Sociologia economica PARADIGMA DELL’ECONOMIA: • Azione economica • ALLOCAZIONE RAZIONALE DI RISORSE SCARSE • PERSEGUIMENTO RAZIONALE DI FINI INDIVIDUALI (ATOMISMO) • MOTIVAZIONI UTILITARISTICHE • PREFERENZE DATE • Regole • MERCATI DI TIPO CONCORRENZIALE • MOLTI VENDITORI E COMPRATORI • MOBILITA’ DEI FATTORI • PIENA INFORMAZIONE CIRCA LE OPPORTUNITA’ OFFERTE DAL MERCATO • LO STATO IN FUNZIONE SOLO DI TUTELA DEI CONTRATTI E DELL’ORDINE • Metodo • DEDUTTIVO-ANALITICO * SI VALUTANO LE CONSEGUENZE DELL’AZIONE DEGLI ATTORI SOCIALI, PRESUPPONENDO PREFERENZE E REGOLE DATE * SI MIRA A COSTRUIRE AMPIE GENERALIZZAZIONI RITENENDOLE APPLICABILI A CONTESTI GEOGRAFICAMENTE E STORICAMENTE DIVERSI Paradigma della Sociologia • Azione economica • ATTIVITA’ VOLTA ALLA RICERCA DI MEZZI DI SUSSISTENZA • MOTIVAZIONI UTILITARISTICHE E NON UTILITARISTICHE • L’AZIONE ECONOMICA E’ SEMPRE AZIONE SOCIALE INFLUENZATA DALLE ISTITUZIONI REGOLE • L’AZIONE ECONOMICA RISPONDE AD UNA PLURALITA’ DI PRINCIPI E FORME DI REGOLAZIONE: - MERCATO - ISTITUZIONI SOCIALI FONDATE SU OBBLIGAZIONI SOCIALI E SENSO DI APPARTENENZA (RECIPROCITA’) - ISTITUZIONI POLITICHE BASATE SU SANZIONI DI TIPO AUTORITAIVO (REDISTRIBUZIONE) METODO DI INDAGINE • METODO INDUTTIVO: * INDAGINI STORICO-EMPIRICHE E COMPARATIVE * GENERALIZZAZIONI LIMITATE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO IL MERCATO: L’APPROCCIO ECONOMICO - IL MERCATO SI AFFERMA GRAZIE ALLA SUA EFFICIENZA (CAPACITA’ DI UTILIZZARE AL MEGLIO I FATTORI DI PRODUZIONE E DI SODDISFARE I BISOGNI DEGLI INDIVIDUI). - L’EFFICIENZA PRODUCE LEGITTIMAZIONE • Ma : • Carenza di trasparenza • Scarsa affidabilità • tendenze a limitare la concorrenza • disuguaglianze • limiti alla libertà di competere • scarsa propensione alla produzione di beni pubblici • da qui la tendenza alla: – limitazione all’efficienza – carenza di legittimazione – Quindi: – Il mercato con il suo funzionamento crea le condizioni per la sua legittimazione ma anche per la sua delegittimazione IL MERCATO COME COSTRUZIONE SOCIALE * La legittimazione è requisito essenziale per l’affermarsi del mercato. Essa scaturisce da: • misure politiche che favoriscono l’accumulazione del capitale e la sua circolazione • culture che alimentano e legittimano l’orientamento alla competizione e al profitto La legittimazione del mercato • Il mercato va legittimato con vincoli che lo • • • • condizionano favorevolmente politiche che generano fiducia con rapporti interpersonali (istituzioni comunitarie) politiche che generano fiducia in modo impersonale (stato) Con misure di riequilibrio Con politiche che alimentano l’imprenditorialità e l’efficienza IL CONSUMO • TEORIA NEO-CLASSICA • SODDISFAZIONE DEI BISOGNI ORDINATA • SECONDO UNA GERARCHIA BASATA SU PREFERENZE DATE: IL CONSUMATORE BEN INFORMATO E RAZIONALE COMPRERA’ FINCHE’ IL PREZZO NON EGUAGLIA LA SUA LA SUA UTILITA’ MARGINALE • APPROCCIO SOCIOLOGICO • FA RIFERIMENTO AI CARATTERI CONCRETI CHE VIENE AD ASSUMERE IL COMPORTAMENTO DEI CONSUMATORI • SCARSA TRASPARENZA DEL MERCATO/ INFORMAZIONE PILOTATA DALLA PUBBLICITA’ • FATTORI SOCIO-CULTURALI INFLUENZANO LE PREFERENZE E IL MODO DI PERSEGUIRLE • I BENI NON HANNO UTILITA’ PER I SINGOLI SOGGETTI MA SONO DESIDERATI E CONSUMATI A SECONDA DEL LORO VALORE SIMBOLICO (SIMMEL). • ATTRAVERSO IL CONSUMO DI BENI GLI INDIVIDUI SODDISFANO IN REALTA’ ILORO BISOGNI DI: • * APPARTENENZA • * DISTINZIONE • EROSIONE DELLE ISTITUZIONI TRADIZIONALI DI APPARTENENZA CHE FORNIVANO IDENTITA’ AI SINGOLI E SERVIVANO AD INTEGRARLI NELLA SOCIETA’ • - IL POSTO DEGLI INDIVIDUI DIVENTA PIU’ INCERTO, MENO LEGATO A FORME DI RICONOSCIMENTO CONSOLIDATE • IL CONSUMO DIVENTA UN MODO PER FARSI RICONOSCERE, PER ACQUISIRE IDENTITA’ E PRESTIGIO • WEBER: STILE DI CONSUMO COME INDICATORE DI STATUS • VEBLEN: CONSUMO VISTOSO COME COMPETIZIONE PER LO STAUS SOCIALE • I BENI VISTOSI SONO DESIDERATI PER LA LORO CAPACITA’ DI COMPETIZIONE E CIO’ GENERA SPRECO DI RISORSE PRODUTTIVE Dall’economia alla sociologia Dopo Smith • Da una parte, l’analisi economica si consolida, dando luogo alla svolta economicista • Dall’altra, una valutazione più pessimistica sulla possibilità di crescita della ricchezza e di diffusione del benessere si contrappone all’ottimismo di Smith (la scienza triste: Malthus e Ricardo) • Contro tali tendenze si dirigeranno le critiche dello storicismo tedesco e del marxismo, tese a contrastare il tentativo di separare radicalmente economia e società, un orientamento che prevale nell’economia neoclassica • • • • Nell’ambito del pensiero economico si può individuare un filone istituzionalista (che guarda alla influenza di norme e valori sul comportamento umano) che va da Adamo Smith a Marshall (1842-1924) Marshall infatti: Intende studiare equilibri parziali e non l’equilibrio economico generale Si interroga sull’emergere dei bisogni sociali considerandoli effetto e causa delle attività economiche Lega la dinamica della domanda, dell’offerta di lavoro e degli investimenti al diffondersi di culture che li sostengano Modo di pensare sociologico XVIII-XIX secolo • Il comportamento individuale e le strutture stabili a cui esso dà luogo non sono spiegabili con riferimenti religiosi o politici, né con automatismi economici, ma con riferimenti sociali, cioè con norme di comportamento che derivano dall’azione umana, ma che a loro volta tendono ad influenzarla. Spencer e Comte • La sociologia come disciplina che intende studiare l’agire sociale applicando il metodo delle scienze naturali • Doppia tendenza: • Studio empirico della società • Pretesa di individuare leggi generali di spiegazione dell’agire sociale • L’azione sociale è influenzata dalle esigenze funzionali della società (principio di sopravvivenza del più adatto) • La società viene paragonata ad un organismo costituito da parti interdipendenti Lo storicismo tedesco • Necessità di studiare empiricamente i fenomeni sociali • Influenza dell’idealismo nell’ipotizzare il ruolo dei valori dello spirito nella spiegazione dell’evoluzione storica La sociologia • Con Sombart e Weber acquista un suo statuto • • teorico e metodologico L’uomo è un essere libero e consapevole che forgia le istituzioni sociali e le modifica . Queste, quindi, non sono analizzabili come leggi generali La possibilità di capire si basa non su spiegazioni causali, ma sulla possibilità di comprendere un determinato contesto storico con la motivazione all’azione dei soggetti Necessità di generalizzazioni per comprendere: • Motivazioni dei soggetti • Regolarità dei comportamenti • Approccio non nomotetico (formulazione di leggi) • Approccio idiografico che ipotizza la spiegazione di fenomeni storici particolari Es. il complesso di condizioni culturali e istituzionali legati alle origini del capitalismo occidentale Come è possibile studiare i fenomeni sociali nella loro individualità storica? Che si faccia