CONGRESSO STRAORDINARIO
DELL’UNIONE CAMERE PENALI ITALIANE
CAGLIARI 26 SETTEMBRE 2015
PROF. GIORGIO SPANGHER
Ringrazio il Presidente Migliucci delle affettuosissime dichiarazioni di
ieri, che ricambio. Ognuno lavora, vedete, con la sua cassetta degli
attrezzi e io lavoro con la mia. Io dico che guardando un processo
penale - guardate parlerò poco - si capisce tutto. Si capisce tutto di
un paese; si capisce perché non c’è niente di più politico del processo
penale; perché si capisce come sta il rapporto fra processo e paese
sotto il profilo della democrazia; si capisce anche dentro al processo e
fuori da esso dove stanno i poteri.
Ci sono due possibili definizioni del processo penale. Il processo
penale è finalizzato, attraverso delle regole, ad accertare se una
persona ha commesso un fatto e se un fatto è avvenuto. Questa è una
definizione. Ce n’è un’altra: il processo penale, attraverso delle regole,
accerta se un fatto è avvenuto e se una persona l’ha commesso.
Queste
due
affermazioni
apparentemente
sono
uguali,
ma
rappresentano due mondi e su questi due approcci al processo penale
noi continuiamo a non capirci, perché naturalmente una visione del
processo porta a determinate conseguenze logiche, coerenti, purché,
come dice Canzio: “Tutto si tiene”, l’altra porta ad altre conseguenze.
Faccio un esempio: l’igiene processuale. Ne parlerò successivamente
a proposito dell’abbreviato. Vedete, noi siamo caduti, a mio
sommesso avviso, in una trappola, la trappola del contraddittorio, al
di là di ciò che dice Delfino Siracusano. In un recente convegno a
Ferrara si parlava del contraddittorio e mi sono non divertito, ho
chiesto ad un mio assistente di cercare, attraverso internet, se nella
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legge delega figurava la parola “contraddittorio”. Non figurava la
parola “contraddittorio”. Figurava un’altra parola: “oralità”. Vedete tra
contradditorio ed oralità c’è la differenza dei modelli processuali. Vi
siete mai chiesti perché l’unica nullità assoluta del Codice di
Procedura Penale sia il 525 comma 2? Perché? Perché il principio di
oralità era centrale nella riforma dell’88; non lo era il principio del
contraddittorio, che era la conseguenza dell’oralità, non la premessa
del processo. E quindi io vi invito caldamente, cari avvocati, a
difendere strenuamente l’art. 525 comma 2, che è sotto attacco
costante. E vi chiedo la cortesia, quando chiedete la rinnovazione, di
sentire, magari per fargli una domanda sola a quel testimone che
volete risentire, perché se cade l’art. 525 comma 2 cade l’ultima
forma di oralità del processo. Fortunatamente per noi c’è anche chi
sta peggio di noi: ci sono i moldavi, ci sono gli ucraini, ci sono i
rumeni e dobbiamo ringraziare gli ucraini, i rumeni e i moldavi se ci
hanno spiegato che davanti al giudice d’appello la prova si deve
rinnovare, nell’oralità; dobbiamo ringraziare la Corte Europea, perché
altrimenti noi saremmo caduti nella trappola del contraddittorio, che
è una garanzia e nessuno la vuole escludere, ma l’oralità lo è di più.
L’oralità è molto più per il processo, e su questo tornerò.
Ringraziamo,
quindi,
la
Corte
Europea:
adesso
abbiamo
un
presidente italiano della Corte Europea. Bisogna però vigilare finché,
guardate, anche la Corte Europea è sotto attacco, è sotto attacco
della nostra Corte Costituzionale; penso alla sentenza 49 del 2015 sul
caso Varvara. C’è una norma del Codice di Procedura Penale, anzi
una norma di attuazione, che nessuno si ricorda che c’è, ed è l’art.
146 delle disposizioni di attuazione che vi descrive l’aula dell’udienza
e vi dice che il testimone va visto, sta scritto nel Codice di Procedura,
ed è frutto di quella logica che sposta il processo sul dibattimento e
non sul contraddittorio. Perché di contraddittori ne abbiamo tanti,
ma sono deboli rispetto all’oralità. Il contraddittorio ci ha permesso di
avere un 238 bis, un 190 bis, un 392, un recupero di tutto. Dicevo
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pensate perfino la II Sezione della Cassazione recentemente ha
emesso una sentenza di applicazione dell’art. 525 comma 2, però
c’erano stati due giudici, in primo grado e in secondo grado, che
avevano negato la rinnovazione, e la Cassazione ha dovuto annullare.
