Clementina Gily
Riccardo Dalisi
Il gioco della città
Progettare una città dei piccoli
con i piccoli
• Durante gli anni ’70
attraverso una prassi
d’animazione
utilizzavamo un quartiere
nuovo, il Rione Traiano a
Napoli, i suoi spazi vuoti,
gli scantinati, le
abitazioni.
• Facevamo laboratorio al
chiuso e all’aperto, con
materiali poveri come la
carta, il legno, lo spago.
I bambini? A volte penso ad una
città per loro
• ed ora sono qui idealmente
con tutti i bambini che ho
avuto modo di
frequentare, partire da
quelli delle scuole
dell’obbligo negli anni
’60: si imparava a
guardare non solo tramite
la lettura, utilizzando la
forza suggestiva dello
spazio architettonico e
urbano, della scultura e
della pittura dal vivo
Cos’altro potrebbero insegnarci i bambini se non a guardare
con occhi magici il mondo, la città, le cose?
• Dall’amore nasce la vita,
nasce la città; la nuova
città può nascere solo da
un rinnovato amore.
• E cosa significa questo? Si
parla del verde. Noi lo
pensiamo e quindi lo
classifichiamo, i nostri
progetti lo relegano nelle
cellette asfittiche o nei
collari dei marciapiedi,
come un recluso.
I bambini se invocano il verde
• Lo fanno mimando gli
adulti. Ma i bambini non
vogliono il ‘verde’,
vogliono il bosco, un
microscopico bosco, un
bosco come quello delle
fiabe.
• E così noi architetti
possiamo pensare con gli
occhi dei microboschi.
Inventare è la vita
• Ed io credo che anche il
sole che sorge deve
reinventare il giorno. La
vita è un continuo
reinventarsi. E poi il
termine progetto sta molto
male tra le parole dei
bambini.
• E’ loro estraneo il concetto
di previsione del futuro: i
bambini non vivono nel
futuro se non in modo
mitico e fiabesco.
I bambini vivono nel presente magico
• Per questo l’adulto
racconta loro le fiabe, che
sono il punto d’incontro
tra il fanciullo e l’adulto.
L’architettura sia quindi
una fiaba, e la città sia
fiabesca. Un artista sa
come fare, perché l’arte è
la moderna prassi della
magia.
Il futuro è la voce del presente che vuole
scavalcare le contraddizioni
• Per andare verso un
mondo nuovo
• Un mondo che parta
finalmente dal cuore; e
la mente, docile
straordinario
strumento, diviene,
così, creativa.
Come ieri con i bambini, oggi a Rua Catalana
• Gli artigiani dal 97-98
sono coinvolti nel vivo
delle attività manuali e
creative della città: qui
può sorgere un anello di
congiunzione tra la scuola
e la produzione artigiana.
Ciò deve avvenire nel
senso più alto che ha il
lavoro di tradizione:
educativo, formativo e di
riscatto sociale.
La creazione è all’origine
• Ma è sempre presente, non vi è
dubbio che l’origine appartenga
all’ora e qui, che sia l’ora e qui.
Ed è anche il futuro. Infatti il
futuro si dà come inizio, è ciò
che non è ancora e sta per
iniziare. Perciò, se vogliamo
pensare al futuro della città (alla
città del futuro) dobbiamo proci
verso le sorgenti del tempo,
dobbiamo portarci alle origini.
Come il giorno rinasce,
incessantemente, così
incessantemente occorre tornare
ad essere fanciulli.
La serietà del gioco
• Spesso l’adulto costruisce
mondi per bambini, ma li
fa a propria immagine,
misurandoli su se stesso.
Per esempio: Topolino è
un andare verso i bambini,
ma è un gioco dell’adulto.
E Linus è un mondo a
mezza strada tra il mondo
dei piccoli e quello dei
grandi, ed è tutto assorbito
dall’osservazione dei
piccoli.
Ma…come si va verso l’altro?
• Solo il gioco lo può fare. Col
gioco si entra in rapporto con
gli animali, che lo capiscono e
rispondono. Proviamo ad
andarci senza gioco: forse non
sarebbe possibile… il gioco è
l’uscire da sé ed è lo stare
insieme, come il rito che ha
dentro di sé il gioco anche
quando è serio. Il rapporto con
tutto il creato è gioco, che è
sintonia, è lunghezza d’onda, ed
è la via del conoscere.
