La pena di morte Riflessioni sulla pena di morte Albert Camus • Albert Camus è stato un filosofo, saggista, scrittore e drammaturgo francese. Per quanto alcuni critici ritengano Camus difficilmente catalogabile in una corrente letteraria definita, è indubitabile che egli tragga gli spunti per la sua narrativa filosofica dai turbamenti esistenziali della società europea tra le due guerre. • Albert Camus nacque a Mondovi, nell'allora Algeria francese, il 7 novembre 1913 da una modesta famiglia. Il padre era un fornitore d'uva locale discendente di coloni francesi; la madre era figlia di immigrati spagnoli originari di Minorca. Il testo che è stato preso in considerazione è una riflessione riguardante la questione della morte: in questo testo Camus vuole sottolineare l'importanza del riscatto e si chiede perché venga inflitta una doppia morte (spirituale e fisica) a una persona quando questa ha ucciso una sola volta; vuole anche dire che una persona non deve essere condannata a morte perché in questo caso non avrebbe la possibilità di riscattarsi e diventare una persona migliore " Il diritto alla vita, che coincide con la possibilità di riscatto, è il diritto naturale di ogni uomo, persino del peggiore. L' ultimo dei delinquenti e il più integro dei giudici si ritrovano qui fianco a fianco, egualmente infelici e solidali: senza questo diritto, la morte è assolutamente impossibile " Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti • Nicola Sacco nacque a Torremaggiore il 22 aprile 1891 da una famiglia di produttori agricoli. Si sposò con Rosina Zambelli (nel 1912). Ebbe un figlio, Dante e una figlia, Ines. Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Nonostante ciò, partecipava attivamente alle manifestazioni operaie dell'epoca, attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro. In tali occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di queste attività venne arrestato nel 1916. • Bartolomeo Vanzetti, nato a Villafalletto l'11 giugno 1888, era il secondo dei quattro figli di • Giovanni Battista Vanzetti (1849-1931), modesto proprietario terriero nonché gestore di una piccola caffetteria. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano due anarchici italiani. Vennero arrestati, processati e giustiziati sulla sedia elettrica negli Stati Uniti negli anni venti, con l'accusa di omicidio di un contabile e di una guardia di un calzaturificio . Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all'epoca del loro processo.Nicola e Bartolomeo tornarono nel Massachusetts dopo la guerra, non sapendo di essere inclusi in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, né di essere pedinati dagli agenti segreti USA. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo. Questi, il 3 maggio 1920, venne probabilmente assassinato dalla polizia, che lo indusse a cadere dal quattordicesimo piano di un edificio appartenente al Ministero di Giustizia.Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per far luce su questa vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a Brockton il 9 maggio; i due vennero arrestati prima dell'evento, per essere stati trovati in possesso di volantini anarchici e alcune armi. Pochi giorni dopo vennero accusati anche di una rapina avvenuta a South Braintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del loro arresto; in tale occasione erano stati uccisi a colpi di pistola due uomini: il cassiere della ditta e una guardia giurata. Martina Correia Martina Correia grande attivista sociale, non solo impegnata nell’abolizione della pena di morte, ma impegnata per i diritti umani. Possiamo dire con certezza che è stata una vita molto breve