Seminario di Aggiornamento e Didassi e di Storia della Fisica – 46° A. A.
25 Febbraio 2014 – Prof. Ennio Iannucci
GIAMBATISTA BECCARIA e GIANFRANCESCO CIGNA
«Scienziati Monregalesi del Settecento Piemontese nel Panorama Scientifico Internazionale»
« La terra monregalese produce ingegni svegliati ed ha dato all’antico Piemonte dapprima, ed alla nazione italiana poi, una quantità di
uomini preclari e
benemeriti, fra cui alcuni, come il Beccaria e il d’Ormea (*), ebbero ingegno elettissimo …… e lasciarono opere egregie…..» .
Con queste parole di G.B. Arnaudo, riportate sulla Gazzetta Piemontese del 9 Settembre 1879 (Anno XIII N. 248),
iniziamo questo Seminario su due importanti personaggi ben noti agli Storici della Scienza ma quasi del tutto
sconosciuti alla maggioranza dei nostri concittadini che, nella migliore delle ipotesi, ricordano labilmente per
reminiscenze scolastiche Cesare Beccaria (milanese) autore dell’Opera «Dei Delitti e delle Pene» e che di Cigna
conoscono solo la via della città a lui intitolata.
Eppure queste due grandi figure del passato riuscirono ad affermarsi per le loro originali ricerche finalizzate al
progresso della Scienza dando lustro sia alla loro città natale Mondovì sia a Torino Capitale del Regno di Sardegna a cui
spettò nell’Ottocento un ruolo importantissimo nel processo di Unificazione della Nazione Italiana.
• Giambatista Beccaria, indiscussa autorità nel campo dell’elettricismo per la mole e l’accuratezza delle sue
sperimentazioni, fece propria la teoria del «fluido unico» di B. Franklin e con lui divise la gloria delle elettriche
scoperte.
• Dalla sua scuola uscì il medico collegiato Gianfrancesco Cigna suo allievo e nipote, celebrato per gli
esperimenti da lui fatti sui fluidi elettrici che trovarono applicazione in campo medico, che ebbe un’accesa
polemica con Alessandro Volta riguardo alla priorità dell’invenzione dell’elettroforo.
• L’allievo G. Cigna, dopo un ben noto diverbio del 1757 ,avuto con lo zio – maestro in merito alla funzione del
flogisto nella calcinazione dei metalli, continuò per conto proprio le ricerche nel campo della Fisica e della
Fisiologia e con Luigi Lagrange e G.A. Saluzzo di Monesiglio fu uno dei fondatori della “Societas Privata
Taurinensis”, Società che venne elevata al rango di Reale Accademia delle Scienze nel 1783 da Vittorio
Amedeo III. e attualmente è nota come Accademia delle Scienze di Torino ( ex Collegio dei Nobili ).
• Al contrario del Beccaria, deciso a difendere a spada tratta la teoria del fluido unico di Franklin, Cigna si
mostrò più prudente nella scelta tra le due teorie elettriche imperanti all’epoca :
(fluido unico alla Franklin – doppio fluido alla Du Fay e Symmer ).
• Entrambi però, anche se in ambiti diversi - Beccaria nel campo della Fisica, e, Cigna della Fisiologia - furono
protagonisti del loro tempo continuando quella tradizione scientifico tecnologica piemontese che, a partire
dalle Reggie Scuole Pratiche e Teoriche di Artiglieria e Fortificazioni (1739), continua ancora ai giorni nostri
nelle attività di ricerca del Politecnico, dell’Università e di altre Aziende ed Enti privati.
Francesco Lodovico Beccaria
(Mondovì 3/10/1716 – Torino 27/05/1781)
Il Padre Scolopio Giambatista Beccaria
Il Padre Scolopio delle Scuole Pie
Lodovico Beccaria)
Giambatista Beccaria, (al secolo Filippo
•
nacque a Mondovì nel 1716 da Giovanbattista e da Anna Maria Ingalis,
•
a sedici anni (1732) entrò come novizio nell’Ordine degli Scolopi di Frascati,
•
due anni dopo (1734) fece la sua professione di Fede assumendo il nome di Giambatista (con una sola «t»
come era solito firmare i suoi lavori).
•
Beccaria seguì dunque il regolare “cursus studiorum” nelle scuole scolopie accettando le regole e
l’indirizzo formativo dettati dal Calasanzio, fondatore dell’Ordine, cosa che si rivelò di grande
importanza per la sua moderna e aperta formazione filosofico -scientifica .
•
In particolare compì studi approfonditi sulla Geometria di Euclide, sulla Scienza Galileiana e sulla
Monadologia di Leibniz . Studiò anche la Matematica di
Christian Wolff (1679 – 1754) e
successivamente, attraverso la lettura delle Opere del Genovesi (1713 – 1769) e del Voltaire (1694 –
1778), Beccaria venne in contatto con la filosofia empiristica di Locke e la Scienza sperimentale di
Newton.
La sua carriera di insegnante iniziò nel 1737 nel Collegio degli Scolopi di Narni (Umbria) dove fu
inviato a sostituire il Maestro di « Umanità» (Lettere) che si era ammalato.
•
Negli anni successivi insegnò a Urbino prima e poi a Palermo (1743). In quest’ultima città fu spettatore di
un devastante Tremuoto che lui descrisse, con dovizia di particolari, nel secondo Libro «Dell’Elettricismo
Artificiale e Naturale» edito nel 1753. Di quella descrizione riportiamo qui di seguito un breve passo :
•
L’anno dopo il violento terremoto (1744) fu chiamato a Roma per insegnare Filosofia nel
Collegio della casa madre di S. Pantaleo.
