© Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento LA LINGUISTICA, UNO STRUMENTO PER L’ANALISI DEL DISCORSO Charles J. Fillmore 1. LE RELAZIONI LINGUISTICHE La linguistica in quanto scienza si occupa di scoprire, descrivere e (dove pertinente) spiegare: a) le unità di forma linguistica o di contenuto, b) le strutture in cui queste unità sono definite e collocate, c) i ruoli o le funzioni che queste unità svolgono in queste strutture, e d) le dipendenze o i legami interpretativi che si ottengono tra unità diverse dello stesso testo. Poiché alcune delle unità di cui tratterò costituiscono la sostanza o formano i costituenti delle unità di livello superiore, possiamo allora parlare di unità, ruoli, strutture e legami intratestuali ai diversi livelli di descrizione di una lingua e di descrizione di testi. Per permetterne un uso il più ampio possibile, mi servirò qui del termine testo per designare un qualsiasi prodotto globale della capacità linguistica umana, comprese quindi le parole e i gruppi tonali all’estremo più ristretto dello spettro, e i romanzi e le raccolte di leggi al suo estremo più ampio. L’organizzazione delle conoscenze da parte degli utenti di una lingua ha sue dimensioni intertestuali, intratestuali ed extratestuali. Nella prima individuiamo le relazioni tra quanto effettivamente si trova in un dato segmento di testo e quanto poteva esserci al suo posto. E ciò vuol dire che trattiamo intertestualmente le relazioni tra la porzione di testo considerata e altri testi o segmenti di testo potenziali, solo parzialmente simili. Intertestualmente abbiamo a che fare con le relazioni che sussistono tra parti di uno stesso testo. Dal punto di vista extratestuale, infine, ci interessa il legame tra un testo e i suoi «mondi». Possiamo distinguere almeno sette tipi principali di relazioni riguardo alle unità linguistiche formali. Tra le relazioni intertestuali vi sono quelle che valgono tra 1. una data unità ed altre unità che nella struttura sono reciprocamente sostituibili, e le relazioni che valgono tra 2. una data unità ed altre unità che si ritiene provengano dallo stesso repertorio o dominio linguistico dell’unità osservata. Per questi due tipi si può parlare rispettivamente di relazioni di “sostituzione” e di “associazione”, dove la vaghezza e la sconfinatezza della seconda non è 1 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento casuale. Le relazioni intratestuali sono quelle che valgono tra 3. una data unità di un testo e un’unità più ampia di cui la prima può essere considerata una parte; 4. una data unità di un testo e i costituenti in essa contenuti, e cioè le altre unità presenti nella struttura che la contiene, o tra 5. una data unità di un testo e altre unità dello stesso testo con cui essa intrattiene un rapporto di co-interpretazione obbligatorio o potenziale1. Rispetto alla extratestualità possiamo distinguere tra 6. il mondo entro il quale il testo è prodotto, e cioè quello che altrove ho chiamato il «mondo esterno al testo» (Fillmore 1976), e 7. il mondo le cui proprietà il testo rappresenta, e cioè il mondo «interno al testo». In generale, le relazioni dei primi quattro tipi sono presenti a ogni livello linguistico; le altre (dal quinto al settimo sono presenti soltanto al livello di strutture in grado di ricevere un’interpretazione semantica. . Analoga, ma distinta dalla differenza qui proposta tra intertestuale e intratestuale, è la distinzione più tradizionale tra le dimensioni paradigmatica e sintagmatica (de Saussure 19l6). In breve, la dimensione paradigmatica è quella per cui si parla di opposizione e sostituibilità (la nostra categoria 1 ne è l’approssimazione più vicina), mentre la dimensione sintagmatica è quella per cui si parla di struttura, co-occorrenza, dipendenze e concetti simili – in sintesi, la «capacità combinatoria della lingua – rappresentata qui dalle categorie 3-5, ma anche in larga misura dalla categoria 2. La distinzione qui introdotta tra intertestuale e intratestuale la possiamo esprimere come la differenza tra a) la conoscenza che l’interprete di un testo porta al testo per arrivare a una sua interpretazione e b) la consapevolezza del testo in sé e dei dati che esso fornisce. Rispetto alle relazioni intratestuali Ci sono due possibili direzioni di dipendenze: anaforica, che rimanda a qualcosa che è stato introdotto precedentemente nel testo; e cataforica, che rimanda ad entità presenti più avanti nel testo. Negli studi correnti in ambito linguistico, questi termini sono di solito usati limitatamente al discorso sui fenomeni di pronominalizzazione e sui vari altri processi di riduzione o di cancellazione. Mentre io qui uso i due termini in un senso più ampio per riferirli alle due situazioni in cui a) si riconosce qualcosa, o Si capisce come esso vada interpretato, grazie alla consapevolezza dei suoi legami con qualcos’altro precedentemente introdotto nel testo; e b) si riconosce qualcosa e, attraverso il riconoscimento, si colgono i suoi legami con elementi introdotti successivamente nel testo. 1 Derivo il termine co-interpretazione da Halliday, Hasan (1976). Comprendo in questa categoria 1) i marcatori lessico-grammaticali di costruzioni grammaticali; 2) i pezzi separati di costituenti discontinui, e 3) gli elementi « fonici» che intrattengono con altri elementi dello stesso testo rapporti di coreferenza e co-signifìcanza. 