Il consumatore postmoderno -Approfondimenti
Corso di marketing progredito a.a. 2013-14
Università di Urbino Carlo Bo.
Giuseppe De Lorenzo
Gabriella Mele
Davide Nacci
Giulio Nacci
Beatrice Renzi
Erika Venturini
L’era postmoderna
Premessa : Il consumatore è un soggetto in costante evoluzione ; con il passare del tempo i
modelli di consumo sono diventati sempre più complessi parallelamente all’evoluzione delle
società ( società di massa 50’-60’  società in via di frammentazione 70’-80’ società
frammentata 90’) e del sistema delle aspettative e dei bisogni individuali  DA MASSIFICAZIONE
A FRAMMENTAZIONE DELLA SOCIETA’
Si è passati quindi negli anni 90’ , un’epoca nuova caratterizzata da una propria specificità e
diversità da quella precedente : IL POSTMODERNO.
Postmoderno indica la rottura , la discontinuità con il moderno , ovvero un diverso modo di
rapportarsi con quest’ultimo.
L’era della modernità si è da tempo avviata al tramonto lasciando il passo all’epoca nuova della
post modernità. In questa nuova era della post modernità , il consumatore assume invece una
inedita centralità e crucialità. : IL CONSUMATORE DIVENTA PROTAGONISTA
Status symbol: da prestigio ad attualità culturale
Prima di passare a identificare le peculiarità del contesto postmoderno , occorre fare un tuffo nel
passato , andando a individuare le differenze e i punti di discontinuità con l’epoca precedente
dell’età moderna.
Status simbol : (punto di fondamentale importanza della modernità, visto come una condizione di
prestigio) alla base delle scelte di consumo.
Società divisa per classi sociali. La classe sociale come predittore dei consumi: l’appartenenza ad
una classe sociale determinava gli stili di consumo.
Il consumo seguiva la logica del bisogno. Lo status: soddisfazione bisogno e appartenenza ad uno
stato sociale, si identificavano come una condizione di prestigio ;
L’ascesa sociale ha caratterizzato a lungo le società. Status symbol apparivano come una
certezza acquisita, una presenza stabile nei firmamenti dei consumi.
I simboli di status hanno rappresentato la prima occasione di teorizzazione , e di testimonianza
dell’esistenza nei prodotti che acquistiamo di significati che trascendono il valore d’uso.(FABRIS
2003 )
Gli status symbol erano disposti gerarchicamente seguendo lo schema proprio delle classi sociali;
ogni classe sociale aveva i suoi modelli si consumo : quindi esistevano modelli di consumo degli
operai, famiglie , contadini , ecc)
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La società di massa e i consumi di massa hanno generato continue stratificazioni/ differenziazioni
al loro interno: Un mosaico di tessere sociali e segmenti di consumatori diversi tra loro.
Quindi se l’appartenenza alla classe sociale determinava gli stili di consumo,
In una società fortemente stratificata (solitamente rappresentata da una piramide) esistono beni o
servizi che hanno caratterizzato diversi strati o classi sociali.
Prodotti che aldilà del bisogno specifico hanno anche la funzione di appartenenza ad uno stato
sociale.
Ogni strato sociale ha i propri modelli di consumo che ( SEGNALANO UN DIVERSO STATO
SOCIALE ) , divengono punti di riferimento , ed oggetto di desiderio , per la classe sottostante
(ETA’ moderna’)
I modelli di consumo della classe sociale disposta al livello gerarchico più elevato (al vertice, la
classe agiata ) diventavano quindi punto di riferimento e oggetto di desiderio delle classi
sottostanti.
Il modello reggeva sul fatto che i consumatori erano alla ricerca di beni che dessero prestigio
sociale.
Gli appartenenti alla classe sottostante ,tendevano ad adottare modelli emulativi/imitativi e quindi,
orientati ad impossessarsi di alcuni beni della classe sovrastante per un processo di
socializzazione anticipatoria una sorta cioè di viatico di ascesa e promozione sociale . ( i
consumatori miravano alla promozione sociale nell’età moderna )
Una volta che alcune scelte di consumo , per un processo di imitazione , degradano (trickling
down) ai livelli inferiori , tenderanno a essere abbandonati perché non più qualificanti per la
classe sociale che le aveva originariamente adottate .
PIRAMIDE  al vertice classe agiata, che viene così a svolgere la funzione di reale innovatrice nei
consumi; è scippata dalle classi sottostanti dei suoi modelli, che non risultano più esclusivi.
Da status symbol a style symbol
Invece nel Postmoderno la situazione cambia, la stratificazione sociale è profondamente cambiata,
e ridefinita, si è avuto l’avvicendamento di nuovi raggruppamenti sociali basati sugli stili di vita che
non si dispongono più gerarchicamente ma coesistono uno affianco agli altri , cosicché il prestigio
è diventato una categoria ambigua , e in maniera crescente irrilevante . (Nel post moderno: gli stili
non sono + gerarchici )
Gli stili di vita sono apparsi come la naturale evoluzione della classe sociale e, quindi, come
significativo predittore delle scelte di consumo.
