato”,
promette il patron di Eataly,
che sceglierà i 120 ristoratori i
quali, a rotazione, gestiranno i
20 ristoranti, uno per regione,
che saranno allestiti all’interno
dei suoi due padiglioni, per offrire al mondo l’esperienza della cucina di tutta Italia.
“Su questo affidamento non
abbiamo potere”, spiega Cantone. “È avvenuto prima del 24
giugno 2014, quando è entrata
chiesta milanese sulla ’ndrangheta a Milano non c’è traccia
di Expo, che non è neppure mai
citata. Eppure Cristiano Sala
stava trattando per entrare in
alcuni padiglioni stranieri, tra
cui appunto quello israeliano.
Sul padiglione italiano, invece,
sono al lavoro la procura e la
Guardia di finanza di Milano,
che dopo un articolo del Fatto
quotidiano hanno aperto un’inchiesta per verificare se è stata
corretta la gara che ha assegna-
CHIAMATA DIRETTA
La Cir Food prende
l’appalto su 120 punti
di ristorazione. Cantone
su Eataly: “Ha avuto i due
padiglioni prima del mio
arrivo: non ho poteri”
in campo, per decreto del governo, l’Autorità nazionale anticorruzione. Sappiamo che
Expo può utilizzare poteri in
deroga e fare affidamenti diretti”, prosegue Cantone. “Acquisiremo i documenti e verificheremo cosa è stato fatto, ma non
abbiamo alcun potere su atti
precedenti al nostro arrivo”.
DIVERSO è il caso dell’altro affidamento senza gara, quello –
annunciato oggi – per tutta la
ristorazione di Expo, tolti il Pa-
lazzo Italia (sotto inchiesta) e i
due padiglioni di Eataly (affidati a Farinetti). Per i 120 punti
ristoro disseminati in tutta
l’area dell’esposizione universale sono state bandite due gare, entrambe andate deserte:
nessun operatore del settore ha
ritenuto convenienti le condizioni poste da Expo. Allora la
società ha avviato un “dialogo
competitivo” con le aziende.
“In questo caso, l’Autorità anticorruzione ha seguito la procedura e ha posto alcuni palet-
ti”, dichiara Cantone. Alla fine
Expo spa ha trovato chi ci sta.
La coop Cir Food, che sul suo
house organ scrive: “Stiamo
scaldando i motori anche per
Expo 2015, con tante speranze,
tante apprensioni e tanta voglia
di lavorare”, con “l’orgoglio di
essere una cooperativa sana,
giovane e ricca di storia”.
Cir Food spera di servire, pur
con margini di guadagno molto limitati, circa 26 milioni di
pasti ai 24 milioni di visitatori
previsti, con 13 milioni di pasti
Il giallista Petros Markaris
“Le Olimpiadi sono una rovina”
di Luca De Carolis
enzi parla di Olimpiadi
per distrarre la gente dai
R
veri problemi. I Giochi non
portano affari ma solo sprechi
e corruzione: per la mia Grecia
sono state l’inizio della crisi,
senza fine”. Lo scrittore e
drammaturgo Petros Markaris, uno dei più noti giallisti
europei, si accalora al telefono.
Ripete più volte: “Credimi, so
com’è andata”. Lui conosce
bene i segni che le Olimpiadi
di Atene del 2004 hanno lasciato sulla Grecia, devastata
da una crisi a cui ha dedicato
una trilogia. Dei Giochi parla
anche nei suoi romanzi, come
La lunga estate calda del commissario Charitos (Bompiani), in
cui l’omonimo poliziotto scopre due omicidi in impianti
costruiti proprio per Atene
2004. Abbandonati, come cattedrali sconsacrate.
Perché le Olimpiadi sono state
così nocive per la Grecia?
La questione di fondo è che
non si possono organizzare i
Giochi partendo da zero. La
Grecia non aveva neppure le
strutture di base per ospitarle.
Eppure si andò avanti lo stesso, coprendo tutto con enormi
debiti verso le banche. E così
hanno innescato la crisi che
tuttora vediamo. Inoltre, ci sono tutti quegli impianti co-
struiti per le Olimpiadi (22,
ndr). Ora sono abbandonati,
non li vuole più nessuno. Una
catastrofe finanziaria.
Il governo insomma sfidò ogni
logica. Perché?
Ufficialmente per due ragioni.
La prima era di natura patriottica: sostenevano che le Olimpiadi dovessero tornare a casa,
nella terra dell’antica Olimpia.
L’altra era di natura economica: dicevano che i Giochi
avrebbero portato tanti turisti
in più. Ma dopo le tre settimane delle gare è finito tutto.
DISTRAZIONE DI MASSA
“I Giochi del 2004 hanno distrutto la Grecia
con sprechi e corruzione. Renzi li vuole
per distogliere la gente dai veri problemi”
Lei cosa ne pensava?
Ero assolutamente contrario
alle Olimpiadi, sin dall’inizio.
Sapevo che avrebbero provocato un disastro.
Si è parlato molto di episodi di
corruzione attorno ad Atene
2004.
Da noi sbarcarono tante
aziende straniere, consapevoli
che la corruzione era molto
diffusa in Grecia. Ne hanno
approfittato. Ma la verità è che
dove ci sono i Giochi c’è la corruzione. Questo è un fatto inevitabile, non ci si può fare nulla.
Ospitarli potrebbe anche portare ricavi.
Non puoi guadagnare con le
Olimpiadi, è un’altra regola. È
stato così per tutte le edizioni
degli ultimi decenni. Gli unici
che fanno affari con i Giochi
sono quelli del Comitato olimpico. Tutti gli altri ci hanno rimesso montagne di denaro.
Matteo Renzi però la pensa diversamente. Vuole che l’Italia
ospiti i Giochi del 2024.
Quando Mario Monti disse no
alla candidatura italiana (nel
febbraio 2012, ndr) io venni intervistato da un giornalista italiano in uno degli stadi greci
usati per i Giochi. E gli dissi: ‘Il
vostro premier è un uomo saggio, lo posso dire per esperienza’.
E allora perché Renzi ci riprova?
Perché i grandi annunci fanno
dimenticare, distraggono la
gente dai problemi. Non vedo
altre possibili ragioni. Se il vostro premier pensa davvero di
fare affari con le Olimpiadi si
sbaglia di grosso.
Però non c’è solo l’aspetto economico. I Giochi dovrebbero
anche rappresentare anche un
ideale, lo spirito dell’antica
Olimpia...
Quello spirito non esiste più,
né in Grecia né in nessun altro
parte del mondo. Tutti si
preoccupano solo dei soldi che
riusciranno a fare.
Come sta adesso il suo Paese?
Vede spiragli di ripresa?
GRANDI TORTE
il Fatto Quotidiano
I CINQUE STELLE DA CANTONE
“SERVE NORMA SU IMPRESE SOCIALI”
“Un confronto utile”. Così i Cinque Stelle definiscono l’incontro privato avuto ieri a Roma
con il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone. Cantone ha
visto una delegazione composta dal capogruppo alla Camera Andrea Cecconi, da Ro-
berta Lombardi e dalla capogruppo in commissione Affari sociali Giulia Grillo. Secondo i
5 Stelle, “Cantone è convinto, così come lo
siamo noi, che il forte incremento degli affidamenti diretti di servizi da parte degli enti
locali alle cooperative sociali, avvenuto soprattutto negli ultimi anni, non consente controlli adeguati e apre al rischio di corruzione”.
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
3
Di conseguenza, “si rende necessario realizzare quanto prima una norma ad hoc sulla
trasparenza dedicata alle imprese sociali che
accedono a provvidenze pubbliche. Noi agiremo in Parlamento in tal senso. Nel frattempo, intendiamo proseguire nel confronto e
nello scambio di informazioni con il dottor
Cantone”.
AMICI SUOI LI MANDA MATTEO
Una poltrona ai Giochi
L’ultima promessa
a Giani, uomo di sport
L’altro Gelli, il boy scout
ex socialista che vuole
digitalizzare la sanità
di Davide
di Chiara Daina
Vecchi
O
BUONI E
CATTIVI
Da sinistra,
Raffaele Cantone, il logo della
ditta di Sala e
Giulio Martino,
per i pm boss
di ’ndrangheta
Ansa
nei 55 giorni di picco (weekend
e festivi), in cui si stimano 250
mila visitatori al giorno, e altri
13 milioni di pasti nei 129 giorni non di picco, durante i quali
si ipotizzano 90 mila visitatori
al giorno. “Dobbiamo misurarci con scommesse che mettono
a dura prova i nostri modelli lavorativi”, ribadisce Cir Food,
“acquisire tante commesse a
margine quasi zero e sommarle, sperando di avvicinarci alla
redditività dell’anno precedente”.
ATENE 2004
L’impianto olimpico per
il beach volley, abbandonato dopo i Giochi. Sotto,
Markaris LaPresse, Ansa
Sono molto pessimista, non
vedo segnali positivi. Si fanno
sacrifici enormi solo per ragioni politiche, e la corruzione
resta un enorme problema.
Nessuno in Europa muove un
dito per aiutare la Grecia.
Molti danno la colpa alla Germania, alla sua linea dell'austerità.
Il mio editore è tedesco, conosco bene quella nazione. E
posso dirle che è troppo semplice dire che è tutta colpa della Germania. Cosa stanno facendo gli altri Paesi dell’Unione? È tutto il modello europeo
che non funziona, perché non
c’è più la politica. Comanda
solo il mercato, e vale anche
per le Olimpiadi
Twitter @lucadecarolis
I
Milano
ra è un incarico nel presunto, futuro comitato
olimpico per Roma 2024.
Matteo Renzi ha ancora
qualche conto in sospeso con alcuni
politici fiorentini che lo hanno aiutato
a realizzare i suoi progetti e attendono
fiduciosi che ricambi e mantenga la
parola data. Uno su tutti: Eugenio
Giani, ex assessore, presidente del
consiglio comunale e oggi consigliere
regionale. Sconosciuto fuori dalla Toscana quanto noto e amato nella terra
di Dante: per spiegare il consenso di
cui gode basta ricordare che grazie a
lui nel 2002 la squadra di calcio gigliata, oggi dei Della Valle, si è salvata
dal fallimento di Vittorio Cecchi Gori.
Eugenio Giani, consigliere in Toscana Ansa
dium, fra l’altro), aiutare le varie società (ciclicamente in difficoltà) e ha
giri finanziari da centinaia di milioni
di euro. L’ultimo bilancio registra un
patrimonio netto pari a 800 milioni di
euro e una movimentazione di quasi 2
miliardi. Una banca partecipata anche
da alcuni istituti finanziari privati, ma
L’ALLORA ASSESSORE allo sport della la maggior parte della liquidità finangiunta Domenici si inventò la Floren- ziaria le arriva dallo Stato che la fitia, società che fece da Caronte tra la nanzia con i ricavi dei concorsi provecchia e la nuova proprietà. Una pas- nostici tipo Lottomatica. Nel 2008 è
sione azzeccata per lo sport, quella di arrivata la Corte dei conti e nel luglio
Giani. Da allora è presidente provin- 2011 è stata commissariata. Il provciale del Coni, molto stimato (e ascol- vedimento però, dopo una dozzina di
tato) da Malagò. Quando lo scorso rinnovi, scade il 31 dicembre ed entro
febbraio Renzi ha lasciato in anticipo quella data dunque dovrà dotarsi di un
la guida del Comune per andare al go- nuovo cda. Renzi temporeggia. Ma anche due giorni fa alla
verno, Giani era indicerimonia insieme a
cato come il futuro
Malagò al Coni Renzi
sindaco della città: re
LA RINUNCIA
ha garantito a Giani,
di consensi, aveva già
presente, che la polun comitato elettorale
Doveva candidarsi
trona è sua. Poi, in
attivo da oltre un anquel contesto, il preno e ufficializzò ima sindaco di Firenze,
mier ha annunciato la
mediatamente la sua
ma il premier gli chiese
candidatura di Roma
candidatura alle prialle Olimpiadi del
marie del Pd. Contro
di ritirarsi: avrebbe vinto. 2024. Male che va, per
Dario Nardella avrebGiani ci sarà anche
be vinto con facilità
Ora gli offre un posto
quella. “Fidati di
disarmante.
Così
nel comitato olimpico
me”.
Renzi lo convinse a
desistere e, per stessa
ammissione di Giani,
gli propose di fare il sottosegretario
dell'allora nascente governo. Lui ovviamente accettò, si ritirò dalle primarie e attese fiducioso. Fatte le consultazioni, i ministri, i viceministri, a fine
febbraio Giani chiese al premier conRoma
tutti
ferme e lui rispose con un sms: “Fidati
hanno amici.
di me”. Che non era proprio “Enrico
Troppi amici. Pure
stai sereno” usato con Letta ma di tequelli che stanno
nore simile. Giani si fida. Il primo
nel “mondo di somarzo arriva lo schiaffo: il suo nome è
pra” e quello di sotstato escluso dall’elenco dei sottoseto non lo hanno mai
gretari. Con Renzi, si sa, capita. Ma
visto neanche in foquella stessa settimana viene invitato a
to. Giovanni Malapassare a Palazzo Chigi. Si aprono
gò – presidente del
nuove prospettive, garantisce l’ormai
Coni lettiano nel
premier scusandosi. Magari al Coni?
senso di Letta zio –
Propone Renzi, in un incontro romadi amici ne ha tantissimi e un’idea
no raccontato dallo stesso Giani in terdiciamo estetica dell’organizzaziomini quasi surreali. “Io ci sarei già al
ne d’impresa. Ora è tutto ringalConi”, è costretto a sottolineare. Passano altre settimane, visite nei Palazzi,
luzzito dal fatto che Matteo Renzi
viaggi da Firenze, nuovi sms, infine
ha deciso di appoggiare la candil’ultima proposta: la guida del Credito
datura di Roma ai Giochi del 2024:
sportivo. Che non è proprio un ente
“A capo del Comitato olimpico?
qualsiasi, è l’unica banca pubblica itaUna persona che ha il tipo di caliana. Ed espressamente dedicata allo
ratteristiche di Montezemolo”, ha
sport. Quindi elargisce mutui e finansostenuto ieri senza specificare beziamenti per costruire stadi (ha coperto la metà del costo dello Juventus sta-
n ballo c’è un boccone goloso,
l’attuazione della sanità digitale.
E schierato in prima linea c’è Federico Gelli, tra i devoti al premier. Pisano di 52 anni, deputato Pd,
renziano della prima ora (fu capogruppo
del partito nel Comune di Firenze sotto
Renzi), ex boy scout. A Montecitorio siede nella commissione Affari sociali e
dalla sua poltrona gli piace fare lobby. Da
febbraio a maggio 2012 ha diretto la
Scuola di legalità per i dirigenti e amFederico Gelli, deputato Pd Ansa
ministratori del partito, inclusi quelli
che oggi sono indagati nell’inchiesta su- retti, amico e sostenitore dell’inquilino
gli appalti del Mose a Venezia. È stato di Palazzo Chigi, che nel 2006 vince un
finanziatore della fondazione Open, che appalto da 4 milioni di euro per il proha foraggiato l’ascesa di Matteo alle pri- getto di informatizzazione dei dati sanimarie e alle amministrative di Firenze. tari della Regione Abruzzo. In corso
Chiese le dimissioni di Fedez da X Factor d’opera la spesa sale a 7 milioni.
dopo l’inno che scrisse per il M5S. Tra le
altre cose è pure presidente di Nova, as- NEL 2011 IL SISTEMA viene collaudato
sociazione no profit che promuove l’in- ma poi non entra più in funzione. Poi c’è
novazione tecnologica, anche nella sani- Engineering, colosso Usa dell’informatità. Quindi, la coincidenza: l’ultimo patto ca, che vorrebbe mettere le mani sopra
della Salute siglato lo scorso luglio dalla Ancitel, spa attiva nei servizi informatici
Conferenza Stato-Regioni prevede un per la Pubblica amministrazione di propiano strategico per la sanità digitale. E prietà dell’Anci. Gli altri sono Poste, Tequi entra in gioco Nova, che confeziona lecom, Tbs Group, Noema Life, Exprivia,
un progetto ad hoc battezzato “Ecosiste- Reply. Nova, gli imprenditori e il minima digitale”. Tra gli obiettivi: il fascicolo stro della Salute Beatrice Lorenzin si sosanitario elettronico, la teleassistenza, il no già incontrati a porte chiuse. Parola
alla Lorenzin: “Il protelemonitoraggio da
getto di ecosistema dicasa, la telemedicina.
gitale che mi ha propoGli stessi che si prefigge
COINCIDENZE
sto l’associazione Noil ministero della Saluva, grazie all’impegno
te, come raccontato
Lorenzin vara un piano
di otto imprese è un
settimane fa da La Noprimo passo importizia. Gelli, come presisulla sanità digitale.
tante in questa direziodente di Nova, invita le
E Nova, l’associazione
ne (la sanità digitale,
imprese del settore a
ndr) e i nostri uffici
occuparsi del piano.
del deputato Pd (piena
stanno lavorando per
Per adesso sono otto.
C’è il gruppo Dedalus
di industrie del settore), implementare questo
progetto”. Il ministro
spa, creato nel 1990 dal
presenta una proposta... lo ha dichiarato il 25
fiorentino Giorgio Mosettembre nel suo ufficio, intervistata proprio da Gelli. Erano seduti uno di fianco
all'altro, di fronte alle telecamere, lui in
veste di “giornalista” temporaneo. Il video è online, sul canale YouTube dell’onorevole. Oggi un’interrogazione parlamentare del M5S chiede trasparenza sulne cosa intendesse.
la vicenda.
L’uomo, d’altronIl consiglio direttivo di Nova annovera
de, ha un modo tutmanager di importanti aziende hi-tech,
to suo di approccome Stefano Cinquini, sales manager
ciare la realtà. Talnel settore pubblico di Telecom in Tovolta, non conoscana, Marche e Umbria, Stefano Orselli,
scendolo, si podistrict manager presso Philips Healtrebbe pensare che
thcare, Umberto Bessi di Axiom e Patrisia un tipo naïf:
zio Donnini di Dot Media, che ha curato
“Appalti Mose e
molte campagne di comunicazione del
Expo? Non candiComune di Firenze e di Renzi grazie al
darsi alle Olimpiaquale il fatturato dell’azienda in solo un
di per causa loro vuol dire dargliela
anno, dal 2008 al 2009, lievitò da 9 mila a
vinta due volte”, ha spiegato su Ra137 mila euro. Dot Media ha legami sodiodue. Espressione che disegna
cietari con la Eventi 6, società della fauna situazione win win per i cormiglia Renzi, di cui Matteo è stato fonruttori: con gli appalti gli va bene,
datore e socio fino al 2004. Intanto il prisenza vincono due volte. Anche il
mo dicembre Gelli, per conto di Nova, ha
neorenziano Malagò ha già vinto: è
annunciato il lancio dell’ecosistema ditanto vero che ha convinto il Cio a
gitale per l’area metropolitana fiorentina
dargli due milioni per far partire il
(M.a.d.e.) entro aprile 2015. Il Fatto lo ha
Comitato Roma 2024.
interpellato, ricevendo questa risposta:
“Nova è un incubatore di idee, fa cultura,
non promuove aziende”.
RIECCOLO Roma 2024, Malagò:
“Magari Montezemolo...”
A
4
LA PARTITA
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
J“Non
obs Act, Damiano:
accetteremo
diktat di Ncd”
di Fabrizio d’Esposito
I
l manuale del franco tiratore sul Quirinale che
verrà prende forma ora
dopo ora nei capannelli o
sui divanetti del Transatlantico
di Montecitorio. I renziani tentano di esorcizzare l’abisso del
pantano con un finto e nervoso
ottimismo. Chi racconta che alla
fine ci sarà il metodo Ciampi già
al primo scrutinio, chi ribadisce
che comunque non si andrà oltre la quinta votazione, quando
servirà la maggioranza assoluta
di 505 su 1008 grandi elettori.
Ma le truppe dei ribelli, emuli dei
101 che frantumarono sia Prodi
sia la Ditta di Bersani, si stanno
organizzando e promettono di
essere almeno il doppio di quelli
che provocarono la genuflessione di un intero sistema davanti a
Napolitano, con la supplica di
accettare un inedito secondo
mandato.
“NOI NON PENSIAMO che il previsto confronto del Governo con il
sindacato, a differenza di quello che
afferma il Nuovo Centro Destra, debba risolversi in uno 'sbraco’ sull'art.
18, mentre quello con gli imprenditori
sarebbe 'doveroso e utile’. Crediamo
ancora nel dialogo e nel ruolo di tutte
le parti sociali”. Lo dichiara Cesare
Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. “Così come pensiamo - prosegue Damiano che, mentre è lecito in politica avere
punti di vista divergenti, non sia accettabile lanciare avvertimenti al
Premier Renzi ('Presidente avvertito
il Fatto Quotidiano
mezzo salvato’) sui Decreti del Jobs
Act”. “Se l’Ncd vuole sfilarsi dalla
maggioranza - continua il presidente
della Commissione Lavoro - lo dica
senza pretendere di mettere inaccettabili diktat sui contenuti dei Decreti:
per parte nostra continueremo a batterci, come abbiamo fatto con i 37
emendamenti al testo del Jobs Act
uscito dal Senato, per tutelare al
massimo livello possibile i diritti dei
lavoratori. Chiediamo che l’Aspi abbia una durata per tutti di almeno 24
mesi e che nella legge di Stabilità siano messi altri 400 milioni di euro per
gli ammortizzatori sociali”.
BANDE E CORRENTI
COSÌ SI ORGANIZZANO
I FRANCHI TIRATORI
I 101 CHE IMPALLINARONO PRODI SONO GIÀ RADDOPPIATI,
TANTI GRUPPI SEMINANO IL PANICO NEI DEMOCRATICI
E I FITTIANI SONO PRONTI A DISTRUGGERE IL NAZARENO
Il viaggio nei palazzi dove
nascono le trame
La ricognizione del cronista,
ovviamente, parte dal Partito
democratico renziano che sulla
carta conta 446 voti. La mappa
del dissenso la fa un bersaniano
ortodosso, a taccuino chiuso:
“Non è vero che siamo 40. Siamo almeno il doppio”. Segue la
descrizione delle tribù: “Tra
Bersani e D’Alema, quelli fedeli-fedeli senza canali con Renzi
sono 25. Poi una decina controllati da Fioroni, dieci di Civati,
una ventina dell’area Cgil di
Fassina e Damiano”. Siamo a 65.
E il resto? “A questo punto entrano in ballo i malpancisti trasversali a tutte le correnti: parlamentari che vogliono la riconferma oppure che si lamentano
di essere stati emarginati sul territorio; aspiranti sottosegretari
che sono rimasti fuori dal governo; semplici deputati condannati all’anonimato che invidiano i colleghi che vanno in tv”.
La somma di quest’ultima tribù,
nome dopo nome, sfiora la cinquantina. In pratica, siamo a
115, ben oltre i 101 di prodiana
memoria. Ma ecco che scatta la
variante Nazareno, snodo decisivo della lunga partita che durerà due mesi: “Se Renzi ci porta
Il premier Matteo Renzi; sullo sfondo Giorgio Napolitano Ansa
ANIME PERSE
La mediazione
di Bersani sulla rosa
di tre nomi ex Ds:
il sindaco di Torino,
la dalemiana Finocchiaro
e il ritrovato Walter
impacchettato il candidato concordato con Berlusconi per la
serie prendere o lasciare allora si
sale minimo a 140, se non di
più”. Qui è Rodi e qui bisogna
saltare. Ed è per questo che Bersani vuole intestarsi il ruolo di
mediatore unitario delle minoranze per trattare con il premier.
