Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. Anno XXVIII - n° 1 - maggio 2011 Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI Accoglienza, ascolto, orientamento e aiuto pratico dal lunedì al giovedì ore 9/17,30 Armonizzazione mente-corpo attraverso la danza lunedì ore 15,30/16,30 (Nicoletta Buchal medico/psicoterapeuta) Consulenze telefoniche di psicologi, medici ed altri esperti dal lunedì al giovedì ore 10/16 Tecniche di Feldenkrais martedì ore 16/17 riservato a chi sta frequentando i gruppi di sostegno psicologico (Marina Negri - fisioterapista) “Primo incontro” riservato alle persone che si rivolgono per la prima volta all’Associazione martedì ore 15/17,30 (Felicita Bellomi – fiduciaria, Manuela Provantini - psicologa clinica Paola Malinverni - neuropsicologa clinica) Tecniche di Hatha Yoga lunedì, giovedì ore 10/11, mercoledì ore 16/17 (Maria Grazia Unito - insegnante) Supporto psicologico individuale per pazienti e caregiver su appuntamento Gruppi di sostegno psicologico rivolti ai pazienti lunedì, martedì e giovedì ore 14,30/16 (Paola Bertolotti, Stefano Gastaldi - psicologi psicoterapeuti, Ada Burrone, Lucia Totaro, Elena Bertolina, Marina Negri, Isabel Garcia Cruz - fiduciarie) Gruppi di sostegno psicologico per caregiver (famigliari, partner e persone vicine al paziente) lunedì ore 12,30/14 (Manuela Provantini - psicologa clinica Oscar Manfrin - recorder) Supporto di medicina generale in chemioterapia martedì e giovedì su appuntamento (Alberto Ricciuti - medico) “Dottore si spogli” i medici rispondono alle domande su malattia e cure: lunedì e/o martedì ore 15/17 (Massimo Callegari - chirurgo plastico, Salvo Catania - chirurgo oncologo, Giorgio Secreto - endocrinologo Franco Berrino - epidemiologo, esperto in alimentazione) La prevenzione a tavola corso teorico e pratico di alimentazione e salute mercoledì ore 10/14,30 (esperti della Ricerca Diana) La mente intuitiva giovedì ore 14/17,30 (Vittorio Prina – designer) Tecniche di rilassamento e di immaginazione guidata martedì ore 11/12 (Paola Bertolotti - psicologa psicoterapeuta) Il Coro martedì ore 16,15/17,30 (Arsene Duevi - musicista, compositore) “La forza e il sorriso” per migliorare la valorizzazione di sé attraverso il trucco lunedì ore 14,30/17 (esperte di estetica del viso del Progetto Unipro) “Il tesoro nascosto” incontro riservato a fiduciarie e collaboratrici: il primo mercoledì del mese ore 15/17,30 (Ada Burrone) Giornate di formazione per psicologi, medici , fiduciarie e altri operatori. Progetti, studi e ricerche con Università, Fondazioni, Aziende e Istituti di Ricerca. Per informazioni rivolgersi alla segreteria dell’Associazione: [email protected] - 026889647 Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro Editoriale Cari lettori, Attivecomeprima Onlus Via Livigno 3, 20158 Milano Tel 026889647 Fax 026887898 [email protected] www.attive.org Consiglio Direttivo: Ada Burrone, Alberto Ricciuti, Arianna Leccese, Anna Dal Castagné, Giovannacarla Rolando. Collegio dei Sindaci: Mauro Bracco, Flavio Brenna, Luciana Dolci, Giusi Lamicela, Carlo Vitali. Comitato Scientifico: Stefano Gastaldi, Paola Bertolotti, Fabio Baticci, Franco Berrino, Nicoletta Buchal, Massimo Callegari, Salvo Catania, Alberto Costa, Francesco Della Beffa, Maurizio Nava, Marina Negri, Willy Pasini, Manuela Provantini, Alberto Ricciuti, Giorgio Secreto, Paolo Veronesi, Umberto Veronesi, Claudio Verusio, Eugenio Villa. quest’anno la nostra rivista compie 28 anni; 28 anni nei quali siamo riusciti, anche nei momenti economicamente più difficili, a mantenerne la periodicità e la qualità anche grazie alla disponibilità di chi ci ha regalato ore di lavoro prezioso e materiali di alta qualità a costi ridotti. In questo numero troverete alcune novità: una nuova rubrica tenuta da Sandro Spinsanti, uno dei più autorevoli esperti di bioetica, su temi di grande attualità che coinvolgono tutti e inoltre, nello spazio dedicato all’alimentazione, si aggiungerà il contributo di nuovi collaboratori che propongono sia ricette di facile esecuzione sia informazioni utili sulle proprietà “terapeutiche” degli alimenti. E non solo: il nostro sito è stato completamente rinnovato. Visitatelo! www.attive.org La mia riconoscenza va a quanti ci hanno affiancato e sostenuto nel costante sviluppo del nostro lavoro con il loro contributo pratico ed economico e alle persone coraggiose che, quotidianamente, ci dimostrano la capacità di vivere al meglio la vita anche nella malattia. È merito di tutti se il nostro agire ha consensi e riconoscimenti da più parti e se la nostra Associazione ha ottenuto il massimo punteggio di regolarità dal controllo effettuato dall’Agenzia delle Entrate. Ad ognuno di voi un grande abbraccio. Per tradizione, il Sindaco di Milano è Presidente Onorario di ATTIVEcomeprima. Ringraziamo i nostri collaboratori e fornitori per il contributo alla realizzazione e alla qualità di questa rivista. Un grazie particolare alla Fotolito ABC per l’omaggio degli impianti di stampa. Per ricevere questa rivista basta inviare una libera offerta ad Attivecomeprima Onlus. Pubblicazioni Rivista ATTIVE scaricabile dal sito www.attive.org scaricabile dal sito www.attive.org * Riservati agli psicologi e alle fiduciarie che partecipano ai nostri incontri formativi Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI Alimentare il Benessere, Franco Berrino La forza di cambiare, Paola Bertolotti La trapia degli affetti Stefano Gastaldi Edizione FrancoAngeli Self-help La Forza di Vivere Cofanetto di 10 opuscoli a cura di ATTIVEcomeprima scaricabile dal sito www.attive.org Il gusto di vivere di Ada Burrone e Gianni Maccarini Edizione Oscar guide Mondadori La terapia di supporto di medicina generale in chemioterapia oncologica di Alberto Ricciuti Edizione FrancoAngeli Lo spazio umano tra malato e medico Parlano medici, pazienti, psicologi a cura di ATTIVEcomeprima Il Pensiero Scientifico Editore Per informazioni sulle pubblicazioni tel. 026889647 La forza di vivere Per affrontare con armonia il cambiamento di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione ATTIVEcomeprima ...e poi cambia la vita Parlano i medici le donne gli psicologi a cura di ATTIVEcomeprima Edizione FrancoAngeli/Self-help M’amo, non m’amo di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione ATTIVEcomeprima scaricabile dal sito www.attive.org Quando il medico diventa paziente La prima indagine in Italia sui medici che vivono o hanno vissuto l’esperienza del cancro a cura di ATTIVEcomeprima e Fondazione Aiom Edizione FrancoAngeli Lettera ai medici di domani La paura è contagiosa, ma lo è anche la speranza di Ada Burrone La danza della vita Le esperienze più straordinarie della mia esistenza di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione FrancoAngeli Getty images - Laura Ronchi Anno XXVII - n° 2 - Ottobre 2010 Riprogettiamo l’esistenza, Decido di vivere, La cura degli affetti Testi utilizzati per la conduzione dei gruppi di sostegno psicologico* A una donna come me Messaggio di Ada Burrone alle donne operate Viene offerta a tutti coloro che sostengono l’Associazione Sommario Periodico trimestrale Anno XXVIII - N° 1 Maggio 2011 Sped. abb. post. 70% Filiale di Milano La rivista è posta sotto la tutela delle leggi della stampa. Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. La riproduzione scritta dei lavori pubblicati è permessa solo dietro autorizzazione scritta della Direzione. Direttore responsabile: Ada Burrone Vice Direttore: Paola Bertolotti Redazione: Caterina Ammassari, Cristina Ferrario, Francesca Guatteri. Hanno collaborato: Angela Angarano, Paola Bertolotti, Nicoletta Buchal, Ada Burrone, Stefano Gastaldi, Benedetta Giovannini, Paola Malinverni, Lorenzo Marini, Cristina Nava, Ugo Pastorino, Manuela Provantini, Sandro Spinsanti, Alberto Ricciuti, Anna Villarini. Proprietà della testata: © Ass. ATTIVEcomeprima Onlus Direzione, Redazione, Amministrazione: ATTIVEcomeprima ONLUS 20158 Milano Via Livigno, 3 Tel. 026889647 Fax 026887898 e-mail [email protected] www.attive.org Progetto grafico e impaginazione: Alessandro Petrini 0258118270 Fotolito: ABC, Milano Tel. 025253921 Stampa: Tecnografica, Lomazzo (Co) Tel. 0296779218 ATTIVEcomeprima ONLUS Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 39 del 28/1/1984 Editoriale pag. 03 AVVENTURA Il collezionista di attimi / Lorenzo Marini pag. 06 VIVERE IL CAMBIAMENTO Lo straordinario delle piccole cose / Paola Bertolotti pag. 08 IL LINGUAGGIO DEGLI AFFETTI Le eredità che ci rendono ricchi / Stefano Gastaldi pag. 10 CAREGIVER Una situazione curiosa / Manuela Provantini pag. 12 LE VOSTRE LETTERE Cara Ada / Ada Burrone pag. 14 TRA MEDICO E PAZIENTE Un aspetto scientifico dell’Associazione / Alberto Ricciuti pag. 16 NUTRIRE IL BENESSERE L’alimentazione in primavera / Anna Villarini Le ricette di Angela / Angela Angarano pag. 18 LA MEDICINA CHE CI ASPETTIAMO Le regole del gioco / Sandro Spinsanti pag. 22 LA FORZA DELLA VITA La catena con l’anello... invisibile/ Nicoletta Buchal pag. 24 PROFILI Ugo Pastorino / Cristina Nava pag. 26 Sapevate che... / Benedetta Giovannini pag. 29 Una lettera che parla al futuro / Ada Burrone pag. 30 Noi con gli Altri pag. 34 L’Associazione è iscritta: -All’Albo delle Associazioni, Movimenti e Organizzazioni delle donne della Regione Lombardia -Al Registro dell’Associazionismo della Provincia di Milano -Al Registro Anagrafico delle Associazioni del Comune di Milano -All’Albo delle Associazioni della Zona 9 del Comune di Milano -Alla Società Italiana di Psiconcologia (S.I.P.O.) -Alla F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) ATTIVEcomeprima aderisce al movimento di opinione “Europa Donna Italia” Avventura Il collezionista di attimi L’attimo fuggiva, oh, che altro può fare un attimo. Carlo Emilio Gadda 6 Qualcuno dovrebbe scriverlo. Qualcuno che ama la dolcezza e i tramonti. La malinconia e l’autunno. Qualcuno dovrebbe cominciare dal titolo: La Mappa dei Tramonti. Che i tramonti non sono tutti uguali, né capitano tutti allo stesso modo. Sono tanti quanti sono gli uomini, tanti quanti sono gli stati d’animo. Diversi come ogni fiocco di neve, come ogni fioritura di primavera, come l’acqua che scorre nei ruscelli del mondo. Sempre uguale ma mai la stessa. Il tramonto è il punto preciso dove il tempo ha il suo giro di boa. È il cambio di guardia tra il giorno e la notte. E qualcuno dovrebbe scriverlo, questo libro che ci spiega dove andare, come e con chi. Un libro che ci spiega qual è la stagione ideale o quali sono i profumi di quel posto. Un libro che ci suggerisca che musiche ascoltare e che autori leggere, mentre ci guardiamo quel tramonto. Insomma, ci sono libri sulle cascate, sulle rovine archeologiche, sulle case dei pigmei. Libri sulle stazioni ferroviarie, sulle stazioni balneari e sulle coltivazioni di liquirizia. Ma non un libro sui tramonti. Anche quando ritorni da un viaggio o da una vacanza speciale; tutti a chiederti del cibo, della gente, del servizio o del mare. Mai nessuno che ti chieda: “E i tramonti, com’erano i tramonti?” E lo sai perché? Perché a quell’ora la gente si fa la doccia. Nel momento più magico del giorno tu sei li chiuso tra i tuoi pensieri e uno shampoo, tra l’acqua che scorre e un bagnodoccia. Fuori, i colori si fondono in un magma luminoso che incanta le anime e innalza i sentimenti. Dentro, gli uomini si dimenticano della loro vera natura. Fuori, al tramonto, è il momento ideale per meditare, leggere, scrivere una lettera d’amore, ascoltare l’intermezzo della Cavalleria Rusticana o l’ouverture del Tannhauser, rovinarsi con i ricordi, calmare la mente, sintonizzarsi con l’anima. No, non solo la nostra ma quella del mondo. Insomma, se ci fosse questa benedetta Guida Sovrana ai Tramonti, questa Collezione Geografica di Attimi, questa Locazione Poetica dei Sentimenti sarebbe tutto più semplice. Oggi uno va nel reparto turismo e geografia della più fornita tra le librerie e ci trova un posto vuoto. Uno solo tra le mille guide, mille libri fotografici, mille carte geografiche e tutte che parlano di luoghi. Nessuna di tempi. Associare spazio e momento, dove e quando, geografia e storia. Unire le indicazioni poetiche e quelle tecniche: questo dovrebbe fare la Guida Ragionata ai Tramonti del Mondo. Che uno la prende, la sfoglia, apre a caso e decide di partire. Che uno ci trova, per esempio l’isola di Santorini, Egeo. Luogo indicato: punta occidentale estrema. Località Oia. Periodo ideale: maggio e ottobre. Suggerito un thè freddo e un foulard di seta perché è un tramonto ventoso, vivace e neo classico. Nell’aria profumi al rosmarino, cetriolo e Alba