Il consumo segue la logica del desiderio e non del bisogno, dell’impulso e non della necessità. Non
più status symbol ma style symbol.
I bisogni vanno cedendo rapidamente il passo ai desideri. I bisogni sono oramai pienamente saturi
ed i desideri si ravvisano alla base di gran parte delle scelte di consumo.
L’ambizione è semmai vivere meglio e contornarsi di prodotti che migliorano la qualità della vita e
non che qualifichino in termini di status. --> (shift da tenore di vita a qualità della vita)
Situazione che si è andata evolvendo, anche tramite le scelte di consumo , è comunicare chi si è
realmente (e quindi la propria identità) non di essere diversi/o superiori agli altri.
In una società altamente segmentata i residui simboli di status si sono, a loro volta frammentati;
non hanno più una riconoscibilità universale , ma ogni strato o ceto o stile di vita possiede i suoi .
ai vecchi simboli di status si sono sostituiti beni e prodotti che qualificano non in termini di
ricchezza
o
prestigio
ma
di
attualità
culturale
.
I prodotti devono esprimere attualità culturale, ossia devono rappresentare scelte di consumo che
segnalano la condivisione delle tendenze e costumi moderni (proprie del tempo).
Il consumatore post-moderno ricerca prodotti di eccellenza la cui superiore qualità percepita è
dovuta a caratteristiche tecniche- funzionali, contenuti innovativi estetica etc... e non allo status di
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chi li possiede.
Che atteggiamento ha il nuovo consumatore nei confronti dei consumi?
Nuovo consumatore: Espressione sul versante del consumo di un individuo flessibile che ama
procedere con percorsi non predefiniti.
I dati di vendita dimostrano una crescente autonomia del consumatore nei confronti dei messaggi
inviati da chi produce o vende.
È un individuo molto libero nelle sue scelte ; è il primo consumatore della nostra storia
completamente de-ideologizzato :
(Compra quello che compra senza più pensare, come faceva ancora il suo predecessore, che quel
certo oggetto comunichi al mondo che ha soldi e ha successo. No, compra quel certo oggetto
perché ritiene che sia bello, giusto, interessante da avere. Semmai, quell'oggetto comunica agli
altri quello che lui è.)
I consumatori avvertono il desiderio di un modello di consumo che renda la propria esistenza più
felice stimolante e piacevole.
Good value for money = spender bene
La sindrome che oggi più caratterizza i nuovi atteggiamenti di consumo è appunto quello dello
spender bene.
Il good value for money sta diventando un must per il consumatore moderno.
Il nuovo concetto non solo permette di valorizzare il proprio denaro ma qualifica socialmente ed
eleva l’autostima del soggetto .
Questo non significa imporsi dei limiti di spesa ma spendere, anche molto, ma con intelligenza il
proprio denaro.
Il consumatore postmoderno è almeno uno fedele alle sue marche?
Sì e no. In genere si tratta di persone che ha già fatto le proprie scelte, che ha già sperimentato
tutto.
Per ogni categoria merceologica ha due o tre marche "giuste", le altre non esistono.
E’ molto infedele, passa da una all'altra guidato solo dall'emozione, dalla necessità di fare
un'esperienza nuova.
E’ restio a una scelta definitiva di prodotto, ed è più propenso a una scelta momentanea di un bene
piuttosto che un’altra.
Indifferente alla marca, segue il cosiddetto Modello economy (compra cioè il prodotto che li
conviene di più).
Le caratteristiche del consumatore postmoderno
Il consumatore si è quindi evoluto. È diventato:
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Autonomo: rivendica maggiore discrezionalità di scelta. Chiede a chi produce un dialogo,
non un monologo.
Competente: ha acquisito molte più informazioni sulle sue scelte di consumo. Sa valutare
grazie ed una serie di conoscenze e sensibilità merceologiche sulla composizione dei
prodotti, provenienza delle materie prime, rapporto qualità/prezzo.
Esigente: richiede sempre di più da chi produce e vende, non tanto in temini di quantità, ma
piuttosto di qualità, prestazioni, strategia di attenzione alle sue esigenze.
Selettivo: si muove con disinvoltura all'interno dell'offerta. La fedeltà aprioristica alla marca
è in crisi, ma comunque il consumatore ha adottato, per i settori merceologici che lo
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•
•
interessano, un carnet di due o tre marche fra cui scegliere, in base all'alternativa che ha
più da offrire.
Orientato in senso olistico: ai fini della scelta coinvolge elementi tangibili (strutturali, valori
d'uso) e intangibili (valori simbolici, significati sociali), perché il consumo esprime la sua
identità.
Disincantato: manifesta un certo distacco nei confronti del mercato.
Ma come si comportano le imprese di fronte a questo nuovo consumatore? In generale si riscontra
un’inadeguatezza dell’offerta di fronte alle caratteristiche citate del consumatore postmoderno.
Inadeguatezza che può essere analizzata in riferimento a tre aspetti: customer satisfaction, dialogo
e sintonia.
