La pena di morte
Riflessioni sulla pena di morte
Albert Camus
• Albert Camus è stato un filosofo, saggista,
scrittore e drammaturgo francese. Per quanto
alcuni critici ritengano Camus difficilmente
catalogabile in una corrente letteraria definita,
è indubitabile che egli tragga gli spunti per la
sua narrativa filosofica dai turbamenti
esistenziali della società europea tra le due
guerre.
• Albert Camus nacque a Mondovi, nell'allora
Algeria francese, il 7 novembre 1913 da una
modesta famiglia. Il padre era un fornitore
d'uva locale discendente di coloni francesi; la
madre era figlia di immigrati spagnoli originari
di Minorca.
Il testo che è stato preso in considerazione è una
riflessione riguardante la questione della morte:
in questo testo Camus vuole sottolineare
l'importanza del riscatto e si chiede perché
venga inflitta una doppia morte (spirituale e
fisica) a una persona quando questa ha ucciso
una sola volta; vuole anche dire che una persona
non deve essere condannata a morte perché in
questo caso non avrebbe la possibilità di
riscattarsi e diventare una persona migliore
" Il diritto alla vita, che coincide con la
possibilità di riscatto, è il diritto naturale di ogni
uomo, persino del peggiore. L' ultimo dei
delinquenti e il più integro dei giudici si
ritrovano qui fianco a fianco, egualmente infelici
e solidali: senza questo diritto, la morte è
assolutamente impossibile "
Nicola Sacco e Bartolomeo
Vanzetti
• Nicola Sacco nacque a Torremaggiore il 22
aprile 1891 da una famiglia di produttori
agricoli. Si sposò con Rosina Zambelli (nel 1912).
Ebbe un figlio, Dante e una figlia, Ines.
Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al
giorno. Nonostante ciò, partecipava attivamente
alle manifestazioni operaie dell'epoca,
attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari
più alti e migliori condizioni di lavoro. In tali
occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di
queste attività venne arrestato nel 1916.
• Bartolomeo Vanzetti, nato a Villafalletto l'11
giugno 1888, era il secondo dei quattro figli di
• Giovanni Battista Vanzetti (1849-1931),
modesto proprietario terriero nonché gestore
di una piccola caffetteria.
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano due anarchici italiani.
Vennero arrestati, processati e giustiziati sulla sedia elettrica negli
Stati Uniti negli anni venti, con l'accusa di omicidio di un contabile e di
una guardia di un calzaturificio . Sulla loro colpevolezza vi furono molti
dubbi già all'epoca del loro processo.Nicola e Bartolomeo tornarono
nel Massachusetts dopo la guerra, non sapendo di essere inclusi in una
lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, né di essere
pedinati dagli agenti segreti USA. Nella stessa lista era incluso anche
un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo. Questi, il 3 maggio
1920, venne probabilmente assassinato dalla polizia, che lo indusse a
cadere dal quattordicesimo piano di un edificio appartenente al
Ministero di Giustizia.Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per
far luce su questa vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a
Brockton il 9 maggio; i due vennero arrestati prima dell'evento, per
essere stati trovati in possesso di volantini anarchici e alcune armi.
Pochi giorni dopo vennero accusati anche di una rapina avvenuta a
South Braintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del
loro arresto; in tale occasione erano stati uccisi a colpi di pistola due
uomini: il cassiere della ditta e una guardia giurata.
Martina Correia
Martina Correia grande attivista sociale, non solo
impegnata nell’abolizione della pena di morte, ma
impegnata per i diritti umani. Possiamo dire con
certezza che è stata una vita molto breve la sua, ma
vissuta bene. Si potrebbero elencare le onorificenze
ricevute da: Amnesty International, American Civil
Liberty Union, il Southern Center for Human Rights,
tutte grazie al suo attivismo senza compromessi.
