Ossigeno terapia iperbarica e paziente critico Maurizio Berardino, Sergio Levi S.C. Anestesia e Rianimazione Dipartimento di Emergenza ed Accettazione Presidio CTO (Centro Traumatologico Ortopedico) A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino Schema della relazione 1. Definizione di paziente critico 2. Indicazioni a trattamento iperbarico 3. Chi cura il trasferimento del paziente da trasportare presso il sito di trattamento? 4. I problemi correlati al trasporto extraospedaliero 5. I problemi correlati al trattamento 6. I requisiti e le necessità tecniche 1. Definizione del paziente critico Molte delle accettate indicazioni ad OTI coinvolgono pazienti in stato critico. Intendiamo con questa definizione una serie di pazienti che, indipendente dalla causa, presentano o minacciano di sviluppare una o più instabilità delle funzioni vitali, tali da richiederne supporto invasivo: Pazienti in trattamento intensivo per incapacità di protezione delle vie aeree, per insufficienza respiratoria acuta, per insufficienza cardiocircolatoria. Questi hanno necessità di supporto respiratorio invasivo (mediante intubazione tracheale) o non invasivo (con ventilazioni a supporto o controllo di pressione attraverso interfacce a tenuta pneumatica), di infusione controllata di liquidi e farmaci per la modulazione del supporto cardiovascolare, di monitoraggio invasivo di circolo e respiro. Pazienti in monitoraggio intensivo per iniziale insufficienza mono o multi organo, ancora compensata, ma con probabilità di evolvere verso uno scompenso. Pazienti appena usciti dalla fase di scompenso, in una fase di svezzamento dal o dai trattamenti intensivi, che non hanno ancora raggiunto una stabile autonomia delle funzioni vitali o che, in seguito od in corso di trasporto o di trattamento iperbarico potrebbero transitoriamente perderlo. Molto spesso la compromissione delle funzioni vitali è dovuta alla stessa causa che pone indicazione al trattamento iperbarico e che quindi il procrastinare dello stesso alla raggiunta stabilizzazione clinica, possa vanificare la ricerca del miglior trattamento possibile. Per contro lo stato clinico condiziona l’indicazione al trattamento iperbarico dal momento che dobbiamo bilanciare il presunto beneficio con i rischi connessi allo spostamento dall’unità di terapia intensiva, al trasporto, spesso in altro presidio, ed al trattamento stesso. 2. Indicazioni a trattamento iperbarico Ci si sofferma poco su questo aspetto perché esula dal tema specifico se non per sottolineare che molto spesso i pazienti per i quali sono poste le indicazioni al trattamento sono in quello stato clinico che permette di identificarli come critico. Si rimanda alle Linee guida sulle indicazioni all’ossigenoterapia iperbarica promulgate nel 2007 in seguito allavoro congiunto della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione, Terapia Intensiva), SIMSI (Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica), ANCIP (Associazione Nazionale Camere Iperbariche Private). Le prove di evidenza analizzate consentono al SSN Regione Piemonte di autorizzare trattamenti per: intossicazione da monossido di carbonio malattie da decompressione subacquea embolia gassosa arteriosa gangrena gassosa da germi anaerobi lesioni radionecrotiche-osteoradionecrosi e radionecrosi dei tessuti molli ischemia traumatica acuta e sindrome da schiacciamento osteomielite refrattaria cronica innesti cutanei e lembi muscolocutanei a vascolarizzazione compromessa Nel nostro centro l’indicazione più frequentemente valutata è quella relativa ai quadri traumatici di schiacciamento con lesioni osteotegumentarie complesse e/o sindrome compartimentale. Utile criterio di valutazione dell’indicazione al trattamento è il Mangled Severity Score (MESS) così calcolato: Tipologia di Lesione Punti Trauma a Bassa energia Trauma a media energia (fratture esposte o multiple) Trauma ad elevata energia (ferita arma da fuoco) Trauma ad elevata energia con contaminazione e perdita di sostanza Ischemia dell’arto Polso