Anemie di grado lieve nell’anziano Una lieve anemia costituisce un frequente riscontro laboratoristico nelle analisi del paziente anziano e viene solitamente considerata come un segno innocuo di una patologia cronica sottostante. È stato però appena pubblicato un lavoro italiano che dimostra come ciò non sia vero e che l’anemia, anche se moderata, nei soggetti di età avanzata espone comunque a rischi aggiuntivi. La ricerca, volta a indagare l’associazione di questo quadro ematologico con l’ospedalizzazione e la mortalità, è stata coordinata da Ugo Lucca, del Laboratorio di Neuropsichiatria geriatrica dell’Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri" di Milano, e ha visto coinvolti altri due laboratori dello stesso istituto (Ricerca medica & coinvolgimento del consumatore, Ricerca traslazionale e degli esiti in oncologia) e, a Biella, l’Ospedale degli infermi (Laboratorio di analisi, Dipartimento di oncologia, Dipartimento di Medicina e geriatria) e l’Asl (Registro dei tumori della provincia, Medicina di comunità). Uno studio di popolazione a Biella È stato dunque condotto, dal 2003 al 2007, uno studio di popolazione prospettico su tutti gli anziani di età compresa tra 65 e 84 anni residenti a Biella. Al termine, erano disponibili i dati di un totale di 7.536 soggetti con test del sangue per la stima della mortalità; la possibilità di accedere pienamente a informazioni sulla salute per analizzare gli outcome si è avuta per 4.501 di queste persone. L’anemia di grado medio è stata definita come una concentrazione di emoglobina posta tra 10,0 e 11,9 g/dL nelle donne e 10,0 e 12,9 g/dL negli uomini. Più ospedalizzazioni e decessi Il rischio di ospedalizzazione nei tre anni successivi al reclutamento è stato maggiore tra i soggetti con anemia di grado lieve rispetto alla persone non anemiche (hazard ratio aggiustata: 1,32). Anche il rischio di morte nei successivi 3,5 anni è risultato più elevato nel gruppo anziani con anemia lieve (Hr 1,86). In particolare, è emerso un effetto indipendente dell’anemia lieve sulla sopravvivenza, tale per cui il rischio di morte entro 2 e 3,5 anni tra i soggetti lievemente anemici era quasi doppio rispetto ai non anemici. Risultati simili sono stati trovati anche dopo aver leggermente innalzato il limite inferiore della normale concentrazione emoglobinica: 12,2 g/dL nelle donne, 13,2 g/dL negli uomini. Il rischio di morte è risultato significativamente incrementato nell’anemia lieve di una malattia cronica ma non in quella dovuta a beta-thalassemia minor. I meccanismi specifici attraverso i quali l’anemia possa influenzare negativamente gli outcome di salute nell’anziano non sono noti, ma evidentemente condizioni ereditarie come la talassemia non hanno la stessa capacità di aggravare le condizioni cliniche delle forme acquisite in tarda età. L’aumento della concentrazione emoglobinica potrebbe ridurre i rischi connessi con l’anemia lieve, osservano infine gli autori, ma ciò dovrebbe essere verificato mediante trial clinici controllati. (Haematologica, 2010 Jun 9.