Customer satisfaction
Lo studio della customer satisfacion latita in gran parte delle imprese italiane, nel migliore dei casi
viene infatti affrontato con un paio di domande all’interno di una ricerca di mercato.
Customer satisfaction vuol dire assicurarsi consumatori fedeli, valorizzare la clientela, patrimonio
prezioso per l’impresa. Acquisire un nuovo cliente infatti è più oneroso che mantenerne uno già
acquisito. Inoltre, un consumatore fedele spende mediamente di più, è più incline ad acquistare
prodotti dell'azienda, è meno sensibile al prezzo, si fa parte attiva di un passaparola.
La soddisfazione non è l'unico metodo per assicurarsi la fedeltà. Esistono altri metodi, riconducibili
a tutte quegli strumenti di costumer retention (monopoli, contratti capestro, scarsa reperibilità di
alternative), ma la customer satisfaction rappresenta la “via maestra” verso un parco consumatori
fedeli.
Customer satisfaction che è un indicatore fondamentale per valutare la qualità di un’impresa.
Assume una tale importanza che dati di customer satisfaction iniziano ad essere richiesti dalle
società di revisione per l’analisi dei bilanci.
È importante anche a livello macroeconomico, per valutare lo stato dell’economia. A differenza
degli indicatori di produttività, che misurano la quantità, gli indici di customer satisfaction misurano
la qualità, che riflette meglio lo stato dell’economia.
La soddisfazione non è funzione della rispondenza a standard produttivi, a parametri oggettivi di
qualità (viene eliminato l'obiettivo difetti zero). La qualità piuttosto dipende da come viene
soggettivamente percepita, dalla rispondenza delle performance ai bisogni del consumatore.
Dialogo
Analizzando il dialogo con il consumatore, ci troviamo di fronte ad un contrasto tra la necessità del
rapporto ai fini della soddisfazione e l’effettiva relazione impresa-mercato, che appare ancora
improntata a vecchi schemi che considerano il consumatore anonimo, lontano, passivo, oggetto di
comunicazione one way.
L'aspetto più innovativo della relazione con il consumatore, sta nella presa di consapevolezza che
la fedeltà alla marca sta diventando un rilevante fattore strategico. Ma si tratta per lo più di una
consapevolezza priva di conseguenze nella prassi.
Il capovolgimento di prospettiva nei rapporti col consumatore, implicito nel marketing relazionale
(dalla transazione alla relazione), è ben lontano. Internet, che permetterebbe un rapporto
personalizzato con il consumatore, viene per lo più utilizzato come vetrina. L'interattività, il più
potente degli asset di Internet, è usata con parsimonia, nella costante apprensione di non riuscire
a gestire il dialogo con il consumatore.
Sintonia
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Parlando di sintonia facciamo riferimento al fine tuning, che consiste nel mantenere prodotti e
servizi in costante sintonia con l'evoluzione dei gusti e le esigenze del consumatore. Sintonia che
risulta essere in continua evoluzione e deve perciò essere costantemente monitorata.
Assume importanza lo studio dei trend. Capire quali fenomeni sociali sono solo mode che si
estingueranno e quali sono trend sociali destinati a trasformarsi in costume è un compito delicato
dei cosiddetti trend watcher.
Nella tabella sono riportati alcuni dei trend monitorati dal sistema 3SC di GPF&Associati (istituto di
ricerca fondato da Giampaolo Fabris).
Partendo da questi dati è possibile operare con successo quel fine tuning indispensabile per
mantenere attivo il dialogo con il consumatore.
La capacità di mantenere il dialogo e la sintonia con un consumatore che cambia è alla base delle
strategie di marche che hanno saputo mantenere la leadership nei propri settori.
Ma come può la marca mutare costantemente senza perdere la propria fisionomia?
Può farlo a livello tecnologico, tenendo alta la tensione all'innovazione o incorporando nuove
tecnologie. Un esempio in questo caso può essere quello di Gillette. È proprio a King Camp
Gillette, imprenditore dei primi del ‘900, che si deve la costruzione del primo modello di rasoio di
sicurezza. In seguito, Gillette ha innovato costantemente la sua offerta, passando dal monolama al
bilama e così via fino ad arrivare alle 5 lame attuali, al regolatore di precisione o al motorino che
invia micro pulsazioni alle lame.
Marca che muta anche e soprattutto a livello comunicativo, cambiando il sistema di codici e
linguaggi con i quali si esprime, coerentemente ai nuovi valori del consumo.
Un esempio in questo caso è quello della Pepsi. La Pepsi fu inventata nel 1898, poco più di un
decennio dopo l’entrata in scena della Coca-Cola. Dal logo iniziale, si sono succedute diverse
evoluzioni, segno di quel fine tuning a livello comunicativo di cui abbiamo parlato. Nel 1940 si è
passati ad un logo molto simile a quello Coca Cola. Intorno alla metà del 1940, la Seconda Guerra
Mondiale scatenò un senso di patriottismo, che la Pepsi cavalcò modificando il proprio logo (1950).
