Le Vie della Musica
Il Sannio quotidiano
Giovedi 2 giugno 2005
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Suggestioni esoteriche, folk - progressive ed evocazioni letterarie per la longeva formazione
Trilogia della Compagnia dell’Anello fra simboli, miti e suoni
Ristampati i tre cd del gruppo veneto, nato nel 1977 al Raduno Hobbit di Montesarchio
L
a varietà musicale del movimento progressivo italiano è ben
nota: rock sinfonico, jazz
rock, hard-progressive,
cantautori freak, esperimenti elettronici, world
music. Meno nota quella
contenutistica: la radicalità politica degli Area, il
lirismo di Orme e Banco,
l’India di Claudio Rocchi,
le visioni di Alan Sorrenti
e Juri Camisasca. Una varietà in cui arrancavano
gruppi portavoce di valori
e culture minoritarie, come quella della Destra. La
Compagnia Dell’Anello è
stata la più popolare band
della Destra giovanile degli anni '70. La collocazione destrorsa non deve far
pensare a un becero superomismo, come spesso
suggerito dalle solite semplificazioni del giornalismo e della cultura italiana (sempre troppo veloce
a chiudere nelle etichette).
La Compagnia dell'Anello
esordì nel 1983 con “Terra
di Thule”. Un disco a suo
modo epocale: esso fece
da collante identitario, da
catalizzatore di energie e
speranze di militanti sempre più incerti e disillusi.
Dal titolo, che si rifà al
luogo misterioso della Tula Iperborea - di cui possiamo leggere ne "Il Re
del mondo" di Renè Guenon - si evince che si tratta di un viaggio nella Tradizione, alla ricerca di luoghi e valori perduti, quelli
delle opere di Guenon o
Evola. Se poi questi valori
si cristallizzano in Patria,
Famiglia e Onore, ci sembra davvero troppo facile
affibbiare velocemente
un’etichetta conservatrice
o addirittura reazionaria.
Il gruppo si formò nel
1977 in occasione del primo Campo Hobbit, il raduno alternativo della Destra giovanile che si tenne
a Montesarchio: in qui
giorni il giovane cantante
padovano Mario Bortoluzzi eseguì in italiano un
brano tratto da “Cabaret”
di Bob Fosse, “Tomorrow
belongs to me”. In breve
tempo “Il domani appartiene a noi” divenne celebre in quegli ambienti: un
brano corale, intenso, vigoroso. Nel 1983 il primo
disco con la nuova formazione: Bortoluzzi al canto,
Gino Pincini e Marinella
Di Nunzio alle tastiere,
Adolfo Moranti e Marco
Priori alle percussioni,
Massimo Di Nunzio alle
chitarre e basso. L’impianto musicale era solido, un
folk-rock spesso planante
nel rock progressivo più
etereo (talvolta anche nella fusion), come in “Nanna Ninna” e “Il Contadino,
il Monaco, il Guerriero”,
insaporite da synths alla
PFM e da un'accattivante
vena teatrale, con l’affabulatoria voce di Bortoluzzi. La suggestiva titletrack riportava alle atmosfere rinascimentali di
Branduardi ma anche al
primo De Andrè. Erano
brani ricchi di tastiere, con
ritmi marziali e pause meditative. Tante le suggestioni letterarie, richiami a
simboli come Thule, il
Cervo Bianco, il Contadino, il Monaco, il Guerriero, polverose e affascinanti strade d’Europa, tutto
raffigurato nelle evocative
immagini del libretto. Un
tuffo nell’immaginario
celtico, nell’Europa del
medioevo, nell’iconografia tolkieniana.
I
l 1990 è l'anno di "In
rotta per Bisanzio",
degno successore dell'eccellente esordio, legato
a quelle atmosfere, al lirismo e alla raffinatezza
musicale, con quel folk
progressive che pescava
tra rock d’autore, canzone
e poesia. Il secondo disco
stemperava gli argomenti
politico-filosofici del predecessore, pur collocandosi nel filone della Destra radicale; i temi trattati
spaziavano dall’amor cortese all’esoterismo e alla
Tradizione, toccando come al solito Tolkien, Evola e Guenon. Era ancora
per eccessiva semplificazione che il gruppo subiva
l’etichetta “di Destra”, pur
non avendo negato l’appartenenza ad uno schieramento politico conservatore. Citiamo a questo
proposito un recente libro
di Fabrizio Ponzetta, “L’esoterismo nella cultura di
destra. L’esoterismo nella
cultura di sinistra” (Jubal
2005). L’autore individua
due grandi categorie politiche in senso lato: una
conservatrice che si rifà
alle dottrine tradizionaliste di un’età dell'oro perduta; una progressista che
ricongiunge il messianismo al socialismo, allo
spiritualismo contemporaneo, alla New Age. La
Compagnia operava nella
La Compagnia dell’Anello in due momenti del loro concerto
prima direzione.