2 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento Le categorie delle abilità e delle conoscenze linguistiche suggerite da questa classificazione delle relazioni linguistiche si possono illustrare nel modo seguente. 1. Conoscenza dell’opposizione fonematica (conoscere esattamente come e dove tiro e toro differiscono a livello fonologico); consapevolezza delle categorie in opposizione di un sistema f1essivo (per esempio, avere strategie differenziate per interpretare il presente e il passato nei testi narrativi di fantasia); sensibilità per le parole morfologicamente o fonosimbolicamente collegate; conoscenza dei contrasti semantici minimi nei campi lessicali (sapere, per esempio, che ragazza è allo stesso tempo «non ragazzo» e «non donna»); conoscenza degli opposti, sia all’i Interno di un frame (come per esempio tra avaro e generoso o tra parsimonioso e dispendioso), sia tra più frame (come quando ci si chiede se uno stesso comportamento debba essere valutato sulla scala di avaro-generoso o invece su quella di parsimoniosodispendioso) . 2. Conoscenza astratta dei vincoli grammaticali di singoli elementi lessicali; conoscenza dell’occorrenza di elementi dati in unità fraseologiche; conoscenza dell’aderenza di insiemi di unità lessicali e fraseologiche a schemi semantici comuni (come succede, per esempio, con comprare, vendere, pagare, costare, spendere, che si inseriscono, ognuno a modo suo, nello schema «transazione commerciale»); consapevolezza delle «condizioni di felicità» di un certo tipo di atto linguistico. 3. Conoscenza della funzione di un dato tipo di fonema nelle sillabe ben formate di un testo; riconoscimento delle strutture di formazione delle parole presenti nel testo e delle funzioni dei costituenti di queste strutture; conoscenza dei ruoli grammaticali delle parole e dei sintagmi di testa all’interno di sintagmi o di frasi più ampie; conoscenza delle strutture grammaticali delle frasi costitutive del testo; riconoscimento dei generi e dei tipi di testo attraverso il riconoscimento dei loro elementi costitutivi; consapevolezza della collocazione di un dato tipo di atti linguistici in eventi comunicativi più ampi. 4. Conoscenza dei legami tra il nucleo di una sillaba e i suoi attacchi o code; consapevolezza della corrispondenza obbligata tra un dato prefisso o suffisso e una data radice lessicale nella composizione di parole; relazioni di reggenza e di concordanza tra parole e sintagmi nelle strutture sintattiche, sensibilità ai rapporti di predicazione, modificazione, quantificazione e negazione all’interno della struttura semantica. 5. Conoscenza di dipendenze sintattiche distanti; consapevolezza della discontinuità di alcuni costituenti, e cioè delle relazioni anaforiche e cataforiche tra elementi del testo che richiedono un’interpretazione correlata; riconoscimento di problemi di struttura narrativa come, per esempio, il momento della presentazione di un problema e il momento della sua risoluzione. 6. Capacità di stabilire relazioni esoforiche (nel senso di Halliday, Hasan 1976): la deissi (relazione tra le scelte linguistiche e gli aspetti sistemici 3 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento dell’atto comunicativo, tra cui l’identità dei partecipanti, il tempo dell’atto comunicativo, la collocazione dei partecipanti al momento dell’atto comunicativo, i rapporti sociali tra i partecipanti, ecc.); il registro (l’appropriatezza delle scelte linguistiche rispetto agli atti, agli argomenti e alle persone implicate); la pragmatica (il rapporto tra formazione di un enunciato e gli atti che l’esecutore del l’enunciato è in grado di compiere in contesti dati). 7. Capacità di costruire un testo costruendo proprietà del mondo o della situazione che più siano con questi compatibili (e cioè, un mondo in cui vi siano oggetti, comportamenti, o istituzioni che il testo implica o a cui si rimanda, un mondo la cui storia sia presupposta dal testo). 2. LINGUISTICA E ELABORAZIONE LINGUISTICA Non fa parte della tradizione linguistica consolidata considerare oggetto idoneo di studio i processi temporali di produzione o di interpretazione dei testi linguistici, e neppure considerare pertinente alle scienze linguistiche il funzionamento di questi processi. Le asimmetrie dei processi anaforici e cataforici sono note da lungo tempo, e si sono talvolta proposte spiegazioni funzionali per spiegare le asimmetrie sinistra-destra del movimento sintattico e la «complessità degli incastri». Nozioni come «anticipazione» e «persistenza» riferite a gesti articolatori sono da tempo usate per spiegare i processi fonologici. Ma in generale, lo sviluppo temporale del testo, nella produzione o nella comprensione, non lo si è ritenuto un principio di organizzazione valido per descrivere le unità linguistiche e le loro strutture. Da sempre i linguisti si sono interessati più alle strutture presenti nei prodotti delle abilità linguistiche (e nella competenza astratta dei parlanti sottesa alla conoscenza di tali strutture), che non ai comportamenti e alle strategie che gli utenti di una lingua attivano per produrre e capire lingua2. Chiunque sia realmente interessato alla descrizione e all’analisi di testi o del discorso, dovrà naturalmente prestare attenzione ai processi e alla temporalità che l’attivazione di tali processi presuppone. Se vogliamo sapere quanto ci possano servire in questo tipo di ricerca i concetti, le osservazioni e gli strumenti analitici dei linguisti, sarà utile esaminarne alcuni secondo questa nuova prospettiva. In particolare, se facciamo lo sforzo di considerare ogni prodotto linguistico nel suo sviluppo nel tempo (il prodotto all’estremo di chi lo invia, l’esperienza di costruirne 1’interpretazione all’estremo del ricevente), sarà necessario rivedere molti concetti classici della linguistica per renderli operativi per la comprensione di tali processi. Se una descrizione statica della lingua ci permette di descrivere un dato elemento come cataforico, una descrizione dinamica ci permetterà di parlare del suo ruolo nel creare 2 Una breve rassegna degli studi linguistici e di altre discipline in una prospettiva procedurale è contenuta in Beaugrande, Dressler (1981), cap. 3. 