Gli stili continuarono a succedersi, fino ad arrivare al 2003, anno nel quale abbiamo un logo
dinamico, lucido con riflessi realistici, ombre e gocce d’acqua che rappresenta perfettamente gli
stili di design popolare dei primi anni 2000., fino ad arrivare nel 2008 ad un logo molto semplice.
Un esempio di mancato fine tuning è rappresentato dal caso Dash. Per diversi anni la pubblicità
Dash si è concentrata sempre sullo stesso messaggio di fondo: utilizzando quel detersivo era
possibile ottenere un bucato più bianco rispetto a quello ottenibile con l’utilizzo della marca rivale.
Nella slide sono riportate tre immagini. La prima risale agli anni ’60, la seconda agli anni ’70 e
l’ultima agli anni ’90. Tutte quante riportano lo stesso messaggio: più bianco non si può, ed è
proprio questo il mancato fine tuning. Per anni la Dash ha ignorato lo studio dei trend, per capire
come stava evolvendo la figura della donna. Si è sempre immaginato il target come una donna
“massaia”, “casalinga”, interessata ad ottenere un bucato bianchissimo, perdendo di vista
l’evoluzione della figura della donna, magari interessata ad altre problematiche, come poteva
essere ad esempio quella ambientale.
A partire dagli anni 2000 stiamo assistendo ad alcune tendenze evolutive che stanno cambiando i
tradizionali modelli di consumo.
In particolare :
− I prodotti si dematerializzano e diventano linguaggio.
− I bisogni lasciano il posto ai desideri.
− Nuovo valore delle emozioni nelle decisioni di consumo.
A partire dagli anni 2000 stiamo assistendo ad alcune tendenze evolutive che stanno cambiando i
tradizionali modelli di consumo.
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In particolare :
− I prodotti si dematerializzano e diventano linguaggio.
− I bisogni lasciano il posto ai desideri.
− Nuovo valore delle emozioni nelle decisioni di consumo.
I prodotti si dematerializzano e diventano linguaggio
nel tempo si è verificato il passaggio dalla società dei consumi ad una società caratterizzata da
prodotti sempre più dematerializzati. Società in cui i prodotti sono sempre più piccoli e leggeri (vedi
cellulari) e in cui i servizi assumono un ruolo sempre più importante.
Per il consumatore postmoderno l'acquisto di un bene non è più solo un atto che permette di
soddisfare un bisogno umano: diventa, invece, un modo attraverso cui l'individuo esprime la sua
cultura e definisce la propria identità.
In altri termini, il consumatore post-moderno non acquista più beni materiali, ma 'segni', 'immagini',
'illusioni', “messaggi”.
Essi vengono quindi definiti 'vettori di comunicazione' (Maffesoli)
I beni nn valgono più per il loro valore d'uso, ma per il loro valore simbolico (capacità di
comunicare e informare).
Tale valore può evolversi nel tempo al mutare dei linguaggi e del contesto sociale.
Si pensi per esempio ai jeans che sono passati da indumento di lavoro particolarmente resistente
per operai e minatori a capo di abbigliamento trasgressivo e rivoluzionario (anni 60-70) fino a
diventare indumento elegante e di moda, ispirando numerosi stilisti.
Un altro esempio può essere quello degli occhiali. Nel corso del tempo sono, infatti, passati da
strumento utilizzato per correggere un difetto di vista ad accessorio distintivo ed attraente,
considerato da molti segno di stile e personalità
In questo contesto ruolo importante attribuito alla pubblicità la cui funzione è quella di vendere
promesse, sogni e desideri: trasformare la fisicità dei prodotti nell’immaterialità di un sogno.
( la pubblicità trasforma le merci in significati)
In un mercato moderno a competere non i prodotti, ma i messaggi incorporati in tali prodotti.
Ad esempio, dietro l'acquisto di un'auto sportiva c'è una promessa di gioventù e virilità; l'acquisto di
un abito conferisce attualità ed eleganza.
I bisogni lasciano il campo ai desideri
Il consumatore postmoderno vive in una società della sazietà dove quasi tutti i bisogni sono stati
ormai già soddisfatti e dove molti dei settori hanno ormai raggiunto il livello di saturazione. La
maggior parte dei beni sono quindi quasi tutti di sostituzione.
Il focus, dunque, si sposta dai bisogni ai desideri.
Il bisogno è materiale, è possesso; il desiderio è immateriale, è sogno. Essi sono meno prevedibili,
più duttili, fungibili e più difficili da soddisfare.
Uno stesso desiderio può essere soddisfatto in diverse maniere: ciò da luogo ad una competizione
fra prodotti che possono appartenere ad ambiti merceologici completamente diversi. (competizione
a 360°).
Ad esempio, se il consumatore vuole concedersi un piccolo premio, può scegliere tra una scatola
di cioccolatini, una cena al ristorante o l’acquisto di un CD.
Per il mercato quello che conta non è il bisogno (need), ma il desiderio (want) come elemento
fondamentale di dialogo con il consumatore postmoderno.