riferimento alle motivazioni dei soggetti agenti (a differenza dei fenomeni naturali queste sono mutevoli) Che si studino le uniformità di comportamento derivanti da motivazioni simili (infatti è possibile individuare delle uniformità di motivazioni e comportamenti) Comprensione e causalità La comprensione non è alternativa rispetto alla spiegazione causale e alla verifica empirica, ma anzi deve essere coniugata con esse Ogni conoscenza implica sempre un punto di vista che permette di selezionare i fenomeni e metterli in ordine tra loro (relazione ai valori, che permette di formulare ipotesi e rapporti causali), ma è la verifica empirica che garantisce dall’interno la validità intersoggettiva della spiegazione La sociologia comprendente • La sociologia comprendente mira ricostruire il senso soggettivo, cioè motivazioni che spingono gli attori comportarsi in un certo modo sulla base aspettative condivise relative comportamento altrui a le a di al Il ruolo della teoria • Gli schemi teorici nascono dalle conoscenze • storico-empiriche, ma contribuiscono ad orientarle in una interazione comune. La teoria sociologica studia i tipi di agire sociale, vale a dire le regolarità di comportamento socialmente determinate, prodotte dal fatto che l’azione individuale tiene conto del comportamento di altri individui con cui si interagisce e delle loro reazioni L’agire si concretizza in relazioni sociali più o meno prevedibili. Esse possono essere fondate su: Usi (moda) e costumi (consuetudini) Interessi (rapporti di mercato) Convenzioni (es. rapporti familiari) Ordinamenti giuridici Le relazioni possono essere: consensuali (appartenenza) Associative (identità di interessi) Conflittuali (concorrenza, conflitto politico) Tipi di motivazioni Razionale rispetto allo scopo (massimizzazione dell’utile) Razionale rispetto al valore (credenze, principi etici) Affettive (legami familiari) Trdizionali (adesione ad abitudini acquisite) In concreto spesso ci si trova davanti a motivazioni diverse Tipi ideali Sono desunti dalla realtà empirica, ma non vi corrispondono, sono costruzioni analitiche che servono al ricercatore per mettere in evidenza uniformità e nessi causali: Tipi astratti, relativi alle determinanti dell’azione sociale Tipi volti alla ricostruzione di fenomeni storici (capitalismo, feudalesimo) Tipi specifici (chiesa, stato, famiglia, ecc) Max Weber (1864-1920) • Interesse fondamentale: guardare al complesso • di condizioni culturali e istituzionali legati alle origini del capitalismo occidentale (osservazione delle differenze di sviluppo tra Germania dell’Ovest e del sud e quella dell’est) L’interesse per le motivazioni degli attori è l’apporto metodologico fondamentale in polemica con lo storicismo, con la sociologia positivista e con Marx Due posizioni Per vedere le differenze di sviluppo occorre vedere le differenze di risorse naturali o di capitale disponibile, trattando come scontata e invariante l’attitudine imprenditoriale ovvero la capacità dei soggetti di combinare le risorse L’attività imprenditoriale non è considerata una costante, ma una variabile che dipende dal contesto istituzionale in cui i soggetti sono inseriti • Come si formano gli orientamenti culturali favorevoli alla crescita imprenditoriale? - Influenza della religione protestante e della diffusione di un’etica economica che alimenta lo spirito del capitalismo (Etica protestante e lo spirito del capitalismo 1904-05) - Ruolo delle città e dei gruppi sociali in essa presenti (Storia economica) Lo spirito del capitalismo • non si identifica con l’impulso acquisitivo • È diverso dall’orientamento economico tradizionalistico in cui: - Il profitto non è eticamente giustificato - L’acquisitività si manifesta nel commercio, nella guerra, nel capitalismo predatorio o d’avventura, ma non nella produzione - L’orientamento può perdurare anche i periodo capitalistico Lo spirito del capitalismo • La ricerca del profitto non solo giustificata, ma eticamente fondata (il lavoro come professione, condanna del godimento spensierato, orientamento al reinvestimento) • Penetrazione progressiva della ricerca del profitto, basata sul calcolo razionale del rendimento del capitale nella sfera della produzione Il nuovo imprenditore • Qualità etiche • Qualità personali • Orientamento all’innovazione Come si è formato questo spirito? • Conseguenza inintenzionale dell’etica economica del protestantesimo, soprattutto nella sua variante calvinista • La predestinazione e la negazione di valore ai mezzi sacramentali genera disincantamento, solitudine, individualismo nella ricerca della salvezza • La ricerca del profitto come dovere etico • La formazione del capitale attraverso la costrizione ascetica al risparmio • Il consolidamento dello spirito del capitalismo funge da stimolo all’utilitarismo, all’individualismo di mercato (ma può contraddire l’ideale ascetico del lavoro) Le cause dello sviluppo del capitalismo • Lo spirito del capitalismo condizione necessaria ma non sufficiente • Infatti il capitalismo moderno è una forma di organizzazione economica che consente il soddisfacimento dei bisogni attraverso imprese private che producono beni per il mercato sulla base di un calcolo di redditività del capitale da investire Presupposti del capitalismo moderno • Libertà di mercato (riguardo al consumo e ai • • • • fattori di produzione) L’esistenza di una forza lavoro libera Disponibilità di una tecnologia meccanica che consente il calcolo dei costi Collegamento più razionale tra risparmio e investimento (azioni, titoli di credito) Ordinamento giuridico che renda prevedibili i rapporti tra privati e tra questi e la PA Perché i caratteri del capitalismo moderno si sono affermati in occidente? • Fattori complementari (non specifici). - Le vicende belliche - le conquiste coloniali, l’afflusso di metalli preziosi - la domanda di beni di lusso delle corti - le condizioni geografiche favorevoli Fattori essenziali e specifici dell’occidente - L’etica economica di origine religiosa - La città occidentale - Lo stato razionale - La scienza razionale L’etica economica di origine religiosa Demagizzazione (separazione del mondo naturale dal mondo soprannaturale, riduzione dell’influenza della magia) Religioni universali (tendono al monopolio del rapporto della divinità, vale a dire pretesa di validità e solidarietà ampia, superamento del dualismo etico) • Le religioni profetiche sono di due tipi - Esemplari - Etiche - Il calvinismo. Ascesi intramondana per realizzare i precetti religiosi La città occidentale • Nel medioevo la città diventa comunità politica autonoma che doveva trovare i mezzi di sussistenza • Status giuridico libero dei cittadini • Difesa militare con coinvolgimento di tutti • Nascita dei mercanti imprenditori Lo stato razionale • Il diritto razionale si afferma solo in Occidente dove lo stato svolge due funzioni (stato razionale e non patrimoniale) - Si fonda su un ordinamento giuridico che regola le modalità di accesso al potere politico e al suo esercizio - Si avvale di un corpo di funzionari specializzati e regolati da leggi di reclutamento - Avoca a sé il monopolio della violenza Rischi per il capitalismo • Pericolo di capitalismo politico tradizionale • Controllo burocratico sulla società La scienza razionale • Orientamento a studiare la realtà con metodo scientifico (verificabilità, generalizzazione, presupposti teorici, metodo conseguente, obiettivi) Durkheim (1858-1917) • Influenza del positivismo • Porre le basi di una scienza della morale • Il problema dell’ordine sociale - La scienza positiva della morale in Germania (1887) - La divisione sociale del lavoro (1893) - Le regole del metodo sociologico (1895) • CRITICA DELL’INDIVIDUALISMO UTILITARISTICO • il comportamento degli individui è influenzato da regole e norme morali che mutano nel tempo, ma che rispondono a delle leggi (il suo obiettivo, influenzato dal positivismo, è costruire una scienza della morale). Le istituzioni non sono il frutto di un accordo tra individui guidati dall’interesse individuale, ma hanno una natura non contrattuale, sono esse che influenzano il comportamento utilitaristico degli individui. • Anche una società basata su un’elevata differenziazione sociale non può prescindere da regole morali condivise • l’individualismo utilitaristico non è un a priori, ma un prodotto della divisione del lavoro • la divisione del lavoro non si sviluppa per cause individuali e psicologiche, ma per ragioni riconducibili all’influenza dell’ambiente sociale (crescita della popolazione, degli scambi, della quantità e qualità dei rapporti sociali). E’ dovuta alla pressione della società sugli individui. • La società capitalistica è caratterizzata da regole meno rigide e più snelle che lasciano più libertà agli individui, ma presuppone sempre l’esistenza di una solidarietà (organica e non più meccanica). Il diritto da repressivo diventa restituivo. • L’efficacia dei contratti dipende sia dalle norme giuridiche, sia dai costumi e dalle norme morali. Per l’ordine sociale occorre mettere un freno all’interesse individuale • la felicità non è data dal perseguimento individualistico del proprio utile, ma dall’equilibrio tra bisogni e mezzi per soddisfarli CHE COSA SONO LE ISTITUZIONI • frutto dell’interazione degli individui per rispondere a determinati problemi della vita collettiva • il precipitato di ideali che si formano in momenti di particolare effervescenza storica che inducono gli uomini a superare gli interessi individuali e a sviluppare un’identità collettiva • Le istituzioni una volta affermatesi assumono autonomia e carattere costrittivo • rendono possibile il perseguimento dei propri interessi perché aiutano a definirli e a percepirli e a limitare i conflitti IL PROBLEMA DELL’ORDINE SOCIALE E DELLE CONSEGUENZE NEGATIVE DEL CAPITALISMO • La divisione del lavoro crea tensioni e conflitti in due modi: • quando tende a crescere più rapidamente rispetto alle regole istituzionali (anomia o carenza di norme) • quando le regole sono inadeguate rispetto ai problemi (divisione coercitiva) ANOMIA • Due manifestazioni: 1) crisi economiche: sfasamento tra produzione e consumo, tra domanda e offerta. Il mercato tende molto faticosamente all’equilibrio. 2) Rapporti capitale-lavoro (mancanza di normazione giuridica del rapporto di lavoro) • assenza di tutela dei lavoratori • alienazione dovuta alla parcellizzazione dei compiti. • Tutto ciò entra in contrasto con gli ideali di autorealizzazione e acquisitività che sono alla base della coscienza collettiva della società moderna e produce conflitti LA DIVISIONE COERCITIVA INADEGUATEZZA DELLE REGOLE a) rispetto all’assegnazione degli individui ai compiti specializzati b) rispetto all’attribuzione delle ricompense per tali compiti l’assegnazione degli individui ai compiti • • specializzati la società differenziata legittima le aspirazioni al perfezionamento e alla realizzazione individuale, prescrive che ognuno sia assegnato alla funzione che egli può adempiere al meglio. Ma esistono norme scritte e non scritte che limitano la piena attuazione di questi principi, assegnando un ruolo preminente a condizioni ascrittive (razza, sesso, diritto ereditario) Occorre rimuovere le regole che limitano la libera competizione degli individui partendo da una base di parità (problema competizione ed equità) l’attribuzione delle ricompense per tali compiti • Le ricompense per i compiti svolti dovrebbero dipendere dall’utilità sociale della funzione svolta • In realtà anche quando gli scambi assumono la forma di contratti liberamente scelti possono nascondere asimmetrie di potere • Necessità di determinare le funzioni morali dello scambio, di introdurre un’equità nei rapporti sociali CRISI DEL CAPITALISMO, CORPORAZIONI E SOCIALISMO • Obiettivo: • limitare il ruolo del mercato • intervenire a ristabilire condizioni di equità • accrescere l’adesione degli individui ad una società fondata sul merito Passaggio dal capitalismo concorrenziale al capitalismo regolato dagli interessi organizzati le corporazioni come gruppi intermedi (lavoratori e datori di lavoro) ma a carattere obbligatorio, nazionale, affiancate da tribunali congiunti, con l’obiettivo di stimolare la formazione di legami morali e promuovere l’equità. Funzioni complesse: economiche, assistenziali, formative, ricreative Implicazioni autoritarie: divaricazione dal corporativismo autoritario e corporativismo societario Joseph Shumpeter 1883-1950 • Metodologicamente si sottrae alla critica radicale • • dell’economia neoclassica poiché sostiene che occorre distinguere tra teoria economica, storia economica e sociologia economica. Ciascuna di queste prospettive ha una sua legittimità L’economista, tuttavia non può precindere dalla conoscnza delle altre discipline, compresa la statistica • L’analisi economica tratta dei problemi relativi a come si comportano le persono in un certo tempo e quali effetti economici producono • La sociologia economica studia come le persone giungono a comportarsi in un certo modo La Teoria dello sviluppo economico (1912) • La prospettiva economica tradizionale non è in grado di spiegare la discontinuità, la rivoluzione produttiva • Non si tratta di combinare al meglio le risorse, ma di combinarle in modo diverso La crescita è un fenomeno graduale, fatto di continui aggiustamenti Lo sviluppo implica discontinuità, non una graduale evoluzione La novità può riguardare: Creazione di nuovi prodotti Nuovi modi di produzione Apertura di mercati Scoperta di nuove fonti di approvvigionamento Riorganizzazione industriale (es. monopolio) L’imprenditore • Realizza un’innovazione in una o più dimensioni • Occorre distinguer tra attività di gestione o management e attività innovative • L’imprenditore può quindi essere • Il classico uomo di affari o il manager • Non è necesario che abbia con l’impresa un rapporto continuativo • Non appartiene ad una specifica classe sociale e può non disporre di capitali propri • L’imprenditore innovatore deve possedere qualità speciali che non sono diffuse tra tutti i membri della società e non sono riconducibili al mero calcolo razionale, ma a caratteristiche psicologiche e personologiche, che tuttavia si sviluppano in ambiente sociale favorevole: • Intuizione • Chiarezza di visione • Competenza • determinazione Ostacoli all’innovazione • Carenza di informazioni • Condizioni di incertezza per la novità non sperimentata • Resistenze interiori al soggetto • Resistenze dell’ambiente sociale (impedimenti giuridici e politici, disapprovazione sociale, difficoltà a trovare cooperazione, difficoltà di convincere i consumatori) Tipi di imprenditore e fasi storiche quattro tipi di imprenditore Fase iniziale (economia di mercato concorrenziale): padrone di fabbrica che assomma compiti amministrativi, tecnici e burocatici insieme Fase più evoluta (separazione proprietà e gestione) - Capitano di industria che controlla il capitale azionario - Manager di formazione tecnica, innovatore di professione - Imprenditore puro, fondatore di imprese con cui intrattiene rapporti temporanei Capitalismo, socialismo e democrazia (1942) Dal punto di vista economico il capitalismo potrebbe sopravvivere, sono i cambiamenti culturali e istituzionali che generano il declino del capitalismo La crisi del ’29 non fu una crisi di stampo tipicamente “liberale”, ma fu aggravata dall’adozione di misure vincolistiche - Crisi agraria, per sfasamento tra aumento della produttività e le politiche doganali - Deflazione per politiche monetarie e ripristino del sistema aureo - Pagamenti di guerra - Livello troppo alto dei salari Le politiche di pressione fiscale e di protezione del lavoro frenano gli investimenti e l’occupazione e sono un rimedio peggiore del male In realtà il capitalismo genera nel suo sviluppo un’atmosfera ostile e, quindi, la crisi ha cause culturali e sociali Tre ambiti di crisi indebolimento della borghesia Cambiamenti relativi alla stratificazione sociale Politiche anticapitalistiche Indebolimento della borghesia: - Indebolimento della funzione (burocratizzazione, automatismi imprenditoriale spersonalizzazione, nell’innovazione) - Prevalenza di rentier, amministratori di possessi ereditati - Indebolimento della famiglia borghese (calo della fecondità, dell’acquisitività, della progettualità) Cambiamenti relativi alla stratificazione sociale e - - - ai rapporti con la politica l’aristocrazia era sopravvissuta alla distruzione del feudalesimo, assumendo un ruolo essenziale di sostegno alla borghesia. La sua erosione sottrae alla borghesia una risorsa di legittimazione La concentrazione della struttura produttiva provoca la crisi della piccola imprenditoria agricola, industriale e commerciale, che erano i principali alleati della borghesia La crescita dei manager e degli amministratori amplia lo strato di chi non ha diretti interessi nell’impresa - Crescono i gruppi interessati a fomentare e organizzare il risentimento nei confronti della borghesia, vale a dire gli intellettuali critici del capitalismo (giornalisti, professionisti, leaders politici), che costruiscono il loro status sul ruolo di outsiders Discrasia tra crescita dei livelli di istruzione e le aspettative sociali e le concrete chances di reddito e occupazione. Opportunità di voice data dalla libertà di espressione. politiche anticapitalistiche: misure legislative e amministrative che estendono il ruolo dello stato e della contrattazione collettiva - Politiche a sostegno della domanda - Strumenti regolativi per le imprese (antitrust) - Legislazione assistenziale sul lavoro crisi del capitalismo del laissez faire avvento del socialismo e non del riformismo laburista Karl Polanyi (1886-1964) - La grande trasformazione Traffici e mercati negli antichi imperi Economie primitive, arcaiche e moderne La sussustenza dell’uomo L’economia come processo istituzionalizzato L’economia dell’uomo è di regola sommersa nei suoi rapporti sociali Non esiste l’economia, ma tipi di economie e sistemi economici, che fanno riferimento ai diversi modi in cui il processo economico è stato istituzionalizzato L’uomo per sopravvivere dipende dall’interazione istituzionalizzata fra se stesso e il suo ambiente naturale (significato sostanziale di economia), che può assumere forme diverse (forme di integrazione) Le forme di integrazione dell’economia modalità di organizzazione delle attività economiche e rapporti con le altre sfere della vita sociale Reciprocità - produzione e scambio di beni sulla base di - aspettative di ricevere altri beni e servizi secondo modalità e tempi fissati da norme sociali condivise simmetria prevalenza istituzioni familiari e comunitarie, motivazioni non utilitaristiche società primitive, famiglia, comunità Redistribuzione (grandi imperi dell’antichità, feudalesimo, welfare state) - Produzione e distribuzione sulla base di principi autoritativi - Asimmetria - Rilevanza istituzioni politiche Scambio di mercato (società di mercato autoregolato XIX secolo) - Proprietà privata dei mezzi di produzione - Lavoro salariato - Commercializzazione di tutti i fattori produttivi - L’economia si svincola dalla società Come nasce la società di mercato autoregolato tutta la produzione è in vendita e tutti i redditi derivano da queste vendite l’invenzione e realizzazione di macchinari complessi e costosi che hanno bisogno di molti input e mercati ampi L’emergere della figura dell’imprenditore capitalista (dai vecchi mercanti) Creazione di un mercato della terra Creazione di un mercato del lavoro Creazione di un mercato della moneta Rilevanza degli interventi politici Le conseguenze sociali del mercato autoregolato terra, moneta e lavoro sono merci fittizie La mercificazione del lavoro porta alla distruzione delle forme di protezione tradizionale e alla miseria moderna La mercificazione della terra porta alla distruzione della società rurale e dell’ambiente (concorrenza internazionale) La mercificazione della moneta porta a crisi di liquidità interna e deflazione L’autodifesa della società (il doppio movimento) Conflitti di lavoro, leggi protettive del lavoro Protezionismo agrario (tariffe doganali, sostegno all’agricoltura) Sistemi di controllo del credito (banche centrali) I vincoli al mercato Riduzione della flessibilità del lavoro Restringimento del commercio internazionale Politiche coloniali Indebitamento crisi economiche e politiche Soluzioni possibili non contraddittorietà tra mercato e forme di programmazione economica Combattere contro le “cattive libertà” (sfruttamento,mercificazione dell’ambiente) Difendere le “buone libertà” (libertà civili, libertà