•
Quando, nel 1747, venne inaugurato a Roma il Nuovo Collegio intitolato al fondatore
dell’Ordine Giuseppe Calasanzio, Beccaria vi fu nominato Primo Professore (Ordinario)
di Filosofia.
In conclusione dell’ Anno Accademico (1747/ 1748) la sua fama di Educatore e
Maestro crebbe, grazie ai lusinghieri giudizi espressi dal mondo Accademico
Romano sulle Tesi brillantemente discusse dagli studenti che egli aveva
preparato con grande competenza e col massimo rigore.
Si aprì così per lui la strada dell’insegnamento all’Università di Torino che in
quel periodo era soggetta a un radicale rinnovamento.
QUALCHE BREVE CENNO SULLA RIFORMA DEGLI STUDI UNIVERSITARI NELLA TORINO DEL SETTECENTO.
Nella cittadina piemontese, divenuta nel 1720 Capitale del Regno di Sardegna, Re Vittorio Amedeo II aveva
inaugurato una nuova Sede Universitaria lungo l’antica Strada della Calce (l’attuale palazzo del Rettorato di via Po )
con lo scopo di ridare prestigio e maggiore visibilità all’Ateneo Torinese che, a partire dal 1600, aveva imboccato la
china di una progressiva decadenza istituzionale e culturale rispetto al secolo precedente quando, rinomato in tutta
l’Europa, aveva accolto tra i suoi studenti importanti personaggi come Erasmo da Rotterdam che il 4 settembre 1506
all’Università di Torino si era laureato in Teologia.
L’inaugurazione nel 1720 del Palazzo, progettato dell’Architetto Michelangelo Garove (1648 -1713) ma realizzato dal
genovese Giovanni Antonio Ricca prima e da Filippo Juvarra poi, fu l’inizio di una Riforma radicale dell’Istruzione in
Piemonte. Il compito di attuare le :“Costituzioni per l’Università”, ideate da Vittorio Amedeo II nel 1713 e
concretizzate nei decenni successivi, venne inizialmente affidato ai giuristi siciliani Niccolò Pensabene (1660-1730)
(Conservatore) e Francesco d’Aguirre (1682- 1773) (Avvocato fiscale dell’Università) i quali
privilegiarono gli
insegnamenti di Teologia, Diritto e Medicina e operarono in modo che alle corrispondenti facoltà venisse assegnata la
maggior parte delle 25 cattedre previste nel nuovo ordinamento.
L’incarico passò quindi a Carlo Luigi Caissotti (1694-1759) che giubilò e rimosse i docenti dalle vedute più
aperte; ribadì la sudditanza al tomismo; confermò nelle discipline giuridiche il tradizionale indirizzo romanista
ed escluse il diritto criminale; tentò anche di rivalutare le discipline Scientifiche e Letterarie e si adoperò perché
venisse ridotto il monopolio dell’insegnamento dei Gesuiti nelle scuole superiori. Toccò quindi a Giovanni
Battista Lorenzo Bogino (1701-1784) continuare il processo riformatore. Del suo operato ricordiamo: il suo
impegno per migliorare la qualità dell’insegnamento nelle Reggie Scuole d’Artiglieria; il patrocinio dato sia ai
lavori del Beccaria per fissare la misura dell’arco di Meridiano passante per Torino sia agli studi di Idraulica del
Michelotti; il riordino dell’ Università di Cagliari che fece dotare di una Biblioteca Pubblica e
l’ammodernamento dello “Studio” di Sassari.
Intorno alla metà del Settecento, altro importante protagonista della Riforma degli Studi in Piemonte fu
G.Francesco Morozzo della Rocca che, coadiuvato da altri dignitari di Corte designati da Carlo Emanuele III,
favorì una vera e propria rivoluzione nell’insegnamento della Fisica.
L’ Istruzione in Piemonte , dominio in passato di insegnanti che, a detta di Giuseppe Antonio Eandi
(allievo del Beccaria):
“soffocavano le dottrine filosofiche nelle scolastiche aridità e le fisiche tormentavano e spegnevano in rancidi e derisi
sistemii»,
stava per essere affidata a Docenti dalle vedute ampie e moderne, pronti a confrontarsi, recepire
e diffondere le innovazioni scientifiche e filosofiche del tempo.
In quest’ottica di “apertura” s’inquadrava l’azione didattica dei Padri Scolopi appartenenti all’Ordine
fondato dall’aragonese José de Calasanz ( italianizzato Giuseppe Calasanzio) che visse nel periodo
cruciale della Rivoluzione Scientifica determinata dalle scoperte di Galileo e dal suo “metodo
innovativo e sperimentale ”.
CALASANZIO – GLI SCOLOPI – E GALILEO GALILEI.
Originario della Spagna, il sacerdote J. De Calasanz (1557-1648) fu chiamato a Roma come Teologo dal cardinale
Marcantonio Colonna che gli affidò anche l’incarico di parroco a S. Dorotea in Trastevere, un quartiere dove
regnava degrado e povertà estrema, lì l’aragonese fondò le Scuole Pie, corsi popolari gratuiti, aventi lo scopo di
istruire i giovani della borgata che, essendo indigenti, non si sarebbero di certo interessati all’istruzione e
avrebbero imboccato la cattiva strada. Per portare avanti il suo progetto d’istruzione popolare Calasanzio chiese al
Papa la fondazione di un nuovo Ordine Religioso quello degli Scolopi che Gregorio XV approvò nel 1622.