piccolo o assente ma perfusione presente Polso assente, parestesia, diminuito riempimento capillare Arto freddo con paralisi di moto e di senso Stato di shock Pressione sistolica sempre > 90 mmHg Ipotensione arteriosa transitoria Ipotensione arteriosa persistente Età Meno di 30 anni Tra 30 e 50 anni Più di 50 anni 1 2 3 4 1 2* 3* 0 1 2 0 1 2 * il punteggio è raddoppiato se l’ischemia dura da più di 6 ore Per punteggi MESS: ≥7 : OTI è indicata per tutti i pazienti 5 – 6 : OTI è indicata nei pazienti “a rischio” (affetti da Diabete Mellito, Malattie Vascolari Periferiche, Collagenopatie) 3 -4 : OTI indicata se il paziente è gravemente compromesso (sempre con i fattori di rischio Diabete Mellito, Malattie Vascolari Periferiche, Collagenopatie). 3. Chi cura il trasferimento del paziente da trasportare presso il sito di trattamento? Si fa riferimento a questo paragrafo perché molto spesso le difficoltà logistiche possono interferire sulle indicazioni al trattamento. Anche se la letteratura è concorde nell’auspicare la sede di trattamento iperbarico presso un centro ospedaliero dove sono accolti i pazienti critici è frequente dover disporre un trasporto da e per il Centro Iperbarico. Pertanto il mettere a disposizione uno schema di riferimento che raccordi la complessità assistenziale del paziente alla composizione dell’equipe di trasporto può semplificare il processo decisionale. Un utile riferimento è la vecchia Classificazione di J. Ehrenwerth (Critical Care Medicine 1986), richiamata anche dalla recente delibera della Giunte Regionale del Piemonte del 3 ottobre 2011, n. 19-2664 “Attuazione Piano di rientro. Definizione dei percorsi clinico organizzativi del paziente politraumatizzato”. Le classi di riferimento al paziente critico sono la III - V Classe I . Il paziente: • Non richiede il monitoraggio dei parametri vitali; • Non necessita di somministrazione per infusione continua di liquidi e o farmaci; • Non richiede somministrazione continua di ossigeno; • Non viene trasferito in Reparto di Cure Intensive; Non è richiesta la presenza di Personale Sanitario durante il trasporto. L’assistenza al paziente viene fornita dal personale volontario formato secondo gli standard regionali. Classe II. Il paziente: • Richiede il monitoraggio dei segni vitali; • Può necessitare di somministrazione per infusione continua di liquidi; • Può richiedere somministrazione continua di ossigeno; • Non viene trasferito in Reparto di Cure Intensive; E’ richiesta la presenza di un Infermiere durante il trasporto. Classe III. Il paziente: • Richiede il monitoraggio continuo dei parametri vitali; • Necessita di somministrazione per infusione continua di liquidi e o farmaci; • Non è necessario monitoraggio invasivo; • Può presentare lieve compromissione dello stato di coscienza (GCS > 9); • Può presentare lieve o modesto distress respiratorio; • Richiede la somministrazione continua di ossigeno e o supporti ventilatori non invasivi; • E’ trasferito in reparto di Cure Intensive; E’ richiesta la presenza di un Medico del reparto di degenza o di un Medico del sistema di Emergenza Sanitaria Territoriale e di un Infermiere. Classe IV. Il paziente: • Può essere presente distress respiratorio grave; • Può richiedere un supporto ventilatorio invasivo; • Può richiedere ventilazione meccanica; • Necessita di somministrazione per infusione continua di liquidi e o farmaci anche attraverso catetere venoso centrale; • Può essere presente compromissione dello stato di coscienza (GCS < 9); • Può richiedere la somministrazione controllata di farmaci; • E’ trasferito in Reparti di Cure Intensive; E’ richiesta la presenza di un Medico rianimatore e di un Infermiere. Classe V. Il paziente: • Non può essere completamente stabilizzato; • Richiede monitoraggio e supporto vitale invasivo; • Richiede terapia salvavita durante il trasporto; • E’ trasferito in Reparti di Cure Intensive; E’ richiesta la presenza di un Medico rianimatore e di un Infermiere. 