Storia e politiche del territorio
Modulo I
Luca Verzichelli
a.a. 2014-2015
7. Analisi dinamica delle politiche del territorio.
Contesto e cambiamento di strategie e ruoli
Web:
http://lucaverzichelli.weebly.com/storia-e-politica-del-territorio.html
RICAPITOLIAMO
Obiettivi dell’analisi del contesto di policy
• L’analisi del contesto è una semplificazione, che rileva
soltanto alcuni fattori decisionali, orientata a due
principali obiettivi
1. Capire come i vari fattori influenzano il processo e
in particolare come essi favoriscono decisioni non
incrementali e non scontate
2. Capire come il contesto possa favorire (invece)
stabilità e non decisioni oppure un cambiamento
incrementale e prevedibile
Luca Verzichelli
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Analisi del contesto
e misurazione del grado di cambiamento di policy
Gli studiosi sono stati spesso interessati allo studio di quanto le politiche
cambiano lo stato delle cose (policy change).
L’analisi del contesto è un passaggio fondamentale per questo obiettivo
perchè garantisce la parametrizzazione di variabili fondamentali per
riconoscere l’effettivo perseguimento di un cambiamento
La nozione di finestra di (opportunità di) policy è utile per capire come il
contesto aiuta a generare cambiamento. Gli innovatori di policy utilizzano il
mutare delle condizioni per riposizionare il timone del processo decisionale e
cambiare velocità alla decisione, producendo mutamenti prevedibili o
addirittura imprevedibili
Finestre di policy
Massima
stabilità
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Massima
discontinuità
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Strategie di policy
• Un cambiamento rilevante dello status quo si associa dunque alla
realizzazione di molte condizioni tra le quali
1. Disponibilità di risorse sufficienti
2. Esistenza di vantaggi sufficienti per i partecipanti alla decisione
3. Comunanza di obiettivi che conduce (o meno) alla collaborazione
4. Verosimile sicurezza che la decisione non sia rigettata da shock o
improvvisi feedbacks negativi
La rara presenza di condizioni contestuali per un cambiamento può
essere ovviata da manipolazione o adattamento. La strategia di
policy è dunque la capacità di un innovatore di mutare I propri o gli
altrui orientamenti nel tentativo di generare quel coordinamento
necessario per produrre un cambiamento di policy. Si tratta di un
talento, a metà tra arte e scienza, che i veri innovatori colgono con
l’aiuto degli analisiti: art and craft of policy analysis (Wildavsky)4
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Elementi di analisi di un processo decisionale
relativo a una politica territoriale
• Identificare il tipo/livello di territorio interessato (policy makers e
policy takers)
• Identificare i settori/network di policy interessati
• Identificare le principali fasi della vicenda
• Per ciascuna fase
- identificare gli attori presenti, i loro obiettivi, le loro interazioni
- identificare la natura della posta in gioco
-descrivere il tipo di network
- ricostruire le strategie decisionali adottate e il mutamento del
contesto decisionale
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Anche i ruoli degli attori cambiano
in una visione dinamica
• Il promotore (iniziatore) ha un ruolo specifico nella messa in agenda
del problema, ma se vi sono più fasi in cui emergono soluzioni
possiamo avere più promotori
• Il regista (o pivot) ha la funzione di pilotare un processo. Corrisponde
al promoter in un network “centralizzato” con un attore sopra tutti gli
altri
• Quando altri aiutano (ma con fini diversi il regista possiamo avere
degli alleati. Attori con obiettivi di contenuto o di processo le cui
azioni sono (o diventano) congunte a quelle di promotore e regista
• Il Mediatore non ha necessariamente gli stessi obiettivi ma per
motivi diversi (tipicamente obiettivi di processo) favorisce il
raggiungimento di punti di equilibrio decisionale
• L’Oppositore invece lavora per il venir meno di un punto di equilibrio
che soddisfa le aspettative del promotore
Tentativo di analisi
Leggere la seguente storia di policy e provare a rispondere alle
seguenti domande
• Quale è il settore di policy nel quale si può collocare questa
narrativa? Quali gli altri eventuali settori di policy interessati?
• Sono presenti nella narrativa più cicli di policy? Quali?
• Quali sono gli attori rilevanti (e i rispettivi ruoli) ? Quali i vincoli al
sottosistema di origine statale, sociale e internazionale?
• Come descriveresti il tipo di network assimilabile al contesto di
questa narrativa (riferendosi al ciclo di policy più attuale) e
perché?
L’alta velocità ferroviaria nasce negli anni 80 in Europa continentale, per collegare i grandi snodi
urbani collocati tra i 300 e 500 km di distanza. In Italia tale tecnologia non era presente nel
Piano generale dei trasporti, redatto per il governo da una serie di esperti con la collaborazione
dell’Ansaldo, azienda di Stato successivamente assorbita da Finmeccanica, da sempre il
principale soggetto nel campo delle infrastrutture ferroviarie Italiane.