Tra il 1618 e il 1621 Calasanzio trascorse alcuni periodi nella cittadina umbra di Narni dove ebbe occasione di
conoscere Federico Cesi, fondatore nel 1606 dell’Accademia dei Lincei, e di stringere amicizia con lui.
Tramite il Cesi, il prelato spagnolo entrò in contatto con il Teologo Tommaso Campanella e con il Matematico
Galileo Galilei, con quest’ultimo instaurò uno stretto rapporto di amicizia e nutrì verso la sua persona
un’incondizionata ammirazione soprattutto per il modo con cui “conduceva le sue indagini sulla natura”.
La testimonianza dell’affetto e dell’ammirazione che legò l’Aragonese al Pisano è rappresentata dall’invio a Firenze dello
Scolopio Clemente Settimi per assistere e sostenere il vecchio e ormai quasi cieco Scienziato Toscano, come fu raffigurato
nel dipinto del fiorentino Luigi Sabatelli ( 1772 – 1850 ) affrescato nel Museo della Specola di Firenze in cui si scorgono
chiaramente :
C. Settimi in piedi sullo sfondo tra la tenda e la parete ,
Galileo Galilei seduto a sinistra,
Evangelista Torricelli in piedi e Vincenzo Viviani seduto, (entrambi sulla destra),
L’attenzione verso le innovazioni, fu una delle caratteristiche
tipiche del Calasanzio che
egli
trasmise agli Scolopi suoi
successori che, dediti all’istruzione dei giovani, si mostrarono
sempre aperti alle novità Scientifiche e Filosofiche del loro
tempo, cosa che avvenne appunto nel caso di G. Beccaria che
portò una vera e propria rivoluzione nell’insegnamento della
Fisica a Torino, sia nei contenuti che nel metodo.
L’INSEGNAMENTO DELLA FISICA NELL’ATENEO TORINESE NELLA PRIMA META’ DEL SETTECENTO -
L’ARRIVO DI G: BECCARIA – I SUOI LAVORI .
L’insegnamento della Fisica all’Università di Torino, nel trentennio compreso tra il 1720 e il 1748, era stato affidato ai
“Padri Minimi” Joseph Roma da Tolosa prima, e Francesco Garro da Zumpano (Cosenza) poi.
Il Roma si rivelò : “docente …..…..più dotto in materie Teologiche e Canoniche che nelle Fisiche, imbevuto del sogno
elegantissimo di Cartesio, solo marginalmente dimostrò di non ignorare Galileo e Torricelli ” ( cit. dallo storico e
filologo Tommaso Vallauri n. 1805- m. 1897) .
Il suo successore Garro impostò il proprio insegnamento seguendo la stessa linea metodologica tracciata dal
predecessore.
Ma nel 1748 le cose cambiarono.
Giuseppe Francesco Ludovico Morozzo Della Rocca e il Delbecchi (Scolopio,
Vescovo di Cagliari),
suggerirono a Carlo Emanuele III, nell’ambito delle innovazioni previste dalla Riforma degli
Studi Universitari, di affidare la cattedra di Fisica nello Studio di Torino, al Padre Scolopio
Giambatista Beccaria da Mondovì suscitando non poche proteste da parte di coloro che,
agendo sulla Corte, brigavano per la nomina del “Minimo” francese Francois Jacquier (
1711 – 1788 ) docente di Fisica nel Collegio Romano e tentarono in ogni modo di mettere
i bastoni fra le ruote al carro dello “Scolopio Monregalese”. Nonostante ogni tentativo di
opposizione, nell’A.A. (1748/1749), giunse in cattedra a Torino da Roma Giambatista
Beccaria il quale introdusse nel suo insegnamento metodi e contenuti completamente
nuovi, privilegiando da un lato i tradizionali aspetti matematici e meccanici nella ricerca
della spiegazione dei fenomeni, e dall’altro
“sperimento”.
dando una rilevante
importanza
allo
I PRIMI SUCCESSI DI BECCARIA “ELETTRICISTA”.
Dietro consiglio del
Morozzo,
informato delle scoperte
fatte in America
da B.
Franklin nel campo
dell’elettricità e al corrente delle esperienze che stavano per essere realizzate in Francia da Delor e da
Thomas Dalibard a comprova della Teoria frankliniana, sin dall’inizio del suo insegnamento Beccaria si distinse
per le sue ricerche innovative sull’Elettricismo, fu il primo fisico piemontese (italiano) a far sistemare una
spranga di ferro lunga 12 piedi sulla sua dimora al n. 1 di Strada della Calce (attuale via Po) ,cosa che lo fece
apparire agli occhi dei torinesi una specie di “Mago o Stregone” e intraprese quindi una lunga serie di
esperimenti accuratamente da lui descritti nel suo Capolavoro pubblicato a Torino nel 1753 dal titolo:
“DELL’ELETTRICISMO ARTIFICIALE e NATURALE” LIBRI DUE.
Un magistrale capolavoro di 245 pagine suddiviso in due Libri :
il Primo Libro in 8 Capitoli, (dedicati allo studio dell’Elettricismo di
laboratorio),
il Secondo in 7 Capitoli (dedicati allo studio dell’Elettricismo
Naturale),
in cui rivolgendosi :
ALLA SACRA REAL MAESTA’
di
CARLO EMANUELE
MONARCA, INVITTO, E CLEMENTISSIMO
chiariva la finalità della sua Opera :
“Con accurati sperimenti mi sono ingegnato di analizzare i già noti effetti dell’Elettricità,
di scoprirne de’ nuovi e di confermare, o di rinvenire, se non sempre la immediata loro
cagione, certamente spesso la vera semplicissima Legge,
secondo cui
essi
accadono………………………………….. Così riuscito mi fosse di aggiungere tanta luce a tanta
vasta , ed oscura materia, quanto ornamento, e splendore apporta a questo mio Libro il
VOSTRO ECCELSO NOME………..”