la sua, ma vissuta bene. Si potrebbero elencare le onorificenze ricevute da: Amnesty International, American Civil Liberty Union, il Southern Center for Human Rights, tutte grazie al suo attivismo senza compromessi. Forse si dovrebbe anche scrivere che di professione faceva l’infermiera e che era una veterana delle forze U.S.A. che aveva partecipato alla prima guerra del Golfo (1990-1991), detta “Desert Storm”. Questa grande donna, conosciuta al mondo come “la sorella di Troy Davis” divenne voce non solo del fratello, innocente e condannato a morte, ma di tutti coloro che, silenziosi e dimenticati, sono rinchiusi nell’orrore del braccio della morte. Abbiamo chiesto a un veterano delle prigioni americane cosa pensasse di Martina Correia. La sua risposta può forse stupire: “Era amore”. Allora dobbiamo parlare di questo amore sconfinato, una passione che la guidò e riuscì a trasformare una tragedia personale, non solo la carcerazione ingiusta dell’amatissimo fratello, ma anche la sua terribile malattia (Suo figlio aveva solo sei anni quando i dottori le diagnosticarono sei mesi di vita) nella voglia di lottare per i diritti umani. Le vittime invisibili • Martina Correia è rinchiusa nel braccio della morte. • Non ha ucciso nessuno e non è mai stata processata. È nel braccio della morte perché è lì che vive suo fratello. Il braccio della morte è per lei e la sua famiglia un incubo vivente. Come sorella maggiore di cinque figli, si è sempre sentita responsabile della protezione dei suoi fratelli. Suo padre è morto di depressione e dolore, sua madre prega, prega, prega … e piange, piange e piange. Ogni telefonata a tarda notte li terrorizza, ogni visita alla prigione li rende euforici, e intanto la morte è sempre intorno a loro. Hanno perso la loro chiesa, hanno perso i loro amici e hanno perso il lavoro: SONO DIVENTATE LE VITTIME INVISIBILI, SONO DIVENTATI IL NEMICO DELLO STATO. La sua vita è una battagli costante, combatte per salvare suo fratello e combatte per salvare se stessa dal cancro. Dopo anni di tormento e paura, è orribile saper che qualcuno che ami sarà ucciso in un giorno preciso, un’ora precisa. Nel braccio della morte vedi le altre famiglie che aspettano l’esecuzione del proprio caro e non sai cosa dire: ti chiedi se la loro sofferenza finirà o aumenterà. Il timore più grande di Martina è che nel sistema giudiziario nessuno si preoccupi veramente. E suo fratello sarà ucciso dallo Stato della Georgia. Il figlio di Martina Correia è abbastanza grande da chiederle: “Perché vogliono uccidere mio zio?” e intanto lei pensa : “Cosa posso fare per salvare Troy?” Troy Davis, afro-americano, è stato condannato a morte nel 1991 per l’omicidio dell’agente di polizia Mark Allen MacPhail a Savannah, nello Stato della Georgia. Davis ha sempre negato di aver commesso l’omicidio, ma il fatto che la vittima fosse un poliziotto bianco ha fortemente condizionato il procedimento penale. Contro Davis non sono mai state presentate prove concrete e l’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Nel corso degli anni, sette dei nove testimoni che lo accusavano hanno ritrattato mentre uno dei due restanti sarebbe stato individuato quale il reale colpevole e l’altro è sicuro solo del colore della maglietta. NONOSTANTE I DUBBI DELLA SUA COLPEVOLEZZA, TROY DAVIS è STATO MESSO A MORTE LA NOTTE DEL 21 SETTEMBRE 2011. Martina Correia, malata da lunghi anni di cancro è morta il successivo 1 dicembre. Mumia abu-jamal Mumia Abu-Jamal è uno dei fondatori della sezione di Philadelphia del partito delle Pantere Nere . Le Pantere Nere o Black Panther Party è stata una storica organizzazione rivoluzionaria afroamericana degli