4 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento aspettative nell’interprete rispetto a un particolare andamento del testo. Un elemento anaforico porta l’interprete a rivedere porzioni di testo precedentemente elaborate per completare la sua interpretazione. Si riescono a cogliere o a interpretare elementi paradigmaticamente in opposizione se si è consapevoli che il testo poggia su una struttura oppositiva di base, cosicché l’attivazione di quella struttura darà luogo a nuove aspettative e conclusioni sul testo in esame. Se prendiamo come interprete ideale di un testo linguistico una persona che abbia una padronanza perfetta della conoscenza e delle abilità interpretative rappresentate dalle sette categorie di conoscenza linguistica sopra elencate, potremo in parte mostrare come si realizzano le strutture linguistiche nella dimensione temporale lineare dei processi di produzione orale e scritta o nella comprensione, costruendo una serie di domande che questo interprete molto competente potrebbe porsi durante l’elaborazione del testo, e vedendo come, e se, il testo fornirà risposte a tutte le domande3. Ad ogni passo, si può immaginare che le domande dell’interprete siano formulate più o meno così, 1. Quale unità ho appena incontrato? 2. Questa unità mi aiuta a riconoscere il ricordo di interpretazioni già date a porzioni di testo precedenti? In altre parole, vi è stato un qualche elemento cataforico che ha generato delle attese? Altrimenti, sono in grado di collegare anaforicamente questa unità a un elemento già incontrato nel testo? 3. L’unità in questione è parte di un’unità più ampia del testo? Se sì, quale ruolo o quale funzione essa ha nell’unità più ampia? 4. Che cos’altro avrebbe potuto occupare questa posizione invece dell’unità appena incontrata? Quali conclusioni posso ragionevolmente trarre dal fatto che chi ha prodotto il testo ha scelto di usare questa unità invece di una qualsiasi altra sostituzione possibile? 5. Quali altri elementi, che appartengono alla stessa unità a cui ]’elemento appartiene, sono già stati presentati? Quali elementi che appartengono a questa stessa struttura è possibile pensare che si presenteranno più avanti nel testo? 6. A che cosa potrebbe a sua volta appartenere l’elemento a cui ciò appartiene? Quale ruolo vi gioca (o potrebbe risultare giocare) nell’elemento più ampio? 7. La presenza di questa unità in questo posto segnala la co-presenza di qualche unità corrispondente a un altro livello della struttura linguistica? La risposta alla domanda 6, per esempio, fa tornare nuovamente alle stesse domande, riferendo le a un’unità più ampia nella gerarchia strutturale di un testo (in cui le decisioni riguardo a un fonema hanno portato a conclusioni relative a una sillaba o a un morfema, o in cui le decisioni sul ruolo e sulla funzione di una frase hanno portato a conclusioni sulla natura di un episodio, 3 L'impostazione generale per lo studio della dinamica dell'interpretazione testuale qui di seguito, viene presentato in una prospettiva un po' diversa in Fillmore (1981). Essa è stata elaborata con la collaborazione di Paul Kay ed alcuni studenti di Berkeley. 5 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento ecc.), mentre la risposta alla domanda 7 fa ripetere di nuovo la stessa domanda riferendola a un’unità in un dominio diverso (per esempio, nei domini della forma, del significato e dell’uso, e cioè se il corretto riconoscimento di un’unità lessicale abbia portato all’identificazione di un’unità semantica attiva, o se la corretta interpretazione semantica di una frase sia servita a decidere il tipo di atto illocutivo che la frase è chiamata a compiere, ecc.). È utile pensare al processo di elaborazione del testo come a. una specie di gioco con mosse e stati. Si ha una mossa quando si accetta di introdurre qualcosa nel testo apportandovi i cambiamenti, le aggiunte e così via, che il testo e le regole richiedono. Uno stato è l’insieme di attese, domande e conclusioni che un giocatore si è creato dopo che si è conclusa una particolare mossa. In ogni tappa di questo svolgimento immaginario del testo da elaborare possiamo attribuire all’interprete di un testo uno o più di quegli stati cognitivi espressi dalle affermazioni seguenti: - Ho una serie di normali ipotesi sul testo nel suo complesso: punto di vista, contenuto, origine, ambientazione, e così via. - Mi attendo ora un elemento specifico (per esempio, l’ultimo elemento introdotto è stato la parola perfetto; mi aspetto adesso di incontrare la parola idiota). - Ho introdotto un nuovo contesto di riferimento, e cioè quello selezionato da un’unità