Forse si dovrebbe anche scrivere che di professione
faceva l’infermiera e che era una veterana delle forze
U.S.A. che aveva partecipato alla prima guerra del
Golfo (1990-1991), detta “Desert Storm”. Questa
grande donna, conosciuta al mondo come “la sorella di
Troy Davis” divenne voce non solo del fratello,
innocente e condannato a morte, ma di tutti coloro
che, silenziosi e dimenticati, sono rinchiusi nell’orrore
del braccio della morte.
Abbiamo chiesto a un veterano delle prigioni
americane cosa pensasse di Martina Correia.
La sua risposta può forse stupire: “Era
amore”. Allora dobbiamo parlare di questo
amore sconfinato, una passione che la guidò
e riuscì a trasformare una tragedia
personale, non solo la carcerazione ingiusta
dell’amatissimo fratello, ma anche la sua
terribile malattia (Suo figlio aveva solo sei
anni quando i dottori le diagnosticarono sei
mesi di vita) nella voglia di lottare per i
diritti umani.
Le vittime invisibili
• Martina Correia è rinchiusa nel braccio della morte.
• Non ha ucciso nessuno e non è mai stata processata.
È nel braccio della morte perché è lì che vive suo
fratello. Il braccio della morte è per lei e la sua
famiglia un incubo vivente. Come sorella maggiore di
cinque figli, si è sempre sentita responsabile della
protezione dei suoi fratelli. Suo padre è morto di
depressione e dolore, sua madre prega, prega, prega
… e piange, piange e piange. Ogni telefonata a tarda
notte li terrorizza, ogni visita alla prigione li rende
euforici, e intanto la morte è sempre intorno a loro.
Hanno perso la loro chiesa, hanno perso i loro amici e
hanno perso il lavoro: SONO DIVENTATE LE
VITTIME INVISIBILI, SONO DIVENTATI IL
NEMICO DELLO STATO.
La sua vita è una battagli costante, combatte per
salvare suo fratello e combatte per salvare se stessa
dal cancro. Dopo anni di tormento e paura, è orribile
saper che qualcuno che ami sarà ucciso in un giorno
preciso, un’ora precisa. Nel braccio della morte vedi le
altre famiglie che aspettano l’esecuzione del proprio
caro e non sai cosa dire: ti chiedi se la loro sofferenza
finirà o aumenterà. Il timore più grande di Martina è
che nel sistema giudiziario nessuno si preoccupi
veramente. E suo fratello sarà ucciso dallo Stato della
Georgia. Il figlio di Martina Correia è abbastanza
grande da chiederle: “Perché vogliono uccidere mio
zio?” e intanto lei pensa : “Cosa posso fare per salvare
Troy?”
Troy Davis, afro-americano, è stato condannato a morte
nel 1991 per l’omicidio dell’agente di polizia Mark Allen
MacPhail a Savannah, nello Stato della Georgia. Davis ha
sempre negato di aver commesso l’omicidio, ma il fatto
che la vittima fosse un poliziotto bianco ha fortemente
condizionato il procedimento penale. Contro Davis non
sono mai state presentate prove concrete e l’arma del
delitto non è mai stata ritrovata. Nel corso degli anni,
sette dei nove testimoni che lo accusavano hanno
ritrattato mentre uno dei due restanti sarebbe stato
individuato quale il reale colpevole e l’altro è sicuro solo
del colore della maglietta. NONOSTANTE I DUBBI DELLA
SUA COLPEVOLEZZA, TROY DAVIS è STATO MESSO A
MORTE LA NOTTE DEL 21 SETTEMBRE 2011. Martina
Correia, malata da lunghi anni di cancro è morta il
successivo 1 dicembre.