sull’Himalaya Acquarello di Tiziano Terzani, 2001 ouzo. Lettura consigliata: Venti poesie d’amore e una canzone disperata di Pablo Neruda. Oppure. Deserto indiano del Kashmir, al confine col Pakistan. Periodo indicato ottobre e novembre, temperatura al sole sul suolo +17/25°, rapide escursioni termiche. Suggerito scialle di pashmina. Caratteristiche psicologiche: malinconico, speziato, drammatico. Profumo al dattero e curry. Lettura consigliata: Petali sulle ceneri di Tagore. O ancora. Giardini imperiali di Kioto, Giappone. Periodo indicato: aprile. Temperatura al sole sul suolo +15/18°. Il tramonto è delicato, sensibile, introverso, rosa pallido. In presenza di vento, una delicata pioggia di petali di pesco. Profumo di thè verde, mandorle, bambù. Lettura raccomandata: Niji (Arcobaleno) di Banana Yoshimoto. O infine. Manarola, riviera di levante, Liguria. Periodo consigliato: tutto l’anno ma ideale è settembre. Luogo consigliato: gozzo tipico dei pescatori. Musica: Te vì di Caetano Veloso. Libro consigliato: Non me la danno mai di Dario Vergassola. Insomma una guida per i collezionisti di tramonti, per gente che ama starsene lì, fissando il vento e il futuro, perdendosi nel rosso e nelle nuvole, immergendosi oltre il mare e l’orizzonte. Perché è lì il luogo dove nascono i sogni. Le idee. La creatività. Nel luogo senza luoghi e nel tempo senza tempi. Che nel tramonto tutto è perennemente in fluttuazione e un attimo è già un’eternità. Lorenzo Marini Creativo pubblicitario 7 Vivere il cambiamento Lo straordinario delle piccole cose 8 Quanto tempo è passato dalla prima volta che sei venuta in Associazione? Sono passati quasi cinque anni, ma mi sembra un tempo molto, molto più lungo in quanto dopo la mia malattia sono cambiata velocemente e considerevolmente. Le cose importanti e che contano veramente ora sono diverse rispetto al passato; penso che questo sia accaduto perchè la malattia mi ha costretto a prendere coscienza che, seppur giovane e fino ad un secondo prima sana come un pesce, ho rischiato di veder scivolar via la mia vita in un attimo, per qualcosa di “sconosciuto e oscuro” che si era insinuato, a mia insaputa, dentro di me. È cambiato, è rallentato lo scorrere della vita e delle giornate e questo mi ha consentito di avere il tempo di pensare di più, di chiedermi in che modo avevo vissuto la vita fino a quel momento e se ne ero soddisfatta. Come se mi venisse tolto un velo davanti agli occhi, mi sono resa conto che fino ad allora avevo vissuto un po’ “ingessata”; tutti si aspettavano che mi comportassi come un “bravo soldatino” rispettoso e ubbidiente, sempre a disposizione degli altri, ma con poco tempo per ascoltare le mie esigenze. care di cogliere realmente l’essenza delle cose, ma soprattutto di comprendere che la nostra vita, lunga o corta che sia, è sempre troppo breve per essere sprecata vivendola magari al rallentatore o attraverso gli occhi di qualcun altro, dal quale ti aspetti che ti dica chi e come devi essere, finalizzando i tuoi comportamenti solo a questo. Certo è più semplice e sicuro vivere in punta di piedi, come ho fatto io fino a ora, ma vuoi mettere cosa significa vivere le emozioni a tutto tondo e sentirti viva come mi sento io oggi? Il rischio di soffrire per voler essere più autentica è ampiamente ripagato dal fatto che anche i pochi momenti di felicità vera, mi fanno sentire in paradiso… ed è una fantastica sensazione. Ora io mi permetto di godere di un bellissimo tramonto, di ascoltare un brano musicale, di osservare un dipinto, di fare una risata tra amici, di un sorriso che mi viene rivolto. Non potevi o non volevi deludere qualcuno? Entrambe le cose. Adesso, anche se non è poi così semplice cambiare, riesco a capire cosa è giusto per me, mi ascolto con maggiore attenzione e ho una gran voglia di fare cose che mi fanno sentire bene, indipendentemente da quello che pensano o si aspettano gli altri. Non ho più voglia di perder il mio tempo a inseguire cose “inutili” o cose che non mi “lasciano” nulla; resta inteso che in tutto ciò che faccio cerco, nel limite del possibile, di non far soffrire gli altri anche se mi rendo conto che a volte è inevitabile. Questa sorta di egoismo mi sta permettendo di vivere in modo più pieno e appagante consentendomi di provare emozioni molto profonde sia nel bene sia nel male, sconosciute fino a ora, ma che mi fanno dire “sono viva!”. Cos’è che fa sembrare “straordinario” tutto ciò? Lo straordinario è che ho deciso di farlo prendendomi tutto il tempo necessario per godermelo e osservare più in profondità quanto accade; ed è soltanto in questo modo che riesco a cogliere la vera essenza dei gesti e delle cose. Per fortuna o per sfortuna, il mio precedente vissuto legato ad un evento dolorosissimo accaduto anni fa: una perdita prematura di un famigliare al quale ero legatissima, mi ha insegnato a non avere paura di morire, o meglio a far sì che la paura di morire non fermasse la mia vita. Semmai posso avere paura di soffrire fisicamente. Paura che penso abbia anche la maggior parte delle persone che vivono o che hanno vissuto l’esperienza della malattia. Certo che apprezzando la vita come sto facendo, mi dispiacerebbe doverci rinunciare, ma se questo sarà il mio destino almeno voglio presentarmi all’appuntamento senza alcun rimpianto, avendo impreziosito ogni giorno della mia vita come se fosse l’ultimo, non vergognandomi di esprimere i miei sentimenti. Ho imparato a dire “ti voglio bene” con naturalezza quando ne sento la necessità; questo ha fatto sì che anche chi mi ama sia riuscito a fare altrettanto con me. Forse non è proprio egoismo, ma un po’ più rispetto di te stessa. Lo vorrei tanto e, se fosse così, so che lo devo per assurdo a un periodo buio, ma che mi ha cambiato senza dubbio in meglio. Un consiglio che oggi mi sento di poter dare, a chiunque, è quello di fermarsi ad osservare quanto ci sta intorno e cer- Cosa sei riuscita a dimenticare della malattia? Della malattia fortunatamente sono riuscita a dimenticare la sofferenza fisica, anche perchè ho retto bene il periodo tra l’intervento e le cure. Purtroppo ci pensavano gli altri a farmi sentire ammalata, grazie ai loro sguardi dispiaciuti indirizzati alla mia testa pelata. Questo è un altro insegnamento che ho Brigida ha 46 anni e lavora in un Istituto Bancario Svizzero. Con semplicità e leggerezza ci parla di come è cambiata in meglio la sua vita dopo il cancro e quale è stata la strada per riuscire ad apprezzarne ogni sfumatura e ogni aspetto, riuscendo a lasciare sullo sfondo, senza negarli, gli aspetti più dolorosi di questa esperienza. avuto dalla malattia, perché anch’io prima, inconsciamente, facevo lo stesso; oggi fortunatamente non capita più, perché so che cosa si prova e che ogni sguardo brucia più della chemioterapia. Mi ha aiutato a superare la malattia senza dubbio la grande forza che fino ad allora non sapevo di avere, ma soprattutto la mia meravigliosa famiglia che mi è stata vicino in ogni momento, evitando però di compiangermi e di soffocarmi. Mi conoscono bene e sanno che, se mi avessero soffocato, mi avrebbero soltanto innervosito. Purtroppo durante la malattia e visto il mio carattere, non ho voluto e potuto esprimere i miei mutevoli stati d’animo perchè non volevo far soffrire nessuno più di quanto non soffrisse già. La mia salvezza e valvola di sfogo è stato l’incontro con “Attivecomeprima”. Per molti può sembrare un paradosso, voler dimenticare qualcosa e andare ancora di più a guardarci dentro, ma lì ho imparato che non è così, anzi è vero il contrario e cioè che più neghi la paura, più ti perseguita. Il primo incontro di gruppo è stato molto impegnativo emotivamente, anche se io ero convinta, dall’alto della mia forza, di essere una roccia; abbiamo parlato tutte della nostra esperienza di malattia e questo mi ha fatto soffrire molto, soprattutto vedere quasi tutte le altre mie compagne piangere per la loro esperienza…anche perché io non sono mai riuscita a farlo. L’unico momento in cui l’ho fatto è stato quando ho scoperto di avere perso un’amica, una sorella, una complice nella battaglia contro il male: Monica; in quel momento ho pianto perché mi mancava, ma soprattutto perché non era giusto che se ne fosse andata quella che tra noi era la più delicata, spaventata e fragile. Visto che sono credente non riuscivo a capire perché un Dio giusto, avesse deciso di separare una splendida persona dal suo amatissimo marito e dalla sua unica e stupenda bimba. A parte questa triste parentesi che si è comunque trasformata in qualcosa di positivo, sia in passato sia oggi entrare ad “Attive” mi provoca una reazione strana: è come se qualcuno mi attaccasse ad una presa di corrente e per tutto il tempo in cui io rimango lì, mi ricarico di una grandissima e luminosa energia; è meraviglioso per chiunque varchi quella soglia, vedere e “sentire” tanti caldi e avvolgenti sorrisi. Non viene fatta alcuna differenza, chiunque necessita di aiuto e supporto viene accolto, ascoltato e trova sempre due braccia che si tendono per condividere il peso del dolore e della sofferenza e due occhi sorridenti che trasmettono amore e speranza. C’è qualcosa che ancora ti spaventa? Quello che ancora oggi, ogni tanto, mi spaventa è pensare alla sofferenza fisica che potrebbe ripresentarsi nel caso la malattia decidesse di volermi “incontrare ancora”. Però ogni volta che questo pensiero si affaccia, cerco di chiuderlo nel fatidico “cassetto” che durante gli incontri di gruppo ho imparato a utilizzare. In questo cassetto l’unica cosa che faccio fatica a riporre, ma so che devo farlo, è il pensiero che il tempo passa e la persona in assoluto più importante della mia vita si sta avvicinando alla fine terrena. Questa persona è mia madre e so che il Padre supremo, quel giorno, la prenderà per mano e le consentirà di godere di tutte quelle cose che non ha potuto assaporare in vita perché sottoposta a privazioni, doveri e obblighi; è la persona che in assoluto mi ha insegnato meglio ad apprezzare le cose realmente importanti nella vita di ognuno di noi. 9 I tuoi valori, i tuoi ideali, sono cambiati? I valori di fondo della mia vita, dopo questa esperienza, sono rimasti gli stessi, ma sono io che non sono più la stessa e francamente amo molto di più la Brigida di oggi rispetto a quella di anni fa. Sono letteralmente rinata e questa rinascita mi consente di assaporare ogni novità, nello stesso modo in cui lo fa un bimbo che ogni giorno scopre qualcosa di diverso. Non avendo figli, i miei progetti per il futuro riguardano soprattutto il mio benessere e poi quello di coloro che mi stanno intorno; io ho bisogno di continuare a sentirmi viva come mi sento ora, ogni giorno devo scoprire qualcosa di nuovo e diverso, dentro o fuori di me, per consentirmi di continuare a crescere ed ad assaporare la vita attimo per attimo, sia che essa duri ancora due anni o cinquanta. Voglio ringraziare con tutto il cuore coloro che hanno contribuito a questa rinascita, la mia amatissima famiglia, i miei amici “veri”, tutti coloro che ho conosciuto ad Attivecomeprima e anche tutti coloro che mi hanno affiancato anche solo per un momento, perché è grazie ad ognuno di loro se sono diventata quella che sono ora. Mi sento migliore ma non avrei potuto diventarlo se non fossi stata disposta a guardare in faccia la realtà di ciò che mi è accaduto e a cambiare me stessa. Paola Bertolotti. Info Psicologa autoree psicoterapeuta. Conduce in Associazione i gruppi di sostegno psicologico “Riprogettiamo l’Esistenza” e “Decido di vivere”. Il linguaggio degli affetti Le eredità che ci rendono ricchi 10 Franco Fornari morì all’improvviso, dopo essersi sentito male all’Università Statale di Milano, dove insegnava con grande successo e seguito. Sono passati 25 anni, ma per chi ebbe la fortuna di incontrarlo e conoscerne il pensiero e l’umanità, questo tempo non ha scolorito il ricordo di una persona così capace di trasmettere intelligenza, affetto, amore per la vita e per l’uomo. La psicoanalisi e la cultura in generale gli devono tanto. Le sue idee hanno attraversato e condizionato una generazione di intellettuali, psicoanalisti, psicologi, sociologi. Anche solo un elenco succinto dei suoi contributi alla nostra cultura occuperebbe molto più spazio di quello di cui dispongo per questo articolo. Ne vorrei citare soltanto alcuni, per dare un’idea della vastità della sua incessante ricerca. Partirò dagli scritti sul senso della guerra e sul conflitto atomico tra superpotenze mondiali. Fornari crebbe intellettualmente nel dopoguerra, drammaticamente segnato dalla divisione planetaria tra Stati Uniti e Unione Sovietica. La guerra era da