LA BOHÈME NOTE DI REGIA La Bohème ha fatto un viaggio. Il suo cammino iniziato più di un secolo fa, l’ha portata di volta in volta a fermarsi per raccontarsi, incantare e commuovere il pubblico di tutto il mondo. Questo viaggio, adesso, l’ha portata nello spazio scenico che raccontiamo. Chiusa in dei vecchi bauli, la nostra Bohème riposa. A fare da guardiano a questo tesoro inestimabile, c’è un uomo. È un Macchinista teatrale; Un tessitore di trame che consente alla storia di avere luogo. Tutto intorno, nella penombra, possiamo scorgere i quattro camerini dei quattro protagonisti. Tutto è a vista. La macchina teatrale è interamente svelata. Ogni camerino “porta addosso” i segni del personaggio che lo abita. Quello di Rodolfo è pieno di libri e fogli di carta, quello di Mimì è ricoperto di fiori, su quello di Marcello sono poggiate alcune tele dipinte da lui stesso e infine sul camerino di Musetta, troviamo un piccolo cadeau, forse il regalo di qualche ammiratore segreto. La scena si presenta ai nostri occhi così; come un’opera d’arte addormentata in attesa di essere riportata in vita da quattro cantanti che come ogni volta da quando questo viaggio ha avuto inizio, dovranno incontrarsi, amarsi e poi perdersi. I costumi, riposano esattamente come la scena. Se ne stanno lì, ricoperti da una coltre di polvere, pronti per essere indossati da chi li renderà vivi e capaci di raccontare il dramma a cui sono da sempre destinati. I quattro cantanti si siedono davanti ai loro quattro specchi. Stanno per diventare ancora una volta i protagonisti di questa storia. Il nostro Macchinista illumina la scena, apre il primo baule e da inizio così ad un’altra rappresentazione di Bohème , di questo suo viaggio infinito. Dai vecchi bauli, la Bohème viene fuori e nasce, rivelando il destino di chi la vive e la interpreta. La musica, come un reticolato infinito, imprigiona i personaggi e li guida all’inevitabile fine. Nonostante l’abbiano vissuta infinite volte e tutte le volte con lo stesso dolore, Mimì e Rodolfo non hanno paura. Si innamorano e si vivono ogni volta come fosse la prima. Tutti sanno come andrà a finire. Lo sanno anche loro. Ma questo amore vince sulla paura della fine. E così i due protagonisti si incontreranno al cospetto della luna, una pallida luce teatrale che si sforza di essere romantica, in quella soffitta dove fa freddo e dove il Macchinista, farà in modo che le cose accadano. Così Mimì perderà le chiavi di casa, Rodolfo sfiorerà la sua “gelida manina” e da quel momento le cose andranno come devono. Si passerà alla seconda scena proprio come vuole la musica e il Macchinista ci porterà da Momus, dove Musetta lascerà il suo camerino per presentarsi al pubblico e raccontare il suo contrasto con Marcello. Ogni nota, ogni frase estratta dal libretto, è stata suonata e cantata per tutte le volte in cui Bohème ha scelto di fermarsi. Il Macchinista ha vissuto con questa storia per una vita intera. Ne conosce ogni respiro, ogni pausa, ogni movimento. Sa forse a quale prigionia ha costretto i quattro personaggi che da sempre lo seguono ed eseguono i ruoli a loro assegnati. E dunque li guarda con tenerezza e ogni volta che apre quei bauli si chiede dove si fermi la vita ed incominci il dramma. Dietro Mimì e Rodolfo, ci sono un uomo e una donna, truccati e vestiti per interpretare al meglio i ruoli per cui è stata scritta questa storia. Anche loro, come i personaggi che interpretano, si trovano a doversi innamorare e a doversi perdere tutte le volte. Forse dovrebbe liberarli. E se li liberasse libererebbe anche Rodolfo e Mimì dando loro la possibilità di vivere una fine diversa? Ma la musica ci porta dove deve ed è il momento di raccontare il teatro quadro. Servono dei fiori; perché a questo punto del dramma gli amanti promettono di lasciarsi in primavera. Solo che il Macchinista non riesce a trovarli. Sono indispensabili per raccontare questa scena, ma non c’è nulla da fare. Sembrano scomparsi. Così, preso da una rabbia improvvisa, mentre Rodolfo e Mimì cantano la fine del loro amore, rovescerà il contenuto dei bauli sollevando un’infinità di polvere che ricadrà sugli amanti come fosse neve. Alla fine i fiori si troveranno. E ricadranno sui protagonisti perché nel frattempo sarà già primavera. Ora però Tutto è finito. Mimì e Rodolfo non stanno più insieme. Neanche Marcello e Musetta. La primavera viene spazzata via. Sotto quella coltre di fiori, c’è ancora la neve. Su quel tappeto bianco adesso c’è un letto. Come tutte le volte, i personaggi sanno che sta per arrivare la fine. Il Macchinista punta le luci disegnando un cerchio in prossimità del letto. Il resto è al buio. Anche i camerini sembrano scomparsi. Qui si celebra ogni volta la fine di un amore, il compimento di un destino, la consapevolezza che lo si sapeva e lo si saprà sempre. Mimì muore, ma sceglie di farlo nella fredda soffitta dove tutto è iniziato. Sceglie il freddo, ma sceglie le mani di Rodolfo. Questa scelta, cambia i destini di tutti. Anche Musetta si spoglia della sua civetteria e scopre in Marcello l’unico in grado di amarla davvero. Ognuno toglie il suo “trucco” e svela se stesso per quello che è. Ed è qui che il Macchinista, il tessitore di trame si commuove ogni volta. Perché nonostante sia suo dovere “mettere in scena” per sempre lo stesso dramma, vorrebbe tanto che le cose andassero diversamente. Ma questi personaggi sono stati scritti per innamorarsi, viversi e poi andarsene. E non c’è niente che può cambiare il loro destino. Forse solo la scelta di Mimì, donna libera che sa di dover morire ma sceglie con chi, è l’unica cosa davvero concessa. I personaggi tornano ora ai camerini. Lentamente tolgono il trucco e il costume. La scena viene conservata. Il capo-macchinista richiude silenzioso i bauli per affrontare un nuovo viaggio. Bohème si racconterà ancora e per sempre. Strano, penserà quell’uomo che adesso è pronto per partire. Rodolfo e Mimì si ameranno per sempre pur sapendo che per sempre dovranno separarsi. Perché lo fanno? Non ha risposte. Il suo dovere è solo quello di raccontare una storia. Eppure è certo, dopo aver vissuto con quest’opera per una vita intera, che l’amore…è l’unica cosa vera che abbiamo. Roberto Catalano