La condizione dei ribelli è una
soltanto: “Sconfessare Berlusconi e proporre uno dei nostri.
Se il premier è un ex dc della
Margherita, allora al Colle può
andarci un pidino di matrice
diessina”. I nomi che circolano
sono tre, tenendo presente che
ognuno di loro avrebbe già sondato riservatamente il Condannato: Piero Fassino, Walter Veltroni e Anna Finocchiaro.
Qualcuno sostiene che alla fine
potrebbe uscire lo stesso Bersani, ma molto dipenderà dall’inizio degli scrutini. Agli emissari
dei ribelli, però, è chiara la minaccia che Renzi agiterà per farsi seguire: il voto anticipato. È lo
schema del teorema propugnato dal forzista dissidente Augusto Minzolini: “A questo Parlamento, il futuro capo dello Stato
deve garantire solo una cosa: far
terminare la legislatura nel
2018. Con questa promessa potrebbe sperare persino Prodi”.
Un paradosso, ma nemmeno
tanto. Dai potenziali 140 del Pd
si passa alle faide di Forza Italia.
Ieri mattina a Omnibus, il fittiano
Francesco Paolo Sisto – dopo
aver collocato le parole di Napolitano contro le minoranze in
una sorta di “anticamera
dell’antidemocrazia” – ha detto
chiaramente che la successione
a Napolitano sarà un affare
“molto complesso”. I parlamentari che fanno riferimento
all’ex governatore pugliese Raffaele Fitto, baluardo azzurro
contro il patto del Nazareno tra
B. e Renzi, sono almeno quaranta dichiarati, pronti a diventare
cinquanta nel segreto dell’urna.
Battuta di un deputato non renziano del Pd: “A dare la linea a
Fitto ci penserà D’Alema”. Segno che la leggenda sull’interlocuzione tra i due non è tramontata. Anzi: lo spettro di una convergenza tattica tra le due minoranze interne è un’altra variabile impazzita del Grande Gioco
del Quirinale. E 140 più 50 fa
190 schegge impazzite che nel
loro percorso segreto potrebbero incrociare le ambizioni dei
centristi sparsi tra alfaniani di
Ncd, casiniani dell’Udc ed ex
montiani di Scelta civica. I
neodc hanno un candidato, non
solo di bandiera, che si chiama
Pier Ferdinando Casini.
Crescono i cattivi pensieri
del giovane fiorentino
L’ex presidente della Camera è
politico esperto e navigato e sa
perfettamente che le sue chance
di successo sono bassissime.
Però c’è un prezzo da stabilire
per i voti e una scelta non condivisa oppure difficile da digerire creerebbe in quest’area una
frangia di 30 malpancisti che farebbe schizzare a 200 la zona
ballerina. Un tormento senza
fine per Renzi a quel punto, che
difficilmente compenserebbe
queste perdite con lo scouting
tra i grillini. Nel Movimento 5
Stelle i renziani in sonno non
sono più di venti, nella migliore
delle ipotesi. Ma Renzi una possibilità per recuperare voti ce
l’ha. Gliela suggerisce un altro
bersaniano in incognito: “Si
sforzi di essere più simpatico”.
IL BORSINO
Quirinale, Fassino corre e Grasso insegue
PIERO FASSINO
SINDACO TORINO
SABINO CASSESE
GIUDICE EMERITO
PIETRO GRASSO
PRES. DEL SENATO
PIERCARLO PADOAN
MIN. ECONOMIA
PAOLA SEVERINO
EX GUARDASIGILLI
WALTER VELTRONI
EX SINDACO ROMA
ROMANO PRODI
EX PREMIER
Sostenuto dal “partito dell’Anci”, potrebbe garantire la minoranza Pd e Renzi: da ex Ds
fu tra i primi a stare con lui.
Ideale per il patto con Fi.
L’ex giudice della Consulta,
nominato dal Ciampi, è molto stimato negli ambienti Pd
e dal presidente uscente
Giorgio Napolitano.
In caso di stallo, il numero uno
di Palazzo Madama, che sarà
pro tempore il capo dello Stato, potrebbe essere la soluzione per unire centro, Pd e Fi.
Oltre all’ottimo rapporto con il
Quirinale, il presidente Renzi e
il mondo degli ex diesse, il ministro avrebbe anche un consenso più inclusivo.
L’avvocato penalista può
contare sul sostegno di Gianni Letta, un pezzo di Fi, il Vaticano e tanti poteri forti che
pesano nelle scelte politiche.
Il candidato premier sconfitto
da Berlusconi, evitando di
espatriare in Africa, si è ripreso uno spazio intorno al Pd e
non dispiace a centro e destra.
Il professore non può fidarsi
del Pd, visto il recente precedente per il Colle e su di lui
c’è il no di Berlusconi. Ma
potrebbe convincere il M5S.
LA PARTITA
il Fatto Quotidiano
B
agnasco dice
messa ai politici:
“Siate onesti”
MESSA PER SCAMBIARE gli auguri di Natale
nella basilica romana di Santa Maria Sopra la
Minerva. La celebrazione, presieduta dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, è
dedicata ai parlamentari. Nella chiesa romana a
due passi dal Pantheon sono arrivati, tra gli altri, il
presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro della
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
5
Salute Beatrice Lorenzin, il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio Luca Lotti e molti parlamentari, da Rosy Bindi a Maurizio Gasparri, da
Pier Ferdinando Casini, a Gaetano Quagliariello.
“Servire il Paese con onestà e fare le scelte avendo come criterio l’onore. E’ l’appello del presidente Cei, il card. Angelo Bagnasco, nell’omelia
pronunciata nella messa con i parlamentari.
RENZI VUOLE PRIMA L’ITALICUM
CARTA SEGRETA PER IL COLLE
IL PREMIER SPERA CHE NAPOLITANO RITARDI DI QUALCHE GIORNO LE DIMISSIONI
ENNESIMA GUERRA CON FORZA ITALIA CHE VUOLE PRIMA ELEGGERE IL SUCCESSORE
di Wanda Marra
Q
M5S: “Queste riforme
portano al fascismo”
PRIMA una lunga citazione di Pietro Calamandrei, poi l’affondo, per accostare i metodi del Fascismo a quelli di Renzi, “una
persona che vorrebbe essere re”. Intervenendo alla Camera nella discussione sulle riforme istituzionali, il deputato 5Stelle Andrea Colletti non usa mezzi termini: “Se davvero volete frodare
il nostro regime costituzionale vi invito ad approntare una parvenza di valvola di sfogo. Nei Paesi emergenti ci si muove
dall’autoritarismo alla democrazia, noi facciamo il percorso inverso. E lì abbiamo letto del teatro tra il gerarca, il dittatore, e il
re, e qui abbiamo il teatro tipico che diventa dell’assurdo tra
Renzi e Napolitano, e a questo teatro noi ci sottraiamo pur combattendo”. E dopo un riferimento al celebre “discorso del bivacco”, il primo di Mussolini alla Camera da presidente del Consiglio, rincara: “Abbiamo ogni settimana il teatro del presidente
del Consiglio che afferma, attraverso i suoi sodali, che le elezioni
anticipate sono sempre possibili, e il presidente della Repubblica che dice che bisogna arrivare a fine legislatura. Sono attori
di una stessa tragedia. Di quella maggioranza raccogliticcia non
si sentiva sicuro e portò la lotta contro il Parlamento sul piano
della riforma elettorale, cercando un sistema che permettesse
alla minoranza fascista di trasformarsi, con nuove elezioni manovrate, in schiacciante maggioranza parlamentare. Ricorda
nulla l’Italicum, dove una minoranza, grazie all’abnorme premio
di maggioranza, può diventare maggioranza parlamentare?”.
PORTFOLIO
uello che ha in testa
davvero Renzi per il
nuovo presidente
della Repubblica
non lo dice a nessuno”. Il commento è condiviso dagli alti dirigenti Dem, come al Colle.
Il grande gioco del Quirinale è
ufficialmente iniziato, il nome
va proposto dal Pd. E il presidente del Consiglio è alla ricerca sia di una strategia che non lo
faccia diventare rapidamente
vittima di un Parlamento pronto a impallinarlo, sia di una figura che vada bene a lui, ma sia
nello stesso tempo votabile dagli altri. Una ricerca che va di
pari passo alla gestione degli altri due capi del triangolo delle
Bermuda, dimissioni di Napolitano e approvazione dell’Italicum.
per cercare una data tra il gennaio 2016 e il settembre 2017
che vada bene ad entrambi i
contraenti del Nazareno. Il vero
timing di Renzi potrebbe essere
quello di chiudere l'iter di riforme istituzionali a fine del 2015,
fare il referendum popolare per
confermare il superamento del
bicameralismo e sul traino del
successo andare alle elezioni. FI
non vuole. Nessun Mattarellum
di riserva, invece. Primo, perché
Renzi l’Italicum lo vuole senza
se e senza ma. E poi, perché lasciar aleggiare l’idea che potrebbe rimanere in vita il Consultellum in caso di voto anticipato è
un modo per placare chi nella
minoranza medita scissioni (e
dunque prefererirebbe un proporzionale). Tra i retro-pensieri
del presidente del Consiglio ci
sta pure quello, in caso di voto,
di fare un decreto o una leggina
per andare a elezioni con Italicum a Montecitorio e Consultellum al Senato.
INTANTO, ha stabilito la war
room: ci sono il Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio,
Lotti e il ministro delle Riforme,
Boschi, il vice segretario Pd,
Guerini, i capigruppo a Camera
e Senato, Speranza e Zanda, e il
presidente dem, Orfini, tra una
pratica e l’altra su Roma.
Renzi ieri mattina è andato in
Senato, ha spiegato i punti
dell’Italicum, e ha chiarito che
intende arrivare al voto prima
dell’elezione del Colle. “Con il
suo discorso iper-renziano, Napolitano ha blindato il premier.
Quindi ora il Parlamento deve
andare avanti con le riforme”,
spiegano i fedelissimi. Renzi,
dunque, ha tutte le intenzioni di
usare quel (poco) tempo in più
che gli ha concesso il Presidente,
con le dimissioni non prima del
foto di Umberto
Pizzi
Il cane nero non abbaia più
Cafonal della depressione
QUESTIONI di là da venire. Ma
14 gennaio e i 15 giorni che possono passare tra queste e l’inizio
dell’elezione del suo successore.
Anzi, i suoi ancora cercano di
rosicchiare giorni: il Presidente
starebbe aspettando il timing
delle riforme per capire se può
rimandare l’addio fino alla fine
di gennaio. Ma in commissione
sono stati presentati oltre diecimila emendamenti. L’idea è di
portare l’Italicum direttamente
in aula. Dovrebbe arrivare il 22
dicembre o il 7-8 gennaio, per
esser licenziato non oltre il 23.
E se in Aula si dovesse ripresentare la stessa situazione? Si parla
Roberto Gervaso
presenta il suo
libro contro la
depressione:
“Ho ucciso il
cane nero”. Di
nero è rimasta
solo donn’Assunta
SEGRETI
IL POETA
A suggere le prelibatezze letterarie di Gervaso, c’è
il poeta mandarino di Stato Corrado Calabrò con occhiali catarifrangenti
di canguro, di contingentamento dei tempi, di tagliola. C’è il
precedente del voto sulle riforme l’estate scorsa: prova non
brillantissima, dalla quale il governo uscì dopo aver preso a testate l’opposizione, in molto più
tempo di quanto avrebbe voluto.
Trattativa politica in atto sulla
clausola di salvaguardia. Renzi
ha intenzione solo di inserire
nell’Italicum una data dalla
quale entra in vigore. Il duo Boschi-Guerini, da un lato, e Verdini in contatto con l’ex Cavaliere, dall’altro, hanno lavorato
PASTORI E PRESEPI
I genitori di Gesù,
Maria Elena e Matteo
M
A NOI!
Per Gervaso e
il cane nero
ammazzato si
mobilitano pure i servizi segreti di Gianni
De Gennaro,
ex capo della
Polizia
fatto
a mano
aria Elena Boschi
c’era già finita nel
presepe, e faceva la Madonna, da bambina, in
quel di Laterina, Arezzo.
Adesso che è ministro ci
ritorna, nei pressi della
mangiatoia, stavolta assieme a Matteo Renzi. Per fortuna, non devono recitare. Ma vengono raffigurati proprio
come i genitori del bambinello. Gli artigiani
napoletani di San Gregorio Armeno, maestri
del presepe, quest’anno propongono una coppia santa inedita, la Boschi è sempre Maria, e
dunque è una seconda reinterpretazione, mentre Renzi è San Giuseppe, il laborioso falegname.
Fi ha chiesto la calendarizzazione dell’Italicum, dopo l’elezione
del nuovo Presidente. Pronta la
reazione del Pd: “Rispettino i
tempi o avanti da soli”. Al Nazareno però, in via ufficiosa lo
dicono fuori dai denti: “Dobbiamo mettere pressione”. Il
grado di esistenza in vita del Nazareno è ormai un tormentone
quotidiano. Il punto è il controllo delle fronde. E così, il lavoro
della cabina di regia diventa
sempre più importante. Lotti è
dall’inizio della legislatura il deputato con il compito di controllare i colleghi. Il problema è
che il controllo è esteso anche a
gente che i fiorentini conoscono
poco. E allora, ecco sondaggi
quotidiani e pressioni di vario
tipo. Siamo ancora all’inizio.
Il premier pensa al nome da
proporre. Un identikit piuttosto preciso parla di una figura
sufficientemente fidata, ma autorevole. Che lo aiuti. Come in
fondo ha fatto Napolitano negli
ultimi mesi. Fino a telefonare a
molti autorevoli dirigenti della
minoranza dem prima del discorso di mercoledì per invitarli
a collaborare. Una figura dunque di peso, ma disposta a fare
quello che vuole il premier
all’occorrenza. E che sia abbastanza di garanzia per tutti. In
molti pensano che un politico
non sarebbe adatto. Dunque,
torna Pier Carlo Padoan. Si sa
quando un nome si fa troppo
forte c’è il rischio di bruciarlo.
Ma una pattuglia, a partire dai
Giovani Turchi, ci sta lavorando davvero. Tra i politici, spiccano Piero Fassino e Walter
Veltroni. Resta la Severino. Tra
le carte più coperte Dario Franceschini. Come estrema ratio,
Romano Prodi. Dietro l’angolo
c’è sempre Pietro Grasso.
6
ROMANZO CRIMINALE
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
B
indi: “I mafiosi
in rapporti anche
con l’attuale giunta”
“LA MAFIA si è insediata e ha fatto il salto di qualità
con Alemanno, ma è innegabile che ha avuto rapporti politici anche con la giunta del sindaco Ignazio
Marino”. Così il presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, rivolgendosi al sindaco di Roma. “Non c'è nessuno nella mia amministrazione – replica il sindaco in audizione alla commissione – indagato per associazione mafiosa. E
il Fatto Quotidiano
questo è un dato di fatto. La mafia con la giunta precedente aveva posizioni di vertice – aggiunge –. Con
la mia giunta ha certamente tentato di avvicinarsi e
di infiltrarsi, ma non è riuscita perché non aveva nessuna posizione di vertice. L’assessore Ozzimo che si
è dimesso è indagato per corruzione. Come anche il
presidente dell’assemblea capitolina (Mirko Coratti, ndr). Non sono indagati per mafia“.
L’ASSASSINO, L’EX NAR,
LA BRIGATISTA
E LA TORTA DEL 5%
MEETING
Uno degli incontri
del Re di Roma Massimo Carminati ripresi dal Ros dei Cc Ansa
tornano a fare i loro conti: “Dovrebbero arrivatte i soldi sempre con l'Eur”, dice Buzzi a Carminati, “perché ci son altri 2 o
300mila euro che dovrebbero
arriva?”. La contabilità rileva
che i “soci” hanno percentuali
di guadagno elevatissime: sull'affare “Giardini”, per esempio,
il Ros rileva che viaggiano intorno a “un'aliquota del 30 per cento”.
IL VERTICE CON IL CAPO DELLA 29 GIUGNO, NADIA CERRUTI
E IL LEADER DI MAFIA CAPITALE MASSIMO CARMINATI:
”HANNO LEVATO UNA BRAVA PERSONA PER METTERCI UN LADRO”
di Antonio Massari
e Valeria Pacelli
A
llora, i conticini li
hai fatti?”, chiede
Massimo Carminati
a Salvatore Buzzi. E
lo invita a uscire per pendere un
caffè da “compagnero”. I due
scherzano spesso sulle rispettive appartenenze provenienze
politiche, Carminati il “nero” e
Buzzi il “rosso”, e si ride sul coloro del libro dove annotano la
contabilità parallela. “Hai visto
che è nero”, dice la segretaria
Nadia Cerrito, che annota in
ordine alfabetico, segnandoli
con delle sigle, i nomi dei veri
“soci” in affari. “Quando è cosi”, scherza Carminati, “mi inquieta un po’”.
DI INQUIETANTE, in realtà, ci
sono gli importi degli affari che
che – coinvolgendo talvolta anche l’ex terrorista Emanuele Bugitti – il “rosso” e il “nero” riescono ad annotare nel libro affidato alla Cerrito. Che Carminati sia un “socio” effettivo di
Buzzi e lo stesso patron della
cooperativa 29 giugno ad ammetterlo, parlando con Giovanni Campennì, al quale rivela: “a
me ‘na grande mano me l’ha data (...) Massimo perché un milione e due, seicento per uno, chi
cazzo ce l’ha un milione e due…
cash?”. “Tutti a ‘carti i centu’ (in
banconote da cento, ndr) ... nella
valigetta te li ha portati?”, dice
Campennì. “Le opere di urba-
nizzazione, d’impresa che poi ce
siamo divisi chi pagava chi. Io
me so’ preso le casette mobili, le
commissioni… e lui s’è preso
tutta la costruzione del campo”,
continua Buzzi. “Ma ha una società, qualcosa?”, chiede Campennì, ed ecco la risposta di
Buzzi: “meno so…”. È lo stesso
Carminati a dichiarare in un’altra intercettazione: “Quelli che
IL LIBRO NERO
La segretaria:
”Hai visto di che
colore è?”
Il Cecato: “Quando
fa così mi inquieta
un po’”, ironizza
tiro fuori sono soldi miei, sono
soldi nostri”. E i soldi servono
anche a oliare i “loro” uomini
nelle municipalizzate, come
Giovanni Fiscon.
A GIOVANNI FISCON, ex diret-
tore generale della municipalizza Ama, era destinato al massimo il 5 per cento. C'è la possibilità che, al suo posto, venga
nominato Carlo Pucci, arrestato anch’egli. E così Buzzi dice a
Carminati: “Ci vuol mette Pucci...(...) al posto di Fiscon”. E poi
aggiunge: “ Quindi levava una
brava persona e ce metteva un
ladro.” Il punto è però la percentuale da destinare a Fiscon e
il Ros dei carabinieri capta una
conversazione dell'ex brigatista
Buggitti che chiede conferma
“se Guarany (Carlo Maria stretto collaboratore di Buzzi, ndr)
lunedì sarebbe andato da Fiscon
“per questo 5 per cento”. Il riferimento, annota il Ros, è alla
“percentuale che avrebbero dovuto riconoscere al direttore generale di Ama Spa a fronte di
una trattativa ancora in corso”.
E il tetto del 5 per cento è tassativo: “No 5... può partì
dall’1… pe arrivà fino a 5... (…) il
massimo (…) Perché se tu parti
con 5 quello te chiede il
10..no?”.
E TORNIAMO ai conticini. Sul
libro nero, Carminati e Buzzi
cercano alla lettera “B” che è la
sua iniziale: “B...B...dove sta B...
Ohh mo arriva sto milione e
mezzo! (fischio)...”. Il contabile
Paolo DI Ninno segnala i soldi
relativi agli affari: “allora.. io qui
c’ho messo i primi 2 e 50
dell’Eur...”. È gennaio e l'ultima
volta che hanno controllato il libro risale a un mese prima:
“Quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto.. guarda.. al 2 dicembre.. guarda dal 2 dicembre...”. Si passa al conteggio. “Il
2 dicembre... 20 MC.. è lui
(Massimo Carminati, ndr)”, dice Nadia Cerrito, “l’hai presi...
dopo no.. dopo non gli ho dato
più niente io...”. Il 26 maggio
FRANCO PANZIRONI, ex ad di
CANTONE-MARINO Vertice
per 120 appalti sospetti
gnazio Marino incontra Raffaele Cantone. Il sinI
daco di Roma ha presentato al presidente dell’Autorità anticorruzione un dossier che contiene la lista
di circa 120 appalti “sospetti” o poco trasparenti, assegnati dall’Amministrazione capitolina negli ultimi
anni. L’incontro è durato un’ora e mezza, durante la
quale Marino ha illustrato i risultati del censimento
realizzato insieme all’assessore al Bilancio, Silvia
Scozzese. Sono tre i settori su cui si concentrano le
attenzioni del Comune e dell’Anac: il sociale, l’emergenza abitativa e il verde. In questi ambiti, tra il 2007 e
il 2013, è stato registrato un aumento vertiginoso degli appalti affidati con procedura diretta e senza bandi
pubblici. Una pratica, come dimostra l’indagine su
Mafia Capitale, che ha consentito di alimentare gli
intrecci tra politica e interessi criminali. Sulle aziende
coinvolte c’è riserbo: “Si tratta solo di contratti ‘dubbi’ – fanno sapere dal Campidoglio – non vogliamo
gettare nel tritacarne imprese che magari sono pulite”. Nelle prossime settimane la lista sarà scremata e
raffinata con la collaborazione di Cantone.
To.Ro.
Ama, nel libro nero era annotato alla lettera “T”: il suo soprannome, infatti, è il “Tanca”
ed è destinatario, secondo le accuse dei pm romani, di molte
somme di denaro. Il 29 gennaio
scorso Buzzi, Carminati e il Di
Ninno, accusato di mantenere
la contabilità occulta dell'associazione, parlano di lui: “Perché
noi se vincemo Sant’Oreste...io
devo... noi c’avevamo da da’ 40
sacchi a Panzironi ... ahh ecco..
ecco chi erano i 10... Panza erano i 10... ecco chi erano i 10!
(…)” “Però metti Tanc”, interviene Carminati, e Buzzi aggiunge: “E quindi a Tanc gliene
mancano altri 30...quindi sarebbero 30 per Tanc e 30 per il Sindaco...e son 60....”. Di quale sindaco si tratti, in questo caso specifico, non è annotato dai Ros.
C’è poi un riferimento a un 10 %
destinato a Gramazio. Dice
Buzzi: “Il 10%, no?.. noi i soldi
che doveva... eccoli qua questi,
questa segnamo Gramazio”. Il
riferimento sembra essere a Luca, indagato nell’inchiesta e non
a suo padre, il senatore Domenico.
Infondo all’elenco, alla lettera
“T” dopo il “Tanca” troviamo
anche Fabrizio Testa, ex presidente di Tecnosky, condannato
in primo grado nella vicenda del
finanziamento illecito per la
barca di Marco Milanese, ex
braccio destro del ministro Tremonti. E anche Testa – dice
Buzzi - ha diritto alla sua parte:
“Quindi Fabrizio Testa quanto
deve prendere?”. E Carminati:
“Un terzo”.