Il valore delle emozioni delle scelte di consumo
Il consumatore postmoderno comprende che le emozioni giocano un ruolo fondamentale nelle
scelte di consumo e, a differenza del passato,quando erano considerate qualcosa di cui diffidare,
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ora il consumatore non fa nulla per limitarle.
Le emozioni rappresentano un'alterazione della nostra affettività come reazione ad uno stimolo
esterno: una pubblicità, una vetrina, un prodotto. Esse alterano in nostro equilibrio psichico e
quindi i nostri comportamenti. (gioia, commozione, dolore, paura ecc...)
Considerando quanto è stato appena detto, vi è un’elevata ricorrenza nei messaggi pubblicitari del
termine EMOZIONE, confermando il ruolo prioritario della marca che deve essere in grado di
suscitare esperienze altamente emotive.
Le emozioni si differenziano dai sentimenti, in quanto quest'ultimi hanno un carattere più intenso e
permanente nel tempo che può portare ad un coinvolgimento emotivo verso una determinata
marca a prescindere dalla pubblicità.
Data l'enorme varietà di prodotti simili sul mercato che svolgono simili funzioni, l’attenzione si
sposta sui valori e sulle emozioni che il brand riesce a comunicare al consumatore, stabilendo
legami duraturi in cui entrambe le parti sono coinvolte. È evidente quindi che le aziende per entrare
in contatto con i consumatori e nel proporre i propri prodotti, devono integrare ai contenuti
razionali, quelli che appartengono alla sfera delle emozioni.
Questo è il ruolo che la marca oggi deve svolgere: affettività, coinvolgimento, vibrazioni,
seduttività..
Nella fase della postmodernità si verifica uno shift dall'emisfero sinistro- logico e razionale verso
quello destro- emotivo e deduttivo. Questo perché, nelle decisioni di consumo, gli elementi di
lucidità e razionalità vengono sostituiti da sensazioni ed emozioni.
Consumatore postmoderno: eclettismo e cherry picking
il comportamento del consumatore postmoderno, appare, sempre più imprevedibile e incoerente e
numerose sono le contraddizioni che caratterizzano l'atto del consumo.
Infatti, il paniere di ogni consumatore è contraddistinto dalla presenza di merci altamente
eterogenee, incoerenti tra di loro; tutto ciò in contrasto con il principio di coerenza tipico del recente
passato, in cui valeva il principio secondo il quale le proprie ideologie e le proprie convinzioni
dovevano rispecchiare i comportamenti d’acquisto. (es. un ecologista non poteva comperare ed
indossare una pelliccia).
L'eclettismo del consumatore deriva dalla frammentazione della società, in cui, ognuno di noi
interpreta una moltitudine di ruoli sociali, disponendo di una molteplicità di maschere da indossare
nei diversi contesti sociali in cui si trova ad interagire.
Si è passati, quindi, dall’identità sociale dettata dal tipo di professione, dal reddito o dalla famiglia
di appartenenza che ha caratterizzato i periodi precedenti ,all’identità definita pluricentrica che si
esprime nell’adozione di diversi modelli di consumo.
Quello che può sembrare un comportamento incoerente, in realtà è legato ad una coerenza
interna: si ricerca il meglio in tutto, in tutto i settori e tale fenomeno viene definito Cherry picking
(prendere la ciliegina sulla torta)
Sindrome di Stendhal (scrittore francese)
Allo stesso tempo, il consumatore ha un nuovo timore: quello di non riuscire ad identificare
l’alternativa più conveniente soddisfare sue aspettative. il moltiplicarsi dei prodotti e dei servizi e
l'esistenza di un'elevata offerta di beni (iperscelta) provoca un evidente disorientamento e
disinformazione nel consumatore, definita Sindrome di Stendhal.
Il termine deriva da un episodio, nel quale Stendhal in visita a Firenze,all'interno della Basilica
Santa Croce, su colto da un mancamento dovuto all'enorme quantità di opere d'arte e all'eccesso
di lusso.
Cause:
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-
la globalizzazione ha portato l'afflusso di prodotti in precedenza sconosciuti;
i monopoli e gli oligopoli, che limitavano la scelta, si stano sfaldando. Si moltiplicano le
marche, aumentano le alternative di scelta. (es. yogurt)
Modernizzazione della struttura distributiva (centri commerciali, discount, ipermercati)
→
maggiore responsabilità al consumatore che non può contare sull'intermediazione del
personale di vendita.
Sincretismo
Il sincretismo rappresenta uno dei tratti distintivi della società postmoderna. Nella letteratura si
ritrova con molti sinonimi, tra i quali ibridazione, melange, contaminazione.
Il sincretismo è la capacità di compiere scelte apparentemente molto diverse tra loro, ma che in
realtà rispecchiano un modo di essere e uno stile di vita che non vuole precludere nessuna
opportunità di consumo.
In una società come quella postmoderna dove si tende a preferire il pluralismo, la pluralità, la
ricerca della diversità, dove l'individualismo si contrappone al consenso, dove si sottolineano le
differenze invece della similarità, il sincretismo appare di fatto il percorso obbligato nelle scelte di
consumo collegando aree eterogenee del consumo stesso.
