I disturbi d’ansia
D.ssa PENSAVALLI Michela
Psicologa – Psicoterapeuta
Coordinatore didattico S.C.Int. Scuola di
Specializzazione di Roma
Professore invitato presso l’Ateneo Pontificio
Regina Apostolorum
I disturbi d’ansia
 Paura di avere un collasso fisico nel disturbo di panico e
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nell’agorafobia
Paura di ricevere un giudizio negativo nella fobia sociale
Paura che accada qualcosa di male a sé o ai propri cari nel
disturbo d’ansia generalizzato
Paura di arrecare danno a sé o ai propri cari nel disturbo
ossessivo-compulsivo
Paura di essere esposti a un danno, in realtà improbabile,
nelle fobie specifiche
Paura di avere ricordi intrusivi di passate situazioni di
pericolo nel distubo post-traumatico da stress
I farmaci ansiolitici, come il benzodiazepine, sebbene
riducano sia l’ansia di stato sia l’ansia anticipatoria, e
quindi in generale migliorino la padronanza di sé,
sono poco efficaci nel ridurre le paure di fondo
specifiche di ciascun disturbo.
TECNICHE
COGNITIVO - COMPORTAMENTALI
STRATEGIE DI RIDUZIONE DELL’ATTIVAZIONE
Controllo dell’iperventilazione
-
Nei pazienti affetti da disturbi d’ansia è di frequente
riscontro un’iperventilazione tale da indurre sintomi
come:
respiro affannoso
sensazioni di soffocamento
sensazioni di testa leggera
tachicardia
dolori al petto
formicolii e intorpidimento
vertigini
sensazioni di irrealtà
Rapee
(1985)
dimostrò
l’importanza
dell’iperventilazione durante gli attacchi di panico
facendo notare la somiglianza tra i sintomi del panico
e quelli prodotti da un’iperventilazione volontaria.
Il paziente si è esercitato a rallentare la propria
respirazione fino a cicli di 8 secondi ed è stato
incoraggiato a utilizzare questo ritmo respiratorio
ogniqualvolta notava l’inizio di un attacco di panico.
non si sa con certezza se questa tecnica funzioni
perché corregge l’iperventilazione, perché distrae il
soggetto o perché produce rilassamento.
Meditazione
Benson (1976) ha introdotto una forma di yoga
semplificato nel mondo occidentale, secondo cui i
soggetti venivano istruiti a sedersi in una posizione
comoda, a chiudere gli occhi e a concentrarsi sulla
propria respirazione, dicendo la parola “uno” ogni
volta che respiravano.
Continuando così per 10-20 minuti e concentrandosi
sul compito ogni volta che si affacciavano alla mente
altri pensieri, i soggetti ottenevano una sensazione di
tranquillità e un annullamento della risposta di attacco
o fuga.
Il rilassamento muscolare profondo è stato invece introdotto nel
modno occidentale da Jacobson (1962).
Questa tecnica prevede una contrazione alternata al
rilassamento di tutti i gruppi muscolari, spesso seguendo le
istruzioni di un nastro registrato.
L’esperienza di riuscire a controllare il proprio stato di tensione
usando il rilassamento isometrico è positiva ed esercitarsi
regolarmente è utile per ridurre la tensione muscolare che si
osserva nei soggetti affetti da disturbo d’ansia generalizzato.
Esposizione
L’esposizione graduale è forse la tecnica più potente
per aiutare il paziente a superare le situazioni temute.
Il terapeuta prepara una serie di esercizi
esposizione.
di
Sebbene
vi
siano
similitudini
con
la
desensibilizzazione
sistematica
(che
prevede
principalmente l’esposizione immaginativa), le
procedure previste nell’esposizione graduale si
differenziano per due importanti aspetti:
- l’esposizione viene effettuata il più possibile “in vivo”
anziché in forma immaginativa;
- non viene insegnata alcuna risposta competente,
quale il rilassamento, che abbia lo scopo di sostituire la
risposta ansiosa quando l’individuo viene esposto allo
stimolo che provoca paura, perché ogni individuo deve
imparare da solo che l’ansia è immotivata.
