Recensioni > Libri > Cultura - Venerdì 14 Giugno 2013, 20:30 www.lindro.it 'La sindrome di Nerone' tra estetica e potere Un libro di Errico Buonanno che descrive i dittatori più crudeli come artisti o scrittori mancati" Maria Chiara Strappaveccia Errico Buonanno definisce scherzosamente il suo lavoro La sindrome di Nerone, edito da Rizzoli nel maggio 2013, “un libro di testo per la tirannide, ma travestito da discorso di estetica” visto che parla anche di dittatori, ma non sul piano storico o politico, bensì tracciandone la carriera in campo letterario o artistico. Secondo lui, Platone, per esempio, nella Repubblica si batté per l’oligarchia, contro il regime democratico, condannando gli artisti e i tiranni assoluti. Poeti e tragediografi dovevano essere mandati in esilio perché creatori di menzogne e non di cose reali, che mettevano i giovani in condizione di non distinguere tra la finzione e la realtà, e guastavano le persone per bene. Alla fine si pone la domanda a cosa serva la letteratura. A Roma il 13 ottobre del 54 d.C. fu eletto imperatore Nerone, che sognava di fare il poeta scrivendo satire, versi, tragedie a carattere mitico ed un poema epico in greco, tanto che quando gli astrologi predissero la fine del principato si consolò dicendo: “l’arte mi manterrà”. Egli “avvertiva una voragine” che avrebbe colmato con l’arte di governare per il dominio del mondo: ciò, secondo l’autore, è “la sindrome di Nerone”, ossia quel fenomeno per cui le persone che hanno scommesso sull’arte e che non sono riuscite a diventare famose, ripiegano sulla gestione del potere lasciando inattuato il loro sogno artistico. Anche Napoleone voleva fare il letterato e scrisse un piccolo romanzo, Clisson et Eugénie, nel quale il protagonista maschile, vero genio incompreso, è il suo alter ego. Nel 1789 Bonaparte aveva già dato prova di sé in un romanzo di tipo gotico (Il conte di Essex), ambientato nel Seicento; a tre mesi dalla presa della Bastiglia scrisse La maschera del profeta, in cui parlava di Baghdad attraverso le vicende di un condottiero e falso profeta arabo. Nel 1791 pubblicò la Lettera a Matteo Buttafuoco che mandò al patriota corso Pasquale Paoli 1/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2013-06-14/86851-la-sindrome-di-nerone-tra-estetica-e-potere L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati Recensioni > Libri > Cultura - Venerdì 14 Giugno 2013, 20:30 www.lindro.it con scarso successo. Due anni dopo uscì con un opuscolo intitolato La cena di Beucaire, un dialogo immaginario pro-montagnardo e pro Robespierre, contro lo stesso Paoli. Provò anche a partecipare ad un concorso bandito dall’Accademia di Lione con un testo sull’amore per la propria nazione e per la famiglia. Poi compose Nuova Corsica, sulla vicenda di un vecchio corso naufragato sull’isoletta della Gorgonia, ispirato al Robinson Crusoe di Defoe. Quanto a Mussolini, con lui nasce la “patologia del dilettante”, ossia quella smania compulsiva propria di chi si applica in ogni genere d’arte, riuscendo male in tutte. Egli diceva che era “la materia che gli mancava”, attribuendo il suo fiasco in campo artistico alla mollezza degli italiani, che voleva convincere del fatto di essere un modello perfetto e da imitare. L’arte, per lui giornalista e attivista politico, fu una delle trovate con cui cercò di ottenere fama. Dapprima con la poesia, poi scrivendo per la testata locale La fira di San Lurenz con alcuni pseudonimi e dimostrando di riuscire meglio nella narrativa (L’amante del cardinale. Claudia Particella, Il trentino veduto da socialista, I Portatori di fuoco e La lotta dei motori), fino a creare come dice Margherita Sarfatti “la propria officina di letteratura potenziale”. Poi c’erano le tragedie, i drammi di pessimo gusto, e infine il romanzo Reparto tranquilli dove emergeva la sua passione musicale, nota anche dal sodalizio con Giovacchino Forzano, già librettista di Puccini. Si smentisce così la convinzione di un’elevata cultura del Duce. L’autore ipotizza una relazione fra tirannia e guerra, come estrema ratio per accumuli di terrore e di stati d’ansia depressiva, che si scatenano tramite impulsi crudeli e distruttivi, ma si potrebbero anche curare mediante l’arte, secondo alcuni psicologi. Hitler rappresenta la terza tappa nella disamina di Buonanno: quando critica e pubblico stanno ormai tramando contro di lui, egli non cercherà di migliorare, né avrà il sospetto di aver intrapreso una strada sbagliata, ma continuerà ad usare l’arte come “idea creatrice della totalità”. Il Führer fu bocciato all’Accademia due volte e questa sarebbe per l’autore la “scintilla iniziale” che scatenerà le politiche più bieche ed efferate del regime; nel 1913 a Monaco Hitler si manteneva vendendo i suoi paesaggi porta a porta, o