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A
de
Via Magenta 4
Monza
“SEMPLICEMENTE
PADRE”
Domenica 25 febbraio ci siamo recati a Brescia presso l’auditorium Santa Barbara (Colombo, Marchesi,
Andreatta) ad assistere all’anteprima di questa rappresentazione teatrale presentata dal gruppo teatrale “La
Betulla” di Brescia dal titolo “Semplicemente Padre” di
Bruno Frusca, una narrazione in forma drammatica
della vita e dell’opera del beato Lodovico Pavoni,
nostro fondatore.
La nostra impressione: “veramente un’opera che merita di essere vista” specie da tutti gli ex allievi ed anche
da tutte le persone che amano le cose belle e giuste,
un’opera che mette bene in evidenza ciò che ha vissuto e passato il nostro fondatore nel corso della sua vita
e l’amore che ha avuto verso i più deboli e che ha
lasciato in eredità alla congregazione dei figli di Maria
Immacolata.
Speriamo si riesca a rappresentarla nelle varie città
dove gli “Artigianelli” vivono. E... tanti, tanti complimenti agli Ex di Brescia per la loro perfetta organizzazione.
Orari “24 ore NON STOP MONDIALE”
26 maggio 2007 - NON MANCATE!!!
Chiesa S.S. Trinità (Artigianelli) Monza
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Vitória / São Paulo
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Brasília / Elói Mendes
20:00
Belo Horizonte
21:00
Bogotá
21:00
Villavicencio
22:00
Asmara PSC
06:00
Asmara Casa di formazione
07:00
Brescia Pavoniana
Brescia Parrocchia / Montagnana
Sarno / Pavia
Roma San Barnaba
Patos de Minas
06:00
Pouso Alegre
07:00
Gama
08:00
São Leopoldo
09:00
Monza
Genova
Tradate / Milano (Crespi / Parrocchia)
Trento / Susá
Lonigo / Valladolid
Ancora (MI – ROMA)
San Sebastián / Albacete
Cáceres / Madrid
Lagos de Moreno/ Atotonilco
16:00
PAROLE PER STUPIRE
Potremmo stupirvi con effetti speciali”: queste parole sono un po’ “l’apriti sesamo” con cui la cultura mediatica apre tutte le porte facendo leva
appunto su uno stupore “forzato”, causato da effetti speciali che di volta in
volta cercano di afferrare la nostra attenzione e a volte anche il nostro portafoglio.
C’è stato perfino un periodo, il Seicento, che aveva come “progetto culturale” quello di quasi “esagerare” nelle varie arti, per proporsi come una
nuova fase del pensiero umano: “E’ del poeta il fin la meraviglia, chi non sa
far stupir, vada alla striglia!”
Ma non c’è Seicento che tenga: ogni stagione per “darsi un volto” cerca
di far leva sullo stupore, la meraviglia, l’incantesimo quasi dei suoi prodotti
e delle sue rappresentazioni.
Adesso poi che con il computer siamo nell’era “virtuale”, apriti cielo:
siamo bambini dagli occhi estasiati che “bevono” immagini e suoni a gogò,
figli di un”paese delle meraviglie” senza fine.
Ma l’uomo e il credente non sono bambini da intrattenere: è un altro lo
stupore da risvegliare, sono altre le parole che ci rendono capaci di meraviglia e di gratitudine. E sono parole e fatti che rischiano “l’oscuramento” a
vantaggio di altre “antenne” che abbiamo sopra indicato. G.K. Chesterton
scriveva: ”Il mondo non perirà certo per mancanza di meraviglie, ma per la
perdita della meraviglia.”
A volte ci sembra di aver perso quasi l’organo stesso della meraviglia, la
capacità di stupirci davanti alle piccole e grandi cose che scorrono ogni istante davanti a noi.
La fretta, il pressappochismo, la superficialità ci rendono aridi e privi di
stupore. La tecnologia moderna ha programmato, incapsulato, schematizzato, previsto tutto.
Ma vorrei anche recuperare il senso vero del titolo: parole per stupire.
Già da quando ero giovane, ma anche adesso, quando sono solo, mi ripeto a voce alta, parole immortali: Dante, Leopardi, Omero… o mi leggo poesie e prose “pregnanti”.