4. I problemi correlati al trasporto extraospedaliero Il tema del trasporto interospedaliero è attuale alla luce della centralizzazione delle patologie complesse e dell’organizzazione in rete delle strutture sanitarie. È già dimostrato che per il trasporto del paziente critico, la disponibilità di una equipe di rianimazione riduce il numero e la portata degli incidenti che si attesta però sul 12,5%. Spesso si tratta di disfunzioni di materiale tecnico e l’adozione di un sistema integrato di trasporto (Ventilatore, monitor e sistemi infusionali) in dotazione al reparto inviante e che rimane in esercizio per tutta la durata del trasporto, impedisce quei malfunzionamento correlati al cambio di apparecchiatura. Distribuzione degli incidenti tecnici durante trasporti di pazienti critici (Wiegersma et al. Critical Care 2011, 15:R75) Questo però comporta una previsione di un adeguato supporto di alimentazione sia elettrico (monitor e sistemi infusionali) con una costante verifica delle riserve di batteria, sia di alimentazione pneumatica (ventilatore polmonare). In questo caso è importante conoscere l’autonomia del sistema del ventilatore disponendo delle seguenti informazioni: Volume della bombola Pressione della bombola Pressione necessaria per alimentare il ventilatore FiO2 alla quale il paziente viene ventilato Volume Minuto ad. es.: 10 L. ad. es.:130 ATM ad. es.: 50 ATM ad. es.: 40% ad es.: 7 L/min Il Primo calcolo di autonomia prevede 130 – 50 = 80 ATM utilizzabili per l’erogazione di ossigeno. 80 Atm x 10 L (volume della Bombola)= 800 L. Disponibili / (7 x 0,4) = 285 minuti. I ventilatori polmonari da trasporto sono ormai in grado di garantire le stesse performances del ventilatore al letto del malato. Per questo motivo è opportuno adattare alcuni minuti il paziente al nuovo ventilatore prima di mobilizzarlo al fine di confrontare i settaggi di ventilazione e verificare l’effettiva indifferenza del paziente stesso al cambio di presidio. La protezione verso l’ipotermia, l’adeguamento della sedazione e dell’analgesia prima della mobilizzazione, l’eventuale curarizzazione del paziente durante il trasporto per il suo miglior adattamento alla ventilazione polmonare, la verifica ed il fissaggio dei presidi di drenaggio ed infusione sono le misure correntemente adottate dall’equipe di trasporto ma che richiedono rinnovata verifica da parte del medico responsabile. L’analisi in studi prospettici, volti a valutare la sicurezza del paziente durante trasporto interospedaliero a cura di una equipe di rianimazione ha mostrato una sostanziale stabilità dei parametri clinici, l’incidenza di problemi riferiti a motivi tecnici e dell’ordine del 12,5%. Soltanto i seguenti parametri sono risultati alterati in modo significativo, quello della temperatura solo nei casi (1,4%) di malfunzionamento del riscaldatore. Parametro Rilevazione in Partenza Rilevazione in arrivo 96% 37,8 °C 92% 34,8 °C SaO2 T° corporea Poiché la maggior parte camere iperbariche non si trovano all'interno o adiacenti alla terapia intensiva, i potenziali benefici di OTI a un paziente in condizioni critiche devono essere bilanciati dai rischi di trasporto del paziente così come i rischi derivanti dal trattamento iperbarico . Il trasporto intraospedaliero praticato da personale qualificato può minimizzare il rischio per questi pazienti. Il trasporto assicurato da una equipe di terapia intensiva riduce comunque l’incidenza di eventi avversi dal 34% al 10-12%. 5. I problemi correlati al trattamento iperbarico a. Ossigenazione Uno dei principali problemi durante OTI è il mantenimento dell’ossigenazione, che in un paziente critico può essere precaria per la patologia di base. I motivi che possono portare paradossalmente ad una riduzione di ossigenazione arteriosa (PaO2) in corso di OTI possono essere: La respirazione in ossigeno puro, impoverisce l’alveolo di azoto, destrutturandolo. La quota di parenchima atelettasico sarà maggiore alla fine del trattamento. Dopo alcune ore si assiste ad un ritorno alla normalità la FiO2 ( la percentuale di ossigeno nella miscela inspirata) con cui