Raccogliere le erbe spontanee che… “pareggiano le ricchezze dei re”
Scritto da Redazione
Domenica 16 Marzo 2014 12:00
In questa stagione è possibile praticare questa sana attività che permette di raccogliere
erbe spontanee da consumare crude, in insalata, o bollite e soffritte ovvero quali
ingredienti per frittate, preparando gustosi piatti e contorni. Il deficit culturale
accumulato in questi ultimi decenni, non ha permesso alle giovani generazioni di
riconoscere e apprezzare le proprietà di varie specie selvatiche, sottoposte anche
all’impatto di un’agricoltura intensiva che fa largo uso di pesticidi e diserbanti.
Approfittando di un inverno insolitamente mite che ha fatto crescere in anticipo molte piante primaverili, è possibile recarsi in campagna o lungo
gli argini dei fiumi (è opportuno allontanarsi il più possibile dai centri urbani e dalle grandi arterie di comunicazione), muniti di cesto, coltello e
forbici per svolgere tale attività per procurasi una “misticanza”, svolgendo al contempo una sana attività “ginnica”.
Il nome corretto dell’alimentazione con piante ed erbe selvatiche è fitoalimurgia che, a differenza della fitoterapia, per assorbire le loro proprietà
non fa uso di decotti, infusi e tisane, ma di insalate, bolliti, risotti e frittate.
Questa pratica, assai diffusa nella civiltà contadina, era attuata anche durante il tragitto di ritorno a casa dalle attività agricole giornaliere, come
quel “vecchierel di Corico nativo”, ricordato da Virgilio nelle Georgiche, che metteva insieme un frugale, ma nutriente pasto serale, che “regum
aequabat opes animis” (che in cuor suo pareggiava le ricchezze dei re).
A testimoniare quanta importanza abbiano avuto nell’alimentazione umana le erbe spontanee, ricordiamo che il botanico Linneo chiamò una
delle più apprezzate piante spontanee in cucina, Chenopodium bonus Henricus (spinacio selvatico) in onore di Enrico IV di Navarra che,
secondo la leggenda, in occasione di un periodo di carestia avrebbe permesso alla popolazione locale di sfamarsi, concedendole di raccogliere
nelle sue proprietà questa erba.
Tale attività ha avuto una ripresa durante la II guerra mondiale, in situazione di emergenza alimentare, protrattasi anche negli anni successivi.
Questa usanza ha subìto poi una lenta e inevitabile decadenza, indotta dalla civiltà del consumismo e dalla frettolosità con cui vengono
preparati piatti e pietanze.
C’è da osservare, al riguardo, che l’attuale condizione economica sta inducendo a riprendere questa pratica, soprattutto da parte degli anziani,
dal momento che i più giovani non sanno riconoscere certe erbe salutari, anche perché raramente si trovano in commercio. Qualora si
rinvengono in qualche negozio o nei mercatini rionali si deve constatare che costano piuttosto care. Gli stessi coltivatori tendono a prediligere le
qualità più redditizie e quelle che sono più facilmente riconoscibili dai frettolosi consumatori che non hanno troppo tempo da dedicare alle
operazioni di pulizia e lavaggio.
Bisogna considerare, inoltre, che molte specie spontanee che hanno costituito per secoli parte integrante delle diete dei nostri antenati,
rischiano la scomparsa a causa di pratiche agricole volte alla maggior produttività e all’uso di “pesticidi” e “diserbanti”.
da sinistra: pratoline, dente di leone, grespigno
Senza voler azzardare conclusioni semplicistiche, non ci si può tuttavia esimere dal sottolineare che assieme alle erbe, di questo passo,
rischiamo di perdere aromi e sapori delle nostre tradizioni che sono intimamente correlati al territorio in cui affondano le nostre radici culturali, la
scarsa conoscenza delle quali compromette il futuro.
Ben vengano, quindi, tutte quelle iniziative che cercano di valorizzare le risorse naturali, coniugando imprenditorialità e difesa del territorio.
Peraltro, se ci fosse maggior afflusso di tali erbe sul mercato, indotto da una maggior domanda, ci sarebbe anche una diminuzione del relativo
prezzo. La domanda, però, può incrementarsi solo se vi è un’adeguata conoscenza del valore salutare e nutrizionale delle erbe, che, purtroppo,
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Raccogliere le erbe spontanee che… “pareggiano le ricchezze dei re”
Scritto da Redazione
Domenica 16 Marzo 2014 12:00
le giovani generazioni non hanno.
Altrettanto positivamente devono essere salutati quei corsi che alcune associazioni stanno approntando per far riconoscere e cucinare le erbe
spontanee.
Enti e istituzioni dovrebbero sostenere e incentivare queste iniziative economiche e culturali che, valorizzando il patrimonio naturale e di
conoscenze del territorio, di fatto ne rendono “sostenibile” lo sviluppo.
Ritornando all’escursione da effettuare, in questo periodo è possibile mettere nel cestino molte varietà di erbe, a seconda delle aree
geografiche e delle condizioni meteoclimatiche stagionali, da cucinare, anche se sarebbe preferibile raccoglierle quando ricominciano a
vegetare, per poterle consumare crude in insalata.
da sinistra: spraina, pimpinella
Ecco alcune delle erbe che possono essere raccolte in questo periodo e che lavate, lessate e soffritte in padella con olio ed aglio, permettono la
preparazione del piatto della “misticanza” (il nome volgare cambia a seconda delle aree greografiche: borragine (Borago officinalis); malva
(Malva parviflora); spraina (Lactuca virosa); grugno (Cicorium intibus); valerianella (Valerianella eriocarpa); costolina (Hypochoeris neapolitana);
pratolina (Bellis perennis); grespigno (Sonchus asper e oleraceus); barba di becco (Tragopogon porrifolius); papola (Papaver rhoeas);
pimpinella (Sanguisorba minus); ortica (Urtica dioica e urens); dente di leone (Taraxacum officinale); senape (Sinapis alba); limonella (Melissa
officinalis); lappola (Arctium lappa); caccialepre (Reichardia picroides).
Si tenga presente che la bontà del piatto è proporzionale alla capacità e all’esperienza del raccoglitore che distribuisce qualità e quantità in
base alle loro caratteristiche, come avviene per il “brodetto di pesce” che è tanto più gustoso quanto più numerose sono le specie
introdotte, cosicché non prevalga il sapore particolare di una, ma tutte offrano il proprio specifico contributo.
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