E come non pensare, come credente, alle parole incredibili, bellissime,
direi quasi impronunciabili che la Bibbia e i Vangeli ci offrono. Leggersi con
calma brani di Isaia, Geremia, Giobbe, Qoelet, il Cantico del Cantici, alcuni
Salmi stupendi e le parole di Gesù…
Come non stupire di fronte a parole non più penultime ma “ultime”, perché dentro hanno il sapore e il profumo dell’eternità.
E allora, concedimi Signore di stupire di fronte ad un piccolo fiore di
campo come davanti alla maestà di una montagna, ma lascia che la brocca
del mio cuore che porto alla sorgente della tua Parola sia colma della meraviglia e della gratitudine, della felicità e del desiderio di Te.
vostro p. Walter
Cro
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a
1 aprile 2007 - 200° dall’ordinazione Beato Lodovico Pavoni
incontro giovanile e con tutte le persone dal cuore giovane
Domenica 1 aprile, abbastanza prestino, pronti via, i soliti 5 del “Pater
Nostro” più relative mogli ci siamo recati all’incontro giovanile ed alla fiaccolata Saiano-Brescia. La giornata si presentava piuttosto priovosa e buia,
difatti cominciava a piovere ed il cielo non prometteva niente di meglio,
ma.....
Ore 8,30 eravamo già a Saiano, piccola salita ed eccoci tra i primi
all’incontro, visita alla stanza dove morì il beato Pavoni, nel frattempo ecco
che arrivano i pullman, ma quanti giovani, tanti tanti... anche tanti amici
delle altre associazioni, poi giù per organizzarci per la fiaccolata, facciamo
così, no facciamo cosà, quanti siamo, mancano, no eccoli, anzi avanzano,
bene rinuncio momentaneamente a partecipare e salgo sulla macchina di
Marchesi che doveva essere di supporto, nel frattempo il cielo si apre ed
ecco un timido sole apparire.... finalmente..... Via si parte, segui, cambia la
torcia, non si accende, riprova, e vai.... tra me penso, sei venuto “apposta”
per partecipare perchè devi rinunciarci, così mi faccio passare la fiaccola
ed anch’io faccio i miei 200 metri che poi più avanti ripeto.
Tutto OK eccoci all’Immacolata di Brescia. Prepara l’altra torcia per entrare in chiesa... gremitissima. Santa messa concelebrata da tutti i nostri padri, molto partecipata da persone “giovani” sia di età che di spirito e cuore, come nell’omelia diceva il padre superiore “padre Pavoni ha sempre avuto
ed ha tuttora un cuore giovane aperto a tutti” appunto “semplicemente padre”.
Il pomeriggio tutti i giovani al Palabrescia dove tutto era
dedicato a loro, piccole rappresentazione e spettacolini degli
stessi, infine una spettacolo con musica “giovane” ed al termine due parole di ringraziamento e la chiusura della giornata da parte del superiore.
Il pres
es
Rifl
sion
i
“ Tedoforando” sulle strade del Pavoni
La giornata inizia con l'accensione
della fiaccola nella stanza del transito del
Pavoni a Saiano. Presenti tante, tante
persone, confratelli, alunni, ex alunni,
simpatizzanti, che dopo l'accensione
della fiaccola, si incamminano ai pullman
per avviarsi verso la chiesa dell'Immacolata ad attendere l'arrivo dei
tedofori. Immaginai di essere uno dei
tedofori e pensai a quando mi avessero
passato la fiaccola, di correre o più sinceramente di rotolare, verso il prossimo
tedoforo (considerate la mia non più giovane età e gli ormai raggiunti limiti di
peso). Mentre passavo sul percorso,
guardare il magnifico paesaggio e dirmi:
certo il Pavoni ha visto queste colline in
tempi migliori, quando di esse odorava il
profumo della primavera, fortunato fu Lui
quando raccoglieva i suoi frutti generosi
in estate. Beato lui quando gli si scioglieva il cuore al vedere i fantastici colori dell'autunno. E mentre dicevo beato, mi vennero in mente le beatitudini: “ beati i puri
di cuore, perché vedranno Dio”, Beato
Pavoni ora che tu vedi Dio, perché tu
avendo vissuto la tua vita improntata
sulla sincerità delle tue intenzioni, verso
quello che Dio ti ispirava, tu pazientemente e tenacemente, hai fatto di tutto
per realizzarle, vieni in nostro aiuto.