lui vista come una malattia dell’umanità, una patologia affettiva per la quale gli uomini mettono il loro male dentro il nemico e cercano così di ucciderlo nell’altro. La situazione della escalation atomica, che determinava la prospettiva della distruzione totale del pianeta, conduceva secondo Fornari, allo scacco del desiderio di vincere e di uccidere il nemico, perché ciò avrebbe portato anche alla propria sconfitta. Proprio questo scacco poteva essere, secondo Fornari, la spinta verso la necessità della pace, intesa come strumento di sopravvivenza e di crescita della specie umana. L’Europa, stretta nel conflitto tra superpotenze, era inoltre da lui vista come ammalata, un po’ come accade a un figlio stritolato dalla lotta tra i suoi genitori. Le sue idee erano così innovative e trasformative da creare intorno a lui polemiche e divisioni. In particolare, la comunità psicoanalitica italiana reagì inizialmente anche con aspre critiche al suo pensiero. Cesare Musatti stesso, che fu tra i padri fondatori della psicoanalisi italiana e che era stato il maestro di Fornari, prese a caldo le distanze con dolore e apprensione da quel pensiero, che vide in grado di modificare la psicoanalisi e i suoi concetti di fondo. Fornari amava Freud e lo rileggeva incessantemente, trovando nei suoi scritti nuove prospettive. Diceva, essendo lui piacentino, che “Freud è come il maiale: non si butta via niente”. A differenza di Freud, che credeva che l’educazione dei bambini, dovendo moderarne gli istinti, portasse necessariamente a creare un contrasto tra la cultura e la natura, Fornari credeva che la cultura portasse la natura a svilupparsi, un po’ come accade quando gli uomini selezionano i semi da piantare nei campi tra quelli che esistono spontaneamente nella selva. Questa idea rovesciava il concetto freudiano del “disagio della civiltà” e avrebbe portato a una nuova visione dell’Inconscio e a nuove prospettive nella psicoanalisi. Proprio a partire da alcune osservazioni di Freud sui sogni, Fornari sviluppò l’idea centrale del suo pensiero, vale a dire che gli esseri umani nascono già in grado di simbolizzare il mondo in termini affettivi e che questa loro capacità si associa via via alla conoscenza che il bambino acquisisce nell’incontro con la vita e allo sviluppo delle capacità cognitive. Questa idea ci porta sostanzialmente a riconoscere l’inconscio affettivo in ogni manifestazione del pensiero umano, a rintracciare negli affetti il motore decisionale delle azioni degli uomini e a poter leggere nella cultura e nelle organizzazioni umane la presenza di potenti orientamenti affettivi. Le conseguenze di questa idea sono di una portata immensa, non solo per la psicoanalisi (e si spiegano con ciò le divisioni e le polemiche che il pensiero di Fornari causò all’inizio: si pensi solo che per la psicoanalisi classica il concetto di Inconscio è collegato all’idea di qualcosa di non conoscibile, mentre nella nuova visione introdotta da Fornari l’Inconscio parla incessantemente nel linguaggio e può essere riconosciuto in esso), ma anche per la socioanalisi, per la psicologia evolutiva, per la sociologia… Fornari studiò le grandi questioni della vita. Si interessò alle vicende della nascita, alle quali dedicò il suo libro forse più bello e vibrante (“Il codice vivente”). In quel periodo avviò una collaborazione tra Università e Ospedale Vittore Buzzi di Milano, mandando molte sue allieve a lavorare in Ostetricia. Si interessò anche all’esperienza di chi si ammala di cancro, perché conobbe Ada Burrone e avviò con lei e con Attivecomeprima una collaborazione che durò, direttamente e indirettamente, fino alla fine della sua vita. Il suo libro Affetti e Cancro è ancora oggi un punto di riferimento per chi desideri entrare con uno sguardo profondo nel lavoro di aiuto alle persone ammalate e ai loro famigliari. Negli anni in cui Fornari collaborò con Attivecomeprima, diede un contributo importante allo sviluppo dell’Associazione: fu il padre della Terapia degli Affetti, ci orientò a fare la prima indagine dell’Associazione sull’esperienza delle persone ammalate di cancro (indagine sostenuta dal Ministero della Sanità), guidò il Comitato Scientifico e ci aiutò molto a mettere in forma le osservazioni e i pensieri che, a partire dalle osservazioni di Ada Burrone, svelavano il senso più intimo e profondo della storia di chi vive il trauma della malattia. Come sempre accade per chi dona all’umanità un pensiero generativo, i suoi sviluppi seguono ancora oggi mille strade. Tra quelle che conosco da vicino, vorrei anche menzionare la crescita di una esperienza clinica e teorica molto avanzata nel campo degli studi sull’adolescenza, portata avanti dal gruppo di psicoterapeuti dell’Istituto Minotauro di Milano, che nacque intorno a Fornari poco prima della sua morte. Attivecomeprima, il Minotauro, sono solo esempi di come un pensiero generoso, profondo e innovativo abbia potuto lasciare un bene che non richiede atti di adesione fideistica, ma aiuta a illuminare strade difficili, a vedere con maggiore chiarezza le verità affettive e i processi di adattamento, sopravvivenza e crescita nell’esperienza degli uomini che vivono il trauma della malattia e o nei giovani che entrano in una nuova fase trasformativa della vita. Stefano Gastaldi. Info autore Psicologo e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “La terapia degli affetti”. 11 Caregiver Una situazione curiosa Le persone vengono a conoscere Attivecomeprima, indirizzate dai loro medici, dai pazienti da noi seguiti, dai mass media ecc. Sono accolte in quello che viene definito “Primo Incontro”. Qui si ascoltano bisogni, paure, speranze e si aiuta a mettere un po’ di ordine nei pensieri e nelle emozioni e si cerca di capire cosa l’Associazione può fare per loro. Come molti sanno, tra le varie attività, un peso importante è dato dai gruppi di sostegno psicologico a cui, generalmente, le persone vogliono partecipare per un desiderio di condivisione e confronto con 12 altre persone che stanno vivendo situazioni simili. Quando si descrive loro l’attività dedicata ai caregiver (coloro che si prendono cura delle persone ammalate), accade però una situazione curiosa. Le persone ammalate tendono a descrivere il famigliare che sta loro vicino come una persona poco disponibile a questo tipo di lavoro; si sentono frasi tipo: “No, mio marito non può…lui lavora…”, “Non è il tipo, non fa per lei…”, “Non è una persona che ama parlare di sé…”. E molto spesso non riportano al proprio caro l’informazione che hanno ricevuto. In alcuni casi, accade che siano proprio i famigliari (coniugi, conviventi, genitori, figli, amici…) a mettersi in contatto con Attivecomeprima e non le persone colpite direttamente dalla malattia. Arrivano all’incontro con la speranza di avere qualche “dritta” su come alleviare la sofferenza del proprio caro, sul cosa sia giusto dire o non dire, sui comportamenti che si devono adottare con alcuni medici, su come continuare a vivere la propria vita senza sentimenti di colpa e su tutto quello che è necessario sapere intorno alla malattia, alle cure e alla qualità di vita. È durante questo incontro che si prospetta loro l’idea che esistono altre persone nella medesima condizione, che c’è la possibilità di condividere questa esperienza in uno spazio a loro dedicato. Qui si è aiutati a ricaricarsi e ad abbandonare il sentimento di impotenza che li accompagna e che spesso impedisce loro di condividere le difficoltà dell’altro facendo correre il rischio di apparire superficiali e menefreghisti, bloccandoli nelle scelte per la paura di sbagliare. A questo punto, come per incanto, danno immediatamente la loro adesione al gruppo. Certo alcuni di loro si mostrano dubbiosi perché non si sentono in grado di parlare di sentimenti ed emozioni con perfetti sconosciuti ma si concedono la possibilità di provare e al termine del percorso sono proprio le stesse persone che si dicono soddisfatte del lavoro svolto. Sembrerebbe quindi che, così come esiste per i famigliari la difficoltà a ritagliarsi del tempo da dedicare a se stessi perché emergono sentimenti di colpa nei confronti del proprio caro, esiste probabilmente una volontà, da parte delle persone colpite direttamente dalla malattia a non voler “pesare” ulteriormente sul famigliare dandogli anche l’incombenza di partecipare a dieci incontri a cadenza quindicinale, a cui magari può aderire solo dopo aver chiesto dei permessi al datore di lavoro. Forse risulterebbe più facile pensare che se i famigliari dedicassero maggior tempo a sé potrebbero evitare di avere i pensieri centrati solo sulla malattia e la sofferenza e finirebbero col diventare anche un rifornimento di energia positiva per la persona colpita dal cancro. Allo stesso modo, la persona ammalata potrebbe evitare la sensazione di “sentirsi di peso” se pensasse che, per il caregiver, frequentare un gruppo di sostegno è una scelta centrata principalmente sul proprio benessere e che inevitabilmente si rifletterà sul benessere e sulla qualità di vita di entrambi. Manuela Provantini. Info autore Psicologa, assistente alle ricerche e alla progettazione delle attività. Conduce in Associazione il gruppo dedicato ai caregiver: 13 Le vostre lettere foto Paolo Liaci a cura di Ada Burrone Ada cara, ti mando un mio scritto a nome di tutto il gruppo “Decido di Vivere”. Vania 14 Alla Paola e a Marina accoppiata sopraffina dedichiamo questi versi: ...che non vadano MAI persi! Sono un prezioso scrigno che sta là in via Livigno. Una fonte di energia che regala allegria. Certo anche riflessione mista a introspezione nel momento di lettura e sconfiggi la paura. Poi rilassi corpo e mente, con che cosa? Sorprendente!!! Feldenkrais una scoperta! Con Marina quale esperta. Ci regala nuovi appigli, ma ahimè quanti sbadigli: la tensione vola via, così dice, così sia. E vai di test e di disegni: si rivelano gli ingegni, tranne ahimè la scrivente che d’artista non ha niente. Tra alberi e ritratti si colora come matti. Ah!!! Che passi da gigante. Date dieci a tutte quante. E per voi ragazze care un regalo da indossare. No non è un barbatrucco. Rimarrete sì di stucco!!! Poi si mangia e si festeggia. Alla vita orsù si inneggia con dolciumi e moscato qual delizia pe’l palato. Rosa, Astrika, Patrizia, (sono proprio ‘na delizia); Tina, Vania con Donata (una terna prelibata). E continua questa lista con Alida la regista, poi ci aggiungo anche Maria: (sono er mejo che ci sia). A Paola e a Marina, rispettando orsù la rima, noi diciamo tutte in coro: “Brave, ottimo lavoro!” ...E non mangiate troppo mais, bensì fate... feldenkrais!!! Grazie, Vania, del tuo simpatico dono! Cara Ada, il nostro incontro telefonico risale a qualche tempo fa; ho ricevuto i tuoi preziosi libri e i dieci opuscoli di Attivecomeprima. Ho letto cose assolutamente condivisibili. Creativa e molto significativa mi è sembrata la grafica del testo “La forza di vivere” dove si comprende pienamente come, da quelle piante spinose, può nascere un fiore se solo tu lo vuoi. Vedi io, stranamente, quando nove anni fa sono stata operata, non sono stata troppo traumatizzata dalla perdita della mammella, se non pensando alla sofferenza e alla privazione che avrebbe avuto mio marito. Ma lui è stato un angelo e mi ha amato ancora di più. Da parte mia, con questa sicurezza, ho continuato a pensare alla vita, che comunque prevaleva su tutto. Certo, all’inizio della mia storia la prognosi era abbastanza fausta, anche se poi le cose non sono andate così: metastasi ossee, poi al fegato e tanta chemioterapia. Dopo l’ultima tac sto facendo la radioterapia e poi riproveremo con un altro protocollo. Dopo lo sgomento iniziale mi sono però presto ripresa, il mio asso nella manica è il colloquio con Dio che sempre funziona. Lui c’è sempre, pronto ad accogliermi anche e proprio quando mi sento disperata e impotente. Io sono serena intimamente. Ho un po’ paura del dolore ma ci sono i farmaci che aiutano e, come ho detto, l’insostituibile sostegno spirituale. Soprattutto in questi ultimi tre anni, oltre l’aggravarsi della mia malattia, si è aggiunta la morte per cancro di mio marito che si era ammalato subito dopo di me. Io ho ripensato alla mia vita e ringrazio per tutto quello che mi è stato donato: amore, famiglia, professione, figli e, ora, nipoti... Certo non vado a rammaricarmi perché non ho avuto questo o quell’altro. Non è che la mia vita sia stata una tavola da bigliardo: ha avuto gli alti e i bassi come quella di tutti. Io amo immensamente la vita e ho chiesto al Signore una proroga ancora, finché Lui vorrà, ma la mia certezza ora è che non importa quando arriverà