La lingua orale C. Pontecorvo, A.M. Aiello, C. Zucchermaglio, Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola, Carocci, Roma 1991. “L’oralità è parte di noi come la capacità di camminare eretti e di usare le mani” (Havelock, 1995). In quanto partecipe di una comunità linguistica, che è comunità di vita, di esperienze, conoscenze e affetti, il bambino apprende molti usi della lingua materna con naturalità. In ambito scolastico, valorizzando le acquisizioni maturate in precedenza, si tratta di coltivare una concezione ricca di oralità, creando contesti favorevoli a una comunicazione distribuita, dove si riconosce agli alunni la possibilità di sostenere l’iniziativa e lo sviluppo del discorso. La pratica del “discorso” assumerà prima la forma spontanea del racconto libero, poi quella più controllata della conversazione a tema, fino a quelle più complesse della discussione e dell’esposizione. Inizialmente, gli alunni perfezionano la comunicazione orale in riferimento agli eventi della quotidianità: per raccontare, farsi capire, avanzare proposte e chiedere aiuto e, nel fare ciò, l’insegnante li impegnerà a curare la chiarezza, il lessico, la giusta tonalità. Gradualmente essi sviluppano l’attitudine a co-costruire il discorso in collaborazione con i compagni: prima nella forma semplice della “risposta a domanda”, poi tramite operazioni argomentative, quali la giustificazione, l’accordo o il dissenso, con cui, confrontando le conoscenze su un argomento, apprendono a inserirsi nel discorso dei compagni, a utilizzarlo o a contestarlo. Mentre le interazioni procedono appoggiandosi l’una sull’altra, essi imparano anche a rispettare i turni di parola, a darsi feedback reciproci e a negoziare significati accogliendo punti di vista diversi. In breve, gli scambi discorsivi sono qualcosa di più di un incentivo a socializzare: sono un sostegno ai processi con cui gli alunni costruiscono insieme conoscenza e affinano operazioni complesse di pensiero, regolando reciprocamente gli interventi (Pontecorvo, 1991). Pertanto, è riduttivo qualificare il parlato come semplice produzione di messaggi e l’ascolto come attività recettiva di audizione. La cura dell’oralità oltre gli usi strettamente pragmatici e confidenziali rappresenta piuttosto la condizione privilegiata per costruire l’attitudine dialogica con cui si esprime e si affina l’esercizio attivo della cittadinanza. La lettura “Leggere significa dire alla propria mente le parole di un testo. Ricevendole, la mente di chi legge può ricreare il pensiero di qualcuno che non è presente” (Orsolini, 1999). La lettura non è solo decodifica strumentale, ma attività che condensa una serie di pratiche. Si legge per capire, innanzitutto. La comprensione è un processo che fa appello alle operazioni cognitive con cui l’alunno trasforma le informazioni linguistiche in significati, che può rievocare anche a distanza di tempo. Si legge inoltre per apprendere dai testi, ossia per studiare. Lo studio implica la comprensione, ma richiede anche di saper usare le informazioni del testo in compiti destinati all’acquisizione di nuove conoscenze. Si legge inoltre per informarsi su regole, avvisi, istruzioni, attivando le strategie tipiche della lettura funzionale. Infine, si legge per il piacere di “gustare” i brani, lasciandosi coinvolgere dalle narrazioni. Prevale allora il processo interpretativo,, in cui l’alunno, entrando a contatto con il mondo dell’autore, è stimolato a interrogarsi sulle proprie credenze e i propri valori. Per questo, la lettura di testi del patrimonio letterario è un’occasione preziosa per conoscere se stessi e fare esperienza di umanità (Bruner, 1986).