Buzzi: “Il Nero? Lavora per me da poco”
AL RIESAME, IL RAS ROSSO ESIBISCE IL CONTRATTO DEL PRESUNTO BOSS: “LO CONOBBI IN GALERA, L’HO RIVISTO NEL 2012”
di Marco
Lillo
sorpresa all’udienza del
A
Tribunale del riesame si
è presentato Salvatore Buzzi
per rendere un’autodifesa con
dichiarazioni spontanee. L’ex
detenuto si è laureato in lettere in carcere nel 1984 ma se
la cava anche con la giurisprudenza, che ha studiato
senza raggiungere la laurea
quando fu recluso per scontare le 34 coltellate che uccisero il suo socio in truffe.
BUZZI ha capito subito il pun-
to: dividere il suo destino da
quello del presunto boss di
mafia capitale: “Non ho mai
fatto affari illeciti con Massimo Carminati”, ha esordito
Buzzi, per poi puntare sulla
casualità e la scarsa rilevanza
del suo rapporto con ‘Il nero’. 29 giugno: il nero era socio-la- sente uno schemino seque“Buzzi ha raccontato di avere voratore a tempo indetermi- strato il 2 dicembre dal Ros dei
conosciuto Massimo Carmi- nato. Il pm Paolo Ielo ha sor- Carabinieri al commercialista
nati (come anche Gianni Ale- riso davanti al contratto che Paolo Di Ninno. Quello schemanno, Ndr) in cella - spiega risale al 2014 quando gli in- ma suddivide gli incassi del
l’avvocato che lo difende, il dagati erano già in allarme e campo nomadi di Castel Roprofessor Alessandro Diddi - potevano precostituirsi un ali- mano tra il consorzio Eriches
tanti anni fa. Lo ha poi rivisto bi per i loro rapporti. Inoltre, di Buzzi (E) e Massimo Carnell’agosto 2012 casualmente ha spiegato il pm, è ben strano minati (M) in ragione di
al bar Palombini dell’EUR. un dipendente che spartisce quanto era stato investito
Allora Buzzi aveva già rag- centinaia di migliaia di euro all’inizio. Carminati aveva
giunto un fatturato notevole e con il suo datore di lavoro, co- messo 640 mila euro contro i
il grande salto era stato rea- me risulta dalle carte seque- 760 mila di Eriches. Pertanto
lizzato nei primi anni della strate e depositate ieri.
gli introiti spettavano per il
giunta Alemanno - sottolinea In particolare nell’informati- 57,4 per cento alla coop rossa
Diddi - prima dell’incontro va del 16 dicembre 2014 è pre- e per il 42,6 per cento al ‘Necon Carmiro’. Per ottenere un utile
nati”. L’avvocato di Buzzi
degno
dei
due compari
ha depositato LA STRATEGIA PROCESSUALE
il contratto di Il capo della cooperativa al Riesame ha un unico obiettivo:
però era necessario gonlavoro
di
separare il suo destino da quello dell’uomo del “Mondo di
Carminati
fiare il pagacon la Coop mezzo”. I Pm: strano visto che dividevate i guadagni a metà mento del co-
mune fino a 89 mila euro al
mese, dichiarando 300 occupanti mentre i nomadi realmente presenti erano la metà.
Scrive il ROS: “Dalle intercettazioni emergeva che si trattava di un conteggio fittizio,
ovvero il numero delle persone realmente presenti, a detta
degli indagati, era stato aumentato perché risultasse
maggiormente favorevole ai
guadagni del sodalizio (‘noi
paghiamo.. ti paghiamo 300
persone in realtà sono 150”).
I pm ieri hanno depositato anche ‘il libro nero’ delle mazzette detenuto dalla segretaria
di Buzzi, Nadia Cerrito.
L’udienza si è conclusa, con la
riserva dei giudici, sui ricorsi
presentati da 17 dei 39 arrestati.
Salvatore Buzzi Ansa
ROMANZO CRIMINALE
il Fatto Quotidiano
Cdelsmgiudice
contro il figlio
Esposito:
trasferito a Torino
Kaputt mundi
NON PUÒ PIÙ LAVORARE a Milano, né continuare a fare il pm il sostituto Ferdinando Esposito, sotto inchiesta a Brescia per induzione indebita. La sezione disciplinare del Csm,
con un provvedimento cautelare, lo
ha trasferito d’ufficio al Tribunale di
Torino. È il figlio del giudice Antonio,
presidente del collegio che ha condannato Berlusconi per frode fiscale.
Il “tribunale delle toghe” ha così accolto la richiesta del pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, avanzata un
mese fa per vicende al centro dell’inchiesta di Brescia. In quella indagine
il pm è accusato di aver indotto in-
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
7
debitamente l’avvocato piacentino
Michele Morenghi a pagargli l'affitto
di una casa a Milano, paventando la
possibilità che un’attività che il legale
aveva intenzione di aprire nel settore
della commercializzazione di integratori alimentari sarebbe potuta finire al centro di qualche inchiesta.
Una città allo sprofondo
Roma tra odio e me ne frego:
“Se so’ magnati pure le buche”
di Antonello Caporale
T
dell’Esqulino, il più multietnico, il più colorato.
Ore 12:40, netturbino dell’Ama intento a sfogliare il catalogo offerte di MediaWorld: “Un po’ me
ne frego del lavoro perché se ci metti entusiasmo
non ti capita niente. T’ammazzi e nessuno te lo
riconosce. Allora ho deciso di fare come gli altri
della mia squadra. Mi siedo e aspetto il fine turno.
Leggo un po’, mi distraggo un po’ come adesso.
Scopo il necessario, domani la monnezza ce sarà di
nuovo”. Bancone orientale di frutta, cesto di pere
cinesi (3 euro al chilo), Jo Lang alla cassa: “Non
capisco lingua bene, non vedo televisione”. Bancone di riso indiano, Kumar, più reattivo: “Anche
a me ruba Acea che non cambia il contatore e pago
tanto e non so perché. Io già chiamato tre volte ma
non rispondono”.
utto quello che succede e succederà nel
mondo, Roma è convinta di averlo già
visto. Figurarsi i ladri. Mozzicone di L’ULTIMO GRANDE traffico di mazzette sembra
colloquio all’incrocio tra via Merulana già tutto digerito, riposto nella pancia di questa
e Labicana, scambio di saluti tra un signore di- metropoli scollacciata che riduce costantemente
stinto con borsa della spesa Despar e cane al guin- lo standard della sua vita senza quasi dolersene. Le
zaglio e un vigile urbano: “Tanto neanche stavor- strade sono ovunque bucate, i vigili ovunque dita cambia quarcosa. So’ tutti figli de na’ mignotta”. La stratti (il livello di performance, riferito al numero
Capitale è come una bella addormentata che delle multe elevate, è risibile rispetto a quello dei
muove al numero minimo di giri l’indignazione. colleghi milanesi) i bus ovunque sporchi, gli sberLo fa per presunzione, o incoscienza, o forse ras- leffi sui muri ovunque godibili (uno per tutti, risegnazione. “Me voi dì che rubbano?”, sorride il ba- preso in tv da un magnifico servizio di Alessandro
rista. Roma spurga l’odio delle giovani generazio- Sortino: “Se so’ magnati anche le buche!”). È nella
ni al Monte di Testaccio dove orde di ragazzini si rassegnazione la scelta dei più. Alessandra Caldadanno appuntamento al sabato sera. È notte e si rozzi, ricercatrice, iscritta fino all’anno scorso al
balla, finalmente. Al mattino, a scuola, di quel che Pd della sezione di Torpignattara: “Non mi ha sorsta succedendo in città neanche un cenno. Giulia, presa lo scandalo, mi era già tutto chiaro purtropdel liceo classico Visconti, destinazione naturale po. Sapevo che il mio partito avrebbe offerto quedei ceti affluenti, una sede mosto spettanumentale proprio alle spalle di
colo, era
Montecitorio: “Da noi i profesnell’aria. È
sori non hanno tempo, né voglia
questo il
CIRCOLO PD
di parlarne. Sono tutti concendato più
trati sul programma, sulle intersconso“TORPIGNA”
rogazioni, sulle versioni da corlante, ne
Non mi ha sorpreso
reggere. Sappiamo davvero posono conco dello scandalo, mi spiace”. I
sapevole.
lo
scandalo,
giovanissimi ballano e non sanIl dolore
no, gli adulti sanno ma restano a
c’è,
ma
purtroppo mi era già
braccia conserte. L’indignazionon sfocia
tutto chiaro: sapevo
ne è adeguata ai tempi moderni,
in un senall’idea irriducibile che mondo è
timento di protesta attiva perché
che il mio partito
stato e mondo sarà, che lo sporforse non intacca ancora il regico non si ripulisce, e che ciascume del ceto di cui faccio parte. La
avrebbe offerto
no può sporcare ancora un po’.
borghesia cittadina è sconcertaquesto spettacolo...
Adiacenze
del
mercato
ta ma muta perché questa crisi
civile ancora non ha ridotto la percezione della San Giovanni e fanno più paura. L’espressione di
qualità della vita, il sistema delle relazioni è ancora un odio così largo verso il potere affronta l’ultima
saldo, il buio se c’è non ha allungato la sua ombra curva. Oltre queste parole c’è la violenza. Speriasu di noi. Non esistendo più i partiti, quindi un mo che non accada, ma questo vedo”.
canale che organizzi la protesta, l’indignazione di- “Odio, dunque sono”. È quello che ha visto da
vampa nel tinello di casa e lì arde, fino a spegnersi tempo Ascanio Celestini, quello che ha sentito
come una candela. La ribellione la trova altrove, continuamente nei bar. L’odio come identità colnei quartieri in cui l’indignazione si trasforma in lettiva, lessico comune, misura che valorizza una
rabbia perché l’economia va male, ed è sedata in- posizione, riconduce a unità una classe sociale.
vece nelle altre forme di vita sorrette da piccole L’odio. Verso il potere, naturalmente, e verso i più
collusioni. Il geometra che campa sull’occhiolino, deboli nei luoghi in cui la povertà rende la battaglia
per la vita una conquidentro il traffico degli
sta quotidiana, un prouffici comunali s’indicesso permanente di
gnerà? Io credo che staIl netturbino:
costruzione del nuovo
rà muto. Il commerordine. Fuori i ladri,
ciante che s’allarga,
‘Ti ammazzi di fati- ma anche gli immigral’oste che allunga i tavoli sul marciapiede ha
ti, i rom, ma anche i
ca e nessuno lo riconosce. transessuali e tutti i ditutto da perdere da un
versi. Fuori tu, dentro
regime di legalità”.
io.
L’indignazione si traAllora pulisco il necessasforma in ferocia solo
“IO VIVO nella città sisui social network, è lì
rio, domani la monnezza
lente invece – dice Anche tracima, si sostiene
tonietta De Lillo, reginella violenza verbale,
ci sarà di nuovo’. Il comsta e produttrice – Sonella gara a chi è più duno parte di quella fetta
ro, trucido, definitivo.
merciante indiano: ‘A me
di abitanti a cui è stata
“E c’è da stupirsene?
tappata la bocca, perChi diavolo mai doruba Acea che non cambia chè l’illegalità l’ha resa
vrebbe andare in piazza
marginale. Vivo con
– chiede Sabina Ambrogi, giornalista e
il contatore: li ho chiamati sofferenza questa situazione e come me
blogger – Decine e detanti altri. Ma le nostre
cine sono state le manima
non
rispondono’
impressioni, le nostre
festazioni e cosa accadelusioni, le nostre
de? Niente di niente. Tu
preoccupazioni ce le
andresti in un posto conoscendone l’inutilità?”. La politica con la piazza scambiamo al telefono, ce le diciamo allo specusa le stesse ipocrite, bugiarde frasi. Inizia con a) è chio, da soli in casa. Chiedere legalità sembra uno
lecito manifestare, prosegue con b) però bisogna sforzo inutile, una battaglia a cui appartiene una
abbassare i toni. Termine con l’immancabile chiu- minoranza. La maggioranza dei cittadini coltiva
sa: avanti con le riforme. Di qualunque cosa si par- altri sentimenti. O è sorda, chiusa in un rancore
li, di qualunque protesta si tratti, le riforme, questa infinito, o apatica perchè connivente. Perchè il
insopportabile litania riformista, così falsa e stuc- mondo di mezzo è una palude in cui molti affonchevole, viene riproposta. C’è una irriconoscenza dano volentieri le gambe. E allora ti viene solo da
dell’altrui intelligenza che oltrepassa i confini del- sperare che questa ondata di pulizia sia qualcosa di
la liceità. Non può la politica pensare che la gente più, e gli inquirenti iniziano a far luce anche nel
sia idiota al punto da rifilarle una promessa così tuo settore, nei luoghi che frequenti, negli uffici
volgare. E quindi se in piazza non succede niente che conosci e da cui esce cattivo odore. Io faccio il
esprimo la mia rabbia dove posso connetterla ad tifo in silenzio. Aspetto e spero che arrivino anche
altre. Facebook e Twitter contano di più di piazza dalle mie parti”.
Sulle coop imbarazzi e silenzi dei ministri
PIOGGIA DI INTERROGAZIONI DEI CINQUESTELLE, CHE CHIEDONO UN’ISPEZIONE ALLA ONLUS HUMAN FOUNDATION DELLA MELANDRI
di Gianluca
Roselli
ioggia di interrogazioni del MoP
vimento 5 Stelle in Parlamento
su Mafia Capitale. Tre solo nella
giornata di ieri. Ma le risposte dei
ministri lasciano molto a desiderare.
Imbarazzo, silenzi e pochi fatti concreti. Nonostante i poteri ispettivi
che la legge dà al governo. La prima,
al question time a Montecitorio, sulla
cooperativa 29 giugno presieduta da
Salvatore Buzzi. Le altre due in commissione Affari sociali: sul Cara di
Mineo, il grande centro di accoglienza immigrati in provincia di
Catania, e sull'Onlus Human foundation di Giovanna Melandri. In entrambe è stato consulente Luca Odevaine, l’ex capo di gabinetto di Veltroni, finito in manette nell’inchiesta
sulla Terra di mezzo. “Da tempo in
Parlamento denunciamo la mancanza di regole per onlus e coope-
rative che porta questi soggetti a essere a rischio d’infiltrazioni mafiose.
Sono dovuti arrivare gli arresti per
dimostrare la fondatezza delle nostre tesi”, spiega la deputata Giulia
Grillo.
IL PROBLEMA, secondo i 5Stelle, è la
mancanza di leggi per regolare il
mondo della cooperazione cui lo Stato delega molti servizi con appalti
milionari. A fronte, peraltro, di una
tassazione agevolata, tanto che qualcuno parla di un regime di concorrenza sleale nei confronti delle altre
imprese. “Nel mondo delle coop girano un sacco di soldi, è normale che
facciano gola alla criminalità. Molte
di esse di non profit non hanno più
nulla e agiscono come vere imprese
private. Per questo occorre al più
presto disciplinare questo settore”,
continua la deputata grillina. Secondo cui “i partiti, da destra a sinistra,
sono stati conniventi in questa de- so degli anni.
generazione”. Giulia Grillo, nella sua Marialucia Lorefice, invece, ha chieinterrogazione, ha chiesto al mini- sto chiarimenti al ministro dell’Instro del Lavoro Poletti di effettuare terno sui presunti appalti pilotati al
un’ispezione presso la Human Foun- Cara di Mineo. “Vogliamo sapere se
dation, che vede tra i soci fondatori il Viminale era a conoscenza dei proStefano Bravo, ritenuto dagli inqui- fili di conflitto d’interesse e di inoprenti il commercialista di mafia ca- portunità dei ruoli nella vicenda da
pitale, l’uomo esperto nel riciclaggio parte dell’eurodeputato Giovanni La
di denaro della banda di Massimo Via e del sottosegretario alle PoliCarminati.
Nell’interrogazione si chiede
LAZIO
conto anche di
un
presunto
In Consiglio regionale
conflitto d’interessi della fonchiesto conto
datrice
della
di un lavoro da oltre
onlus, Giovanna Melandri, a
un milione. Gli uffici
causa dei suoi
numerosi incadi Zingaretti: “Non
richi politici rilo abbiamo gestito noi”
Giovanna Melandri Ansa
coperti nel cor-
tiche Agricole Giuseppe Castiglione,
entrambi in quota Ncd”, ha detto.
Infine, in aula a Montecitorio, Massimo Baroni ha chiesto al ministro
dello Sviluppo economico Federica
Guidi perché non è stata avviata
un’ispezione da parte del ministero
nei confronti della cooperativa 29
Giugno. “Le ispezioni partono quando riceviamo segnalazioni. Ora, vista
la gravità dell’inchiesta, verranno avviate”, la risposta del ministro.
MA L’OFFENSIVA grillina si fa sentire anche in Regione Lazio, dove Valentina Corrado ha presentato un’interrogazione per avere chiarimenti
sull’affidamento dell’appalto di manutenzione degli uffici della Regione,
per oltre un milione e 300 mila euro,
a due società coinvolte nell’inchiesta.
“La gara è stata gestita dalla Consip e
non dalla Regione”, è stata la risposta
giunta dagli uffici di Zingaretti.
8
SENZA SOLDI
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
M
osca prova
a salvare le banche
e a fermare il rublo
GIORNATA DI TREGUA sulle Borse, ma
potrebbe essere soltanto una pausa: il
governo di Mosca ha un po’ calmato gli
investitori annunciando un piano di sostegno alle banche. anca centrale russa
ha dato il via a misure aggiuntive per
accelerare la stabilizzazione del rublo. Il
vice governatore della Banca di Russia,
il Fatto Quotidiano
Ksenia Yudayeva, afferma che "queste
misure hanno lo scopo di equilibrare
l’offerta e la domanda sul mercato dei
cambi, contribuendo ha stabilizzare il
tasso di cambio del rublo più rapidamente". Il Cremlino ha annunciato ulteriori misure per i prossimi giorni, ma la
situazione resta critica: il prezzo del pe-
trolio è troppo basso per garantire la
sopravvivenza degli attuali assetti
dell’economia russa. Nonostante la relativa calma, la Borsa di Milano ha comunque chiuso in rosso dello 0,85 per
cento, trascinata al ribasso dalle banche, soprattutto dal Monte dei Paschi di
Siena che ha peso il 2,85.
Guerra del deficit con la Ue:
a Renzi mancano 3 miliardi
GLI SFORZI AGGIUNTIVI NELLA LEGGE DI STABILITÀ NON CONVINCONO BRUXELLES
di Carlo Di Foggia
e Stefano Feltri
U
na settimana fa
l’Eurogruppo, cioè
il coordinamento
dei Paesi dell’euro,
ha detto che la correzione del
deficit strutturale dell’Italia nel
2015 sarà 0,1 per cento. Molti
hanno pensato che il riferimento fosse all’inizio del negoziato
tra Roma e Bruxelles, quando a
metà ottobre il governo Renzi
ha provato a offrire un risanamento dello 0,1 al posto dello
0,5 richiesto dalle regole di Bruxelles. Invece no. Nelle tabelle
della Commissione europea
della Direzione Economia e Finanza che il Fatto ha consultato,
si leggono questi numeri: scostamento strutturale rispetto
all’aggiustamento benchmark un
anno: -0,4, rispetto al benchmark di spesa -0,7. E questi
dati si riferiscono a dopo il negoziato tra il Tesoro e il commissario Jirky Katainen. Dopo,
cioè, che l’Italia ha sacrificato
un cuscinetto da 3,3 miliardi di
euro, una riduzione della spesa
per co-finanziamento dei fondi
strutturali europei per 500 milioni di euro e 730 milioni dalla
lotta all’evasione. Morale: no-
nostante questi interventi aggiuntivi per 4,5 miliardi, l’aggiustamento resta 0,1. Mancano ancora 3 miliardi. Ergo, la
prima versione della legge di
Stabilità era carente di ben 7,5
per gli standard europei.
COME SI SPIEGA lo scetticismo
di Bruxelles? Fonti europee
spiegano che la differenza deriva da una diversa stima del deficit nominale: “Noi stimiamo
2,7 per il 2015, il Tesoro 2,6”, la
Commissione non conteggia
entrate dallo spesometro (lotta
all’evasione) e dai giochi. Del
problema giochi sono consape-
0,3%
CORREZIONE
ANNUNCIATA
0,1%
CORREZIONE
EFFETTIVA
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan Ansa
L’EUROPA “Buttate fondi
per aeroporti inutili”
roppo vicini a scali già esistenti, troppo grandi
T
rispetto al volume di traffico accolto. Così
l’Europa ha finanziato una serie di progetti di
espansione aeroportuale senza prevederne la reale
utilità. La Corte dei conti europea, che ha sede in
Lussemburgo, ha passato in rassegna 20 aeroporti
di cinque Paesi (Italia, Spagna, Polonia, Grecia ed
Estonia). Tra il 2000 e il 2013, dettaglia il rapporto
della Corte, sono stati destinati all’espansione di
diversi scali oltre 600 milioni di euro in fondi di
coesione o di sviluppo regionale. Di questi, ben 250
milioni sono finiti a piani che si possono definire
“non necessari” e 129 in progetti di aeroporti giudicati totalmente inutili. In Italia sono finiti sotto la
lente d’ingrandimento Alghero, Catania, Comiso,
Crotone e Napoli. Quello che è apparso è che in
tutti e cinque i casi è presente un altro scalo a meno
di due ore di distanza. A Crotone, per esempio, la
prossimità con Lamezia Terme rende il progetto di
espansione “non sostenibile”. Prova ne è il fatto che
il numero di passeggeri dello scalo calabrese è diminuito dai 106.000 del 2007 ai nemmeno 29.000
dello scorso anno. Ma questa volta non siamo soli,
con Grecia e Spagna a guidare la classifica degli
sprechi.
An.Val.
OGGI IL SUMMIT
La lettera con misure
da 4,5 miliardi offerte
da Padoan a Katainen
non è servita. E sui
fondi strutturali l’Italia
è sempre più distratta
voli anche al Servizio bilancio
della Camera e all’Ufficio parlamentare di bilancio.
Nella prima versione della legge
di Stabilità si stimavano 900 milioni di euro di entrate alzando il
carico fiscale sulle slot machine
collegate in rete in Italia. In teoria basterebbe ridurre le probabilità di vincita per scaricare
l’aggravio fiscale sui clienti, ma
questo richiede interventi meno
semplici del previsto e i gestori
hanno fatto capire che potrebbero addirittura fermare molte
macchine per evitare di dover
poi pagare più tasse. La pressione della lobby ha fatto il resto e il
governo al Senato ha sostituito
la norma con un aumento di 500
milioni annui (sicuri) che i concessionari dovranno versare in
proporzione alle slot collegate.
A anche la proposta di prelievo
forfettario sugli operatori stranieri è a rischio contenziosi e
dunque il gettito incerto.
C’È ANCHE uno 0,1 di aggiustamento mancante dovuto ai “filtri statistici” usati al ministero
del Tesoro per calcolare quanto
pesa la recessione sull’aumento
del deficit. Il modello usato al
ministero è un po’ diverso da
quello della Commissione e minuscole differenze decimali
possono produrre scostamento
rilevanti come lo 0,1 in questione (che vale circa 1,5 miliardi).
Se poi la crescita 2015 sarà inferiore al +0,6 per cento previsto
dal governo, la divergenza dagli
obiettivi sarà ancora più marcata: se il Pil farà solo +0,2, come
prevede l’Ocse, l’Italia sarà fuori
regola di un ulteriore 0,2 per
cento. E lo scostamento complessivo dagli obiettivi sarà addirittura dello 0,8.
È con questi numeri che Matteo
Renzi arriva oggi al Consiglio
europeo di Bruxelles chiedendo
flessibilità e lo scorporo degli in-
vestimenti dal deficit. Richieste
che saranno respinte, anche
perché l’Italia non usa neppure
le risorse che ha a disposizione.