il paziente è ventilato condiziona la ossigenazione (PaO2) che il paziente avrà ai diversi livelli di pressione barometrica. Ci si deve aspettare miglioramenti di minore entità di PaO2 nei pazienti con Gradiente Alveolo – arterioso di ossigeno ( a-A O2) > 0,75. La determinazione del Gradiente alveolo-arterioso di O2 ( a-A O2)si ottiene mediante la seguente formula: a-A O2 = PaO2- PAO2 Con PAO2 = [FiO2 x (Pb – Pw)] – Pa CO2 /0,8 PAO2 PaO2 FiO2 Pb Pw PaCO2 = pressione parziale di O2 Alveolare = pressione parziale di O2 arteriosa = Frazione di O2 della miscela gassosa inspirata = Pressione barometrica = 760 mmHg =Pressione parziale a livello del mare del vapor acqueo = pressione parziale di CO2 arteriosa Volendo dare un esempio, respirando in aria ambiente ed avendo una PaCO2 di 40 mmHg: PAO2= [0,21 x (760-47)] – 40/0,8 =150-50= 100 mmHg a-A O2 = 120-100= 20 mmHg La raccomandazione pratica è quindi titolare la PaO2 durante il trattamento, mantenendola tra i 100 ed i 140 mmHg con il minor valore di FiO2 possibile. Se in corso di trattamento OTI non si riesce a mantenere una PaO2 di 80 mmHg utile sospendere la procedura dal momento che viene a mancare il vantaggio terapeutico della OTI a fronte dei rischi incrementali assunti dal trasporto. Questo è il motivo per cui non si pone indicazione a trattamento pazienti con rapporto P/F di O2< 200. b. Miringotomia. Durante la compressione lo spazio pieno di aria dell'orecchio medio si riduce di volume. I cambiamenti di pressione e volume possono provocare barotraumi dell'orecchio medio e dell'orecchio interno. Può essere necessario nei pazienti intubati praticare la miringotomia profilattica o il posizionamento del tubo timpanostomico prima del trattamento iperbarico. Non esiste evidenza comunque che questa procedura possa ridurre le sequele a lungo termine 6. I requisiti e le necessità tecniche a. Ventilatori La ventilazione meccanica dei pazienti sottoposti a terapia iperbarica può essere ostacolata dalle minori prestazione dei ventilatori approvati per le camere iperbariche. Nelle monoposto, i moduli di controllo del ventilatore sono situati all'esterno della camera con il circuito paziente che si trova all'interno della camera collegata ad un blocco ventilatore. Volumi e pressioni delle vie aeree sono misurati all'interno della camera rispettivamente con uno spirometro meccanico e un manometro. La peep può essere applicata utilizzando valvole a pressione positiva continua delle vie aeree . I ventilatori comunemente utilizzati nella camera monoposto sono il 500A (Industrie Sechrist, Anaheim, CA) e l'Omni-Vent (Allied Healthcare pro-dotti, Inc, St Louis, MO). Recentemente la Food and Drug Administration ha approvato il Ventilatore Atlantis camera iperbarica (Providence Global Medical, Inc., Salt Lake City, UT). Recentemente è stato adattato il Servo-i (MAQUET Holding GmbH & Co. KG – Rastlatt Germany) per utilizzo in camera multiposto. I ventilatori utilizzati nella camera multiposto devono avere simili prestazioni. Diversi ventilatori sono stati testati per la sicurezza e performance, e sebbene la maggior parte si siano dimostrati sicuri, la performance è stata marginale, soprattutto in condizioni di simulazione di un paziente con funzione respiratoria compromessa. Anche quando la funzione polmonare è normale, i ventilatori erogano un volume corrente minore durante la pressurizzazione. Questo risultato è stato mitigato utilizzando la modalità di controllo della pressione rispetto al volume controllato. Test più recenti delle prestazioni del Servo 900C Siemens modificato (Maquet, Inc, Wayne, NJ) dimostrano che questo ventilatore potrebbe mantenere la frequenza respiratoria ed il tidal volum espirato in modalità di controllo della pressione in condizioni iperbariche e potrebbe potenzialmente essere utilizzato in modalità pressure-support. Il ventilatore Monhagan 225 è stato testato in ambiente multiposto e funziona bene. Sia nelle monoposto che nelle camere multiposto, la ventilazione minuto può essere monitorata con spirometri