La seconda legge dei Muse
di ANTONELLA BELLIFEMINE
Nelle ultime settimane è un gran parlare dell’ ultimo disco dei Muse, The 2nd Law, un disco che
sta dividendo molto critica, fan e persino detrattori.
Partendo dal presupposto che siamo alle prese con una band di fama e successo mondiale, e
aggiungerei di bravura indiscutibile, non si può negare che questo sesto disco di studio abbia
alle spalle delle idee e un progetto ben chiaro e studiato nei minimi dettagli, forse anche troppo
e adesso capirete il perchè. Si comincia dal titolo, la seconda legge della termodinamica
secondo la quale, in un sistema chiuso, l’entropia aumenta e l’energia si disperde, di
conseguenza siamo destinati al declino.
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La seconda legge dei Muse
Procediamo con la copertina: la rappresentazione fluorescente dei percorsi energetici nei
neuroni del cervello umano. Finiamo con il suono, un miscuglio con dentro tanta roba: pop
romantico, rock, opera, classica, soul, dubstep, funk, addirittura flamenco.
“Supremacy”, per esempio, mischia il Bolero di Ravel sulla base dell’intramontabile “Kashmir”
dei Led Zeppelin: il risultato è un’operazione spavalda e azzardata in salsa rock.
“Panic Station” è un funk anni Ottanta su cui si può ballare, “Survival”, canzone tema delle
passate Olimpiadi, è un incrocio di rock e cori d’opera con l’ottima performance dell’italiano
Rodrigo D’Erasmo (Afterhours) al violino.
“Madness” è un mix tra “Faith” di George Michael e “I Want To Break Free” dei Queen, cantanta
da Bellamy in modo sensuale, quasi alla Prince.
“Follow Me” parte con il battito cardiaco del figlio della coppia Bellamy-Hudson lasciando spazio
ad un elettro- rock di buona fattura.
L’andazzo del disco è quello di un rock enfatico, magniloquente, con riferimenti sfacciati a
gruppi che hanno fatto la storia del rock.
È un disco altisonante ed ingombrante che si presterà benissimo ai concerti nei più grandi stadi
del mondo. Non si capisce bene però se sia il risultato di un desiderio del gruppo di
sperimentare nuovi generi con incroci arditi oppure se manifesta l’idea che il gruppo ha di se
stesso, come a dire “noi oggi siamo questo e siamo i migliori”.
Sicuramente non si può negare che The 2nd Law sia un buon disco, suono compatto e preciso,
testi all’altezza della loro fama, tanta esperienza e scaltrezza, insomma roba da professionisti.
Eppure si ha la sensazione che manchi qualcosa, si percepisce la carenza di genuinità ed
immediatezza, di verità e partecipazione alla situazione di caos mondiale. Insomma tutto troppo
studiato e poca passione e cuore, nonostante le dichiarazioni d’intenti.
2/3
La seconda legge dei Muse
Resta una grande soddisfazione tutta italiana nel trovare nel libretto del disco alla voce
“co-produttore” il nome di Tommaso Colliva, che ha curato anche il suono dell’ultimo disco
come dei precedenti, ormai uomo di fiducia dei Muse.
3/3
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