appena incontrata. (Per esempio, avendo, l’impressione che l’argomento del testo in questione riguardi la musica, ed avendo appena incontrato l’espressione chitarra acustica, sono pronto a questo punto a pensare a un’ambientazione del testo in cui sia pertinente il contrasto tra strumenti musicali comuni e elettrici4.) - Mi aspetto di trovare una struttura sintattica di un certo tipo sulla base di una dipendenza collegata a un certo elemento sintattico precedentemente incontrato. (Per esempio, avendo incontrato il verbo mettere e l’oggetto diretto del verbo, come per esempio nella frase il bambino si è rifiutato di mettere i suoi giocattoli..., so che ci vuole ora un sintagma proposizionale o di direzione.). - . Ho appena risolto un’incertezza, oppure ho appena risposto a una domanda che mi ero posta o che era rimasta senza risposta nella mossa precedente. (Per esempio, avevo bisogno di sapere in che senso e in riferimento a quale oggetto venisse usato mettere. La frase nominale i suoi giocattoli mi ha appena fornito la risposta.) - Mi sono posto di nuovo la stessa domanda su un elemento precedentemente elaborato. (Per esempio, avevo creduto che una precedente citazione del testo dovesse essere intesa come detta dalla principessa della storia, ma adesso non ne sono così sicuro.) - Ho appena dovuto ritornare su una decisione precedentemente presa in quanto mi sono appena accorto che era errata. (Per esempio, l’autore mi ha 4 Devo a Mark Hansell la consapevolezza del contrasto acustico-e1ettrico. 6 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento condotto a credere che il chirurgo fosse un uomo; l’ultimo elemento del testo mi ha rivelato che si trattava invece di una donna.) Per riassumere, attribuiamo all’interprete che sta elaborando un testo le seguenti cose: una consapevolezza di almeno alcune delle proprietà di ciò che è «nella memoria di transito»; una memoria di quello stato complesso in cui l’interprete si trovava appena prima; la conoscenza di repertori, di elementi e di strutture (a molti livelli, e simultaneamente); la conoscenza di un complesso di principi che caratterizzano la lingua in oggetto; l’abilità di generare aspettative da questo insieme di consapevolezza e conoscenze. 3. DIVISIONI DELLA LINGUISTICA Senza dar troppo peso alla realtà psicologica delle affermazioni implicite nella mia esposizione sull’elaborazione del testo, trovo tuttavia utile pensare a un analisi linguistica standard che renda espliciti i livelli di domande, le aspettative e le conclusioni che un interprete di testi linguistici si pone, strati che corrispondono più o meno ai livelli noti della struttura linguistica. La nozione di «livelli di struttura» va in realtà intesa nel senso che non appena si chiude una serie di domande (con l’identificazione di una nuova unità di un certo tipo) si porranno nuove domande e nuove aspettative. (La risposta a domande su una data struttura complessa a un dato livello porta spesso all’identificazione di un’unità elementare ad un altro livello – un’unità su cui ora si cominceranno a porre domande riguardo alla funzione, agli accostamenti, e così via). ‘. Le divisioni tecniche della linguistica sincronica si possono considerare come parti separate dei tipi di conoscenza che funzionano contemporaneamente nei processi che abbiamo ora considerato. FONOLOGIA Si usa la conoscenza delle possibili sequenze fonetiche quando si risolve o si crea una catena di aspettative nella percezione del discorso. Il riconoscimento di segmenti fonetici (fonetica), l’identificazione del loro ruolo potenziale nella sillaba o in altre strutture fonotattiche (fonemica), la conoscenza delle possibilità combinatorie delle unità fonematiche (fonotattica), e così via, costituiscono la fonologia segmentale di una lingua. La sostituzione paradigmatica tra unità fonologiche in parti corrispondenti di varianti morfemiche secondo una loro distinzione morfemica, e il loro ruolo in una struttura morfologica più ampia fa parte della, o costituisce la, morfofonemica. CATEGORIE GRAMMATICALI E LESSICO-GRAMMATICALI La conoscenza delle opposizioni di categoria tra le forme flesse delle parole aiuta a riconoscere date categorie grammaticali e quindi le strutture 7 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento grammaticali. La differenza formale tra i due testi in tedesco è solo tra l’indicativo war e il congiuntivo sei. (1) Im Büro saß nur die Sekretärin. Der Chef war auf einer Konferenz. (Nell’ufficio vi era solo la segretaria. Il capo era fuori per un congresso.) (2) Im Büro saß nur die Sekretärin. Der Chef sei auf einer Konferenz. (Nell’ufficio vi era solo la segretaria. Ha detto che il capo era fuori per il congresso.) In entrambi i testi, tuttavia, il ruolo giocato dalla seconda frase è notevolmente diverso. Nel primo testo l’affermazione sull’assenza del capo funziona come spiegazione del motivo per cui la segretaria è sola. Nel secondo, invece, la seconda frase rappresenta qualcosa che la segretaria ha detto. Di solito, durante la comprensione, il passaggio dal riconoscimento della forma di una parola a quello della categoria grammaticale, alla sua conoscenza d’uso, all’applicazione in contesto è simultaneo5. La conoscenza linguistica dei principi di formazione delle parole e di formazione della frase potenzia la capacità di creare aspettative appropriate e di giungere a conclusioni idonee nell’elaborazione