Stati Uniti. la vicenda di Mumia inizia con l'arresto nel 1981 per la presunta uccisione di un poliziotto. Durante l'arresto e la permanenza all'ospedale in cui viene portato perchè rimane anche lui ferito nello scontro a fuoco in cui muore il poliziotto Mumia viene pestato più volte dalle guardie. Ci fu un'inchiesta molto discussa e soprattutto inficiata da pregiudizi razziali che porto Mumia davanti al tribunale della Pensilvanya e nel 1982 venne condannato a morte. Mumia dopo che fu condannato a morte fu messo in una cella di isolamento incatenato tutto il giorno a una grata d'acciaio. Aveva una maglia bianca che raffigurava il luogo d'assegnazione: la cosiddetta unità di osservazione psichiatrica. Era evidente che aveva dei problemi mentali infatti non solo evitava il contatto visivo con le altre persone ma aveva forti tremori a causa dei farmaci psicotropi con cui l'avevano imbottito. nonostante avesse una lunga storia psichiatrica e avesse minacciato di suicidarsi Mumia viene messo nel buco. Il buco è una minuscola cella in cui Mumia è costretto a stare 24 ore al giorno . Un giorno si sente un fortissimo odore di bruciato le guardie corrono verso la cella di Mumia dove trovano l' uomo nudo che cammina con la fronte annerita come un toast bruciato emanando un odore acre come un sacrificio infernale. da lì a poco Mumia muore. Il 70 per cento del suo corpo è ustionato. Non ci sono parole per descrivere fino a che punto l’odio per il diverso possa spingere certe persone a compiere atti di crudeltà assoluta. Condannato a morte Dostoevsky • Dostoevskij nacque a Mosca nel 1821 e morì a Pietroburgo nel 1881. • A 16 anni rimase orfano di madre e il padre lo mandò ad una scuola militare contro il suo volere. • Dostoevskij abbandonò presto la vita militare e iniziò a dedicarsi alla letteratura cominciando a lavorare come traduttore. • Nel 1839 morì suo padre, ucciso dai propri contadini che maltrattava quando era ubriaco. Alla notizia Dostoevskij ebbe il primo attacco di epilessia, malattia che lo tormenterà per tutta la vita. • Nel 1847 incominciò a frequentare alcuni circoli rivoluzionari socialisti e, nel 1849, venne arrestato e imprigionato con l'accusa di cospirazione e di far parte di un'associazione segreta. • Subì un processo e fu condannato alla pena di morte mediante la fucilazione. Si salvò all'ultimo momento, arrivando un messo imperiale con l'annuncio che la pena era stata commutata in 4 anni di lavori forzati. • 1850-1854: scontò la pena in una fortezza in Siberia. L'esperienza negativa del carcere lo segnò sia sul piano fisico sia sul piano psicologico. Notizie sull’ idiota • Romanzo pubblicato nel 1869 e considerato uno dei più belli dell'autore. • Personaggio principale è il principe Myskin, ultimo erede di una famiglia decaduta. • Tale personaggio, creato da Dostoevskij, è il più affascinante della letteratura mondiale ed è di carattere autobiografico. • Myskin, cresciuto in un villaggio svizzero, è affetto da una malattia nervosa che lo rende indifeso ed insicuro, troppo fiducioso nel prossimo. • Il giovane è di natura generoso, buono, candido, non ha esperienze di vita, è innocente e puro. • Per queste sue qualità la società lo condanna, considerandolo un “idiota”, mentre lui pensa che la società sia malata e crudele. • Miskin prova un sentimento non conosciuto dai suoi simili : la compas compassione. • Miskin è simile a Cristo ma anche a Don Chisciotte, un folle e sognatore. • Il Principe è il più bel personaggio creato dall'autore Dal testo • Il condannato era un tipo “intelligente, robusto, coraggioso e di mezza età”. Un uomo dunque, non un bambino, ma salito sul patibolo non può fare