Marilisa D’Amico
Uguaglianza e differenza nel diritto
e nella società
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Lavori dell’Assemblea
costituente sull’art. 3 Cost. e sulla
parità tra donne e uomini
sed. 18 marzo 1947
Teresa Mattei
“Noi non vogliamo che le donne italiane aspirino ad
un’assurda identità con l’uomo. Vogliamo semplicemente
che esse abbiano la possibilità di espandere tutte le loro
forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene
nella ricostruzione democratica del nostro Paese”
“Nessuno sviluppo democratico, nessun progresso
sostanziale si produce nella vita di un popolo se esso non si
è accompagnato da una piena emancipazione femminile”
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....MA…
In Assemblea costituente non ci si accontentò di sancire
l’uguaglianza in senso formale.
Fu anche muovendo da considerazioni che attenevano alla
condizione deteriore delle donne che si ritenne indispensabile
impegnare la Repubblica a considerare e rimuovere gli
elementi che, “di fatto”, limitano l’uguaglianza e impediscono
alle persone il pieno sviluppo e la partecipazione alla vita
politica, economica e sociale del Paese
Uguaglianza sostanziale
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La parità di genere venne inoltre ribadita
in altre disposizioni della Costituzione, con
riferimento a specifici settori:



Famiglia
Art. 29 Cost. uguaglianza morale e giuridica dei
coniugi
Lavoro
Artt. 37 Cost.  tutela della donna lavoratrice
Cariche pubbliche
Art. 51 Cost. parità di accesso agli uffici pubblici e
alle cariche elettive
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Ma il principio di parità tra donne e uomini
enunciato in Costituzione è stato
per lungo tempo disatteso…
Nel 1958 la Corte costituzionale salvò la norma che disponeva
che dei 6 giudici popolari delle Corti d’assise, almeno 3 dovessero
essere uomini.
L’art. 51 Cost., pur sancendo la parità, aggiunge che ciò avviene
secondo i requisiti stabiliti dalla legge: per la Corte in questo
modo i Costituenti avrebbero lasciato al legislatore una “qualche
sfera di apprezzamento nel dettare le modalità di applicazione del
principio, ai fini della migliore organizzazione e del più proficuo
funzionamento dei diversi uffici pubblici, anche nell’intento di
meglio utilizzare le attitudini delle persone” (sent. 56 del 1958).
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Solo nel 1960 la Corte dichiarò illegittima la norma che
escludeva le donne da tutti i pubblici uffici che comportassero
l’esercizio di diritti e potestà politiche
“una norma che consiste nello escludere le donne in via generale da
una vasta categoria di impieghi pubblici, [deve] essere dichiarata
incostituzionale per l'irrimediabile contrasto in cui si pone con l'art.
51, il quale proclama l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche
elettive degli appartenenti all'uno e all'altro sesso in condizioni di
eguaglianza”.
(sent. n. 33 del 1960)
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Reato di adulterio …. se commesso da una donna!
In un primo momento la Corte salva l’art. 559 c.p., perché posto dal
legislatore a tutela dell’unità familiare... (sent. 64 del 1961)
“Secondo una pura valutazione morale … il principio della fedeltà coniugale é unico, e non soffre
discriminazioni di carattere quantitativo. Tuttavia, l'ordinamento giuridico positivo non
può del tutto prescindere … dalle valutazioni che si affermano, spesso
imperiosamente, nella vita sociale. Ora, che la moglie conceda i suoi amplessi ad un estraneo é
apparso al legislatore, in base, come si é detto, alla prevalente opinione, offesa più grave che non
quella derivante dalla isolata infedeltà del marito. Al di fuori di ogni apprezzamento, che non spetta
alla Corte di compiere, trattasi della constatazione di un fatto della vita sociale, di un dato della
esperienza comune, cui il legislatore ha ritenuto di non poter derogare. … in aggiunta alle ragioni già
esposte e di per sé sufficienti, la illegittimità costituzionale dell'art. 559 é da escludere anche in
considerazione dei limiti che, in forza dell'art. 29 della Costituzione, il legislatore ordinario ha potestà
di stabilire al principio di eguaglianza fra i coniugi. Il diverso trattamento disposto dall'art. 559 Cod.
pen. bene, infatti, può includersi fra i limiti posti a garanzia della unità familiare”
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Sent. n. 126 del 1968
La Corte cambia orientamento
“Nel sancire … sia l'eguaglianza fra coniugi, sia l'unità familiare, la Costituzione
proclama la prevalenza dell'unità sul principio dieguaglianza, ma solo se e
quando un trattamento di parità tra i coniugi la ponga in pericolo.
Queste considerazioni tuttavia non spiegano né giustificano la discriminazione sanzionata dalla
norma impugnata. Ritiene la Corte, alla stregua dell'attuale realtà sociale, che la
discriminazione, lungi dall'essere utile, é di grave nocumento alla concordia ed alla unità della
famiglia. La legge, non attribuendo rilevanza all'adulterio del marito e
punendo invece quello della moglie, pone in
stato di inferiorità quest'ultima, la quale viene lesa nella sua dignità, é
costretta a sopportare l'infedeltà e l'ingiuria, e non ha alcuna tutela in sede
penale.
La Corte ritiene pertanto che la discriminazione sancita dal primo comma dell'art. 559 del
Codice penale non garantisca l'unità familiare, ma sia più che altro un privilegio assicurato al
marito; e, come tutti i privilegi, violi il principio di parità”.