proponendo acquerelli che ritraevano le coppie convolate a nozze. Egli sembra già odiare gli ebrei per i loro successi nell’arte e nello spettacolo. L’arte diviene nel 1933 mezzo di propaganda politica con le riunioni presso la piccola Osteria Bavaria di Monaco; alla mostra del 1937 di “arte degenerata”, con autori come Paul Klee, Otto Dix e Pablo Picasso tra gli altri, egli dichiarava inorridito che in quelle opere vi “erano creature deformi, storpie e dementi, donne capaci di suscitare solo disgusto, uomini molto simili ad animali…”. Prima degli anni Venti del Novecento anche Goebbels esplicherà il suo talento scrivendo. Michael è uno dei suoi romanzi sociali giovanili, mai edito, che narra di un reduce post bellico alle prese con un folle amore e che morirà come eroe povero in una miniera di carbone. Il riferimento è all’amore giovanile dell’autore per Anka Stalherm. Nemmeno le sue commedie furono apprezzate per la scarsa retorica e il gusto kitsch. Abbiamo provetti letterati anche a sinistra: Marx ad esempio, aveva iniziato scrivendo 152 poesie (Libro di Canti e Libro dell’amore) piene di passione romantica e vaghi programmi di rivolta, destinate come regalo di Natale alla fidanzata, poi rinnegate dall’autore. Suo è anche il romanzo umoristico Scorpione e Felice, sulla borghesia intellettuale del tempo, che risulta 2/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2013-06-14/86851-la-sindrome-di-nerone-tra-estetica-e-potere L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati Recensioni > Libri > Cultura - Venerdì 14 Giugno 2013, 20:30 www.lindro.it enciclopedico senza scopo. Undici anni prima del Manifesto compose una tragedia, ispirata al Faust di Goethe. Non andò meglio in filosofia, con la critica ad Hegel (Punto di partenza e continuità necessaria alla filosofia) che bruciò considerandola pessima. Nel gennaio 1866 dava alle stampe il Capitale, che finalmente “parlava una lingua letteraria, quella di tutta la letteratura mondiale”. In Italia condottieri come Garibaldi erano anche scrittori: egli pubblicò nel 1870 Clelia, o il governo dei preti e Cantoni, il volontario, negli anni successivi I Mille e Manlio. Lo stesso Marinetti con Marfarka, il futurista parlava di arte e così Benjamin con l’Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, o Richard Wagner, che aveva scritto romanzi (L’arte e la rivoluzione e L’opera d’arte dell’avvenire) in cui si auspicava che lo Stato e i movimenti sociali facessero fiorire la produzione artistica. Lenin aveva studiato pianoforte, decretando poi che il concertista non era un’occupazione virile, ma fu tra i primi curatori della traduzione russa di Cavaliere con la pelle di pantera di Rastaveli, imponendo il realismo socialista a scapito delle opere d’avanguardia; mentre Stalin era portato per il canto, la pittura, la recitazione. Si era legato alla Biblioteca a Buon Mercato, un club studentesco in cui ci si scambiava dei libri vietati dal regime. I suoi scritti rimangono solo nelle antologie scolastiche dell’epoca, ma diede direttive per i letterati, che venivano arrestati se i loro componimenti non erano in linea con le idee del dittatore. Per giungere a tempi più recenti, l’ex presidente e criminale di guerra jugoslavo Karadži? aveva scritto varie raccolte poetiche e fu insignito del premio Mihail dalla Lega degli scrittori russi; mentre il leader nord-coreano Kim Jong-Il, figlio di Kim Il-sung, fu autore del libro Sull’arte del cinema, dove compare il principio cui aderire nelle produzioni di film e si pone come centrale la figura del regista, la recitazione degli attori, la scenografia e la musica: in realtà si tratta di un manuale di governo tra sogno e progetto criminale, che ha ispirato opere miliari della filmografia coreana, come La storia di un’infermiera e Il comandante bambino. Non si dimentichi che Kim Jong-Il fece anche rapire undici intellettuali giapponesi per utilizzarli come promotori culturali, tra cui Shin Sang-ok, che riuscì a fuggire rifugiandosi nell’ambasciata americana. Il libro di Buonanno si conclude affermando che oggi non ci sono dittatori con inclinazioni artistiche, ma ciò non significa la fine della “sindrome di Nerone”. Gli esempi di Saddam Hussein (che scrisse Zibiba e il re, uscito anonimo nel 2000, ed altre opere), e di Gheddafi che aveva dato alle stampe la raccolta Fuga all’inferno, e Il Libro verde, ossia la sua bibbia politica, dimostrano che i nuovi rivoluzionari del nostro tempo pubblicano anonimi, mettendo da parte l’individualismo con una speranza che rende dolce la loro corsa al successo. 3/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2013-06-14/86851-la-sindrome-di-nerone-tra-estetica-e-potere L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati Powered by TCPDF (www.tcpdf.org)