Mumia abu-jamal
Mumia Abu-Jamal è uno dei
fondatori della sezione di
Philadelphia del partito delle
Pantere Nere . Le Pantere
Nere o Black Panther
Party
è stata una storica
organizzazione rivoluzionaria
afroamericana degli Stati
Uniti.
la vicenda di Mumia inizia con l'arresto
nel 1981 per la presunta uccisione di un
poliziotto. Durante l'arresto e la
permanenza all'ospedale in cui viene
portato perchè rimane anche lui ferito
nello scontro a fuoco in cui muore il
poliziotto Mumia viene pestato più volte
dalle guardie. Ci fu un'inchiesta molto
discussa e soprattutto inficiata da
pregiudizi razziali che porto Mumia
davanti al tribunale della Pensilvanya e
nel 1982 venne condannato a morte.
Mumia dopo che fu condannato a morte
fu messo in una cella di isolamento
incatenato tutto il giorno a una grata
d'acciaio. Aveva una maglia bianca che
raffigurava il luogo d'assegnazione: la
cosiddetta unità di osservazione
psichiatrica. Era evidente che aveva dei
problemi mentali infatti non solo evitava
il contatto visivo con le altre persone ma
aveva forti tremori a causa dei farmaci
psicotropi con cui l'avevano imbottito.
nonostante avesse una lunga storia
psichiatrica e avesse minacciato di suicidarsi
Mumia viene messo nel buco. Il buco è una
minuscola cella in cui Mumia è costretto a
stare 24 ore al giorno . Un giorno si sente un
fortissimo odore di bruciato le guardie
corrono verso la cella di Mumia dove trovano
l' uomo nudo che cammina con la fronte
annerita come un toast bruciato emanando
un odore acre come un sacrificio infernale.
da lì a poco Mumia muore. Il 70 per cento
del suo corpo è ustionato.
Non ci sono parole per
descrivere fino a che
punto l’odio per il diverso
possa spingere certe
persone a compiere atti di
crudeltà assoluta.
Condannato a
morte
Dostoevsky
• Dostoevskij nacque a Mosca nel 1821 e morì a Pietroburgo nel
1881.
• A 16 anni rimase orfano di madre e il padre lo mandò ad una
scuola militare contro il suo volere.
• Dostoevskij abbandonò presto la vita militare e iniziò a
dedicarsi alla letteratura cominciando a lavorare come
traduttore.
• Nel 1839 morì suo padre, ucciso dai propri contadini che
maltrattava quando era ubriaco. Alla notizia Dostoevskij ebbe
il primo attacco di epilessia, malattia che lo tormenterà per
tutta la vita.
• Nel 1847 incominciò a frequentare alcuni circoli rivoluzionari
socialisti e, nel 1849, venne arrestato e imprigionato con
l'accusa di cospirazione e di far parte di un'associazione
segreta.
• Subì un processo e fu condannato alla pena di morte mediante
la fucilazione. Si salvò all'ultimo momento, arrivando un messo
imperiale con l'annuncio che la pena era stata commutata in 4
anni di lavori forzati.
• 1850-1854: scontò la pena in una fortezza in Siberia.
L'esperienza negativa del carcere lo segnò sia sul piano fisico
sia sul piano psicologico.
Notizie sull’ idiota
• Romanzo pubblicato nel 1869 e considerato uno dei più belli
dell'autore.
• Personaggio principale è il principe Myskin, ultimo erede di una
famiglia decaduta.
• Tale personaggio, creato da Dostoevskij, è il più affascinante
della letteratura mondiale ed è di carattere autobiografico.
• Myskin, cresciuto in un villaggio svizzero, è affetto da una
malattia nervosa che lo rende indifeso ed insicuro, troppo
fiducioso nel prossimo.
• Il giovane è di natura generoso, buono, candido, non ha
esperienze di vita, è innocente e puro.
• Per queste sue qualità la società lo condanna, considerandolo un
“idiota”, mentre lui pensa che la società sia malata e crudele.
• Miskin prova un sentimento non conosciuto dai suoi simili : la
compas compassione.
• Miskin è simile a Cristo ma anche a Don Chisciotte, un folle e
sognatore.