Come i fondi strutturali
2007-2013 già impegnati, ma
non ancora spesi.
La questione è in agenda al vertice. Il Consiglio potrebbe decidere di prorogare di un anno, al
2016, la scadenza per spendere i
soldi: l'Italia rischia di perdere
14 miliardi di euro. Soldi che
torneranno a Bruxelles alla fine
2015. La richiesta è stata avanzata nei giorni scorsi da otto
Paesi dell'Est Europa capitanati
dalla Slovacchia (Repubblica
Ceca, Polonia, Ungheria, Slovenia, Croazia, Bulgaria e Romania): “Realizzare in tempo i
grandi appalti è sempre più difficile – si legge nel documento
fatto girare a livello di ambasciatori – Saremo costretti a utilizzare fondi nazionali, aggravando i deficit”. Il Consiglio potrebbe accogliere la richiesta, come
già successo in passato, ma il
meccanismo di voto a maggioranza qualificata complica le cose: basta il veto di due grandi
Paesi e salta tutto. Le trattative si
annunciano serrate. Stando a
una fonte diplomatica italiana,
la richiesta potrebbe essere accolta dalla Commissione. “È
molto difficile – spiega un funzionario europeo – la direzione
Regionale è contraria: si sovrappongono i pagamenti, e abbiamo sempre meno liquidità. Se il
presidente Juncker lo farà, è perché lo considera il male minore
rispetto alle richieste di Renzi”.
IL GOVERNO ITALIANO finora
non si è esposto, ufficialmente
per questioni di opportunità visto che ha ancora la presidenza
di turno del semestre europeo:
“Ma ci spera più degli altri”,
spiega chi segue i lavori del vertice. Basilicata, Calabria, Puglia,
Campania, e Sicilia rischiano di
perdere oltre 13 miliardi di euro.
La Campania, il malato più grave, ha solo 12 mesi per spendere
oltre 2 miliardi. E i ritardi si
sommano: la Regione non ha
ancora presentato il programma per il prossimo settennato e
partirà con molto ritardo, come
la Calabria, a cui hanno bloccato
i pagamenti per carenze nei controlli, anche perché il responsabile regionale era andato in pensione e non era stato sostituito.
ALL’ITALIANA
il Fatto Quotidiano
M
iliardi di euro
riciclati all’estero
con i Money Transfer
UN "FIUME DI DENARO", oltre 1 miliardo e 14 milioni, è stato trasferito in Cina attraverso sette agenzie money transfer, (in Italia sono 1500) da dove
sono state spedite quotidianamente piccole somme di denaro. Non più di 999 euro a operazione per
sfuggire ai controlli fiscali. Il mittente era fittiziopersone defunte o clienti ignari- altrettanto il destinatario, ma il denaro confluiva su conti correnti
cui potevano attingere commercianti cinesi. L'operazione condotta dal Nucleo valutario della Gdf, diretto dal generale Bottillo, ha portato all'arresto di
18 persone, impiegate presso la succursale italiana
della Sigue Global Service, multinazionale britannica specializzata nella spedizione di danaro. Tra i 10
italiani ci sono dirigenti e responsabili della società,
perfino l'addetta al controllo “antiriciclaggio”, oltre
LA POLITICA SI PRENDE PALERMO:
IL PRUDENTE LO VOI È PROCURATORE
DECISIVI I CONSIGLIERI LAICI DI DESTRA E SINISTRA. I PM RISCHIANO L’ISOLAMENTO
di Giuseppe Lo Bianco
e Antonella Mascali
H
a vinto la politica. Il Csm ieri ha
nominato procuratore di Palermo Franco Lo Voi, membro italiano di Eurojust, ex
pm di Palermo, l’unico, tra i
candidati, a non aver mai diretto un ufficio giudiziario.
Ce l’ha fatta con i voti determinanti dei consiglieri laici
sia di centrodestra che di centrosinistra. A suo favore hanno votato anche i vertici della
Cassazione. Tra i togati, i consiglieri di Magistratura Indipendente. Il vicepresidente
del Csm, Giovanni Legnini,
come quasi sempre in questi
casi, si è astenuto.
la Procura di Palermo, ma
nessuno ha voglia di commentare apertamente la nomina
che segna la discontinuità con
il recente passato di indagini
verso le aree più occulte del
rapporto mafia-politica. Se ne
parlerà stamattina in una riunione che si annuncia particolarmente accesa, in una procura segnata dagli allarmi per
il progetto di attentato a Nino
Di Matteo e dalle polemiche
recenti sull’ingresso in Dda di
Roberto Tartaglia, il più giovane tra i pm che si occupano
della trattativa, tra magistrati
collocati in due schieramenti
divisi da una linea di confine:
il giudizio sull’indagine (e sul
processo) sulla trattativa Stato-mafia. Per coloro che la sostengono Lo Voi, che non ha
mai indagato sulle relazioni
pericolose di Cosa Nostra, la
sua nomina chiude una stagione ed è il segnale di una
normalizzazione che parte dal
colle più alto di Roma. Lo dice,
senza peli sulla lingua, il “padre’’ dell’inchiesta sulla trattativa, l’ormai ex magistrato
Antonio Ingroia: “L’andamento della votazione è la
conferma che ha vinto il partito unico dell’asse Napolita-
LO VOI ha avuto la meglio su
candidati del calibro del procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, titolare di numerose
inchieste antimafia, tra cui
quella sulla strage Borsellino,
ex procuratore aggiunto di Palermo e del procuratore di
Messina Guido Lo Forte, anche lui ex procuratore aggiunto a Palermo e tra i pm del
processo Andreotti e
Che Lo Voi il “prudente” potesse avere la meglio, nonostante i maggiori requisiti degli altri candidati, si era capito
nelle settimane scorse. I “palazzi romani” volevano un
procuratore lontano dal processo trattativa Stato-mafia. Il
processo che ha pesato come
un macigno sulla scelta del
nuovo capo di una delle procure più difficili d’Italia.
Ci sono volute due votazioni
perché Lo Voi diventasse procuratore. Durante la prima,
infatti, i laici Paola Balducci
(Sel) Giuseppe Fanfani (Pd)
Renato Balduzzi (Scelta Civica) e Alessio Zaccaria (M5S) si
sono astenuti, dichiarando
che volevano un procuratore
con il più ampio consenso
possibile. I sette consiglieri togati di Area avevano votato
Lari e i cinque di Unicost Lo
Forte. A quel punto i consiglieri di Area hanno proposto
ai laici di indicare un nome tra
Lari e Lo Forte e loro lo avrebbero votato. Ma la scelta da
parte dei consiglieri di nomina
politica non c’è stata.
Il “grillino” Zaccaria, a nome
dei laici, ha fatto la dichiarazione di voto a favore di Lo
Voi, che ce l’ha fatta con 13
voti contro i 12 divisi tra Lari e
Loforte, espressi da parte di
Area e Unicost.
A Palermo la prima reazione a
caldo è di incredulità: “Ma come è potuto accadere?’’, si
chiede un pm che preferisce
restare anonimo. Pochi muniti prima delle 20 il nome del
nuovo procuratore comincia a
rimbalzare tra i cellulari degli
oltre 50 pubblici ministeri del-
Il nuovo procuratore capo di Palermo, Franco Lo Voi Ansa
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
no-Renzi saldato con Berlusconi con il patto del Nazareno. Adesso il rischio è quello
di un ulteriore isolamento e
sovraesposizione di quei magistrati che coerentemente
hanno portato avanti, a differenza di Lo Voi, quelle linee
giudiziarie di aggressione ai
rapporti tra mafia e politica e
E LE INCHIESTE...
“Com’è potuto
accadere?”, commenta
un magistrato.
Ingroia: “Ha vinto l’asse
tra Renzi, Napolitano
e Berlusconi”
mafia e istituzioni. Vedremo
se il nuovo procuratore saprà
gettarsi alle spalle le lezioni del
passato che sono inequivocabili”. Bocche cucite anche
dall’altra parte dello schieramento, dove la sorpresa sembra stata la stessa, visto che in
pochi avevano scommesso
sull’arrivo di Lo Voi. Fa discutere un po’ tutti, infatti, la
scelta dei membri laici, anche
di sinistra, di votare per Lo
Voi.
9
a 7 pachistani gestori delle agenzie. Per tutti l'accusa è di associazione per delinquere transnazionale e riciclaggio. Dice il procuratore aggiunto Nello
Rossi: "La Finanza ha vagliato 785 mila operazioni,
sottosoglia rispetto ai limiti per l'uso del contante,
che hanno sottratto oltre un miliardo di euro alle
casse nazionali finito all'estero senza lasciare traccia fiscale”. RdG
Morvillo: “Lui non era
un amico di Falcone”
di Sandra Rizza
Palermo
o Voi amico di Giovanni? Non direi”. Parola di Alfredo
L
Morvillo, Procuratore di Termini Imerese, che non
vuole commentare la nomina di Franco Lo Voi al vertice
dell'ufficio inquirente di Palermo, ma non rinuncia a raccontare la sua versione dei rapporti tra il neo-procuratore e
Giovanni Falcone, il giudice ucciso nella strage di Capaci,
che era suo cognato: “Tra Lo Voi e Giovanni c'era un rapporto di conoscenza, posso confermare che i due si incontrarono a qualche cena, ma di certo non si può parlare di
un'amicizia particolarmente intensa, perché questo non mi
risulta”.
Eppure Lo Voi viene indicato come un magistrato vicino a
Giovanni Falcone. Perché?
Non saprei. Io non ho mai letto sue dichiarazioni in proposito, ma so che questa frequentazione tra
Lo Voi e Falcone è stata più volte riportata
come un'amicizia significativa. La realtà è
un'altra: si conoscevano, è vero, ma se si
parla di un'amicizia profonda, come quella
di Giovanni con Ayala, allora devo dire che
questo tipo di rapporto non mi risulta.
D'altra parte negli ultimi vent'anni, sono
tanti i magistrati che si sono professati
grandi amici di Falcone...
Sì, professarsi amici di Falcone, da Capaci in poi, è diventato uno sport collettivo.
Ma quindi Lo Voi in questi anni ha millantato?
Io posso dire solo che la storia della Procura di Palermo
dimostra chiaramente che Lo Voi non era un amico vero
di Falcone. La storia, semmai, ci dice il contrario: dopo la
strage di via D'Amelio, Lo Voi si rifiutò di firmare il documento per chiedere le dimissioni del procuratore Pietro
Giammanco, che era sempre stato un avversario di Falcone e di Borsellino. Non solo. Lo Voi si adoperò per
convincere altri pm a non firmare quel documento. Un
amico di Falcone non si comporta certo così'.
Dottor Morvillo si aspettava un segnale diverso dal Csm?
Non mi faccia dire niente.
Cosa succederà da domani nella Procura che processa la
trattativa Stato-mafia?
Niente di particolare. Sono sicuro che il lavoro dei colleghi
continuerà con lo stesso impegno.
IN GIOCO 11 MILIARDI
Risparmio, Bankitalia denuncia le Coop
di Giorgio Meletti
a notizia è seminascosta in una coL
municazione che la Banca d’Italia
ha inviato alla redazione di Virus, la trasmissione di Nicola Porro che nella
puntata di questa sera si occuperà del
bubbone del “prestito sociale”, 11 miliardi di euro di risparmi che il sistema
delle Coop raccoglie come una banca
senza esserlo.
Scrive Bankitalia: “La Banca non può investigare, né intervenire, né sanzionare
in caso di esercizio abusivo dell’attività
di raccolta del risparmio tra il pubblico,
che è un reato penale il cui accertamento
e repressione sono affidati alla magistratura e alle forze di polizia. Qualora riceva segnalazioni su possibili violazioni
delle disposizioni in materia, interessa
tempestivamente l’autorità inquirente,
come è accaduto nel corso del 2014, in
relazione a due segnalazioni ricevute”.
BANKITALIA non rivela che cosa e a chi
sia stato segnalato, ma è presumibile che
una delle due segnalazioni coinvolga la
Coop Operaie di Trieste, che è sotto procedura fallimentare e con l’ex presidente
Livio Marchetti indagato per false comunicazioni sociali e bancarotta, mentre 103 milioni di risparmi raccolti da 17
mila soci della Coop sembrano essersi
volatilizzati.
Il caso di Trieste è il trailer di un film che
si è già esteso alla vicina CoopCa, in Car-
nia, e potrebbe presto coinvolgere l’intero sistema Coop. Un anno fa il tema dei
supermercati Coop dove si è sviluppata
una “banca clandestina alla luce del sole”
è stato sollevato da un’inchiesta del Fatto.
Subito dopo il presidente dell’associazione di consumatori Adusbef, l’ex senatore Elio Lannutti, ha chiesto lumi alla
Banca d’Italia, segnalando proprio il caso di Trieste. Sul sito della Coop Operaie
c’era scritto (e c’è scritto tuttora) che il
prestito sociale consisteva in un servizio
di “deposito a vista”. Proprio ciò che le
regole Bankitalia riservano alle banche
(autorizzate e vigilate dalla banca centrale) vietando ovviamente a chiunque
altro di farlo perché si tratterebbe di un
grave reato.
La risposta data lo scorso gennaio
all’Adusbef sottolineava che non tocca
alla Banca d’Italia vigilare sulle cooperative ma rendeva noto che “questo Isti-
ALLARME RISPARMI
Dopo il crac di Trieste
due esposti per il reato
di “banca abusiva”.
Nel mirino il prestito
soci. Adusbef coinvolge
la Procura di Roma
tuto ha assunto le iniziative reputate doverose”. Non è dato sapere che cosa esattamente sia stato segnalato e a chi, fatto
sta che il fallimento della Coop Operaie
di Trieste è stato chiesto lo scorso 27 ottobre, esattamente un anno dopo la segnalazione dell’Adusbef. Un anno durante il quale non è accaduto niente di
utile ai 17 mila risparmiatori di Trieste
per salvare i loro soldi.
“Esercizio abusivo dell’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico”, come lo
definisce precisamente la Banca d’Italia
è un reato che si commette senza bisogno di fare bancarotta o perdere i soldi
dei risparmiatori. Si commette chiamando “prestito sociale” (cioè finanziamento degli investimenti della propria
coop) un servizio che viene venduto come “gestione liquidità”, distribuendo libretti di risparmio con i quali si possono
fare versamenti e prelievi come su un
conto bancario, dotando i soci di tessera
magnetica con cui si può pagare la spesa
al supermercato con addebito sul proprio libretto, mettendo addirittura i bancomat nei supermercati dove si può prelevare il contante dal proprio “prestito
sociale”.
IL PROBLEMA dunque tocca tutte le
grandi coop che fanno una o più di queste attività, e che raccolgono complessivamente quasi 11 miliardi di euro di
risparmi senza nessuna vigilanza di Bankitalia e senza la copertura del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Non a
caso al congresso di Legacoop che ci
chiude oggi a Roma il presidente Mauro
Lusetti ha proposto nuove norme più
stringenti sul prestito sociale. Saranno
introdotte addirittura con una modifica
dello statuto per obbligare le coop associate a rispettarle.
Ma il punto più critico, per le
coop e per i risparmiatori,
sarà la risposta alla pressione
della magistratura e di Bankitalia. Si tratta di spiegare a
1,2 milioni di “soci prestatori” che il loro non è risparmio
protetto come Costituzione
comanda, ma capitale di rischio che in caso di crac come quello di Trieste finisce
in fondo alla classifica dei
creditori da soddisfare.
Le Coop sono una banca parallela Ansa
Twitter @giorgiomeletti
10
CRONACHE
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
N
o Tav, attivisti
assolti dall’ accusa
di terrorismo
QUESTA SENTENZA è uno schiaffo alla Procura di
Torino e a questi Pm che usano la giustizia come
grimaldello per difendere i poteri forti”. Lo ha detto
l’avvocato Claudio Novaro, difensore dei quattro attivisti No Tav sotto processo per l'assalto al cantiere
della Torino-Lione, a Chiomonte, del maggio 2013.
La Corte d'Assise di Torino ha infatti assolto dall’accusa di terrorismo i quattro imputati di area anar-
chica, con la formula “perché il fatto non sussiste”.
La Procura aveva chiesto per loro 9 anni e mezzo.
Sono invece stati condannati a tre anni e mezzo per
danneggiamento, incendio e violenza a pubblico ufficiale. “Siamo No Tav, fermarci è impossibile” è lo
striscione che ha aperto la manifestazione cui hanno parte circa trecento persone, bloccando la statale 25 in Val di Susa. I manifestanti, che chiedono la
OMICIDIO POGGI, IL FIDANZATO
QUESTA VOLTA È COLPEVOLE
DOPO LE ASSOLUZIONI, NEL PROCESSO BIS CONDANNA A 16 ANNI PER ALBERTO STASI
di Davide Milosa
O
Milano
re 19:30 di ieri. Entra
la Corte e condanna
Alberto Stasi a 16
anni di carcere per
l’omicidio della sua fidanzata
Chiara Poggi. L’ex bocconiano
assiste immobile alla lettura del
dispositivo. Dice solo: “Sono
sconvolto”. Sette anni e quattro
processi dopo, così, il delitto di
Garlasco fissa una prima verità
giudiziaria. La mattina del 13
agosto 2007 a colpire la ragazza
con 15 colpi fu Alberto Stasi. Il
procuratore generale Laura
Barbaini, nella sua requisitoria
finale, aveva chiesto una condanna a 30 anni con l’aggravante della crudeltà. In sede di giudizio finale la Corte d’appello
ha fatto cadere l’aggravante rimodulando la pena definitiva.
PRIMA che i giudici entrassero
in una lunga camera di consiglio
(durata cinque ore), Stasi aveva
fatto un appello: “Non cercate a
tutti i costi un colpevole condannando un innocente, spero
mi assolviate”. Così alla fine non
è stato. “Non abbiamo mai mollato”, è stato il primo commento
di Rita Poggi la madre di Chiara.
“Volevamo la verità – ha detto
Gian Luigi Tizzoni, legale di
parte civile – oggi abbiamo avuto risposte”. Da ieri per Alberto
Stasi la vita è cambiata. Da innocente a colpevole. Cinque anni fa, esattamente il 17 dicembre
2009, infatti, veniva assolto in
primo grado dal Tribunale di
Vigevano perché, come è scritto
nelle motivazioni, il quadro
istruttorio “è ritenuto contraddittorio e altamente insufficiente a dimostrare la colpevolezza
dell’imputato”. Un passaggio
che reggerà anche durante il primo processo d’appello. Il 6 dicembre 2011 la seconda assoluzione perché “la decisione di
primo grado è immune da vizi e
merita di essere confermata”.
Nell’aprile 2013, la Cassazione
ribalta i giochi, rinviando gli atti
a Milano perché venga celebrato
un nuovo processo. Secondo gli
ermellini, nel giudizio di secondo grado erano stati “svalutati”
gli indizi contro Stasi e andavano effettuati, come era stato
chiesto dalla parte civile e dal
procuratore, “una serie di approfondimenti istruttori”. Il 9
aprile scorso così riparte il processo a porte chiuse. Per setti-
mane il procuratore generale ricostruisce la storia del delitto
aggiungendo via via novità,
chiarendo i fatti. Quando Chiara Poggi viene uccisa è da sola in
casa. Quasi certamente apre al
suo assassino. La ragazza viene
colpita più volte vicino all’ingresso. L’arma del delitto non
sarà mai ritrovata. Chiara morirà tra le 11 e le 11:30. Poi con il
cranio sfondato, il corpo viene
gettato giù dalle scale che portano alla taverna. Ed è qui che
Alberto, racconterà ai carabinieri, trova il cadavere. L’ex boc-
liberazione immediata dei quattro No Tav, hanno
anche acceso alcuni fumogeni. Inoltre sono stati registrati disagi sull'autostrada del Frejus bloccata da
una ventina di manifestanti e sul regionale Milano-Torino per un gruppo di una trentina di attivisti
che viaggiavano senza biglietto, scandendo slogan.
Un attacco informatico al sito internet della Procura
di Torino è stato rivendicato da Anonymous.
Sorrisi e lacrime
Dopo il verdetto
La gioia amara
della famiglia
che sapeva già tutto
di Silvia
Truzzi
è qualcosa di disumano nell’aspettare la sentenza
C’
sull’omicidio di tua figlia. Non solo per quella frase che
si sente ripetere e che spiega come niente - nessuna decisione,
Alberto Stasi attende la sentenza; a fianco i genitori di Chiara Poggi Ansa
QUATTRO GIUDIZI
Ridotta la richiesta di 30
anni, cade l’aggravante
della crudeltà.
La Cassazione ordinò
di rivalutare le prove che
portarono all’assoluzione
il Fatto Quotidiano
coniano riferisce di essere arrivato alla villetta dopo aver lavorato alla tesi di laurea, preoccupato perché Chiara non rispondeva. La versione non convince
fin da subito, tanto che il 24 settembre il pm decide il fermo.
Stasi farà quattro giorni di carcere poi tornerà a casa, perché il
gip non convalida il fermo. In
casa c’è sangue ovunque, eppure
Stasi non si macchia le scarpe.
Particolare smentito da una recentissima perizia per la quale
era praticamente impossibile
che lo studente non calpestasse
il sangue. Non è la pistola fumante, ma certamente è una
prova che per l’accusa è decisiva.
E del resto, in questi sette anni
d’inchiesta, sono stati tanti gli
errori e le omissioni. Come la bici nera da donna che viene indicata subito dopo il delitto da
una testimone, ma quella posseduta dalla famiglia Stasi viene
solo visionata da un maresciallo,
che non la sequestra perché
“non corrisponde” alla descrizione. Sarà acquisita solo dopo 7
anni. E poi c’è la scena del crimine dove vi accedono senza
calzari ben 25 persone tra inquirenti, medici legali e necrofori.
DELLE 17 impronte digitali
complete repertate, 6 appartengono a tre diversi ufficiali dei carabinieri che non hanno indossato i guanti. Altra dimenticanza: il Dna sul capello trovato sotto le unghie di Chiara. All’epoca
non fu fatto l’esame, eseguito
solo pochi mesi fa senza risultati
apprezzabili. Poteva essere
quello dell’assassino? Domande
senza risposte come per l’impronta di una mano sul pigiama
di Chiara. Dell’impronta però
rimarranno solo le fotografie,
quelle reali vengono cancellate
quando il cadavere viene incautamente rivoltato sul pavimento
cosparso di sangue. Tutti questi
elementi sono stati riletti e rivalutati dall’accusa, la cui tesi è stata, infine, parzialmente accolta
da giudici di Milano. Tra 90
giorni saranno depositate le
motivazioni.
nessun giudice - te la restituirà. Soprattutto perché non esiste
una conclusione che sia davvero augurabile. Non è augurabile sperare che tutto - e per tutto bisogna pensare all’amputazione, di qualcosa che è molto più di un arto - si risolva
in niente, in un “il colpevole non è stato trovato”. E il risarcimento - oltre un milione di euro - lo è soltanto di nome.
Ma nemmeno è augurabile sperare che alla fine ti dicano sì, a
fracassarle il cranio è stato quel ragazzo biondo che avrebbe
dovuto volerle bene e proteggerla. E che adesso, dopo l’assoluzione in primo grado e la condanna di ieri, può solo dire
di essere “sconvolto”.