Ispira i giovani affinché vengano a lavorare al tuo progetto, tutto naturalmente
finalizzato alla maggior gloria di Dio.
Al secondo turno da tedoforo, pensai:
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. Certamente
il Pavoni di fame e sete di giustizia deve
averne avuta molta, perché lui vedeva le
condizioni di vita in cui vivevano i suoi
coetanei, in special modo i giovani. Lui si
adoperò più che potè per cercare di risolvere questo problema. Un problema che
esiste anche tutt'oggi e che i suoi prosecutori si sforzano e si adoperano per
risolverlo. Beato Pavoni, pensaci tu.
Ispirali, sostienili, intercedi per loro.
Al terzo turno, mi venne in mente:
Beati i misericordiosi, perché troveranno
misericordia. Il Pavoni di misericordia ne
ha avuta molta, accogliendo nel suo ”Pio
istituto” tutti quei ragazzi che ne avevano
necessità. Certo il Pavoni con la sua condotta di vita si è guadagnato tanti meriti e
certamente cercherà e troverà misericordia per noi. Beato Pavoni fa che sul tuo
esempio, anche noi abbiamo ad impegnarci per aiutare i tuoi confratelli a portare avanti il tuo discorso fatto di bontà,
amore e gratuità.
Riandando più tardi a quello che
avevo pensato, mi sono accorto che ad
ogni beatitudine io ci vedevo il Pavoni. Mi
sembra superfluo che per noi, il sapere
che il nostro fondatore è nella beatitudine
dei santi, è motivo di sano orgoglio, di
sana soddisfazione, di sana voglia di
emularlo e noi, famiglia pavoniana, siamo
sicuri che lui ci aiuterà nel nostro intento
di somigliarli almeno un poco; questa
speranza è qualcosa che è dentro di noi e
che nessuno ci può togliere.
Vista la buona riuscita di questo
“Pavonian Day” mi è bello pensare che la
congregazione Pavoniana e la famiglia
pavoniana debbano camminare insieme,
tenute per mano dalla “speranza” che
cammina tra loro. Alla prossima.
F. R.
o
viam
Rice ichiamo
bbl
e pu
Vittorio Minoletti, presente in istituto dal 1945 al 1950
Come mi ero ripromesso, dopo la giornata trascorsa
nel mese di maggio in quel di Maggio, dove ho avuto modo
di incontrare un ex allievo presente in istituto con me e fare
conoscenza con gli attuali dirigenti del direttivo ex allievi,
domenica 15 ottobre ho partecipato all’annuale incontro di
Monza. Era la prima volta ed ero emozionato al pensiero che
avrei sicuramente incontrato altri compagni con i quali ho
condiviso la vita collegiale e che non rivedevo da ben 56
anni. E così è stato.
Man mano che ci si presentava l’un l’altro la mia
mente, dopo un attimo di riflessione, elaborava il tratto
somatico di quando questa persona era ragazzo. E scattava
immancabilmente tra noi il “rosario” dei ricordi dei momenti belli o meno trascorsi assieme. Altri ricordi mi sono poi
rifioriti nella mente durante quella giornata. Ed è appunto di
questi ricordi di “artigianello” che è nato in me il desiderio
di pubblicarli sul nostro giornalino. Un amarcord invogliato
anche dai nostri dinamici amici del direttivo.
Sono entrato in istituto l’8 dicembre 1945 e ne sono
uscito, non “ufficialmente” il mese di agosto del 1950 e ufficialmente il 1° settembre dello stesso anno. Ed è tra questo
lasso di tempo che voglio iniziare questo “mi ritorna in
mente”. Tutto il resto dei ricordi descritti non avrà nessuna
sequenza cronologica di date, ma sarà scritta man mano
che la memoria mi ha sorretto.
