Le Vie della Musica Il Sannio quotidiano Giovedi 2 giugno 2005 23 Suggestioni esoteriche, folk - progressive ed evocazioni letterarie per la longeva formazione Trilogia della Compagnia dell’Anello fra simboli, miti e suoni Ristampati i tre cd del gruppo veneto, nato nel 1977 al Raduno Hobbit di Montesarchio L a varietà musicale del movimento progressivo italiano è ben nota: rock sinfonico, jazz rock, hard-progressive, cantautori freak, esperimenti elettronici, world music. Meno nota quella contenutistica: la radicalità politica degli Area, il lirismo di Orme e Banco, l’India di Claudio Rocchi, le visioni di Alan Sorrenti e Juri Camisasca. Una varietà in cui arrancavano gruppi portavoce di valori e culture minoritarie, come quella della Destra. La Compagnia Dell’Anello è stata la più popolare band della Destra giovanile degli anni '70. La collocazione destrorsa non deve far pensare a un becero superomismo, come spesso suggerito dalle solite semplificazioni del giornalismo e della cultura italiana (sempre troppo veloce a chiudere nelle etichette). La Compagnia dell'Anello esordì nel 1983 con “Terra di Thule”. Un disco a suo modo epocale: esso fece da collante identitario, da catalizzatore di energie e speranze di militanti sempre più incerti e disillusi. Dal titolo, che si rifà al luogo misterioso della Tula Iperborea - di cui possiamo leggere ne "Il Re del mondo" di Renè Guenon - si evince che si tratta di un viaggio nella Tradizione, alla ricerca di luoghi e valori perduti, quelli delle opere di Guenon o Evola. Se poi questi valori si cristallizzano in Patria, Famiglia e Onore, ci sembra davvero troppo facile affibbiare velocemente un’etichetta conservatrice o addirittura reazionaria. Il gruppo si formò nel 1977 in occasione del primo Campo Hobbit, il raduno alternativo della Destra giovanile che si tenne a Montesarchio: in qui giorni il giovane cantante padovano Mario Bortoluzzi eseguì in italiano un brano tratto da “Cabaret” di Bob Fosse, “Tomorrow belongs to me”. In breve tempo “Il domani appartiene a noi” divenne celebre in quegli ambienti: un brano corale, intenso, vigoroso. Nel 1983 il primo disco con la nuova formazione: Bortoluzzi al canto, Gino Pincini e Marinella Di Nunzio alle tastiere, Adolfo Moranti e Marco Priori alle percussioni, Massimo Di Nunzio alle chitarre e basso. L’impianto musicale era solido, un folk-rock spesso planante nel rock progressivo più etereo (talvolta anche nella fusion), come in “Nanna Ninna” e “Il Contadino, il Monaco, il Guerriero”, insaporite da synths alla PFM e da un'accattivante vena teatrale, con l’affabulatoria voce di Bortoluzzi. La suggestiva titletrack riportava alle atmosfere rinascimentali di Branduardi ma anche al primo De Andrè. Erano brani ricchi di tastiere, con ritmi marziali e pause meditative. Tante le suggestioni letterarie, richiami a simboli come Thule, il Cervo Bianco, il Contadino, il Monaco, il Guerriero, polverose e affascinanti strade d’Europa, tutto raffigurato nelle evocative immagini del libretto. Un tuffo nell’immaginario celtico, nell’Europa del medioevo, nell’iconografia tolkieniana. I l 1990 è l'anno di "In rotta per Bisanzio", degno successore dell'eccellente esordio, legato a quelle atmosfere, al lirismo e alla raffinatezza musicale, con quel folk progressive che pescava tra rock d’autore, canzone e poesia. Il secondo disco stemperava gli argomenti politico-filosofici del predecessore, pur collocandosi nel filone della Destra radicale; i temi trattati spaziavano dall’amor cortese all’esoterismo e alla Tradizione, toccando come al solito Tolkien, Evola e Guenon. Era ancora per eccessiva semplificazione che il gruppo subiva l’etichetta “di Destra”, pur non avendo negato l’appartenenza ad uno schieramento politico