a meno di piangere e di disperarsi. • “Che prova l'anima in quel momento?” Difficile immaginare la confusione di sentimenti che rendono l’uomo triste e impotente di fronte a questo implacabile destino. • Il quinto comandamento recita “non uccidere”, eppure si decide di punire un assassino con la sua stessa arma: la morte. La follia è scambiare la punizione con la colpa. • Un’amara riflessione ci presenta una profonda verità: “il dolore principale non è quello delle ferite; è invece la certezza che (…) l’anima si staccherà dal corpo e che tu cesserai irrevocabilmente di essere un uomo.” L’uomo smette di esistere, muore nel corpo e nell’anima, l’uomo che è carne ma anche, soprattutto, spirito. • “La pena di morte che danno per un assassinio è un castigo sproporzionalmente grave. Un assassinio legale (…).” Questa sentenza di condanna toglie ogni illusione e vanifica ogni speranza, non c’è più via d’uscita. • “La più terribile tortura, la massima tortura che esiste al mondo è appunto quella consapevolezza dell’inevitabilità.” Di fronte a questa certezza, davanti all’idea di sapere il giorno e l’ora della sua fine l’uomo può solo impazzire. Aforismi • Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni. • Vi sono uomini che non hanno mai ucciso, eppure sono mille volte più cattivi di chi ha assassinato sei persone. • La civiltà ha reso l'uomo più sanguinario di quanto non lo fosse un tempo. • Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità il tempo non ci sarà più. • A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza. • CESARE BECCARIA NACQUE A MILANO NEL 1738 DA UNA FAMIGLIA RICCA E NOBILE. VENNE EDUCATO FINO A 16 ANNI IN UN COLLEGIO A PARMA. SI LAUREO’ POI IN LEGGE PRESSO L’UNIVERSITA’ DI PAVIA • LA PRIMA OPERA DI BECCARIA USCI’ A LUCCA NEL 1762 “DEL DISORDINE E DE’ RIMEDI DELLE MONETE NELLO STATO DI MILANO NEL 1672”, CHE TRATTAVA DI ECONOMIA. NELLO STESSO ANNO GLI NACQUE LA FIGLIA GIULIA, LA FUTURA MADRE DI ALESSANDRO MANZONI. • BECCARIA COLLABORO’ SPORADICAMENTE ALLA RINOMATA RIVISTA “ IL CAFFE’ ” , UN CELEBRE GIORNALE POLITICO-LETTERARIO DEL TEMPO, MA IL SUO CAPOLAVORO FU “ DEI DELITTI E DELLE PENE • QUANDO VENNE PUBBLICATA QUEST’OPERA L’AUTORE AVEVA APPENA 25 ANNI E QUESTO RESTO’ IL SUO UNICO SUCCESSO NELLA SUA LUNGA CARRIERA DI SCRITTORE E FILOSOFO; TUTTI GLI ALTRI SUOI SCRITTI RIMASERO PRESSAPPOCO SCONOSCIUTI. “DEI DELITTI E DELLE PENE” VENNE STAMPATO A LIVORNO NEL 1764. BECCARIA PREFERI’ FAR COMPARIRE COME ANONIMO L’OPUSCOLO, TEMENDO RIPICCHE PERSONALI E RITORSIONI. INFATTI PARECCHIE FURONO LE REAZIONI DI CONDANNA, SOPRATTUTTO DA PARTE DELLA CHIESA CATTOLICA, CHE INSERI’ L’OPERA NELL’INDICE DEI LIBRI PROIBITI. TUTTAVIA BECCARIA OTTENNE ANCHE MOLTI PARERI FAVOREVOLI. • IL TRATTATO “DEI DELITTI E DELLE PENE” ESPRIMEVA PER LA PRIMA VOLTA CHIARAMENTE LE ESIGENZE DI UNA RIFORMA GIUDIZIARIA. L’OPERA E’ DIVISA IN 42 BREVI CAPITOLI, OGNUNO DEI QUALI TRATTA UN ASPETTO SPECIFICO. • LO SCOPO DELL’OPERA NEL SUO INSIEME, E’ DI DIMOSTRARE L’ASSURDITA’ DEL SISTEMA GIURIDICO VIGENTE ALL’EPOCA. IN PARTICOLARE BECCARIA ESPRIME LA SUA CONTRARIETA’ ALLA PENA DI MORTE, GESTO DI GRANDE INCIVILTA’ DELLO STATO. • SE LO STATO E’ FORTE, ALLORA PUNIRA’ SENZ’ALTRO IL CRIMINALE IL QUALE, SAPENDO CHE VERRA’ PUNITO, NON INFRANGERA’ PIU’ LA LEGGE. SECONDO BECCARIA OCCORRONO PENE MITI, MA CHE VENGANO SEMPRE APPLICATE • LA PENA DI MORTE DIVENTA QUINDI INUTILE, PERCHE’ LO STATO FORTE E’ CAPACE DI PUNIRE I CRIMINALI. PER BECCARIA LA VERA GIUSTIZIA CONSISTE NELL’IMPEDIRE I DELITTI, NON NEL DARE LA MORTE! LA SEDIA testimonianza raccolta dal Death Row Journal, Texas USA Questo brano che si intitola " LA SEDIA": è una