Il perché non ufficialmente. Dopo aver conseguito, nel
mese di giugno la qualifica di tipografo, è nato in me il
desiderio di poter esercitare la professione come operaio
“fuori”, per dare una mano a mia madre, vedova con sei
figli, dei quali ero il maggiore. Al ritorno dalle vacanze a
Maggio, dopo una giornata trascorsa in camerata perché
indisposto, durante la serata sono fuggito dall’istituto. Con
la complicità di mio fratello Armando, apprendista falegname, purtroppo scomparso nel 2001 a 65 anni, dal quale mi
sono fatto dare anche i suoi risparmi per acquistare i biglietti per il treno, raccomandandogli di essere sorpreso della
mia scomparsa, così da essere scagionato da una sua complicità. Passando dalla chiesa “ho scelto la libertà”. Il giorno dopo, accompagnato da mia madre, ero di nuovo in istituto. Qualche settimana più tardi, il rettore padre Balzarotti,
avendo compreso il perché del mio desiderio, acconsentiva
che lasciassi definitivamente l’istituto anche se mancavano
ancora più di 14 mesi al compimento del 18 anno. Era
appunto il 1 settembre 1950.
Sono dunque entrato in istituto la sera dell’8 dicembre
‘45. Il primo impatto è stato con una grande camerata, quella dei “piccoli”. Era enorme, con al centro un grosso bidone
che fungeva da stufa a segatura che la riscaldava. Tutti in fila
per la preghiera prima di coricarci, udivo in lontananza lo
sferragliare dei tram in città. Fuori, pensavo, la libertà la
mia famiglia e la casa lontani. E’ stato scioccante. Mi sono
addormentato piangendo sotto le coperte. Da quel giorno ha
inizio la mia vita collegiale con l’approccio, il giorno dopo, al
mio primo lavoro, in legatoria. Qualche mese dopo scelsi di
fare il tipografo. Quanti libretti di spettacoli teatrali ho composto a mano! Carattere Elzeviro, corpo 8, 9, 10, terziruolo,
quadratino, quadrato, quadratone, tondo, corsivo, maiuscoletto, interlinea, giustezza 20. Gli opuscoli, che erano stampati nella nostra stamperia, erano poi venduti dalla casa editrice “Ancora”. Ma vediamo cosa altro mi ricordo.
La giornata iniziava assai presto. La sveglia, credo alle
6.30, la pulizia mattutina, il letto da rifare, la Santa Messa,
la colazione, il lavoro, il pranzo, ricreazione, la scuola, la
benedizione, la cena, il gioco serale, il riposo. Per cinque
anni questo è stato il ritmo della vita collegiale, salvo per il
periodo estivo che naturalmente era assai più gradito.
Niente scuola, riposo pomeridiano e tanto gioco. Quello preferito era il gioco del calcio.
In estate si giocava a piedi scalzi, con un pallone di
gomma pesantissimo che metteva a dura prova in particolare il “ditone” del piede. In inverno ci si arrangiava calzando scarpacce in disuso a volte sparigliate o con zoccole.
Ora sembra impossibile, ma era così. Si organizzavano tornei tra squadre delle diverse professioni oppure campionati nell’ambito della camerata. La sera normalmente si giocava a “bandiera” o a “libero”; sempre a piedi scalzi.
Qualche chiodo o vetro nei piedi, una pennellata di tintura
di iodio in infermeria e via.
In inverno, con la nebbia e con la neve, di giorno si giocava sotto i porticati e di sera ci si ritrovava in alcuni locali,
ben distinti per camerata a giocare a monopoli o carte,
oppure ci si cimentava, tra chi aveva la possibilità di possedere l’archetto, al traforo. Una parte importante per questa
attività erano i seghetti, che rompendosi facilmente erano
usati finché si era capaci di tendere l’archetto, e tutto questo
per risparmiare qualche centesimo. Alcuni ragazzi erano
precisi in questa attività, realizzando dei veri capolavori.
In estate ci aspettava la vacanza. Si partiva, tutti con la
divisa color grigio, con il treno da Monza fino a Lecco.
Quindi si affrontava il percorso per giungere a destinazione
a piedi. Prima tra le vie della cittadina lariana dove, mi sembra di sentirlo ancora, dalle officine aleggiava l’odore della
lavorazione del ferro, dai chiodi a tutti i prodotti da lui derivati. Poi si affrontava la salita di Bobbio per arrivare poi alla
meta. Lo stesso percorso, sempre a piedi, per il ritorno. Il
traffico automobilistico era, a quel tempo, quasi nullo.