• Il Principe è il più bel personaggio creato dall'autore
Dal testo
• Il condannato era un tipo “intelligente, robusto, coraggioso e di
mezza età”. Un uomo dunque, non un bambino, ma salito sul patibolo
non può fare a meno di piangere e di disperarsi.
• “Che prova l'anima in quel momento?” Difficile immaginare la
confusione di sentimenti che rendono l’uomo triste e impotente di
fronte a questo implacabile destino.
• Il quinto comandamento recita “non uccidere”, eppure si decide di
punire un assassino con la sua stessa arma: la morte. La follia è
scambiare la punizione con la colpa.
• Un’amara riflessione ci presenta una profonda verità: “il dolore
principale non è quello delle ferite; è invece la certezza che (…)
l’anima si staccherà dal corpo e che tu cesserai irrevocabilmente di
essere un uomo.” L’uomo smette di esistere, muore nel corpo e
nell’anima, l’uomo che è carne ma anche, soprattutto, spirito.
• “La pena di morte che danno per un assassinio è un castigo
sproporzionalmente grave. Un assassinio legale (…).” Questa sentenza
di condanna toglie ogni illusione e vanifica ogni speranza, non c’è più
via d’uscita.
• “La più terribile tortura, la massima tortura che esiste al mondo è
appunto quella consapevolezza dell’inevitabilità.” Di fronte a questa
certezza, davanti all’idea di sapere il giorno e l’ora della sua fine
l’uomo può solo impazzire.
Aforismi
• Il grado di civilizzazione di una società si misura
dalle sue prigioni.
• Vi sono uomini che non hanno mai ucciso, eppure
sono mille volte più cattivi di chi ha assassinato
sei persone.
• La civiltà ha reso l'uomo più sanguinario di
quanto non lo fosse un tempo.
• Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità il
tempo non ci sarà più.
• A volte l'uomo è straordinariamente,
appassionatamente innamorato della sofferenza.
• CESARE BECCARIA NACQUE A MILANO NEL
1738 DA UNA FAMIGLIA RICCA E NOBILE.
VENNE EDUCATO FINO A 16 ANNI IN UN
COLLEGIO A PARMA. SI LAUREO’ POI IN
LEGGE PRESSO L’UNIVERSITA’ DI PAVIA
• LA PRIMA OPERA DI BECCARIA USCI’ A LUCCA
NEL 1762 “DEL DISORDINE E DE’ RIMEDI
DELLE MONETE NELLO STATO DI MILANO
NEL 1672”, CHE TRATTAVA DI ECONOMIA.
NELLO STESSO ANNO GLI NACQUE LA
FIGLIA GIULIA, LA FUTURA MADRE DI
ALESSANDRO MANZONI.
• BECCARIA COLLABORO’
SPORADICAMENTE ALLA RINOMATA
RIVISTA “ IL CAFFE’ ” , UN CELEBRE
GIORNALE POLITICO-LETTERARIO DEL
TEMPO, MA IL SUO CAPOLAVORO FU “
DEI DELITTI E DELLE PENE
• QUANDO VENNE PUBBLICATA
QUEST’OPERA L’AUTORE AVEVA APPENA
25 ANNI E QUESTO RESTO’ IL SUO
UNICO SUCCESSO NELLA SUA LUNGA
CARRIERA DI SCRITTORE E FILOSOFO;
TUTTI GLI ALTRI SUOI SCRITTI
RIMASERO PRESSAPPOCO
SCONOSCIUTI.
“DEI DELITTI E DELLE PENE” VENNE
STAMPATO A LIVORNO NEL 1764.
BECCARIA PREFERI’ FAR COMPARIRE
COME ANONIMO L’OPUSCOLO, TEMENDO
RIPICCHE PERSONALI E RITORSIONI.