Eppure in questa foto la mamma di Chiara sorride. Subito
dopo la lettura della sentenza ha detto: “Siamo soddisfatti,
non abbiamo mai mollato, volevamo giustizia e dopo sette
anni è arrivata”. E poi: “Ora guarderò Chiara e le dirò 'ce l'hai
fatta”. E’ una dichiarazione
struggente, tenerissima: perdere qualcuno che si ama non
significa affatto smettere di
parlargli, il problema al massimo è non ricordare bene la
sua voce. “Non abbiamo mai
mollato” vuol dire che c’era
una battaglia da combattere,
forse l’unico modo per dare un
senso alla più inaccettabile verità. Giuseppe Poggi ha ringraziato gli avvocati: “Chiara
ormai è diventata una figlia
anche per i nostri legali, che
ringrazio. Non dico di più altrimenti mi commuovo”. Sono
passati sette anni, che per la famiglia Poggi devono essere
trascorsi al ralenti, nell’ossessiva ricerca di un perché che non
esiste, di un colpevole che per adesso, in attesa della Cassazione, è stato trovato. Il loro sollievo è probabilmente il
respiro trattenuto in un’apnea durata troppo a lungo. Per
questo non c’è spazio per nessun giudizio sulla compostezza,
sui sorrisi, sulla soddisfazione. Si può solo guardare da lontano, senza curiosità, senza sentimenti. Sapere che vivere una
non vita senza Chiara è stata la prima prova di resistenza.
Adesso li aspetta una battaglia ancora più difficile, che non ha
luoghi, nemici, vittorie: accettare che anche tra 16 anni (sempre che la sentenza di secondo grado sia confermata) dovranno continuare a stare senza Chiara.
Twitter @silviatruzzi1
Ora Confindustria vede la vie en rose
INCASSATI JOBS ACT E IRAP ANNUNCIA LA RIPRESA. E SI LAMENTA DELLA CORRUZIONE: 300 MILIARDI IN 20 ANNI
di Marco Palombi
utto si può dire tranne che a Confindustria
T
non sappiano come si sta al mondo: il governo gli vuole bene, e glielo dimostra, e loro co-
minciano a vedere il futuro in rosa, annusano la
ripresa, auscultano il 2015 e avvertono telepaticamente la crescita. Breve riepilogo dei fatti. Sancita a inizio settembre con la visita alle Rubinetterie Bresciane - nel giorno in cui il “salotto buono” s’annoiava a Cernobbio - la santa alleanza tra
Matteo Renzi e Giorgio Squinzi (a rappresentare
la grande impresa), tra industriali e governo è
stata tutta una corrispondenza d’amorosi sensi.
Confindustria ha incassato prima la riscrittura
del Jobs Act secondo le sue Proposte di maggio (a
settembre e ottobre arrivano gli emendamenti
governativi che cancellano il divieto di demansionamento e quello di controlli a distanza, a seguire viene cancellato l’articolo 18, più altre cosette meno importanti, ma sempre gradite); poi
la Legge di Stabilità ha diretto lo sgravio Irap e la
decontribuzione delle nuove assunzioni verso le
grandi aziende (“siamo pienamente soddisfatti”,
il commento di Squinzi). Visto che il governo ha
rispettato gli impegni, gli industriali ora si mettono gli occhiali dell’ottimismo. Non più “Fate
presto”, come titolava Il Sole 24 Ore facendo spazio a Mario Monti, ma “all’inizio del 2015 arriva
la ripresa”. O almeno così ha sostenuto in un report pubblicato ieri il Centro Studi di Confindustria (Csc): il Pil del 2014 andrà peggio di come
stimato in precedenza (-0,5 per cento anziché
0,4), ma dal primo gennaio inizia la terra di latte e
miele.
DICE IL CSC che lo scenario economico globale si
presenta “nettamente migliore rispetto a 3 mesi
fa”: merito della crescita della domanda mondiale, del calo del prezzo del petrolio (70 dollari a
barile contro i 104 indicati a settembre), alla svalutazione dell’euro: questi ultimi due fattori, in
particolari, giustificano una buona metà delle
previsioni rosa del report. Ma non di soli scenari
internazionali vive l’ottimismo confindustriale:
pare che anche la domanda interna nel 2015 tornerà finalmente a crescere. Insomma il Csc prevede un Pil a +0,5% il prossimo anno (buon ri-
sultato se si tiene conto che il cosiddetto “effetto
trascinamento” fa partire il conto già oggi da un
-0,2%). Nel 2016, poi, le cose si mettono decisamente meglio: +1,1%. E questo stando pure bassi:
“Nelle stime non sono inclusi gli effetti, indubbiamente favorevoli ma non quantificabili, del
Jobs Act e di Expo 2015. Ciò lascia spazio a sorprese positive per la crescita italiana nel prossimo
biennio”. C’è solo un brutto numero in questo
racconto: la disoccupazione si attesterà al 12,7%
nel 2014 e “inizierà a scendere lentamente dalla
seconda metà del 2015” (quando sarà al 12,9%)
per arrivare al 12,6% nel 2016.
E che dire dei conti pubblici? Ma ovviamente che
Renzi fa benissimo a opporsi ai falchi del rigore
della Commissione: evidentemente l’associazione degli industriali ha cambiato idea da quando
magnificava il pareggio di bilancio e chiedeva tagli sanguinosi alla spesa pubblica. Oggi, dice il
Csc, non si può fare: “Occorre procedere con gradualità lungo al rientro del deficit pubblico per
non inchiodare il Paese a una stagnazione insopportabile sul piano politico e sociale e foriera di
iniziative populistiche”.
Matteo Renzi e Giorgio Squinzi LaPresse
Sempre ieri, il Csc ha diffuso alcuni dati sulla corruzione, “una zavorra per l’economia”: “Se con
Mani pulite l’Italia avesse ridotto la corruzione al
livello della Francia, il Pil sarebbe stato nel 2014 di
quasi 300 miliardi in più”. I dati a supporto sono i
soliti conti spannometrici (rectius, non scientifici)
di Banca mondiale e Transparency International.
Molto renziana, invece, la decisione di costituirsi
parte civile nel futuro processo su Mafia capitale:
bella iniziativa d’immagine, ma nella vita reale
non risultano associati cacciati per una condanna
per corruzione o dure prese di posizione su analoghi processi che coinvolgono ad esempio l’Eni.
SERVA ITALIA
il Fatto Quotidiano
Ipiùlva,soldi,
non ci sono
il modello
Alitalia per salvarla
IL MODELLO ALITALIA sembra l’unico
piano del governo per salvare l’Ilva.
Un’azienda, come ha spiegato il commissario straordinario, Piero Gnudi, in
audizione ieri alla Commissione Attività
produttive della Camera, che ha soldi per
pagare solo gli stipendi di dicembre.
“Forse gennaio” ha aggiunto, spiegando
che un’azienda che ha il 75% degli impianti sotto sequestro della magistratura
non è acquistabile da nessun operatore
privato. Il risanamento ambientale, quindi, l’unica strada per eliminare la presenza della magistratura, continua a essere lo spauracchio per aziende come
ArcelorMittal e il suo socio Marcegaglia,
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
11
che pure hanno presentato un’offerta di
interesse. In assenza di un passaggio ai
privati, dunque, l’unica strada sarà quella di un’Amministrazione straordinaria
“ponte” per poter risanare l’azienda e
venderla poi ai privati. Come fatto all’Alitalia. Il governo provvederà con un decreto il 24 dicembre, la vigilia di Natale.
Dopo lo smacco sui marò
Roma chiede aiuto al mondo
ANNUNCIATO IL RICORSO ALL’ARBITRATO INTERNAZIONALE, CONGELATO IN ATTESA DEL NUOVO
GOVERNO INDIANO. LACONICA LA UE: “CONTINUIAMO A SEGUIRE LA VICENDA”
di Giampiero Gramaglia
L
a strada diplomatica
è tutta in salita, quella giudiziaria un dedalo di viuzze, quella
politica tipo Davide senza fionda contro Golia con l’atomica.
Quasi tre anni – e molte grida –
dopo, la vicenda dei due marò è
messa male. Peggio di quanto
non sia mai stata. E s’illude chi
pensa che “adesso l’Europa è
con noi”, perché Federica Mogherini, Alto Rappresentante
per la politica estera e di sicurezza comune, s’agita a Bruxelles più di quanto non abbia mai
fatto prima la britannica Lady
Ashton. In questa storia, la Mogherini è chiaramente percepita come una voce di parte,
quando avverte che la questione di Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone può incidere
sui rapporti globali tra India e
Ue. A livello europeo, gli strali
della Mogherini trovano eco
solo fra gli eurodeputati italiani. Del resto, i fatti non tengono
dietro alle parole: nella sostanza, l'Ue “continua a seguire” la
vicenda, in contatto con il governo italiano, e “reitera la richiesta di rapida soluzione”,
condivisa, “nell'interesse sia
dell'Italia sia dell'India, sulla base del diritto internazionale”.
C’è di mezzo anche l’efficacia
della lotta contro la pirateria, su
cui l'Ue è “fortemente impegnata”.
NESSUNA CAPITALE europea è
pronta a mettersi contro l’India,
grande quanto l’Unione, con tre
volte gli abitanti dell’Ue e un Pil
che vale già il nostro e un posto
nel G8. Quanto al premier Narendra Modi, che corteggia il
nazionalismo indù, un po’ di
frizioni internazionali possono
persino fargli gioco. Incerto fin
dall’inizio tra il pugno sul tavolo
e il negoziato, il governo richiama per consultazioni l’ambasciatore in India Daniele Mancini: c’è “delusione” e “irritazione” dopo che la Corte Suprema
di New Delhi ha respinto le richieste di Latorre e Girone.
I due marò sono accusati di aver
ucciso due pescatori nel febbraio 2012, mentre erano in
missione anti-pirateria a bordo
di una nave italiana in acque internazionali nell’Oceano Indiano. Davanti alle Commissioni
Esteri e Difesa di Camera e Senato, i ministri Paolo Gentiloni
(Esteri) e Roberta Pinotti (Difesa) dicono che Latorre, vittima
di un ictus l’estate scorsa, non
tornerà in India alla scadenza
del suo permesso, il 13 gennaio,
DAVIDE E GOLIA
Il peso mondiale
dei due contendenti
è sempre più sbilanciato
dalla parte di New
Delhi. Richiamato
l’ambasciatore Mancini
perché “i medici ci dicono che
deve curarsi qui”: “Non è un atto di sfida né di scontro, ma una
presa d'atto della situazione",
parola di Pinotti. Il pieno recupero fisico del fuciliere è “una
priorità”: non sarà fatto “nulla
per metterlo a rischio”. Quanto
a Girone, i giudici indiani hanno respinto la richiesta di tornare a casa per Natale, oltre che
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone con l’ambasciatore Mancini Ansa
quella di ulteriore allentamento
della libertà vigilata. Pesa ancora la manfrina tra il 2012 e il
2013, quando i marò, tornati in
Italia per le feste, furono prima
trattenuti, poi rimandati.
L'ITALIA È PRONTA a “qualsiasi
passo” per risolvere la situazione: il richiamo dell'ambasciatore non è “un gesto di rottura”,
ma “l’espressione d’un malessere”; è una mossa per concordare
le successive, come l'apertura
dell'arbitrato internazionale,
che è pronto, ma venne congelato puntando – chissà perché su una soluzione diplomatica
dopo l’insediamento del nuovo
governo indiano. Non che l’arbitrato sia un toccasana: bisogna che l’India l’accetti e prende
tempo. Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier
Ferdinando Casini, chiede che
sia istituita “una cabina di regia
con rappresentanti dell’opposizione per coordinare le iniziative sui marò”. E l’ex ministro
degli Esteri, ed ex commissario
europeo, Franco Frattini, sollecita un’azione congiunta
Onu-Ue: “Bisognava internazionalizzare la crisi subito”. Magari, era meglio non innescarla.
@ggramaglia
12
CUBA LIBRE
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
PAKISTAN LE IMMAGINI DEL COMMANDO
Mentre il Pakistan è in lutto per l’eccidio di alunni, considerato “il nostro 11 settembre”, il gruppo kamikaze dei Taliban ha diffuso le foto del
commando responsabile dell’assalto alla scuola
Peshawar. Caccia senza quartiere al leader Mullah Fazlullah (detto “Mullah Radio”). Ansa
ISRAELE PARLAMENTO UE RICONOSCE LA PALESTINA
Prima il Tribunale Ue ha rimosso Hamas dalla lista dei gruppi
terroristici. Poi il Parlamento di Strasburgo ha votato sì al riconoscimento della Palestina. Il premier israeliano Netanyahu ha
affermato: “Si sono dimenticati della Shoah”. Ansa
“TODOS SOMOS AMERICANOS”
OBAMA-CASTRO: EMBARGO ADDIO
COMUNICATO “CONGIUNTO” CON RAÚL . L’IMPEGNO DIRETTO DEL PAPA ARGENTINO
SCAMBIO DI PRIGIONIERI E APERTURA DI AMBASCIATE. LA RABBIA DEGLI ESULI DI MIAMI
di Maurizio
O
Chierici
pubblicano della Florida, presidente della commissione
esteri del Senato: “Mi impegno
a bloccare la manovra che
mendica simpatie a spese del
popolo cubano”.
La decisione di aprire ambasciate non scioglie formalmente l’embargo, deciderà il
parlamento, ma resta un guscio vuoto Intanto non solo si
moltiplicano i voli che ogni
due ore già atterrano e partono
nell’incrocio Miami–l’Avana e
due al giorno per Los Angeles,
due per New York. Cubani e
americani più liberi di andare
e venire; in programma battelli per attraversare i 150 chi-
bama e Raul Castro sono finalmente d’accordo e
per Cuba cominciano giorni felici anche se
complicati dal rapporto con
una realtà non deformata dalle propagande. Diventa un
paese qualsiasi dopo 52 anni
10 mesi e 10 giorni di isolamento annacquato da rapporti informali tra
intellettuali, manager e turisti.
Privilegio per
pochi. Non sarà
facile adeguarsi
all’improvvisa
trasparenza
dell’informazione e alle insidie
dei mercati.
L’immobilismo
dei dogmi ha separato per mezzo secolo popoli
che si ritrovano
per cominciare a guarire da
castrismo e anticastrismo invecchiati nelle burocrazie che
annoiano le nuove generazioni.
TEMPI MATURI
Stop al “Bloqueo”dopo
52 anni, 10 mesi e 10
giorni. Da tempo nell’isola
si avvertivano segnali
di apertura. Mossa per
il voto dei latinos nel 2016
DUE PRESIDENTI simbolo del
partiro democratico hanno
chiuso e riaperto le ambasciate: Kennedy che stringe nel
febbraio 1962; Obama che lo
riaprirà in aprile alla Cumbre de
Las America di Panama primo
incontro ufficiale con Raul Castro. Si erano educatamente
stretti la mano ai funerali di
Mandela. Quasi un segno premonitore nell’addio a un uomo di pace. L’annuncio della
distensione nel pomeriggio di
ieri quando Alan Gross, funzionario di una ong umanitaria nordamericano accusato di
spionaggio, dopo cinque anni
di prigione scende dall’aereo
che l’ha riportato a casa.
Intanto Obama e Raul Castro
parlano mezzora al telefono: la
prima volta tra due presidenti
dopo troppi anni. Scendono
all’Avana anche i tre cubani
“spia” liberati a Miami. Scambio quasi annunciato dal New
York Times, simpatie democratiche: tre editoriali con sollecitazioni al buon senso. Il
mondo sta scoppiando, parlatevi, è una storia finita. L’appello di domenica scritto in
spagnolo, seconda lingua degli
Stati Uniti.
Attenzione alle presidenziali
2016: la curiosità delle nuove
generazioni latine e dei pronipoti dei profughi cubani sfuma il passato con la nostalgia
del presente. E sfioriscono le
simpatie per il partito repubblicano cattedrale dell’intransigenza anche se nella piccola
Avana di Miami fioriscono
cartelli e cortei man mano che
LO SPIRITO
DI MANDELA Obama
stringe la mano a Raúl ai funerali del leader sudafricano.
Alan Gross sbarca negli Usa dopo 5 anni di prigionia. Il Papa e
il segretario di Stato Parolin.
Manifestazione per la liberazione dei 5 cubani detenuti LaPresse
radio e tv allargavano la novità. Torna Gross in cambio
dei tre: “Una vergogna”, protesta dei delusi. Obama e Castro parlano al telefono: “Deve
essere impazzito”. Prova a
consolarli Marco Rubio, re-
lometri del braccio di mare.
E commerci sciolti dall’ipocrisia dei vincoli di parentela che
stanno travasando all’Avana
capitali per catene di negozi,
ristoranti, piccole aziende. Alfy Fanjul, re dello zucchero
Usa, vuole riportare agli antichi splendori l’industria decrepita dell’isola. E protesta
contro il suo partito repubblicano che difende l’embargo.
Anche Carlos Sandrigas commenta con una piccola delu-
sione. Presidente della Bank
America di Miami e hispanic
board di non so quanto consigli
d’amministrazione compresa
la pepsi Cola in odore Cia, si
era illuso che le relazioni “diventassero davvero normali”.
Per anni ha combattuto i fratelli Castro, poi si è arreso
“perché un manager quando
sbaglia deve trovare un’altra
strada”. Lavora all’Avana con
entusiasmo ricambiato, ma
non da tutti.
I vecchi comunisti rimproverano ogni novità: le loro poltrone in pericolo se meritrocrazia e convenienza economica sbiadiscono carriere disegnate dalla fedeltà al partito.
E il commento e un po’ lamento di Raul (“vogliamo la fine
dell’embargo, le concessioni
non bastano”) prova ad acquietarne l’ indignazione con
quel lottare ormai fuori dalla
storia. Diffidano anche i generali cresciuti con Fidel mentre
i giovani ufficiali respirano felici la cultura di una generazioni diversa.
Lentamente affiorano i segreti
delle manovre che hanno stimolato l’apertura. I colloqui di
Francesco con Raul Castro e
Obama e i messaggi che invitano a non desistere sorprendono la diplomazia del
Pentagono. I due presidenti lo
ricordano e ringraziano.
GUANTANAMERA A NEW YORK
“Un’altra pace dopo Cina e Vietnam”
di Angela Vitaliano
pa è stata la mediazione di
papa Francesco che ha scritto sia a Obama che a Castro
ono quasi le 13 a New York
invitandoli a riprendere le
e sotto una delle stazioni
relazioni diplomatiche. “Todella metropolitana, un uomo
dos somos americanos”, dice
sta suonando alla tromba “Feliz
in spagnolo il presidente
Navidad”; un viaggiatore gli si
quasi in chiusura del suo diavvicina e gli dice qualcosa
scorso, dopo aver ringraziaall’orecchio, lui sorride e le noto gli immigrati cubani per
te di Guantanamera si diffondol’enorme apporto che hanno ovunque. Barack Obama ha
no dato agli Stati Uniti in
finito da poco il discorso con il
“CHE” SIEMPRE Il profilo del “Che” all’Avana; Raúl Castro legge il discorso di distensione; con Obama nel 2013 LaPresse questi decenni e aver ricoquale ha annunciato alla nazionosciuto gli altissimi meriti
ne che, da oggi, riprenderanno le relazioni diploma- nel suo discorso ha ammesso, senza nessun pream- dell’isola in campo medico/scientifico.
tiche con Cuba, quelle che nel 1961, anno della sua bolo, il fallimento di una politica di embargo che non “Lavoreremo insieme per sconfiggere l’Ebola”, ha gaha cambiato assolutamente nulla nella dinamica po- rantito Obama. Insieme: una parola che il mondo
nascita, vennero interrotte.
“Ho dato mandato al Segretario di Stato Kerry – ha litica fra i due paesi, acuendo solo le tensioni.
aspettava da qualche decennio e che ora sembra già
spiegato Obama – di attivare tutte le procedure nenormalità. E mentre i repubblicani, per bocca di Marcessarie per riaprire un’ambasciata americana “ABBIAMO MANTENUTO RAPPORTI diplomatici co Rubio, promettono già battaglia su questa decisioall’Avana”. Contemporaneamente anche Raul Ca- con la Cina e con il Vietnam”, ha ricordato il pre- ne, Obama invita il Congresso a togliere completastro, a Cuba, diffondeva un messaggio alla nazione per sidente, per sottolineare come la drastica chiusura nei mente l’embargo, una decisione che non spetta a lui
spiegare le ragioni di questa giornata storica mentre, confronti di Cuba fosse diventata ormai davvero in- prendere, ma che, a questo punto, appare decisamente
in città, si levava alto il suono delle campane. Obama, giustificabile. Fondamentale per arrivare a questa tap- di buon senso.
New York
S
il Fatto Quotidiano
CUBA LIBRE
USA MINACCE, STOP A FILM ANTI-COREANO
Niente première a New York per The Interview. La
prima della commedia con James Franco su un
piano della Cia per assassinare il leader nordcoreano Kim Jong Un è stata cancellata dai cinema
della Grande Mela dopo le minacce di alcuni hacker di un “nuovo 11 settembre”. LaPresse
LONDRA PRIMA DONNA VESCOVO
Nominata la prima donna vescovo della chiesa
d’Inghilterra dopo la storica riforma delle legge
canonica. È il reverendo Libby Lane, 48 anni, che
diverrà vescovo di Stockport, area di Manchester,
vacante da maggio. Le congratulazioni del premier
Cameron: “Passo per uguaglianza sessi”. Reuters
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
13
La sinistra e l’ossessione
da infinita Guerra fredda
STESSI COLORI
Fìdel (89
anni) in Piazza della Revolucion
all’Avana e Obama (53) Ansa
L’EPOPEA DI FÌDEL È STATO IL VERO PROPELLENTE DELL’ANTIAMERICANISMO.
L’ISOLA COMUNISTA È ANCORA UNA NOSTALGIA, UN’UTOPIA SENZA SE E SENZA MA
di Fabrizio d’Esposito
A
ncora nel 1996, Pietro Ingrao, simbolo
dell’operaismo del
Pci, scandiva con
calma: “L’embargo contro Cuba è un’infamia”. Pur precisando, da comunista convinto:
“Anche se io non credo che
all’Avana oggi ci sia un regime
comunista”. Molto di più della
lunga fedeltà alla gelida Unione
Sovietica, è stato il caldo mito
castrista-guevarista il grande
propellente del sentimento antiamericano della sinistra italiana. Una questione di cuore
più che di testa, che ha visto
nell’eroica resistenza cubana
all’imperialismo a stelle e strisce un modello perenne da celebrare. Perché se è vero che fu
Berlinguer ad aprire alla Nato e
a fare lo strappo da Mosca, la
difesa dell’Avana dall’infame
embargo degli Stati Uniti è durata fino ai governi Prodi.
Hemingway e le notti
a scolare rum e cola
TRA LEGGENDA E REALTÀ Il mix è molto
semplice. Rum e Cola. Ma il Cuba Libre ha
origine all’inizio del secolo, durante la
guerra per l’indipendenza di Cuba dalla
Spagna, ottenuta grazie all’aiuto degli Stati
Uniti. L’ambasciatore del long drink diventerà anni dopo Ernest Hemingway, grande
bevitore soprattutto nei lunghi soggiorni
sull’isola caraibica. Se a Venezia il premio
Nobel andava da Cipriani e si faceva servire Bellini fino allo sfinimento, all’Avana preferiva il Rum e
Cola, possibilmente preparato al bar La Floridita dove si
sedeva fino a tarda notte.
L’intervista
ERA IL GENNAIO ‘97, pochi
mesi dopo la vittoria dell’Ulivo,
e Fausto Bertinotti, capo di Rifondazione comunista, andò in
visita sull’isola e venne ricevuto
da Fidel Castro. Il leader di Rc
era accompagnato da Ramon
Mantovani e da quel Gennaro
Migliore oggi renziano dell’ultimissima ora con tanto di cartellino timbrato alla Leopolda.