Eppure un anno, sui tornanti della salita di Bobbio, un
ragazzo fu investito da una macchina.
Nel 1946, primo anno di vacanza per me, sono stato
ad Introbio. Vecchio stabile, con gli scorpioni che passeggiavano su travi e sul soffitto di legno. Un incubo per me.
Già pensavo e avevo il terrore di ritornare l’anno dopo.
Profumo di formaggio in tutta la zona, la Messa nella piccola chiesa del paese tutte le mattine e tanto gioco; molte le
passeggiate in montagna. In una di queste gite abbiamo
affrontato il Pizzo dei Tre Signori con gli zoccoli ai piedi:
l’assistente si era armato, per l’occasione, di chiodini e
martello.. . L’anno dopo, per fortuna e stata aperta la casa
di Maggio. Altra vita, in locali messi a nuovo e più ampi con
un bel campo da gioco annesso
Dopo la vacanza era possibile ritornare, per chi poteva, in famiglia per qualche tempo. lo non ho potuto usufruirne di molte. La spesa per il viaggio per me e mio fratello non era sempre accessibile, però per chi rimaneva si
stava bene. Era la continuazione delle ferie in colonia. Il
primo anno sono potuto tornare a casa, mio fratello non era
ancora entrato in istituto e ho fatto il viaggio da Milano a
Domodossola su un carro bestiame che aveva delle panchine per sedersi, con il fumo che entrava dai portelloni aperti poiché la locomotiva era ancora a carbone. In un altro
viaggio, per passare il Natale a casa, con mio fratello ci
siamo riscaldati i piedi, tolte le scarpe, mettendoli sotto il
sedere l’un l’altro. Avvolti nella nera mantellina abbiamo
cercato un po’ di calore.
Per chi rimaneva in istituto in questo periodo o in
quello pasquale, la possibilità di passare il giorno festivo
presso famiglie caritatevoli. Ricordo ancora bene un fatto
singolare; dopo la giornata di Natale trascorsa presso una
di queste famiglie, il capofamiglia, che mi stava riportando
in istituto, volle fermarsi presso un’osteria da lui frequentata abitualmente. Entrando, le prime parole in dialetto che
disse ai presenti, ricordo bene, furono: “Niente parolacce,
qui c’e un artigianello. Anzi mano al borsellino e diamo
qualcosa a questo bagai che deve ritornare in collegio”. E
così generosamente fu.
Alla domenica si usciva per la passeggiata in città. In
inverno si indossava la mantellina chiusa al colletto da una
catenella con due medaglie raffiguranti il leone. Era molto
confortevole e serviva anche per nascondere, dopo essere
scivolati verso la coda del gruppo, per fumare e nascondere sotto la sigaretta. Eravamo già grandicelli. Le sigarette
erano procurate da un allievo che lavorava come commesso presso la libreria di Monza “Ancora” e aveva la possibilità, uscendo tutti i giorni, di acquistarle. Normalmente si
andava al parco e durante queste passeggiate capitava
sovente di incontrare, negli anni ’45 e ’46, la colonna di prigionieri tedeschi, scortata dai militari americani o inglesi,
che come noi erano portati a passeggio. Oppure si andava
alla partita di calcio del Monza, alle gare di motocicletta sulle
strade del parco, o di automobilismo all’autodromo. Era il
periodo di Ascari, Fangio, ecc. A queste manifestazioni
entravamo gratuitamente.
Il lavoro assorbiva la maggior parte del tempo; dalle
otto a mezzogiorno e al pomeriggio, quando non vi era
scuola. Il rimanente tempo era dedicato allo studio.
Un anno, con un altro ragazzo, andammo a vendere
casa per casa gli almanacchi pavoniani. Ci spostavamo in
tram, fino a Sesto San Giovanni, o a piedi nei dintorni di
Monza. Devo affermare che eravamo ben accetti e i calendari andavano a ruba. Fu una bella esperienza, come lo fu
quest’altra, meno bella.