“Bisanzio” era un lavoro avvolgente, tenue nei
suoi colori pastello, delicato nelle sue sfumature.
Spiccavano
l’entusiasmante strumentale “Al
largo della laguna” e la title-track: i timpani lontani
e il verso “Tibi Pax Marce
Evangelista Meus”, scandivano l’incedere di uno
dei migliori brani del
gruppo, con un amalgama
tra strumenti elettrici e
acustici (flauti, chitarre,
cornamusa, percussioni)
davvero riuscito. Altri due
intensi strumentali evocavano paesaggi tibetani
(“Lhasa”) e scozzesi
(“Bag Pipe March”). Era
un disco molto ispirato, attento al particolare, più
meditativo, vicino a certi
arrangiamenti tipici del
progressivo. Elemento costante le canzoni: riferimenti a De Andrè, Guccini
e Nomadi; malinconia e
sentimento, disincanto e
pensieri, impegno e fuga.
“Anni di porfido” e “Giornate di settembre” rivelavano teneri ricordi privati
e politici agli anni che furono.
L
La Compagnia dell’Anello, il cui sito internet è: www.compagniadellanello.net
a Compagnia dell’Anello chiude il
cerchio nel 2002
pubblicando il terzo lp:
“Di là dall’acqua”. Un disco fortemente introspettivo, a partire dal titolo che
fa riferimento all’acqua.
Acqua, memoria, circolarità. Introspezione, riflessione, meditazione. Con
questo approccio sereno,
più maturo, il sestetto prosegue nel consueto folk
con influenze progressive
e country-rock. E’ un disco che oscilla tra ricordo
del passato e simboli: è il
caso della title-track e di
"Addio a Perasto", immaginari viaggi tra il golfo di
Venezia, l’Istria e la Dalmazia. In “Madre Terra”
la band riprende e modernizza temi della tradizione
celtica. La voce di Bortoluzzi ricorda ancora De
Andrè, l’impianto musica-
le si rifà ai cantautori italiani, a quelli americani e
ai gruppi come The Band,
Eagles e Nomadi. Con gli
innesti di violino, tastiere
e percussioni il folk rock
della Compagnia diventa
eclettico, sfaccettato, anche se più dimesso e pensoso rispetto al folgorante
esordio di vent'anni prima.
Alcuni brani sono più intimi: “Il volo del falco”,
“Anche se tutti… noi no!”
e “Millo”, malinconici ricordi personali. Segnaliamo la sentita dedica a Holderlin (“Dio che amavi”),
l’incantevole folk prog di
“Incoronate” e la suggestione di “Solstitium”.
"Pro Aquis" e "Volo su Zara" sono gli episodi strumentali, notevoli per la
raffinatezza acustica e la
classe esecutiva.
La Compagnia Dell'Anello negli ultimi anni ha
fondato un'Associazione
Culturale per realizzare
un'operazione di archivio
e conservazione di materiale musicale, curando la
pubblicazione di un disco
affascinante degli Alchemia Celtha e le ristampe in
cd dei tre dischi. Di recente è stata pubblicata la raccolta dei tre cd in un elegante cofanetto dal titolo
“Trilogia”.
La memoria collettiva
italiana gioca sempre
brutti scherzi e attività del
genere si rivelano sempre
più importanti.
Donato Zoppo
Da sopra, la copertina del cofanetto
e le tre copertine dei singoli cd
Le Vie della Musica
Settimanale di cultura musicale de
‘Il Sannio quotidiano’
e-mail: [email protected]
Anno VI (III n.s.) n° 17
Coordinatore responsabile
Armin Viglione
Collaboratori
Adriano Amore
Domenico Coduto
Carlo De Matola
Angela Falato
Massimo Forni
Rito Martignetti
Erminia Passaro
Amalia Rossini
Donato Zoppo
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