Sulla ipotizzata Riforma Orlando, ci sono alcuni elementi negativi, ne
parlerà Filippi. Io ritengo che nella delega delle intercettazioni c’è un
punto di grande debolezza: l’art. 103. Quella frase, quella direttiva, è
troppo scarna. Mi avevano chiesto di fare, di suggerire un’ipotesi di
modifica
della
direttiva,
quell’indicazione
del
mero
difensore,
innanzitutto, è modesta, perché non c’è solo il difensore, c’è il
consulente tecnico e c’è anche l’investigatore privato. Il 103 va
riscritto. La formulazione dell’art. 104 non mi piace, perché non
vorrei che fosse lo strumento per dire tutte le volte in cui ci sono quei
reati si può fare il differimento del colloquio col difensore; non vorrei
che la formula inducesse a ritenere che c’è una sorta di apertura a
differire, e comunque lo ridurrei ai tre casi, ai tre casi di cui all’art.
275 comma 3, non tutto l’art. 51 comma 3 bis, quater e quinquies.
C’è una cosa che mi interessa naturalmente, vado per punti, perché
tanto parliamo tra persone che si capiscono, bisogna assolutamente
omologare le discipline delle misure cautelari personali con quelle
reali; non è più possibile concepire le cose al di fuori delle garanzie.
DOTT.SSA LA ROSA
Scusi professore, ci sono anche molti giornalisti in sala quindi magari
se non solo per…
PROF. GIORGIO SPANGHER
Sì, glielo spiego. Si deve omologare la disciplina di garanzia delle
procedure di impugnazione delle misure cautelari reali sulle misure
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cautelari personali. C’è un attacco all’art. 324 comma 7 da parte della
giurisprudenza che va assolutamente stoppata. Tornerò.
C’è un secondo piano, spero di essere chiaro, per chi fa questo
mestiere capisce cosa vuol dire misure cautelari personali e misure
cautelari reali e come sono diverse le due discipline che invece vanno
omologate: la fabbrica non è mattoni, la fabbrica è cose, è anima, è
operai, è azienda, è lavoro, è tutto. Si deve parlare di libertà al
plurale, non solo di quella fisica.
(Applauso).
Stiamo arrivando in ritardo su di un punto. In ritardo, perché
bisognava capirlo prima ed intervenire prima, torneremo a parlarne a
Cagliari tra un mese: lo spostamento che c’è tra il processo penale e
la prevenzione. Si cerca di spostare l’ottica del processo già debole,
con garanzie deboli, su un procedimento di prevenzione ancora meno
garantito. Questo non è ammissibile.
(Applauso).
Vado per punti poi arrivo all’ultimo.
La prescrizione: ho sempre fatto, meglio faccio ultimamente una
provocazione, togliamola la prescrizione. Qual è la durata ragionevole
del processo? Perché vorrei capire qual è la durata ragionevole del
processo. Finora la durata ragionevole del processo è stata utilizzata
per ridurre le garanzie. Cioè si dice: siccome c’è la durata ragionevole
del processo si riducono le garanzie.
(Applauso).
Molto bene. Molto bene. Allora diciamo la battaglia sulla prescrizione
non si può fare, ma allora deve essere accompagnata da cadenze
rigorose. Io so, come ha detto un collega magistrato, non mio collega,
vostro collega magistrato, che se c’è una cosa per la quale i magistrati
hanno l’orticaria che li rende ansiogeni sono i termini e l’abbiamo
visto con l’art. 415 bis, ma i termini servono all’imputato innocente.
Ora la garanzia costituzionale della durata ragionevole è un elemento
essenziale. Volete allungare la prescrizione? Accompagnatela, almeno,
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con la durata ragionevole del processo; ma individuare la durata
ragionevole del processo vuol dire individuare le sanzioni per la
violazione della durata ragionevole del processo.
(Applauso).