Ero capogruppo degli aspiranti e nell’anno Santo 1950,
padre Tettamanzi organizzò il viaggio a Roma per il gruppo
degli oratoriani e volle con loro anche noi capogruppo. Fu
indimenticabile. Si mangiava bene presso un convento di
suore, si dormiva su materassi per terra in una palestra,
abbiamo visitato tanti luoghi di Roma. Come fu indimenticabile l’episodio che capitò a noi ragazzi. Nel trasferirci dal
convento alla palestra in ordine sparso e correndo perché
pioveva dirotto, fummo affrontati da un gruppo di persone
con striscioni e bandiere che tornavano sicuramente da una
manifestazione un po’ alticci che ci presero a pedate. Non so
se ci riuscirono più di tanto, ma di certo ci hanno impauriti.
In istituto c’era la possibilità di qualche scelta al solito
tempo dedicato allo svago: si poteva scegliere di far parte
del gruppo degli aspiranti di Azione Cattolica, oppure di
entrare nella banda musicale dell’oratorio annesso all’istituto, alla schola canthorum o fare il chierichetto. A proposito
di questa ultima attività, dopo aver servito alla messa mattutina, si tirava per le lunghe prima di scendere in refettorio
per la colazione. Questo perché, essendo gli ultimi a lasciare il salone, facevamo man bassa di latte e pane non consumati da chi indisposto rimasto in camerata. Qualcuno c’era
sempre. Il pane era poi portato in laboratorio e diviso tra i
compagni.
Per chi rimaneva a letto indisposto c’era, il rituale della
purga. Mi torna in mente un uomo grande e grosso, forse
era muto, addetto alla pulizia delle camerate e d’inverno ad
accudire al riscaldamento. Dal letto lo si sentiva arrivare in
camerata col suo passo greve con una grossa scodella
colma di bevanda al sale amaro. E giù, alla sua presenza.
Non importava quale era l’indisponibilità del ragazzo. Più
volentieri lo vedevamo arrivare con il pranzo e con la cena.
Termina qui il mio “mi ritorna in mente”. Altri episodi
mi sono sicuramente sfuggiti. Se qualche ex allievo volesse
completare quanto da me ricordato, sarebbe interessante.
Sono stati anni indimenticabili, di intenso lavoro e studio. Sono gli anni che ci hanno formato moralmente e
socialmente; tutto questo lo dobbiamo allo spirito di sacrificio e di altruismo dei nostri educatori, che voglio ricordare
uno ad uno anche se il loro nome mi sfugge, con un sincero e grande grazie.
Vittorio Minoletti
Via Adorna, 16 – 28856 Re (VB)
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“Un’esplosione di luci e di suoni nel Natale 2006”
La Prefettura di Vitòria mi invita oggi,
2 giorni prima di Natale, assieme al mio
parroco, ad una manifestazione religiosaculturale che ha per titolo: “Un’esplosione di luci e suoni nel Natale del 2006”.
Vicino al Santuario di S. Antonio la
Prefettura preparò un grande palco semicircolare con immensa cupola: vi stavano
infisse, come stelle, 30 riflettori che si
accendevano e si spegnevano ogni tanto
emettendo luci forti, abbaglianti. Aperto il
sipario, un’improvvisa esplosione di
suono come fosse un tuono, e di luci
colorate, indica la presenza dell’annunciatrice che invita a comprendere la situazione dell’uomo di oggi che chiede PACE,
AMORE, FRATERNITA’ E GIUSTIZIA.
Quattro cantori balzano sul teatro gridando queste 4 parole e cantando le canzoni
giovanili di alcuni complessi musicali più
in voga, in un turbinìo di tocchi di grancasse e di abbaglianti luci. Ero ansioso di
sapere se quel gigantesco complesso mi
PROSSIMI INCONTRI
diceva qualcosa di Dio e di Gesù, ma
niente! Un interlocutore che gridava dal
pubblico piangendo: Sono un disgraziato! Nessuno mi aiuta! La risposta era
sempre la stessa: “constatiamo che la
società, che la gente si dirige, NON
AIUTA!”.