di lavoro) socialismo riformista LA FINE DEL CAPITALISMO LIBERALE Cause: Lo sviluppo dei mercati genera conflitti per il controllo delle materie prime e dei mercati di sbocco e stimola i governi a intervenire con misure protezionistiche o con interventi armati La difficoltà per i paesi late comers di competere con i paesi di prima industrializzazione rende cruciale l’intervento dello stato (finanziamenti, misure doganali, commesse pubbliche) La mercificazione della forza lavoro produce condizioni di lavoro e di vita inique e stimola l’organizzazione dei lavoratori e la rivendicazione di una limitazione allo sfruttamento della classe operaia attraverso misure legislative e il riconoscimento delle rappresentanze sindacali Da parte imprenditoriale si affermano tendenze al controllo dei mercati di sbocco e di approvvigionamento (influenze sui governi, accordi e monopoli) e tendenze a tenere alto il livello dei prezzi, limitando la concorrenza (monopoli o differenziazione dei prodotti) Il capitalismo regolato Organizzazione dell’impresa (impresa fordista) Politiche macroeconomiche La rivoluzione keynesiana John Maynard Keynes 1883-1946 • Figlio d’arte (il padre era un’economista, la madre una scrittrice), cominciò giovanissimo a scrivere e a ricoprire incarichi pubblici. • Consulente finanziario del governo e di molte aziende, incaricato del ruolo di amministratore da importanti compagnie d’assicurazione, consigliere della Banca d'Inghilterra, capo della delegazione inglese a Bretton Woods, negoziatore dell'accordo finanziario tra la Gran Bretagna e gli USA nel 1945, da molti considerato il più grande economista del 20° secolo, poiché ha influenzato, direttamente ed indirettamente, con le idee, le proposte, le opinioni, sia le scienze economiche che quelle politiche. • Allievo anche di Marshall, importante membro del circolo letterario Bloomsbury Group, circolo di Lytton Strachey, Virginia Woolf e Bertrand Russell, brillante speculatore e polemista. Opere • Valuta e Finanza Indiana nel 1913, • Trattato sulla Probabilità, 1921 • Trattato sulla moneta, 1930 • Teoria generale dell'occupazione, interesse, moneta (1936). L'impatto delle teorie keynesiane sulle scienze economiche fu di enormi proporzioni: esse rappresentano i pilastri e le fondamenta della moderna macroeconomia, cioé di quell'area dell'economia che studia problemi aggregati, ossia derivati dalla somma totale delle azioni nei diversi mercati. Opera fondamentale è Teoria generale dell'occupazione, pubblicata interesse, originariamente moneta, nel 1936. Analizzando il rapporto tra i risparmi e gli investimenti, l'opera keynesiana ripropone lo schema teorico-economico liberista neoclassico, ma capovolgendone la prospettiva rispetto alle fondamentali variabili della domanda e dell'offerta Si nega l'esistenza di un meccanismo spontaneo per la piena utilizzazione delle risorse produttive e il riassorbimento della disoccupazione, meccanismo che può essere sintetizzato dalla famosa immagine ipotizzata da Adam Smith della "mano invisibile"che pone in equilibrio i mercati. • Keynes sostenne infatti la necessità, per superare le depressioni economiche e mantenere alti i livelli di occupazione, di un controllo sui tassi di interesse bancari e sugli investimenti privati, di una forte tassazione di tipo progressivo, oltre che di una politica di investimenti pubblici, come politica riequilibratrice della distribuzione dei redditi e apportatrice di una maggiore propensione al consumo. • La propensione al consumo è la percentuale del proprio reddito che un consumatore è disposto ad utilizzare per i consumi, all'aumentare della quale corrisponde un aumento della ricchezza: la maggiore domanda di consumi genera, infatti, una maggiore produzione di beni e servizi e, in conseguenza, un aumento ipotizzabile di ricchezza. • Keynes attaccò la mera esistenza del sistema capitalistico come sicurezza implicita di equilibrio dei mercati: degli anni trenta, periodo di crisi economica fortissima, di disoccupazione e produzione a bassi livelli, egli considerò la sottoutilizzazione delle risorse produttive come fattore determinante del collasso economico. • Il ragionamento di Keynes avvicinava causalmente lo scarso livello produttivo di beni e servizi alla mancanza della necessaria domanda degli stessi. Vi era il problema chiaro di aumentare la domanda di beni e servizi, affinché il sistema economico riuscisse a produrre quanto era potenzialmente possibile. Quindi era necessario stimolare la domanda, incrementandola attraverso un adeguato programma di investimenti pubblici. • Keynes si trovò a doversi confrontare non soltanto con una teoria che riteneva sbagliata, ma con l'intero corpo delle convenzioni etiche che su quella teoria erano state edificate e che predicavano le virtù del risparmio, anzi, della "astinenza”, della libera iniziativa e, naturalmente, della moderazione salariale. Il problema non era solo di una teoria contraddetta dall’osservazioine empirica, ma di convinzioni morali: ai tempi di Keynes gli economisti ortodossi additavano a causa della disoccupazione i salari a loro dire ancora "troppo elevati", nonostante ogni ulteriore diminuzione di essi si traducesse in ulteriori cadute della domanda, del reddito e dell'occupazione stessa. • • In effetti, più ancora che come il secolo dell'industrializzazione, l'Ottocento appariva anche a Keynes fondato su una "religione“: la vocazione al risparmio. La vitalità dell'intero sistema, non solo economico ma anche politico e sociale, riposava sul differimento dei consumi. "Era precisamente la ineguaglianza di distribuzione della ricchezza che rendeva possibili quelle vaste accumulazioni di ricchezza fissa e di sviluppo dei capitali che contraddistinguono quel periodo da ogni altro” • Lo sviluppo di questo sistema dipendeva perciò da un doppio inganno. Da un lato le classi lavoratrici accettavano, per ignoranza o per impotenza, ad accettare una situazione per la quale esse potevano chiamare propria una ben piccola parte della torta che esse stesse e la natura e i capitalisti avevano cooperato a produrre. • Dall'altro lato era consentito ai capitalisti di considerare propria la miglior parte della torta ed essi erano teoricamente liberi di consumarla, nella tacita, sottintesa condizione che in pratica ne avrebbero consumato una ben piccola porzione. Il dovere di risparmiare divenne celebrata virtù e l'ingrossamento della torta oggetto di una vera religione. • Il XIX secolo era soggetto a due pericoli: che, nonostante tutto, la popolazione crescesse più in fretta della torta, o che questa fosse "un bel giorno inghiottita prematuramente dalla guerra". Fu in effetti la guerra a rivelare il duplice inganno su cui poggiava il sistema, con il suo principio dell'accumulazione. • Le immani distruzioni provocate dalla guerra e l'inflazione "hanno rivelato a tutti la