di parole, sintagmi e frasi complesse. La conoscenza della valenza dei verbi, nomi e aggettivi, e la conoscenza dei requisiti di co-occorrenza associati ad elementi lessicali; che fungono da marcatori di costruzioni grammaticali tipiche creano strutture di aspettative e soluzioni a molti livelli di complessità frastica. Costituenti spostati o messi in posizione preminente (come succede nelle frasi interrogative, relative o topicalizzate) stimolano l’interprete a cercarvi una spiegazione nei costituenti che seguono. SEMANTICA E LESSICO La conoscenza delle relazioni di opposizione e dei vari altri tipi di relazioni semantiche studiati dalla semantica lessicale permette di portare nell’interpretazione di un testo l’intera struttura entro cui si trovano gli elementi lessicali tra loro correlati. Le valenze semantiche di singoli elementi stimolano l’interprete a cercare (nel testo che precede) o ad aspettarsi (nel testo che segue) le informazioni pertinenti che ne conseguono. PRAGMATICA E LINGUISTICA TESTUALE La conoscenza dei principi della cooperazione conversazionale porta a domande, aspettative e risposte sulla forza illocutiva. (Fare una domanda costringe la persona interrogata a rispondere alla domanda in buona fede. Per cui, se alla domanda «Mi puoi portare alle Hawaii?» la risposta è «Sono forse 5 Gli esempi in tedesco li devo a Knud Lambrecht. 8 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento un miliardario?», è lecito interpretare la risposta come negativa). Porzioni di testo che esprimono presupposizioni portano l’interprete o a verificare la proposizione presupposta in parti precedenti del testo o, se questo non è possibile, a) ad assumere che quanto il testo presuppone è vero nel mondo interno al testo e b) a trarre conclusioni appropriate sul mondo esterno al testo per il fatto che le informazioni sono state date solo attraverso la presupposizione. 4. ANALISI DI UN TESTO CAMPIONE: LA BOHÈME Ho scelto come materiale su cui mostrare alcune delle nozioni linguistiche appena presentate un tipo di testo che potrebbe ritenersi innaturale, e cioè il riassunto di un’opera lirica. Il testo è la sintesi dell’opera La Bohème di Puccini nella versione distribuita dalla compagnia operistica di San Francisco nella stagione autunnale del 1978. L’interesse che ho per questi testi deriva dal fatto che essi tendono ad essere particolarmente difficili da capire e dalla mia impressione che tale difficoltà derivi dallo scopo speciale per il quale sono scritti. Testi del tipo di quello scelto sono monologici, scritti, parzialmente contestualizzati, narrativi con un punto di vista fisso. Per il fatto di essere monologici mancano di espressioni ancorate nella differenza tra emittente e destinatario; in quanto testi scritti sono almeno in parte decontestualizzati, nel senso che non interagiscono completamente con le attività in corso che coinvolgono emittente e destinatario, tuttavia nel descriverli come parzialmente decontestualizzati, intendo dire che essi richiedono una dose di consapevolezza su quanto sta succedendo (in particolare sulla scena durante l’esecuzione dell’opera) relativamente maggiore di quella richiesta dai testi scritti normali; che essi siano narrativi è ovvio; e il punto di vista fisso è necessariamente determinato dalla relazione spaziale tra pubblico e scena. Ci sono dei chiari vincoli pragmatici sulla loro produzione e interpretazione, e la consapevolezza di questi limiti è essenziale per interpretarli correttamente. Essenziale alla comprensione di questo genere testuale è la conoscenza che questi testi non sono strutturati in modo da facilitare la comprensione della storia, quanto invece per rappresentare la sequenza secondo cui le cose succedono, sulla scena, durante l’esecuzione dell’opera, e per far conoscere al lettore almeno qualcosa di quanto i protagonisti si dicono o si cantano. Le conseguenze derivate dalla costruzione di testi che devono soddisfare questa condizione emergeranno da molte delle cose che si diranno in seguito. Ecco il testo completo del sunto della storia. Atto I (una soffitta). Nella loro fredda soffitta parigina, due dei bohémien stanno cercando di tenere acceso il fuoco nella stufa; il pittore Marcello viene trattenuto dal bruciare una sedia dal poeta Rodolfo che invece sacrifica uno dei suoi manoscritti. Il loro amico Schaunard arriva con cibo e bevande, essendo appena stato pagato per 9 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento una lezione di musica; si unisce a loro anche Colline, il filosofo. Dopo una visita del padrone di casa Benoit, che esige il pagamento del l’affitto da lungo tempo scaduto, tutti tranne Rodolfo lasciano la soffitta per andare al caffè Momo. Si sente bussare alla porta e una vicina, Mimì, entra con la speranza di accendere una candela che si è spenta per gli spifferi. Poco dopo ritorna per cercare la chiave della sua stanza, che ha perso. Mentre lei e Rodolfo la cercano, le loro mani si toccano. Lui le racconta di sé e dei suoi sogni, seguito dall’affascinante racconto di Mimì, della sua storia e delle sue aspirazioni. Sono attratti l’uno verso l’altra ed escono insieme per unirsi agli amici di Rodolfo. Atto II (una piazza del quartiere latino). La vigilia di Natale. Al caffè Momo, situato in una piazza piena di una folla allegra, Marcello è imbarazzato per l’arrivo della sua vecchia fiamma Musetta con il suo ricco «protettore» Alcindoro. Nonostante i loro sforzi di sembrare indifferenti, è ovvio che Musetta e Marcello si vogliono ancora bene. Lei canta una canzone provocatoria espressamente diretta a Marcello, dopo la quale si abbracciano e lei raggiunge il tavolo degli amici. Dopo 1’arrivo delle guardie i bohémien se ne vanno lasciando Alcindoro con il conto da pagare. Atto III (una dogana nei dintorni di Parigi). La pallida e sconvolta Mimì cerca Marcello. Gli racconta come sia diventata difficile la vita col geloso Rodolfo. Poi, di nascosto, sente Rodolfo lamentarsi di lei. Un improvviso accesso di tosse rivela la sua presenza. Mentre essi parlano di separarsi, Marcello e Musetta litigano. Mimì e Rodolfo, invece, decidono di stare insieme fino alla primavera. Atto IV (una soffitta). Di ritorno nella loro soffitta, Rodolfo e Marcello desiderano ardentemente le loro donne, Musetta e Mimì, che li hanno lasciati. Schaunard e Colline portano cibo e bevande e per un po’ i quattro amici insieme dimenticano le loro pene e la loro povertà. Musetta aiuta Mimì ad entrare; è molto malata e aveva chiesto di essere portata nella soffitta, dov’è stata tanto felice con Rodolfo. Colline decide di vendere il suo unico cappotto per procurare delle medicine. Lasciati soli, Rodolfo e Mimì ricordano i giorni felici passati insieme. Dopo il ritorno degli amici con le medicine e un manicotto per le gelide mani di Mimì, Rodolfo è l’ultimo ad accorgersi che Mimì è morta. INFORMAZIONI DI SFONDO Ciò che sappiamo del mondo esterno dal testo del nostro sunto è che esso deve essere letto da persone che stanno per vedere 1’opera, e che la maggior parte di coloro che lo leggeranno lo faranno per essere sicuri di sapere che cosa succederà sulla scena e che cosa canteranno i personaggi. In molti casi i lettori conoscono già la storia ma apprezzeranno lo stesso che si ricordi loro in quale atto succede un dato episodio. Nella storia di un’opera molti fatti e situazioni di sfondo non sono presenti nell’esecuzione. Quando queste informazioni di sfondo entrano nel sunto scritto, lo fanno di solito per via di presupposizioni o di subordinazioni di vario genere, specialmente se una loro spiegazione articolata può interferire con lo scopo principale di questo tipo di scrittura, che 10 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento è quello di rappresentare lo svolgimento dell’opera scena per scena. PRIMO RIFERIMENTO AI PERSONAGGI Poiché 1’elenco dei cantanti in una data esecuzione fornisce generalmente soltanto i nomi dei personaggi, di solito sta al testo del sunto presentare i loro ruoli o le professioni. Fedele a questa tradizione, il nostro testo presenta ogni personaggio alla sua prima comparsa con una doppia informazione che contiene il nome e il ruolo. Ci viene presentato, a turno, il pittore Marcello, il poeta Rodolfo, il loro amico Schaunard, Colline, il filosofo, il padrone di casa Benoit, una vicina, Mimì, la vecchia fiamma di (Marcello), Musetta e il suo ricco «protettore», Alcindoro. In un testo narrativo normale si potrebbe pensare alla creazione iniziale di una rete di rapporti come base per costruzioni successive (Intorno al 1830 viveva a Parigi un gruppo di artisti e intellettuali che .. ). Ma è tipico di testi simili a quello che stiamo qui esaminando che i partecipanti vengano descritti e presentati solo quando compaiono individualmente sulla scena. E ciò si ottiene spesso con l’uso speciale di costruzioni appositive nominali del tipo appena incontrato. È significativo che il personaggio principale dell’opera (Mimì) sia l’unico presentato con un sintagma nominale indefinito una vicina, Mimì. Questo fatto si accorda con l’idea che gli altri personaggi siano da intendersi come parte dell’ambientazione nella quale si svolge la storia di Mimì. INFORMARE ATTRAVERSO LA PRESUPPOSIZIONE Nel corso del testo troviamo esempi di informazioni veicolate attraverso la presupposizione e cioè, potremmo dire, attraverso la porta del retro. Uso il termine presupposizione in modo informale, riferendo mi semplicemente agli usi linguistici che lasciano intendere che alcune informazioni sono da ritenersi già note, anziché nuove. Ho presente, naturalmente, l’uso di sintagmi nominali con l’articolo determinativo, i verbi fattivi, e simili, ma anche la descrizione di situazioni che presuppongono contesti o sfondi che il testo non ha presentato. La frequenza di questa pratica la si deve presumibilmente ai particolari scopi comunicativi di testi di questo genere. Il fenomeno non è affatto insolito in altri tipi di testo narrativo, ma sembra particolarmente utile per gli autori di sunti di opere. Questa pratica e i suoi effetti possono vedersi in prospettiva osservando le differenze pragmatiche tra modi diversi di dare istruzioni a qualcuno che vuole orientarsi per la prima volta in una città nuova. Se dico qualcosa del tipo Segua il corso in direzione nord. A un certo punto arriverà a una sede della Banca Nazionale. All’angolo prenda a sinistra introduco nuovi elementi nel mondo del testo nel solito modo. Se però dico qualcosa tipo 11 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento Segua il corso in direzione nord e giri a sinistra quando arriva alla sede della Banca Nazionale chiedo a chi mi ascolta di ricostruire il testo in un modo un po’insolito. La lingua usata nel secondo testo è costruita come se nel momento in cui si ha bisogno di sapere dove