Bertinotti rimase incantato da
Fìdel, che gli raccontò in un colloquio durato quasi quattro
ore: “Il mio Paese vince, è vivo,
perché ha una grande unità di
popolo e di coscienza. Nessun
altro Paese, nelle nostre condizioni, con il blocco commerciale, credo sarebbe resistito 15
BAIA DEI PORCI
Aprile ‘61, la Cia appoggia l’invasione degli anticastristi: respinti sul bagnasciuga LaPresse
BALSEROS
CRISI DEI MISSILI
Ottobre ‘62: blocco militare
Usa per impedire installazione missili sovietici LaPresse
A ondate attraversano le 90 miglia tra Cuba e Usa LaPresse
giorni”. Dal viaggio, i compagni
di Rifondazione tornarono più
che convinti della lotta alla globalizzazione e al capitalismo.
Undici anni più tardi, archiviato il secondo Prodi, toccò al
Pdci di Oliviero Diliberto aprire il congresso e inneggiare a
Cuba, che “indipendentemente
dalla forma politica in cui il socialismo si è realizzato, è un
simbolo per chi ha tenuto testa
al capitalismo americano a soli
90 miglia dalla costa degli Stati
Uniti”. Cuba è stata ed è tuttora
un sentimento, una nostalgia,
un’utopia senza se e senza ma,
dentro e fuori il Pci. In un altro
anno mitico, nel Sessantotto, il
rivoluzionario Giangiacomo
Feltrinelli - detto il “miliardario
rosso” e che saltò in aria ai piedi
del famoso traliccio di Segrate venne folgorato dal castrismo,
progettò di trasformare la Sardegna nella Cuba del Mediterraneo e prese contatti con il
bandito Graziano Mesina.
MOLTO PIÙ realisticamente,
trent’anni dopo, il governo
Prodi, per volontà dell’allora vicepremier Walter Veltroni, sottoscrisse un accordo di cooperazione cinematografica con
l’Avana. Fu prodotto un film
sulla vita di Fidel, Il sognatore,
che però non uscì mai nelle sale.
Rivelò il regista Enrico Coletti:
“Greganti ci ha messo in con-
tatto col potente Ramiro Valdez, responsabile per il cinema
nel governo cubano, che ha letto la sceneggiatura con Raul
Castro e ha suggerito alcune
modifiche”. Sì, Greganti. Il
compagno G delle cronache di
Tangentopoli, finito di nuovo
nei guai e in carcere per l’inchiesta sull’Expo di Milano.
La fascinazione per Cuba, antiamericana per via dell’embargo e dell’imperialismo, ha unito
politici e intellettuali (Moravia,
per esempio), cantanti e attori.
Berlinguer fece una visita storica nel 1981 e specificò: “Noi
non mettiamo in discussione i
vincoli che derivano dall’adesione al Patto Atlantico, ma riteniamo che l’Italia non possa
supinamente accettare la politica rischiosa e aggressiva
dell’Amministrazione
Reagan”. Due anni più tardi, quando gli Usa invasero Grenada,
Giancarlo Pajetta fece un comizio a Roma, in piazza Santi
Apostoli: “L’invasione non è
solo un monito a Cuba, ma è la
dimostrazione del conto in cui
gli Usa tengono i loro alleati e il
movimento mondiale per la pace”. Il tramonto dell’embargo
chiude un’era infinita.
Gianni Minà
Raúl la vera sorpresa. Obama così così
di Antonio Migliore
ianni Minà, lei frequenta Cuba e
G
Castro da tanti anni. Di chi è il
merito di questo disgelo?
È un grande successo di Fidel Castro
e di suo fratello Raul. I fatti dimostrano che il comunismo e il capitalismo sono falliti, mentre Cuba è ancora lì. E i due fratelli hanno avuto la
meglio. Tutte le previsioni fatte negli
anni dagli esperti sono state smentite.
Fidel ha 89 anni e scrive 2 articoli a
settimana mentre Raul ha cominciato la modernizzazione del paese e gli è
parzialmente riuscita. Certamente in
questi anni hanno commesso degli
errori, causati dalla sindrome d’assedio, che ha influito molto sul governo
del paese. La vera sorpresa è che tutti
credevano Raul essere meno importante del fratello, invece ha fatto la
storia.
Molti sostengono che la negoziazione
sia partita con la stretta di mano ai
funerali di Nelson Mandela tra Raul
Castro e Barack Obama.
Credo che qualcosa sia cominciato
molti anni prima, grazie a Jimmy
Carter, il 39° presidente degli Stati
Uniti. Nel 2002 infatti l'ex presidente
andò in vacanza a Cuba e in quell’occasione passò un intero pomeriggio
con Fidel Castro. Quell’evento fu un
chiaro segno di apertura. Perché è
importante: Carter non sarebbe mai
L’abbraccio con il Lìder Maximo a Roma nel ‘96 Ansa
CIVILTÀ
SUPERIORE
Il comunismo e il
capitalismo sono falliti,
mentre Cuba è ancora
lì. Quando arriva
un uragano a Cuba
muoiono due persone,
in Louisiana 700
andato in visita da altri leader, come
in Libia da Gheddafi oppure in Egitto
da Mubarak. E invece da Fidel Castro
andò.
Chi ci guadagna realmente?
Ci guadagna Cuba e ci guadagnerà il
popolo cubano, il
popolo oggi con la
più bassa mortalità
infantile, la più alta
media di vita e la migliore organizzazione di protezione civile. Quando arriva
un uragano a Cuba
muoiono due persone, in Louisiana settecento.
Cosa ha fatto Cuba in questi anni sul
fronte internazionale?
Ha saputo affrontare perfino situazioni che non gli competevano. È stato il paese promotore dell’Alba, l’alleanza di cooperazione economica,
politica e sociale tra molti paesi
dell’America Latina. Cuba è stato il
primo paese a intervenire in Africa
per l’epidemia di Ebola. I media occidentali non l'hanno riportato, ma i
medici cubani sono intervenuti per
primi in Sierra Leone e Guinea e sono
stati pure penalizzati. Per l'embargo
infatti non sono riusciti a percepire lo
stipendio lontano da Cuba.
Obama ha ringraziato Papa Francesco
e ha salutato l'apertura a Cuba dicendo “Todos somos Americanos”.
Il Vaticano è stato importante, e il
papa sudamericano ha influito sicuramente molto nei negoziati tra i due
paesi. Il suo ruolo e le sue capacità di
dialogo sono state determinanti per
questi ultimi eventi. Che dire di Obama: in questi anni ha fatto poco, non
è riuscito a cambiare molto, ha fatto
cose irrilevanti. Adesso, a due anni
dalla conclusione del suo ultimo
mandato, ha deciso evidentemente di
fare la storia.
14
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
RUGBY, CASTROGIOVANNI OUT 4 TURNI:
HA AMMESSO DI AVER INSULTATO
Il pilone azzurro del Tolone aveva apostrofato
Richard Cockerill, director of rugby dei
Leicester Tigers. Si è dichiarato colpevole
ed è stato squalificato per quattro giornate
QATAR 2022, L’AMERICANO GARCIA
SI DIMETTE DAL COMITATO ETICO FIFA
RECORD DI VENDITE SU AMAZON
OLTRE 4 ORDINI AL SECONDO
L’americano Michael Garcia si è dimesso dal
comitato etico Fifa, dopo aver visto sconfessata
la sua inchiesta sulla controversa assegnazione
dei Mondiali di Russia 2018 e Qatar 2022
SECONDO
Lunedì scorso Amazon.it ha raggiunto il picco
di vendite, con oltre 396.261 prodotti ordinati
al ritmo di oltre 4 al secondo. Ogni 15 minuti
un Tir è partito dal Centro di distribuzione
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
Zero, nessuno e centomila
UNA MOSTRA RACCONTA I 64 ANNI DI VITA E I 41 DI CARRIERA DI RENATO: FOTO, OGGETTI E FILMATI DEL DISSACRATORE A COLORI
L’
di Marco Travaglio
uomo che nacque tre volte – la prima come tutti, la
seconda subito dopo nel reparto maternità con
una trasfusione completa del sangue per scacciar
via una rarissima anemia emolitica, la terza a 41
anni quando tutti lo davano per finito e invece
strappò dieci minuti di applausi a Sanremo con
Spalle al muro – si racconta in una mostra che dovrebbe essere retrospettiva, invece diventa introspettiva e antespettiva. Il suo nome infatti è
Re-nato. Ma soprattutto Zero, perché è pari e dispari, maschio e femmina, maschera e individuo,
personaggio e persona, destra e sinistra, sesso e
mistica, arte e show. Tutti gli opposti insieme. Impossibile moltiplicarlo, dividerlo, estrarne la radice quadrata. Zero nessuno centomila. Da oggi al
22 marzo i suoi fan “sorcini” e “zerofolli”, ma si
spera soprattutto i non fan, gli agnostici, i misconoscitori, i sottovalutatori troveranno le tracce
dei suoi primi 64 anni di vita e 41 anni di carriera
nei mille metri quadri supertecnologici di quattro
grandi sale del centro di produzione culturale “La
Pelanda”, nel cuore del museo d’arte contemporanea Macro nel cuore di Testaccio nel cuore di
Roma. Il primo suono è un battito cardiaco, il ritmo pop del feto che rischiava di nascere morto
(“quante volte sono morto quante volte nascerò”). Invece uscì vivo (“il mio alibi è che vivo”). E strano
(“privo di un’etichetta, infilo il naso
dove mi va, brucio la vita eppure non
ho fretta; rifiuto l’uniforme, gli inviti
della pubblicità, pranzo coi neri, ceno coi rossi, mi fidanzo con chi mi va;
io sono strano, forse per questo più
umano eh già, io sono strano”). Ma
soprattutto a colori. La prima sala della mostra, volutamente
narrativa non solo di Renato ma
anche dell’Italia che ha attraversato, insomma del Dna di tutti e
di Zero, è un corridoio di foto,
oggetti, filmati degli anni 60, del
boom economico, della speculazione edilizia, delle prime rivendicazioni sociali, della fuga dalle
campagne verso l’urbanizzazione e l’industrializzazione.
Un’Italia in progresso e in movimento, ma anche irreggimentata nelle troppe gabbie dell’ipocrisia, conformiste
e massificanti: la politica, la religione, la famiglia,
l’amore, l’esercito, i media, l’ordine costituito, le
contestazioni e le prime violenze di piazza.
IN QUELL’ITALIA in bianco e nero, sta per irrompere un folletto a colori. I colori stravaganti della
sua faccia dipinta, dei suoi costumi attillati e piumati e sfavillanti di lustrini e paillettes, dei suoi
testi dissacratorii, della sua musica senza pentagramma e dei suoi balli senza metronomo. E dire
che Renato Fiacchini è figlio di un poliziotto, ha
studiato dalle suore, ha tre zii preti e un quarto
intellettuale comunista (Mario Tronti). Ballerino
di fila per Don Lurio e Rita Pavone, comparsa in
tre film di Fellini, randagio fra il Piper e i provini
all’Rca. Con un bel po’ di coraggio, i curatori di
Ennezerotre che hanno realizzato la mostra, ideata da Simone Veneziano e diretta dal paroliere
Vincenzo Incenzo, gli accostano foto e videotape
di Pasolini (i Comizi d’amore), Moravia, Musatti,
Warhol e Pirandello (le maschere). Gli zerofeticisti possono godersi in cuffia l’audio del primo
provino col brano Supermarket del 1973, scritto
con Franco Migliacci, l’autore di Nel blu dipinto di
blu, e arrangiato da Piero Pintucci (che firmerà e
produrrà i suoi primi travolgenti successi): una
comica, burlesca storia d’amore fra un sedano e un
pomodoro. E del 1973 è anche la foto scelta per il
manifesto della mostra: Renatino pittato di tutto
punto con una corona di ossa e denti intrecciati, da
guerriero Apache (“E mi trucco perché la vita mia non
mi riconosca e vada via”).
COSÌ QUELL’ARGENTO vivo che non sta fermo
mai rompe a una a una quelle gabbie, con un talento spettacolare e una vitalità ginnica che spesso
oscurano i suoi testi agli orecchi distratti della critica. Parole che a troppi parevano buttate lì a caso,
e invece a rileggerle e riascoltarle oggi ben si comprende perché ogni sera, per anni, il teatro tenda di
Zerolandia traboccasse di gente che faceva a pugni
per passare due ore sotto il palco di quel ragazzo
esile, bizzarro, leggero e variopinto come una farfalla (il biglietto ingiallito del “Natale a Zerolandia” compresa la messa di mezzanotte, “lire 5 mila”, è esposto alla Pelanda). Anche lui era “impegnato”, ma diversamente dagli altri cantautori,
quelli “politici”: anche grandissimi, ma tutt’altro
che allegri.
Coperto di piume e di paillettes (alcuni dei costumi più sorprendenti sono esposti nella mostra,
tipo quello da albero di Natale e quello da voliera,
ma senza esagerare per evitare l’effetto-reliquia),
L’APACHE
Coperto di piume
e paillettes, ha parlato
di Dio, ambiente, Aids,
guerra, sesso e chirurgia
plastica con qualche
decennio di anticipo
parlava di Dio, ambiente, guerra, sesso, aborto, droga, pedofilia, prostituzione, depressione,
eugenetica, Aids, malattia, vecchiaia, chirurgia plastica, falsa
democrazia, malainformazione, psichiatria, conflitti genitori-figli con qualche decennio d’anticipo sulla tabella di marcia nazionale. Ma lo faceva
da trasgressore della non-trasgressione, dadaista e
lunare, con quella lingua tutta sua: paleobarattolo,
ormonauta, zerofobia, zerofavola, zerofolli, zeromatti, fonopoli, sesso-o-esse, atomicopathos, ondagay, nonsensepigro, spiridioti, umaneria.
“È più utile ritrovare la propria anima che andare
in piazza a sventolare una bandiera”. Parlava di
noi raccontando la sua storia. “Sarò lieto di togliervi alcuni complessi e di procurarvene altri”, è
la frase che domina la terza sala, dove gli schermi
trasmettono 7 minuti del suo introvabile film Ciao
Nì e varie interviste salvate dagli archivi Rai. Una è
solo in voce (ancora roca, da giovane fumatore):
“Tremila femministe tremila, con tremila bastoni
tremila, volevano spaccarmi la faccia per come
canto le donne. Gli ho detto: ‘Che faccio, cambio
qualche parolina alle mie canzoni?’. Io non stimo
tanto le femministe, io stimo le donne”.
ALLA PARETE, sotto vetro, la pagina di un roto-
calco per ragazzi con un sondaggio: “Secondo voi,
Renato Zero fa l’amore: a) con gli uomini e con le
donne; b) solo con gli uomini; c) solo con le donne?”. In un’altra teca, il bozzetto di un costume
rosa confetto disegnato per sé da lui medesimo.
Alla quarta sala si accede da un corridoio buio come la sua crisi di fine anni 80, quando la vena creativa sembra esaurita, i travestimenti hanno fatto il
loro tempo, i critici lo massacrano e decretano il
tramonto. Finché Renato risorge a Sanremo ‘91,
senza trucco e in total black, con un brano che pare
autobiografico invece è di Mariella Nava (“Vecchio,
diranno che sei vecchio...”). Quel che rie-
RETROSPETTIVA La mostra è allestita
nelle sale del centro “La
Pelanda” al Macro
di Roma fino al 22 marzo
sce a scrivere e a cantare Zero nella sua
terza vita, negli anni
90 e Duemila, lo ricordano due enormi pareti-planetario blu con tutti i brani della sua carriera, a
forma di stelle collegate alle costellazioni dei vari
album. E, all’uscita, le cabine per ascoltare in presa
diretta la sala parto, il cantiere in divenire delle
canzoni nella fase del concepimento: quando sono
solo un’idea di laboratorio, un provino in grammelot simil-inglese con un motivetto musicale in
sottofondo al pianoforte e qualche frase appuntata
con la biro rossa su un quaderno a quadretti, e poi
via via prendono forma con la melodia, gli arrangiamenti, il testo che via via si completa fino al
prodotto finito, pronto per essere cantato, ma anche sempre per diventare show.
Tutto il resto, fuori di qui, è noia (“vecchia troia!”).
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
15
Il campionato è meno uguale
grazie al giudice sportivo
GARCIA FERMATO DUE TURNI PER LA DENUNCIA DI UN NON TESSERATO, ALLEGRI PERDONATO
PER UN GESTACCIO, FERRERO (SAMP) BASTONATO PER INSULTI, LOTITO, INVECE, GRAZIATO
di Luca
Pisapia
P
oco spettacolare in
campo, la Serie A
riesce comunque a
mantenersi il campionato più interessante a livello di polemiche. Le ultime
riguardano le decisioni del
giudice sportivo Giampaolo
Tosel che ha scelto, a dispetto
del regolamento e per la prima volta in Italia, di dare
ascolto a dei non tesserati per
emettere una sentenza.
Com’è noto, infatti, il tecnico
della Roma Rudi Garcia è stato squalificato per due giornate per avere, secondo l’accusa, aggredito il responsabile degli steward del Genoa nel
tunnel di Marassi, durante il
concitato finale di partita di
domenica scorsa, mentre i
giocatori litigavano (Perotti
del Genoa si è beccato quattro giornate per un fallaccio,
Cholevas della Roma un turno per aver rivolto il dito medio al pubblico) e i tifosi tiravano di tutto in campo. A
questo vanno aggiunti 20 mila euro di multa alla società
giallorossa per aver rifiutato
di consegnare i tesserini di riconoscimento.
IL PROBLEMA però è che né
gli ufficiali di gara, né i delegati della Procura federale,
nel caso di Garcia hanno visto
nulla: la squalifica si basa
esclusivamente sulla testimonianza di un non tesserato, e
per di più parte in causa, lo
steward genoano.
Un unicum nella storia del
campionato, nemmeno previsto dal Codice di Giustizia
Sportiva. Un caos totale, che
ha spinto a intervenire anche
il presidente del Coni Giovanni Malagò: “Su ogni provvedimento della giustizia
sportiva ho una mia bella opinione, ma purtroppo pubblicamente non la posso dire.
Certo ci sono delle cose che
fanno riflettere”.
Ancor più dura la posizione
della Roma. Il dg romanista
Mauro Baldissoni, annunciando il ricorso in sede sportiva e la denuncia in sede penale per lo steward genoano,
ha dichiarato: “Siamo stanchi
di fare giurisprudenza, sembra che con la Roma si voglia
provare sempre a portare più
in là lo spazio di azione della
giustizia”.
Garcia ha invece dettato un
comunicato all’Ansa che recita: “Tutta la mia carriera di
calciatore, educatore e allenatore testimonia un comportamento esemplare. Non accetterò che si cerchi di infangarmi attribuendomi gesti aggressivi che non ho commesso, che deploro e che sono
contrari alla mia educazione.
confronti dei tifosi avversari
dopo Juventus-Sampdoria.
Ma la vicenda è tutt’altro che
chiusa dal punto di vista penale, vedi denuncia allo steward genoano, e da quello
della giurisprudenza: dovrebbe essere infatti modificato
l’articolo 35 del Codice di giustizia sportiva per permettere
di utilizzare come prova le dichiarazioni dei non tesserati.
E sarebbe una rivoluzione copernicana.
PIUTTOSTO,
la giustizia
sportiva andrebbe seriamente
riformata e resa indipendente, perché come ogni anno
anche in questa stagione stanno succedendo cose strane.
Oltre l’assurda vicenda Garcia. Il presidente della Samp
Massimo Ferrero è stato infatti squalificato per 3 mesi e
QUERELA IN VISTA
“Denuncio questo
intollerabile attacco
al mio onore –protesta
il giallorosso –Mi batterò
per difendermi da
ingiustizia e menzogne”
Mi batterò con ogni mezzo a
mia disposizione per difendermi da questa ingiustizia e
da queste menzogne”. Ora,
per quello che riguarda il
campo è prevista per venerdì
la sentenza di appello, che potrebbe togliere la squalifica al
tecnico giallorosso per permettergli di essere in panchina sabato sera contro il Milan.
Anche perché ieri è stata
commutata in multa la squalifica di un turno al tecnico
bianconero Massimiliano Allegri, per un gestaccio nei
DUE GIORNATE
L’allenatore della Roma Rudi Garcia, squalificato per una lite
con uno steward Ansa
multato per 35 mila euro per
avere prima insultato l’omologo nerazzurro Erick Thohir
e poi, mentre era deferito,
avere reiterato l’offesa su
Twitter. Mentre il presidente
della Lazio Claudio Lotito se
l’è cavata con 10 mila euro di
multa per avere insultato il direttore generale della Juventus Beppe Marotta, cui è stata
anche negata la possibilità di
uscire dalla clausola compromissoria per querelare Lotito.
Che il padrone della Lazio e
della Salernitana sia oggi l’uomo più potente del calcio italiano, dopo aver costruito la
presidenza di Carlo Tavecchio, è sicuramente una coincidenza. Ma la Giustizia sportiva proprio da queste coincidenze dovrebbe affrancarsi.
RISCHIO SQUALIFICA
Soccorso Coni
per Carolina
di Fausto Nicastro
un problema.
on ho visto, non ho senN
tito, non c’è. L’ultima
versione dell’omertà azzurra,
E NONOSTANTE il presidente
sdoganata da Carolina Kostner, trova il sigillo reale del
presidente del Coni Giovanni
Malagò. Intervenuto ai microfoni della trasmissione Un giorno da Pecora su Radio 2, è stato
sollecitato sulla richiesta di
squalifica di quattro anni e tre
mesi per la pattinatrice, accusata di aver coperto il fidanzato Alex Schwazer. Secondo
le accuse, quando la Wada,
agenzia mondiale antidoping,
bussò alla porta della casa del
marciatore a Oberstdorf, Carolina disse che si trovava a Recines, mentre invece era proprio lì dentro. Ed ecco la solidarietà del Presidentissimo,
l’uomo che ha lanciato a fianco
di Metteo Renzi la candidatura
di Roma per le Olimpiadi del
2024: “Cosa avrei detto io agli
ispettori che cercavano il mio
fidanzato? Avrei detto no, non
c’è, se fossi stato convinto che
non sarebbe stato un problema. Che poi è quello che ha
pensato lei”. Lei, Carolina, si è
sempre difesa: “Se avessi saputo che Alex si dopava per il suo
bene innanzitutto, l’avrei convinto a confessare. Non ne ho
saputo nulla fino a che il test è
tornato positivo”, aveva detto
in un’intervista al Fatto Quotidiano.
Quindi
mentire
all’agenzia mondiale antidoping non sarebbe comunque
fosse, a suo dire, “in grandissimo imbarazzo e difficoltà”
non si è fermato e ha completato il concetto, quasi a malincuore: “Devo accettare le norme della giustizia sportiva che
sono state scritte da un ordinamento internazionale e che
prevedono questo tipo di san-
FAVOREGGIAMENTO
Il presidente Malagò
a Radiodue: “Accetto le
decisioni dell’antidoping,
ma anch’io avrei coperto
Schwazer come
ha fatto la Kostner”
zione per chi non denuncia. Io
non sono affatto d’accordo, le
sono molto vicino”. Non proprio un ragionamento da “trasparenza totale”, quella che lui
stesso ha assicurato per l’agognata Olimpiade romana anche solo per la fase della candidatura. In barba alle parole
di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, che qualche giorno fa ha ribadito l'importanza delle segnalazioni e delle denunce per
combattere corruzione e malaffare.