possibilità del consumo immediato e a molti la vanità dell'astinenza". A guerra finita, Keynes poteva avanzare qualche ipotesi sul prossimo futuro: "le classi lavoratrici possono non essere più disposte a così larghe rinunzie e le classi capitalistiche, non più fiduciose nel futuro, possono avere voglia di godere in modo più completo la loro libertà di consumo". Le due previsioni, il prossimo acuirsi delle lotte sociali e l'effimero boom consumistico dei ruggenti anni venti, erano entrambe ben fondate. • Poteva così dire anche l' 'indicibile': e cioè che "il decadente capitalismo, internazionale ma individualistico, nelle cui mani ci siamo trovati dopo la guerra, non sta avendo molto successo. Non è intelligente, né bello, né giusto, né virtuoso, né si comporta come dovrebbe. In breve non ci piace e anzi stiamo cominciando a detestarlo". E' così che, sull'austero Times, dopo aver paragonato l'impasse in cui si trovavano le economie capitalistiche avanzate alla situazione di due automobilisti incrociatisi nel mezzo di una strada e incapaci di capire come andare avanti senza scontrarsi (perché nessuno sa da che lato spostarsi per passare e lasciar passare l'altro), Keynes può paragonare il deficit spending ad un "espediente grazie al quale ciascuno si muove simultaneamente un pò più sulla propria sinistra". E' così che, in una conversazione radiofonica alla Bbc sulla pianificazione (un esperimento allora tentato solo dai sovietici e dai fascisti e ritenuto dai più del tutto incompatibile con i principi di una comunità democratica), egli può affermare senza timore che gli piacerebbe "tentare di verificare se non sia possibile godere dei vantaggi di entrambi i mondi", vale a dire dei vantaggi pianificazione e di quelli della democrazia. della In sintesi il ragionamento di Keynes era iò seguente: • il perseguimento dell’utile individuale non coincide con il perseguimento dell’utile collettivo • l’attore atomistico spesso non dispone delle informazioni e delle capacità adeguate per perseguire il proprio utile • Rischi, incertezza ed ignoranza condizionano la vita economica e sociale e limitano le capacità di crescita dell’economia e tendono a tenere bassi gli investimenti e a sottoutilizzare il capitale e il lavoro • Problema: come garantire il livello di produzione e di occupazione? (ottica macroeconomica in contrapposizione all’ottica micro che si interrogava sulla formazione dei prezzi e la distribuzione dei redditi) • Legge di Say (economia classica e neoclassica): l’offerta crea sempre la sua domanda. Gli squilibri sono momentanei, poiché la concorrenza riallocherà le risorse in modo da garantire il pieno impiego. In particolare si suppone che tutto il risparmio si traduca in investimento e che basti agire sul tasso di interesse e sul livello dei salari per stimolare gli investimenti (bassi interessi e bassi salari = maggiori investimenti). • In realtà condizioni di incertezza circa i futuri rendimenti possono limitare gli investimenti e produrre un equilibrio di sotto-occupazione. • La Grande Depressione dimostra che il meccanismo concorrenziale non riesce a frenare la caduta degli investimenti e dell’occupazione • E’ l’intervento dello stato che può invece • • efficacemente porsi come regolatore della domanda attraverso: il deficit spending (come manovra di breve periodo) lo stimolo della domanda attraverso un incremento dei redditi, poiché la propensione al consumo è superiore per i redditi più bassi occorre puntare non solo su commesse e finanziamenti alle imprese, ma soprattutto sul pieno impiego pubblico e le politiche redistributive • Due versioni: • Keynesianesimo debole (interventi anticongiunturali di breve periodo) • keynesianesimo della crescita (obiettivi di crescita economica sul lungo periodo) • "Dobbiamo tendere a separare quei servizi che sono tecnicamente sociali da quelli che sono tecnicamente individuali. L'azione più importante dello Stato si riferisce non a quelle attività che gli individui privati esplicano già, ma a quelle funzioni che cadono al di fuori del raggio d'azione degli individui, a quelle decisioni che nessuno compie se non vengono compiute dallo Stato. • Non è necessario un sistema di socialismo di Stato che abbracci la maggior parte della vita economica della collettività. Non è la proprietà degli strumenti di produzione che è importante che lo Stato si assuma. Se lo Stato è in grado di determinare l'ammontare complessivo dei mezzi dedicati a aumentare gli strumenti di produzione e il saggio base di remunerazione per coloro che li posseggono, esso avrà compiuto tutto quanto è necessario". manifesto, se non rivoluzionario, certamente radicale Un • L'assunzione di questa prospettiva era imposta, per il Keynes del '36, anche da importanti e lungimiranti considerazioni politiche: "il mondo non tollererà ancora per molto tempo la disoccupazione, che è associata, inevitabilmente associata, con l'individualismo capitalista d'oggigiorno". L'assunzione di questa stessa prospettiva sarebbe inoltre più favorevole alla pace di quanto non sia un sistema teso alla conquista dei mercati altrui. • Se le nazioni imparassero a costituirsi una situazione di piena occupazione mediante la loro politica interna, non vi sarebbero più ragioni economiche per contrapporre l'interesse di un paese a quello dei suoi vicini: "il commercio internazionale cesserebbe di essere quello che è ora, ossia un espediente disperato per preservare l'occupazione interna forzando le vendite sui mercati esteri e limitando gli acquisti - metodo che, se avesse successo, sposterebbe semplicemente il problema della disoccupazione sul vicino che ha la peggio nella lotta ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti di merci e servizi, in condizioni di vantaggio reciproco". I trenta gloriosi anni del capitalismo regolato • Cause: * La politica degli aiuti americani (piano Marshall) * L’incremento del commercio internazionale grazie alla liberalizzazione degli scambi e alla stabilizzazione dei cambi * La crescita della domanda dovuta alle esigenze della ricostruzione prima e alla crescita dei redditi poi * La disponibilità di un’ampia offerta di lavoro proveniente dai settori a bassa produttività * Lo sviluppo tecnologico che permette di abbassare i costi e incrementare la produzione Aspetti nuovi rispetto al capitalismo degli anni ’30: • regolarità e continuità della crescita • crescita della produzione e del reddito a tassi mai registrati prima • diffusione sociale della prosperità anche attraverso le politiche pubbliche di redistribuzione (salario indiretto) • flusso elevato di risparmi e investimenti La violenza del mercato viene addomesticata (Shonfield) • per effetto: • dell’azione dello • stato attraverso un orientamento alla pianificazione dell’economia a fini di sviluppo (controllo del credito, imprese statali, regolazione del