INFATTI PARECCHIE FURONO LE
REAZIONI DI CONDANNA, SOPRATTUTTO
DA PARTE DELLA CHIESA CATTOLICA,
CHE INSERI’ L’OPERA NELL’INDICE DEI
LIBRI PROIBITI.
TUTTAVIA BECCARIA OTTENNE ANCHE
MOLTI PARERI FAVOREVOLI.
• IL TRATTATO “DEI DELITTI E DELLE
PENE” ESPRIMEVA PER LA PRIMA VOLTA
CHIARAMENTE LE ESIGENZE DI UNA
RIFORMA GIUDIZIARIA.
L’OPERA E’ DIVISA IN 42 BREVI
CAPITOLI, OGNUNO DEI QUALI TRATTA
UN ASPETTO SPECIFICO.
• LO SCOPO DELL’OPERA NEL SUO
INSIEME, E’ DI DIMOSTRARE
L’ASSURDITA’ DEL SISTEMA GIURIDICO
VIGENTE ALL’EPOCA. IN
PARTICOLARE BECCARIA ESPRIME LA
SUA CONTRARIETA’ ALLA PENA DI
MORTE, GESTO DI GRANDE INCIVILTA’
DELLO STATO.
• SE LO STATO E’ FORTE, ALLORA
PUNIRA’ SENZ’ALTRO IL CRIMINALE
IL QUALE, SAPENDO CHE VERRA’
PUNITO, NON INFRANGERA’ PIU’ LA
LEGGE.
SECONDO BECCARIA
OCCORRONO PENE MITI, MA CHE
VENGANO SEMPRE APPLICATE
• LA PENA DI MORTE DIVENTA QUINDI
INUTILE, PERCHE’ LO STATO FORTE E’
CAPACE DI PUNIRE I CRIMINALI.
PER BECCARIA LA VERA GIUSTIZIA
CONSISTE NELL’IMPEDIRE I DELITTI,
NON NEL DARE LA MORTE!
LA SEDIA
testimonianza raccolta dal Death
Row Journal, Texas USA
Questo brano che si intitola " LA SEDIA": è una
testimonianza raccolta dal Death Row Journal, Texas
USA - 14 Agosto 2001. Il testo parla di Michael Toney,
un condannato a morte che si trova nel braccio della
morte. Egli ha sempre dichiarato la propria innocenza,
tuttavia è stato accusato di aver provocato un'esplosione
in una casa di Fort Worth dove hanno perso la vita tre
persone ed è stato condannato. Per Michael quel giorno è
particolare, infatti pensa che sia arrivata la sua fine. Le
guardie, diversamente da altre volte, lo scortano
tenendogli una un braccio e l'altra l'altro: sembra che
stiano accompagnando Michael nella stanza dove egli
pensa che arriverá la sua ora. La sedia elettrica è
collegata ad una spina attraverso un grande cavo nero.
Sul retro della sedia c'è scritto " PERICOLO " e sulla
spina " ALTO VOLTAGGIO ".
Toney pensa che la sua vita stia per finire, quando viene spinto via e
viene riportato fuori. Non sa cosa stia succedendo, la paura che le
guardie cambino idea è grande. Lo portano in un ufficio, e una donna
gli chiede il suo nome, Michael Toney risponde; la signora fa segno
di andare via e dice che lui è la persona sbagliata. Michael, mentre
viene riaccompagnato in cella, passa davanti alla sala dove è stato
prima, su quella sedia ora c'è un uomo che sta urlando, dice frasi
senza senso, è magro, denutrito e ha gli occhi sbarrati. Toney dopo
poco lo riconosce, lo ha incontrato qualche volta nella prigione.
Ancora impaurito, uscito dal corridoio, prende coraggio e chiede alle
guardie a cosa serve quella sedia. Gli rispondono che la macchina è
un metal detector per orifizi corporali. Michael si sente più
tranquillo quando sa che non è una sedia elettrica per l'esecuzione,
ma rimane comunque sconvolto.