COMPLEANNI
Un “vento di Pampa” per papa Francesco
di Gianluca
Roselli
o spettacolo c’è stato davvero. Perché mai
L
piazza San Pietro si era trasformata in una
milonga a cielo aperto. Ieri tremila tangueri
provenienti da tutta Italia hanno ballato il tango in onore di Papa Francesco, un modo speciale di fargli gli auguri nel giorno del suo
78esimo compleanno. Per un’ora e venti, al
termine dell’udienza generale, i ballerini hanno piroettato sulle musiche di Astor Piazzolla,
Amelia Baltar, Juan D’Arienzo davanti agli
sguardi incuriositi degli altri pellegrini e dei
passanti. “Oggi si balla con il vento della Pampa”, ha detto Papa Bergoglio durante l’udienza,
molto divertito dall’iniziativa.
L’idea è venuta a Cristina Camorani, 49enne
romagnola di Conventello di Ravenna. Sposata
e mamma di quattro figli maschi, quindici anni
fa ha iniziato a ballare e non ha più smesso e
oggi gestisce una milonga. “Dopo aver letto
diverse interviste in cui Bergoglio racconta il
suo amore per il tango, a Ferragosto con un po’
di amici abbiamo detto: perché al suo compleanno non gli facciamo una sorpresa e andiamo a ballare in piazza San Pietro?”, racconta
Cristina. All’inizio doveva esserci solo qualche
decina di persone, ma poi il tam tam su Facebook è esploso e sono arrivate centinaia di
adesioni. A quel punto è iniziato il braccio di
ferro con il Comune di Roma e con la gendarmeria vaticana per ottenere i permessi. Che
sono arrivati all’ultimo, con l’autorizzazione a
ballare in Piazza Pio XII (adiacente a San Pietro) e in Via della Conciliazione. Per rispetto,
però, niente gonne con lo spacco e rose tra i
denti, ma solo foulard bianchi in segno di pace.
“Speravamo che il Papa si affacciasse, ma va
bene anche così. Abbiamo saputo che era contentissimo dell’iniziativa. Anche perché abbiaI ballerini italiani di
tango hanno invaso ieri
piazza San Pietro
LaPresse
MILONGA ROMANA
Migliaia di ballerini
di tango si sono dati
appuntamento
in piazza San Pietro
per festeggiare
i 78 anni di Bergoglio
mo messo le sue musiche preferite, le milonghe, quelle che ballava da ragazzo”, continua
Cristina. Per i profani, la milonga (oltre a essere il luogo dove si balla) è una musica più
allegra e veloce rispetto al tango tradizionale.
L’amore di Bergoglio per questo ballo è risaputo. “Mi piace moltissimo, è una cosa che
mi nasce dentro”, disse qualche anno fa in
un’intervista a un giornale argentino. Da ragazzo andava a ballarlo con il suo gruppo di
amici. E verosimilmente faceva coppia tanguera con la fidanzatina Flores, la ragazza per cui
lui stesso ha raccontato di aver avuto una simpatia.
IL PAPA può addirittura vantare un suo tango
personale: si chiama “Ahora Papa Francisco”
ed è stato composto per lui da Eduardo Rivero,
titolare di una famosa milonga a Buenos Aires.
Anche lui ha voluto fargli un regalo. Il brano gli
è stato consegnato su un iPad durante il volo
che l’ha portato a Rio de Janeiro nel luglio 2013
per la giornata mondiale della gioventù. “Un
tango cordiale per un argentino abbracciato al
sociale/Un sacerdote lottatore che già da piccolo, a Flores, voleva del debole essere il protettore”, recitano le prime due strofe. Bergoglio,
come ha poi raccontato il giornalista argentino
Sergio Rubin, ha molto gradito.
Ma non è la prima volta che la Santa Sede apre
le sue porte al ballo più sensuale. Nel 1924 Pio
XI ricevette in udienza Casimiro Ain, grande
ballerino di tango dell’epoca, portato in Vaticano da un sacerdote argentino. “Se non ci
avessero dato i permessi, lo avremmo fatto lo
stesso, illegalmente, com’è nello stile dei veri
tangueri, che sono ballerini di strada. E stasera
(ieri, ndr) si va tutti a ballare nelle milonghe
romane”, sorride Cristina Camorani. “Però stavolta le gonne con lo spacco sono ammesse”.
16
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
IL SEQUEL
I social killer
con il film intorno
PER DAVID FINCHER, IL REGISTA DI “GONE GIRL”, LE RESPONSABILITÀ
INDIVIDUALI DIPENDONO QUASI SOLO DAI CAMBIAMENTI SOCIALI
di Federico Pontiggia
G
one Girl è il sequel di
The Social Network:
dopo quel Facebook, questo Fakebook, ed è sempre l’album delle menzogne. David Fincher
continua a decrittare i vizi privati fatti pubblici della società
neocapitalistica: là la genesi,
qui lo stato dell’arte, il regista
seguita ad ascrivere responsabilità individuali ai cambiamenti sociali. Siano gli Zuckerberg piuttosto che questi
Nick e Amy, Fincher crede che
dare un nome ai responsabili
significhi dare una spiegazione alle loro azioni e alla nostra
visione del mondo, ma è così?
E, soprattutto, l’approdo di
Fincher ci dice qualcosa che
già non sapevamo o ce lo dice
meglio? Tratto dal bestseller di
Gillian Flynn (Rizzoli), L’amore bugiardo esula da un genere
specifico, meglio, ne contempla più d’uno: quello principale è il thriller, suppergiù a scatole cinesi. Diamo fede alla sua
classe d’appartenenza e non
sveliamo – anche per chi ha già
letto il libro, ci sono delle variazioni – il plot, se non nei
suoi passi iniziali: Amy Dunne
(Rosamund Pike) scompare il
giorno del quinto anniversario di matrimonio, il marito
Nick (Ben Affleck) è il principale sospetto, la verità non
triangola. Come già in The So-
CRIMINI E MISFATTI
Amy scompare il giorno del quinto anniversario di
matrimonio, il marito Nick è il principale sospettato.
Ma alla pellicola manca lo spessore umano
cial Network del 2010, e parzial-
mente anche nel successivo
Millennium – Uomini che odiano
le donne, il regista compie un
passo ulteriore nella sua poetica, anzi, nella sua ideologia.
LASCIATE perdere le accuse
inconsistenti di misoginia che
puntualmente gli vengono addossate, in realtà, il suo cinema
è il rifugio dei serial killer. Su
basso continuo mortifero, ecco la teoria: Seven (1995), serial
killer; Fight Club (1999), botte di
gruppo; Panic Room (2002), reclusione e paura; Zodiac
(2006), serial killer; Il curioso caso di Benjamin Button (2008), ep-
GONE GIRL
- L’AMORE BUGIARDO ©
Usa, 2014
regia: David Fincher;
con: Ben Affleck, Rosamund
Pike, Neil Patrick Harris, Tyler
Perry, Kim Dickens
pur si muore. Poi, inframmezzati dal remake killer Millennium, The Social Network e Gone
Girl che allargano lo spettro e le
ambizioni di critica sociopolitica: protagonisti sono dei so-
cial killer, l’evoluzione 2.0 della specie serial killer. La correità, ovvio, è sociale: qui non
arriviamo alle centinaia di
condivisioni del “Sei morta
troia” postato recentemente da
un uxoricida italiano, ma il
verdetto è sempre affidato al
“mi piace” (innocente) o “non
mi piace” (colpevole) del social
e TV network. Della coppia
Nick e Amy, come già della
coppia Eduardo Saverin e
Mark Zuckerberg, a Fincher
non interessa quasi nulla: sono
gli spettatori delle loro azioni,
in ultima analisi gli spettatori
del film, il suo punto focale,
mentre la crisi del matrimonio
e i suoi derivati sono il dito che
indica la luna. La più grande
menzogna del film, già avvertibile nell’appartenenza problematica al genere thriller, è
questa: non è Gone Girl, la ragazza scomparsa, il film, ma
ancora una volta il Social Network sulle sue tracce.
Lo stesso discorso può essere
applicato a House of Cards, la
fuoriserie tenuta a battesimo
dietro la macchina da presa da
Fincher, anche produttore esecutivo: storia di coppia (Kevin
Spacey e Robin Wright, alias
Frank e Claire Underwood)
sullo sfondo dello scacchiere
politico a Washington DC, in
realtà, è l’esatto opposto, storia
di backstage politico sullo
sfondo di coppia. Eppure, a fare di The Social Network e House
of Cards dei capolavori e di Gone Girl un film solo parzialmente riuscito, interviene altro: il
fattore umano. Di Mark e
Eduardo, di Frank e Claire, dei
loro scazzi e dei loro amori, ce
ne importa assai, non così di
Nick e Amy, nonostante le nefandezze, le turpitudini morali
siano a favore di House of Cards:
a Gone Girl manca l’umanità
dolente, il cuore di tenebra, i
fallimenti e la fallibilità. Ed è
grave, caro Fincher, perché se
non ce ne frega nulla del proprietario del dito, di sicuro non
guarderemo mai la luna.
BOX-OFFICE
I PIÙ VISTI
1. IL RICCO, IL POVERO,
IL MAGGIORDOMO
Euro 2.303.924 (tot 4gg)
2. MA TU
DI CHE SEGNO 6?
Euro 1.071.466 (tot 4gg)
3. MAGIC IN THE MOONLIGHT Euro 787.021
(tot 2 sett 2.884.793)
4. I PINGUINI DI MADAGASCAR Euro 716.871
(tot 3 sett 7.078.162)
ITALIA IN TESTA
Aldo, Giovanni & Giacomo battono Boldi & Proietti. Il botteghino del primo round natalizio
parla chiaro: Il ricco, il povero e
il maggiordomo del trio comico
milanese sfiora i 2 milioni e
mezzo secondo Cinetel nel
weekend 11-14 dicembre doppiando praticamente il cinepanettone Ma tu di che segno 6?
di Neri Parenti che dirige Boldi,
Proietti e Salemme. Al terzo
posto “tiene botta” l’inossidabile Woody, tallonato dal cartoon DreamWorks coi simpatici pinguini africani.
AM Pas.
RECENSIONI
Sorpresa Salvatores, il fantasy italiano vale quello made in Usa
© Il ragazzo invisibile
di Gabriele Salvatores, con Ludovico Girardello, Valeria Golino
NELLA TRIESTE di oggi, il mansueto 12enne Michele vive con
Giovanna, madre single poliziotto,
e la piccola Candela. Sognatore, il
ragazzo è segretamente innamorato della compagna Stella in una
classe dove è spesso deriso dai
compagni bulli, finché un giorno si
scopre dotato del superpotere
dell’invisibilità. Sorpresa delle sorprese: Salvatores è un maestro del
cinema fantasy. E non solo: che
può tranquillamente competere
con i blockbuster USA dei vari Spider-man, Superman e Batman.
Certo, in forma e budget ridotti (8
CIAK SI GIRA
Matthew McConaughey
e Van Sant in Giappone
USCIRÀ negli Usa a marzo
“Sea of Trees” il nuovo film interpretato da Matthew McConaughey, con Ken Watanabe e
Naomi Watts, diretto da Gus
Van Sant. Le vicende di un
americano e di un giapponese
in un’oscura foresta ai piedi del
Monte Fuji nota perché le persone vi si recano per togliersi la
vita: invece di suicidarsi i due
inizieranno ad esplorare la foresta in un viaggio di riflessione, riscoperta di sé stessi e, forse, sopravvivenza. McConaughey inizierà anche le riprese di
“The Free State of Jones”, una
storia vera scritta da Gary Ross
ambientata tra la Guerra Civile
e la Restaurazione.
RON HOWARD è tornato sul
set per dirigere a Londra “In
The Heart Of The Sea”, film
d’azione ambientato nel XIX
secolo con Cillian Murphy,
Chris Hemsworth, Michelle
Fairley, Paul Anderson e Charlotte Riley che descrive gli
eventi che ispirarono Herman
Melville a scrivere "Moby
Dick". La Essex, una baleniera
di Nantucket, fu inseguita e distrutta da un capodoglio nel
Pacifico: dei venti marinai salvatisi tre si stabilirono su un'isola in attesa di aiuti e solo cinque riuscirono a sopravvivere
in mare nei 90 giorni successivi
mentre cercavano di raggiungere l'America del sud.
M. McConaughey
LaPresse
PER CELEBRARE della prima
guerra mondiale la Rai ha in
cantiere “Il confine” una miniserie diretta ad aprile da Carlo
Carlei, autore anche della sceneggiatura con Andrea Purgatori e Laura Ippoliti. Ambientata fra Trieste, il Carso e il Trentino racconterà le vicende di un
gruppo di giovani liceali le cui
vite saranno spazzate via
dall’inizio del conflitto internazionale. Prima delle riprese
Carlei seguirà il lancio del suo
“Romeo e Juliet”, il film dal ricco cast internazionale guidato
da Hailee Steinfeld, Douglas
Booth e Paul Giamatti previsto
nelle sale a partire dal 15 febbraio a cura di Good Films.
milioni) ma con altrettanta immaginazione, originalità e solidità
produttiva. Alla base un’idea “che
ho in testa da anni” ma che “solo il
superpotere dell’Oscar nel ’92 ha
reso possibile”, dice il regista supportato dalla anch’essa oscarizzata Indigo di Giuliano & Cima. Già
forte di soggetto e sceneggiatura a
tre teste (Fabbri, Rampoldi & Sardo), la regia di Salvatores e la sua
indiscussa capacità di lavorare coi
ragazzi hanno raffinato un prodotto con tutti i crismi per sfondare
presso giovani, adulti, famiglie e
single. Un film che si mette felicemente alla prova degli esperti
del genere. Con finale da sequel.
Anna Maria Pasetti
© Lo Hobbit - La battaglia delle
Cinque Armate
di Peter Jackson, con Martin Freeman, Ian McKellen
FINE. Dopo Il Signore degli Anelli,
Peter Jackson conclude il secondo
trittico Lo Hobbit, con buona pace
dei residui fan e, soprattutto, del fu
Tolkien, qui strapazzato come non
ma. Comunque La battaglia delle
Cinque Armate passerà alla storia, perché se non ha quasi soluzione di continuità per 145 minuti,
riesce a non versare sangue: spottone antibellico o anti-Avis, chissà? Non solo, l’ultima fatica nella
Terra di Mezzo manda agli annali
para-hollywoodiani
l‘adagio
“morto un drago non si fa un film”:
infilzato Smaug dopo poche, incendiarie sequenze, pathos e
adrenalina finiscono sotto i piedoni pelosi dell’Hobbit Martin Freeman. Rimangono negli occhi potenti coreografie marziali in cerca
di epos, e i soliti pezzi forti, ovvero
gli orchi e gli animaloni immaginifici: sì, non tutti i diorami CGI a
48 fotogrammi al secondo vengon per nuocere. Eppure, fuori dalla sala questa Terra di Mezzo è già
superata: Mondo di Mezzo vi dice
qualcosa?
Fed. Pont.
© St. Vincent
di Ted Melfi, con Bill Murray, Jaeden Lieberher
SEPARATA, infermiera a tempo
pieno, Maggie (Melissa McCarthy) non può che affidare il figlio
dodicenne Oliver (Lieberher) al
nuovo vicino di casa, Vincent
(Murray), un pensionato malandato, ubriacone, scommettitore e
fornicatore. Eppure, tra un ippodromo e uno strip club, Oliver ci si
affeziona: in fondo, Vincent non è
poi così male…St. Vincent è il classico film che è più di quel che pro-
mettono storia e regia, perché la
sua forza è negli attori: Murray è
formidabile nel ruolo per antonomasia di Murray, lo sfatto, cinico,
bukowskiano dal cuore d’oro;
Naomi Watts mette pancione vero e accento russo fittizio a una
prostituta adorabile; la McCarthy
ha altrettanto peso scenico e il
giovincello Lieberher futuro roseo.
Fed. Pont.
w ©Un Natale stupefacente
di Volfango De Biasi, con Lillo &
Greg
SI AVVICINA il Natale e il piccolo
Matteo si trova sprovvisto di genitori, arrestati per spaccio di marijuana. Gli zii Remo (Lillo) e Oscar
(Greg) provano a modo loro ad attutire il colpo, creando attorno al
bimbo un’allargata famiglia simpaticamente improvvisata, a prova di assistenti sociali. Col nuovo
timoniere De Biasi (già sperimentato sceneggiatore di Colpi di fulmine e Colpi di fortuna) la premiata ditta Filmauro presenta un cinepanettone totalmente inedito
per toni, temi e naturalmente cast.
Siamo anni luce dai “Natale a..”
con Boldi & De Sica diretti da Parenti, e questo grazie allo spirito
evergreen di patron De Laurentiis
che intuisce i desideri del pubblico
prima che il pubblico stesso li conosca. Ora alla prova del botteghino, sperando che il rischio di una
commedia divertente ma non volgare sia compensato.
Am Pas.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
17
FARGO
La nuova serie firmata dai fratelli
Coen ogni martedì su Sky Atlantic
SKY UNO
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
La ricetta di marketing
per diventare stellati
di Nanni Delbecchi
atemi una casseruola e vi solD
leverò il mondo. E se per caso
il mondo non si dovesse sollevare,
almeno ribalterò la mia vita. Alla
sua quarta edizione Masterchef
(ogni giovedì da stasera su SkyUno) si prepara a raccogliere quello
che lui stesso ha seminato in questi
anni. Gli istituti di ricerca certificano che ormai esiste una “generazione masterchef”, bambini che
alla domanda che cosa vuoi fare da
grande non rispondono più il calciatore o l’astronauta, ma proprio
aprire un ristorante. Sarà per questo che stavolta i magnifici venti
pronti a contendersi il titolo, superstiti di un casting di oltre 18 mila
candidati, hanno quasi tutti meno
di trent’anni? I diretti interessati
negano che la cosa sia voluta, e in
particolare i tre giudici-rockstar
del fornello Carlo Cracco, Bruno
Barbieri e Joe Bastianich insistono
su criteri molto più poetici. “Abbiamo realizzato un’edizione più
gastronomica rispetto al passato”,
ha dichiarato Barbieri alla presentazione del programma, “c’è soprattutto gente che sa cucinare bene gente per cui la cucina è una ragione di vita”.
Il cibo come arte, emozione, comunicazione, amore... Ok, ok. Ma nel
paese dei Masterchef non manca
nemmeno una buona dose di marketing e una macchina da guerra
produttiva targata Magnolia, il vero asso nella manica che quest’anno alza ancora di più l’asticella
spettacolare. Un occhio di riguardo
sarà rivolto alla valorizzazione delle materie prime dei territori, attraverso una serie di prove sparse per
tutta la penisola. Ma ci si apre anche al mondo, spaziando per la cultura culinaria dei cinque continenti, e con le esterne si arriverà fino in
Irlanda, quando i concorrenti saranno chiamati a preparare il post
partita di un incontro di rugby.
NEL CORSO delle 12 prime serate
(per un totale di 24) si succederanno anche ospiti d’onore come il pasticciere Iginio Massari, lo chef Antonino Cannavacciuolo o il critico
gastronomico Matt Preston, mentre tra i tre giudici l’affiatamento
sconfina ormai nella presa in giro
reciproca. Una dose di autoironia
utilissima a stemperare l’eccesso di
emozione di partecipanti sempre
più giovani ma non meno pittoreschi di sempre. Frammenti di reality, di sit-com e di varia umanità a
comporre il mosaico del varietà postmoderno, dalla nicchia al trend
solo andata, su cui Sky ha le idee
sempre più chiare. Non a caso dopo
X Factor e Masterchef dietro l’angolo
è già pronto Italia’s got talent.
Coen, la violenza grottesca
funziona anche in serie
di Luigi Galella
ppassionano, le serie televisive
americane. Soprattutto se vi si miA
surano la sapienza tecnica e i mezzi del
grande cinema. È la volta dei fratelli
Coen, che producono il premiatissimo
“Fargo” (Sky Atlantic, martedì, 21.10),
ambientato in Minnesota e girato in Canada, tratto dal film omonimo di culto
del 1996, preceduto da una sovrascritta
iniziale – verosimilmente finta, come nel
caso della prima pellicola – che indica
come veri i fatti narrati. Una modalità
retorica, viatico per lettori e spettatori,
che si accingono a misurarsi con una
narrazione in cui la realtà mostra il suo
volto orrorifico. Un orrore tuttavia che
in questo caso danza col grottesco e in
cui la violenza paradossalmente è stemperata dal suo eccesso. Nella fredda, ilare
crudeltà di trama e personaggi, spicca un
mefistofelico killer filosofo, Lome Malvo (Billy Bob Thornton), flemmatico e
spettrale, dall’ipnotica fissità espressiva,
che incarna il male, offrendone una
chiave ideologica antica – alla “homo
homini lupus” – con un abito moderno:
“È una marea di sangue, Lester, questa
nostra vita. La merda che ci fanno ingoiare...”.
IL SUO CASUALE interlocutore è Lester
Nygaard (Martin Freeman), incontrato
in ospedale: un borghese piccolo piccolo
e inoffensivo, ferito al naso, che infelicemente trascina la sua mediocre esistenza fra una moglie che lo disprezza, un
fratello minore di successo che ne rimarca i fallimenti, e un modestissimo impiego di assicuratore. Un inetto che ha visto
in strada un vecchio compagno, un bullo
che già a scuola lo torturava coi suoi sadici giochi. Grosso, grasso, ricco, mentre
lui è magro e di modesta condizione economica. Scena che evoca “Il grasso e lo
smilzo” di Cechov. Il bullo finge di dargli
un pugno, quasi amichevolmente ora,
ma è tale lo spavento che Lester, per scansare il colpo, batte la testa indietro contro
il vetro di una porta e poi di nuovo avanti,
scontrandosi con quella mano minacciosa, chiusa a pugno, che gli carezzava il
naso come ai vecchi tempi.
Il killer filosofo si offre di uccidere che
l’ha l’uomo umiliato: “Non merita di vivere”. E gli chiede un “sì”, che equivocamente giunge. Il grosso bullo sarà
Gli ascolti
di martedì
I DIECI COMANDAMENTI
Spettatori 10,2 mln Share 38,3%
THE GUARDIAN
Spettatori 2,4 mln Share 10,7%
quindi colpito con un coltello piantato
sulla nuca mentre, nudo, sbuffa e geme, e
si sbatte dietro al corpo di una prostituta,
piegata avanti. Sputando sangue dalla
bocca all’acme del piacere, sul corpo della donna, passando dall’affannoso orgasmo alla morte. Una di quelle scene splatter in cui la violenza, vitale nella sua teatralità umoristica, estrema e beffarda, diviene antiretorica, perché giunge a sanare ciò che la realtà trascura, e la vita al
contrario, retoricamente gravida di senso, nel momento in cui la morte giunge a
interromperla, schernendola, si percepisce come insensata.
Morte genera morte. A questo omicidio
ne seguiranno altri. Della sprezzante moglie di Lester, ad esempio, proprio per
mano del marito, che le dà una martellata
in testa, nel momento in cui lei, dopo
averlo ancora una volta offeso, ride di lui,
sfidandolo, chiedendogli che cosa volesse fare, di quel martello che aveva afferrato. Un colpo secco, improvviso. A dimostrare che la morte è più umile di
quella vita, che si traveste di superbia, e
può giungere così, in un attimo: inattesa
e necessaria.
[email protected]
BALLARÒ
Spettatori 1 mln Share 4,3%
DIMARTEDÌ
Spettatori 877mila Share 3,8%
18
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
L’EX DIAVOLO
Benigni, il bravo maestro
In dieci milioni a tu per tu dell’Italia smarrita
con il bene e con il male
LO SHOW
di Nanni
di Marco
B
Politi
D
ieci milioni e più
di spettatori, un
terzo degli ascolti.