mercato, piena occupazione) e attraverso i sistemi di protezione sociale. Dell’azione delle imprese che si burocratizzano, assumono grandi dimensioni con investimenti ingenti per produzioni di grande serie • Sinergia positiva (Gourevitch: compromesso storico) tra azione pubblica che stabilizza il mercato, sostiene l’occupazione e regola la domanda e imprese che accrescono la produzione grazie alla liberalizzazione degli scambi e alla crescita dei consumi. Fordismo • Il Fordismo, cioè l'insieme delle teorie sull'organizzazione • della produzione industriale elaborate da Henri Ford e dall'ing. F. Taylor, nasce come risposta ai limiti della tecnologia e dell'economia del capitalismo delle origini, che ne avevano frenato lo sviluppo date le limitate potenzialità della meccanizzazione del secolo diciannovesimo. Ma l'aspetto principale, la vera 'filosofia' del metodo fordista, trasformatosi poi in un vero e proprio modello economico, era l'idea della possibilità di una crescita illimitata, sia della quantità di merce prodotta, sia degli insediamenti produttivi, delle fabbriche, sul territorio. Tipico sarà, infatti, il gigantismo degli impianti. Questa certezza quasi assoluta della crescita progressiva e inarrestabile rappresenterà per quasi un secolo la condizione essenziale del modello fordista. • La catena di montaggio, come lo scorrimento continuo di • un sistema di ganci e carrelli, trasferiva l’oggetto in lavorazione davanti ai singoli operai, i quali eseguivano mansioni talmente limitate da non permettere loro di capire in quale fase della produzione fossero impegnati. Il lavoratore fu così ridotto a esecutore di gesti ripetitivi e rapidi tipici della produzione in serie, divenne in un certo senso servitore piuttosto che utilizzatore della macchina. Fu così introdotto il cottimo differenziale che consisteva in un sistema retributivo calcolato e diversificato sulla base della quantità del lavoro svolto. Il cottimo contribuì a migliorare i salari, ma al tempo stesso condusse ad accelerare ulteriormente i ritmi di lavoro e talvolta a creare un ambiente di esasperata competizione tra i lavoratori stessi. • La razionalizzazione produttiva ebbe come conseguenze il notevole aumento della quantità di beni prodotti e la diminuzione del loro prezzo. Questo aspetto, unito al miglioramento salariale derivante dal cottimo, creò nuove condizioni di mercato. Alla produzione di massa fece seguito il consumo di massa: grazie anche alla diminuzione dei costi di trasporto e a tecnologie a più alto rendimento. I consumi migliorarono considerevolmente la qualità della vita nei paesi industrializzati: l’alimentazione divenne più ricca e variata, le condizioni igieniche più sicure. • La società fu spinta a omologarsi nei gusti e • nelle scelte, a perdere l’identità e la particolarità delle comunità ristrette. Ciò rappresentò una fonte di malessere sociale dalle grandi conseguenze. L'industria, infatti, non trovava ostacoli alla sua espansione se non nella sua medesima capacità di produrre. Ma anche l'esiguo potere d'acquisto dei redditi delle masse popolari di inizio secolo rappresentava un ostacolo. L'industria fordista lo superò erogando alti salari e introducendo un servizio sanitario e di prevenzione nelle fabbriche, uno per ogni livello di inquadramento, che riduceva i costi per la salute di operai e impiegati, tecnici e dirigenti. • I lavoratori si trasformavano da produttori in 'consumatori' del loro stesso prodotto: infatti producevano una merce e percepivano un salario adeguato per comprarla. Le merci prodotte venivano vendute a sempre minor prezzo in forza dell'automazione e della produzione in serie, mettendo così in condizione i 'produttori-consumatori' di acquistarne sempre di più. • Il modello produttivo fordista identificava i diritti • dei cittadini con le esigenze del mercato: veniva riconosciuto il diritto di cittadinanza solo a coloro che erano collocati all'interno del mondo produttivo, in funzione della loro capacità di produrre. Nella filosofia fordista la produzione produce il mercato, ossia la fabbrica produce ciò che si 'deve' comperare, genera i consumi, e con i consumi le mode, i costumi, le abitudini, i modi di vivere e di pensare, e con essi le pseudo e le vere culture. Come diceva Ford, "tutto ciò che si produce si vende". Il Fordismo sanziona il primato della fabbrica sul mercato, dell'offerta sulla domanda. • E in effetti le fabbriche non producono quello che i consumatori desiderano comperare, ma i consumatori comprano quello che le fabbriche decidono di produrre. Si può affermare quindi che la fabbrica produce la società. Dunque la fabbrica è luogo centrale di decisioni strategiche: vi si decide cosa produrre, quanto produrre, con quali tempi e con quali modi. • La tradizionale figura del padrone della fabbrica, • che con gli operai aveva un rapporto personale e diretto, era stata sostituita da quella astratta e lontana della società per azioni, in cui uomini sconosciuti e lontani disponevano delle sorte dei dipendenti. La conseguenza di ciò fu che spesso l’intero agglomerato urbano divenne una sorta di appendice della fabbrica: nacquero le “one company town”, città gravitante intorno alla sua fabbrica più importante dalla quale dipendeva interamente la maggior parte della popolazione. Caratteristiche dell’impresa fordista grandi dimensioni integrazione verticale (inclusione di diverse fasi produttive, di servizi di ricerca e sviluppo, fino alla distribuzione e al controllo delle fonti di approvvigionamento di materie prime) separazione tra proprietà e management. Produzione di massa di beni standardizzati prodotti in grande quantità con macchine specializzate Organizzazione del lavoro tayloristica (divisione del lavoro in compiti semplici e ripetitivi) separazione tra ideazioneprogettazione ed esecuzione; Manodopera poco qualificata Varietà delle forme nazionali relative: • alla proprietà e gestione dell’impresa • ai rapporti con la finanza (ruolo della borsa e delle banche) • all’organizzazione del lavoro • al ruolo dello stato. Caratteri comuni: • il requisito della stabilità (mercati, forza lavoro, organizzazione) • il ruolo dello stato sociale (politiche di redistribuzione, sostegno alle imprese e di stabilizzazione) • Relazioni industriali (contrattazione collettiva e istituzionalizzazione) • Fordismo e post-fordismo vengono assunti dalla letteratura socioeconomica non come descrizione di una particolare filosofia produttiva, ma come paradigmi di un sistema economico globale. Infatti, se per fordismo intendiamo un sistema di produzione centralizzato e parcellizzato, basato sulla catena di montaggio, è bene sapere che solo in pochi stati e per brevi periodi la forza lavoro industriale ha superato il 40% del totale e che mai più del 20-25% di essa (8-10% del totale) ha lavorato alla catena di montaggio La fabbrica fordista non