ANNA M. PONZELLINI
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PROPOSTE AL COMITATO STRATEGICO PER LA CONCILIAZIONE
La prospettiva dei miei studi e delle mie ricerche (ormai più che ventennali) sul tema della
conciliazione tra lavoro e famiglia nelle aziende si situa contemporaneamente sul piano delle
tematiche propriamente legate alle relazioni industriali – in particolare dei contenuti della
contrattazione aziendale – e su quello delle pratiche manageriali di gestione delle risorse umane,
in particolare degli interventi di modifica dell’organizzazione del lavoro.
E’ quindi a partire dalle conoscenze e dalla verifica dei risultati delle esperienze che ho
analizzato nel corso della mia carriera professionale, che mi sento di avanzare a questo
Comitato due proposte:
1. Un accordo-quadro sull’e-work tra le parti sociali
Nel lavoro, la flessibilità dei tempi ma anche quella spaziale è una risorsa importante
per chi – donna o anche uomo – debba conciliare la sua attività lavorativa con gli
impegni di cura 1 . Negli ultimi dieci anni, le nuove tecnologie mobili hanno aperto
incredibili possibilità di delocalizzare l’attività lavorativa per moltissime occupazioni
(specialmente, ma non solo, quelle terziarie), sia nel privato sia anche, e forse
soprattutto, nella pubblica amministrazione, attraverso strumenti semplici e in definitiva
poco costosi come laptop, palmari, smartphone, Adsl, fibra ottica e altri collegamenti di
ultima generazione, software evoluti di protezione dei dati… Nelle professioni più
qualificate (informatici, architetti di sistemi, ingegneri, ricercatori, progettisti in molti
campi diversi) questa modalità di lavoro si è già molto diffusa, di solito in modo
informale, tanto che esistono addirittura aziende che promuovono l’“Home-Office
Day”, ovvero la giornata del lavoro a casa! 2
Per la generalità dei lavori, tuttavia, l’attuale regolamentazione del lavoro a distanza
assistito dalle tecnologie – con un termine onnicomprensivo ormai viene indicato come
e-work - risulta molto carente. E’ infatti vero che nel 2004, a seguito di una Direttiva
europea del 2002, sindacati e associazioni di imprese italiane hanno stipulato un
“Accordo-quadro sul telelavoro”, tuttavia tale accordo, che per giunta a causa del lento
cammino negoziale in Italia arrivava già in ritardo, ha tenuto come riferimento le
condizioni di lavoro tipiche del vecchio telelavoro diffuso negli anni ottanta e novanta e
caratterizzato da tecnologie “pesanti”, postazioni rigide, orari fissi, attività
prevalentemente on-line, etc. Evidentemente, nei confronti di una forma di lavoro che
non sembrava altro che una versione aggiornata di lavoro a domicilio, l’obiettivo della
1
Si vedano esaustive considerazioni ed approfondimenti di ricerca su questo punto in alcuni miei articoli: A.M.
Ponzellini (2009), Il telelavoro e il lavoro mobile, Fondazione regionale Pietro Seveso e ARIFL Lombardia,
http://www.consiglieradiparita-regionelombardia.it/; A.M. Ponzellini (2010), “Internet è donna”, in Donne oltre la
crisi,
numero
monografico
ANL
NewsLetter,
n.56,
http://www.nuovilavori.it/newsletter/article.asp?qid=681&sid=80; A.M. Ponzellini (2007) “Il lavoro e le professioni nell’era di
Internet. Quali pratiche e relazioni di lavoro nelle professioni dell’Information & Communication Technology”, in
Sviluppo & Organizzazione, n. 222, giugno 2007.
2
Una importante azienda milanese del terziario avanzato, che ha più di 800 dipendenti, festeggia ogni 1 dicembre la
“giornata del lavoro da casa”, in cui l’azienda si svuota e i dipendenti restano a casa, proprio per dimostrare come
l’attività aziendale può continuare perfettamente a funzionare anche con tutti i dipendenti che lavorano a distanza.