questo momento perché so dove porterà alla fine il treno della mia vita. La malattia è stata per me e per mio marito la nostra salvezza: ci ha fatto raggiungere la percezione del senso, del significato della vita e questo non vuol dire non tenere in contro il percorso quotidiano, ma vederlo più ricco di colori e di bellezze. So che questa mia testimonianza potrà lasciare qualcuno, o più d’uno, indifferenti o scettici e me ne scuso, ma ho scelto di farlo con parole sincere. Mi fa felice averti risentito dopo tanti anni dall’inizio della mia storia e ti auguro di cuore tutto il bene del mondo. Carla, Rovigo La tua lettera, Carla, parla di te e della tua forza d’animo più che della tua condizione fisica causata dalla malattia e non certo facile da reggere. Il tuo spirito è al di sopra di quanto sta accadendo al tuo corpo. Si sente che sei sincera, anche se come tu dici non per tutti può essere semplice comprendere come tu riesci a trasformare la sofferenza in accettazione serena. Sei consapevole di quanto ti sta accadendo e potrà accaderti e, nonostante ciò, riesci a vivere il presente e sentirti nella vita al di là delle sue dure prove a te riservate. Ti ringrazio per avere aperto il tuo cuore a me e a chi ti leggerà. Ho da poco concluso il ciclo di terapia che mi era stato prescritto dopo la diagnosi di carcinoma della prostata. Dal punto di vista fisico non mi posso certo lamentare: tutti gli esami di controllo, dalla scintigrafia alla PET, sono negativi. Ho anche la fortuna di avere accanto a me una moglie e due figli stupendi che non mi hanno mai lasciato solo e di avere sempre incontrato medici capaci e preparati. Allora perché non mi sento ancora bene? Non so con chi parlare di questo mio stato d’animo che non capisco e che non mi fa vivere con serenità questo mio tempo dopo la malattia. Mario - Catania Caro Signor Mario, è un bisogno comune quello di esprimere liberamente i nostri dubbi e i nostri disagi più profondi. Occorre coraggio per chiedere aiuto e lei lo ha trovato. Anche se il cancro è diventata una malattia sempre più curabile e lei sta bene fisicamente, il “tarlo” della paura permane. Considerata la distanza tra noi la invito a chiamarci. Anche se solo telefonicamente potremo accogliere i suoi pensieri e, insieme, trovare la strada per abbandonare quelli che non la lasciano sereno. Potremo anche segnalarle tra i nostri collegamenti operativi chi la potrà eventualmente aiutare da vicino. Ciao Ada carissima, come stai? Io bene, ho da poco festeggiato il 9° anniversario dall’intervento e sono felicissima di esserci ancora e di esserci con una discreta salute. Sai, un vecchio saggio qui mi ha detto: “Hai fatto un ottima cosa a venire a vivere in Liguria, perche qui si vive doppio”. In effetti ha ragione perché si passa molto tempo all’aria aperta, circondati da panorami stupendi, appena esce un raggio di sole si va in spiaggia, in bicicletta, a passeggiare nei boschi, i ritmi di vita sono più rallentati e le cattive notizie non ti raggiungono, tutto intorno a te è calmante e rassicurante, e se hai una preoccupazione si stempera nella bellezza che ti circonda. Persino il tragitto per andare a lavorare è un’esperienza sensoriale, io lavoro a Genova e faccio l’autostrada rischiando un incidente ad ogni curva per osservare la bellezza del panorama. Dovresti vedere nei giorni nuvolosi, quando il mare è grigio ferro, lo spettacolo dei raggi che penetrano e formano degli spot d’argento abbagliante, alle volte arrivo alle lacrime per l’emozione. Ti devo ancora mille e mille volte ringraziare perché mi hai aiutato a credere che si poteva ancora vivere e nel mio caso, io ho pure esagerato e non solo vivo come prima, ma meglio anzi “meglissimo” di prima. Vivere qui è uno stupore continuo. È come se i miei sensi, per anni sopiti, si fossero risvegliati in un tripudio di sentire, vedere, odorare, toccare, assaporare. “Sento” il mio corpo in tutte le sue meravigliose funzioni mentre reagisce a tutta questa bellezza e armonia. Credo che chi vive nelle grandi città, alienato da tutto questo, dovrebbe fuggire “ora e subito”. Nel frenetico modo di vivere delle grandi città il corpo smette di esistere, comandato da un cervello “despota” che lo obbliga a non riposare, a mangiare senza assaporare perché non c’è tempo, a non vedere i colori, se non le tonalità che vanno dal bianco al nero con una predilezione per il grigio, lo stesso grigio che hai sopra, sotto e ai lati. “Lui” decide anche quando è ora di fare movimento, ovviamente in palestra fra altri corpi sudati e schiavizzati. È sempre lui che lo persuade che è degno di attenzione e amore solo se è bello, in forma, ben vestito, sano e instancabile. Lo convince che il suo scopo sia solo quello di riflettere un’immagine vincente. Il contatto con la natura invece ti porta in una dimensione dove non sei tu il centro di tutto ma, per una volta sei solo uno spettatore della meraviglia che ti circonda. Davanti alla maestosità del mare abbandoni finalmente i tuoi sensi e il tuo vero io affiora in un vulcano di emozioni che non sapevi nemmeno di avere. Il tuo corpo si ribella al “despota” e con una fame insaziabile annusa, assapora, guarda, tocca e una calda e rassicurante gioia pervade il tuo cuore. Davanti a tutta questa bellezza, la tua di “bellezza” e “perfezione” non è più così importante e non lo è neanche quella degli altri, perché nessuno può essere bello e perfetto come il mare. Di fronte a lui siamo tutti uguali, nessuno può dire “è solo mio”, nessun tiranno lo può comandare, nessun magnate lo può comprare, nessun prepotente lo può sfidare. Meraviglioso mare…..nelle tue onde mi perdo e finalmente mi ritrovo. Arianna, Bergeggi SV Amica mia cara, leggerti mi fa sentire lì con te ad ammirare e a godere la stupenda natura della Liguria. Sei stata davvero brava a dar forma ai desideri che tu già manifestavi durante il lavoro dei gruppi. Sono contenta per te e con te. So che tuo marito ti ha sempre gioiosamente accompagnata nel percorso. Vi penso felici e vi abbraccio. Per i vostri quesiti vi ricordiamo i nostri recapiti: ATTIVEcomeprima via Livigno, 3 - 20158 Milano Tel 026889647 mail: [email protected] Per parlare con Ada potete telefonare il lunedì e il mercoledì dalle h. 14,00 alle h. 17,00. 15 Tra medico e paziente Un aspetto scientifico dell’Associazione Oggi esiste un consenso pressoché unanime sulla natura complessa dei problemi della salute, ciò di cui invece si sente maggiormente il bisogno è di strumenti concreti che consentano di gestire tale complessità e dare risposte non solo scientificamente fondate, ma anche appropriate al contesto personale nel quale il problema di salute è emerso ed è vissuto. Tutto ciò è particolarmente evidente in un’area come l’oncologia per la natura dei problemi di cui si occupa e che coinvolgono non solo il malato, ma anche il suo contesto affettivo e sociale. Queste, in breve, sono le ragioni che ci hanno spinto a realizzare nel 2010 il Mini-Master rivolto agli oncologi e che quest’anno ripeteremo. 16 Ogni incontro ha visto la partecipazione attiva, attraverso interazioni continue e confronti coi docenti, degli oncologi-medici che provenivano da differenti strutture ospedaliere italiane. I punti di convergenza sono stati numerosissimi. In primo luogo si è sottolineata la necessità di porre più attenzione alla qualità di vita del malato. L’obiettivo terapeutico, infatti, non è solo quello di “risolvere la malattia”, ma è anche quello di aiutare il paziente a stare bene. Sicuramente occorre comunicare in modo appropriato, ma per sviluppare una relazione non solo corretta ma anche buona, occorre disponibilità all’ascolto e capacità empatica. È così che l’oncologo può ottenere contemporaneamente un miglioramento della qualità del suo rapporto col paziente, una maggiore aderenza alle cure e un arricchimento di se stesso, come uomo e come professionista. Questo significa, concretamente, porre la persona al centro della cura. E non solo la persona del malato, ma anche quella del medico, vera e propria risorsa terapeutica per instaurare una relazione di fiducia che possa aiutare il paziente a “dare corpo” alla speranza. La persona viene prima del paziente e l’ascolto, strumento essenziale a disposizione del medico, è possibile anche in condizioni di ridotta disponibilità di tempo. Al di là di questo, è comunque l’atteggiamento empatico del medico che il paziente percepisce. Si è anche e inevitabilmente rilevato che l’organizzazione del nostro Sistema Sanitario non facilita tutto questo: esige efficienza ed efficacia in tempi stretti (da una recente indagine, il tempo medio di una visita oncologica è 8 minuti) ed i medici, non solo in ambito oncologico, soffrono sempre di più per questo condizionamento che vivono come una sorta di “dittatura culturale” alla quale non possono sottrarsi. Sono sempre più oppressi da compiti burocratici che erodono ogni giorno di più il tempo da dedicare al mestiere di medico e, ciò che è più grave, ne indeboliscono le motivazioni. Gli stessi oncologi presenti ammettono di percepire sempre più lontano il paziente a causa dell’assunzione di un ruolo sempre più “tecnico” e meno “medico”. Ed è per questo complesso di ragioni che sempre più spesso i pazienti si rivolgono a centri o a professionisti extra-ospedalieri per trovare una risposta ai loro bisogni. E, nella maggior parte dei casi, senza informarne l’oncologo. Le conseguenze di tutto questo, lungi dal comportare un effettivo “risparmio” di spesa pubblica, sul medio-lungo periodo aumentano verosimilmente i costi. La soluzione più naturale sarebbe che l’ospedale fornisse, al suo interno, un servizio di medicina di supporto per il malato oncologico. Si eviterebbero così la “dispersione” del paziente e le situazioni conflittuali che a tutti i livelli ne possono derivare. Da questo punto di vista, è stato molto apprezzato uno strumento pratico che consente al medico di dare concretezza all’obiettivo di mettere la persona al centro delle attenzioni. Si tratta della Terapia Sistemica di Supporto per la prevenzione e la cura della fatigue. Questo metodo di lavoro è nato da una rilettura in chiave sistemica di conoscenze già acquisite e condivise in medicina e in oncologia, che consente di comprendere come i fondamentali equilibri fisiologici e la biochimica del metabolismo energetico dell’intero organismo vengano più o meno pesantemente disorganizzati dalle terapie oncologiche. Ne è scaturito un coerente approccio terapeutico che, agendo in sinergia con le terapie oncologiche, potrebbe essere promosso come parte integrante delle cure. Il Master, inoltre, ha offerto ai partecipanti anche qualcosa di unico e di insolito in corsi di questo tipo: la testimonianza diretta di pazienti e caregiver appositamente invitati, sui loro vissuti, le loro difficoltà durante il percorso delle terapie e nella comunicazione tra loro stessi e con i loro medici curanti. La riflessione a più voci che ha preso vita tra i presenti, è stata un’esperienza molto intensa e coinvolgente, ricca di contenuti umani e di aspetti etici e metodologici che sono stati esaminati e approfonditi. Si è aperta così una lunga riflessione relativamente all’ambito dell’odierna medicina, nella quale sembra mancare la figura del medico-umanista. L’amplificazione dei sistemi di cura ha spinto ad una formazione sempre più tecnica e meno umana; da qui, il sempre maggiore ricorso alle medicine non convenzionali (60-70% dei pazienti oncologici in Italia) che, al di là dei metodi utilizzati, danno comunque più spazio alla relazione col paziente. Ma il medico è professionista e uomo insieme. E l’Università dovrebbe proporre percorsi formativi più strutturati in tal senso. Si sottolinea peraltro, all’interno dei corsi di laurea, la carenza della medicina generale come base formativa, a prescindere dalla specialità scelta e successivamente intrapresa. Nella pratica, infatti, lo studente del corso di Laurea in Medicina, nel secondo triennio, entra già nella clinica universitaria nella quale, dopo la laurea, si specializzerà come professionista. Lo sguardo clinico dovrebbe essere prima medico e, in un secondo tempo, oncologico. Bisognerebbe investire non solo sulla ricerca, ma anche e di più sulla figura del medico, e qui dell’oncologo in particolare, come risorsa: il paziente dovrebbe poter trovare tutte le competenze di cui necessita in alleanza tra loro, senza essere costretto ad andarle a cercare in mille specialisti tra loro estranei e sentirsi così scisso tra chi cura la malattia e chi risponde ai suoi bisogni. Ribaltare un’organizzazione sanitaria - ma anche e soprattutto formativa - già precostituita, è molto difficile. Andrebbe rivista e ripianificata la formazione dei giovani medici e, nel contempo, bisognerebbe risvegliare nei medici, non più giovani e già formati, un orientamento clinico globale e non solo specialistico sul malato. Questi, molto in sintesi, sono alcuni dei più significativi temi emersi dalle riflessioni degli oncologi che hanno partecipato al Mini-Master. Ma un’ultima riflessione di grande importanza, raccolta dalla discussione, vede in primo piano un’esplicita richiesta di sostegno psicologico, per evitare la sindrome del burn-out, cioè, come recita una sua definizione, “l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere”. Attivecomeprima Onlus con il Patrocinio di AIOM Lombardia, CIPOMO Nazionale, Comune di Milano-Settore Salute, organizza la seconda edizione del: Mini-Master in Management e Supporto Globale del Paziente Oncologico in corso di accreditamento ECM* consiste in quattro moduli di due giornate ognuno, sui seguenti temi: 6-7 Maggio 2011 Prevenzione e cura della fatigue: metodo e strumenti 24-25 Giugno 2011 L’alimentazione durante e dopo le terapie oncologiche 14-15 Ottobre 2011 Stili di vita, quotidianità e vissuto del malato oncologico Nello specifico, pur lavorando in differenti realtà operative, tutti gli oncologi presenti sono accumunati dall’esigenza di assicurare, alle varie figure professionali del reparto (medici, infermieri, etc..), un supporto psicologico, praticamente assente in ciascuna delle realtà descritte. Alcune figure professionali non lavorano al meglio delle proprie possibilità proprio perché appesantite, sovraccariche emotivamente, senza la possibilità di dedicare uno spazio a se stesse. 