era la norma nemmeno quando c’era il fordismo. • Le imprese fordiste costituiscono il settore più visibile e ad alta produttività, ma hanno dei limiti alla loro estensione: – Tecnologici (richiedono elevati investimenti) – Di mercato (richiedono mercati ampi e stabili) • Persiste una domanda di beni non standardizzati prodotti in serie limitata che viene soddisfatta da piccole imprese organizzate in modo diverso (organizzazione del lavoro meno parcellizzata, manodopera specializzata, macchine più flessibili): • macchine utensili • beni di alta qualità • beni a domanda instabile CRISI DEL FORDISMO Fattori congiunturali: • l’aumento del costo del petrolio • l’abbandono del regime dei cambi fissi • Fattori strutturali • saturazione del mercato dei beni di massa (nuovi stili di vita e modelli di consumo, indotti anche dalle politiche delle imprese) • concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione • la crescita della conflittualità operaia (piena occupazione, rifiuto del taylorismo) • gigantismo industriale ed eccesso di complessità organizzativa • introduzione di tecnologie elettroniche in grado di abbassare i costi per produzioni non standardizzate di elevata qualità in serie limitata. Lo stato sociale Definizione Origini Tappe Ambiti di intervento Cause Modelli Welfare state Insieme di politiche pubbliche connesse al processo di modernizzazione Tramite le quali lo stato fornisce ai propri cittadini protezione contro i rischi e bisogni prestabiliti sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale Introducendo specifici diritti sociali nonché specifici doveri di contribuzione Modalita di intervento Assistenza Assicurazione sociale sociale Sicurezza sociale Copertura selettiva universale Prestazioni Copertura Contributive/retributive A somma del bisogno fissa finanziamento Fiscalità generale occupazionale contributiva Fiscalità generale Radici storiche Assistenza pubblica ai poveri Tutela dei datori di lavoro Mutualismo Fasi Instaurazione (dalla fine dell’ottocento, 1883, alla prima guerra mondiale). Assicurazione di lavoratori Consolidamento (tra le due guerre): assicurazione sociale Espansione (dopoguerra): sicurezza sociale Crisi (metà anni settanta): sicurezza sociale Funzioni del welfare Sostegno all’accumulazione (riproduzione della forza lavoro, domanda di beni) Consenso sociale(capitalismo regolatoe riformista) Differenze tra paesi Tipologia delle prestazioni Generosità delle prestazioni Aventi titolo Modelli di welfare Residuale Occupazionale universalistico Modelli misti. Processi di convergenza Welfare system In realtà il benessere della popolazione dipende da un mix di: Risorse di mercato Risorse familiari/solidaristiche Risorse pubbliche Tendenza: un eccessivo squilibrio verso le risorse pubbliche scivolamento distributivo Crisi del Welfare Crisi fiscale Crisi di legittimazione Crisi di funzionamento Vecchie premesse: - Economia in crescita - Società industriale - Stabilità familiare e divisione di genere del lavoro - Struttura demografica in equilibrio - Aspettative morigerate e stabili - Solidità e centralità dello stato nazione Trasformazioni Rallentamento dello sviluppo Società post-industriale Ridefinizione dei rapporti di genere Invecchiamento della popolazione e migrazioni Aspettative crescenti Internazionalizzazione economica, perdita di capacità di governo dello stato nazione Sfide Contenimento dei costi Ammortizzatori sociali, tutela della flessibilità Conciliazione tra vita professionale e responsabilità familiari Contenimento delle spese pensionistiche e sanitarie e ammortizzatori sociali per gli immigrati Ridefinizione degli standard di prestazione Adattamento alle nuove condizioni di apertura dei mercati Difficoltà Gruppi di interessi non utenti Scarsa visibilità del rapporto tra contributi e prestazioni Maggiore voice di chi perde la protezione rispetto a chi dovrebbe acquistarla Problemi di consenso politico Gli anni ’70: crisi del fordismo e crisi dello stato sociale • Stagflazione: contemporanea presenza di • • • • inflazione e disoccupazione Caratteristiche: conflitto industriale e quindi spinte rivendicative e inflative diminuzione dei tassi di crescita della produzione crescita della disoccupazione Cause gli effetti perversi dello stato sociale keynesiano I limiti del sistema fordista, in un quadro economico mutato • a livello micro • piena occupazione (esaurimento del serbatoio agricolo, nonostante i processi migratori) • nuovi profili socio-biografici e culturali della classe operaia • inasprirsi della parcellizzazione e alienazione del lavoro • rafforzamento dei sindacati • quindi crescita della conflittualità operaia • a livello macro • crescente difficoltà dei governi a tenere sotto controllo la spesa sociale • utilizzo crescente della spesa pubblica a fini di consenso politico • eccesso di regolazione pubblica del mercato LA NUOVA POLITICAL ECONOMY • L’insieme di studi che negli anni ’70 affrontano con un approccio neoistituzionale la spiegazione dell’inflazione Due filoni 1. filone neoutilitarista • fa riferimento all’offerta di moneta e cioè all’incapacità dei governi a resistere alle pressioni politiche per un’espansione della spesa (nei confronti delle imprese e dei sindacati), che alimenta una spirale inflazionistica (Samuel Brittan) 2. filone istituzionalista • fa riferimento alla domanda sociale di beni. La sua crescita è il risultato di un conflitto distributivo, in un contesto in cui le disuguaglianze sono sempre più delegittimate e le rappresentanze degli interessi sociali hanno acquistato più potere. • L’inflazione, pertanto, è la conseguenza dell’incapacità del sistema di rappresentanza a gerarchizzare le diverse domande e a tenere sotto controllo il conflitto distributivo tra i diversi gruppi NEOCORPORATISMO E CONCERTAZIONE • Concetti contrapposti a quelli di pluralismo e politica di pressione, fanno riferimento alle prassi seguite dai governi e dagli interessi organizzati dei paesi sviluppati in relazione al sistema della rappresentanza degli interessi e della decisione politica (Schmitter, Lehmbruch) • Due dimensioni: 1. organizzazione degli interessi sistema pluralistico: elevato numero di associazioni di piccole dimensioni che competono tra loro; interessi specifici e settoriali; scarso coordinamento; sistema neocorporativo: poche grandi organizzazioni degli interessi che esercitano il monopolio della rappresentanza; forte centralismo; 2. processo di decisione politica sistema pluralistico: politica di pressione per acquisire risorse all’interno del mercato politico; scarso coinvolgimento nell’attuazione delle politiche; sistema neocorporativo. Prassi di concertazione che coinvolge le rappresentanze nei meccanismi di decisione e attuazione delle politiche Neo-corporativismo Che cosa si scambia Gli attori interessati Gli interessi degli attori I diversi modelli