• Michael Toney non è stato ucciso, ma è stato rilasciato dieci anni
dopo la sua condanna.
• La sedia elettrica era collegata ad una
spina attraverso un grande cavo nero.
Toney pensava che la sua vita stava per
finire, quando venne spinto via e venne
riportato fuori. Non sapava cosa stesse
succedendo, la paura che le guardie
cambiassero idea era grande. Lo portarono
in un uffucio, e una donna gli chiese il suo
nome, Micheal Toney rispose, la signora
fece segno di andare via e disse che lui
era la pesona sbagliata.
• Micheal mentre fu riaccompagnato in cella
passo davanti a quella sala dove era stato prima,
su quella sedia c'era una persona che stava
urlando. Toney lo conosceva lo aveva incontrato
qualche volta nella prigione. Ancora impaurito,
uscito dal corridoio, ebbe il coraggio di chiedere
alle guardie come mai la sedia era lí. Gli fu
risposto che la macchina era un metal detector
per orifizi corporali. Micheal si sentí più
tranquillo quando seppe che non era una sedia
elettrica per l'esecuzione. Micheal Toney fu
rilasciato solo dieci anni dopo la sua condanna.
Animali in gabbia
Napoleon Breazley
• NAPOLEON BEAZLEY, AFRO AMERICANO, E’
MORTO PER INIEZIONE LETALE IL 28 MAGGIO
2002 QUANDO AVEVA 17 ANNI PER AVER
ASSASSINATO JOHN LUTTIG NEL SUO
GARAGE PER RUBARGLI LA SUA MACCHINA.
• LA VITTIMA ERA IL PADRE DI UN GIUDICE
FEDERALE. IL PROCESSO DI PRIMO GRADO FU
FORTEMENTE CONDIZIONATO
DALL’IMPORTANZA DELLA VITTIMA E DAL
PREGIUDIZIO RAZZIALE: LA GIURIA ERA
COMPOSTA DA SOLI BIANCHI.
• IL TESTO E’ STATO SCRITTO DA BEAZLEY
MENTRE ERA NELLA PRIGIONE DEL
TEXAS. INIZIA RICORDANDO IL GIORNO
IN CUI AVEVA 13 ANNI CHE CON LA SUA
CLASSE ANDO’ A VISITARE LO ZOO,
ESSENDO UN AMANTE DEGLI ANIMALI
ERA MOLTO ENTUSIASTO, MA QUANDO
LI VIDE RIMASE DELUSO: LEONI CHE
NON RUGGIVANO, TIGRI QUIETE ED
ELEFANTI DEPRESSI. PENSAVA COME
FACESSERO A VIVERE IN QUELLE PICCOLE
GABBIE, MA ORA CAPIVA, PER LUI IN
CARCERE ERA LA STESSA COSA.
• GLI UOMINI ARRIVAVANO AL PUNTO
DI DESIDERARE LA LORO FINE.
BEAZLEY RACCONTA CHE UN GIORNO
UNA VISITATRICE DEL CARCERE
CHIESE AD UN SECONDINO,
INDICANDO LA SUA CELLA, IL PERCHE’
NON CI FOSSE IL MATERASSO.
BEAZLEY INTERVENNE E DISSE DI
NON TRATTARLO COME SE NON CI
FOSSE PERCHE’ ANCHE LUI PUR
ESSENDO IN CARCERE ERA UN UOMO E
POTEVA PARLARE.
IN PIU’ GLI RISPOSE CHE IL MATERASSO
C’ERA, ERA SOTTO IL LETTO MA NON LO
VOLEVA USARE PERCHE’ VOLEVA
RICORDARSI IN OGNI MOMENTO IL
PERCHE’ ERA LI’.
