N.08 – Agosto 2015
Il “Principe” di Machiavelli
di Alessandro Polizzi
Fu là che compose la sua più importante, nota e citata
opera riguardante la teoria politica: il “Principe”. Questo
trattato risponde ad una duplice esigenza: ingraziarsi i
nuovi padroni di Firenze e comporre un opuscolo dalla
forte ambizione teorica, cioè il tratteggiare la figura di un
principe di valore, un uomo capace di ottenere il dominio
sugli altri stati della penisola italiana, all’epoca
perennemente in conflitto tra loro. Probabilmente proprio
la situazione politica e le vicende personali lo indussero a
scrivere su questo argomento, lui che fin dai propri inizi
politici era stato un fervente sostenitore della Repubblica,
in particolare della Res Publica Romana – a tal proposito
si può citare l’influente opinione del filosofo tedesco
Georg Hegel che sostiene la necessità di conoscere il
contesto storico precedente e contemporaneo alla stesura
di quest’opera poiché “non soltanto il libro sarà
giustificato, ma comparirà come una grandissima e vera
concezione, nata da una mente davvero politica che
pensava nel modo più
“Onde è necessario a uno principe, volendosi
mantenere, imparare a potere essere non buono, e
usarlo e non l’usare secondo la necessità. […]
Et etiam non si curi di incorrere nella infamia di quelli
vizii sanza quali e’ possa difficilmente salvare lo stato"
“nelle azioni [...] massime de’ principi [...] si guarda al
fine”
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze nel 1469 da una
famiglia della borghesia intellettuale cittadina non
eccessivamente facoltosa; ricevette, mediante
precettori domestici, un’educazione tradizionale,
lontana dalle raffinatezze ellenizzanti della coeva
cultura medicea (non apprese, ad esempio, il greco, pur
“riscoperto” proprio in quegli anni), ma ugualmente in
linea con gli standard dell’umanesimo fiorentino. Fu
uomo impegnato politicamente, avendo ricoperto per
più anni la carica di segretario della Repubblica
fiorentina, per conto della quale compì viaggi,
commissarie, missioni speciali. A causa di questo forte
legame, nel momento in cui il governo del gonfaloniere
venne abbattuto dai Medici (1512), Machiavelli finì
esiliato a San Casciano (alle porte di Firenze - nella foto
sotto) per un anno.
grande e più nobile”. Ecco che, ispirandosi ad un uomo a
lui ben noto (in virtù anche di una conoscenza personale),
Cesare Borgia, il Machiavelli comincia la composizione
del manuale alla base della “realpolitik” e della moderna
politica in generale. Dopo aver ampiamente trattato le
differenti tipologie di principato – ereditario, misto,
nuovo, civile, ecclesiastico – passa a ragionare sui punti di
forza e di debolezza degli stati, esaminando in particolare
le milizie (il Nostro sconsiglia l’uso di mercenari) e le
qualità di un buon principe. Proprio i capitoli dal XV al
XIX, modellati sulla letteratura dello “speculum prìncipis”
– genere manualistico incentrato sulle qualità del buon
regnante – risultano il cuore dell’opera. In essi, il sovrano
tratteggiato risulta essere un uomo che persegue sempre e
comunque il bene dello stato, fine ultimo del suo agire.
Ma poiché l’uomo politico si trova ad agire in mezzo a
N.08 – Agosto 2015
persone malvagie, deve talvolta, suo malgrado,
compiere ciò che ai più potrebbe sembrare
riprovevole: “Onde è necessario a uno principe,
volendosi mantenere, imparare a potere essere non
buono, e usarlo e non l’usare secondo la necessità. […]
Et etiam non si curi di incorrere nella infamia di quelli
vizii sanza quali e’ possa difficilmente salvare lo stato;
perché, se si considerrà bene tutto, si troverrà qualche
cosa che parrà virtù, e, seguendola, sarebbe la ruina
sua; e qualcuna altra che parrà vizio, ,e seguendola,
ne riesce la securtà et il bene essere suo ”. Ecco quindi
formulato quel principio che al giorno d’oggi potrebbe
sembrare banale ma che per l’epoca era assolutamente
rivoluzionario: la morale deve essere slegata dalla
politica, qualora si desideri ottenere la sopravvivenza e
la prosperità dello stato. Ma ciò non significa che il
principe debba essere egoista o non debba porre a se
stesso limiti: è concesso tutto, purché, come detto, sia
in vista del bene dello stato e, di conseguenza, del bene
comune dei suoi cittadini. Ecco che il passo del XVIII
capitolo “nelle azioni [...] massime de’ principi [...] si
guarda al fine”, tanto citato e allo stesso tempo
travisato nella sua forma sintetica “il fine giustifica i
mezzi”, va ad assumere una connotazione positiva: “i
mezzi saranno sempre ritenuti onorevoli e da
ciascuno laudati” se volti a “vincere e mantenere lo
stato”.
Certamente non una giustificazione dell’agire malvagio
per scopi egoistici, dunque.
Ma in realtà il principe è arbitro del proprio agire solo per
metà, poiché a detta dell’autore la Fortuna determina al
cinquanta percento la buona riuscita delle nostre azioni.
L’atteggiamento da tenere è determinato dalla “qualità dei
tempi” che talora richiedono prudenza, talora audacia.
L’abilità del politico risiede nel comprendere quale dei
due atteggiamenti sia più conveniente tenere in una
determinata circostanza, sebbene Machiavelli conclude
affermando che, dovendo optare per un atteggiamento
preferenziale, è “meglio essere impetuoso che rispettivo:
perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola
tenere sotto, batterla e urtarla”. In ogni caso, il pensiero
filo-repubblicano del Nostro emerge dal fatto che un solo
uomo è visto come utile per una fase di transizione, ma
sul lungo periodo l’unica forma di governo in grado di
garantire la prosperità di uno stato risulta essere la
repubblica, sostenuta da istituzioni simili al Senato
romano, dove a dominare non è l’abilità d’un sol uomo ma
le capacità dei molti. Alla luce di quanto detto, l’opera
dello scrittore fiorentino risulta perciò essere tuttora
attuale e, se esaminata con la dovuta attenzione, ricca di
consigli per chi intenda – e abbia la possibilità di farlo –
dare vita a un buon governo, grazie all’opinione influente
di un grande pensatore che, lungi dal giustificare
cinicamente le malefatte di ciascuno compiute per i propri
beceri scopi, per primo, idealista disilluso, ha mostrato
come conciliare alti valori morali e realtà fattuale, troppo
spesso incompatibile con questi.
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