Beatrice Bertazzoni I due volti del capitalismo [email protected] Giulio Bordon [email protected] Alessio Roberto Carrotta [email protected] Dario Cerica [email protected] Giulia Detti [email protected] Giulia Fiorentino [email protected] Definizione e delimitazione dell’oggetto di analisi Il capitalismo, marxianamente il modo di produzione della classe borghese, può essere definito come ricavo di profitto dall'investimento di un capitale nella produzione e nella vendita dei beni materiali. La genesi di questo fenomeno viene fatta risalire, tra le altre concause tecnologiche e demografiche, da Weber, all'etica calvinista peculiare dei paesi protestanti. Il dogma calvinista, introduce il concetto di predestinazione e spinge l'individuo a rispondere irrazionalmente ad un peso altrimenti razionalmente ingestibile. L'uomo protestante si illude che il successo terreno sia indice della salvezza spirituale; Weber evidenzia tuttavia che non v'è traccia nei dogmi calvinisti e luterani di un nesso tra lavoro e salvezza. “Il puritano voleva essere un uomo che si identificava con la propria occupazione, noi non possiamo non farlo” (Weber) perché nel sistema del capitalismo industriale si è passati dalla tradizionale formula M1 -D-M2, all'attuale D1-M-D2 . La differenza tra i termini D2 e D1 della formula, secondo Marx, si acquisisce mediante lo sfruttamento della classe dominante sui lavoratori. Il capitalismo industriale riversa sulla società grandi quantità di beni e servizi, accompagnati quindi da un seppur minimo miglioramento delle condizioni del proletariato, ma trascina con sé alienazione e inurbamento, che sfociano in una società caratterizzata dal conflitto di classe. Nel lento passaggio tra capitalismo industriale e capitalismo finanziario, si inserisce il pensiero di Simmel, il quale pone al centro della sua analisi le implicazioni sociali di entrambe le fasi. In particolare egli si sofferma sul ruolo che il denaro svolge all'interno della nuova organizzazione sociale. Esso diviene lo strumento e la misura delle scelte dell'individuo e dei suoi comportamenti in primo luogo; in secondo luogo ne condiziona i parametri di valutazione persino in ambiti non strettamente legati al denaro, come ad esempio l'affettività. Dal punto di vista del capitalismo finanziario, Simmel anticipa una condizione individuale di smarrimento in sé e per sé che di fatto caratterizza lo stato d'animo della società contemporanea. Il capitalismo muta radicalmente aspetto alla fine del XIX secolo e prende la connotazione di “finanziario”, dalla definizione che ne dà lo studioso marxista R. Hilferding. «Capitale finanziario significa capitale unificato. I settori del capitale industriale, commerciale e bancario, un tempo divisi, vengono posti sotto la direzione comune dell’alta finanza.» (R. Hilferding, Il capitale finanziario, 1910) Oltre all’unificazione dei settori coordinati dai fili dell’alta finanza e alla centralità che svolgono materialmente le banche, emerge il conseguente assetto frammentario e anonimo della proprietà rappresentato dalle società per azioni (in cui il capitale viene diviso in quote azionarie). Con la “finanziarizzazione” il neo-capitale si rende completamente autonomo da quello industriale e si gonfia sempre di più il mercato azionario che si basa su cifre teoriche enormi non riscontrabili su beni effettivi. L'economia così diventa un vero e proprio “gioco” in cui affaristi e brokers si avvicendano anche appassionatamente senza sapere o tenere conto degli effetti talvolta devastanti delle loro azioni. “...il finanzcapitalismo persegue l’accumulazione di capitale facendo tutto il possibile per saltare la fase intermedia, la produzione di merci. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati finanziari allo scopo di produrre immediatamente una maggiore quantità di denaro. La formula dell’accumulazione diventa quindi D1-D2. A questa differenza fondamentale nella formula dell’accumulazione il finanzcapitalismo accompagna una pretesa categorica: si deve ricavare dalla produzione di denaro per mezzo di denaro un reddito decisamente più elevato rispetto alla produzione di denaro per mezzo di merci” (L.Gallino, Finanzcapitalismo). Conclusioni Nel momento in cui il capitalismo fa mostra di una sua nuova natura, la sua natura finanziaria, conquista una sconfinata libertà d'azione: pressochè impossibile diviene infatti per l'opinione pubblica esprimersi consapevolmente e con efficacia in merito a questioni di ordine economico, fatta eccezione per esigue e sparute frange di esperti e studiosi. Il finanzcapitalismo simboleggia lo stadio evoluto, settorizzato, specialistico e quindi incomprensibile ai più del capitalismo classico; esso inoltre vanifica persino l'ormai diafana ed unica resistenza possibile al capitalismo industriale, in quanto ben poco può il sindacato di un'azienda acquistata, venduta e spesso smembrata da holdings, gruppi bancari e multinazionali. Bibliografia e filmografia di riferimento ▪ “Incontri con il pensiero sociologico” di Poggi, Sciortino ▪ “Finanzcapitalismo” di Luciano Gallino ▪ “Capitalismo parassitario” di Zygmunt Bauman ▪ www.treccani.it ▪ L’enciclopedia di Repubblica (vol.4) ▪ “Wall Street” 1987 di Oliver Stone