e manometri o con monitor di volume modificati . Durante la compressione, la cuffia endotracheale sarà ridotta di volume secondo la legge di Boyle, pertanto l'aria può essere aggiunta alla cuffia durante la pressurizzazione della camera, ma questa aria supplementare deve essere rimossa durante la decompressione del paziente per evitare sovrapressione della cuffia e possibili danni alla mucosa tracheale. Questa gestione può essere fatta in camera multiposto e con operatore presente all’interno. In alternativa l’aria nella cuffia può essere sostituita, prima della compressione, con soluzione fisiologica. Dopo il trattamento, l’orofaringe del paziente deve essere aspirato, la soluzione salina rimossa, la cuffia riempita di aria ricontrollando la pressione esercitata dalla cuffia. b. Sistemi Infusionali Sistemi infusionali a siringa sono necessari soprattutto per la somministrazione di amine vasoattive e dell’analgosedazione. Diversi sistemi sono stati testati all’interno delle camere multiposto ma si possono usare solo pompe certificate sulle caratteristiche antincendio del sistema di alimentazione e sulla compliance del sistema di infusione che, in corso di compressione/decompressione possono modificare la quantità di farmaco somministrato. c. Tubo tracheale Deve essere posta attenzione alla cuffia del tubo tracheale: durante la fase di compressione il volume della cuffia si riduce e può essere necessario inserire ulteriore volume per mantenere la cuffia gonfia. Tale volume va rimosso durante la fase di decompressione per impedire un eccessivo aumento di pressione sulla mucosa tracheale. Utile il controllo con manometro dopo la procedura. Viene suggerito, specie se non si può intervenire durante la procedura (monocamere) di sostituire il volume della cuffia del tubo tracheale con soluzione fisiologica. c. Sistemi di aspirazione Un sistema di aspirazione efficiente deve essere disponibile e funzionante. c. Monitoraggio In corso di OTI si devono osservare gli stessi standard minimi di monitoraggio previsti per le unità di terapia intensiva che includono il monitoraggio della saturazione arteriosa di ossigeno, dell’elettrocardiogramma e della pressione arteriosa. In corso di trattamento in realtà la saturazione di ossigeno può non essere necessaria e di fatto poco usata perchè le tensioni di ossigeno arterioso sono comunque alte e non sensibili alle variazioni di ventilazione, durante OTI. Tuttavia, è prudente monitorare la saturazione dell'ossigeno arterioso di malati critici prima e dopo la seduta di trattamento, alla luce, come già descritto, dei possibili peggioramenti. Il monitoraggio fisiologico durante OTI richiede cavi elettrici che devono passare dall'interno della camera verso l'esterno e poi sul monitor. Nelle camere multiposto , un monitor satellite all'interno della camera o al di fuori della camera, ma visibile, consente agli addetti all’interno di osservare i dati fisiologici. Il Servizio di Ingegneria linica dell’ospedale dovrebbe contribuire a stabilire le connessioni tra la camera e il monitor dentro e al di fuori della camera seguendo linee guida National Fire Protection Association (NFPA). Da ricordare che in corso di compressione, il valore di CO2 di fine espirazione (ETCO2) , dato utile per il monitoraggio del volume minuto del paziente e quindi della corretta ventilazione, tende ad essere sottostimato (minore del reale) e non deve indurre ad inopportune correzioni, in riduzione del volume minuto. d. Tubi toracostomici. Pneumotoraci anche minimi, devono essere drenati prima del trattamento iperbarico. Il tubo toracostomico deve essere collegato ad una valvola unidirezionale di Heimlic, clampando il drenaggio durante la compressione e declampandolo durante la ricompressione. I sistemi a circuito chiuso devono essere certificati per il posizionamento in camera iperbarica. d. Pacemaker, Defibrillatori intracardiaci e stimolatori spinali. Prima di sottoporre a ciclo di compressione i pazienti con pacemaker e defibrillatori intracardiaci si deve