“Ho ripetuto le sensazioni penose e moleste finchè
le conseguenze mi sono diventate abbastanza
indifferenti”
Goethe (1770)
Terapia cognitiva
Le tecniche terapeutiche utilizzate nella terapia
razionale emotiva (rational emotive therapy, RET)
mirano a modificare pensieri o convinzioni falsi o
irrazionali, sostituendoli con altri più razionali, quindi
migliorando il disturbo.
La caratteristica essenziale della RET è costituita dal
paradigma A-B-C-D-E:
A) Si riferisce all’evento a cui l’individuo è esposto.
B) Si riferisce all’insieme di pensieri, convinzioni
e
autoverbalizzazioni che l’individuo sviluppa in risposta
ad “A”.
C) E’ la risposta emotiva e comportamentale conseguente a
“B”
D) Si riferisce ai tentativi del terapeuta di modificare le
autoverbalizzazioni e le convinzioni che si sviluppano in
“B”
E) E’ costituito dalle conseguenti reazioni comportamentali
ed emotive che risultano modificate in modo più
vantaggioso per il soggetto.
L’obiettivo finale consiste nello sviluppare modi di
pensare più razionali e adattativi.
Metodo strutturato di risoluzione dei
problemi
1) Identificare il problema: la prima
fase consiste nel portare il paziente
a specificare il problema o la paura.
I problemi troppo grandi e
complessi possono di solito essere
suddivisi in componenti più piccole,
meglio descritte come una lista di
obiettivi intermedi.
2) Elencare tutte le possibili soluzioni: in questa fase
il paziente viene indotto a elencare una serie di
possibili soluzioni al problema-obiettivo identificato.
Durante questo brain-storming non ha importanza se
qualche soluzione proposta non è praticabile perché
anche una soluzione apparentemente bizzarra può
contenere spunti validi per una buona idea.
3) Valutare le potenziali conseguenze: questa fase
consiste nel discutere i principali vantaggi/svantaggi
di ciascuna soluzione.
4) Accordarsi sulla migliore strategia: generalmente
accade che risulti preferibile una determinata
soluzione.
La praticabilità e la capacità di mettere in atto la
soluzione
hanno
la
priorità
su
soluzioni
apparentemente migliori, ma che non possono essere
realizzate in tempi brevi.
5) Pianificare e mettere in pratica la soluzione
scelta: i pazienti devono formulare per iscritto un
piano operativo dettagliato (numeri telefonici, nomi e
indirizzi, frasi chiave) relativo alla messa in pratica
della soluzione proposta. Ciò risulta utile in quanto
spesso le persone possono divenire ansiose e
impaurirsi quando mettono in pratica una soluzione e
perciò dimenticano o confondono i passi razionali che
avevano programmato.
6) Rivedere i risultati: i risultati ottenuti con il metodo
di risoluzione dei problemi devono essere oggetto di
verifica e il clinico deve complimentarsi per gli sforzi
compiuti.
I problemi reali sono complessi e perciò sono necessari
più tentativi di risoluzione dei problemi prima di
arrivare a una soluzione soddisfacente del problema o
al raggiungimento dell’obiettivo.
La cosa importante è che il problema venga ridefinito
alla luce dei progressi fatti.
Anche se la prima soluzione si mostrasse totalmente
inefficace, sarà stato appreso qualcosa di utile che
potrà essere impiegato per ridefinire l’obiettivo o la
soluzione nei successivi tentativi.
Descrizione clinica
 CASO CLINICO
 ESORDIO DEL DISTURBO
 ANAMNESI PERSONALE E INTERVENTI PRECEDENTI
 ACCERTAMENTI
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