Umilissimo, devotissimo, obbedientissimo Suddito
Giambatista Beccaria
de’ CC. RR. delle Scuole Pie
Rivolgendosi poi
“ a’ lettori” manifestava apertamente la sua adesione alla teoria di “ Franklin”:
“Troverete, cortesi Lettori, che in quest’Opera io fo molte volte menzione del celebratissimo Scrittore d’Elettricità Beniamino
Franklin, e ne la farei più spesso, se non fossero notissime le scoperte di lui, e non mi proponessi di scrivere dell’Elettricità non
tanto secondo ciò, che m’hanno mostrato l’esperienze, e considerazioni di esso, quanto secondo un più ampio consentimento de’
fenomeni, di che con una lunga, e collegata serie d’esperienze mie proprie mi sono immediatamente accertato. Dunque io abbraccio
il sistema del mentovato Autore massime in quello, che riguarda le due specie d’Elettricità positiva, e negativa, ovvero in più,
ed in meno , che a me sembra di poter chiamare assai acconciamente elettricità per eccesso, e per difetto, nel qual sistema
unicamente mi ha fatto conoscere l’esperienza potersi procedere secondo la verità ; ……………………………….” .
L’Opera in cui furono descritti ben
460 esperimenti meritò il plauso di prestigiose Accademie: quella
Londinese , quella Bolognese e altre che ascrissero il Beccaria tra i loro Soci .
Una copia dei due Libri fu inviata al Franklin che la apprezzò moltissimo e ne tessé l’elogio.
In una sua lettera indirizzata al Golden nel 1754, scrisse :
"I have received from Italy a book in quarto, entitled Dell’elettricismo Artificiale e Naturale
Libri Due, di Giovanbattista Beccaria de’ CC.RR. delle Scuole Pie, printed at Turin...”
“Ho ricevuto dall’Italia un Libro in quarto (ottenuto da due piegature di un foglio intero: una prima piegatura effettuata sul lato minore, la seconda su quello maggiore).
intitolato Dell’Eletricismo Artificiale e Naturale
Libri due di Giovanbattista Beccaria dé CC RR delle Scuole Pie, stampato a Torino…”.
“The author...seems a master of method and has reduced to systematic order the scattered experiments and propositions delivered in my paper."
"L'autore ... sembra un maestro del metodo e ha ridotto ad ordine sistematico gli esperimenti e le proposizioni sparse nelle mie
carte."
“All that was done by French and English electricians with respect to lightning and electricity, fell far short of what was done by Signior
Beccaria at Turin”.
"Tutto ciò che è stato fatto da elettricisti francesi e inglesi per quanto riguarda i fulmini e l'elettricità, è sceso ben al di sotto di
ciò che è stato fatto dal Signior Beccaria a Torino".
In una sua lettera indirizzata al Golden nel 1754, scrisse :
"I have received from Italy a book in quarto, entitled Dell’elettricismo Artificiale e Naturale Libri Due, di Giovanbattista Beccaria de’
CC.RR. delle Scuole Pie, printed at Turin...”
“Ho ricevuto dall’Italia un Libro in quarto (ottenuto da due piegature di un foglio intero: una prima piegatura effettuata sul lato minore, la seconda su quello maggiore).
intitolato Dell’Eletricismo Artificiale e Naturale Libri due di Giovanbattista Beccaria dé CC RR delle Scuole Pie, stampato a Torino…”.
“The author...seems a master of method and has reduced to systematic order the scattered experiments and propositions delivered in my paper."
"L'autore ... sembra un maestro del metodo e ha ridotto ad ordine sistematico gli esperimenti e le proposizioni sparse nelle mie
carte."
“All that was done by French and English electricians with respect to lightning and electricity, fell far short of what was done by Signior
Beccaria at Turin”.
"Tutto ciò che è stato fatto da elettricisti francesi e inglesi per quanto riguarda i fulmini e l'elettricità, è sceso ben al di sotto di
ciò che è stato fatto dal Signior Beccaria a Torino".
Anche Joseph Priestley
manifestò profonda ammirazione per il lavoro del “Nostro” ed elogiò il Monregalese
indicandolo come :
“… il grande genio italiano che aveva di gran lunga superato tutto quello che gli elettricisti francesi e inglesi avevano fatto”.
Thomas Dalibard curò la traduzione in francese dell’Opera che, nella parte finale, riportava una lunga lettera (di
14 pag. )
indirizzata all’Abate Nollet in cui venivano date puntuali risposte alle osservazioni fatte dal fisico francese .
G. Beccaria dunque fu uno dei primi studiosi che contribuirono a trasformare l'Elettrologia da semplice oggetto
di curiosità in disciplina scientifica con veste analitica.
La sua apertura verso i nuovi filoni della Ricerca, si discostò dai programmi e dalla metodologia seguiti nel passato
nell'Ateneo Torinese radicati nella fisica cartesiana .
Grazie al successo riscosso da quell’Opera, Scolopi e Gesuiti cominciarono a divulgare in Roma, con pubbliche tesi
e dissertazioni, “il Sistema Frankliniano accresciuto e reso più consistente dalle osservazioni e dagli esperimenti eseguiti dal Beccaria”.
