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Giornale scolastico dell’Istituto Superiore “Leonardo da Vinci” di Poggiomarino - Terzigno (Napoli)
EDITORIALE
Il terzo numero del nostro giornale
scolastico è stato incentrato su tematiche che rappresentano il cuore dei
problemi della società di oggi: il rispetto delle regole, la difesa dei più deboli,
il diritto dei cittadini ad avere una tutela nei casi di cattiva amministrazione, l’aspirazione di tutti a vivere in un
ambiente pulito e non in Comuni sommersi dai rifiuti. La redazione non ha
operato, quindi, solo nell’ambito della
nostra scuola ma si è aperta al territorio, affrontando sempre nuove problematiche. In questo numero abbiamo
dato anche spazio, però, al momento
ricreativo-didattico e, nello specifico,
al viaggio di istruzione delle quinte classi, che quest’anno sono state in Francia e, in particolare, a Parigi, a Versailles
e ai castelli della Loira. Ecco perchè
troverete un ampio “reportage” su
questa nuova avventura degli studenti
del “Leonardo Da Vinci” (che, tra l’altro, hanno anche visitato la tomba del
grande genio rinascimentale a cui è
intitolata la nostra scuola). Inoltre, abbiamo anche fatto un salto in avanti,
proiettandoci nel mondo universitario.
Infatti siamo andati “a caccia” degli
studenti che si sono diplomati l’anno
scorso per conoscere le loro prime impressioni sulla nuova vita universitaria. Abbiamo così scoperto un universo di emozioni che avvolge l’esperienza quotidiana di tanti ex “Leonardini”,
fatto di difficoltà, ansie, preoccupazioni ma anche di speranze perchè conseguire una laurea, soprattutto se essa
è richiesta sul mercato del lavoro, significa assicurarsi un futuro sicuro.
Alcuni dei nostri ex compagni di scuola
hanno descritto questa importante
tappa di inizio della loro carriera universitaria anche in modo ironico, e ciò
è indubbiamente un deterrente per non
lasciarsi prendere dalla paura di una
nuova realtà dove sembra che “gli esami non finiscono mai”.
Vorremmo concludere questo editoriale ricordando la nostra amica e compagna di scuola Luigia Allocca, tragicamente scomparsa nei giorni scorsi.
E’ stata una notizia che ci ha sconvolto, perchè la conoscevamo come una
ragazza allegra e piena di vita. Purtroppo un tragico destino l’ha sottratta alla
sua famiglia. Luigia è un angelo caduto
in volo che è ritornato nel paradiso dove
è nata la sua anima. La porteremo nei
nostri cuori e non sentiremo mai la sua
assenza, perchè sarà sempre tra noi. Alla
mamma, Rosa Pappalardo, docente della nostra scuola, esprimiamo le nostre
condoglianze e grande affetto.
Direttore
Antonietta Galise
Vicedirettore
Miha Finelli
La redazione
Luciano Calvanese, Fortunato Del
Giudice, Pierluigi Ambrosio,
Pasquale Auricchio, Mariarosaria
Annunziata, Gaetano Ranieri,
Pasquale Annunziata, Iliaria
Crispino, Consiglia Annunziata,
Annabella Auricchio, Angela
Giugliano, Rosa Ambrosio,
Mariano Taglialatela, Maria
Guadagno, Ilaria Sparacino,
Michele Cangianiello
L’OPINIONE DEL CAPO D’ISTITUTO SU DIVERSE PROBLEMATICHE DELLA SCUOLA E DELLA SOCIETÀ DI OGGI
ANTONIETTA GALISE
Intervista al preside Filosa sui valori e le prospettive dei ragazzi della
nuova generazione.
«… noto una demotivazione, oggi
gli adolescenti vivono la scuola
come qualcosa di estraneo, un
mondo dove bisogna saper stare
a galla!».
Alla terza edizione del nostro giornalino siamo ritornati dal dirigente
scolastico e domanda dopo domanda ecco i problemi e i nuovi progetti
del nostro istituto, i viaggi di istruzione e, per concludere , cosa ne pensa il preside Filosa dei nuovissimi
esami di stato.
Abbiamo discusso con il maresciallo dei carabinieri di legalità.
Qual è il suo pensiero in proposito?
«La legalità non è un “corpus” di
leggi da ottemperare perché esiste
una sanzione, ma un valore da sentire proprio, che deve incidere nella
formazione personale dell’alunno. In
ogni società organizzata servono
regole, ma per “praticare” la legalità è necessaria una motivazione
legata all’obiettivo futuro dell’adolescente».
Negli ultimi tempi il fenomeno del
bullismo si è allargato a macchia
d’olio in molte scuole italiane. E’
anche il caso dell’istituto Leonardo
Da Vinci?
«Senz’altro sì. La nostra scuola
non è un’isola felice. Con franchezza riconosco che i nostri episodi
sono meno drammatici, anche se esistono diversi esempi di ostracismo
alimentati da complicità e tolleranza,
fenomeni non meno gravi. Non c’e
rispetto verso il più debole e si sottovaluta il valore convivenza, poiché non tutti abbiamo il dovere di
essere leoni».
Legalità e bullismo sono tematiche legate all’educazione primaria:
quella della famiglia. Perchè molti
ragazzi non rispettano le norme istituzionali?
«Tutti gli adolescenti hanno un
retroterra educativo che precede la
scuola. Quando questo retroterra è
contaminato, l’istituzione diviene
contenitore di molteplici situazioni.
Purtroppo non si riesce più a individuare l’equilibrio tra rigore e permissivismo. Per essere genitori bisogna
saperne di più, poiché l’educazione
non è istintuale».
Quali sono quest’anno, i progetti
portati a termine?
«C’e stato un consolidamento di
corsi già esistenti. A breve partirà
Legalità e sicurezza, la parola al maresciallo
Salvatore Russo.
«Civiltà e rispetto - afferma - sono le parole
chiave per una buona convivenza».
Dopo aver discusso ampiamente di legalità
in uno dei vari dibattiti tenuti nel nostro istituto, abbiamo intervistato il maresciallo Russo dei carabinieri di Poggiomarino, il quale
più volte si è prestato a rispondere a tutte le nostre
domande sull’argomento.
Ci può dare una definizione di legalità?
«Legalità significa civiltà
e rispetto tra cittadini, per i
servizi pubblici e le istituzioni ma soprattutto osservanza della legge. Tutto ciò
per assicurare una buona
convivenza».
Nonostante l’introduzione di una legge che regola
l’utilizzo del casco, e i continui incidenti, sembra che il messaggio venga poco recepito. Cosa propone?
«A parte le diverse sanzioni, molto importanti sono i messaggi televisivi. Si è notato
che le iniziative delle campagne che si occupano del problema hanno di molto sensibilizzato le coscienze e indotto tanti giovani a ri-
anche il progetto “Scuole Aperte” .
Si avverte sempre più il bisogno di
dialogo tra scuola e famiglia, poiché
il disegno educativo dei ragazzi deve
essere costruito insieme grazie alla
strutturazione di incontri pomeridiani sistematici con le famiglie. Solo
così può avviarsi la costruzione di
una scuola solidale dove si realizza
la cosiddetta cittadinanza attiva».
Molto spesso non è possibile accedere ai servizi igienici perché
saturi di fumo. Quali sono i provvedimenti presi a tutela dell’alunno?
«Sono molto rigoroso nello stroncare il fenomeno. Dovremo renderci
conto che il fumo fa male e l’educazione alla salute deve sensibilizzare l’alunno. Solo così la norma coscientizzata come valore diviene
applicazione automatica. Comunque per i trasgressori c’è la sospensione».
flettere sull’argomento. Infatti gli incidenti
sono calati del quaranta per cento».
Secondo lei perché l’altra parte di adolescenti non indossa il casco?
«Forse per paura di essere derisi e allo stesso tempo di essere accettati dagli altri. Talvolta sembra addirittura che i giovani vogliano
sfidare la legalità. Risultato? Delle reazioni del
tutto indifferenti alle sanzioni prescritte».
Quali sono le misure adottate per il controllo del traffico mattutino della nostra scuola?
«Questo controllo riguarda principalmente
la polizia municipale. Infatti l’orario di entrata
della scuola coincide con quello di banche e
uffici postali. Assidua, però, la nostra partecipazione, anche se il Comune dovrebbe richiedere l’aiuto della Protezione Civile».
Quali sono le iniziative del nuovo anno?