Non è uno share,
è un referendum. Il segno di
una richiesta di massa, che sale dal basso e che invoca il pane dell’etica, il pane della coscienza, un criterio riconosciuto per distinguere l’essere
umano dalle maschere delinquenziali del “mondo di sotto”, spesso intrecciate al
“mondo di sopra”.
Se la gerarchia ecclesiastica
non avesse negli anni abusato
del concetto di “legge naturale” per inserire propri schemi
dottrinali e diktat nell’arena
pubblica, si potrebbe dire che
la passione straordinaria, con
cui milioni di italiani hanno
seguito per due serate la narrazione di Roberto Benigni
sui dieci comandamenti, è il
segno di un’insopprimibile
bisogno popolare di ritrovare
chi dà voce ad una antica legge
iscritta nel cuore degli uomini. Un criterio di riconoscibilità del bene e del male, che
spazzi via almeno per una sera
gli incantesimi di ciarlatani,
azzeccagarbugli, manovrieri
di ogni tipo.
Perché non era il divertimento che questa Italia quotidiana
cercava, non il piccolo momento di svago, ma – attraverso l’arte guizzante del giocoliere Benigni – questa Italia
rivela la ricerca di un senso
della vita, delle basi dello stare
insieme, un desiderio di segnali di orientamento che i ceti dirigenti sono testardamente incapaci di dare. La stessa
volontà di capire le ragioni
I 10 COMANDAMENTI
Uno share del genere,
al di là del talento del
protagonista, è il segno
di una richiesta di massa,
che sale dal basso e che
invoca il pane dell’etica
dello stare uniti sotto il tetto di
una medesima “patria”, che si
era espresso in passato negli
ascolti ancora maggiori per le
lezioni di Benigni sull’Inno di
Mameli e la Costituzione italiana.
LA SUA MAESTRIA è consistita nel rispondere a questo
bisogno profondo – che separa l’Italia del “così non si fa” da
quella del “tanto lo fanno tutti” – con un racconto sostanzialmente laico, plastico, terreno, in cui Dio non è
un’astratta costruzione teologica, persa in una sfera trascendente al di là del mondo,
ma ritrova i tratti fortemente
umani dell’Essere che parla a
tu per tu con l’uomo, che viene
in suo soccorso. Lo trascina
via dalla terra delle schiavitù e
lo libera dalla tirannia dei Faraoni antichi e moderni.
C’è un’Italia di massa, umana,
onesta nel senso basico della
Delbecchi
Roberto Benigni, 62 anni Ansa
parola – frastornata certamente dalla slavina continua
di slogan, insulti, promesse,
menzogne, capriole e smentite, ma tutt’altro che ingenua –
che si ritrova con sollievo nel
riflettere sui fondamentali di
una società. Non rubare, non
arraffare, non ingannare. Non
desiderare la donna altrui, la
casa altrui, i beni altrui, gli animali (le automobili, al tempo
della Bibbia) altrui, lo spazio
altrui. Non cedere alla smodatezza del desiderio di ammassare. Non uccidere il prossimo, non lasciarlo uccidere,
non permettere che venga ucciso mentre volti la testa
dall’altra parte.
È un’etica laica, che supera le
frontiere di religioni e convinzioni filosofiche, quella che
Benigni espone. Quando denuncia il “furto” di chi al riparo della scrivania di manager toglie l’esistenza a innumerevoli persone, gettandole
sul lastrico. È un verbo laico
(che nulla toglie all’ispirazione
religiosa) quello che descrive il
furto di dignità e di libertà. Altrettanto laico, valido per credenti e non credenti, è il rifiuto della distorsione e
dell’abuso del nome di Dio
con cui i violenti seminano
morte e disperazione. Altro
che la bestemmia per la gomma bucata! Altro che accostarsi al tema lacerante dell’adulterio con il fogliettino degli
“atti impuri”.
In questa semplicità di predica
laica Benigni incrocia – e non
per caso – l’immediatezza delle riflessioni, dal timbro egualmente laico, che papa Francesco nelle sue messe mattutine o negli incontri pubblici
svolge sulla corruzione, sul
male, sulle ferite dell’umanità.
Il pubblico in gran parte è lo
stesso. Trasversale, assetato di
salvezza nel gorgo di scandali
e nefandezze che superano
l’immaginazione dei romanzieri.
Un popolo refrattario agli aridi catechismi, ma attento a ciò
che rovina o che salva, sensibile a ciò che guarisce o incancrenisce. Convinto che il
crinale tra morale e immorale
nonostante tutto esista e vada
semmai riportato alla luce.
Spente le luci, calato il sipario
dove può dirigersi questo popolo? L’immagine, che non si
può scacciare, è quella del deserto. Non ci sono Mosè per
questi milioni, che vorrebbero
vivere secondo buona coscienza.
QUANDO dalle massime au-
torità giunge – com’è tragicamente avvenuto nel nostro
Paese – il suggerimento a
“modulare” opportunamente
la pena già lieve di chi si è macchiato di frodi per milioni di
euro, derubando lo Stato di
tutti, cosa deve fare un “volgo
disperso... confuso ed incerto”, umiliato nel suo attaccamento ai comandamenti dei
filosofi e dei profeti?
asta la consumata
tecnica dell’evento annunciato che
accompagna ogni
apparizione televisiva di Roberto Benigni per spiegare il
boom di ascolti delle due serate dedicate ai Dieci comandamenti? Certo che no.
Non solo la sua metamorfosi
– l’irresistibile, incontenibile
comico di una volta non esiste più – non ha intaccato il
successo, ma anzi questo successo immutabile si spiega
anche con il cambio di identità. Benigni è stato il giullare
di un’Italia che aveva più voglia di ridere, e soprattutto di
trasgredire. Ora è diventato
un’altra cosa. O meglio, ha tirato fuori dalla soffitta della
memoria collettiva qualcosa
che credevamo non esistesse
più: il maestro. Non il guru,
l’esperto, il giudice, il professorone o il causidico: di quelli
sono pieni i talk show (di cui è
piena la Tv). Chi invece è in
via di estinzione è il maestro
elementare del libro Cuore,
quello che insegnava le cose
fondamentali della vita con il
sillabario e il sussidiario, il
primo formatore di un bimbo
spesso destinato a essere anche l’ultimo.
LA RAI TV ne ha avuto uno
appena nata, l’indimenticabile maestro Manzi di Non è mai
troppo tardi, poi più niente. Fino a Benigni. Che a un certo
punto della sua carriera ha
smesso di prendere in braccio
Berlinguer e di stoccacciare la
calzamaglia della Carrà per
prendere in mano i fondamentali dei vecchi maestri. La
Divina Commedia, la Costituzione, adesso addirittura
l’Esodo.
Ha fatto davvero come si faceva una volta: si è preparato,
ha studiato e poi ha spiegato i
comandamenti uno per uno,
con dovizia di dettagli storici,
per raccontare quale rivoluzione fossero stati nel mondo
di tremila anni fa.
TUTTO con il linguaggio
semplice, colloquiale e affettuoso del maestro elementare. È stato un successo sia perché la metamorfosi è riuscita
(sia detto da uno che preferiva di gran lunga il primo Be-
Una fase dello show Ansa
DA LIBRO CUORE
Sembra – che piaccia
o no – quello elementare
di una volta,
che insegnava le cose
fondamentali della vita
con un solo sussidiario
nigni, briccone divino), sia
perché in quest’Italia superalfabetizzata, superdigitalizzata
e superomologata abbondano
diplomi e master, ma si sono
perduti i sillabari, e soprattutto chi è in grado di spiegarceli.
Non per nulla, secondo un
sondaggio di Demopolis appena commissionato dal Corriere della Sera, solo tre italiani
su dieci affermano di ricordare tutte le regole delle Tavole della Legge.
Così, voltando le spalle all’attualità, Benigni – che aveva
già interpretato un maestro
elementare in un profetico
film di Marco Ferreri, Chiedo
Asilo del 1979 – si è ritrovato a
essere forse più necessario di
prima. La vera svolta è poi iniziata con l’Oscar ottenuto con
La vita è bella, il film in cui
Benigni si scopriva papà e al
tempo stesso maestro per tremende cause di forza maggiore; da quel momento ha iniziato a fare lo stesso con il
grande pubblico televisivo,
incontrandosi a metà strada
con il servizio pubblico. È interessante notare come negli
anni Zero i due più maggiori
talenti comici abbiano separato le loro strade prendendo
direzioni opposte.
BEPPE GRILLO è sceso nella
trincea della militanza politica, Benigni è risalito fino
all’Empireo dei valori, dove
morale laica e religiosa si incontrano. Uno si consulta
con Casaleggio, l'altro con
Sant'Agostino. Cattivismo e
buonismo a confronto, entrambi portatori di curiosi effetti collaterali. Beppe restituisce ai cittadini l’incazzatura della giovinezza, Roberto fa
tornare tutti bambini, quando prima di andare a nanna
non c'è niente di meglio
dell’avere imparato qualcosa
davanti alla Tv; la voglia di
ridere, e di irridere, arriverà
più tardi, dopo avere vinto la
paura del buio. Forse è questo
il piccolo, grande segreto dell'ex piccolo diavolo Roberto
Benigni.
PIOVONO PIETRE
Basta con gli Stati nazionali,
lo Olimpiadi le organizzi Apple
di Alessandro Robecchi
e Olimpiadi romane del 2024 sono dunLgaraque
ufficialmente iniziate. Per ora è una
tutta interna (italiani contro italiani) e
tutta ideologica. Da una parte i fremiti ottimisti del “Vedrete! Per allora saremo
cambiati” e dall’altra il cinismo realista di
chi ancora sta contando i debiti dell’Expo, i
processi del Mose, le piscine non finite del
Mondiali di nuoto del 2009 e via elencando. I secondi hanno più argomenti. I primi
ne hanno uno formidabile: non bisogna
stare fermi perché ci sono i ladri, piuttosto
bisogna fermare i ladri.
Discorso impeccabile, se non fosse che lo si
recita a un paese sospeso tra una pressione
fiscale di tipo danese e la banda der Cecato.
Potendo uscire dalle beghe nazional-popolari di casetta nostra, però, merita qualche pensierino il concetto stesso di Olimpiade, o di Expo. Dagli anni Ottanta in poi,
questi mirabolanti grandi eventi costano
più di quello che incassano. Si tende
(ovunque, figuratevi qui) a sottostimare i
costi e a sovrastimare i ricavi, e raramente
le economie nazionali ne risultano rilanciate (a meno che non siano già lanciate da
sé). Insomma, gli stati nazionali non sono
più gli organizzatori ideali delle Olimpiadi. Allo stato attuale, nessuno può dire come sarà un paese, un’economia, un debito
pubblico, uno spread tra dieci anni, siamo
qualcosa.
nel campo delle scomSOVRANITÀ
messe.
Ti ricordi Roma, alle
Però le Olimpiadi ci
Olimpiadi Samsung? Sì,
Google, Coca Cola,
bello, ma anche le Olimpiacciono parecchio e
quindi c’è forse da chiepiadi Volkswagen di CitMicrosoft, una banca
tà del Messico, niente
dersi perché non le orgacinese. Si scelgono
male. Ma pure le Olimnizzino le vere potenze
piadi Disney di Topolimondiali. Google, Coca
un paese, fanno strade,
nia… Insomma, se le
Cola, Microsoft, Apple.
Si scelgono un paese,
stadi, alloggi per gli atleti... Olimpiadi sono diventafanno le strade, gli stadi,
te anche una specie di diIl cerchio si chiuderebbe
le metropolitane, gli almostrazione di potenza,
loggi per gli atleti, le gare
tipo le torri medievali che
ogni quattro anni.
gareggiavano in altezza,
La Industrial & Commercial Bank of Chi- ci si chiede perché non affidarne gli oneri a
na (più grande azienda del mondo secon- chi può farlo con il giusto orgoglio e la redo Forbes, anche la seconda e la terza sono lativa grandeur. Gli Stati nazionali, specie in
banche cinesi) potrebbe organizzare le Europa, potrebbero evitare di buttare tanti
Olimpiadi a Roma, e poi magari tocche- soldi sulla roulette dei grandi eventi e marebbero a Facebook quelle di Oslo, o Ma- gari occuparsi di progetti meno grandiosi,
drid, o Bogotà, perché no? Dopotutto il che so, i treni locali, il Bisagno, le frane, i
passaggio di potere tra le varie sovranità soffitti delle scuole e altre amenità che rennazionali e i grandi gruppi finanziari, in- dono la vita di molti italiani uno sport
dustriali, commerciali, petroliferi, tecno- estremo, più che una specialità olimpica. E
logici eccetera è in corso da tempo. In Eu- non si tratta di minimalismo, ma anche di
ropa, per dire, sarebbe anche un modo, per esperimento sociale e antropologico. Se
i grandi colossi del mercato, di restituire, in una banca cinese, o una multinazionale
termini di investimenti, un po’ di quel che americana, o un gigante coreano venissero
hanno risparmiato in tasse grazie a certi qui a farci le Olimpiadi, infrastrutture, orparadisi fiscali o soluzioni furbette (l’Irlan- ganizzazione e tutto, ci dovrebbero parlare
da, il Lussemburgo, eccetera). Che so, ma- loro, con er Cecato e con gli altri gentiluogari costruiscono le piscine in tempo per mini come lui. Magari impareremmo
farci le gare, da queste parti sarebbe già qualcosa, chissà.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
19
GIOVEDÌ 18 DICEMBRE 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
L’arroganza imperante
di Napolitano e Renzi
La preoccupazione per
quello che accade in questo periodo e per il futuro
della nostra democrazia
parlamentare, così come
concepita dai padri costituenti, mi fa sentire un
profondo sconforto. Siamo arrivati al punto che
un presidente novantenne, prima di mollare dopo
61 anni di politica ai massimi livelli, si permette di
deplorare l’opposizione,
dare disposizioni alla
stampa su quello che deve
scrivere, disporre su chi è
autorizzato a parlare,
blindare un governo e un
capo che si è autoinsediato referente della finanza
speculativa filoeuropea
che strangola la nostra
economia, disporre le
modifiche della carta costituzionale in senso autoritario, e infine addirittura tracciare la linea politica dei futuri decenni ed
il calibro del suo successore? Scherziamo? Dove
siamo finiti e dove ci vogliono portare? Pensano
forse che dimostrando
questa arroganza il popolo si compatterà dietro a
questo giubilo universale
del renzismo arrogante?
Oppure si verificherà la
opposta verità, e cioè che
si apriranno sempre di
più le porte della ribellione? Vi prego fate qualcosa. Qui è arrivato il momento di agire contro
questo disegno.
Massimo Giorgi
Qual è il prezzo
della stabilità?
Napolitano, continuando con il lavaggio del cervello, ha detto che va bene
così, la stabilità è la cosa
più importante. Mi chiedo quale sia il prezzo che il
popolo paga in cambio
della stabilità. Il non rispetto della sentenza della Corte costituzionale sui
parlamentari nominati
con legge illegittima? Nonostante la illegalità consumata ce li teniamo per
altri quattro anni? La distruzione programmata
della nostra Costituzione? Quindi la stabilità è
conservare questi punti,
cioè conservare lo status
quo, conservare il potere
ai parassiti. È la teoria del
conservatorismo più bieco. Tanto il prezzo lo paga
il popolo, vedi le tasse sulla casa triplicate, o i giovani con il 42% di disoccupati.
Allora è preferibile l’instabilità, almeno da essa
potrà nascere un nuovo
assetto del potere o almeno renderebbe più difficile appropriarsi stabilmente del denaro pubblico da parte dei parassiti e
dei corrotti. Ed è questo il
problema principe del
paese.
la Cina. La speranza di vedere cambiare qualcosa si
è spenta, e come eredità
evidente ci ha lasciato un
elettorato che non va più a
votare perché ha capito
che non serve a niente e
che il capitalismo regge
perché non c’è nessuna
alternativa.
Se l’economia fosse a misura d’uomo, si aprirebbe
una strada maestra valida
per tutti: la terza rivoluzione tecnologica per
portare ogni nazione a essere completamente indipendente in materia di
energia e di alimentazione
Francesco Degni
Paolo De Gregorio
Cosa c’entra
Che Guevara
a Hong Kong
CARO FURIO COLOMBO, ho notato
una cosa strana e vorrei un’opinione.
Su varie foto, in rete e sui giornali, ho
notato l’immagine di Che Guevara
sulle magliette dei ragazzi della grande protesta di Hong Kong. Che Guevara in Cina?
Angela
NON CREDO CHE la scelta sia stata
prevalente, ma le magliette con l’immagine di Che Guevara certo c’erano (vedi
foto sul New York Times del 16 dicembre) ed è vero che, a prima vista, il fatto
è strano. Nonostante il suo ruggente capitalismo, la Repubblica Popolare Cinese definisce tuttora se stessa un Paese
comunista. Che Guevara è un eroe comunista. Come può essere anche l’immagine di una rivolta contro la Cina,
proprio dalla parte di coloro che vogliono conservare, rispetto a tutto il resto
del Paese, un margine di autonomia
molto più grande? Credo che l’episodio
ci sia utile non tanto per capire che cosa
ha portato Che Guevara a Hong Kong
(ce lo diranno meglio testimoni informati) quanto per spiegare l’universale
ricomparire di quella immagine, che
evidentemente rappresenta cose diverse
in circostanze diverse. Provo a riflettere
sul più evidente doppio significato. Che
Guevara rappresenta uguaglianza per
tutti coloro che combattono circostanze
avverse come la disoccupazione o la povertà. In quel caso è l’immagine di un
la vignetta
La strada ecologica
per uscire dalla crisi
Il tabù italiano
dei diritti civili
La diversità di questa crisi
economica è determinata
da due fenomeni epocali:
uno è quello della globalizzazione che ha stabilito
il primato della economia
sulla politica, lasciando
fare al mercato che premia chi più taglia diritti e
comprime salari degli
operai fregandosene della
loro salute e di quella
dell’ambiente, l’altro è
rappresentato dalla fine
di ogni speranza di vedere
il tramonto del capitalismo, mentre sotto i nostri
occhi i regimi comunisti
si trasformavano in monarchie ereditarie (Corea
del Nord, Cuba) o in regimi ipercapitalisti come
Vladimiro Zagrebelsky,
su La Stampa, ci racconta
che in “una Francia afflitta da problemi economici
non meno gravi dei nostri
e da una verticale caduta
di credibilità dei suoi partiti di governo, non (si)
evita però di affrontare
temi delicati di società e di
diritti fondamentali, che
invece in Italia sono considerati “divisivi” e per
ciò stesso lasciati senza risposta”. Unitamente a
quello di rifiutare la continuazione delle cure, sarebbe quindi riconosciuto un diritto nuovo, quello di ottenere insieme alla
cessazione dei trattamenti, la sedazione profonda e
continua, che assicura di
non soffrire e di morire
quietamente”. Ma davvero si può credere che in un
Paese in cui il primo ministro si fa “normalmente” ricevere dal Papa in visita con la famiglia, e mai è
successo che un Papa si
facesse ricevere (anche
una sola volta in via eccezionale) ed anche con la
famiglia, in visita dal primo ministro; in un paese
in cui un governo è sorretto anche da uomini come quel Quagliariello che
in Parlamento sbraitava
che Eluana Englaro era
stata ammazzata, davvero si può credere che invece di annunciare prossime Olimpiadi a Roma,
si possa mettere all’odg
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Editoriale il Fatto S.p.A.
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giustiziere che non perdonerà coloro
che depredano gli altri e li costringono a
vite invivibili. È il segno del riscatto per
coloro che sono emarginati e umiliati o
spinti fuori dal benessere. Ma un altro
Che Guevara è invece simbolo di libertà. Mostrando quella immagine, io dichiaro che non mi sottometto, che non
ripeto il tuo slogan, che non eseguo il
tuo ordine, che non partecipo al tuo gioco. Chiamo Guevara a testimoniare il
mio diritto di essere libero e di non dover rispondere a decisioni che io non ho
preso e di cui non sono parte. Ecco, io
credo che questo sia stato il Che Guevara di Hong Kong: essere militanti ma da
fuori, diversi e responsabili della propria indipendenza. Credo che valga la
pena di seguire il fenomeno e penso soprattutto alle persone giovani che, per
studio o lavoro, vanno di frequente in
Cina. Vale la pena di seguire questa pista, Che Guevara è il segno della progressiva occidentalizzazione e del distacco dal vetero-comunismo ancora
sventolato dalla dirigenza come modo,
molto più accettato delle dittature di
destra, di tenere a freno la libertà. Comincia un racconto che si intitola “Che
Guevara contro il comunismo burocratico”. Sarà interessante scoprire come
finisce.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
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del Parlamento una legge
civile capace di regolare
per tutti quello che lo vogliono, il modo migliore
di morire? Mi è personalmente facile rispondere
di no. Checché ne dicano
“Sentinelle in piedi” e seguaci di tal “Silvio”, in Italia c’è gran rispetto per il
volere delle “minoranze”,
e da sempre non si muove
foglia che la Chiesa Cattolica Romana non voglia.
Vittorio Melandri
DIRITTO DI REPLICA
L’articolo “Opera buffa ad
Ancona: parte il jet, stop al
treno” del 27 novembre
racconta una situazione
che non rispecchia la realtà. Il collegamento ferro-
viario
Orte-Falconara
con la linea Adriatica-Nodo di Falconara possiede
le autorizzazioni di tutti i
soggetti chiamati a esprimere parere vincolante:
Regione Marche, Cipe,
Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, Ministero della Difesa, Ministero
dell’Ambiente,
Conferenza di Servizi. Per
quanto riguarda il rischio
di alluvioni, lo studio sulle
problematiche idrauliche
della zona è stato condotto e condiviso con l’amministrazione provinciale di Ancona. Le soluzioni
tecniche adottate sulla base di tale studio sono state
recepite e valutate positivamente dalla Commissione tecnica di verifica
dell’impatto ambientale.
Sul rischio di interferenze
con l’aeroporto di Ancona, Rfi ha commissionato
all’Enav uno studio specifico, trasmesso all’Enac
nell’agosto 2009, che ha
evidenziato la totale compatibilità tra le due infrastrutture e, quindi, nessuna influenza negativa su
regolarità e sicurezza delle
operazioni aeroportuali.
Stefano Biserni
Relazioni con i Media
Rete Ferroviaria Italiana
Non risulta che Rfi in sede
di progettazione preliminare abbia chiesto il parere né le prescrizioni di
Enav, l’ente più direttamente interessati all’opera. Lo studio sulle problematiche legate al rischio
alluvioni è stato licenziato
nel 2004 e non aggiornato,
né valutato alla luce di due
disastrose inondazioni verificatesi nel 2006 e nel
2011. Infine lo studio commissionato all’Enav è postumo al progetto non, come sarebbe stato logico,
precedente
ad
esso.
(a.cap.)
In merito all’articolo pubblicato in data 17 dicembre dal titolo “Discovery
terza forza, lo sa persino
l’Auditel” a firma di Loris
Mazzetti, nel quale si afferma che il canale Real
Time si posiziona nel mese di novembre al settimo
posto assoluto, si tiene a
precisare che, nel periodo
di riferimento, La7 ha
conseguito il 3.03% di
share a fronte dell’1.39%
di share di Real Time.
Ufficio stampa La7
La rettifica è doverosa:
Real Time, il canale più visto dei 12 di Discovery (a
novembre terzo gruppo tv
dopo Rai e Mediaset) è la
settima tv in assoluto per i
programmi prodotti in
Italia e la seconda dopo
Canale 5 per il pubblico
femminile dai 20 ai 49 anni. Mi scuso con i lettori e
La7 per la parziale informazione. (l. maz.)
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