ALLA
FINE DEL BRANO BEAZLEY DA’ UN
CONSIGLIO: TRA MILLE ANNI NON AVRA’
IMPORTANZA COME FOSSE STATO IL
VOSTRO CONTO IN BANCA, CHE TIPO DI
AUTOMOBILE GUIDAVATE O DOVE
ABITAVATE, AVRA’ PIU’ IMPORTANZA IL
FATTO CHE IL MONDO POSSA ESSERE
DIVENTATO UN POSTO MIGLIORE ANCHE
PERCHE’ VOI CI AVETE VISSUTO.
L’ ultima dichiarazione
Napoleon Beazley
L’ultima dichiarazione
• Nella sua ultima dichiarazione Beazley
espresse chiaramente le sue idee contro
la pena di morte e disse: « sono deluso
dal fatto che un sistema che si suppone
debba proteggere e procurare quello
che è giusto in realtà sia così simile a me
e stia facendo lo stesso vergognoso
errore che commisi io»
Nessuno vince stanotte,
nessuno starà meglio,
nessuno uscirà di qui
vittorioso
La lapidazione
• Articolo 98- La lapidazione è una punizione
per reati d’adulterio. Il condannato deve
essere frustato e poi lapidato a morte.
• Articolo 99- Se l’adulterio viene confessato dal
condannato stesso il primo ha lanciare la
pietra verso il condannato è il giudice poi tutti
gli altri. Se invece l’adulterio è provato da un
testimone il primo ha lanciare la pietra è il
testimone, il Giudice e tutti gli altri.
• Articolo 102- L’uomo viene seppellito fino alla
vita e la donna fino al torace.
• Articolo 103- Se il condannato riesce a
liberarsi dalla fossa in cui è stato seppellito, Se
era stato lui stesso a confessare può evitare la
lapidazione. Se invece vi era un testimone
allora dovrà essere rieseguita.
• Articolo 104- Le dimensioni delle pietre non
dovranno essere troppo grandi da uccidere il
condannato ma nemmeno troppo piccolo.
In Iran, Lapidare a morte una
persona non è contro la legge.
Usare una pietre sbagliata, si.
Testimonianza di Dorothea B.
Moorefield
Dorothea B. Moorefield è la madre
di un giovane assassinato a 19
anni, nel 1976 in Virginia (USA). Il
testo è tratto da un suo intervento
svolto durante la conferenza con
cui la sezione olandese di Amnesty
International ha aperto la
campagna per l’abolizione della
pena di morte, il 25 aprile 1989.-
L’uomo che uccise il figlio di
Dorothea fu arrestato poco dopo
l’omicidio, aveva 39 anni ed era
nei guai con la legge da quando
era un bambino.Dorothea odiava
quell’assassino perché aveva
ucciso suo figlio, la cosa più
preziosa della sua vita. Lo voleva
morto e questa era l’unica cosa
che riteneva avrebbe fatto
giustizia. In realtà voleva solo
Poi capì che questo odio e questo
desiderio di vendetta l’avrebbero
distrutta e che l’unico modo per superare
il dolore della perdita era quello di
lasciarsi alle spalle tutto quell’odio e quella
rabbia. Doveva ricordarsi come era il
figlio, una persona dolce e gentile. L’odio
distrugge, l’amore guarisce.
Nel 1983 venne messo a morte in
Louisiana un ragazzo il cui avvocato
d’ufficio studiò il caso solo 8 ore.
Dorothea incontrò la madre di quel
ragazzo e si abbracciarono piangendo. Le
univa il dolore di due madri che avevano
perso un figlio. La sofferenza di quella
madre non era inferiore a quella di
Dorothea.Quel ragazzo era nero e povero
ed era un esempio del tipico americano
che viene messo a morte dallo Stato.
“Non c’è nulla nella vita che
possa prepararti alla morte
brutale, insensata e orrenda di
tuo figlio. E’ come se il peggiore
incubo di ogni genitore
diventasse realtà.”