testimonianza raccolta dal Death Row Journal, Texas USA - 14 Agosto 2001. Il testo parla di Michael Toney, un condannato a morte che si trova nel braccio della morte. Egli ha sempre dichiarato la propria innocenza, tuttavia è stato accusato di aver provocato un'esplosione in una casa di Fort Worth dove hanno perso la vita tre persone ed è stato condannato. Per Michael quel giorno è particolare, infatti pensa che sia arrivata la sua fine. Le guardie, diversamente da altre volte, lo scortano tenendogli una un braccio e l'altra l'altro: sembra che stiano accompagnando Michael nella stanza dove egli pensa che arriverá la sua ora. La sedia elettrica è collegata ad una spina attraverso un grande cavo nero. Sul retro della sedia c'è scritto " PERICOLO " e sulla spina " ALTO VOLTAGGIO ". Toney pensa che la sua vita stia per finire, quando viene spinto via e viene riportato fuori. Non sa cosa stia succedendo, la paura che le guardie cambino idea è grande. Lo portano in un ufficio, e una donna gli chiede il suo nome, Michael Toney risponde; la signora fa segno di andare via e dice che lui è la persona sbagliata. Michael, mentre viene riaccompagnato in cella, passa davanti alla sala dove è stato prima, su quella sedia ora c'è un uomo che sta urlando, dice frasi senza senso, è magro, denutrito e ha gli occhi sbarrati. Toney dopo poco lo riconosce, lo ha incontrato qualche volta nella prigione. Ancora impaurito, uscito dal corridoio, prende coraggio e chiede alle guardie a cosa serve quella sedia. Gli rispondono che la macchina è un metal detector per orifizi corporali. Michael si sente più tranquillo quando sa che non è una sedia elettrica per l'esecuzione, ma rimane comunque sconvolto. • Michael Toney non è stato ucciso, ma è stato rilasciato dieci anni dopo la sua condanna. • La sedia elettrica era collegata ad una spina attraverso un grande cavo nero. Toney pensava che la sua vita stava per finire, quando venne spinto via e venne riportato fuori. Non sapava cosa stesse succedendo, la paura che le guardie cambiassero idea era grande. Lo portarono in un uffucio, e una donna gli chiese il suo nome, Micheal Toney rispose, la signora fece segno di andare via e disse che lui era la pesona sbagliata. • Micheal mentre fu riaccompagnato in cella passo davanti a quella sala dove era stato prima, su quella sedia c'era una persona che stava urlando. Toney lo conosceva lo aveva incontrato qualche volta nella prigione. Ancora impaurito, uscito dal corridoio, ebbe il coraggio di chiedere alle guardie come mai la sedia era lí. Gli fu risposto che la macchina era un metal detector per orifizi corporali. Micheal si sentí più tranquillo quando seppe che non era una sedia elettrica per l'esecuzione. Micheal Toney fu rilasciato solo dieci anni dopo la sua condanna. Animali in gabbia Napoleon Breazley • NAPOLEON BEAZLEY, AFRO AMERICANO, E’ MORTO PER INIEZIONE LETALE IL 28 MAGGIO 2002 QUANDO AVEVA 17 ANNI PER AVER ASSASSINATO JOHN LUTTIG NEL SUO GARAGE PER RUBARGLI LA SUA MACCHINA. • LA VITTIMA ERA IL PADRE DI UN GIUDICE FEDERALE. IL PROCESSO DI PRIMO GRADO FU FORTEMENTE CONDIZIONATO DALL’IMPORTANZA DELLA VITTIMA E DAL PREGIUDIZIO RAZZIALE: LA GIURIA ERA COMPOSTA DA SOLI BIANCHI. • IL TESTO E’ STATO SCRITTO DA BEAZLEY MENTRE ERA NELLA PRIGIONE DEL TEXAS. INIZIA RICORDANDO IL GIORNO IN CUI AVEVA 13 ANNI CHE CON LA SUA CLASSE ANDO’ A VISITARE LO ZOO, ESSENDO UN AMANTE DEGLI ANIMALI ERA MOLTO ENTUSIASTO, MA QUANDO LI VIDE RIMASE DELUSO: LEONI CHE NON RUGGIVANO, TIGRI QUIETE ED ELEFANTI DEPRESSI. PENSAVA COME FACESSERO A VIVERE IN QUELLE PICCOLE GABBIE, MA ORA CAPIVA, PER LUI IN CARCERE ERA LA STESSA COSA. • GLI UOMINI ARRIVAVANO AL PUNTO