«Tante, ma soprattutto sconfiggere la droga. Grazie ai servizi, ai controlli, alle perquisizioni. Bisogna far leva, però, principalmente
sugli assuntori di sostanze illegali. E il mio
messaggio da uomo prima e poi da maresciallo è quello di non rovinarsi la vita . La droga
non porta niente di buono».
La figura del carabiniere e del giovane…
«Il carabiniere è una figura che rispetta e
tratta in egual modo tutti. Con i giovani si è
particolarmente comprensibili e disponibili per
Come si svolge l’organizzazione dei viaggi di istruzione?
«Per la complessità della scuola
non siamo ancora riusciti a definire un protocollo ultimo. I viaggi
vengono destinati alle terze (in Italia) e alle quinte (all’estero). Si deve
precisare meglio il carattere didattico, oltre quello ricreativo. La visita guidata è occasione di verifica
sul luogo di contenuti culturali affrontati in classe. Su questo c’e
ancora una lacuna da colmare».
Si faccia una domanda e si dia
una risposta.
«Peccando di immodestia mi
chiedo: “Esiste una corrispondenza tra il lavoro da me impiegato per
dirigere questa scuola e i risultati
conseguiti? Purtroppo i miei sforzi
da soli non bastano a coinvolgere
appieno tutte le risorse umane per
portare la scuola a degli standard
particolari. Bisogna realizzare insieme un progetto per accrescere l’autonomia scolastica e potenziare
una nostra identità».
Esami di stato: sono cambiati in
peggio o in meglio? Qual è il suo
messaggio ai ragazzi?
«Sicuramente in meglio, perché
tutto ciò che implica serietà per
l’accertamento della formazione
dell’alunno, che si appresta alle
soglie della società produttiva, è
un elemento positivo. Alla fine non
dico solamente: “ragazzi studiate”,
ma la scuola vi darà tutti gli aiuti
possibili per raggiungere una ottima preparazione. Sperando che il
vostro timore dell’esame diventi
sprone allo studio. In bocca al
lupo!».
ogni problema. Il saper adattarsi alle diverse
esigenze e rispondere quando ci si confronta
con un minorenne è una delle nostre maggiori
priorità».
Il rapporto con la gente di Poggiomarino?
«Abbastanza buono. I cittadini devono comprendere che il carabiniere è una figura di fiducia, un amico a cui poter chiedere aiuto e non
da cui scappare. Purtroppo esiste un’immagine antichissima dell’Arma, immagine da evitare. Il nostro motto è e rimane “Carabiniere tra la
gente”».
Quali sono i problemi più urgenti che richiedono la vostra attenzione?
«Sono tanti. Da problemi di varia natura a interventi più o meno urgenti. Di solito le richieste
maggiori sono quelle di intervenire in litigi condominiali».
Molti giovani si avvicinano all’Arma, chi per
passione, chi perché essa può assicurare un
futuro. Cosa consiglia a questi ragazzi?
«Purtroppo a causa della piaga della disoccupazione c’e questo particolare interessamento.
E’ sicuramente una bella esperienza. Consiglio
di aggiornarsi ogni anno per i concorsi banditi e
prepararsi a quiz, temi, prove mediche e fisiche
per il grado di ufficiali e sottoufficiali. E’ necessario, però, entrare a far parte dell’esercito almeno un anno per diventare carabiniere effettivo».
A.G.
2 DIRITTI
numero 3
MAGGIO 2007
Da sempre ogni individuo ha cercato una figura, un punto d’appoggio, per comprendere l’andamento delle attività
amministrative e per far valere e tutelare i propri diritti. Questi bisogni dei cittadini vengono soddisfatti dal difensore
civico. Ma chi è? Quando è nato? Fu istituito in Svezia nel
1809 con il nome di ombudsman. Nacque come organo pubblico con funzione di controllo parlamentare, e si è evoluto
nell’arco degli anni in uno strumento di tutela a favore dei
cittadini. Quindi il difensore civico ha un duplice ruolo: da
un lato funge da garante nelle situazioni dei singoli individui, assicurando tutela e assistenza; dall’altro, vigila anche
sul corretto esercizio del potere amministrativo. Per tutto
ciò è visto come un angelo custode. Nella seconda metà del
‘900 questa figura ha assunto importanza anche in Italia.
Nel nostra Paese la legge non ne impone l’istituzione, ma
Il difensore civico è una
figura istituzionale
importante, ma poco
conosciuta, istituita in
Svezia nel 1809
PIERLUIGI AMBROSIO
Come sempre il Comune di Terzigno si mette in evidenza. Peccato che
sia in negativo! Alcuni giorni fa, infatti, mi sono recato in Municipio per
avere delle delucidazioni riguardo il
pagamento di alcune imposte ritenute, a mio avviso, eccessive. Cosi,
dapprima, ho chiesto delle spiegazioni al dipendente dell’ufficio interessato, il quale non ha fatto altro che
confermarmi la “cartella esattoriale”.
A questo punto ho deciso di recarmi
dal difensore civico per ottenere un
ulteriore responso. Dopo averne invano cercato l’ufficio, mi sono deciso a chiedere delle informazioni al riguardo all’ufficio URP (ufficio relazioni col pubblico). Indovinate qual
è stata la risposta? Il difensore civico a Terzigno non c’è! Sono passati
ben tre anni da quando Terzigno non
ha più il suo ombudsman. Ma sappiamo che l’ex difensore civico, avv.
Domenico Pagano, ha svolto bene il
suo lavoro, grazie all’intervista che
ci ha rilasciato.
Ma prima parliamo della figura del
difensore civico. E’ una persona che
sta tra l’amministrazione comunale e
il cittadino, a cui quest’ultimo può
rivolgersi per risolvere i propri problemi. E’ nominato dal Consiglio comunale. Ciascun cittadino che abbia
i requisiti necessari, può candidarsi
a questo incarico. La designazione
del difensore civico deve avvenire
tra persone che per preparazione ed
esperienza diano garanzia e siano in
possesso di laurea in scienze politiche, giurisprudenza, economia e
commercio o simili. Il difensore civico rimane in carica quanto il Consiglio che lo ha eletto ed esercita le
sue funzioni fino all’ insediamento del
successore. Inoltre il difensore civico deve essere a disposizione di tutti nel suo
ufficio, almeno una volta alla settimana. Il suo
compito è di intervenire dietro richiesta del
cittadino, o per iniziativa propria, per garantire l’osservanza dei regolamenti comunali.
Inoltre deve vigilare affinché a tutti i cittadini
siano riconosciuti i medesimi diritti. Il difensore civico può fare proposte per migliorare il funzionamento dell’ attività amministrativa e l’ efficienza dei
servizi pubblici. Tali proposte vengono trasmesse ai consiglieri comunali e discusse entro trenta giorni in consiglio comunale. Tutte le
volte che ci sia l’ opportunità il difensore civico può segnalare al
Sindaco dei casi o questioni che
verranno anch’esse discusse in
consiglio comunale.
Diamo ora la parola all’ex difensore civico di Terzigno, avvocato
Domenico Pagano.
Quando è stato eletto?
«Nel febbraio del 2002»
Cosa fa un difensore civico?
«Svolge numerose funzioni. La
più importante è quella di controllare la regolarità amministrativa e il
buon andamento della stessa».
Lei è stato il primo difensore ci-
Come sappiamo ogni Comune ha
un proprio difensore civico, beh
anche a San Giuseppe Vesuviano
c’è e il suo nome è Luciano Miranda, avvocato di professione. Gli
abbiamo proposto di concederci
una breve intervista.
Ma parliamo, innanzitutto, della
figura del difensore civico.
Iniziamo a dire
che il difensore civico è un cittadino
eletto dal consiglio
comunale. La sua
nomina deve avvenire tra persone che
per preparazione ed
esperienza assicurano garanzia di indipendenza e sono
in possesso di laurea in scienze politiche, giurisprudenza, economia e commercio. Egli rimane in carica in base agli anni dello stesso consiglio che lo ha eletto
ed esercita le sue funzioni fino alla
scadenza del mandato e l’arrivo del
successore. Il difensore civico perde il suo incarico quando tratta privatamente cause inerenti l’amministrazione Comunale. La decadenza
è pronunciata dal consiglio Comu-
prevede la possibilità di nominarlo (non a livello nazionale,
purtroppo) e può avvenire a livello regionale, provinciale e
comunale. La Regione Campania ha eletto per la prima volta il difensore civico nel 1980; l’attuale ombudsman è Vincenzo Lucariello, nominato nel 2004. Il difensore civico della Provincia di Napoli è, invece, Elio Cocorullo, eletto nel
2002 ed ancora in carica. Anche tra i docenti della nostra
scuola c’è l’ex difensore civico del comune di Torre Annunziata, il prof. Salvatore Cardone, ispiratore e coordinatore del nostro giornale. Per dirlo in termini giuridici: “… il
difensore civico è un pubblico ufficiale… autorità morale al di
sopra delle parti, strumento imparziale e indipendente di tutela del cittadino nei confronti della P.A. …”.