25-26 Novembre 2011 Second opinion, partecipazione alle scelte e gestione dei conflitti A tal proposito si è ipotizzato, quale progetto pilota, l’organizzazione di un lavoro appositamente strutturato rivolto agli oncologi che ne avvertono l’esigenza. Un incontro preliminare in tal senso si è svolto il 22 gennaio u.s., nella sede di Attivecomeprima, con gli oncologi del Mini-Master e altri sono già stati programmati. Da ultimo, una nota personale. Noi medici siamo abituati alle situazioni paludate dei congressi, dove ognuno va vestito e protetto dal suo ruolo. Ciò che è stato particolarmente emozionante qui invece, è l’essersi trovati tra colleghi a ragionare insieme sul proprio lavoro. Non solo arricchendosi reciprocamente su alcuni contenuti tecnici del mestiere, ma anche mettendosi un po’ allo specchio, incontrando lo sguardo e le parole di pazienti che ci hanno donato il loro vissuto, esplorando le altezze e le profondità del proprio “essere medico” mettendole a confronto l’un l’altro, riscoprendo quel clima, per così dire, di fraternità professionale che mi ha ricordato un po’ l’entusiasmo e la freschezza degli anni di Università. Coordinatore del corso: Ada Burrone 17 Il corso, riservato a un numero massimo di 20 oncologi, si terrà presso Attivecomeprima Onlus in via Livigno 3 a Milano. L’iscrizione è gratuita, comporta l’obbligo di frequenza a tutti e quattro i moduli e verrà accolta fino ad esaurimento dei posti disponibili. Il programma dettagliato è visibile e scaricabile sul sito: www.attive.org Per iscriversi è possibile scaricare il modulo dal sito e inviarlo compilato e firmato alla segreteria di Attivecomeprima - mail:[email protected], fax 026887898 *la precedente edizione ha ottenuto 50 punti ECM Alberto Ricciuti. Medico Info autore di medicina generale. Responsabile in Associazione del Supporto di Medicina Generale durante la chemioterapia. Nutrire il benessere L’alimentazione in primavera 18 Le persone si “risvegliano” dal torpore e dal freddo invernale, torna la voglia di uscire, di camminare all’aria aperta, di mangiare cibi rinfrescanti; in altre parole tornano l’energia e il buon umore, e viene lasciato alle spalle lo stress invernale e la malinconia. Corpo e mente “rifioriscono” esattamente come fa la natura. Per la filosofia orientale dei cinque elementi, siamo nel periodo dell’energia Fuoco: sentiamo il Fuoco nell’aria e sulla nostra pelle e lo avvertiamo come sensazione forte nei nostri corpi. Lo ritroviamo spesso come sapore nella cucina dei Paesi più caldi, dove le spezie sono un ingrediente fondamentale. E, come sempre, sia che abbiamo una visione più orientale che più occidentale della vita, l’alimentazione, gioca un ruolo fondamentale anche in questa stagione. Questo è certamente il momento migliore per mangiare cibi semplici e naturali, cosa in apparenza molto difficile nel caos dell’alimentazione moderna, troppo ricca di cibi e preparazioni che influiscono in modo molto negativo sull’energia ritrovata della primavera. E allora per prima cosa è importane abbandonare l’eccessivo consumo di carni, salumi e formaggi (che troppo spesso caratterizza il periodo invernale), ridurre le fritture, lo zucchero, i dolci e gli snack sia dolci che salati, le bevande alcoliche e anche quelle zuccherate, il burro, le margarine, le panne varie o le salse tipo maionese. Anche il latte non ci aiuta se vogliamo alleggerire e ripulire il nostro intestino, per cui sostituiamolo con bevande vegetali a base di cereali oppure con yogurt rigorosamente bianco (ma non troppo frequentemente). La natura in questa stagione ci offre una gamma vastissima di verdure e frutta ma il cibo base resta sempre il cereale integrale abbinato a un legume possibilmente fresco. Tutte queste meraviglie offerte dal mondo vegetale sono ricche di sostanze antiossidanti, che danno una mano al corpo a uscire dagli eccessi invernali. Iniziamo dalla base della nostra alimentazione: i cereali. Devono essere sempre consumati integrali, solo così diventano un aiuto importante per la nostra salute. Tra i cereali integrali il riso nelle sue svariate forme la fa sempre da padrone. Ma oggi proponiamo un piatto a base di orzo che, tra tutti i cereali, è senza dubbio il più rinfrescante. Da 9.000 anni è diffuso nel bacino mediterraneo. Ippocrate lo considerava già dal 460 a.C. un alimento astringente e decongestionante. Oggi sappiamo che contiene vitamina PP, fosforo, calcio, ferro, magnesio e potassio. Inoltre contiene ordeina una sostanza con proprietà antisettiche intestinali. Quello perlato è troppo raffinato, il decorticato è senza dubbio più nutriente. Tra le verdure alcune si distinguono per le loro proprietà depurative e disintossicanti, utili durante la primavera. Tra queste ne citerò due che crescono in maniera spontanea: il tarassaco e l’ortica. Il tarassaco contiene un principio attivo, la taraxacina, che stimola il flusso della bile con effetto detossicante. La primavera è la stagione in cui l’organismo si rinnova. Chiamato anche radicchio o dente di leone, è un’erba selvatica ricca di caroteni e minerali (tra cui il calcio); vengono colte le foglie, i germogli e il colletto della radice. Si può mangiare subito in insalata, lessato oppure essiccato per farne tisane ma, in questo caso, viene utilizzata la radice che si raccoglie in autunno. L’ortica, che proponiamo nella zuppa, è una pianta selvatica urticante per la pelle, se toccata. Si utilizzano, in cucina, le foglie più giovani che vengono raccolte facendo uso di guanti. L’ortica è ricca di vitamina C, azoto e ferro. In molte culture viene impiegata per arrestare la caduta dei capelli e questo la rende un buon alimento anche in novembre. Era già utilizzata come pianta medicinale dagli antichi Greci per combattere la diarrea, per le sua proprietà diuretiche, cardiotoniche e antianemiche. In cucina può essere usata nei risotti, per condire la pasta, nei minestroni o per fare frittelle. Una volta cotta perde tutto il suo potere urticante. Non ci dimentichiamo poi, che in primavera iniziamo a trovare i frutti di bosco: lamponi, mirtilli, more, ribes e fragoline di bosco. Sono ricchi di vitamina C e di antociani che, oltre a conferire il caratteristico colore che va dal rosso rubino al nero splendente, sono degli ottimi antiossidanti e sembrano proteggere dalla fragilità capillare, dai vari processi di invecchiamento cellulare provocati dall’ossigeno, tra cui i processi infiammatori e le mutazioni del DNA che sono importanti fattori di rischio per malattie cardiovascolari, tumori e svariate forme di demenze senili Qualche consiglio pratico: In primavera è bene adottare cotture brevi facendo saltare velocemente i cibi così da non rovinare le preziose sostanze che i cibi vegetali contengono. Anche la cottura al vapore è particolarmente indicata in questo periodo dell’anno, ma l’ideale è il crudo: primavera e anche estate sono le stagioni per eccellenza delle insalate. Qualche piatto buono da consumare in primavera Quelli che seguono sono semplici suggerimenti per i pasti principali. La fantasia è sempre benvenuta. - Orzo o Riso integrale con verdure in zuppa o in insalata - Cuscus con legumi freschi - Miglio con lenticchie rosse - Farro e ceci o insalata di farro - Spaghettini di riso - Pesce con riso basmati integrale - Pasta di farro con verdure - Risotto ai frutti di mare - Pasta con le vongole - Crema di cipolle - Crema di carote Come si vede anche il pesce è un buon alimento estivo certamente per la presenza di acidi grassi omega-3 che sono antinfiammatori, stimolano le nostre difese immunitarie e puliscono le nostre arterie dai depositi di grasso. A tutti questi piatti si può accompagnare un dolce, per esempio kanten di frutti di bosco. A tutte e tutti BUON APPETITO con tanta fantasia e le ricette di Angela. Anna Villarini Biologa specializzata in scienze dell’alimentazione 19 Le ricette Orzo e Riso Primavera Ingredienti: 200 g di orzo perlato 100 g riso integrale 1 cipolla 1 carota 250 g di piselli sgranati 2 C. olio di oliva extra vergine 2 c. di prezzemolo tritato 50 g germogli di soia (Foto 1) Lessate l’orzo e il riso per 45 minuti con l’acqua leggermente salata (2 parti acqua 2 parti cereali). (Foto 2) Fate rosolare la cipolla e la carota a dadini con l’olio, (Foto 3) aggiungete i piselli e i germogli di soia, aggiungere un mestolo d’acqua e cuocere a tegame coperto. (Foto 4) Unite l’orzo e il riso, aggiustare il sale e cuocere finché l’acqua sarà consumata. (Foto 5) Lasciate riposare qualche minuto (Foto 6) e servire spolverando con il prezzemolo tritato. q.b. sale marino 20 di Angela Foto GiòArt Zuppa di miso con ortiche Ingredienti: 200 g cimette di ortiche 1 cipolla bianca novella 1 carota 1 gambo di sedano 2 C. miso d’orzo 2 C. olio extra vergine di oliva q.b. sale marino e pepe (Foto 1) Tagliare la cipolla a fettine, il sedano e la carota a dadini e fatele saltare in un tegame con poco olio e un pizzico di sale. (Foto 2) Aggiungere una tazza d’acqua per persona, coprite e fate bollire a fuoco lento per 15 minuti. 21 (Foto 3) Unite le cimette di ortica e proseguite la cottura per altri 5 minuti. (Foto 4) Con un po’ di brodo della zuppa, sciogliere in una scodella 1 cucchiaino di miso a testa (Foto 5) tornate a versarlo nella zuppa. (Foto 6) Lasciare riposare qualche minuto e servire. Angela Angarano Assistente cuoca nella ricerca Diana La medicina che ci aspettiamo Le regole del gioco 22 Un’infermiera mi ha raccontato un episodio della sua vita professionale che è rimasto profondamente impresso nella sua memoria. È stata la prima volta che, completata la sua formazione, è entrata in sala operatoria. Doveva assistere le colleghe che stavano preparando una paziente per un intervento di asportazione del colon retto. Dopo l’operazione, la signora si sarebbe trovata con un ano preternaturale e la sua esistenza sarebbe stata condizionata dal sacchetto per le feci. La preparazione andava un po’ per le lunghe e la signora si è spazientita. Ha esclamato: “Ma che cosa è tutta questa preparazione per delle emorroidi...!”. L’infermiera ricorda ancora lo sguardo che si sono scambiate le colleghe: evidentemente alla signora i medici non avevano detto quale era la sua patologia (un carcinoma, non delle banali emorroidi) e quanto sarebbe stato demolitivo l’intervento che le avrebbero fatto. Ma le infermiere non erano autorizzate a fornire le informazioni. Alla fine la paziente ha subito un rimbrotto da parte della caposala: “Ma signora: se il medico ha detto di fare così, non si discute!”