ASSISTENZA AL PAZIENTE CRITICO IN CAMERA IPERBARICA: PROBLEMATICHE M. SILVESTRO Il trattamento del paziente critico in camera iperbarica pone particolari problemi di assistenza e monitoraggio. Le alterazioni dello stato di coscienza, l’instabilità cardiocircolatoria, l’insufficienza respiratoria, sono i problemi che più frequentemente si presentano al personale di assistenza e non debbono comunque costituire un ostacolo alla pratica dell’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI). Non si può non trattare un paziente abbisognevole di OTI solo perché le sue condizioni sono critiche e richiedono continue terapie di rianimazione, ma bisogna far sì che tali terapie possano essere effettuate con la stessa sicurezza ed efficacia anche in camera iperbarica. La camera multiposto, con annessa camera di equilibrio, è l’unica che si presta al trattamento di tali pazienti. Essa consente non solo l’uso delle attrezzature necessarie all’assistenza e al monitoraggio del paziente, ma anche l’ingresso in camera di tutta l’equipe di rianimazione. Essa deve essere dotata pertanto della possibilità di monitoraggio cardiorespiratorio, di assistenza respiratoria, di aspirazione delle secrezioni del paziente, etc. Ciò rende possibile un’assistenza e un controllo diretto del paziente durante tutto il trattamento, la continuazione della terapia rianimatoria in atto e la possibilità di effettuare immediatamente tutti gli interventi terapeutici d’urgenza che si dovessero rendere necessari per assicurare le principali funzioni vitali del paziente: intubazione endotracheale e ventilazione artificiale meccanica, rianimazione cardiocircolatoria, infusione di liquidi, somministrazione di farmaci, etc. Logicamente in ambiente iperbarico alcune manovre, a causa del confinamento e del poco spazio disponibile, possono risultare più complesse che in ambiente normobarico. E’ necessario, pertanto, garantire una adeguata assistenza respiratoria (molto spesso si tratta di pazienti incubati o tracheostomizzati) un costante monitoraggio cardiaco ed emodinamico, il prosieguo della terapia infusiva, il controllo della temperatura corporea, della diuresi, di eventuali drenaggi etc. Estrema prudenza sarà anche necessaria per la valutazione della terapia nel caso di pazienti con insufficienza respiratoria ipercapnica con valori di PaCO2 superiori a 60 mm di Hg., sia per la possibilità che l’ossigeno iperbarico possa aumentare ulteriormente la ritenzione di CO2, sia, soprattutto, per il pericolo di poter indurre l’apnea attraverso un repentino innalzamento dei valori della PaO2. Inoltre bisogna tener presente che in camera iperbarica, l’aumento della pressione dei gas inspirati, aumenta anche il lavoro respiratorio per incremento delle resistenze non elastiche al flusso dell’aria nei bronchioli con conseguente turbolenza dell’aria inspirata. In questi pazienti per i quali non è possibile evitare la terapia iperbarica può rendersi necessario anche il ricorso all’assistenza respiratoria meccanica onde facilitare l’eliminazione di CO2. La ventilazione assistita richiede un adattamento all’ambiente ipebarico ed una serie di accorgimenti. Nei pazienti intubati con tubi cuffiati, poiché la pressione modifica il volume della cuffia, al fine di evitare il controllo continuo del volume della cuffia durante le fasi di compressione (immissione di aria) e di decompressione (asportazione di aria), si riempie la cuffia del tubo endotracheale con soluzione fisiologica. Il ventilatore ideale dovrebbe essere un generatore di volume, non influenzabile dalle variazioni di pressione che si verificano all’interno della camera e non funzionante a corrente elettrica per il pericolo d’incendio. Deve, perciò, rispettare il principio della logica fluidica ed essere in grado di mantenere costante la frequenza impostata, il volume corrente e il rapporto I/E. Nel nostro centro iperbarico ci serviamo attualmente di un ventilatore iperbarico del tipo Siaretron 1000, che soddisfa pienamente questi requisiti. Tale ventilatore, infatti, adegua il suo funzionamento alle variazioni pressorie e di densità che si vengono a determinare in questo particolare ambiente ed effettua automaticamente tutte le compensazioni necessarie a mantenere