ROSA AMBROSIO
MARIANO TAGLIALATELA
vico di Terzigno?
«Il primo e l’ultimo, ma penso che
al più presto ne eleggeranno un altro».
Ci sono stati dei casi significativi
nella sua carriera?
«Diversi casi, in particolare persone disabili che si lamentavano di
non poter accedere al
Comune per la presenza delle barriere architettoniche. Ancora, genitori di alunni che mi
segnalavano la non
consentita diminuzione
dell’assegno di studio
(buono libro). Ciò perché la Regione Campania stabiliva un importo di cento
euro, mentre al comune di Terzigno
lo si riduceva per erogare più assegni».
Quali sono le difficoltà per un difensore civico?
«Il difensore civico nell’esercizio
delle sue funzioni incontra numerose difficoltà. Le principali sono quelle derivanti dall’esercizio dei poteri e
delle facoltà attribuite e riconosciute
per legge al difensore civico».
Perché aveva accettato la carica?
«Sicuramente per fare un’esperienza professionale e per garantire la
presenza di un’importante figura nella vita organizzativa del Comune».
Perché ha lasciato la carica?
«Ho dovuto lasciare la carica per
la sopravvenuta incompatibilità
derivante dal rapporto di parentela con un nuovo consigliere comunale».
nale. Il difensore civico ha il compito di garantire e di intervenire per
il rispetto dei diritti dei cittadini italiani e stranieri. Egli interviene dietro le richieste degli interessati e
provvede affinché i diritti dei cittadino vengano riconosciuti. Il difensore civico ha sede presso i locali
messi a disposizione dall’amministrazione Comunale.
Egli riferisce entro trenta giorni
l’esito del proprio operato, verbalmente o per iscritto, al cittadino richiedente l’intervento.
Presenta ogni anno una relazione relativa ai casi seguiti nell’anno
precedente.
Dopo aver descritto i suoi compiti, ecco l’intervista rilasciata.
Lei è il primo difensore civico di
San Giuseppe Vesuviano?
«Sì».
Quando è stato eletto?
«Sono stato eletto nell’ottobre
2002».
Cosa fa un difensore civico?
«Il difensore civico è un mediatore tra la pubblica amministrazione e il cittadino».
Sta trovando difficoltà a svolgere
questo lavoro?
«Essendo il primo difensore civico di San Giuseppe Vesuviano, ci
sono stati dei problemi di ambientazione che si sono risolti dopo alcuni
mesi».
Per lei cosa significa svolgere
questo lavoro?
«Non è un lavoro, ma è un incarico
di prestigio svolto nell’ interesse della collettività».
Perché Lei ha accettato questa carica?
«E’ un compito attinente al mio lavoro e per dare quindi un contributo
più specifico a chi lo richiedesse».
Come sta svolgendo e come intende continuare a svolgere questo incarico?
«Nel migliore dei modi, sia con i
mezzi propri che con quelli messi a
disposizione dall’ amministrazione
comunale».
Ci sono stati anche dei casi significativi?
«A me si sono rivolti sia gente comune, cioè semplici cittadini, che comitati e partiti politici.
Qualcuno era meritevole di tutela,
come per richieste di strisce gialle per
portatori di handicap, ed è stato pienamente soddisfatto. Mentre per altri la richiesta era tesa ad una serie di
controlli ingiustificati. E quindi è stata respinta».
FORTUNATO DEL GIUDICE
Prima di farvi leggere l’intervista che l’avvocato Antonio Palazzi ci ha concesso, vi spiegheremo, in sintesi, la figura del Difensore Civico.
Innanzi tutto il Difensore Civico è eletto dal Consiglio Comunale, a scrutinio segreto, con la maggioranza dei due terzi dei
Consiglieri assegnati. Egli è scelto fra persone che, per preparazione ed esperienza, diano ampia garanzia di indipendenza, probità e competenza giuridico–amministrativa. La sua durata in carica è pari a quella del Consiglio Comunale
che lo ha eletto. Il difensore civico ha il
compito di intervenire presso gli Organi e
gli uffici del Comune allo scopo di garantire l’osservanza dello Statuto, dei Regolamenti Comunali, nonché il rispetto dei diritti dei cittadini. Deve provvedere affinché la violazione sia eliminata ricorrendo a
tutti gli strumenti legislativi. Egli deve essere disponibile per il pubblico, negli uffici
comunali, per almeno due giorni alla settimana. Il Difensore Civico riferisce entro
trenta giorni l’esito del proprio operato,
verbalmente o per iscritto, al cittadino. Presenta al termine di ogni anno di esercizio
della sua funzione, la relazione dell’attività
svolta, illustrando i casi seguiti, le disfunzioni, i ritardi e le illegittimità riscontrate.
Al Difensore Civico spetta un’indennità di funzione che è determinata annualmente dal Consiglio Comunale.
Ora, dopo avervi spiegato la figura del difensore civico di Ottaviano, non ci resta che farvi leggere la breve intervista che ci
ha concesso l’ombudsman di questo Comune, ovvero l’avvocato Antonio Palazzi.
Quando è stato eletto?
«Nel novembre 2005 ed ho assunto le funzioni il 6 dicembre
dello stesso anno».
Da chi è stato eletto?
«Dal consiglio comunale, con una maggioranza dei due terzi
dei consiglieri, perché il difensore civico deve godere della fiducia della maggioranza qualificata».
Perché ha accettato la carica?
«E’ un’esperienza molto interessante, che mi consente di stare a
contatto con i cittadini».
E’ stato il primo difensore civico?
«No, sono stato il secondo».
Chi è stato il primo difensore civico?
«Il primo è stato l’avvocato Angelo Nappo».
Perché ha lasciato la carica?
«Era scaduto il periodo in carica».
Quando dura il mandato?
«E’ pari a quello del Consiglio Comunale che elegge il difensore civico».
Ha svolto qualche caso significativo?
«Sì. Mancanza d’acqua, ordine pubblico, problemi per il traffico dei motorini, ecc.».
Qual è il compito del difensore civico?
«E’ quello di comunicare all’Amministrazione Comunale tutte
le soluzioni delle problematiche che gli vengono segnalate dai
cittadini; però non ha potere diretto di intervento, in quanto
bisogna prima presentare all’Amministrazione Comunale una richiesta».
Dopo quanto tempo e come riferisce al cittadino l’esito del
proprio operato?
«Entro trenta giorni o verbalmente oppure per iscritto».
Cosa difende, in parole povere, il Difensore Civico?
«Il difensore civico difende i diritti e gli interessi di tutti i cittadini».
Al termine di questa intervista vogliamo esprimere qualche
nostra considerazione al riguardo. Abbiamo finalmente capito
quanto sia importante la figura del difensore civico e la sua funzione di garante dei diritti dei cittadini. E ciò anche per un altro
motivo: l’ombudsman è al servizio di tutti coloro che hanno bisogno di lui in modo disinteressato.
LUCIANO CALVANESE
G IOVANI
numero 3
MAGGIO 2007
I ragazzi di oggi possono
essere violenti o vittime,
ma sono anche fragili e
hanno bisogno di aiuto, di
amore e di affetto
3
A sinistra, una vignetta sulla piaga del
bullismo e il “bulletto” Nelson, il
personaggio della famosissima serie
telesiva “I Simpson”
PIERLUIGI AMBROSIO
Il bullismo è un malessere sociale
fortemente diffuso, sinonimo di un
disagio relazionale che si manifesta
soprattutto tra adolescenti e giovani, ma sicuramente non circoscritto a
nessuna categoria né sociale né tanto meno di età. Infatti il bullismo si
evolve con l’età, e in età adulta lo
ritroveremo in tante, troppe prevaricazioni sociali, lavorative e familiari.