Il principio di non contraddizione, della coerenza che ha sempre caratterizzato in passato le nostre
scelte, sembra dissolversi. Il modo di essere dell'individuo postmoderno diventa la
contaminazione, il tutto a contatto di tutto.
Sincretismo vuol dire inventare, creare nuove inedite combinazioni. Un esempio emblematico si
ritrova nella moda, dove non esiste più la moda in senso ortodosso, il vestirsi da capo a piedi con
un solo stile o una griffe. Adesso la moda è reinterpretazione sulla base dei propri gusti, è
combinazione dei capi secondo la propria personalità. Ognuno diventa stilista di se stesso, magari
accoppiando capi di grande prestigio con altri che non lo sono affatto, magari abbinando sotto la
giacca Armani un jeans comprato al mercatino,una camicia acquistata nel negozio sotto casa, una
cintura vecchia di cui non ricorda l'origine. Nella figura vediamo infatti una ragazza che a un abito
da sposa abbina delle sneakers. Abbina quindi l’abito da sposa, elegante, un abito per un
occasione speciale, con delle scarpe per tutti i giorni, sicuramente meno formali.
Come abbiamo già visto il sincretismo vuol dire contaminazione, vuol dire tutto a contatto di tutto.
Allora ad esempio il prodotto biologico convive con la scelta di alimenti della cui filiera si è
completamente all'oscuro, il sushi convive con la cucina tradizionale.
Il sincretismo è la risultante delle tante identità che l'individuo assume nella società postmoderna.
Le scelte di consumo riflettono l'identità prevalente al momento della scelta. La maggiore coerenza
nelle scelte del passato era anche funzione della personalità più lineare rispetto ad oggi.
Sincretismo è anche la coesistenza di scelte che un tempo caratterizzavano distintamente le
diverse classi sociali. Chi non era facoltoso era interdetto al lusso, con l'aperta riprovazione per chi
ostentasse consumi che il suo livello di reddito non avrebbe consentito. Adesso è considerato
diritto/dovere da parte di tutti contornarsi di beni anche molto costosi senza suscitare imbarazzo né
riprovazione sociale, così come a coloro che vivono contornati dal lusso capita di scegliere prodotti
di forte matrice popolare senza mettere in discussione il loro status. Oggi il consumatore compra
senza più pensare che quell’oggetto comunichi al mondo che ha soldi e successo. Compra
quell’oggetto perché ritiene che sia bello, giusto, interessante da avere. perché quell'oggetto
comunica agli altri quello che lui è.
La moto era un mezzo di trasporto per gente non ricca, scomodo soprattutto d'inverno e ha un
certo punto era quasi sparito. Ritorna, invece, con mezzo di trasporto quasi d'élite. Sempre più
grande e costoso. Oggi usa la moto chi è coraggioso, chi è individualista. Il consumatore
postmoderno dà talmente poca importanza agli oggetti come status simbolo che, se vuole, può
anche girare per la città con una vecchia moto.
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Il sincretismo ci permette di dare un senso a tutte quelle scelte di consumo che un tempo
apparivano bizzarre e che oggi possono al massimo essere definite particolari. E questo accade in
particolar modo analizzando alcune peculiarità del sincretismo, quali ossimoro, collage, pastiche e
citazione.
Ossimoro
L'ossimoro è una manifestazione estrema del sincretismo, perché fa convivere elementi oppositivi
tra di loro. L'ossimoro è uno dei tratti più emblematici della cultura postmoderna. Solo adottando
questa prospettiva, fenomeni di consumo apparentemente bizzarri diventano nitidi e razionali.
Il superamento del principio di non contraddizione che generava consumi all'insegna della linearità
e della coerenza introduce nuovi paradigmi che possono essere spiegati con l’ossimoro. Se un
tempo questo stupiva, nei consumi postmoderni è diventato normale espressione della
quotidianità.
L'ossimoro deriva dalla coesistenza delle tante personalità dell’uomo di oggi.
Alcuni esempi di ossimoro:
• il sacro e il profano mischiati insieme. Ad esempio Madonna con il contrasto tra il nome
(sacro) e gli atteggiamenti trasgressivi (profano);
• l'auto di alta gamma parcheggiata davanti al discount, che nient'altro rappresenta se non il
rivolgersi ai punti vendita più convenienti;
• i capi di altri tempi che coesistono con capi attualissimi;
• la mass customization, la produzione industriale su misura. Massa e personalizzazione
dovrebbero di fatto essere antitetici;
• il cultore dello slow food che acquista l'hamburger di McDonald's. Nel settore alimentare si
registra lo slalom tra proposte alimentare diverse e un tempo considerate incompatibili tra
di loro, che si va a mettere in pratica sentendosi completamente a proprio agio.
Collage
Un'altra caratteristica della postmodernità che si riflette sulle scelte di consumo è il collage. Nasce
nell'arte, dove materiali poveri permettono di realizzare opere d'avanguardia. Il collage espressione
artistica della modernità diventa ora nella società postmoderna una pratica diffusa in contesti
diversi. I consumi ci offrono continue evidenze del collage come nuova struttura negli acquisti.