DI DESIDERARE LA LORO FINE. BEAZLEY RACCONTA CHE UN GIORNO UNA VISITATRICE DEL CARCERE CHIESE AD UN SECONDINO, INDICANDO LA SUA CELLA, IL PERCHE’ NON CI FOSSE IL MATERASSO. BEAZLEY INTERVENNE E DISSE DI NON TRATTARLO COME SE NON CI FOSSE PERCHE’ ANCHE LUI PUR ESSENDO IN CARCERE ERA UN UOMO E POTEVA PARLARE. IN PIU’ GLI RISPOSE CHE IL MATERASSO C’ERA, ERA SOTTO IL LETTO MA NON LO VOLEVA USARE PERCHE’ VOLEVA RICORDARSI IN OGNI MOMENTO IL PERCHE’ ERA LI’. ALLA FINE DEL BRANO BEAZLEY DA’ UN CONSIGLIO: TRA MILLE ANNI NON AVRA’ IMPORTANZA COME FOSSE STATO IL VOSTRO CONTO IN BANCA, CHE TIPO DI AUTOMOBILE GUIDAVATE O DOVE ABITAVATE, AVRA’ PIU’ IMPORTANZA IL FATTO CHE IL MONDO POSSA ESSERE DIVENTATO UN POSTO MIGLIORE ANCHE PERCHE’ VOI CI AVETE VISSUTO. L’ ultima dichiarazione Napoleon Beazley L’ultima dichiarazione • Nella sua ultima dichiarazione Beazley espresse chiaramente le sue idee contro la pena di morte e disse: « sono deluso dal fatto che un sistema che si suppone debba proteggere e procurare quello che è giusto in realtà sia così simile a me e stia facendo lo stesso vergognoso errore che commisi io» Nessuno vince stanotte, nessuno starà meglio, nessuno uscirà di qui vittorioso La lapidazione • Articolo 98- La lapidazione è una punizione per reati d’adulterio. Il condannato deve essere frustato e poi lapidato a morte. • Articolo 99- Se l’adulterio viene confessato dal condannato stesso il primo ha lanciare la pietra verso il condannato è il giudice poi tutti gli altri. Se invece l’adulterio è provato da un testimone il primo ha lanciare la pietra è il testimone, il Giudice e tutti gli altri. • Articolo 102- L’uomo viene seppellito fino alla vita e la donna fino al torace. • Articolo 103- Se il condannato riesce a liberarsi dalla fossa in cui è stato seppellito, Se era stato lui stesso a confessare può evitare la lapidazione. Se invece vi era un testimone allora dovrà essere rieseguita. • Articolo 104- Le dimensioni delle pietre non dovranno essere troppo grandi da uccidere il condannato ma nemmeno troppo piccolo. In Iran, Lapidare a morte una persona non è contro la legge. Usare una pietre sbagliata, si. Testimonianza di Dorothea B. Moorefield Dorothea B. Moorefield è la madre di un giovane assassinato a 19 anni, nel 1976 in Virginia (USA). Il testo è tratto da un suo intervento svolto durante la conferenza con cui la sezione olandese di Amnesty International ha aperto la campagna per l’abolizione della pena di morte, il 25 aprile 1989.- L’uomo che uccise il figlio di Dorothea fu arrestato poco dopo l’omicidio, aveva 39 anni ed era nei guai con la legge da quando era un bambino.Dorothea odiava quell’assassino perché aveva ucciso suo figlio, la cosa più preziosa della sua vita. Lo voleva morto e questa era l’unica cosa che riteneva avrebbe fatto giustizia. In realtà voleva solo Poi capì che questo odio e questo desiderio di vendetta l’avrebbero distrutta e che l’unico modo per superare il dolore della perdita era quello di lasciarsi alle spalle tutto quell’odio e quella rabbia. Doveva ricordarsi come era il figlio, una persona dolce e gentile. L’odio distrugge, l’amore guarisce. Nel 1983 venne messo a morte in Louisiana un ragazzo il cui avvocato d’ufficio studiò il caso solo 8 ore. Dorothea incontrò la madre di quel ragazzo e si abbracciarono piangendo. Le univa il dolore di due madri che avevano perso un figlio. La sofferenza di quella madre non era inferiore a quella di Dorothea.Quel ragazzo era nero e povero ed era un esempio del tipico americano che viene messo a morte dallo Stato. “Non c’è nulla nella vita che possa prepararti alla morte brutale, insensata e orrenda di tuo figlio. E’ come se il