L’indecisione nella realizzazione di una tecnologia ferroviaria che emulasse il mitico TGV
francese non sta solo nella incertezza della classe politica. La morfologia di un paese allungato e
solcato dal montagne da un lato – si pensi alle difficoltà che ha trovato la costruzione della linea
AV Bologna-Firenze, che ha preso decine di anni, bruciando uno stanziamento almeno quattro
volte superiore a quello previsto - e il capitalismo di piccole aziende sono infatti fattori che non
hanno favorito la nascita di un cartello di imprenditori pronto a raccogliere la sfida.
Ciò nonostante, la realizzazione di un ambizioso piano di collegamenti AV è divenuta una vera
ambizione nella fase finale del governo di pentapartito quando, oltre al miglioramento delle
tecnologie si realizzarono due condizioni fondamentali: la congiuntura economica favorevole,
che determinò lo stanziamento di ingenti risorse sui progetti infrastrutturali, e la possibilità di
accedere ad una serie di fondi europei. Correva l’anno 1988, quando il primo piano TAV viene
approvato, con la costituzione di una società che vedeva le allora ferrovie statali socio di
minoranza. Si tratta della prima rilevante esperienza di cofinancing infrastrutturale: in realtà, lo
stato finanziava almeno il 40% delle opere di AV, mentre la componente privata faceva fatica a
consolidarsi. La cronaca dal 1991 al 2005 - fase di costruzione del grosso dell’attuale rete AV – è
costellata da una serie di tentativi, fallimenti e rinunce, e anche da alcune pagine nere. Per
esempio, il coinvolgimento in una storia di tangenti di alcuni dirigenti pubblici di Trenitalia
(società controllata dallo Stato che ha sostituito le FS), manager delle società interessate al
progetto e persino dirigenti sindacali. La storia del coinvolgimento della Camorra nella
organizzazione degli appalti per la tratta TAV Roma-Napoli riporta questo specifico progetto ad
un’altra debolezza strutturale del sistema politico italiano: lo scarso livello di legalità in molte aree
del paese. Con qualche distinguo su singoli aspetti, tutti i governi dal 1991 ad oggi hanno
sostanzialmente avallato il progetto AV. Le resistenze, portate avanti soprattutto da sinistra radicale
ed ambientalisti, metteva in dubbio soltanto alcune delle strategie. D’altra parte, il ministero dei
trasporti (poi delle infrastrutture) ha giocato un ruolo fondamentale trattando separatamente con
tutti i soggetti. La posta politica generale era chiara: passare all’AV completando la
modernizzazione in un paese che da sempre soffre di una scarsa capacità di collegamenti interni.
Rispetto a tale obiettivo, il ministero ha di volta in volta convinto i vari portatori di interesse a
rimanere al tavolo del progetto. Il risultato è stato una azione lentissima, ma continua nello sviluppo
di una rete che oggi conta oltre 1400 km di linee (con qualche tratto ancora in costruzione) e che
indubbiamente ha trasformato il modo di viaggiare e di incontrarsi degli italiani.
Tale trasformazione non si sarebbe tuttavia realizzata senza un’altra cruciale svolta che può essere
considerata l’inizio della vera liberalizzazione del trasporto ferroviario italiano: il decreto del 5/8/
2005 che disciplina le concessioni ai soggetti che oggi utilizzano la rete (RFI) ha infatti dato vita ad
una fase di autentica competizione per l’uso del trasporto ferroviario ad AV. È grazie a tale
disposizione che ha potuto crearsi un secondo importante gruppo come il Nuovo Trasporto
Viaggiatori che ha introdotto il treno Italo, conquistando una fetta importante di mercato. Grazie a
tale regolazione, altre società potranno svilupparsi per competere anche a livello locale su alcune
tratte della rete AV Italiana.
Ma la partita più grossa rimane naturalmente quella del legame tra AV italiana e rete europea: la
liberalizzazione da un lato e il varo di un ancora più ambizioso piano di rete ferroviaria transEuropea sottoscritta dall’UE e, per la parte concernente il territorio italiano, sono state confermate
dal 2005 in poi, nonostante i dubbi di molte associazioni ambientaliste, di qualche esperto, e anche
di un montante movimento che riunisce i comitati locali No TAV sotto un ombrello più vasto,
circolando anche grazie a nuovi strumenti mediatici notizie sui fallimenti di progetti analoghi e sui
costi ambientali dell’operazione. Nell’occhio del ciclone, in particolare, il progetto che interessa la
val di Susa per il completamento del progetto Prioritario 6 che comprende la linea Torino-Lione.
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File - Luca Verzichelli