Il ruolo della giurisprudenza tra interpretazione e integrazione della disciplina penitenziaria Marco Ruotolo Lezione Master “Diritto penitenziario e Costituzione” 14/02/2014 Un percorso attraverso casi esemplari sui seguenti temi: • Interpretazione giurisprudenziale dei principi costituzionali in tema di esecuzione della pena • Interpretazione e integrazione (“blanda”) della legge penitenziaria alla luce della Costituzione • Interpretazione della CEDU ad opera della Corte EDU e suoi riflessi sull’interpretazione dei disposti costituzionali (oltre che sulla valutazione di costituzionalità delle leggi nazionali) • Integrazione della legge ad opera della Corte costituzionale • Funzione monitoria della giurisprudenza e sue implicazioni • Applicazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale ad opera della magistratura di sorveglianza • I limiti delle risposte giurisprudenziali per la risoluzione dei problemi penitenziari Interpretazione giurisprudenziale dei principi costituzionali in tema di esecuzione della pena • Sent. n. 313 del 1990 della Corte costituzionale “il precetto di cui al terzo comma dell’art. 27 della Costituzione vale tanto per il legislatore quanto per i giudici della cognizione, oltre che per quelli dell’esecuzione e della sorveglianza, nonché per le stesse autorità penitenziarie”. Cambiamento radicale rispetto all’impostazione della sent. 12 del 1966 (che limitava il finalismo rieducativo al trattamento penitenziario). Incidenza della legge n. 354/1975 sulla stessa interpretazione dell’art. 27 Cost. Interpretazione e integrazione (“blanda”) della legge penitenziaria alla luce della Costituzione • Interpretazione (sentenze interpretative di rigetto): es. sent. n. 526 del 2000 della Corte costituzionale (perquisizioni in carcere; seguito “amministrativo” con circolare DAP) • Integrazione “blanda” (sentenze additive di principio): sent. n. 26 del 1999 della Corte costituzionale (tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti). Seguito giurisprudenziale (sent. Cassazione del 2003) e inerzia del legislatore. L’evoluzione compiuta con la sent. n. 135 del 2013 (caso Rai Sport, Rai Storia) e la scelta operata con il d.l. 23 dicembre 2013, n. 146 Interpretazione della CEDU ad opera della Corte EDU e suoi riflessi sull’interpretazione dei disposti costituzionali (oltre che sulla valutazione di costituzionalità delle leggi nazionali) • • • • La CEDU vive nell’interpretazione che ne dà la Corte di Strasburgo. Nell’interpretare l’art. 3 CEDU in ambito penitenziario la Corte ha anche utilizzato norme di soft law (in particolare le Regole penitenziarie europee) dando così “concretezza” al parametro. Sentenze Sulejmanovic e Torreggiani. Contribuito della Corte EDU alla più compiuta emersione del diritto a un’esecuzione della pena non disumana (rinvio all’esame della sentenza della Corte cost. n. 279 del 2013). Crescente rilevanza attribuita alla giurisprudenza della Corte EDU nelle argomentazioni della Corte costituzionale. Ad es. la sent. Torreggiani è ampiamente richiamata sia nella sent. n. 135 sia nella sent. n. 279 del 2013. Importanza del richiamo alle Regole penitenziarie europee che finalmente si affacciano nella giurisprudenza costituzionale italiana (v. sent. 179 del 2013 sui colloqui dei detenuti in 41-bis sulla quale torneremo dopo). La CEDU non solo costituisce un limite per l’esercizio della potestà legislativa nazionale, in quanto “obbligo internazionale” (art. 117, comma 1 Cost., e sentt. 348 e 249/2007), ma ha anche una funzione propulsiva nell’interpretazione dei testi legislativi (e perfino costituzionali), dovendo l’operatore/interprete senz’altro privilegiare tra i diversi possibili significati di un testo normativo quello conforme a CEDU (oltre che a Costituzione). Integrazione della legge ad opera della Corte costituzionale • Le sentenze “additive” in ambito penitenziario: esame della sent. n. 158/2001 (diritto alle ferie e ai riposi settimanali). Sua incidenza sulla giurisprudenza successiva (tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti lavoratori, sent. n. 341/2006) • Il più recente caso dei colloqui dei detenuti in 41-bis con i difensori: sent. n. 143/2013 (decisione di accoglimento parziale con effetto “espansivo” del diritto “compresso”). La prevista compressione del diritto di difesa del detenuto, non trova nella specie “adeguata” giustificazione in nome del soddisfacimento delle pur presenti esigenze di sicurezza. La Corte cost. richiama le Regole penitenziarie europee Funzione monitoria della giurisprudenza e sue implicazioni (Corte cost. sent. n. 279 del 2013) • I moniti della Corte costituzionale riguardanti la normativa penitenziaria. Il recente caso della sent. n. 279 del 2013, riguardante i rimedi “preventivi” per la tutela del diritto a un’esecuzione della pena non disumana (in contesto di sovraffollamento carcerario). • Il monito: le questioni sono inammissibili (per il dovuto rispetto della discrezionalità del legislatore), ma «non sarebbe tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa in ordine al grave problema individuato nella presente pronuncia». Come ha scritto la Corte nel comunicato stampa diramato il 9 ottobre 2013 (data dell’assunzione della decisione): «il legislatore dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile» al problema sollevato dai rimettenti, riservandosi «in un eventuale successivo procedimento, di adottare le necessarie decisioni dirette a far cessare l’esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità». Applicazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale ad opera della magistratura di sorveglianza • La decisione del Magistrato di Sorveglianza di Spoleto del 10 luglio 2013, riguardante la circolare DAP sui colloqui dei detenuti in 41-bis con i minori di anni dodici. L’applicazione del “principio” contenuto nella sent. n. 135/2013 della Corte cost.: ove le ragioni di sicurezza non giustifichino adeguatamente la limitazione del diritto, la misura che la prescrive acquista «unicamente un valore afflittivo supplementare rispetto alla privazione della libertà personale, non compatibile con l’art. 27, terzo comma, Cost.» I limiti delle risposte giurisprudenziali per la risoluzione dei problemi penitenziari • L’inadeguatezza delle risposte giurisprudenziali, in quanto per definizione occasionali. • L’insostituibilità della politica. • Il ruolo dell’amministrazione, in assenza dell’interpositio legislatoris. L’interpretazione alla luce della Costituzione e degli obblighi internazionali come dovere per il legislatore, per i giudici e per l’amministrazione.