Recensioni > Musica > Cultura - Mercoledì 15 Febbraio 2012, 09:30 www.lindro.it San Valentino a Novara vuol dire… Bohème Giuseppe Acquaviva dirige l’opera pucciniana al Coccia in una produzione con il Regio di Torino" Paola De Ambrosis Vigna Domenica 12 febbraio è andata in scena al Teatro Coccia di Novara la seconda delle tre recite previste per Bohème, la celeberrima opera pucciniana rappresentata per la prima volta il 1° febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino, sotto la direzione del ventinovenne Arturo Toscanini. Una curiosità, a questo proposito: l’allestimento di questa Bohème novarese è una rivisitazione della storica scenografia del 1984 a cura di Eugenio Guglielminetti al Nuovo Teatro Regio di Torino, per il decimo anniversario dell’inaugurazione. Opera in quattro quadri su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, Bohème è tratta dal volume Scènes de la via de Bohème di Henri Murger, del 1851. La vicenda si svolge, come ben noto, a Parigi intorno al 1830. Gli ambienti ricreati al Coccia sono luoghi modesti, con la giusta misura di quei particolari indispensabili a ricreare l’atmosfera in cui vivono i personaggi: intellettuali che, pur in uno stato di profonda indigenza, fanno dell’amicizia un valore incommensurabile. Questo forte legame traspare dallo spaccato del primo quadro dell’opera, quando i quattro amici, Rodolfo, Marcello, Colline e Schaunard fanno comunella per evitare a Marcello il pagamento dell’affitto al creditore Benoît. Le voci dei quattro compagni incalzano quella del vecchio padrone di casa e la strategia riesce alla perfezione in una resa che regala molti sorrisi agli spettatori. Colline e Schaunard, in particolare, spiccano tra le altre voci, per capacità espressiva e timbro caratteristico. I rispettivi interpreti, Mastroni e Vultaggio conquistano subito la simpatia del pubblico in sala per doti mimiche e abilità vocale. Centrale è però l’incontro tra Rodolfo e Mimì, uno dei momenti più romantici e celebri 1/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2012-02-15/6753-san-valentino-a-novara-vuol-dire-boheme L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati Recensioni > Musica > Cultura - Mercoledì 15 Febbraio 2012, 09:30 www.lindro.it dell’opera. Perfetto lo specchiarsi del timbro di Elena Rossi nelle note di Niels Jørgen Riis, rispettivamente nelle arie “Mi chiamano Mimì” e “Che gelida manina”, ed infine il culmine si ha con l’esclamazione della commossa Mimì “Ah! Tu sol comandi, amore!”, delicatamente accompagnata dalle note di Rodolfo. Nell’armonia delle due voci già si esprime il profondo sentimento d’amore che lega i due personaggi. Con una rapida cesura dall’idillio del primo quadro, il secondo si apre con l’allegra e colorata scena del mercato nel Quartiere Latino. Uno spaccato divertente, ricco di tante minuzie rappresentative di un mondo povero, umile, ma pieno di vita. Tante distinte scenette prendono forma sulla scena, contemporaneamente alla vicenda principale, proprio come avviene nella realtà. Il mondo non si ferma mentre i protagonisti vivono le loro avventure, sembra essere l’implicito messaggio. E anzi la vita continua, irrompe prendendo di tanto in tanto il sopravvento. Come quando entra in scena il venditore di giocattoli Parpignol, preso d’assalto dalla folla di bambine e ragazzi, interpretati dai bravi e simpatici piccoli cantori del coro di voci bianche “Mario Langhi”. Scenette divertenti, come la buffa lotta che coinvolge il grande e alto Colline e un piccolo monello alla ricerca di qualche soldo, e ancora, risa, scherzi, salti e danze animano la piccola piazzetta dinanzi al Café Momus. Ma sono infine sempre le varie forme in cui si esprime l’amore a portare avanti le vicende narrate in Bohème. Appena entrata in scena, Musetta, giovane bella e capricciosa tanto amata da Marcello, mette in atto una “commedia stupenda”. L’esecuzione di “Quando me n’ vo” della spumeggiante Maya Dashuk è magistrale, sia per la vocalità dell’interprete, sia per il suo generoso uso della gestualità nella resa di una Musetta che cattura lo spettatore. Dai gesti di stizza e dai precisi accenti e acuti della sua voce emerge perfettamente la caratterizzazione psicologica del personaggio, con tutto il suo orgoglio, impetuosità e passionalità. Puccini ha così proposto un intreccio e un confronto inevitabile tra i temi musicali in cui si esprime l’idillio tra Mimì e Rodolfo, e i concitati dialoghi, il bisbetico stuzzicarsi delle parti di Marcello e Musetta. Questo concetto è ben reso dagli interpreti: le coppie Jørgen Riis - Rossi e Balzani - Dashuk funzionano molto bene, soprattutto nella concertazione dei timbri degli interpreti. Le voci dei due soprani sono tra loro simili, ma le interpreti sanno all’occorrenza fare saggio uso della propria vocalità per caratterizzare diversamente le due ben diverse psicologie. Belli i costumi, a cura di Laura Viglioni, che mettono in luce il carattere folkloristico della cornice del mercato e ne esprimono magistralmente la gioia di vivere. Alla luce di tutto ciò fa profondo contrasto con i primi due atti lo scenario in cui si apre il terzo quadro: sotto la fredda neve invernale. Essa è suggestiva così come il grigio paesaggio cittadino: degradato, ma nel contempo accogliente ed invitante. È l’emblema del peggiorare delle condizioni di salute di Mimì, in un atto nel quale le parti orchestrali stesse fanno presagire il triste destino che attende la giovane fioraia. Commovente il terzetto Rodolfo - Marcello - Mimì, quando Rodolfo confessa all’amico la sua preoccupazione per la salute dell’amata. Ritorna qui il tema musicale presente nel primo quadro in “Mi chiamano Mimì”, ma questa volta è un canto d’addio, quello di “Donde lieta”. Bellissimo ma altrettanto struggente. Rossi, in un dialogo stretto con l’orchestra, fornisce prova di grande sensibilità. Un dolcissimo “addio senza rancor”, che raccoglie gli applausi a scena aperta. Un congedo che però i due amanti decidono di ritardare alla primavera; le sofferenze, i timori, le gelosie e i sospetti sono superati in virtù della 2/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2012-02-15/6753-san-valentino-a-novara-vuol-dire-boheme L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati Recensioni > Musica > Cultura - Mercoledì 15 Febbraio 2012, 09:30 www.lindro.it potenza dell’amore. Ma la vicenda non si conclude nel giubilo delle danze del secondo atto, che timidamente sono accennate ad inizio di quest’ultimo quadro da Schaunard e compagni, bensì nella desolazione e nello sconforto che sono ben condensati da Mastroni nella romanza di Colline “Vecchia zimarra”, in una delle ultime scene del dramma, e nell’accorata preghiera di Musetta “Madonna Benedetta”, nel finale. Un piacevole spettacolo, cui hanno assistito giovani e meno, famiglie con bambini e coppie, in un teatro come il Coccia che ha in calendario per quest’anno anche Carmen di Bizet a fine marzo e La Cecchina ossia la buona figliola di Piccinni a metà aprile, avendo già ospitato nei passati mesi Cenerentola di Rossini e un altro capolavoro pucciniano, Madama Butterfly. 3/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2012-02-15/6753-san-valentino-a-novara-vuol-dire-boheme L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati Powered by TCPDF (www.tcpdf.org)