Il 700 è il secolo in cui si afferma con più forza il metodo
razionale scientifico che aveva posto le sue prime radici
con Galileo e Newton. Si teorizza la fiducia nella ragione
capace di capire, modificare la realtà e migliorare la vita
degli uomini . Nel secolo dei “Lumi”, si afferma un
concetto importantissimo che fa capo ai “diritti del
cittadino”, un’organizzazione politica fondata sul
“contratto sociale”. Nasce la stampa periodica, per
diffondere la cultura e sviluppare il dibattito e lo spirito
critico su numerose questioni.
IL DIBATTITO RELIGIOSO
Gli illuministi erano avversi alla Chiesa,intesa come centro
di potere e come sostegno degli aspetti ritualistici e
superstiziosi del Cristianesimo, e vedevano nel clero un
nemico dei “Lumi” e del progresso intellettuale e civile. Le
loro idee in materia di religione erano tuttavia per altri
aspetti piuttosto disuguali. Convinzione comune agli
illuministi era che le religioni istituzionali agivano come un
grande inganno intessuto dagli ecclesiastici di tutte le
epoche per tenere i popoli nell’ignoranza e nella
sottomissione politica, ed alcuni di loro erano
dichiaratamente materialisti e atei.
I filosofi illuministi proponevano una
visione laica della vita improntata ai valori
dell’uguaglianza, della libertà e della
tolleranza. Perciò furono fortemente critici
nei confronti di ogni fanatismo religioso e di
ogni forma di intolleranza.
MONTESQUIEU
Montesquieu, nato a La Brède il 18
gennaio1689 e morto a Parigi il10
febbraio 1755, è stato
un filosofo, giurista, storico e pensatore
politico francese. È considerato il fondatore
della teoria politica della separazione dei
poteri. Con schietto atteggiamento
illuminista considerò la religione
come instrumentum regni e all'Accademia
lesse anche una ”Dissertation sur la
politique des Romains en matière de
religion” 1716, assumendo
quell'atteggiamento critico nei confronti della
Chiesa che lo portò a condannare ogni
forma di acquiescenza dell'uomo sia a essa
sia allo Stato.
VOLTAIRE
Altri illuministi, a cominciare da
Voltaire, aderirono alla dottrina
detta deismo: credevano cioè in un
Dio conoscibile con la sola
ragione, senza bisogno di una
rivelazione, di testi sacri o di una
Chiesa istituzionale; un Dio che
poteva ben conciliarsi con la
scienza newtoniana, in quanto
creatore e supremo ordinatore
dell’Universo e delle leggi che lo
regolano.
ROUSSEAU
Una forma diversa di “ religione
naturale”, cui ciascuno poteva
arrivare attraverso il sentimento
più che con la ragione, è quella che
troviamo in Rousseau.Nell’
“Emilio” egli sviluppa l’idea
religiosa fondata sulla coscienza,
che chiama istinto divino, e
sull’intima esperienza personale.
Anche la ragione deve essere
fondata sul sentimento del cuore,
per Rousseau, infatti, la religione
non implica verità rivelate.
CESARE
BECCARIA
Cesare Beccaria nacque a Milano,
figlio di Giovanni Saverio di
Francesco, e di Maria Visconti di
Saliceto, il 15 marzo 1738. Studiò
a Parma, poi a Pavia dove si laureò
nel 1758. Nel 1760 sposò la sedicenne
Teresa Blasco, dalla quale ebbe
quattro figli. Il padre lo cacciò di casa
dopo il matrimonio, e dovette essere
ospitato da Pietro Verri, che lo
mantenne anche economicamente per
un periodo. Beccaria morì a Milano il
28 novembre 1794, a causa di
un ictus, all'età di 56 anni.
Dei delitti e delle pene
Cesare Beccaria fu uno
degli illuministi che
ebbe più successo a
livello internazionale. Il
suo saggio “Dei delitti e
delle pene” venne infatti
tradotto, commentato e
discusso in tutta
Europa. Beccaria pose
un duplice problema
scottante:
QUELLO DELLA TORTURA…
Beccaria spinse la pratica
della tortura in un dilemma
che conduceva
inevitabilmente alla sua
abolizione: «O il delitto è
certo o incerto; se è certo ,
non gli conviene altra pena
che la stabilità delle leggi;
mentre, se è incerto, non si
deve tormentare un innocente,
perché tale è, secondo le
leggi, un uomo i cui delitti
non sono provati».