Provando a dare una sintetica definizione, in genere, “Uno studente è
oggetto di azioni di bullismo, ovvero
è prevaricato o vittimizzato, quando
viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive
messe in atto da parte di uno o più
compagni”. Una recente indagine in
Italia sul “bullismo” nelle scuole superiori, ha evidenziato che un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica e il
33% è una vittima ricorrente di abusi. Dai risultati dell’indagine emerge
che le prepotenze di natura verbale e
psicologica prevalgano rispetto a
quelle di tipo fisico. Il 42% dei ragazzi afferma di essere stato preso in
giro; il 30% ha subito delle offese e il
23,4% ha segnalato di aver subito
calunnie; nelle violenze di tipo psicologico, il 3,4% denuncia l’isolamento di cui è stato oggetto, mentre l’
11% dichiara di essere stato minacciato. In genere il bullismo è caratterizzato da un insieme di fattori. Innanzitutto colui che agisce come
“persecutore” trova piacere nel cercare di “dominare” la vittima senza
mostrare alcuna compassione per la
sofferenza psichica o anche fisica del
“perseguitato”. Il bullismo, poi, continua per un lungo periodo di tempo.
La prepotenza del persecutore sul
perseguitato è spesso legata alla superiorità dovuta all’età, alla forza fisica, o al sesso. La vittima è più sensibile degli altri coetanei alle prese in
giro, non sa o non può difendersi
adeguatamente ed ha delle caratteristiche fisiche o psicologiche che la
rendono più incline alla vittimizzazione. La vittima si sente isolata ed esposta, spesso ha molta paura di riferire
gli episodi di bullismo perché teme
rappresaglie e vendette. Le conse-
guenze del bullismo sono notevoli, a
volte purtroppo irreparabili: il danno
per l’autostima della vittima si mantiene nel tempo e induce la persona a
perdere credibilità nelle istituzioni
sociali come la scuola, ma anche la
famiglia, oppure alcune vittime diventano a loro volta aggressori sui
più deboli. Il bullismo, come detto,
non è un problema solo per la vittima, ma va oltre l’individuo oppressore e oppresso, in quanto il clima di
tensione che si instaura va a influenzare la famiglia, la scuola e le altre
istituzioni sociali, nonché il futuro
stesso della persona e della società
nel suo complesso.
Ragazzi diversamente abili, parliamone: l’approccio, la comunicazione, come comportarsi con questi
adolescenti. Grazie all’esperienza e
alla collaborazione del prof. Antonio Carbone (insegnante di sostegno), abbiamo potuto dedicare un
articolo all’educazione dei ragazzi
diversamente abili iscritti al nostro
istituto. Attualmente i ragazzi frequentanti sono sedici; dato rilevante rispetto ai primi anni quando gli
iscritti erano appena
due. Per le risorse che
la scuola mette a disposizione, tra cui assistenti specializzati,
docenti, biblioteca
fornita e strumenti
specifici per laboratori multimediali, anche ragazzi che non
posseggono normali
disponibilità d’apprendimento possono seguire senza difficoltà un iter scolastico adatto. Non
sempre però l’insegnamento e l’approccio comunicativo con questi
adolescenti risulta facile. Esistono
diverse metodologie, come conferma il professore Carbone, per instaurare un rapporto sereno e duraturo. Le norme direttive variano in
base alla patologia dell’alunno.
L’elemento più importante è l’approccio iniziale, ovvero far compren-
dere al ragazzo la disponibilità a stabilire un rapporto di fiducia. Solo così
si è in grado di raggiungere una buona e solida sincronizzazione. Talvolta anche i normali docenti scolastici
sono spaventati e disagiati, spesso
condizionati dalla paura di sbagliare.
Ma per la comunicazione bisogna
prefissare degli obiettivi graduali,
anche se le probabili difficoltà che si
riscontrano, alla fine sono soltanto
apparenti. Termini semplici, dolcezza, argomenti interessanti, ma soprattutto
voglia di fare sono le
parole chiave per relazionarsi a questi ragazzi. La componente
emotiva gioca la sua
parte e il ruolo dell’educatore assume sempre
più un carattere familiare. E’ difficile alla fine
non affezionarsi e tener fuori la partecipazione personale. I risultati che si raggiungono, anche se piccoli
talvolta, sono grandi tappe e non bisogna, anzi non si debbono trascurare. Spesso il non contare sul ragazzo e non dargli fiducia costituisce una
spinta alla disistima che apre la strada a un processo lungo e tortuoso.
Un pizzico d’autonomia in questo
caso aiuta ad essere meno fragili. Solo
l’amore e la presenza sono le forme
più sublimi d’autostima che si pos-
sono infondere. In questo caso per
amore si intende progetto, sfida e
disponibilità a credere. Grazie a queste qualità di anno in anno si accresce la soddisfazione e l’ammirazione per alunni del nostro istituto che
superano l’esame di stato, nonostante la presenza di una commissione che può infondere timore e
incertezze. Dopo aver assistito in
tutta Italia ad episodi di bullismo e
di vero razzismo nei confronti di disabili, spontanea è stata la domanda al nostro professore se mai ha
affrontato un’esperienza simile. La
risposta, secca e decisa, è stata la
seguente: “L’accanimento verso il
debole è una vigliaccheria”. Risposta che ci trova tutti concordi. Il rapporto invece dell’alunno diversamente abile con la propria classe
d’appartenenza e i coetanei è molto
più semplice e confidenziale. Fortunatamente, si augura l’insegnante,
i giovani di questa scuola non hanno difficoltà ad accettare un ragazzo disabile e di conseguenza ad instaurare un rapporto amichevole.
Anzi, l’handicap del ragazzo diviene arricchimento della classe ed elemento accrescitivo dell’esperienza
dei singoli alunni. Alla fine “visto
da vicino nessuno è normale”, cita
un famoso scrittore ed è proprio la
“cultura del diverso” a caratterizzare la vita ed essere conquista di civiltà e progresso.
ANTONIETTA GALISE
Oggigiorno di episodi di bullismo se ne vedono a bizzeffe.
Penso che chiunque, almeno una volta nella propria vita, si
sia ritrovato ad essere vittima di qualche sopruso. Così come
penso sia altrettanto frequente, l’essersi ritrovati a farlo subire,
seppur involontariamente, a qualche persona. Ma il bullismo di
oggi, non è solo malmenare o prendere in giro chi è piu’ debole
di noi, tanto per divertirsi un po’. I bulli di oggi, sebbene siano
inchiodati dalla loro ignoranza e dalla loro immaturità, sono
cresciuti.Oggi ai classici sfottò, vengono aggiunte dosi massicce di maleducazione, superbia, violenza, vengono orditi soprusi
spaventosi e considerati divertimenti, dimenticando totalmente
cosa possono significare il rispetto, la tolleranza, la sofferenza.
Non conta piu’nulla:né i sentimenti, né le amicizie, né la famiglia. Queste parole non sono
solo il frutto di un’attenta riflessione fatta alla
luce dei tanti episodi di bullismo citati dai
media.Sono le parole di chi è nauseata dal
comportamento amorale di questi giovani, di
chi non riesce a concepire che, nel 2007, si
debba ancora ascoltare di violenze su handicappati, di chi in mezzo a queste ingiustizie
c’è stata.La mia esperienza risale agli ultimi
due anni delle scuole medie.Non avevo un
gran rapporto con i miei compagni, e sinceramente tuttora non capisco il perché.So solo
che mi odiavano e che quest’odio lo manifestavano ogni volta che potevano;nella ricreazione, durante le lezioni, nell’atrio al mattino, nei corridoi…Le
parolacce, le esortazioni volgari, le offese ai familiari erano i
gesti piu’ carini che mi rivolgevano.All’uscita per le scale erano
soliti gli spintoni, gli sgambetti, le cartelle o i vocabolari in
testa.Io, che sono sempre stata abituata a cavarmela da sola,
non avevo detto nulla ai miei genitori.Almeno fino a quando
non fu toccato il fondo… E questo accadde un lunedi’, dopo
aver fatto educazione fisica. Mentre stavamo risalendo le scale
per ritornare in classe, qualcuno mi spinse a terra e mi tenne col
viso premuto contro il pavimento, probabilmente perché non
guardassi chi fosse.Erano alcuni miei compagni di classe.A turno, ognuno, tra una risata e un gridolino d’eccitazione, cominciò a toccarmi: prima i fianchi, poi le gambe, poi il sedere, poi…
Mi minacciarono, dicendomi che mi avrebbero bruciato tutto
l’occorrente scolastico, che mi avevano precedentemente rubato, se non avessi “giocato” un po’ con ognuno di loro.