girare, si venisse a sapere dell’esistenza di quel punto di riferimento. Analogamente, nei sunti operistici, i testi sono costruiti in maniera tale da costringere i lettori a conoscere i personaggi, gli eventi e i punti di riferimento nel momento in cui questi giocano un ruolo di ancoraggio nel testo. La lingua di questi testi dà insomma l’impressione che essi siano pensati per essere letti nel momento in cui l’opera viene eseguita; leggendo questi testi e conoscendone lo scopo, si potrebbe anticipare il momento in cui le pile si accendono e si spengono, e cioè quando il pubblico consulta il testo durante 1’esecuzione. Da [due dei bohémien stanno cercando di tenere acceso il fuoco nella stufo] veniamo a sapere, ed entrambe le volte attraverso presupposizioni, che l’appartamento ha una stufa, che c’è del fuoco dentro che arde, che i personaggi hanno qualche difficoltà a tenerlo acceso. Da [il pittore Marcello viene trattenuto dal bruciare una sedia dal poeta Rodolfo] veniamo a sapere, di nuovo per via presupposizionale, che Marcello intendeva e si disponeva ad alimentare il fuoco con una sedia. Da [che invece sacrifica uno dei suoi manoscritti] veniamo a sapere che Rodolfo ha più di un manoscritto, e che quello che affida al fuoco lo avrebbe preferito conservare; e questo lo apprendiamo da [uno dei] e [sacrifica]. In [essendo appena stato pagato per una lezione di musica] il testo lascia intendere, di nuovo indirettamente, che Schaunard è un musicista. Nel segmento [Dopo una visita del padrone di casa Benoit] sappiamo, attraverso un accorgimento presupposizionale usato probabilmente per brevità piuttosto che per motivi imposti dal genere testuale, che il padrone di casa era andato a fare una visita. I segmenti [che esige il pagamento dell’affitto scaduto da tempo] ci dicono che i bohémien erano in ritardo col pagamento. Quando entra Mimì, [con la speranza di accendere una candela che si (era) spenta per gli spifferi], veniamo a sapere, per via presupposizionale, che la candela, prima accesa, si è spenta e, per implicazione, che il suo appartamento è pieno di spifferi. La frase [Lui le racconta di sé e dei suoi sogni] presuppone che si conosca già quanto qui viene descritto come [l’affascinante racconto di Mimì]; solo con questa assunzione e ricordando lo scopo del testo possiamo capire la grammatica di questa frase [Lui le racconta di sé e dei suoi sogni, seguito dall’affascinante racconto di Mimi, della sua storia e delle sue aspirazioni]. Dobbiamo capire che lo scopo della prima proposizione è di far conoscere ai lettori che cosa canta Rodolfo in questa scena e che [l’affascinante racconto di Mimì] è di fatto la ben nota aria «Mi chiamano Mimi». Chi non conoscesse la funzione del testo troverebbe la forma grammaticale di questa frase piuttosto strana. 12 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento Nel segmento [Nonostante i loro sforzi di sembrare indifferenti] sappiamo, indirettamente, che Marcello e Musetta avevano fatto finta di ignorarsi. Dal segmento [e lei raggiunge il tavolo degli amici] veniamo a sapere per la prima volta che gli amici sono in scena. Il fatto che il pubblico lo sappia già (si intende che il testo verrà letto durante l’esecuzione), anche se l’innocente lettore non lo sa ancora, permette al testo di adattarsi al mondo esterno in maniera soddisfacente. Nel segmento successivo [Dopo l’arrivo delle guardie], veniamo a sapere che c’era stata una parata militare. Se non fosse per il bisogno di risparmiare spazio, questa informazione avrebbe dovuto essere presentata come una frase separata, se non altro per il fatto che la parata è una scena importante in questo atto. Dal momento che non si ritiene necessario che il pubblico capisca che cosa viene cantato in questa scena, il dare a questa parata un rilievo così scarso non contravviene agli scopi del genere testuale; la stessa cosa sembra valere per l’informazione, rivelata in via presupposizionale in [lasciando Alcindoro con il conto da pagare], che gli scrocconi non avevano pagato il conto. Veniamo a sapere che Rodolfo e Mimi hanno vissuto insieme, e che Rodolfo è un compagno geloso da [gli racconta come sia diventata difficile la vita col geloso Rodolfo]. Quando nell’ultimo atto vediamo che [Musetta aiuta Mimì ad entrare], siamo indotti a pensare che Mimì sia troppo malata per farcela da sola. Quando in leggiamo che [Rodolfo e Mimì ricordano i giorni felici passati insieme] veniamo a sapere, in via di presupposizione attraverso [ricordano], che la coppia aveva vissuto un periodo felice quando erano insieme. E quando, proprio alla fine, scopriamo che Mimì è morta, veniamo a saperlo nel momento in cui Rodolfo si rende finalmente conto che è morta. Il pubblico, naturalmente, viene a saperlo prima di Rodolfo. LEGGERE TRA LE RIGHE In molti luoghi del testo è necessaria una comprensione per implicazione, e cioè una «lettura tra le righe». Il testo ci porta a credere che i personaggi sono poveri quando accenna al fatto che essi devono fare grandi sacrifici personali per tenersi caldi l’inverno. Mimì entra nella soffitta [con la speranza di accendere una candela]. Il testo non ci dice se vi riesce, né ci dice se abbia poi lasciato l’appartamento. Ma nel segmento veniamo a sapere che [Poco dopo ritorna]. Per rendere il testo coerente (cioè, per motivare [ritorna]), dobbiamo pensare che ne se sia andata dopo essere riuscita ad accendere la candela, e che ora stia tornando alla soffitta per qualche altro motivo. In una narrazione normale un’omissione del genere sembrerebbe andare contro il principio di cooperazione6. Nell’atto secondo veniamo a sapere che Musetta dopo la canzone 6 Non mi ricordo se nell'esecuzione di San Francisco del 1978 Mimì avesse di fatto lasciato la stanza. Il libretto non lo richiede. 