essere a conoscenza delle caratteristiche tecniche dei dispositivi impiantati: Il fabbricante deve specificare se il dispositivo è adatto per la compressione iperbarica, compreso il suo limite massimo di pressione . Un defibrillatore intracarcardiaco deve essere interrogato prima della pressurizzazione per determinare la frequenza di defibrillazione e l'integrità . Se la squadra iperbarica disattiva un defibrillatore intracardiaco, il personale e le attrezzature devono essere disponibili e in grado di monitorare e trattare le disfunzioni cardiache. Il medico potrebbe decidere di inserire uno stimolatore transcutaneo prima della compressione. Una verifica delle caratteristiche tecniche di infusori o stimolatori spinali impiantati con la specifica di compatibilità ad OTI è ugualmente necessaria. d. Defibrillazione e cardioversione. La defibrillazione e la cardioversione possono essere praticati all'interno delle camere multiposto solo se vengono mantenuti i limiti suggeriti (NFPA) per la tensione di ossigeno . Invece nelle camere monoposto, si deve procedere a decompressione ed estrazione del paziente per eseguire defibrillazione o cardioversione. Se disponibile, l’erogazione di gas nella camera monoposto dovrebbe essere convertita da ossigeno ad aria durante la decompressione di questi pazienti. Conclusioni Molto spesso il bilancio rischio-beneficio e la complessità organizzativa di un trasporto interospedaliero. La mancanza di studi prospettici impedisce di cogliere quegli aspetti clinici (miglioramento clinico, incidenza di eventi avversi relativi al trasporto e trattamento) e gestionali (miglioramento sulla degenza ed impatto sui costi) che porterebbero a misurare la quota di utilità nel programma terapeutico considerare l’OTI uno strumento terapeutico utile per alcune categorie di pazienti critici. Questo però non annulla la sensazione, in operatori esperti, che la tecnica intervenga sensibilmente nel contenere l’evoluzione sistemica di fenomeni distrofici locali, riducendo complessità e durate della degenza in Terapia Intensiva. Casistiche di singoli centri segnalano complicanze che hanno imposto interruzioni rapide della OTI nel 2,7% ( 35/1231) dei casi. Analizzando i singoli casi le cause sono state problemi nel circuito di ventilazione (8), mlfunzionamenti del ventilatore (2), Malfunzionamenti della linea arteriosa (5), ipossiemia (1), convulsioni (3), air trapping con iperinflazione ed ipotensione (3), inadeguata sedazione (5), aritmie (4). Esiste quindi forse il dovere nei centri in cui queste patologie vengono concentrate, di creare l’evidenza. Maurizio Berardino, Sergio Levi SC Anestesia e Rianimazione Dipartimento Emergenza ed Accettazione Presidio CTO – AO Città della salute e della scienza di Torino Via Zuretti 29 10126 Torino [email protected] [email protected] Letture consigliate Weaver LK: Critical care of patients needing hyperbaric oxygen. In: The Physiology and Medicine of Hyperbaric Oxygen Therapy. Thom SR, Neuman T (Eds). Philadelphia, Saunders/Elsevier, 2008, pp 117–129 Weaver LK et al. Hyperbaric oxygen in the critically ill Crit Care Med 2011 39 (7) 1784-791 Joep M Droogh et al. Inter-hospital transport of critically ill patients; expect surprises. Critical Care 2012, 16:R26 Wiegersma et al. Quality of interhospital transport of the critically ill: impact of a Mobile Intensive Care Unit with a specialized retrieval team. Critical Care 2011, 15:R75 Weaver LK, Ray D, Haberstock D: Comparison of three monoplace hyperbaric chamber intravenous infusion pumps. Undersea Hyperb Med 2005; 32:451– 456 Walker KJ, Millar IL, Fock A: The performance and safety of a pleural drainage unit under hyperbaric conditions. Anaesth Intensive Care 2006; 34:61– 67 Weaver LK: Monoplace hyperbaric chambers. In: The Physiology and Medicine of Hyperbaric Oxygen Therapy. Thom SR, Neuman T (Eds). Philadelphia, Saunders/Elsevier, 2008, pp 27–35 SIAARTI / SIMSI/ ANCI Linee guida sulle indicazioni all’ossigenoterapia iperbarica Medicina Subacquea ed iperbarica 1, Marzo 2007