Fortunatamente mi salvò un professore che entrava in
ritardo.I ragazzi della mia classe furono sospesi e denunciati, prima dalla preside e poi dai miei genitori, ai quali fui
costretta a raccontare tutto.E come si dice: tutto è bene, ciò
che finisce bene!
Un’alunna che preferisce l’anonimato
Deboli non sono solo coloro che diventano vittime di episodi di bullismo,
ma anche coloro che diventano facile preda di tre mali della gioventù di
oggi: il fumo, l’alcool e la droga. Molto spesso, anche a scuola, vediamo
dei ragazzi e delle ragazze che si precipitano nei bagni o negli spazi esterni
alla scuola, soprattutto durante l’intervallo, per fumare l’ennesima sigaretta
quotidiana, senza rendersi conto che danneggiano così la loro salute... e
anche la loro tasca! Così come non è raro trovare tanti giovani che
trascorrono le loro serate davanti a bar, pub o altri ritrovi a consumare
bottiglie di birra, di alcolici o addirittura di superalcolici, soprattutto il
sabato sera. Mettendo in questo modo a dura prova il loro fegato e correndo
gravi rischi per la loro salute. Ma il pericolo più grave è indubbiamente
quello delle droghe, sia leggere che pesanti. Anche tra gli studenti c’è chi
non rinuncia allo spinello o chi, per “sballarsi” vuole provare cocaina,
eroina, crack o altre sostanze stupefacenti. Infine c’è chi il sabato sera va
in discoteca per ballare e divertirsi ma poi è tentato dall’uso smodato di
alcool o da droghe come per esempio l’ectasy. Il guaio è che nelle prime
ore del mattino, quando oramai è il momento di tornare a casa, si mettono
alla guida della loro auto in questo stato confusionale e spesso diventano
vittime di incidenti, mortali o tali da procurare loro gravi invalidità. Ecco
perchè, cari amici e studenti, bisogna tenersi sempre lontani dalle droghe,
qualunque esse siano, perchè ci portano solo in un tunnel senza uscita. (s.c.)
numero 3
MAGGIO 2007
Leonardo vola a Parigi
MICHELE CANGIANIELLO
Parigi è considerata da sempre una
delle più belle ed interessanti città d’Europa dal punto di vista culturale, sociale
e di costume. La preziosità dei monumenti,
la ricchezza di opere d’arte dei musei, il
cambiare continuo di una umanità in cammino comunque legata al passato con le
strade, i negozi, le brasseries come fondale scenico, fanno della capitale francese il centro di un’Europa che già in passato ruotava intorno a lei. Non è un primato che la città e la Francia vanno cercando, semplicemente si ritiene che tutti
gli altri senza “se” e senza “ma” le debbano riconoscere. Questo anno è toccato alla nostra scuola sperimentarlo; infatti le classi quinte, in due gruppi, partendo da Napoli in aereo, hanno avuto la
possibilità di visitare la città e di osservare da vicino ogni sua attrattiva. Per
quanto riguarda il gruppo partito il 19
marzo, del quale facevo parte, posso con
molto piacere stilare un resoconto riguardante il soggiorno delle classi 5°A e 5°B
del liceo scientifico L. Da Vinci di Poggiomarino. Dopo la partenza pomeridiana da Napoli, il gruppo è arrivato a Parigi
dove ci ha accolto un freddo insolito:
pioggia, vento e nevischio che non ci
hanno lasciato per tutto il soggiorno. Il
nostro albergo, il “Forest Hill”, si trova
in zona “La Villette”, corrispondente alla
periferia Parigina, comunque all’interno
della grande cintura autostradale che permette ai tanti pendolari di spostarsi velocemente in tutti i quartieri di Parigi. Per
quanto riguarda un giudizio sull’albergo,
che provvedeva anche alla prima colazione del gruppo, posso giudicare in
modo positivo il servizio e la pulizia, anche se le stanze assegnateci non abbondavano per spazio. Comunque ci siamo
trovati benissimo. La cena della prima
serata, in prossimità del canale La Martin,
sarà sicuramente ricordata per le ridotte
dimensioni del locale, caratteristica che
ci ha permesso, però, di stare molto vicini e al caldo, visto il freddo insolito. Dopo
questa digressione ritorno al resoconto
vero e proprio. Il giorno seguente le classi hanno effettuato un “tour” della città
in pullman, osservando i suoi monumenti e attraversando le strade principali per
tutto il giorno. Questo giro è stato molto
utile, in quanto abbiamo avuto in questo
modo un’idea complessiva della città. Durante l’escursione ci siamo fermati a “Les
Invalides”, dove riposano le spoglie di
Napoleone. Ma l’Arco di Trionfo e i grandi boulevards rimarranno sicuramente
nella nostra memoria. Il gruppo ha effettuato pranzo e cena quasi sempre al ristorante “Le Saulnier”. Sicuramente non
si può dichiarare di aver mangiato bene e
la Francia (almeno per quanto riguarda la
nostra esperienza) non sarà ricordata certo per la sua rinomata cucina, anche se
debbo riconoscere che le crepes comprate
dai rivenditori ambulanti, lungo i marciapiedi, hanno saziato i nostri appetiti. Il
giorno successivo il gruppo ha visitato
la così decantata reggia di Versailles, voluta da Luigi XIV per tener lontana la folla urbana parigina, che in più di una circostanza si era mostrata turbolenta. Gli
imponenti giardini, il lusso e lo sfarzo de-
gli appartamenti reali e un’ottima guida
turistica, hanno fatto sì che la visita sia
stata molto interessante e coinvolgente,
nonostante la pioggia ed il freddo. Il gruppo ha provveduto personalmente al pranzo per poi ritornare in albergo nel tardo
pomeriggio. Di sera le luci della città hanno regalato uno scenario fiabesco: i monumenti illuminati, le strade affollate, la
musica dei localini sembrano invogliarti
al divertimento, alla spensieratezza e ti
danno l’impressione che il tempo non
basti mai. Il giorno dopo, 22 marzo, le
classi hanno visitato i famosi castelli della
Loira, ed in particolare il centro caratteristico di stile medievale di Amboise, dov’è situata la tomba di Leonardo Da Vinci, lo scienziato che dà il nome alla nostra scuola. Il castello è posto entro uno
scenario dove il tempo sembra non essere mai passato. Finalmente un raggio
di sole! Il gruppo ha piacevolmente pranzato al centro di Amboise in un accogliente e caratteristico ristorante. Da sottolineare però il disagio per lo spostamento da Parigi alla zona della Loira,
ubicata nelle campagne francesi. In effetti i castelli meritano altri tempi ed altre
condizioni di visita. Il giorno seguente il
gruppo ha avuto la mattinata libera per
visitare la città, osservando più da vicino monumenti come la “Tour Eiffel”, attrazione principale di Parigi, come “Place
de la Concorde” ed altri importanti luoghi. Nel pomeriggio il gruppo ha visitato
il museo del “Louvre”, riconosciuto come
il più importante al mondo. Al Louvre
tutti noi abbiamo potuto visitare la sezione medievale, le testimonianze della
Grecia classica e dei reperti romani, e soprattutto la galleria pittorica del Rinascimento italiano, comprese le grandi opere
di Leonardo Da Vinci come “La vergine
delle rocce” e la famosa “Gioconda”. Inutile dire che l’emozione è stata forte, condita da sentimenti contrastanti: rabbia
perché tante opere sono state strappate
all’Italia come bottino di guerra; orgoglio perché sono l’attrattiva principale
di questo enorme contenitore museale.
In serata il gruppo ha visitato ancora una
volta la città; il fascino delle notti parigine è incredibile, sembra che la città non
dorma mai e che un palpito continuo e
irrefrenabile la spinga a non perdere neppure un attimo di tempo. Non posso a tal
proposito dimenticare le due splendide
serate all’ Hard Rock Caffè. Un’ultima
considerazione. La visita a Parigi ci ha
permesso anche di portare avanti il progetto “Alternanza Scuola-Lavoro”; infatti ci sono state lezioni e visite tecniche come previste dal progetto.