Nelle scelte di consumo il collage si realizza assemblando i prodotti al di là delle istruzioni d'uso,
delle famiglie merceologiche. Collage è allora quello della figura, il mettere delle spille sopra una
borsa.
Nell'alimentazione il collage si esprime nella giustapposizione di alimenti provenienti dalle diverse
parti del mondo, nella fusione di cibi tradizionali della cucina povera con quella più raffinata (risotto
alla milanese con foglia d'oro).
Nel vestire, dove la contaminazione tra diversi periodi storici, provenienze geografiche, tipologie
d'abbigliamento è prassi ricorrente.
Collage significa:
• crescente discrezionalità e autonomia del consumatore;
• espressione di creatività e fantasia. La creatività non è più qualcosa da delegare ad altri,
ma essere creativi diventa un valore (creativi nell'accostamento di abiti, nell'arredo della
casa, nella preparazione di un pasto).
• esigenza di unicità rispetto alla serialità e all'omologazione.
Citazione
Nella società e nel mondo del consumo postmoderno la citazione ottiene degli spazi che non
hanno precedenti in altri periodi storici, diventa elemento caratterizzante. La citazione non è più un
riferimento colto, uno sfoggio di erudizione di chi la utilizza. La citazione è una “strizzata d'occhio”,
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mostra la volontà di stupire.
Pensiamo all'uso delle citazioni sulle T-shirt, da quelle colte e poetiche a quelle volgari. Citazioni
con una costante ambiguità che è diventata una delle cifre più ricorrenti del postmoderno. La
citazione diventa la vera protagonista del consumo e dell'atto d'acquisto, si sceglie di fatto la
citazione e non la maglietta.
La citazione si estende a tutte le merceologie: è l'omaggio alla tradizione nei piatti di nouvelle
cuisine dei grandi chef, la replica di elementi d'arredo di uno stilista famoso nella nostra abitazione,
le incursione nel passato della moda.
La citazione può essere autoreferenziale diventando autocitazione, come ad esempio nel settore
automobilistico dove la citazione dei particolari di propri vecchi modelli è prassi ricorrente. Quindi
citazione come rivendicazione della propria identità, come riferimento rivolto ai propri fan.
La citazione trova terreno fertile nella pubblicità, dove molto spesso riguarda i competitors e in
forte chiave umoristica. Nell’esempio della Pepsi che ritroviamo nella figura, la lattina di Pepsi è
vestita con un mantello Coca-Cola (riferimento al competitor) e la scritta in alto “We wish you a
scary Halloween!”,che tradotto significa vi auguriamo un Halloween spaventoso, allude al fatto che
la Coca Cola sia l’opzione spaventosa e terribile alla bibita Pepsi (chiave umoristica).
Pastiche
Il pastiche è una dimensione di rilievo dell'identità postmoderna.
Le sue origini sono nel campo artistico. L'artista postmoderno sa che tutte le sperimentazioni sono
già state condotte, che il nuovo è stato declinato in tutte le sue forme, che lo spazio residuo per
esprimersi poeticamente si è ridotto drasticamente. Per il postmoderno non c'è altra via
all'originalità che l'imitazione.
Emblematica è allora l’espressione “se un'idea ti sembra buona, l'ha già avuto un altro prima di te;
se ti sembra ottima, l'hanno già avuta in dieci” cit. Michele Serra giornalista, scrittore, autore
televisivo, e umorista italiano.
Pastiche vuol dire “alla maniera di...”
Con il pastiche si adottano stili, forme o tecniche già impiegati in passato (ad esempio come
scriverebbe un autore che si è scelto a modello) e lo si fa così bene da farlo sembrare come
proprio, in creazioni che non hanno niente a che fare con le originali.
Il pastiche è una forma di citazione. Non replica l'originale ma utilizza in contesti diversi le tecniche
con cui quello è stato realizzato. È simile alla parodia ma se ne differenzia perché è l'imitazione di
uno stile unico senza intento satirico, senza senso umoristico.
Le auto, i mobili, l'abbigliamento sono costante oggetto di pastiche da parte dei produttori, rivolti a
un consumatore intrigato da uno stile che riconosce.
E allora può essere pastiche il frigorifero che Smeg ha realizzato riprendendo il cofano di una
vecchia 500. Si riprende lo stile della 500 creando qualcosa che con l’auto non c’entra niente,
ovvero un frigorifero. Tutti noi riconosciamo il muso della 500 e ne siamo attratti, per poi scoprire
che invece di tratta di un frigorifero.
In qualsiasi concerto possiamo vedere uomini e donne di tutte le età vestiti e truccati ispirandosi
con grande rigore agli artisti, senza nessuna ironia ma con grande serietà. Nell’immagine vediamo
un esempio, forse un po’ estremo, di un concerto dei Kiss.
Alla luce di quanto detto troviamo allora un consumatore, quello postmoderno, che rifiuta la
coerenza nelle sue scelte d’acquisto, la linearità, puntando sull’acquisto diverso, sull’acquisto che
rifletta la sua personalità e la sua identità, anche attraverso la combinazione dei diversi prodotti e
quindi attraverso tutte le sfaccettature del sincretismo.