… E QUELLO DELLA PENA DI MORTE
Più importanti furono le sue
argomentazioni contro la pena di
morte. Egli riteneva infatti che: un
uomo è una persona e non una
cosa; gli uomini si riuniscono in
società, attraverso un contratto,
soltanto per ottenere difesa e
sicurezza; i delitti costituiscono
un danno fatto alla società nel
senso che ne diminuiscono la
misura di sicurezza; le pene sono
legittime soltanto se impediscono
nuovi danni, nuova paura ed
insicurezza.
Da questi principi derivò che fosse preferibile
prevenire i delitti piuttosto che comminare la pena
di morte; una volta che la prevenzione avesse
fallito e si fossero commessi i delitti questi
andavano puniti prontamente senza lungaggini e
temporeggiamenti, con pene moderate ma
infallibili. La pena di morte, a giudizio di
Beccaria, risulta inopportuna per tre motivi
principali:
• Perché nessuno è padrone di uccidersi e, a maggior
ragione, nessuno può porre la propria vita a
discrezione dei giudici; la vita è il massimo di tutti
i beni, e la sua interruzione violenta non rientra in
un patto sociale;
• Perché l’esperienza di tutti i secoli ci dice che la
pena di morte non è un deterrente infallibile;
• Infine la morte regale è un dato contraddittorio,
perché le leggi non possono proibire l’uccisione e
contemporaneamente prevederla come pena.
Nonostante questi tre argomenti
Beccaria ritenne che almeno in un caso
la pena di morte fosse inevitabile:
quando il reo abbia tale potenza e tali
relazioni che possa attentare alla
sicurezza della Nazione anche se
imprigionato. In ciò, Beccaria riflettè
l’opinione antichissima dell’uccisione
lecita del tiranno.
Nella seconda metà del XVII secolo in Europa si formò una
comunità di studiosi, scienziati, letterati, la “Repubblica delle
lettere” dal carattere cosmopolita, aperto alla libera circolazione
delle idee. In questo periodo iniziarono a comparire i primi
periodici: da una parte c’erano le riviste letterarie espressione
degli ambienti accademici, cui confluivano anche argomenti
scientifici, giuridici, storici; dall’altra iniziarono a uscire i primi
fogli di notizie o gazzette, che contenevano gli avvenimenti di
interesse pubblico. Cominciò così a formarsi un’opinione
pubblica: la cultura divenne oggetto di discussione fuori dalle
università e dalle accademie, nei salotti, nei circoli, nelle
redazioni di riviste, nei caffè.
Il Caffè
Nel 1761 sorge la Società dei Pugni
promossa da Pietro Verri, a cui aderirono
tra gli altri, il fratello Alessandro e
Cesare Beccaria. L’organo di questa
società fu “Il Caffè”, pubblicato tre volte
al mese, fra il 1774 e il 1776 da un
gruppo di intellettuali milanesi e pensato
sul modello dello “Spectator” inglese.
L’ambiente delle conversazioni era uno
dei locali allora di gran voga, dove ci si
ritrovava per consumare il caffè,
appunto, la nuova bevanda capace di
“risvegliare le menti” e per trattare di
argomenti di interesse pubblico.
Leggendo “Il Caffè” il pubblico borghese respirava
l’atmosfera della Francia e dell’Inghilterra illuministica.
La rivista toccò temi che andavano dalla volontà di
svecchiamento della cultura alla battaglia per la riforma
del costume nobiliare attraverso gli studi utili; dal grande
tema illuministico della dignità del letterato alla difesa
della riforma goldoniana del teatro; dalla liberalizzazione
dell’economia sino al problema della certezza del diritto.
Al centro della rivista fu la polemica antipedantesca e
anticruscante, la lotta al “sapore petrarchesco” in vista di
una riforma della lingua che mirasse all’allargamento
della comunicazione sociale e guardasse alla tradizione
sperimentale delle scienze piuttosto che al purismo
toscaneggiante delle accademie, lungo una linea GalileoBacone-Newton per gran parte già tracciata
dall’Enciclopedia.
LAVORO REALIZZATO DA:
Furnari Luca
Munafò Fortunato
Rotuletti Salvo
Spada Marco
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L`ILLUMINISMO