Da questo ho compreso che è la
società e non Dio, nè Gesù, il Dio che
salva. La terribile eresia del Secolo, questa è la NUOVA ERA. Nel 2000 la
Fergusson, nordamericana lanciando l’idea che il CRISTO cessava il suo dominio
sul mondo, che nel 2000 entrava nella
costellazione dell’acquario (nel dominio
non del pesce che già dominava il mondo
da 2000 anni, e il CRISTO era il dominatore, ma nell’acquario perchè l’acqua
sarebbe il nuovo Dio.
Con questa idea, autore della propria
salvezza è l’uomo che la società deve aiutare con pace, amore, fraternità e giustizia. Questo antropoteismo mi dice che la
Ferguson non accetta Dio, nè Gesù, ma
PROSSIMI INCONTRI
Domenica 10 GIUGNO 2007
GITA DI PRIMAVERA
A Maggio in Valsassina
Come da parecchi anni anche stavolta ci ritroviamo in
allegria alla tradizionale gita di Primavera che si terrà
nella casa alpina Artigianelli di Maggio.
ore 9,30 Ritrovo alla casa alpina
Mattinata libera per perdersi.... nei boschi
ore 12,15 S. Messa
ore 13,00 Pranzo – Lotteria
Al pomeriggio grande sfida di calcio tra “Inter e Milan”....
ma... forse. Vi aspettiamo numerosi.
E’ gradito avvisare della partecipazione. Grazie
N U M E R I T E L E F O N I C I U T I L I P E R C O N TAT TA R C I
Colombo Emilio Umberto
Ginzaglio Angelo
Andreatta Fabio
Ferrari Remo
Tel. 039.324011
Tel. 039.830468
Tel. 347.8988780
Tel. 039.746852
Marchesi Enrico
Bernabè Carlo
Pirola Franco
Istituto Artigianelli
Cell. 335.1250131
Tel. 039.9930468
Tel. 039.2004580
Tel. 039.2301006
ha fiducia nella Società che deve aiutare
l’umanità a vivere nella PACE (quale?),
nell’AMORE (come?), nella FRATERNITA’
(perchè). L’umanità, se le manca Dio e il
Cristo, entrerà in una disgrazia, come
oggi constatiamo. L’uomo non è l’autore
del suo destino! Se manca Dio e il Cristo,
l’uomo perirà!
Vicino a me, alcune allampanate
ragazze danzavano, badando al suono
della musica. Lo spettacolo finì perchè
qualcuno si accorse che di Gesù nel
Natale nessuno lo ha nominato, e i 4 cantori intonarono mezza canzonetta natalizia: “Suona la campana di Betlemme, il
Bambino Gesù è nato per noi!”. Ma il
finale era previsto: “VIVIAMO FELICI CON
MOLTO DANARO IN SACOCCIA, CON
MOLTA SALUTE A DARE E A RICEVERE!
Scoraggiato e deluso mi ritirai”.
Padre Pedro Cusini
Av. S. Antonio, 2030 - S. Antonio
29025000 VITÒRIA (ES)
BRASIL
Congratulazioni
Il nostro ex ed amico Carlo Bernabe’
con la moglie Mariangela annunciano
la nascita di Gabriele avvenuta il 22
febbraio 2007. “SIAMO BISNONNI”
Lutto
E’ venuto a mancare un nostro carissimo ex alunno Giudice Emilio nato il
13 giugno 1920.
Tutti noi ci uniamo al dolore della
mogllie e dei suoi familiari.
Carissimi Amici Ex Allievi
In questo spazio vogliamo farvi conoscere tutte le ricorrenze che accompagnano
la nostra vita e la nostra associazione
quali “Mi ritorna in mente”, Compleanni,
Onomastici, Anniversari di Matrimonio,
ecc. e tutte quelle altre iniziative che
possono interessare tutti.
Il nostro recapito è
Istituto Pavoniano Artigianelli
Via Magenta 4
20052 Monza MI
c.a. Associazione Ex allievi
“Gli ex Artigianei de Via Magenta 4 Monza” Anno 5 - N° 18 - 25/4/2007 - c/o
presso Istituto Artigianelli - Via Magenta
4 - Monza - viene stampato in proprio
con la collaborazione di vari ex allievi.
Il Consiglio ringrazia.
Scarica

giornalino N 18 - Figli di Maria Immacolata Pavoniani