peggiore incubo di ogni genitore diventasse realtà.” Non esiste alcuna giustificazione alla tortura o a trattamenti crudeli e disumani. Secondo la Dichiarazione universale dei diritti umani: "Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti". La sofferenza fisica causata dall'azione di uccidere un essere umano non può essere quantificata, né può esserlo la sofferenza mentale causata dalla previsione della morte che verrà per mano dello Stato. Victor-Marie Hugo Victor-Marie Hugo è stato un poeta, drammaturgo, saggista, scrittore, aforista, artista visivo, statista e attivista per i diritti umani francese, considerato il padre del Romanticismo in Francia. Seppe tenersi lontano dai modelli malinconici e solitari che caratterizzavano i poeti del tempo, riuscendo ad accettare le vicissitudini non sempre felici della sua vita per farne esperienza esistenziale e cogliere i valori e le sfumature dell'animo umano. I suoi scritti giunsero a ricoprire tutti i generi letterari, dalla poesia lirica al dramma, dalla satira politica al romanzo storico e sociale, suscitando consensi in tutta Europa. citazioni • Che cos'è il dolore fisico paragonato al dolore morale? Leggi così fatte dovrebbero ispirare orrore e pietà. (1956)“ • „Tutto sta nell'andare alla meta, sia essa sulla terra, sia essa nel cielo: nel primo caso si è Colombo, nel secondo Gesù.“ • È dell'inferno dei poveri che è fatto il paradiso dei ricchi. (1999, p. 350)“ • „Il pensatore vuole, il sognatore subisce. Ultimo giorno di un condannato a morte è un romanzo breve, eppure riesce a far male, e il male che ti provoca è di quelli che lasciano il segno. Pubblicato nel 1829 l'opera di Hugo è una chiara e lampante denuncia contro la pena di morte. Siamo nel XIX secolo e a un uomo, accusato di omicidio, l'attende la ghigliottina. Quella lama però non darà un taglio netto e immediato alla sua vita, ma ci metterà sei lunghe ed estenuanti settimane prima di scendere sul suo collo e ucciderlo. Sei settimane in cui il tempo sarà la tortura più atroce, dei fogli su cui scrivere la vana speranza che la sua storia possa servire a qualcosa, magari a ottenere la grazia, forse a salvare qualcuno dopo di lui. Intanto la mente si abbandona ai ricordi, vicini e lontani, per poi soffermarsi sulla famiglia... perchè quando arriverà "quel" giorno a sanguinare non sarà solo lui, ma anche la vecchia madre, la fragile moglie, la piccola Marie di soli tre anni. Di quest'uomo sappiamo poco, quasi nulla, perchè la vita non ha nome, volto, o estrazione sociale. È un diritto inalienabile che non ci va sottratto e che andrebbe salvaguardato. E la morte non andrebbe mai spettacolarizzata in una piazza, davanti a persone che ridono, fomentano la folla, gioiscono della pena altrui.Tra stati d'animo altalenanti prende vita uno scritto che s'interrompe sui grandini del patibolo, quando non c'è più tempo, quando la speranza ti abbandona, quando la paura può ucciderti più velocemente del boia.Victor Hugo ha scritto un romanzo che colpisce dritto allo stomaco, da cui non riesci a staccarti nonostante l'angoscia crescente, nonostanti il finale sia noto fin dal principio. Non voglio aprire una discussione sulla pena di morte, su cosa sia giusto o sbagliato, ma piuttosto su come due secoli fa qualcuno si dimostrasse già tanto sensibile a un tema ancora oggi così attuale. Hugo non aveva nemmeno 30 anni quando scrisse questo piccolo capolavoro e l'eco dei suoi ideali è arrivato fino a noi dicendoci, anzi, gridandoci, che la vendetta è dell'individio, la punizione di Dio. Here's to you, Nicola and Bart Rest forever here in our hearts The last and final moment is yours That agony is your triumph