BECCARIA “METROLOGO”.
In virtù delle sue indagini condotte attraverso “ lo sperimento” lo Scolopio Monregalese, che aveva dato prova di
essere un attento e preciso progettista oltre che utilizzatore di strumenti scientifici, ricevette nel 1749 con il
matematico Padre Accetta l’incarico di studiare e stabilire quali Bilance, Pesi e Misure dovessero usarsi in commercio
negli Stati di S. M. (si occupò dunque di Metrologia).
Gli studi e gli esperimenti da lui effettuati nel campo della Meccanica lo portarono a originali e interessanti scoperte
descritte nel volume pubblicato nel 1750 dal Vicariato col titolo : “Institutiones in Physicam experimentalem”. Tra le
cose più importanti in esso riportate, ricordiamo il “Centro di Coesione” in Statica e la correzione di alcuni errori
commessi dal Gravesande e da Newton nello studio del moto del Pendolo e dei Proietti.
ULTERIORI RICERCHE SULL’ELETTRICISMO.
Non appagato dagli ottimi risultati ottenuti e dal successo riscosso dalla sua Opera del 1753, Beccaria si accinse a
condurre nuovi esperimenti sull’elettricità a “caccia della verità”.
“E questo gradimento vostro mi farà un forte incitamento a perfezionare con ulteriori sperimenti le parti
di
quest’Opera, che ne abbisognino…..………………………………………………………….............................
Una parte, che non diffido di poter meglio chiarire, ella è la cagione de’ movimenti elettrici. La Legge, a che gli riduco
nel capo II mi sembra ognora verissima. Esaminandone una delle cagioni, che alcuni Fisici vogliono essere in parte la
riazione dell’aria , da’ particolari movimenti, che m’è riuscito d’osservare nel voto (vuoto), mi sono indotto certamente
con più forti ragioni, che altri, a rigettarla. …………………………...
Per altro alcuni nuovi sperimenti, che ho pensiero di tentare, spero, che mi daranno occasione di potermi intorno a tal
punto meglio, e più determinatamente spiegare” .
Nel 1756 venne invitato a Bologna, per illustrare i risultati delle sue ricerche ai colleghi di quell’Ateneo, tra i quali era
presente anche Laura Bassi una delle rarissime donne ammesse all’epoca all’ insegnamento universitario. In
quell’occasione l’Elettore di Baviera (Carlo Filippo Teodoro) trovandosi nella “città dotta” volle assistere di persona
agli esperimenti del Beccaria per il quale espresse ammirazione.
La risonanza suscitata nel mondo scientifico dall’ esperimento condotto da Georg Luis Leclerc Duca di Buffon e dai
suoi collaboratori a Marly la Ville incuriosì il Beccaria che replicò in Piemonte quello stesso esperimento aprendo
così un nuovo filone d’indagine, sull’elettricità atmosferica.
Nel 1758, i risultati di una nuova, appassionata e tenace ricerca sperimentale indussero il Beccaria a pubblicare
l’Opera : “ Dell’Elettricismo”, edita a Colle Ameno (Bologna) in cui venne raccolto in modo organico il contenuto
delle 16
lettere, aventi per argomento lo studio dell’Elettricità Atmosferica, da lui inviate al Chimico Jacopo
Bartolomeo Beccari (Docente
nell’Università Felsinea).
Nella prima parte espose in modo chiaro e sintetico la Teoria : evaporazione dei liquidi a causa della scintilla, espulsione dell’aria con la forza della scintilla,
la meccanica dei movimenti elettrici … etc. .
Nella seconda parte trattò dell’elettricità naturale, delle nuvole temporalesche, del vento, dei temporali, dei fulmini etc. , del magnetismo indotto dai
fulmini, della deviazione dell’ago magnetico a causa della scintilla, mettendo in relazione così elettricità e magnetismo.
Nuove congratulazioni pervennero al Beccaria oltre che da Bologna anche da altri illustri colleghi di Università
“Italiane” e Straniere . Riportiamo tra tutti il giudizio espresso dall’Astronomo Giuseppe Toaldo Docente
all’Università di Padova.
Oltre che nel campo dell’Elettricismo, Beccaria dimostrò la sua maestria anche in
altri campi della Fisica.
BECCARIA IDRAULICO.
Nel 1757 S.M. il Re Carlo Emanuele III incaricò il Prof. Michelotti, Docente di Matematica nella Regia
Università di Torino, di studiare e misurare le acque decorrenti con lo scopo di poter mettere a punto un
sistema atto ad arginare la forza delle acque dei fiumi che spesso esondavano provocando gravi danni .
Beccaria, che insegnava ai suoi allievi le leggi dell’ idraulica, desiderava aver parte nella misura. L’occasione
si presentò nel 1764 quando fu progettato un “taglio da darsi al fiume Po”. In quella circostanza , ispirandosi
agli studi condotti dal P. Benedetto Castelli, lo Scolopio Monregalese condusse studi e prove sperimentali
per misurare le “once d’acqua” (portata ponderale e la velocità) utilizzando una serie di sifoni.
Sifone di Beccaria
“Il Padre Beccaria ha provato con una serie
di esattissime esperienze fatte nel 1765 che la
quantità d’acqua che si cava da un sito DKE
per mezzo di un Sifone ABC (vedi immagine)
è costantemente la stessa in tempi uguali, sia
il Sifone immerso nell’acqua stagnante o in
quella corrente, purché col manticetto
applicato nel buco B se ne estragga sempre
l’Aria a dovere e si chiuda indi esattamente
questo buco con terra grassa, ben impastata o
in altro modo: e affinché l’effetto del Sifone
riesca sempre uniforme la sua bocca
succhiante A dev’essere alquanto più grande
della somministrante C”.
