Titolo: Il Fattore D, perché il lavoro delle
donne farà crescere l’Italia
Autore: Ferrera Maurizio
Dati: 2008,132p,Brossura
Editore: Mondadori(collana strade blu.
Non fiction).
Da anni l’Italia cresce poco o nulla. Cresce poco dal punto di vista
economico e cresce ancora meno sul piano demografico.
Bisogna dare più spazio alle donne, perché ci sono troppe donne a casa,
troppe culle vuote e troppi bambini poveri. A partire dagli anni Ottanta
le cose sono cambiate grazie allo sviluppo del lavoro delle donne. L’Italia
in cui lavora solo il 46% della popolazione femminile conosce uno dei
tassi di natalità più bassi del mondo.
Noi possiamo farlo
Nel 1999 Kathy Matsui, brillante ricercatrice e chief strategist di Goldman
Sachs scrisse un rapporto sulla crisi dell’economia giapponese. Il
Giappone era in declino perché non lasciava spazio alle donne. Nel 2006
per la prima volta nella storia giapponese due donne sono riuscite ad
arrivare al vertice di grandi società.
Negli Stati Uniti a partire dal 2003 le donne lavoravano nel settore
trasporti e assistenza dei bambini. La parola womenomics ha 3 significati.
• Le donne si stanno affermando come protagoniste.
• Il ruolo economico delle donne.
• La valorizzazione delle donne genera circoli virtuosi per l’occupazione,
la produzione, il consumo, l’investimento e dunque vantaggi per
l’economia.
Le donne hanno sempre lavorato, nel caso italiano il lavoro domestico
delle donne potrebbe valere più di 300 miliardi di euro, pari a circa 23
punti di PIL.
Il PIL è il valore complessivo di tutti i beni e i servizi prodotti in un dato paese
durante l’anno.
Adesso nelle famiglie europee la percentuale di donne che ha effettivamente
un lavoro è del 53%.
FRASI PIU’ SIGNIFICATIVE
• Le donne si stanno affermando come protagoniste
• Il ruolo economico delle donne
• La valorizzazione delle donne genera circoli virtuosi
Ferragina Sara
L’occupazione femminile fa bene alla crescita, rende le donne più soddisfatte e
le famiglie più sicure. In Italia lavoravano poco più di tre donne su dieci e il
tasso di fecondità era pari a 2,3.
Nel corso degli ultimi 25 anni la situazione è tuttavia rapidamente cambiata: i
tassi di fecondità hanno tenuto o sono addirittura aumentati nei paesi dove
molte donne lavorano, mentre sono drasticamente calati nei paesi dove molte
donne stanno a casa.
Queste indicazioni empiriche hanno suggerito di riconsiderare il nesso fra
partecipazione lavorativa e propensione ed aver figli. Nel contesto attuale, tale
nesso sembra essere diventato positivo.
Se le donne lavorano, hanno più figli; se non lavorano ne fanno di meno o non
ne fanno proprio. A quali condizioni l’occupazione femminile favorisce o
almeno non ostacola la propensione ed avere figli? La risposta va cercata
soprattutto nella <conciliazione> : nelle aperture mentali e culturali che in una
data società consentono a donne e uomini di conciliare, appunto i propri
progetti di responsabilità lavorative e familiari.
Oggi la conciliazione è un incubo per le madri occupate, soprattutto in
Italia. In Svezia e in Francia le donne hanno più figli perché per loro è
meno difficile essere contemporaneamente madri e lavoratrici.
Naturalmente la conciliazione non è un problema che riguarda solo le
madri, riguarda anche i padri. I cambiamenti del ruolo e delle
aspirazioni delle donne hanno avuto effetti importanti anche per il
ruolo degli uomini e in particolare dei padri, che ora partecipano più
di prima alla vita della famiglia.
Cambiare la divisione di genere del lavoro all’interno della famiglia è
un’operazione molto desiderabile ma anche lenta e difficile. Per
cambiare il comportamento degli uomini occorrono misure <mirate>
capaci di incidere su norme, interessi, abitudini consolidate.
Per rispondere alla sfida della conciliazione occorre una strategia
basata su «ingredienti». Il primo è in congedo di maternità: il diritto
della madre di stare a casa dal lavoro quando nasce un figlio senza
essere licenziata conservando lo stipendio.
Come noto, nel nostro paese le lavoratrici hanno il diritto a 5 mesi di
congedo retribuito all’ 80%.
Oltre al congedo di maternità hanno introdotto anche il congedo di
paternità. La presenza della madre aiuta a far funzionare la famiglia in un
momento delicato, soprattutto in presenza di altri bambini. Il rischio di
assenza di maternità ha da sempre penalizzato in forme più o meno dirette
la carriera della donne rispetto a quella degli uomini.
In Italia il congedo di paternità esiste, ma raramente viene richiesto e
ultimato dal padre. Vi sono poi i congedi parentali: il diritto di entrambi i
genitori di stare a casa ad accudire i figli fino a una certa età. Gli schemi di
congedo parentale se ben disegnati, possono svolgere un ruolo
significativo anche nell’incentivare la condivisione dal lavoro di cura fra
uomini e donne.
FRASI PIU’ SIGNIFICATIVE
• Il rischio di assenza per maternità ha da sempre
penalizzato la carriera delle donne rispetto a quella degli
uomini
• I padri hanno diritti a un periodo di congedo che non può
essere fruito dalle madri.
• Il rischio maternità ha sempre penalizzato le donne e la
scarsa disponibilità dei padri a fruire dei congedi è in
buona misura collegata proprio al timore di subire
contraccolpi in termini di retribuzione, carriera, sicurezza
del posto.
• Per necessità o per scelta le donne dopo la nascita di un
figlio non riescono a rientrare nel mercato del lavoro.
• I nonni sono spesso una preziosa risorsa di conciliazione
per le donne che lavorano.
Riva Aniela
Nella seconda metà degli anni cinquanta c’erano pochi asili.
Si dava quasi scontato che i figli dovessero stare in famiglia finchè non
cominciava la scuola dell’obbligo.
A Ivrea, i dipendenti avevano a disposizione servizi per l’infanzia davvero
all’avanguardia .
Il modello Ford aveva l’obbiettivo di sussidiare il non lavoro tramite
invalidità, disoccupazione, vecchiaia. Il modello Lego invece, orientato
verso la società nel suo complesso, mette al centro gli individui,
soprattutto le donne e i bambini.
Negli ultimi quindici anni le neuroscienze e la psicologia cognitiva hanno
mostrato che i primi anni di vita sono molto importanti per un corretto
sviluppo delle funzioni cerebrali.
Secondo le ricerche di Michael Tomasello le esperienze vissute nel
periodo fra i 12 e 18 mesi, in particolare le esperienze di gioco, lasciano il
segno nello sviluppo della cosiddetta «intenzionalità collettiva» ossia
nella capacità di interiorizzare le conversazioni.
Dopo il primo compleanno il ruolo dei genitori diventa
importantissimo.
OCSE di Parigi ha l ‘obbiettivo di valutare l’impatto sui bambini della
cosiddetta «Early childhood education and care», i servizi per
l’assistenza e la formazione della prima infanzia.
Frasi più significative
•
Troppe donne a casa, troppe culle vuote, troppi bambini in
povertà.
•
La famiglia è importante, ma le libertà e le opportunità dei
singolo individui lo è ancora di più.
•
Un nuovo approccio di politica sociale nei confronti della
donna.
Rumbolo Michaela
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Analisi libro " Il fattore D"