CESSAZIONE DEL FALLIMENTO A cura del Dott. Accettura Michelangelo Conto della gestione: art. 116 l.f. Il curatore deve presentare il proprio rendiconto: Compiuta la liquidazione dell’attivo, prima di chiedere la liquidazione del compenso e di procedere al riparto finale. Dopo l’omologazione del concordato fallimentare (art. 130, 2° co. l.f.) In ogni caso quando cessa dalle funzioni (dimissioni o sostituzione – art. 38 l.f.). Le contestazioni al rendiconto devono essere specifiche, es. eventuali errori od omissioni contabili, ma anche in relazione alla violazione dei doveri di diligenza da parte del curatore. Rendiconto: il procedimento Il curatore presenta al G.D. il conto della gestione. Il G.D. ne ordina il deposito in cancelleria e fissa l’udienza nella quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni o contestazioni. Il curatore procede all’immediata comunicazione al fallito e ai creditori di quanto disposto dal G.D. Se all ’ udienza non sorgono contestazioni o se su queste viene raggiunto un accordo, il G.D. approva il conto con decreto. L’eventuale contenzioso viene rimesso al collegio. Compenso del curatore: art. 39 l.f. Approvato il rendiconto e prima di procedere al riparto finale, il curatore deve richiedere la liquidazione del compenso. Il compenso è liquidato dal tribunale sulla base di un D.M., che fissa a scaglioni le percentuali minime e massime sull ’ attivo fallimentare e quelle sul passivo (l ’ applicazione di queste ultime è facoltativa). Ripartizione finale: art. 117 l.f. Approvato il rendiconto e liquidato il compenso al curatore, il G.D., sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale (disarmonia con art. 110 l.f.). Nel riparto finale non sono previsti accantonamenti. Le somme spettanti ai creditori irreperibili sono depositate su apposito libretto o conto bancario. Decorsi 5 anni tali somme non rivendicate, o non richieste da altri creditori, vengono acquisite dallo Stato. Chiusura del fallimento: CASI art. 118 l.f. Assenza di domande di ammissione al passivo. Pagamento od estinzione di tutti i crediti, ivi incluso il compenso al curatore e le spese della procedura. Compimento della ripartizione finale dell ’ attivo (ipotesi che ricorre nella maggior parte dei casi). Carenza di attivo in misura tale da non consentire di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Decreto di chiusura: art. 119 l.f. La chiusura del fallimento è dichiarata dal Tribunale. I soggetti istanti possono essere: il curatore, il fallito oppure d’ufficio. Il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è impugnabile. Effetti chiusura: art. 120 l.f. Cessano gli effetti di ordine patrimoniale (art. 42 l.f.), il fallito ritorna in bonis e riacquista il potere di amministrazione e disposizione. Cessano le incapacità di ordine personale del fallito (art. 48 l.f. corrispondenza e art. 49 l.f. residenza). I creditori, salva l’ipotesi di esdebitazione (art. 142 l.f.), riacquistano il diritto di libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti. Effetti chiusura: cause pendenti La pendenza di opposizioni o di verifiche tardive dei crediti non impedisce la chiusura del fallimento, causando la loro interruzione. Non possono, altresì, proseguire le cause esperite dal curatore. Riapertura del fallimento: art. 121 l.f. Può intervenire nei soli casi in cui la chiusura è stata dichiarata per compiuta ripartizione dell’attivo o per carenza dello stesso. Non debbono essere decorsi cinque anni dal decreto di chiusura. Nel patrimonio del debitore devono esistere attività tali da rendere utile il provvedimento, ovvero il fallito deve offrire garanzie di pagare almeno il 10% ai creditori vecchi e nuovi. Può essere richiesta su istanza del debitore o di qualunque creditore (mai d’ufficio).