13 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento [raggiunge il tavolo degli amici], nonostante non ci sia stato detto prima che gli amici erano là. Il lettore può pensare (come il pubblico di fatto sa) che questa scena al caffè è da intendersi come immediatamente successiva all’atto I, e che, in realtà, i bohémien che hanno lasciato la soffitta alla fine dell’atto I, nell’atto II sono insieme al caffè. Tra [la pallida e sconvolta Mimì cerca Marcello] e [gli racconta come sia diventata difficile la vita] dobbiamo presumere che Mimì abbia trovato Marcello. Dalla descrizione di Mimì [di nascosto] deduciamo che è comparso Rodolfo (un’inferenza che si può immediatamente verificare nel testo, ma che è naturalmente nota al pubblico prima che Mimì si nasconda). In una scena in cui sappiamo che sono presenti Marcello, Mimì e Rodolfo, leggiamo che [Marcello e Musetta litigano]. Ma il testo prima di non ci aveva dato alcun motivo di pensare che Musetta fosse nelle vicinanze. In una scena dell’atto IV in cui sono presenti tutti e sei gli amici e dalla quale siamo appena venuti a sapere che Colline ha intenzione di vendere il cappotto per ottenere del danaro per le medicine di Mimì, leggiamo che Rodolfo e Mimì vengono [lasciati soli]. Il testo non ci dice espressamente che anche gli altri quattro si sono allontanati, ma dobbiamo comunque pensarlo. Alcune delle inferenze che facciamo per capire il testo concordano con i risultati dei processi anaforici. In [che invece sacrifica uno dei suoi manoscritti], per esempio, la parola invece dev’essere presa come riferimento precedente al piano di Marcello di usare una delle sedie degli amici come combustibile, così si può facilmente dedurre che Rodolfo sacrifica il manoscritto per alimentare il fuoco. Leggiamo poi [si unisce a loro anche Colline, il filosofo]. Appena prima Marcello e Rodolfo avevano ricevuto la visita di Schaunard. Senza la parola anche, [il loro] potrebbe facilmente riferirsi a tutti e tre gli amici; ma anche richiede che il lettore si figuri la visita di Schaunard e quella di Colline come eventi di persone che vanno da Marcello e Rodolfo, contro l’altra possibilità di accettare Schaunard nel gruppo e di considerare quindi Colline che va ad unirsi al gruppo dei tre. L’espressione [Poco dopo ritorna] (già discussa a proposito della presupposizione presente in ritorna) ha senso solo se siamo disposti a pensare a qualcosa che il testo non ci ha detto, e cioè che aveva lasciato l’appartamento. Che questa valutazione appartenga al campo dell’«anafora» deriva dall’interpretazione di [Poco dopo]: la domanda «dopo che cosa?» ce la impone. IL PUNTO DI VISTA Il fatto che il testo riporti quanto avviene sulla scena, davanti agli occhi degli spettatori, determina la selezione del punto di vista per lo scrittore e il lettore. Di solito nelle narrazioni in terza persona, il punto di vista viene creato dall’autore con l’uso di elementi deittici, di un linguaggio espressivo, e così via; ma nel nostro caso il punto di vista è fisso per noi. Quando [arriva] Schaunard, non abbiamo bisogno che ci venga detto dove arriva. Quando 14 © Lend 2011. Corno, Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento veniamo a sapere della [visita] del padrone di casa, non abbiamo dubbi sul luogo in cui va. Tutto quello che leggiamo è inteso a spiegare quello che sta letteralmente succedendo davanti ai nostri occhi. L’origine dei movimenti, se non menzionata nel testo, è sempre il luogo dove gli attori si muovono. I bohémien (a parte Rodolfo) vanno [al Caffè Momo]; una vicina [entra] più tardi [ritorna]. Leggiamo dell’[arrivo] di Musetta, dell’[arrivo] delle guardie, e della [partenza] dei bohémien. Gli amici [portano cibo e bevande], Mimì chiede di essere [portata nella soffitta], e gli amici [ritornano] con le medicine. Le scene che il palcoscenico ci fa vedere determinano il punto focale di ogni andata e venuta, delle comparse e degli episodi che veniamo a conoscere dal testo. CONCLUSIONE Non sono certo se, a rigar di logica, si debba dire che i concetti linguistici forniscono direttamente gli strumenti e il quadro di riferimento per descrivere in termini processuali la struttura del testo della Bohème, o se le nozioni tipo opposizione e legami intratestuali derivate dalla linguistica classica forniscano semplicemente modelli e metafore per il genere di interpretazione più profondo e più ricco che avviene nell’analisi del testo. Ai fini dell’analisi testuale mi sembra che non si tratti di una questione importante. Ciò che è importante, credo, è che la pratica linguistica tende a sospingere chi analizza materiali testuali a vedere l’oggetto di studio attraverso lenti particolari, a porsi domande secondo certe modalità, e a cercarvi spiegazioni in certe direzioni. Sono certo che almeno una parte di tutto ciò sia utile e fruttuosa. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFÌCI Allen S. (a cura di), 1982, Text Processing, Stockholm, Almqvist & Wiksell. 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