Non esiste alcuna giustificazione alla
tortura o a trattamenti crudeli e
disumani. Secondo la Dichiarazione
universale dei diritti umani: "Nessun
individuo potrà essere sottoposto a
tortura o a trattamenti o punizioni
crudeli, inumane o degradanti". La
sofferenza fisica causata dall'azione di
uccidere un essere umano non può essere
quantificata, né può esserlo la sofferenza
mentale causata dalla previsione della
morte che verrà per mano dello Stato.
Victor-Marie Hugo
Victor-Marie Hugo è stato un poeta, drammaturgo,
saggista, scrittore, aforista, artista visivo, statista e
attivista per i diritti umani francese, considerato il
padre del Romanticismo in Francia. Seppe tenersi
lontano dai modelli malinconici e solitari che
caratterizzavano i poeti del tempo, riuscendo ad
accettare le vicissitudini non sempre felici della sua
vita per farne esperienza esistenziale e cogliere i
valori e le sfumature dell'animo umano. I suoi
scritti giunsero a ricoprire tutti i generi letterari,
dalla poesia lirica al dramma, dalla satira politica al
romanzo storico e sociale, suscitando consensi in
tutta Europa.
citazioni
• Che cos'è il dolore fisico paragonato al dolore
morale? Leggi così fatte dovrebbero ispirare orrore
e pietà. (1956)“
• „Tutto sta nell'andare alla meta, sia essa sulla terra,
sia essa nel cielo: nel primo caso si è Colombo, nel
secondo Gesù.“
• È dell'inferno dei poveri che è fatto il paradiso dei
ricchi. (1999, p. 350)“
• „Il pensatore vuole, il sognatore subisce.
Ultimo giorno di un condannato a morte
è un romanzo breve, eppure riesce a far male, e il male che ti
provoca è di quelli che lasciano il segno.
Pubblicato nel 1829 l'opera di Hugo è una chiara e lampante
denuncia contro la pena di morte. Siamo nel XIX secolo e a un
uomo, accusato di omicidio, l'attende la ghigliottina. Quella lama
però non darà un taglio netto e immediato alla sua vita, ma ci
metterà sei lunghe ed estenuanti settimane prima di scendere sul
suo collo e ucciderlo. Sei settimane in cui il tempo sarà la tortura
più atroce, dei fogli su cui scrivere la vana speranza che la sua
storia possa servire a qualcosa, magari a ottenere la grazia, forse a
salvare qualcuno dopo di lui. Intanto la mente si abbandona ai
ricordi, vicini e lontani, per poi soffermarsi sulla famiglia... perchè
quando arriverà "quel" giorno a sanguinare non sarà solo lui, ma
anche la vecchia madre, la fragile moglie, la piccola Marie di soli
tre anni.
Di quest'uomo sappiamo poco, quasi nulla, perchè la
vita non ha nome, volto, o estrazione sociale. È un
diritto inalienabile che non ci va sottratto e che
andrebbe salvaguardato. E la morte non andrebbe mai
spettacolarizzata in una piazza, davanti a persone che
ridono, fomentano la folla, gioiscono della pena
altrui.Tra stati d'animo altalenanti prende vita uno
scritto che s'interrompe sui grandini del patibolo,
quando non c'è più tempo, quando la speranza ti
abbandona, quando la paura può ucciderti più
velocemente del boia.Victor Hugo ha scritto un romanzo
che colpisce dritto allo stomaco, da cui non riesci a
staccarti nonostante l'angoscia crescente, nonostanti il
finale sia noto fin dal principio.
Non voglio aprire una discussione sulla
pena di morte, su cosa sia giusto o
sbagliato, ma piuttosto su come due secoli
fa qualcuno si dimostrasse già tanto
sensibile a un tema ancora oggi così
attuale. Hugo non aveva nemmeno 30
anni quando scrisse questo piccolo
capolavoro e l'eco dei suoi ideali è arrivato
fino a noi dicendoci, anzi,
gridandoci, che la vendetta è
dell'individio, la punizione di Dio.
Here's to you, Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph
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La pena di morte