1
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tutela aveva prevalso sul sostegno alla diffusione, che era invece l’intento originario
della Commissione europea. Ne deriva che, ad oggi e specie se confrontato con le
condizioni di lavoro con cui si realizza concretamente l’e-work – attività mista tra
azienda e casa, orari flessibili, tecnologie “leggere” e mobili, lavoro definito in base ad
obiettivi, scadenze, etc. - le regole previste da tale accordo-quadro risultano spesso
ridondanti, difficili da applicare e in definitiva scoraggianti. Così è anche testimoniato
dalla gran parte dei responsabili del personale di aziende private ed enti pubblici che
negli ultimi anni hanno introdotto forme di e-work3.
Nella consapevolezza che la Lombardia, in quanto sede di alcune delle principali
aziende industriali e terziarie del Paese e anche di importanti amministrazioni
pubbliche locali, potrebbe rappresentare una esperienza pilota nella diffusione dell’ework in Italia con conseguenti importanti vantaggi per la conciliazione tra lavoro e
famiglia, la mia proposta è quella che il Comitato promuova la creazione di un tavolo
tra sindacati regionali e associazioni datoriali (magari assistito da sindacalisti e
manager aziendali di imprese dove sono in corso esperienze di e-work), per
raggiungere un accordo-quadro sull’e-work che tenga conto sia dei nuovi contesti
tecnologici e organizzativi, sia delle domande di flessibilità positiva del lavoro che
nascono dagli attuali modelli di carriera/di cura.
2. Introduzione nella contrattazione collettiva di una procedura per l’esame di
forme personalizzate di flessibilità per la conciliazione
E’ preoccupante il numero di madri che abbandona il lavoro durante il primo anno di
vita del figlio/ della figlia: secondo Istat (2008), circa il 18% delle neo-madri abbandona
il lavoro entro l’anno del figlio/della figlia. Recenti dati dell’INPS per la Lombardia
(2009) ci dicono che gli abbandoni nell’ultimo anno sono stati ben 5819, numero non
solo crescente in valore assoluto ma, per la prima volta da molti anni, anche in
percentuale sulle madri occupate (un numero che resta comunque fortunatamente
inferiore alla media nazionale). Le ragioni dell’abbandono sono per il 70% dovute alla
cura dei bambini ma, più che addebitabili a libere scelte nella strategia di cura familiare,
sono dovute alla “materiale” impossibilità di conciliare il lavoro con la cura del/della
bambino/a: “necessità di accudire direttamente i figli in mancanza di adeguate strutture
sul territorio” oppure “mancata concessione del part time da parte dell’azienda datrice”
(INPS, dati per la Lombardia 2009). Come conclude Maurizio Ferrera (2008) a
proposito delle difficoltà di conciliazione, la maternità nel nostro Paese ha un deciso
effetto di scoraggiamento.4
Risulta particolarmente deprimente che, a volte, ciò che mancherebbe alle madri per
continuare a lavorare è solo qualche piccolissima flessibilità di orario, come ad esempio,
la possibilità di riuscire a prendere il pullman 10 minuti prima ed arrivare in tempo al
nido… Così emerge anche dalle storie, amarissime, raccontate nell’indagine realizzata
dall’Associazione per la Famiglia di Milano, che da tre anni risponde ad uno sportello
on-line a madri e padri di bambini piccoli che chiedono consigli ed aiuto 5 : nella
stragrande maggioranza dei casi, le madri si scontrano con la rigidità di una
3
Si veda la recente indagine di ARIFL (2007), cit.
M. Ferrera, Il fattore D, Mondadori
5
Associazione per la Famiglia (2011), Maternità e paternità on-line. Opuscolo
4
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organizzazione del lavoro e di regole di contrattazione collettiva costruite per situazioni
standardizzate, e in definitiva plasmate sul lavoro maschile. In assenza di norme che
regolano la flessibilità positiva (compreso il diritto ad ottenere almeno
temporaneamente un orario ridotto) – e spesso anche in mancanza di un rappresentante
sindacale - le madri non sanno come affrontare il problema con il capo e chiedono
l’aiuto esterno dello sportello, per superare il senso di abbandono e l’isolamento nel
confrontarsi con i loro problemi di conciliazione. In più di un caso, loro stesse
saprebbero suggerire una soluzione compatibile con l’organizzazione aziendale, ma non
osano e/o sono consapevoli di non avere la forza per farlo: secondo i responsabili dello
sportello on-line, il lavoro più faticoso è convincerle di avere almeno un “diritto
all’ascolto” da parte dell’azienda.