. Vent’anni fa - a tanto risale l’episodio - questo modo di fare non era percepito come cattiva medicina. Al contrario: proteggere il malato dalle “cattive notizie” veniva considerato un dovere del medico, il quale, eventualmente, comunicava ai famigliari la vera diagnosi, riservando quella di comodo - spesso delle vere e proprie menzogne, a fin di bene - al malato. Il codice deontologico dei medici non parlava di un obbligo di informare il malato stesso, né presupponeva un diritto della persona malata di conoscere diagnosi e prognosi. Tantomeno prevedeva un obbligo del medico di chiedere il consenso del paziente a un intervento. Neppure in casi come quello a cui aveva assistito la giovane infermiera, che avrebbero modificato la vita della persona per sempre. Le decisioni le prendeva il medico “in scienza e coscienza”: non erano di competenza del malato. Queste erano le regole in vigore fino alla revisione del codice deontologico dei medici del 1995. A non più di 15 anni risale la formulazione esplicita dell’obbligo del medico di informare il malato (non il familiare di riferimento!) e di ottenere il suo consenso a qualsiasi intervento sul suo corpo. Oggi, se un medico procedesse in questa maniera non informando il paziente e presupponendo il suo assenso all’intervento terapeutico egli ritenga più opportuno - incorrerebbe in sanzioni legali. E soprattutto sarebbe disapprovato dal punto di vista morale. Nel giro di pochi anni le norme di riferimento - sia deontologiche che civili - sono cambiate. La medicina, come qualsiasi altra interazione sociale tra più soggetti ha bisogno di regole condivise. Chiamiamole pure “regole del gioco”. Non si potrebbe giocare una partita se alcuni colpissero il pallone riferendosi alle regole del calcio e altri a quelle della pallacanestro. Allo stesso modo abbiamo bisogno di regole chiare e condivise in medicina. La partita che si gioca su questo campo ha per posta, infatti, la vita. E - non meno importante - la qualità della vita, ovvero ciò che ogni persona ritiene importante per se stessa. L’etica in medicina in un blog Si discute di “etica del quotidiano” in medicina e soprattutto dei nuovi rapporti che si vanno costruendo tra professionisti sanitari e cittadini nel nuovo blog La medicina si racconta, curato da Sandro Spinsanti sulle pagine dell’edizione on-line della rivista Famiglia Cristiana (www.famigliacristiana.it). 23 Sandro Spinsanti Direttore Istituto Giano – Roma La Forza della Vita La catena con l’anello invisibile 24 Ad Attivecomeprima si creano legami forti e solidali con le amiche del proprio gruppo nel percorso difficile di riemersione dal buio verso la vita, in cui il primo elemento in comune è il cancro, per poi arricchirsi con la condivisione, l’alleanza, la complicità e l’affetto. Nascono poi altri gruppi con le varie attività, altri legami che fanno crescere la rete degli affetti in una lunga e solidale catena. Così, la perdita di una amica del proprio gruppo diventa un dolore amplificato, e la catena improvvisamente sembra perdere un anello e indebolirsi. Pochi giorni fa se n’è andata Roberta e per dare voce al suo messaggio di coraggio, di consapevolezza, di accettazione e di amore per la vita, voglio pensare non a una catena spezzata ma a una catena sempre salda con un anello... invisibile. Le amiche del gruppo di Attive hanno voluto donare una lunga testimonianza che abbiamo pensato di pubblicare perchè rappresenta non solo un percorso d’amore e di amicizia ma che continuerà a fare vivere Roberta nel cuore di chi l’ha amata e di chi la conoscerà attraverso questo scritto. “La nostra Roberta non c’è più. Il nostro cuore spezzato non sa più come riempire la voragine che si è aperta tre giorni prima con l’inaspettata e triste notizia. Il nostro cuore non riesce ancora a trovare le parole giuste per dirlo alla nostra mente che con gli occhioni spalancati per lo shock sbatte le ciglia incredula, non può essere vero. Non può essere vero - si ripete - che la nostra Roberta non sia più qui con noi. Eppure è così. Dalle porte della chiesa continua a riversarsi gente, ma non gente qualunque, sono tutti amici di Roberta! La piazza non riesce a contenere il fiume di amici e parenti che la chiesa è riuscita solo in parte ad accogliere durante la funzione. Eppure Roby non c’è più. Il suo ultimo viaggio TERRENO prende forma davanti ai nostri occhi, la scia di profumo dei fiori che avvolgono la sua ultima ‘dimora’ sfiora i nostri visi. Un mutuo ‘ciao’ si legge negli occhi di tutti i presenti ma noi non abbiamo bisogno di guardarci per capire qual è il nostro messaggio prima che sparisca dietro l’angolo ‘arrivederci Roby, ci rivediamo ai nostri incontri’. Poi, mentre la scia si allontana e la piazza si svuota, noi, rimaste immobili al freddo, senza proferire parola, ci chiudiamo in un cerchio e ci stringiamo le mani, il dolore si è affievolito un pochino e i nostri cuori sono stati riscaldati dall’energia e dall’amore così palpabile e profondo che ognuno ha sentito liberarsi durante la funzione, all’interno della chiesa. Nonostante questo le lacrime non tardano a scendere. Perché quando vuoi bene ad una persona e questa persona ti lascia per sempre, per quanto ti possa convincere che sia in un posto migliore e sicuramente è proprio lì con le sue nuove ali da angelo, per quanto tu sia certa che ci abbia lasciato serenamente, non puoi non pensare che sarebbe stata meglio vicina ai suoi figli e a suo marito, e non puoi non soffrire e piangere per il vuoto che lascia... ci vuole tempo per ripensare a lei e sorridere o addirittura ridere degli innumerevoli momenti passati insieme, e godere degli insegnamenti che ti ha trasmesso. Ma ecco che non passano molti minuti e l’immagine di Roberta sopra le nostre teste ci permette di abbozzare un timido sorriso: lei, con le mani sui fianchi e l’aria di finto rimprovero. Forse incredula si è allontanata dai suoi cari ed è tornata da noi per dedicarci qualche minuto? Ce la siamo immaginata così, sopra le nostre teste, che agitava verso di noi il suo ditino di biasimo. Se avesse potuto parlare lei... Oh, quante ce ne avrebbe dette! Lei che fino all’ultimo non ha mai creduto che fosse davvero ‘l’ultimo’. Lei che fino all’ultimo ci inviava messaggi rincuoranti, lei che fino all’ultimo progettava, che ha lasciato nei cuori di tutte le persone che l’hanno amata la sua forza inesauribile in primis, ma anche il suo coraggio, il suo calore e la sua esclamazione di incoraggiamento che ora rimbomba nelle nostre teste ad ogni difficoltà: ‘Forza! Ce la puoi fare!’ Lei, Roby, che è tutte queste cose e tanto altro ancora sta agitando quel ditino e ci sta dicendo che dobbiamo asciugare quelle lacrime, la nostra amicizia - ci ricorda - non finisce qui, il rubinetto inesauribile di risorse, affetto ed incoraggiamento che ognuna di noi ha donato all’altra in questi ultimi anni deve avere una continuità, e la forza che ci ha trasmesso non deve essere vana: dobbiamo farla nostra ed insegnarla a chi incontreremo sul nostro cammino: NON DEVE FINIRE QUI. Cara Ada, care Attive, Chi vi racconta questa storia è un gruppo di donne che da Attive ha avuto un dono inestimabile . Silvia, Susy, Silvana, Tina, Patrizia, Laura... insieme a Roberta ci siamo trovate e ritrovate nell’ultima tappa del nostro viaggio di ‘condivisione’ del percorso proposto da Attive ‘la terapia degli affetti’. Da lì non ci siamo più lasciate. A percorso concluso, infatti, non potendo tutte partecipare alle altre attività dell’Associazione ci siamo inventate una soluzione. DOVEVAMO inventarci qualcosa per rimanere unite! La nostra idea è stata creare un circolo di lettura. Le nostre intenzioni erano serie: un circolo rispettabile, serio, disciplinato da regole bene precise. Ma già al primo incontro ci siamo rese conto che non potevamo che desiderare quello che spontaneamente ha preso forma: un bel circolo casereccio che circolo ormai non si poteva più definire: i nostri incontri si erano trasformati in un pretesto per aprire a turno le nostre case ed accogliere e coccolare le nostre amiche, un pretesto per passarci i titoli dei migliori libri, un pretesto per ingolosirci con dolci fatti in casa, salatini, e per regalarci fiori; è stata proprio Roberta ha lanciare questa idea, si presentava ogni volta con un fiore diverso, le rose la prima volta, i girasoli la volta successiva... e così via. Ma soprattutto gli incontri erano diventati un pretesto per continuare ciò che avevamo imparato ad Attive: raccontarci, condividere le nostre vite senza avere paura di essere giudicate, supportarci nel bene e nel male. Nessuna di noi in questi mesi, nonostante i vari impegni familiari e di lavoro, si è mai tirata indietro davanti alle richieste di aiuto: siamo passate attraverso ricoveri in ospedale, esami dagli esiti incerti, paure di ogni tipo. Ma ci sono state anche belle notizie e allarmi rientrati ed ognuna di noi ha gioito e festeggiato con ogni cellula del proprio corpo come se la bella notizia la riguardasse in prima persona. Viviamo con la consapevolezza e la certezza che la parola di conforto che arriva dal gruppo ha origine dal profondo del cuore e ha un valore aggiunto: arriva da chi sa, da chi ha vissuto o sta ancora vivendo la stessa esperienza e gli stessi dubbi e paure. Roberta non si è mai risparmiata, generosa come poche, anche dal letto di ospedale, appena poteva rispondeva alle nostre mail, addirittura si rincresceva e si scusava di non poter partecipare fisicamente al nostro ultimo incontro per via di un esame o ricovero imprevisto, ed elargiva come sempre le sue virtuali pacche sulle spalle a tutte. ‘QUANDO E SE ARRIVERA’ IL MOMENTO DEVI DIRE LORO QUANTO SONO STATE IMPORTANTI PER ME’ hai fatto promettere a tuo marito. Anche tu sei stata e sei così importante per noi... non lo vedi ora dal tuo posto privilegiato sulla nuvola? Ciao Roby ti aspettiamo al nostro prossimo incontro. Mamma Susy preparerà la crostata ed i suoi preziosi appunti e commenti sul libro letto, Patrizia porterà i fiori del suo amato giardino, la dolce Silvana passerà come sempre a ritirare i salatini, Silvia la presidentessa del circolo porterà cioccolatini e sgriderà tutte - tranne la diligente Susy - per non aver letto con attenzione o fino in fondo l’ultimo libro ma poi magnanima ci leggerà il passaggio migliore, l’inarrestabile Laura ci porterà i suoi racconti di vela dal sapore di mare e di libertà e Tina ci delizierà con i racconti dei suoi splendidi figli e delle sue capriole di madre, moglie, donna in carriera e generosa amica. E grazie Attive, ci hai donato il nostro gruppo, ci hai donato risorse inesauribili ed insostituibili. Grazie Attive, ci hai donato Roberta”. Una poesia che è stata letta quel giorno, per ricordarla, finiva con queste parole: ...Puoi piangere e chiudere la mente, svuotarti e tornare indietro oppure puoi fare ciò che avrebbe voluto lei: sorridi, apri gli occhi, ama e vai avanti. Anonimo Nicoletta Buchal. Medico e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “Armonizzazione mente-corpo attraverso la danza”. 25 Profili a cura di Cristina Nava 26 Ugo Pastorino Ho incontrato il Professor Ugo Pastorino, direttore della Divisione di Chirurgia Toracica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nella sede di Attivecomeprima in una calda giornata di luglio. In giugno è stato presentato il libro fotografico “Still aLive “ (Skira editore), da lui curato con la collaborazione di Gianfranco Maraniello. In questo volume si raccontano 33 storie di chi ha vissuto e vive dopo l’incontro con il cancro. Sono 33 ritratti, interpretati dagli obiettivi di 23 fotografi. Un piccolo, grande libro che porta un messaggio positivo ai malati e ai loro famigliari. Vediamo di scoprire qualcosa di più sull’ideazione e sulla realizzazione di questo interessante progetto. Professor Pastorino, ci può raccontare come è arrivato ad interessarsi del cancro ai polmoni? A partire dal terzo anno di università, ho iniziato a lavorare ad una tesi sulle cause del tumore ai polmoni. Questo studio è continuato, con Franco Berrino, per più di sei anni e ci ha permesso di conoscere molto profondamente non solo la problematica di questo tumore e delle sue cause, ma anche di imparare molto sulla metodologia della ricerca scientifica. Questa malattia mi incuriosiva e interessava perché è stata - di fatto - “inventata” dall’uomo. Sino al secolo scorso non esisteva e nei testi di patologia medica di fine ‘800 e primi ‘900 era descritta come una malattia rara. La sua crescita esponenziale è iniziata dopo la prima guerra mondiale, con lo sviluppo del consumo di massa delle sigarette. L’uso del tabacco è noto all’uomo da più di cinque secoli, ma rimane sporadico sino alla produzione industriale della sigaretta. La problematica del cancro ai polmoni insorge con una curva che segue di venti/trenta anni la diffusione di massa del vizio del fumo. Il consumo negli Stati Uniti, per gli uomini, inizia nel 1930. L’Europa del nord segue a breve distanza. Nel sud Europa comincia dopo la seconda guerra mondiale. Il picco d’incidenza