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Le voci intorno
Torna in libreria Maria Pia Ammirati, l’autrice di Se tu fossi qui, con un racconto lungo in cui il
tempo sospeso del coma sarà foriero di una rinascita."
Susanna Battistini
E’ un tempo sospeso, un tempo irreale, dove le lancette di un orologio
immaginario ridefiniscono le coordinate di una vita andata in pezzi. Una grande metafora, ancor
prima che il racconto della vita spezzata di una diciassettenne persa nella fragilità di
un’adolescenza difficile. ‘Le voci intorno’ è il racconto lungo di Maria Pia Ammirati, che
pubblica con Cairo editore, ampliando quello che già quest’estate era stato il fortunato racconto
uscito con il Corriere della Sera.
La trama, semplice e lineare, può attingere a fatti, purtroppo frequenti, che spesso si leggono
sui giornali. Una ragazza in discoteca si imbottisce di droga e alcool e insieme al suo fidanzato
e a una ragazza che si aggiunge a loro, tornando a casa, ha un incidente dove lei si salva e gli
altri due no. Viene estratta dalle lamiere della macchina ormai distrutta ancora viva e portata in
ospedale in coma irreversibile. Il padre, vedovo, dovrà far fronte a questo nuovo dramma (dopo
la morte della moglie) insieme all’altra figlia più piccola, Aurora, un nome non casuale, e
leggendo il libro si capirà bene il perché. Da quel momento ci affidiamo ad Alice, così il nome
della protagonista, e con lei assistiamo alla sua lettura della realtà, al silenzio parlato e gridato
di una ragazzina che non capisce dove si trova e che vuole disperatamente sapere qual è il
tempo fuori dal suo involucro, del suo corpo pesante e delle sue lacrime che vengono appena
percepite da chi l’assiste intorno al suo letto. “Sento chiedere: ‘Che succederà ora?’ E mi
accorgo che è la voce di mio padre. Papà ma allora sei arrivato, non mi vuoi punire perché bevo
di nascosto? Papà, chiedi l’ora, chiedi l’ora, che a me sembra di impazzire’.”
Si perde l’orientamento temporale quando si è in coma, così dicono i medici, e allora ecco una
telecamera, escamotage di un padre che vorrebbe capire e non ha parole per dirlo, un video
che riprenderà la vita immobile di una figlia amata ma alla quale non lo aveva mai dimostrato
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Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2012-03-26/7797-le-voci-intorno
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
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abbastanza e di un diario sul quale la sorellina Aurora scriverà tutto quello che succede ad
Alice, dentro il suo tempo immobile, e fuori nella vita della sorellina e del padre, per poter
comporre un nuovo mosaico delle loro vite.
Leggendo il libro non è difficile andare alla memoria di quelle ‘voci di dentro’ di eduardiana
memoria, per quel realismo al limite del metafisico e per quel senso di incomunicabilità che
pervade tutto il racconto. Ma se nella commedia di Eduardo, il vecchio Zi’ Nicola aveva
rinunciato a parlare, poiché è meglio essere muto di fronte a un’umanità sorda preda di
violenze insopportabili, di crimini commessi in nome degli interessi più sordidi, in queste ‘Voci
intorno’ la mancanza di comunicazione nasce dall’incapacità di mostrarsi nudi, bisognosi di
affetto, resi vivi da quell’elementare motore che tutto muove, l’amore. Dice Alice: “Mio padre
adesso pensa addirittura ciò che sto pensando io. Non credevo mi amasse fino a questo punto.
Perché mi fai piangere, papà? Oppure al mio cervello è rimasto soltanto il comando del pianto?
Dov’era finito tutto questo amore?”. Ecco, quindi, l’espediente del corpo immobile, che non
reagisce agli stimoli esterni e, per contraltare, a noi lettori è data la possibilità di ascoltare,
sentire e percepire i più piccoli movimenti dell’anima.
E’ una scrittura cruda quella dell’Ammirati, non nuova a queste indagini dell’animo
umano e delle dinamiche affettive familiari, quasi un’entomologa che scruta anche il più
piccolo dettaglio e ci rimanda le cose sgradevoli che non vorremmo né toccare né vedere. E’
successo, per esempio, con Se tu fossi qui, finalista al Campiello, dove la morte di una moglie
amata lascia basito e disperato il marito, il quale ci ricorda che il corpo morto è anche cattivo
odore e richiede gesti concreti che non tutti sono in grado di fare. Succede qui, in modo forse
più sfumato, ma comunque disturbante, perché percepisci realmente il disagio di chi in coma
avverte il respiro affannoso di chi viene a darti un bacio nella speranza che possa avvenire il
miracolo. Qui, però, lo dicevamo all’inizio, c’è la spasmodica ricerca di un riferimento, di un
metronomo che scandisca il tempo per trovare note appropriate, che faccia sentire meno
sospesa la protagonista, affinché possa dire di esistere nonostante tutto, perché in fondo, nella
caotica esistenza del di qua, tutti corriamo troppo, tutti dimentichiamo che c’è un tempo per
tutto, anche per esprimere i sentimenti.
Sentimenti che Alice aveva deciso di reprimere dopo la morte della madre, sentimenti di un
padre che non l’aveva mai vista come la vede ora, immobile e piena di tubi, e finalmente potrà
esprimerle tutto il suo amore represso, sentimenti di una sorellina resa adulta dal gestire un
dramma più grande di lei. C’è un tempo, appunto, anche per la resa dei conti, e c’è un tempo
per rinascere, là dove muore la corteccia del disagio di vivere.
Non sembri azzardato l’accostamento a un altro necessario libretto in cui il tempo, in modo
magnifico, riprende la sua scena. E’ un contesto diversissimo, eppur simile per quelle inezie
fatte di secondi, minuti, ore, che vanno riempiti come un esercizio di riparazione. L’università
di Rebibbia di Goliarda Sapienza, una scrittrice spesso dimenticata ma che allo stesso modo
dell’Ammirati, in modo scientifico, scruta quel tempo giudice che sembra punirti per un errore
commesso, là perché si erano sottratti dei gioielli, qua per incapacità di vivere i sentimenti. Un
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tempo che si riprende la scena, un tempo salvifico perché con il suo ritmo lento permette ai
protagonisti di vedere un’altra via di uscita, anche grazie a quel trucco di radianza, come
direbbe Sylvia Plath, in cui possono avvenire miracoli e si ricomincerà da quel momento in cui il
giorno sta per avere inizio: l’Aurora.
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