Per questa ragione, credo che il Comitato potrebbe farsi promotore di un confronto tra
le parti sociali presenti in Lombardia - anche all’interno della sperimentazione della
bilateralità e della applicazione del’art.46 della Legge 183/2010 (Collegato al lavoro) sulla introduzione nella contrattazione di una disciplina-quadro che introduca una
procedura di confronto, anche individuale ed eventualmente assistito dai rappresentanti
sindacali, tra il genitore che ha problemi di legati alla cura e un esponente della
direzione per l’esame della possibilità tecnica di soluzioni conciliative e che venga
stabilito l’obbligo aziendale di una valutazione motivata della richiesta.
La terza proposta che vorrei avanzare al Comitato nasce invece da alcune mie attività,
contemporaneamente di studio e di proposta politica, rivolte al miglioramento della disciplina
legislativa relativa alle madri e ai padri.
3. Una Indennità di Maternità Universale
A seguito del processo di equiparazione dell’età pensionabile delle donne, si è costituito
il Gruppo Maternità&Paternità, promosso originariamente da Piazza, Ponzellini, Soru,
che nell’ottobre del 2009 dopo qualche mese di riflessione e di studio attorno alle
normative previdenziali e di tutela della maternità in Italia e in Europa, ha definito una
proposta in tre punti da sottoporre ai legislatori al livello nazionale su: 1) indennità di
maternità universale; 2) ridefinizione delle norme relative ai congedi; 3) introduzione di
crediti di cura ai fini pensionistici per i genitori6. La proposta, da subito confrontata con
i più noti esperti di materia previdenziale, è stata discussa con politici di entrambi gli
schieramenti, dibattuta pubblicamente in varie città, ripresa dalla stampa e dal web.
Siamo felici di constatare che, durante questi mesi, alcuni dei contenuti della proposta
sono stati ripresi sia nella Proposta di legge-delega 1299 per la Riforma delle Pensioni
(primo firmatario G. Cazzola) che raccoglie l’idea di una contribuzione figurativa per
ragioni di cura, sia dal Disegno di Legge 2045 Statuto del Lavoro Autonomo (primo
firmatario T. Treu), che fa propria l’esigenza di equiparare il trattamento di maternità tra
lavoro dipendente e lavoro autonomo.
6
Il testo completo della Proposta “Avere un figlio oggi è un privilegio” è scaricabile su:
http://maternitapaternita.blogspot.com
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Più recentemente, il Gruppo ha deciso di concentrarsi con la più urgente di tali riforme,
che è quella che riguarda la tutela della maternità. Si è infatti dovuto prendere atto che a seguito dei significativi cambiamenti del mercato del lavoro di questi anni: aumento
del precariato, degli stage e tirocini, del lavoro parasubordinato e del lavoro autonomo
di seconda generazione - un enorme numero di donne non hanno diritto alla tutela di
maternità attualmente prevista per le lavoratrici dipendenti, in base al Testo Unico in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (DLgs. 26 marzo 2001, n.
151). Per la Lombardia - dove questi cambiamenti del mercato del lavoro sono più
visibili e dove, nel contempo, le nascite stanno aumentando sia pure di poco - il 40%
della forza lavoro femminile sotto i quarant’anni e il 55% sotto i trenta sono sprovviste
di tutela o godono di tutele ridottissime! Per questo, il Gruppo Maternità&Paternità ha
lanciato l’idea di una indennità che tuteli almeno per cinque mesi tutte le madri
lombarde, indipendentemente dal fatto che lavorino già o siano in cerca di occupazione,
che siano lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato oppure autonome o precarie. La
proposta è stata inviata alla Regione Lombardia, con l’adesione di moltissime
associazioni sindacali, datoriali, del precariato.
Mi associato alla proposta per una Indennità di Maternità Universale, già depositata
presso il Comitato dal Gruppo Maternità&Paternità.
Milano, 31 gennaio 2011
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