costante la ventilazione del paziente fino alla profondità di 60 m di H2O. L’alimentazione è fornita da due batterie ricaricabili al NiCd da 6 Volt che garantiscono una autonomia di circa 2 ore di lavoro ininterrotto. In passato ci siamo serviti di un ventilatore iperbarico tipo Monaghan 225/SIMV, pressometrico, che però ci ha creato parecchie difficoltà in quanto si aveva una progressiva riduzione del volume corrente all’aumentare della pressione all’interno della camera. Nei pazienti con malattie cardiovascolari va ricordato l’effetto vasocostrittore iniziale posseduto dall’ossigeno iperbarico e la spiccata bradicardia conseguente alla sua respirazione prolungata. Nei pazienti affetti da malattie convulsivanti, tra le quali va ricordata soprattutto la malattia epilettica, è utile, prima dell’iperbarizzazione, la somministrazione di farmaci sedativi allo scopo di controbilanciare l’effetto scatenante la crisi posseduto dall’ossigeno iperbarico per la rivitalizzazione cellulare che esso determina. I farmaci che attualmente sembrano rispondere meglio a tale scopo sono le benzodiazepine. L’aspirazione endotracheale ed orale viene assicurata attraverso un sistema Venturi, a sua volta regolato da un manometro, che sfrutta la differenza di pressione fra l’interno e l’esterno della camera. L’ECG, la pressione arteriosa, la saturazione di ossigeno, la temperatura corporea vengono monitorizzati tenendo le apparecchiature all’esterno della camera e facendo passare i relativi cavi attraverso una serie di passaggi a scafo. Prima dell’ingresso in camera iperbarica i pazienti devono essere stabilizzati, per quanto le loro condizioni e le patologie permettano. La terapia infusiva viene mantenuta introducendo nei flaconi di vetro, un ago lungo e di calibro adeguato, la cui punta superi la superficie del liquido, al fine di compensare la pressione interna del flacone e di evitare la fuoriuscita della soluzione stessa. Tale tecnica può essere evitata usando sacche in E.V,A. che sono comprimibili. Il gocciolamento va controllato e regolato durante le fasi compressione/decompressione. E’ possibile anche utilizzare le normali pompe peristaltiche e le siringhe elettriche a batteria. Il controllo della diuresi è possibile mantenendo il catetere in posizione declive, mentre per quanto riguarda eventuali tubi di drenaggio la nostra esperienza ci consiglia di clamparli, essendo questa tecnica meglio tollerata dai pazienti. Bisogna poi ricordare che la pressione antagonizza gli effetti dei farmaci ipnotici e dei miorilassanti. Relativamente agli antibiotici è sconsigliato l’uso della clindamicina (Dalacin), batteriostatico attivo a basse pressioni parziali di ossigeno, preferendo il Metronidazolo (Deflamon). L’azione degli aminoglicosidici e della penicillina è potenziata dall’O.T.I.. Essendo aumentata la permeabilità della barriera ematoencefalica a tali farmaci, bisogna controllare l’insorgenza di eventuali effetti collaterali neurologici. Nei pazienti in coma da sottoporre a terapia iperbarica, va effettuata una miringotomia preventiva. Prima di introdurre in camera pazienti con patologia respiratoria in atto, bisogna essere certi dell’assenza di pneumotorace. Una costante collaborazione tra il personale all’interno della camera e quello all’esterno, è assicurata attraverso un interfono, ampi oblò e due telecamere che inquadrano l’interno della camera. La presenza della camera di equilibrio consente, in caso di necessità l’ingresso in camera di ulteriore personale. Inoltre, il passa-oggetti permette in ogni momento, la rapida introduzione nella camera di tutto quello che si può rendere necessario. In definitiva oggi possiamo affermare che una equipe medica specializzata nel settore, con i requisiti professionali e le qualità attitudinali richieste, affiancata da tecnici iperbarici e da infermieri addestrati all’utilizzo della terapia iperbarica, è sicuramente in grado di offrire un’assistenza completa a tutti gli ammalati, compresi quelli più gravi, prima, durante e dopo qualsiasi trattamento iperbarico. Caso clinico n. 1 Bambino travolto dalle ruote di un camion in cui riportò lo sfacelo della regione glutea. Caso clinico n. 2 Bambino impigliato con i capelli in una falciatrice (scalpo)