dei tumori è raggiunto quindi negli anni ’60/’70 nei paesi americani e nord europei, mentre da noi è arrivato in tempi più recenti e con minor frequenza, specialmente per le donne che, per ragioni essenzialmente culturali, non hanno mai raggiunto percentuali di uso paragonabili a quelle maschili. La causa principale di questo tumore è indubbiamente il fumo e le misure anti-tabacco sono le prime da attuare per combatterlo. Ma com’è arrivato alla scelta di diventare chirurgo oncologico e toracico? Ero ancora studente universitario quando sono entrato all’ Istituto, dove per tre anni ho lavorato alla tesi. Subito dopo la laurea sono riuscito ad andare all’estero (Inghilterra, Stati Uniti e Francia) sempre per due o tre mesi ogni anno e lavorare così in tutti i centri di chirurgia toracica più importanti. Questo mi ha permesso di sviluppare amicizie e collaborazioni per ricerche e studi, specialmente in Francia, che continuano ancora adesso. Mi sono sempre interessato agli aspetti più innovativi legati alla chirurgia ricostruttiva e di conservazione del polmone, più che a quella demolitiva. Ho cercato di portare in Italia tecniche che, in altri paesi del mondo, si usavano da moti anni. Nello stesso tempo mi sono sempre occupato delle cause del tumore, di epidemiologia, di chemio-prevenzione, di esperimenti e ricerche per prevenire il cancro attraverso la somministrazione di sostanze naturali o di farmaci. Tutte queste esperienze hanno portato alla formazione del registro nazionale delle metastasi, che ha stabilito criteri di prognosi e categorizzazione dei malati validi tuttora, a distanza di 15 anni. Ci vuole parlare della diagnostica per il tumore ai polmoni? È un campo di grande interesse, che ha possibilità concrete di tradursi in una riduzione della mortalità, come si è visto per altri tumori. A questo scopo è necessario che interagisca con la ricerca biologica. Il cancro è una malattia molto eterogenea, varia e composta. È fatta di realtà biologiche molto diverse, alcune delle quali sono rappresentate dai tumori a lenta crescita, dei quali è possibile la diagnosi precoce. Purtroppo non sempre il cancro si sviluppa attraverso una serie di tappe in cui è possibile intercettarlo. Strumenti molto sensibili, come la tac a spirale, ci permettono di riconoscere lesioni di 2/3 mm che, il più delle volte, sono poco evolutive, mentre la maggior parte dei tumori che causano mortalità è a crescita rapida. L’esperienza in questo campo ci ha insegnato molto e oggi stiamo sviluppando progetti di altre metodiche diagnostiche. Queste hanno l’obiettivo di essere sempre più selettive e arrivare così a cure personalizzate. Si vogliono individuare quelle che sono le componenti genomiche della malattia, per poter applicare trattamenti che ne possano bloccare la crescita. La strada da seguire è sempre più verso terapie selettive, che interrompano il processo di crescita del 27 tumore e che possano addirittura indurre la cellula tumorale a non svilupparsi, a modificare il suo messaggio. Il futuro noi pensiamo possa essere questo, con sempre meno chirurgia. 28 Come nasce il libro “Still aLive”? Ci può raccontare da dove è partita questa idea? Nel periodo in cui lavoravo sulla possibilità di sperimentare il trapianto polmonare, mi capitava di andare spesso a Bergamo, al reparto di cardiochirurgia Barenzani. Attraversavo di notte i corridoi tappezzati di foto con grandi volti sorridenti di bambini che erano stati operati lì. Era molto bello e iniziai ad accarezzare l’idea di fare un giorno una cosa del genere in Istituto. Nell’oncologia però le situazioni sono differenti e mi chiedevo come poterle raccontare. Sinceramente non riuscivo a capire come fare. Anni dopo ho incontrato Giuseppe Marianello, un artista e scultore. Aveva contribuito alla progettazione del nuovo hospice per le cure palliative, coinvolgendo anche altri artisti e sforzandosi di migliorare il luogo con l’aiuto dell’arte. Ha accolto con entusiasmo l’idea di narrare alcune storie emblematiche sulla complessità del cancro. A 23 fotografi è stato affidato il compito di realizzare, in assoluta libertà, delle immagini per raccontare una o due storie di chi aveva avuto nella sua vita l’annuncio di un male incurabile e, con motivazioni diverse, aveva affrontato la strada lunga e difficoltosa verso una soluzione. Ci vogliono molta forza e coraggio, perseveranza e pazienza nella malattia. Il tempo deve averlo anche il medico, per l’ascolto: l’alleanza tra medico e paziente é la cosa più importante, in quanto permette di individuare ed affrontare per tempo i nuovi problemi che possono insorgere lungo il percorso. Compagni di viaggio ben attrezzati per un lungo viaggio, insomma. E qual è, in questo contesto, il significato dell’arte? L’arte aiuta a superare le grandi difficoltà della vita. Tutte le forme d’arte ci permettono di comunicare più profondamente, di percepire il dolore e l’angoscia, oltre che la gioia. L’idea di “Arte in Reparto” è stata quella di realizzare immagini che divenissero parte di questo, con grandi pannelli esposti nei corridoi e nelle camere. L’umanizzazione dei luoghi di cura serve a tutti: malati, parenti, medici e infermieri. A tutti quelli che passano gran parte della loro vita a contatto con la sofferenza, in luoghi intrisi di tristezza, ma che con poco si possono rendere migliori. Avere bellezza intorno è fon- damentale per chiunque e a maggior ragione per chi soffre e per chi lì lavora, portando il carico di domande e di paure che sono generate dalla malattia. L’arte è una terapia, che può migliorare l’ambiente e renderlo più sereno. Sono convinto che l’arte aiuta a vivere. L’arte, per uno scopo simile, si può avere gratuitamente. Mi piacerebbe molto che nella costruzione del nuovo Istituto fossero coinvolti artisti sensibili e che l’Art Therapy venga inserita nel protocollo. C’è un terreno comune tra arte e medicina, qualcosa che va nella stessa direzione… Ci regala un’immagine del futuro? Per l’Istituto questo è un momento molto positivo e di grande cambiamento. C’è l’idea del nuovo. È una fase in cui sono importanti i contributi creativi di tutti, anche se solo una piccola parte di quello che si sogna dovesse divenire realtà. Provare a pensare a modi diversi di fare medicina è molto importante. Sono convinto che l’arte possa rappresentare una sorta di medicina dell’anima e ho sperimentato personalmente come un rapporto diretto con la creatività e la capacità espressiva, aiuti a superare i momenti difficili della vita di tutti, anche dei medici. La chirurgia toracica è molto pesante e difficile, nel mondo sono pochissimi quelli che scelgono questo campo, molto estenuante. Grandissimi cambiamenti sono legati al suo sviluppo e io mi auguro che la chirurgia demolitiva possa sempre meno essere utilizzata. Non si finirebbe mai di ascoltarlo… ...parla della figlia, sin da piccola sua compagna di viaggi e che desidera possa avere una crescita culturale al di fuori del paese. Ritiene la formazione dei giovani importante e riconosce come sia molto difficile in Italia, dove si è persa la cultura del merito. Racconta dell’amore per la cultura del bello e del buono della tradizione italiana. Oltre all’arte, la sua grande passione è la cucina, come forma di stare bene insieme, di convivio a tavola e di piacere nel preparare il cibo per altri. Lo inseguiamo volentieri quando ricorda della sua infanzia in Liguria, tra serre e mare… www.arteinreparto.com è il sito dedicato al libro, che presto diverrà una tribuna aperta, dove si raccoglieranno le esperienze di arte e medicina, dove troveranno spazio le storie emblematiche di chi si è cimentato con la malattia e la sofferenza. Si sta ideando un concorso, per proporre organizzazioni diverse degli ospedali tramite l’arte. Cristina Nava. Giornalista. Sapevate che... a cura di Benedetta Giovannini consulente enogastronoma 1 - La distrazione, a volte, si paga molto cara: il capo di lana che tanto ci piace, messo in lavatrice e lavato ad una temperatura sbagliata si infeltrisce. Come possiamo rimediare? Se l’infeltrimento è leggero si può mettere a bagno il capo in acqua e ammoniaca in dose uguale e lasciarvelo per circa 2 ore prima di risciacquare bene. Se invece ci sembra irrecuperabile, proviamo a metterlo in una bacinella con 10 litri d’acqua tiepida insaponata a cui avremo aggiunto mezzo cucchiaio di alcool, 1 di trementina e 3 di ammoniaca e lasciamola a bagno per un giorno intero. 2 - Per togliere le macchie di ruggine sappiamo che dobbiamo trattarle con succo di limone. Per avere un risultato migliore, inumidiamo leggermente la parte macchiata, ricopriamola con del sale fino e quindi con il succo di limone. Lasciarla asciugare alla luce, possibilmente al sole e quindi lavare. 3 - Calze elastiche: ricordatevi che vanno lavate in acqua saponata tiepida. Risciacquare bene, asciugare in un panno ruvido ma non mettere mai sul calorifero. 4 - Se nella dispensa della cucina si trova qualche farfallina che vola, per eliminarle, bisogna preparare dei sacchetti di tulle e riempirli con foglie d’alloro, chiodi di garofano e grani di pepe. 5 - Avete ricevuto dei tulipani in regalo? Prima di metterli nel vaso, aggiungete all’acqua un poco di alcool. Vedrete che rimarranno dritti per più tempo. 6 - Per assicurarvi che il caffè mantenga un aroma persistente vi consiglio di conservarlo in frigorifero in un barattolo a chiusura ermetica. 7 - Per mantenervi le mani vellutate lasciate intiepidire l’acqua di cottura della pasta o quella di bollitura delle patate, quindi immergetevi le mani. L’amido fa bene alla pelle e renderà le mani veramente morbide. 8 - L’uovo è un alimento sano e nutriente anche per le nostre piante. Mettiamo da parte tutti i gusci delle uova che usate in cucina, poi essicchiamoli nel forno e infine polverizziamoli in un frullatore. La polvere così ottenuta è un vero e proprio ricostituente per le piante. 9 - Una tazza di tè leggero, non zuccherato e rigorosamente freddo, una volta ogni quindici giorni curerà le vostre azalee. Concimando, infatti, la terra di questa pianta con del tè l’azalea crescerà più velocemente e forte. Non far rimanere, naturalmente, acqua nel sottovaso. 10 - Avete una spina di rosa o, più prosaicamente, di carciofo infilata sotto la pelle? Invece di trafficare con un ago provate a stenderci sopra un velo di colla. Quando sarà perfettamente asciutta strappate la pellicola che si è formata e insieme a quella verrà via anche la spina. Senza dolore! Attivecomeprima Onlus è la prima associazione italiana fondata nel 1973 da una ex paziente, Ada Burrone, per migliorare la qualità della vita del malato oncologico e dei suoi famigliari. Si avvale di un proprio metodo di lavoro sistematico e trasmissibile, capace di ridurre la sofferenza fisica e psicologica durante e dopo le terapie oncologiche, con particolare riguardo alla chemioterapia e ai suoi pesanti effetti collaterali. Nata inizialmente per le donne colpite dal cancro al seno, ha negli anni, esteso le sue attività di sostegno globale a tutti i pazienti oncologici. Il suo obiettivo fondamentale è quello di aiutare le persone colpite dal cancro ad affrontare le sfide che esso propone e a sentire la vita anche nella malattia, contribuendo così anche al buon esito delle terapie. w w w . a t t i v e . o r g 29 Una lettera che parla al futuro 30 Lettera ai medici di domani La paura è contagiosa, ma lo è anche la speranza Ada Burrone Un breve estratto dell’ultima pubblicazione che potete scaricare dal nostro sito: www.attive.org Questo scritto nasce dal suggerimento di un medico, uno tra i tanti che ho conosciuto da vicino, lavorando insieme a loro in favore delle persone colpite dal cancro. Questi medici hanno manifestato una comune esigenza: quella di ottenere anche una preparazione che porti a evitare il rischio di sovraccarico emotivo o anche di burn-out, causato dall’intenso lavoro che non lascia spazio a se stessi e dall’enorme quantità di dolore talvolta presente nella relazione di cura. Ciò mi ha fatto riflettere sulla necessità di una specifica formazione in tal senso, a partire dagli studi universitari. Per questa ragione ho pensato di rivolgermi a voi, medici di domani, con l’unico intento di farvi da specchio, di fornirvi elementi di riflessione. Al di là del cancro, ho vissuto esperienze fisiche difficili e più volte a rischio di vita, che mi hanno messa a confronto sia con bravi medici, sia con bravi laureati in medicina. Da tutti loro ho ben compreso che il vostro è un compito estremamente delicato. L’ho letto negli occhi di quegli specialisti che, non reggendo la realtà altrui, si trinceravano dietro il loro