(Istituzioni Fisico-Meccaniche per le Reggie Scuole
di Artiglieria e Fortificazione di A. V. Papacino
D’Antoni, Torino 1773 ).
BECCARIA MAESTRO E CAPOSCUOLA – LA POLEMICA CON LAGRANGE –CIGNA E SALUZZO
Sottoponendo nel suo Laboratorio al vaglio dell’esperimento le idee provenienti dall’altra parte dell’Oceano, privilegiando
quindi il metodo sperimentale, Beccaria tracciò nuovi sentieri della Fisica con i quali riuscì ad accendere nell’animo
dei suoi giovani studenti la passione per la Ricerca .
Vale la pena di ricordare, tra i tanti suoi Allievi quelli che maggiormente si distinsero:
Luigi Lagrange, che diciannovenne (1755) era stato nominato da Carlo Emanuele III “Sostituito del Maestro di Matematica” nelle
“Reggie Scuole di Teoria e di Artiglieria” di Torino e che sarà chiamato come successore di Eulero nel 1766 a presiedere la Classe di
Matematica dell’Accademia di Berlino.
Giuseppe Angelo Saluzzo Conte di Monesiglio, che all’età di ventuno anni era Direttore del Laboratorio - per la sezione
Chimica- dell’Arsenale Militare ( Benedetto Spirito
Nicolis di Robilant dirigeva invece la sezione di
Mineralogia di quel
Laboratorio).
Giovanni Francesco Cigna , nipote del Beccaria, che votato agli Studi di Medicina, divenne un famoso Medico- apprezzato in tutta
Europa – per i suoi studi di Fisiologia.
Beccaria riuscì dunque a realizzare la Scuola di alto livello internazionale che era prevista nel piano di
Riforma voluto dal Re Vittorio Amedeo II alcuni decenni prima.
Tuttavia i tre allievi , sopra citati, pur nutrendo un grande rispetto e un’incondizionata ammirazione per il
Maestro, si scontrarono con lui a causa di punti di vista divergenti sulla Teoria del “Flogisto e della
Calcinazione” e decisero di continuare per proprio conto gli esperimenti; fondarono così nel 1757 la “Societas
Privata Taurinensis”, che nel (1759) ebbe un primo riconoscimento da parte di Carlo Emanuele III che la
denominò “Société Royale des Sciences de Turin” e che Vittorio Amedeo III elevò nel 1783
“Académie Royale des Sciences de
Turin”
denominata “Accademia delle Scienze di Torino”.
al rango di
e, che in tempi recenti (dal 1946), è semplicemente
BECCARIA ASTRONOMO E GEODETA.
Nel 1759, attendendo gli Astronomi il ritorno della cometa di Halley, Beccaria realizzò per la circostanza una
macchinetta di ottone che rappresentava l’orbita annua della Terra e l’orbita della Cometa attesa .
Presentò quel modello a S.M. Carlo Emanuele III e, quando l’evento si compì, tutte le notti si recava a Palazzo
per osservare la cometa assieme al Re che si appassionò all’Astronomia a tal punto da ordinare la costruzione di
un telescopio di 40 piedi (?) (cit. Eandi) che venne collocato nei giardini reali e, da quel luogo, iniziò una lunga
serie di osservazioni : ( i satelliti di Giove, l’anello di Saturno, le fasi di Venere etc.).
In quello stesso anno ( 1759 ) giunse a Torino il Sommo Geometra Dalmata Ruggero Giuseppe Boscovich che,
entrato in discorso con Carlo Emanuele III sopra la misura dei gradi dei meridiani ( misura che molti sovrani avevano fatto
realizzare nei loro Stati per determinare la figura della Terra sia per usi geografici che nautici),
passante per Torino.
lo convinse a misurare l’arco di Meridiano
Boscovich, al quale era stata affidata la determinazione dell’arco di Meridiano passante per Roma, volendo
provare la validità di una sua idea circa la possibile influenza esercitata dalle montagne sulla misura, sollecitò la
realizzazione di un progetto che prevedeva la misurazione di due gradi nuovi, una in un paese pianeggiante come
l’Ungheria e l’altra in un paese come il Piemonte posto nelle immediate vicinanze delle Alpi. L’incombenza dei
lavori in Piemonte fu ovviamente assegnata da Carlo Emanuele III al Padre Beccaria che scelse come suo primo
collaboratore l’Abate Domenico Canonica.
Tralasciate perciò momentaneamente le esperienze elettriche, lo Scolopio fece costruire dal Sig. Mattey
macchinista dell’Arsenale e dal meccanico Francalancia, su suo progetto e con precise indicazioni, opportuni
strumenti necessari per la realizzazione della misura commissionata.
Nel maggio 1760 Beccaria e Canonica, in 19 giorni, misurarono con grande accuratezza la base scelta lungo
lo stradone di Francia detto anche via del Re (l’attuale Corso Francia) con estremità poste in un punto
dell’attuale piazza Statuto (245,65 m s.l.m.) e un punto di una piazza di Rivoli (354,515 m s.l.m.) dove furono
sistemati due cubi di marmo con il lato di 2 piedi (circa 0,65 m) . Il geodeta francese La Condamine procurò ai
due: una “Tesa”(un’asta di 1,949037 m ) o più precisamente un “Regolo” di 6 piedi 0 pollici e 11 linee con due
termometri segnanti 13°Reaumur (circa 16°C) e un compasso micrometrico al centesimo di linea.