La partenza è stata, inutile dirlo, triste. Sono sicuro che molti di noi, volgendo un ultimo sguardo alla città prima di lasciarla, ha espresso il recondito desiderio di ritornarci. Come portavoce in questo caso del gruppo 5°A e
5°B, vorrei infine ringraziare coloro che
con tanta pazienza hanno fatto sì che
tale visita si svolgesse in modo educativo ed organizzato; il Dirigente Scolastico prof. Filippo Filosa e i nostri
solerti e iperprotettivi accompagnatori: i professori Angela Rainone,
Rizziero Ferraro e Salvatore Ciro
Nappo (che pazienza!).
6 RIFIUTI
In questi giorni i Comuni
vesuviani sono di nuovo
sommersi dalla “monnezza”
per la chiusura delle
discariche
Paese che vai, problemi che trovi.
Il problema comun denominatore dei
paesi purtroppo è sempre lo stesso:
l’immondizia. Problema che colpisce
in particolare la cittadina di Terzigno,
afflitta già da svariati problemi strutturali e da continue cattive gestioni
amministrative, che accusa in modo
molto grave la sovrabbondanza d’immondizia “dormiente” per le strade,
soprattutto nei picchi stagionali estivi ed invernali, dove da una parte il
caldo torrido, da un’altra le piogge
(che diventano veri e propri torrenti
a causa della precaria condizione
delle strade terzignesi) rendono il
problema inaccettabile per la cittadinanza. Le cause di questo dannoso
accumulo di rifiuti sono sempre le
stesse da decine d’anni: la mancanza sul suolo territoriale di un termovalorizzatore che smaltisca definitivamente la nostra spazzatura, la mancata efficienza dei numerosi tentativi
di raccolta differenziata e soprattutto lo spirito consumista che è sempre più intriso nel tessuto sociale. Le
problematiche non nascono in ogni
modo esclusivamente da un’etica autolesiva della società vesuviana, ma
soprattutto dalla speculazione camorristica che le associazioni a delinquere, già piaghe della comunità per diversi fattori, impongono con traffici
illegali d’immondizia e con la creazione di numerose discariche abusive. Siccome le possibilità della società non permettono la risoluzione
del problema camorristico, che è di
competenza delle forze dell’ordine,
bisogna analizzare come si è avuta
questa involuzione etica da parte
della società odierna nei confronti
della gestione comunitaria dei rifiuti.
Attraverso dei calcoli statistici, effettuati con moduli standard per di-
Ho appurato che i rifiuti di quando lei aveva la mia età
erano diversissimi da quelli a cui siamo oggi abituati. Innanzitutto, la parola “rifiuto” nel senso di spazzatura non esisteva per niente: ogni cosa non veniva gettata via in quanto era
utile per altre attività e per altre persone. A quei tempi - all’incirca 70 anni fa – non esistevano sacchetti di plastica nei
quali riporre la spesa, ma ogni massaia, andando a far compere, portava con sé un panno largo a quadrettoni, i cosiddetti “maccature ‘e colore” – come dice mia nonna – grossi
e capienti, dove riporre la frutta, il pane e tutto il necessario.
A quel tempo quasi tutti possedevano pezzi di terra, così il
materiale organico veniva usato come concime e tuttora è
abitudine di mia nonna l’utilizzo di questa pratica. La cosa
più simpatica che mia nonna mi ha raccontato è che ogni
giorno per le strada passava “ o piattaro cu’a carretta e’o
ciucciariello” gridando “ ‘o piattaro! E panne vecchie” Bella
verse categorie di persone, si evince che la generazione antecedente
attuava perfettamente un lavoro di
riciclo dei materiali inorganici ed uno
smaltimento sistematico di quelli organici. Da settant’anni a questa parte l’involuzione. Anzitutto l’opera di
riciclo era agevolata dal mancato utilizzo di materiali plastici, caratterizzati dalla difficile biodegradabilità e
dal poco permissivo riutilizzo; inoltre materiali ferrosi e di vetro soprattutto, non erano prodotti in quantità
industriali tali da creare il successivo fenomeno del consumismo ma
riutilizzati e talvolta scambiati con rigattieri. Le fonti che permettono
queste analisi, ricavate con interviste a persone della vecchia generazione, marcano un consumo veramente esiguo dei rifiuti, che a paragone con i dati odierni è pressoché
nullo. Infatti è esorbitante la quantità di rifiuti oggi prodotta ed è molto
vasta la gamma di rifiuti prodotti dai
nuclei familiari vesuviani. Statistiche
che usano come campione famiglie
con quattro o più componenti, rile-
Com’è noto la questione dei rifiuti è un
problema complesso, con molte incognite.
La raccolta differenziata, a Poggiomarino,
ha avuto inizio a partire dall’anno 1999.
Sicuramente rispetto al passato un miglioramento è stato registrato, ma le nostre strade sono ancora intasate da cumuli di spazzatura. Ciò è dovuto, si, all’inciviltà di tante
persone, le quali dovrebbero essere riedu-
gè!” per attirare le persone. Tutti i bambini, dopo aver raccolto
i panni vecchi o gli stracci in un sacchetto o in una “cascetta”,
correvano intorno a quel carrettino e barattavano i loro oggetti con il “piattaro”, questi li pesava e in base al loro peso
barattava piatti, bicchieri, vasi e recipienti di terra cotta. Questo carretto aveva dei sacchi laterali in cui venivano riposti
tutti gli stracci, mentre sopra c’erano tanti piatti, bicchieri, vasi
e recipienti. C’era inoltre anche il carro che raccoglieva il ferro
vecchio. Altri invece, sempre in cambio di panni vecchi, davano delle stecche di liquirizia allora chiamate “maurizie” oppure
la “rattata”, granita che non veniva consumata in appositi
recipienti ma sorseggiata tra le mani. Quando ho chiesto dove
finivano poi i ferri vecchi e i panni, mia nonna non ha saputo
darmi una risposta, anche se è facilmente intuibile che questi
rifiuti venivano riciclati o riutilizzati in altri modi.
vano che circa il 35% dei rifiuti prodotti è costituito da materiale plastico ed il 30% da materiale vetroso.
L’introduzione significativa della
componente plastica nei rifiuti di tutti
i giorni, s’aggrava ancor di più quando la mancata raccolta differenziata
è connessa alla disinformazione delle famiglie: il 50% dei nuclei familiari
analizzati conosce esclusivamente
l’utilizzo delle discariche per lo smaltimento dell’immondizia. La disinformazione, che ha da sempre agevolato l’attività camorristica, svolge un ruolo rilevante nella creazione dei termovalorizzatori che, a
causa appunto dell’ignoranza,
vengono considerati come dei mostri edilizi aventi come funzione
esclusiva l’incenerimento delle sostanze inorganiche. L’utilizzo dei
termovalorizzatori rappresenterebbe, invece, la soluzione del problema spazzatura che, secondo l’andazzo degli ultimi anni, ben presto
diventerà imponente simbolo di
una società degradata.
P.A.
cate sotto questo punto di vista, ma non
solo. Infatti ci sono dei gravi problemi a
livello di smaltimento dei rifiuti. A tal proposito abbiamo intervistato un funzionario
comunale, Giovanni Conza.
Come si svolge la raccolta rifiuti a Poggiomarino?
«La raccolta dei rifiuti nel nostro paese si
svolge con la modalità “porta a porta”: i cittadini devono conferire i rifiuti sul piano stradale, in sacchetti idonei, accanto alla propria
abitazione dalle 22:00 della sera precedente
al giorno del prelievo indicato sul calendario.
La mattina seguente i rifiuti sono prelevati
dagli operatori della Leucopetra».
Qual è la destinazione dei rifiuti?
«I rifiuti dovrebbero essere portati ad un
apposito impianto di smaltimento ma per il
nostro comune non ne esiste uno di riferimento. Quindi i rifiuti restano anche per molti
giorni sui camion in attesa che si liberi una
discarica».
Crede che i cittadini poggiomarinesi siano abbastanza attenti a questo problema?
«Anche grazie alle campagne di sensibilizzazione ,per i primi anni la raccolta ha dato
numero 3
MAGGIO 2007
PASQUALE AURICCHIO
Uno dei maggiori problemi che attualmente affligge il nostro pianeta è
quello dello smaltimento dei rifiuti.
Secondo alcuni esperti, infatti, continuando con l’attuale ritmo di consumo, nell’arco dei prossimi quattro secoli le conseguenze sia sul piano
igienico che su quello dello spreco di preziose risorse, saranno catastrofiche. Eppure già oggi esistono vari sistemi per produrre meno rifiuti e
riciclare quelli che vanno a finire nelle discariche, ormai insufficienti. Per
ridurre la quantità di rifiuti, è importante riuscire ad ottenere una collaborazione degli stessi cittadini; in primis bisognerebbe evitare di acquistare
le utilissime merci “usa e getta” che fanno aumentare a dismisura i cumuli
d’immondizia.