ruolo. E quando il ruolo sovrasta l’uomo, l’incomunicabilità è inevitabile. Si parla tanto di empatia, di umanizzazione della medicina, del rapporto medico paziente… si parla invece troppo poco di come si vive e della morte: due realtà comuni a tutti. Come una volta il cancro, ancora oggi la morte è un tabù. I tabù spaventano e, più si evitano e si rifiutano, più essi ci inseguono e ci tormentano. Forse ci sentiremmo più liberi e più forti se riuscissimo ad includere nel bagaglio della nostra vita anche la morte come interlocutore attendibile. Anche se voi siete troppo giovani per averla nella mente e nei vostri pensieri, dovrete incontrarla nella professione ed è pertanto necessario che possiate pensare ad essa come a una realtà, che non sempre riuscirete a contrastare o impedire. Ma quella morte non è un fatto a sé: è l’esperienza vivente di una persona che a voi chiede qualcosa, che non è solo la guarigione. Credo fortemente che l’accettazione della finitezza ci aiuterebbe a metterci a confronto con noi stessi e in empatia con chi soffre. E per il medico, che ha il compito di curare, prima ancora che di guarire, è forse un buon antidoto contro l’impotenza. Ho visto che chi riesce ad esorcizzare la paura della morte, vive meglio. E sostengo che vivere meglio è già vivere di più. Pur rendendomi conto di non aver nulla da aggiungere al vostro sapere, vi racconto alcuni episodi che ho vissuto come paziente, come figlia di paziente e come “compagna di viaggio” di decine di migliaia di donne e di uomini che ho incontrato nel lavoro di ogni giorno e che nel loro percorso di malattia hanno chiesto aiuto. Parlando lo stesso linguaggio delle persone che vivono l’esperienza della malattia, si apre con loro la strada della spontaneità, che permette ai pesi interiori di emergere e di essere espressi liberamente. Tutti parlano della paura: quella dell’incognita, del futuro. La paura di soffrire più che di morire. Le persone che hanno un medico che le ascolta, che sentono umanamente alleato, che permette loro di esprimere ciò che veramente provano, quando parlano di lui hanno gli occhi che si illuminano e il loro sguardo è pieno di energia. Altre invece che non hanno un punto di riferimento umano e che trovano soltanto lo specialista che cura la malattia, hanno lo sguardo spento, che vaga nel vuoto. Tutti nella vita abbiamo bisogno di riferimenti buoni e sicuri e, quando ci ammaliamo, questo bisogno diventa ancor più forte. Cerchiamo chi ci permette di esprimerci in modo libero e autentico, chi accoglie i nostri timori e le nostre ansie e le condivide senza minimizzare e senza drammatizzare. La condivisione del dramma, a differenza della negazione, aiuta a sdrammatizzare. Abbiamo bisogno soprattutto di chi ci aiuta a stare bene nel presente e di sentire che è con noi nel bene e, se dovesse accadere, nel male. Di solito, quando incontro i pazienti e i loro famigliari, li lascio o li invito a parlare di ciò che sta a loro più a cuore. Da parte mia, mi rendo conto che non servono tante parole: l’ascolto è già di per sé una cura e, per ascoltare, è necessaria l’apertura d’animo e la disponibilità ad accogliere ciò che l’altro esprime. Ciò aiuta molto anche quando il tempo a disposizione è breve. Finiamo spesso per parlare della morte, di come ognuno la immagina, di chi addolora lasciare, specie se si hanno figli piccoli. Ogni volta mi colpisce il fatto che tutti si sentano più alleggeriti dopo aver affrontato i fantasmi che tenevano dentro. 31 IL TUO CONTRIBUTO ci darà più forza per aiutare Bonifico Bancario IBAN IT64 X030 6909 5180 0000 6409 190 SWIFT: BCITIT33128 (Paesi Extraeuropei) Bollettino di c/c Postale n. 11705209 Intestato a: ATTIVEcomeprima Onlus Via Livigno 3 – 20158 Milano Assegno intestato a: ATTIVEcomeprima Onlus Pay Pal attraverso il sito www.attive.org 5 per mille Nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro: “a sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale” e inserisci il codice fiscale di Attivecomeprima Onlus: 10801070151 Sono venute a trovarci: Barbara Saba (a sinistra), Direttore Generale Fondazione Johnson & Johnson e Giulia Ligresti, Presidente Fondazione Fondiaria SAI. Le due Fondazioni sono state i maggiori finanziatori dei lavori di ristrutturazione della nostra sede. Mancano ancora circa 90 mila Euro per completare il pagamento delle opere realizzate. Grazie a chi vorrà dare il proprio contributo. L’8 per mille e il 5 per mille non sono in alternativa: puoi sceglierli entrambi. “Le erogazioni liberali a favore di ATTIVEcomeprima Onlus sono deducibili/detraibili ai sensi di legge”. I nostri maggiori sostenitori 2010 Comune di Milano Fondazione Fondiaria SAI Fondazione Johnson & Johnson Fondazione Cariplo Banca Popolare di Milano Credit Suisse Italy Dompé Farmaceutici Ge Capital Services Gruppo Re JPMorgan Chase Bank Podravska Banka Net Present Value Roche Susan G. Komen Italia Besozzi Elettromeccanica Ringraziamo i finanziatori istituzionali, le aziende e le persone che, con liberi contributi, sostengono Attivecomeprima Onlus e la sua “Mission”. Letti e piaciuti a cura di Paola Malinverni Byron Katie Mille nomi per la gioia Vivere in armonia con la realtà delle cose Edizioni Il Punto d’Incontro € 14,90 Byron Katie non è un’esperta dei classici della spiritualità, ma ne conosce benissimo la gioia e la serenità e conosce la mente: in che modo ci fa soffrire e come possiamo usarla per essere liberi. Dopo anni di profonda depressione e disgusto per se stessa, si “risveglia alla realtà” e decide di mettersi a disposizione di chiunque voglia mettere fine alla propria sofferenza indagando i pensieri che la creano. Nasce, così, questo libro che seleziona una serie di brani provocatori tratti dal Tao Te Ching, attraverso i quali Katie affronta diversi temi: la vita e la morte, il bene e il male, l’amore, il lavoro, l’appagamento. Un testo straordinario, uno sguardo vivido e illuminante sulla vita di tutti noi. Matthieu Ricard Il gusto di essere felici Edizioni Sperling Paperback € 10,50 Per Sant’Agostino la felicità è “la gioia che scaturisce dalla verità”, per Aristotele “non si riesce a trovare accordo, e le spiegazioni dei saggi e del popolo sono inconciliabili”. Ma che cos’è la felicità? Matthieu Ricard, monaco buddista francese, la posiziona al primo posto nella classifica dei sentimenti. Un ritratto magistrale e profondo di questo concetto così vago e sfumato viene presentato in un libro che è anche una guida pratica per migliorare la propria esistenza. Apprendere il meccanismo che genera costruzioni mentali che sovrapponiamo alla realtà significa porre fine alle nostre sofferenze: liberi di godere la vita investendo correttamente le nostre energie verso la felicità. Ugo Pastorino e Giuseppe Maraniello Still aLive 33 storie di chi ha vissuto e vinto la lotta contro il cancro Edizioni Skira € 40,00 (prezzo disponibile online) Parole, testimonianze, ma non solo, fotografie di volti che hanno deciso di raccontarsi, condividendo la propria esperienza di malattia e di guarigione. 33 storie di donne e uomini che hanno vissuto e vinto la lotta contro il cancro, interpretate da 23 grandi fotografi, che hanno conosciuto gli ex-pazienti e ne hanno “scrutato l’animo”, raccontate da un oncologo Ugo Pastorino e un artista Giuseppe Maraniello. Esperienze diverse, ma con un unico denominatore comune: tutti hanno ricevuto, in qualche fase della propria malattia, la notizia di non poter guarire, una morte annunciata a breve o medio termine. Il tempo sarà l’unica misura affidabile della loro guarigione, ma anche una rappresentazione concreta della vita ritrovata. con Noi gli altri 6 novembre 2010 Milano, Auditorium “Giorgio Gaber” La prevenzione e la cura della fatigue nel paziente oncologico e non, con un approccio sistemico: strumenti e metodo Attivecomeprima Onlus e ASL di Milano hanno promosso e organizzato un evento con accreditamento ECM rivolto a: medici di medicina generale, oncologi, infermieri, assistenti sanitari, fisioterapisti e psicologi. 15 Dicembre 2010 Roma, Open Colonna 10 anni della Fondazione Johnson & Johnson Premiazione di Attivecomeprima in occasione della serata Celebrativa 34 Da sinistra Gabriella Stalio, nostra fiduciaria - Sharon Kathrin D’Agostino, Vice Presidente Worldwide Corporate Contributions and Community Relations Johnson & Johnson - Maria Di Ottavio, nostra fiduciaria - Bruno Azzolini, Direttore Divisione Biopharmaceutical-Janssen Cilag spa - Milano 16 dicembre 2010 Milano, Ospedale Fatebenefratelli Presentazione della collana “Io vado avanti” organizzato da O.N.D.A. Da sinistra: Ada Burrone Luigi Corradini, Direttore Generale A.O. Fatebenefratelli Luisella Ferrari, psicologa A.N.D.O.S. 29 marzo 2011 Milano, Sala Alessi, Palazzo Marino Milano premia l’impegno di Attive Nella cornice della Sala Alessi di Palazzo Marino, l’Assessore ha consegnato ad Ada Burrone un riconoscimento ufficiale all’impegno mostrato in quasi 40 anni dalle persone che hanno collaborato con Attivecomeprima per sostenere sempre con entusiasmo “la Forza di Vivere”. Al centro: Giampaolo Landi di Chiavenna, Assessore alla Salute del Comune di Milano e Paolo Favini, Direttore Politiche per la Salute del Comune di Milano. 26 febbraio 2011 Courmayeur V Trofeo Christian Valentini a favore di Attivecomeprima Un grazie affettuoso a Enrica e Maurizio Dallocchio che ormai da 5 anni organizzano la gara con impegno e passione e a tutti gli amici che hanno contribuito. Ringraziamo gli sponson: BESOZZI ELETTROMECCANICA srl Costruzione Motori Elettrici Francesco Sisto Besozzi DGPA & co Maurizio Dallocchio E CAPITAL PARTNERS Michele Calcaterra GRUPPO RE Franco Alemani MAB.q Egidio Maggioni PODRANSKA BANKA Miljian Todorovic SA Santandrea luxury houses Armando Borghi SIDEURO Commercio Prodotti Siderurgici Piero Mancuso Ringraziamo inoltre: Gioielleria Aurum e Rolex Italia Gruppo Paglieri Carlo Gattoni Borgo Santa Giulia 24 gennaio 2011 Milano, Centro Congressi Fondazione Cariplo La lezione di una vita Giornata in ricordo del Professor Gianni Ravasi, pioniere nella lotta al tumore, innovatore della chirurgia toracica, grande promotore e sostenitore dell’associazionismo. del potere al tabù del cancro. o notevolLe Associazioni, con la loro azione, hann i Ravasi Vorrei dire tante cose ricordando Giann a migliorare la qualità della sia ibuito contr e ment ciò che dice al mondo uomo, medico, amico ma se penso a vita del paziente sia ad offrire un aiuto assenti to e riconosciuto i benefici Sant’Agostino e cioè che i morti non sono accol ha ne che ogico oncol dico: Grazie ma solo invisibili, mi rivolgo a lui e gli individuali e collettivi. che tu hai Gianni! Grazie per l’amore per la vita a, per chi L’unione di questi due aspetti rappresent poter espresso e trasmesso. di zia garan la o, cancr del vive l’esperienza ssociaRiguardo il tema di oggi sul significato dell’a nella cattiva sorte, il necese a buon nella ere, otten se osservo zionismo faccio prima una considerazione: per alleviare la sofferenza fisica e nte oncologico sario sostegno l’allungamento del tempo di vita del pazie psicologica. in rapporto e il suo miglioramento esistenziale oggi, tra unione colSottolineo, infine, l’importanza di un’al il e io alata amm sono mi a quarant’anni fa quando le Associazioni. tra quella cioè e ativa vedo labor solo, e paziente si sentiva condannato, mortificato con nomi e Ne è testimonianza qui oggi, come pur due aspetti. ciazioni che questo cambiamento positivo tocca Asso più enti, differ tive caratteristiche opera tto scientifico Il primo, ed essenziale, riguarda l’aspe e per raggiungere un obietinsiem are lavor no posso e e mediche, con l’evoluzione delle terapie chirurgich tivo comune. e. nzion preve la e ce preco osi diagn la e sinergica Ritengo sia questa sentita e concreta azion o uman tto l’aspe rda umano e lavoro un di po Il secondo, non trascurabile, rigua svilup l’essenza per il futuro na nella sua con l’attenzione e il sostegno alla perso terizzato dall’alleanza e stimolato dal carat tifico scien interezza emotiva, fisica e psicologica. nostro amore per gli altri. gran parte Questi due elementi, insieme, hanno tolto Estratto dell’intervento di Ada Burrone 22 gennaio 2011 Milano, nella nostra sede Giornata di confronto con gli oncologi che hanno partecipato alla prima edizione del nostro Mini Master. è presente l’Assessore alla salute del Comune di Milano Avv. Giampaolo Landi di Chiavenna che ha sostenuto l’iniziativa. 35 Dal 1973 aiutiamo le persone colpite dal cancro a sentire la vita anche nella malattia Devolvi il 5 x 1000 ad ATTIVEcomeprima Onlus C.F. 10801070151 w w w . a t t i v e . o r g