conservatore. Citiamo a questo proposito un recente libro di Fabrizio Ponzetta, “L’esoterismo nella cultura di destra. L’esoterismo nella cultura di sinistra” (Jubal 2005). L’autore individua due grandi categorie politiche in senso lato: una conservatrice che si rifà alle dottrine tradizionaliste di un’età dell'oro perduta; una progressista che ricongiunge il messianismo al socialismo, allo spiritualismo contemporaneo, alla New Age. La Compagnia operava nella La Compagnia dell’Anello in due momenti del loro concerto prima direzione. “Bisanzio” era un lavoro avvolgente, tenue nei suoi colori pastello, delicato nelle sue sfumature. Spiccavano l’entusiasmante strumentale “Al largo della laguna” e la title-track: i timpani lontani e il verso “Tibi Pax Marce Evangelista Meus”, scandivano l’incedere di uno dei migliori brani del gruppo, con un amalgama tra strumenti elettrici e acustici (flauti, chitarre, cornamusa, percussioni) davvero riuscito. Altri due intensi strumentali evocavano paesaggi tibetani (“Lhasa”) e scozzesi (“Bag Pipe March”). Era un disco molto ispirato, attento al particolare, più meditativo, vicino a certi arrangiamenti tipici del progressivo. Elemento costante le canzoni: riferimenti a De Andrè, Guccini e Nomadi; malinconia e sentimento, disincanto e pensieri, impegno e fuga. “Anni di porfido” e “Giornate di settembre” rivelavano teneri ricordi privati e politici agli anni che furono. L La Compagnia dell’Anello, il cui sito internet è: www.compagniadellanello.net a Compagnia dell’Anello chiude il cerchio nel 2002 pubblicando il terzo lp: “Di là dall’acqua”. Un disco fortemente introspettivo, a partire dal titolo che fa riferimento all’acqua. Acqua, memoria, circolarità. Introspezione, riflessione, meditazione. Con questo approccio sereno, più maturo, il sestetto prosegue nel consueto folk con influenze progressive e country-rock. E’ un disco che oscilla tra ricordo del passato e simboli: è il caso della title-track e di "Addio a Perasto", immaginari viaggi tra il golfo di Venezia, l’Istria e la Dalmazia. In “Madre Terra” la band riprende e modernizza temi della tradizione celtica. La voce di Bortoluzzi ricorda ancora De Andrè, l’impianto musica- le si rifà ai cantautori italiani, a quelli americani e ai gruppi come The Band, Eagles e Nomadi. Con gli innesti di violino, tastiere e percussioni il folk rock della Compagnia diventa eclettico, sfaccettato, anche se più dimesso e pensoso rispetto al folgorante esordio di vent'anni prima. Alcuni brani sono più intimi: “Il volo del falco”, “Anche se tutti… noi no!” e “Millo”, malinconici ricordi personali. Segnaliamo la sentita dedica a Holderlin (“Dio che amavi”), l’incantevole folk prog di “Incoronate” e la suggestione di “Solstitium”. "Pro Aquis" e "Volo su Zara" sono gli episodi strumentali, notevoli per la raffinatezza acustica e la classe esecutiva. La Compagnia Dell'Anello negli ultimi anni ha fondato un'Associazione Culturale per realizzare un'operazione di archivio e conservazione di materiale musicale, curando la pubblicazione di un disco affascinante degli Alchemia Celtha e le ristampe in cd dei tre dischi. Di recente è stata pubblicata la raccolta dei tre cd in un elegante cofanetto dal titolo “Trilogia”. La memoria collettiva italiana gioca sempre brutti scherzi e attività del genere si rivelano sempre più importanti. Donato Zoppo Da sopra, la copertina del cofanetto e le tre copertine dei singoli cd Le Vie della Musica Settimanale di cultura musicale de ‘Il Sannio quotidiano’ e-mail: [email protected] Anno VI (III n.s.) n° 17 Coordinatore responsabile Armin Viglione Collaboratori Adriano Amore Domenico Coduto Carlo De Matola Angela Falato Massimo Forni Rito Martignetti Erminia Passaro Amalia Rossini Donato Zoppo