Poiché non è possibile rimuovere totalmente i rifiuti, si può agire con la
“raccolta differenziata”. Nel nostro Paese, la Legge n°441 del 1987 obbliga
i Comuni ad effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani pericolosi,
mentre quella n°475 del 1988 estende la raccolta a tutta la spazzatura.
Nonostante l’esistenza di queste leggi tanti sono i paesi dove non è ancora stata attuata la raccolta differenziata. Infatti anche nel nostro Comune,
Terzigno, non è stata ancora organizzata alcuna raccolta che preveda il
riciclaggio dei rifiuti, ignorando un atto deliberativo presente negli archivi comunali. Il conferimento dei rifiuti alle discariche, inoltre, è
controllato dalla Provincia che prevede lo smaltimento di soli ventidue quintali quotidiani; questo controllo è stato attuato al fine di sollecitare al
riciclaggio tutti i paesi, compreso Terzigno! Le strade, ormai, sono divenute
impraticabili e l’assenza di cassonetti
obbliga i cittadini a depositare l’immondizia in ogni angolo. Ciò nei mesi scorsi
ha spinto numerosi studenti a manifestare, con l’intento di invogliare le autorità alla risoluzione del problema, ma
soprattutto al prelevamento dei cumuli
d’ immondizia là dove sono presenti
degli edifici scolastici. I numerosi sforzi, però, sono stati vani, tanto è vero che ormai è giusto affermare che
non ci troviamo a vivere in un paese, poiché Terzigno è paragonabile
ad un’ enorme discarica. Una discarica in cui ben presto le persone,
per le enormi quantità di rifiuti prodotti, saranno obbligate a sistemi estremi quale può essere, per esempio, spostare i rifiuti in altri territori circostanti, se non addirittura, come già accade, in mezzo al verde. Le speranza
di trasformare Terzigno in un paese più pulito, forse un giorno potrebbe
concretizzarsi, ma ciò non dipende da una sola persona, bensì da tutti noi
uniti dall’obbiettivo comune di rendere il paese in cui viviamo un posto
migliore. Infine vorremmo fare un appello a tutte le nostre autorità: AIUTATECI AD AIUTARE IL NOSTRO PAESE affinché un giorno i nostri e i
vostri figli possano vivere in un mondo più pulito!
buoni risultati. Nell’anno 2006 il nostro comune ha addirittura ricevuto un premio dalla
regione Campania per la più alta percentuale
di rifiuti smaltiti. Ma negli ultimi tempi si è
avuto un notevole peggioramento!».
Secondo lei quali possono essere le cause
di questo peggioramento?
«In primis una buona percentuale dei cittadini sono poco attenti al problema e molto
spesso ci sono persone, in maggioranza anziani, inadeguatamente informate. Ma il problema principale sta negli impianti non a norma o addirittura inesistenti. A livello comunale, poi, c’è sia il problema di mancanza di
personale, sia di macchinari: è incredibile
pensare che un paese così vasto abbia solo
5 netturbini e un’unica spazzatrice!».
A Poggiomarino è forte la presenza di comunità di stranieri. Il comune si è attivato
per informare adeguatamente anche queste
persone?
«Sì, il comune già ha provveduto a far tradurre gli opuscoli informativi in ben 3 lingue
straniere (arabo, cinese e russo). Purtroppo
gli stranieri cambiano in continuazione ed è
quasi impossibile tenerli informati».
MARIA ROSARIA ANNUNZIATA
PASQUALE ANNUNZIATA
GAETANO RANIERI
A suo parere quali possono essere le soluzioni?
«Secondo me i consorzi rappresentano la
soluzione più adeguata al problema. Purtroppo se ciò non avviene è anche a causa dell’affarismo notevole presente fra coloro che gestiscono questo problema. Per quanto riguarda la campagna di sensibilizzazione, si prevede per l’anno 2008 una ridistribuzione di secchi ,buste ed opuscoli. Inoltre bisognerebbe
costruire impianti di smaltimento più vicini alle
nostre zone».
Alla fine del nostro incontro, il signor Giovanni Conza ha voluto congedarci con due
“massime” che non rappresentano altro che
la realtà dei fatti. Margaret Thatcher; primo
ministro inglese, disse ai giornalisti: “Per far
funzionare bene qualcosa basta che ogni parte svolga il suo compito…”.
Il capo indiano Seathl della tribù Duwamish
in una lettera al presidente degli Stati Uniti
Francklin Pierce scrisse: “Uomo bianco continua inquinando il tuo proprio letto e morirai
una notte, soffocato dai tuoi stessi rifiuti!”.
MARIA GUADAGNO
ILARIA SPARACINO
UNIVERSITA’
numero 3
MAGGIO 2007
Dopo l’esame di maturità, è
il momento di sciogliere
l’amletico dubbio. A quale
facoltà universitaria devono
iscriversi i diplomati?
ANGELA GIUGLIANO
Arrivare all’università è la meta della maggior parte dei giovani che frequentano soprattutto un liceo, avendo ormai il diploma poca
validità.
Chi è all’Università vorrebbe tornare indietro ai bei tempi del liceo. Qui di seguito la
testimonianza di una neo diplomata proprio
del nostro liceo, mia sorella Maria.
Da poco è iniziata l’Università, come ti
senti?
«Sicuramente cresciuta, più matura e responsabile, e sicuramente più forte…»
Perché, cos’è cambiato?
«Cambiano le abitudini, ti devi spostare, devi
saperti orientare e gestire in tutti i sensi, perché
l’Università dà tanta autonomia rispetto al li-
ceo, ma ciò comporta responsabilità maggiore,
un impegno maggiore, una maggiore libertà nel
saperti autogestire».
Come hai vissuto i primi giorni da universitaria?
«Sicuramente ero molto impaurita, soprattutto il primo giorno perché non conoscevo
nessuno…Poi con il passare del tempo, le cose
sono cambiate ed ora sono molto più serena e
tranquilla».
Quali sono sostanzialmente le differenze tra
istituto superiore e Università?
«Tante sono le differenze. Il liceo, soprattut-
E’ una bella sensazione. Ritornare
qui al Leonardo tra le sue righe, le
sue voci, il suo giovane sapore della
vita. Bisogna ammetterlo, abbiamo
perso qualche colpo, troppe pause,
troppe parole soffocate dalle riflessioni. Giornalisti arrugginiti dall’ossessione “futuro” e dagli improrogabili impegni universitari riflettono
adesso senza lasciarsi andare ai fiumi di parole di chi ha sete di raccontare…
Sembriamo memori di un passato
troppo remoto, ma i numeri ci smentiscono: sono passati appena sei
mesi da quando lo champagne bagnava i neodiplomati della quinta B.
Oggi scorre un video davanti ai
nostri occhi, il proiettore della nostra
vita ci rende il pubblico del nostro
film. Un avvocato, un medico o un
ingegnere...: ad ognuno il suo futuro. Ma tra quel fantastico passato ed
un (magari roseo) domani c’è da vivere.
Magari tra i nostri lettori c’è chi
adesso sta scegliendo quale facoltà
frequentare o come inserirsi nel mon-
7
Nella foto il rettore
dell’università Federico II di
Napoli, Guido Trombetti
to il nostro, è una piccola comunità, dove “tutti conoscono tutti”; all’Università la cosa è diversa, si è in tanti da tanti paesi differenti e
anche di età diversa.
Al liceo si era abituati a comunicare e a convivere con 20 o 30 ragazzi della stessa età e
talvolta la tolleranza era minima; lì ci si ritrova
tra migliaia di persone, quindi i rapporti
interpersonale sono difficili, come pure è diverso il rapporto con i professori…».
Perché, qual è la figura del professore?
«La figura cambia. Non è quella “guida allo
studio” che vedi ogni giorno, che impara a conoscerti e a capirti, che t’impartisce le nozioni
quasi imboccandoti, che ti segue giorno per
giorno invogliandoti a studiare per quelle
“odiose” interrogazioni. All’Università si è liberi, sotto questo aspetto, di organizzarsi, di
pianificare il proprio studio.
I professori, infatti, impartiscono lezioni “imput”; sta poi al singolo approfondire e far proprio l’argomento. L’insegnante non ti segue,
ma verifica all’esame».