Non ci sono santi, perché allungare la prescrizione vuol dire allungare
il processo ed allora quell’allungamento va compensato con durata
ragionevole. In Germania, io sono contrario, si ottiene una riduzione
di pena; si può, invece, annullare il bonus: cioè, hai sfondato, non
recuperi il tempo della sospensione. Bisogna trovare un equilibrio tra
questi due momenti, se n’è discusso ieri. Oppure sarebbe meglio la
perdita dell’azione secondo la proposta Fiorella, ma a tanto non si
potrà arrivare.
Il modello. Lei mi chiedeva prima che cosa penso. Recentemente ho
visto
un
film,
amo
molto
il
cinema,
giustamente
diceva
quest’avvocato: “È più facile con questo processo difendere un
colpevole che un innocente”. Vi spiego perché. Perché il modello
processuale che si sta costruendo è tutto legato sul colpevole che si
vuol far uscire dal processo. Patteggiamenti, nessuna opposizione al
decreto
penale,
riparatorie, etc.
rito
abbreviato,
messa
alla
prova,
condotte
Vi faccio una domanda, ma è possibile che nella
legge italiana si possa scrivere che si fa un abbreviato su prove
infette? Ma è possibile che si dica che non si possa proporre
un’eccezione
di
incompetenza
per
territorio,
di
nullità
e
di
inutilizzabilità? Però state attenti è un boomerang, perché da
nessuna parte sta scritto che le prove inutilizzabili sono quelle
dell’accusa; se l’avvocato vi presenterà prove inutilizzabili della difesa,
saniamo anche quelle? Se si presenteranno prove nulle, per nullità
intermedia presentate dalla difesa, saranno sanate pure quelle? Certo
che sì. Ma mi pare che sia un po’ esagerato. Patteggiamento? Ma il
patteggiamento ormai è diventato una condanna; dopo l’ultima
modifica, addirittura bisogna fare le restituzioni. Cioè, si prevedono,
anche le condotte riparatorie, in altri termini si instaura un
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meccanismo di natura premiale per il colpevole. Siccome so che devo
andare in fretta vi faccio una domanda, vi dico ancora una cosa. La
battaglia sulla confessione, la richiesta di condanna, attenzione, è
stata una vittoria a metà, perché sostanzialmente neppure la
magistratura la voleva, perché veniva ad affermare sostanzialmente
che premiava il colpevole, quello che non aveva nulla da perdere, nel
senso che c’erano già tutte le prove della responsabilità ed avrebbe
addirittura avuto uno sconto di pena. Cioè, il sistema è costruito
tutto sul colpevole. E allora la domanda è questa: e l’innocente? Ecco,
io qui propongo una cosa alle Camere Penali: l’innocente che rischia
il processo, l’innocente che rischia il processo e lo ottiene, perché non
accetta gli sconti di pena, perché scommette sulla sua innocenza, che
diritti ha? La domanda è: che diritti ci sono rispetto alle confische, ai
sequestri rivelatisi ingiusti? Che diritto ha l’innocente che non ha
accettato e che ha ottenuto il riconoscimento dell’innocenza quando
nei confronti delle iniziative difensive sono aumentati anche i costi, i
rischi delle sanzioni alla cassa delle ammende per le impugnazioni
inammissibili o per i gravami rigettati? C’è un principio che le Camere
Penali devono fare proprio; questa è la battaglia politica delle Camere
Penali: il riconoscimento della rifusione delle spese di difesa. Questo è
un elemento fondamentale. Fondamentale.
(Applauso).
E dico anche perché: perché, vedete, le battaglie si fanno per i diritti e
se volete aggregare al referendum sulla separazione delle carriere
qualcosa di utile abbinatelo con il riconoscimento del diritto ai
risarcimenti per l’innocente. C’è una garanzia costituzionale, l’art. 24
Cost., riparazione dell’errore giudiziario che non è solo revisione e c’è
un articolo 2 della Costituzione che è il principio di solidarietà; gli
artt. 2 e 24 Cost. possono creare le condizioni perché le Camere
Penali facciano una seria battaglia nei confronti non dei magistrati,
ma per i diritti degli imputati innocenti, per ottenere la rifusione delle
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spese e dei danni da attività giudiziaria lecita, perché se il colpevole
viene tutelato, l’innocente mi pare venga meno tutelato. Grazie.
(Applauso).
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Intervento Prof. Giorgio Spangher