Beccaria e Canonica, tenendo anche conto delle lievissime variazioni provocate negli strumenti dal variare della
temperatura nel corso della giornata e assicurandosi della perfetta orizzontalità della base, procedettero avanzando di
circa 1 (Km / d). La lunghezza trovata fu di 6051,01 (Tese), circa 11793,60 m. (La misura precisa della base era di
fondamentale importanza per non compromettere i calcoli delle triangolazioni, tra Belvedere di Mondovì e Andrate
(Ivrea), passanti per i vertici di Sanfrè – Saluzzo – Torino – Rivoli – Superga – Balangero – Mazzè). Per evitare errori
vennero utilizzati strumenti “sodi e sicuri” ( settore e quadrante-circolo ripetitore,…. descritti nel cap. II e III del “Gradus
Taurinensis”).
( potrebbe essere interessante far realizzazione dagli allievi semplici modelli di quadrante d’altezza per la determinazione approssimata della latitudine della città dove essi
risiedono ).
Tra una misura e l’altra, nel 1761 i due ebbero modo di osservare
il transito di Venere sul Sole utilizzando il
telescopio che S.M. aveva fatto collocare nel suo giardino. Furono onorati per la circostanza dalla presenza della Corte
e da numerosi Ministri dei Paesi Esteri .
Nel corso dell’osservazione Beccaria credette di aver osservato il passaggio del presunto “satellite” di Venere di
cui discutevano all’epoca gli Astronomi, ma poi dovette ricredersi e concludere che quella falsa visione era
nient’altro che un’immagine spuria .
Nel 1764 Beccaria occupandosi di osservazioni astronomiche per la misura del grado, fece erigere in Torino un
Osservatorio, si trasferì poi
sul colle di Superga per la stessa ragione
e qui, avendo innalzato un altro
“osservatorio meteorologico”, insegnò al Sig. D. Ceca un corretto metodo di lettura degli strumenti; quindi col
Canonica fece diversi viaggi per fissare i punti per i quali passava l’arco del meridiano oggetto della misura .
“Di tanto in tanto, stanco e annoiato dalle fatiche delle osservazioni celesti, si fermava per riposarsi o in Torino o in Mondovì,
lasciando l’incombenza dei calcoli al Canonica, mentre lui in quei frangenti riprendeva ad occuparsi di elettricismo , materia da cui
traeva maggior diletto”. (cit.Eandi)
Nel 1764 osservò con il Canonica, il 7 marzo l’eclissi della Luna e il 1 aprile quella del Sole.
In quello stesso anno il Duca di York (Edoardo Augusto), in visita a Torino, incuriosito per la fama di cui
godeva il “Nostro” in Inghilterra, volle assistere ad alcune esperienze del Beccaria che, da poco, aveva dato
alle stampe due opuscoli, uno sul fenomeno della “doppia rifrazione nel cristallo di rocca” e l’altro teso a
illustrare le sue “scoperte elettriche” descritte nelle lettere inviate al Beccari.
I risultati della misura dell’arco di meridiano, durata circa
14 anni, vennero pubblicati nel “Gradus
Taurinensis” e presentati al Re Vittorio Amedeo III succeduto al defunto padre Carlo Emanuele III, e nel
1776, partendo da quei risultati, i cartografi iniziarono i lavori per il tracciamento della "Carta generale dello
Stato Sabaudo".
A ricordo di quell’impresa, oggi rimangono :
*due obelischi gemelli : uno posto
a Rivoli, dove termina il Corso Francia, l’altro a
Torino in Piazza Statuto (riportato nella foto) . I due obelischi identici furono inaugurati
nel 1808 e più precisamente l’8 Ottobre quello di Rivoli e il 7 Dicembre quello di Torino,
dietro interessamento dei Sindaci Revelli e Giovanni Negro, grazie anche al contributo
dell’allora Prefetto di Torino Stefano Vincent. Gli obelischi furono posizionati negli stessi
punti in cui vennero trovati gli originali lastroni di marmo.
**Una
lapide commemorativa posta in località Belvedere di Mondovì Alta .
(La lunghezza dell’arco ottenuta dal Beccaria fu di 112,06 Km contro gli attuali 111, 37
Km) ( con una differenza di circa lo 0,6% ).
I metodi utilizzati nell’esecuzione delle misurazioni e i risultati ottenuti dal Monregalese ,
essendo in disaccordo con quelli di altri scienziati europei, vennero contestati dal francese
Jean Dominique Cassini che ebbe con lo Scolopio un’accesa polemica che sarà poi dipanata,
da Giovanni Plana.
LA POLEMICA CON ROBERT SYMMER E CON A: VOLTA.
Intanto nel 1759 in Inghilterra il Fisico R. Symmer, in seguito a una casuale osservazione riguardante l’attrazione
e la repulsione tra calze di seta, da lui indossate nel corso della giornata, riportò in auge la vecchia teoria del
“doppio fluido elettrico” avanzata nel 1730da Charles Francois de Cisterney du Fay superata e occultata
poi dalla Teoria del “fluido unico” del 1740 di B. Franklin e fatta propria dal nostro Beccaria.
Le calze di Symmer
Immediata fu la reazione dello Scienziato Monregalese contro l’ipotesi del “doppio fluido” rispolverata dal Symmer.