A proposito di esami, come vengono vissuti
dagli studenti?
«Si dice che l’esame deve essere visto come
una discussione tra professore ed allievo,quindi
con tranquillità;ma non è così. Quando arriva il
giorno prima dell’esame il batticuore c’è sempre,
la notte non si dorme e,quindi, si fa tardi la sera.
Un esame provoca sempre tanta ansia ed è
sempre tanto temuto perché un esame è sempre
un esame…».
Per finire ritorneresti ai tempi del liceo?
«Sì, per la spensieratezza e l’incoscienza che
quei tempi comportano. Si rimpiangono quei
professori che ripetono le cose fino a perdere il
fiato, perchè ormai nessuno ripete nulla. Non è
più il professore che rincorre l’alunno, ma è
l’alunno diligente che deve correre per tenere
il “passo”; cosa che non è facile….
Con questo, ragazzi, non voglio scoraggiarvi, ma invitarvi a riflettere e a continuare
a godere di questo momento che per me è
stato il più bello di tutto il percorso scolastico».
do del lavoro. Fin quando non ci si
trova alle prese con libretti universitari, esami, o attività professionali c’è
sempre il dubbio della scelta. Successivamente passeranno i dubbi e
cominceranno le difficoltà.
Sveglia all’alba, siesta in Circumvesuviana, interminabili viaggi in pullman appiccicati come sardine allo
sconosciuto di turno… corse per arrivare in orario alle lezioni dove il
prof. Tizio non ammette alcun ritardo ma ti addita davanti a 300 persone accusandoti di essere l’imbecille
del mattino, e magari invitandoti “con
garbo” ad uscire dall’aula e chiudere
la porta. Per non parlare poi delle corse per arrivare in sala, magari stai lì
prima che arrivino i professori ma è
tutto inutile: nell’aula omologata per
200 studenti te ne ritrovi 20 seduti
tra i banchi, 180 posti occupati dai
quaderni di quei 20, 30 persone a terra … e a te tocca sederti… a terra, nel
corridoio laterale, vista panoramica.
E se hai la brillante idea di provvedere di persona a portarti uno sgabello
da casa ti becchi i rimproveri rabbio-
CONSIGLIA ANNUNZIATA
Come ti chiami?
«Lucia Annunziata».
Quanti anni hai?
«Ho 19 anni».
Cosa fai nella vita?
«Studio. Frequento il primo anno di Ingegneria Biomedica».
Ci spieghi di cosa si tratta?
«Ingegneria biomedica è una branca dell’ingegneria che utilizza le metodologie e le tecnologie dell’ingegneria per comprendere e risolvere problematiche d’interesse medico-biologico, Per poter svolgere il proprio lavoro l’ingegnere biomedico deve, non
soltanto conoscere i metodi e
gli strumenti dell’ingegneria
classica, ma anche le problematiche nei campi della medicina e della biologia. Per questo motivo la preparazione
dell’ingegnere biomedico
deve comprendere conoscenze di anatomia, biologia, fisiologia, patologia; oltre ovviamente alle conoscenze
ingegneristiche di base come
matematica, fisica, meccanica,
chimica, energetica, elettronica, e gestionale».
Quale scuola superiore hai
frequentato?
«Ho conseguito il diploma
lo scorso anno al Liceo Scientifico di Terzigno,
con 100/100».
Noti delle grandi differenze tra il liceo e
l’università?
«Sì, ce ne sono tante. Sicuramente l’università è più impegnativa rispetto al liceo, ma ciò
che aumenta questo divario è la differenza tra
l’ambiente liceale e quello universitario. All’università, infatti, non c’è più quell’ ambiente familiare composto da una classe di 20-30 alunni
e da professori comprensivi e disponibili a
rispiegare, anche per un solo alunno che non
si del collaboratore di turno! A terra
in ogni caso. Per non parlare poi delle lezioni di laboratorio, interminabili
minuti trascorsi in una nevrotica attesa: aspetti che escano dall’aula i
tuoi colleghi del corso precedente per
trovare anche lì un posto a sedere…
ma chi come te ha fatto la fila in primis davanti all’uscio del laboratorio
ora occupa un posto con il suo sedere, un altro con il casco, un altro
col giubbotto e se provi ad avvicinarti alla sedia vuota è lì solo perché
è un’arma mortale, manca di un piede. Ma la lotta non finisce qui: il corso di laboratorio è sacrosanto per
qualsiasi studente universitario: o
frequenti, o sei bocciato. E allora la
sfida continua: il corso è pratico, 4
ore di esercizi passati a districarti tra
squadre, compassi, misure e… caccia alla sedia! Viaggi tra i piani dell’università alla ricerca di una sedia e
finalmente ne vedi una da lontano:
entri nell’aula, noncurante del fatto che
una povera ragazza lì seduta colloquia
con un insegnante in sede d’esame, e
altre 20 persone come te entrano pro-
capisce o che magari è stato assente alla precedente lezione, ma ci sono classi di 100-150
alunni con professori che non conoscono il
nome di nessuno e che di certo non rispiegano
nulla. All’università non c’è nessuno che ti
segue o avverte casa se nota un peggioramento nel tuo rendimento, ci sei solamente tu con
la tua determinazione, unico strumento per andare avanti».
Credi che il liceo che hai frequentato ti abbia dato un’adeguata preparazione per affrontare gli studi universitari ed in particolare la
facoltà che hai intrapreso?
«Sì, credo che la scuola che ho frequentato
mi abbia dato una preparazione se non approfondita quanto meno completa e adeguata
a qualsiasi corso di studi. Io,
personalmente, non ho avuto
problemi in matematica e fisica e ho incontrato difficoltà
solo in informatica, una materia per me completamente nuova».
Per te è stato difficile scegliere la facoltà universitaria
da intraprendere?
«All’inizio ero del tutto
disorientata...poi visto che fin
da bambina sono stata portata per la matematica, ho scartato le facoltà umanistiche e
ho concentrato la mia attenzione sulle facoltà di ingegneria. Tramite l’orientamento fatto a scuola e gli opuscoli distribuiti
dalle varie università ho conosciuto la facoltà
di ingegneria biomedica; navigando poi su internet mi sono documentata su esami, sbocchi
professionali e sedi. Alla fine ho scelto!».
Se potessi tornare indietro rifaresti la
stessa scelta universitaria?
«Sì, rifarei la stessa scelta, certo bisogna
studiare molto, però credo che sia una facoltà interessante e ho già avuto una piccola soddisfazione con il ventinove del mio primo esame».
prio lì per rubare la sedia! Obiettivo
raggiunto: peccato che nel frattempo
il docente del corso di laboratorio abbia già fatto l’appello e tu non c’eri…
Ma per fortuna questo film non è proprio così comico… la regia cambia, gli
attori siamo noi, ed in ogni caso si cresce. Proseliti della cultura umana e
scientifica affascinano gli studenti con
la loro passione, facendoti sconfiggere anche la noia più leopardiana nel
leggere un libro di mille pagine.
L’università è un po’ come una grande città: respiri l’aria cosmopolita di
una vita sociale giovane, allargata,
politica purtroppo. Ma il respiro della
libertà è la novità migliore: assumi la
responsabilità del dovere per poter
essere. Gli spazi messi a disposizione
degli studenti sono un monopolio: laboratori, biblioteche, sale studio, sale
lettura, mense, prati ispiratori delle più
belle giornate di studio, libertà, libertà
degli occhi, libertà della mente, dell’apprendimento. Basta avere l’umiltà di
ascoltare, non la presunzione di essere, ma il sogno di diventare.
LEA
Giornale scolastico
dell’Istituto Superiore
“Leonardo da Vinci” di
Poggiomarino - Terzigno.
In collaborazione con il
settimanale TorreSette
Periodico di
Torre Annunziata (Na)
Via Carlo Poerio, 18
Tel/Fax 0818613922
e-mail:
[email protected]
Sito internet:
www.torresette.it
Stampa:
New Grafiche Somma
Cast/mmare di Stabia
Impaginazione a cura di
Benni Gagliardi
UN GRAZIE AI PROFESSORI
Le redazioni di Poggiomarino e di
Terzigno ringraziano il dirigente
scolastico Filippo Filosa e tutti i
professori per la collaborazione
ricevuta, in particolare i docenti
Salvatore Cardone, Umberto
Atripaldi, Salvatore Nappo
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