Ed è proprio nel gioco
• E nelle sue regole che si
riscopre la capacità di
riappassionarsi alla vita
(passione che anche il
bambino può
prematuramente perdere)
• Questo è il disegno di un
bambino caratteriale, che
giocava con noi negli anni
’70, apprendendo a
disegnare strutture di città
Nel gioco
• Si riscoprono le naturali gioiose
discipline dell’applicazione,
dell’impegno, della
straordinaria esperienza dello
sviluppo della persona quando
si ampliano le proprie capacità
di elaborare, di sentire, di
socializzare. Sin dalle prime
esperienze abbiamo verificato
quanto il lavoro del gioco sia
simile a quello dell’arte, con la
capacità di vedere lontano che
hanno l’artista e il bambino.
Progettare senza pensare
• Possiamo recuperare alla nostra
cultura, a noi stessi, alla nostra
indagine di metodologia più
esatta quel libero lasciar andare
la penna sul foglio, guidati da
una pura pulsione di spazio.
• Vi è sempre un momento, ed è
quello più felice, in cui in noi
agisce la capacità
d’immaginare, di dar forma
senza alcuna preoccupazione,
senza filtro intenzionale, senza
pensare
• I semi dell’architettura
La città dei piccolini
• L’idea di un villaggio
sperimentale, in cui ogni
aspetto della città, ogni attività
è un gioco ed è cosa seria ad un
tempo. Ed infatti non c’è cosa
più seria di un gioco. Possiamo
parlare di verità del gioco.
• Il gioco è scioltezza rigorosa (si
sta alle regole) ed io ho
osservato quanto sia
interessante per gli animali.
• Il gioco è ritmo, è entrare nel
ritmo della vita.
Progettare è partecipare
• Un professore di
progettazione non può che
rimanere perplesso di
fronte al pericolo di una
facile semplificazione
La tecnica? È la ricerca e lo
sforzo, la coltivazione
incessante dei propri
sentimenti, è
l’elaborazione del proprio
pensiero, della propria
capacità di amare e
propagare tutto ciò.
In realtà non esiste un vero progettare senza partecipazione
• Partecipazione avviene in un
ambiente propizio, dove l’unica
progettazione è frutto della
partecipazione di un ambiente
di coltivazione allargata, di
ricerca, di impegno, di lavoro,
di solidarietà umana, di
rapporti. L’immagine della
bottega d’arte è quella più
vicina ai due concetti di
progettare e partecipare, e ciò
che si allontana di più è l’idea
di gruppi improvvisarti che
vogliono applicare tecniche.
Il tema della partecipazione è il grande tema
• Tocca il nodo politico più
delicato ed è la forza che fa la
città, la società, la civiltà. Dal
’68 la perseguo mettendo in
campo il progettare: con gli
studenti, con i bambini di strada
(con i sottoproletari più
sensibili) con gli artigiani (Rua
Catalana). Il mio racconto si
dipana lungo tale sistema di
pensiero. Sintetizzerei tutto con
una sola tecnica,, quella del
‘fare’, coinvolgendo il più
possibile l’altro, mettendo a
disposizione dell’altro il proprio
umile saper fare.
Allora come può essere una città dei piccoli?
• I bambini sono
generalmente considerati
‘ospiti’ degli adulti che, al
massimo, cercano di
creare qua e là qualcosa
per loro.
• L’adulto sta troppo
addosso ai bambini,
oppure è letteralmente
assente. I bambini vanno
coinvolti nelle decisioni
che li riguardano, vanno
ascoltati.
Proviamo ad entrare in questa città
• Proviamo a guardarla, a
capirla mettendoci dentro
tutto il meglio che l’adulto
può aver pensato e
sperimentato.
Traduciamolo,
incentiviamolo,
mostriamolo,
trasformiamolo, perché il
bambino vuole il contatto
con l’adulto.
La città dei piccoli è la città in cui il bambino
dà la mano al grande
• Il bambino guida l’adulto
nel mondo immaginario:
per noi grandi è
fondamentale il suo essere
così pieno di meraviglia
• Sperimentare il percorso
di questo percorso
dell’adulto attraverso la
costruzione di piccole
architetture a totale misura
di bimbo, capaci di porre
in emozione, in
discussione il significato
di spazio per i piccoli
I bambini disegnano casette
• Sempre quelle
• Spazi articolati,
complessi, ricchissimi,
variegati intrighi,
meandri sfilacciati,
grovigli
• Quelli sono i loro veri
disegni d’architettura
Seme di progetto
Ceramiche, progettate
per la Alessi di Omegna
• Elaborazione di un
progetto
• Mostra e giornata di studio
per iniziare
• Contatto con le ditte
interessate
• Elaborazione di
costruzioni di case da
collocare in giardino
• Pannellature per i progetti
• Modelli di attrezzature di
gioco
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lezione di Riccardo Dalisi