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Nell’ambito del lavoro (imprenditoria femminile), negli
anni ’90 le donne hanno iniziato ad essere destinatarie di
misure promozionali, ai sensi dell’art. 3, comma 2, Cost.
Legge n. 215 del 1991 (incentivi
economici per le imprese ‘femminili’)
Corte cost. sent. n. 109 del 1993
Le azioni positive sono “il più potente strumento a
disposizione del legislatore, che, nel rispetto della libertà e
dell'autonomia dei singoli individui, tende a innalzare la
soglia di partenza per le singole categorie di persone
socialmente svantaggiate”
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Ma la Corte è restia ad ammettere azioni positive
nell’ambito dei diritti politici …
Con assoluto rigore nella sent.
n. 422 del 1995: secondo la
Corte i Costituenti esclusero l’eg.
sost. dal campo dei diritti
politici… ma se non si posero il
problema di garantire una equilibrata
presenza fra i sessi nelle Assemblee
elettive è anche perché, in materia
elettorale, le donne non avevano
avuto occasione d’ingresso, avendo
votato per la prima volta nel 1946
Sent. n. 49 del 2003
la Corte salva la norma sulla base
della premessa che si tratti di una
“misura minima di una non
discriminazione”
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… Sent. n. 4 del 2010
legge elettorale Regione Campania:
L’elettore può esprimere … uno o due voti di preferenza …
Nel caso di espressione di due preferenze, una deve
riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un
candidato di genere femminile della stessa lista, pena
l’annullamento della seconda preferenza”
Corte cost. Sent. n. 4 del 2010
la Corte ha parlato di un quadro costituzionale ispirato al
“principio fondamentale dell’effettiva parità tra i due
sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale,
nello spirito dell’art. 3, secondo comma, Cost.”
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Il divieto di discriminazione per motivi di
sesso si riflette anche sulla posizione dei
transessuali e degli omosessuali
Legge n. 164 del 1982:
Consente la rettifica del sesso per effetto di una sentenza passata in
giudicato “a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”
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Corte cost. n. 161 del 1985
“poiché il transessuale, più che compiere una scelta propriamente
libera, obbedisce ad una esigenza incoercibile, alla cui soddisfazione é
spinto e costretto dal suo "naturale" modo di essere, il legislatore ha
preso atto di una simile situazione, nei termini prospettati dalla scienza
medica, per dettare le norme idonee, quando necessario, a garantire gli
accertamenti del caso ovvero a consentire - sempre secondo le
indicazioni della medicina - l'intervento chirurgico risolutore, e dare,
quindi, corso alla conseguente rettificazione anagrafica del sesso. In
definitiva, la legge n. 164 del 1982 si é voluta dare carico anche di
questi "diversi", producendo una normativa intesa a consentire
l'affermazione della loro personalità e in tal modo aiutarli a superare
l'isolamento, l'ostilità e l'umiliazione che troppo spesso li
accompagnano nella loro esistenza”.
“La legge n. 164 del 1982 si colloca, dunque, nell'alveo di una
civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di
libertà e dignità, della persona umana, che ricerca e tutela anche
nelle situazioni minoritarie ed anomale”
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Matrimonio tra persone dello stesso sesso?
Sent. n. 138 del 2010
Con riferimento all’art. 2 Cost.
“per formazione sociale [art. 2 Cost.] deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o
complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione,
nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare
anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso
sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia…
Si deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente
postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti
della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni
omosessuali al matrimonio. … deriva, dunque, che, nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta
al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di
riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità
d’intervenire a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze more uxorio:
sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Può accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi
particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della
coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire
con il controllo di ragionevolezza.
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Con riferimento all’art. 29 Cost.
“è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere
“cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore,
... Detta interpretazione, però, non può spingersi fino al punto d’incidere sul
nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa
fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu
emanata.
Infatti, come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni
omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di
Assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo
sconosciuta.
Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per
via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del
sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di
procedere ad un’interpretazione creativa.
Si deve ribadire, dunque, che la norma non prese in considerazione le
unioni omosessuali, bensì intese riferirsi al matrimonio nel significato
tradizionale di detto istituto”
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Per concludere: alcune statistiche…
Negli ultimi due decenni, secondo le statistiche Istat, più di 3 milioni di
persone hanno avuto un’esperienza di convivenza (eterosessuale). Di
queste 1/4 sono ancora conviventi, 1/4 si sono sposate, la restante metà ha
cambiato compagno/a.
Significativo che soltanto nel 2011 l’Istat abbia avviato una campagna di
censimento relativa alle coppie omosessuali, di cui oggi non si hanno dati
ufficiali
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Parità tra donne e uomini
Laureati in Italia (in età compresa tra 25-64
anni):
Donne 15,7%
Uomini 13%
- 1950: solo il 25% dei
laureati era donna;
- 2000: più del 55%;
- 2009: il 60%.
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Ma le donne continuano ad essere retribuite
mediamente il 9% in meno rispetto agli
uomini
E sono presenti nei cda delle società quotate
in misura pari solo al 4%
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“Spetta a tutti noi … di partecipare attivamente alla gestione
della cosa pubblica per rendere effettiva e piena questa
sovranità popolare.
Ma perché questo accada veramente occorre che accanto ai
cittadini sorgano, si formino, lavorino le cittadine; fatte mature e
coscienti al pieno adempimento di tutti i loro doveri … ed
educate al godimento dei loro pieni diritti”
(Teresa Mattei, Ass. cost., sed. 18 marzo 1947)
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