Con lo scopo di confutarla, difendendo la Teoria Frankliniana, il “Nostro” intraprese una nuova serie di esperimenti i
cui risultati vennero dati alle stampe nel 1767 in una pubblicazione di circa 80 pagine dal titolo :
“ Experimenta, atque observationes, quibus
Electricitas Vindex late constituitur atque explicatur”
Dedicata all’Imperatore Giuseppe II
Pio – Provido – Invicto Scienziarum – Cultori – atque Patrono
Le conclusioni proposte dal Beccaria erano :
•
vi è un solo fluido elettrico;
** vi sono due tipi di elettrizzazione per eccesso e per difetto di fluido;
*** due corpi aventi ugual tipo di elettrizzazione si respingono :
a) in proporzione diretta della somma delle loro elettricità
b) ciascuno in proporzione inversa alla sua massa;
**** due corpi, uno ridondante e uno carente di fluido elettrico, si attraggono :
a) in proporzione diretta della somma delle elettricità contrarie,
b) ciascuno in ragione inversa alla sua massa
c) se entrambi i corpi sono coercenti, dopo l’attrazione presentano una certa adesione,
riducendosi con la scarica allo stato naturale; solamente nella successiva separazione
ricuperano il fluido elettrico scambiato nel contatto; questo stato elettrico in quanto
“rivendicato” dai due corpi viene detto “elettricità vindice”;
***** i moti dei corpi elettrizzati possono essere di due tipi :
a) per semplice pressione ossia senza passaggio di fluido,
b) per attuale diffusione ossia con trasmissione di fluido;
nei corpi deferenti lo squilibrio del fluido, rispetto alla quantità naturalmente presente, provoca uno squilibrio nel “fuoco
elettrico dell’aria” circostante facendolo addensare o diradare in modo da provocare elettricità contraria nei corpi in essa
immersi.
etc.… ( da Quaderni di Storia della Fisica - L. Nuvoli - E. Iannucci anno 2000 n 6 pp. 47-56 ).
Il concetto di “elettricità vindice” causò la reazione del ventiquattrenne comasco A. Volta che, entrando in polemica
col Beccaria, osò in modo piuttosto irriverente apostrofare col termine “libellus” il Libro del fisico piemontese che di
lui era maggiore sia di età che di chiara fama.
Il Volta giustificò successivamente gli effetti rilevati dal Symmer come semplice manifestazione dell’azione induttiva e di lì trasse lo
spunto per la realizzazione dell’elettroforo perpetuo ( la priorità costruttiva di quello strumento fu rivendicata dal Cigna che aprì a sua
volta una polemica col giovane lombardo).
Nel 1772 il Beccaria operò una rifusione complessiva di tutti i suoi lavori sull’elettricità e
diede alle stampe un Volume dal titolo :
“ Elettricismo Artificiale”.
Anche questa volta, il Libro fu elogiato da B. Franklin che, trovandosi a Londra nel
1774 s’incaricò della sua traduzione e stampa in inglese, e ne favorì la diffusione tra la
Comunità Scientifica Anglosassone col titolo : «A treatise upon artificial electricity».
Nell’anno (1775), vide la luce a Torino una nuova opera dello Scolopio Monregalese:
“Dell’Elettricismo terrestre atmosferico”,
scritta per trarre le sue definitive conclusioni sull’elettricismo naturale .
Oltre alle Opere citate, molti altri scritti inediti di questo grande Scienziato furono trovati tra le sue carte dopo la morte
avvenuta il 27 maggio del 1781 al termine di una lunga malattia che lo aveva costretto ad un progressivo isolamento
causato, anche, dal suo carattere piuttosto difficile e poco incline alla socievolezza.
Poiché, oltre ad essere stato un grande uomo di Scienza, fu anche un eccellente umanista come testimoniò l’ Eandi
(suo allievo e biografo) :
vogliamo sottolineare la sua “vena poetica” attraverso questi pochi versi dedicati :
Dopo la sua morte, molteplici furono le manifestazioni tese a
celebrare l’Opera del grande Scienziato Monregalese. Tra le tante
ricordiamo in particolare l’iniziativa intrapresa dagli Scienziati
“Italiani” riuniti a Torino nel 1840 i quali, per dare un giusto e
degno
riconoscimento
al
Beccaria,
raccolsero la somma
necessaria perché venisse eretto in Mondovì un monumento in
suo onore, inaugurato nove anni dopo, nel 1849.
CONCLUSIONE
Grazie all’originale e innovativa metodologia da lui utilizzata nell’indagare i fenomeni naturali
osservati, nonostante la penuria di risorse a disposizione, grazie anche al particolare interesse per la
Fisica, la Chimica e la Medicina, senza trascurare altri campi della Cultura, Beccaria ottenne risultati
concreti, utili al bene comune, al miglioramento delle condizioni di vita e al progresso della Società. Le
sue vicende personali e le Opere, lasciate in eredità a noi posteri, sono state qui ricordate affinché
possano essere oggi, come allora, un valido punto di riferimento per le giovani leve desiderose di
impegnarsi nella “Ricerca” .
Mi sia consentito allora di concludere questo Seminario ricordando anche che il Maestro G. Beccaria fu
l’indiscusso caposcuola della Fisica Sperimentale Torinese da lui portata a quell’elevato livello
internazionale al quale si trova ancora oggi grazie al succedersi di uomini illustri che ricoprirono la sua
stessa cattedra tra i quali ricordiamo : D. Canonica – Giuseppe Antonio Eandi – Giorgio Follini – A.
Avogadro – G. Domenico Botto – Silvestro Gherardi – Gilberto Govi – Andrea Naccari – Alfredo
Pochettino – Gleb Wataghin - Bruno Coppi – Carlo Castagnoli - Guido Piragino – Ferruccio Balestra.
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