Nomadismo
Il nomade è colui che si aggira curioso, senza fretta, guarda le vetrine senza avere
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necessariamente intenzione di comperare, e spesso senza neanche una meta precisa! La scopre
di volta in volta, affidandosi all’intuizione, alle scelte improvvise.
Possiamo distinguere varie forme di nomadismo:
C’è il nomade in senso stretto, cioè quel consumatore sempre più mobile (fisicamente);
sicuramente l’evolversi del settore dei viaggi low-cost ha accentuato ancora di più questa
dimensione. La possibilità per un individuo di raggiungere un’infinità di destinazioni possibili
implicherà per i produttori la necessità di raggiungerli, conservando la propria immagine, identità,
qualità.
Con le nuove tecnologie il nomadismo assume anche modalità virtuali; si pensi alla navigazione
random che si fa su internet in maniera pigra e curiosa. Consente di conoscere nuovi
prodotti/servizi, di ottenere informazioni, o di imbattersi casualmente in nuove proposte di
consumo.
Il consumatore è anche un nomade involontario; si tratta di una conseguenza della sempre
maggiore mobilità di tutto ciò che lo circonda. Mobilità che porta sotto casa prodotti di paesi
lontani; la quantità e varietà di ristoranti di diverse nazionalità, consente facili forme di nomadismo
senza muoversi di casa.
Il consumatore, infine, può essere un nomade metaforico, nel senso che il suo girovagare tra
prodotti e marche, sta divenendo lo stile di vita del consumatore post-moderno, il quale per
esempio si ritrova ad andare dalla botteguccia sotto casa all’hard discount con estrema facilità.
Ironia
oggi il consumatore desidera prendere le distanze dalla sacralità delle merci, e piuttosto preferisce
instaurare una dimensione ludica con esse; c’è un’espressione inglese che esprime bene questa
idea “the difference between men and boys is the price of their toys”, che ricorda come in ogni
individuo, di qualsiasi età, sia presente questa componente.
L’ironia richiama quella dimensione ludica che il consumatore ricerca, ed egli infatti mostra una
certa benevolenza verso tutte quelle merci che la incorporano o vi fanno riferimento in qualche
modo. [Alessi]. L’ironia sta divenendo anche un importante input progettuale per la creazione di
beni e servizi e per la loro comunicazione.
L’ironia non va però confusa con la comicità; quest’ultima è immediata e suscita la risata, l’ironia
richiede una cooperazione da parte del destinatario del messaggio, il quale dovrà interpretare
l’impulso che gli è stato dato, capirne l’ironia e stare al gioco; solo allora gli si potrà strappare un
sorriso. [durex].
Recupero del passato
in passato il nuovo era considerato migliore, mentre il vecchio era considerato scadente,
tecnologicamente inadeguato.
Oggi invece assistiamo ad un ritorno del passato in praticamente tutti i settori; non tutto il passato
viene recuperato, anzi c’è molta selettività, ed inoltre i prodotti vengono resi coerenti con i nuovi
stili di vita attuali, rivisitandoli o magari dotandoli di nuove tecnologie.
Non ci sono motivi ideologici alla base di questo movimento, cioè non si tratta di un movimento di
neoconservatorismo, che reintroduce oggi concetti e valori, di ieri. Possiamo dire che si tratta di un
recupero del passato destituito di valore, che avviene perché magari le alternative attuali non sono
attrattive, o semplicemente perché non si vogliono gettare cose del passato ma ancora funzionanti.
Apparenza
la società precedente (moderna) si caratterizzava per una diffusa ostilità nei confronti
dell’apparenza. Questa veniva considerata come contrario di sostanza. anche nei consumi, la
prevalenza della forma era considerata un elemento di superficialità. L’aspetto non doveva essere
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negato, però doveva sempre essere subordinato alla funzionalità.
La società post-moderna, invece, gode di una concezione che consente di apprezzare
contemporaneamente valori d’uso e dell’aspetto, quindi di legittimare l’apparenza come una
dimensione qualificante e significativa per valutare l’idoneità di beni e servizi. E questo oggi vale in
tutti i settori (anche alimentare e ICT).
La forma oggi può quindi acquisire un valore a se stante, e comunicare non solo il bello, ma ad
esempio (Adidas) anche la funzione.
Inoltre, il ruolo dell’apparenza è ancora più importante nel momento in cui si diffonde (come capita
ora) la convinzione che la presenza di prestazioni funzionali siano scontate (attributi basic), e
quindi l’attenzione si sposta su altre dimensioni, prima fra tutte l’apparenza. Basti pensare
all’industria del packaging, per la quale sono date ormai per scontate le funzioni di protezione e
trasportabilità, e viene quindi esaltata l’apparenza come fattore di attrazione del consumatore.
Produzione su misura
La nuova frontiera per la produzione industriale è quella della mass customization. Nel tempo
abbiamo assistito ad una progressiva segmentazione del mercato, fino ad arrivare alla società
attuale in cui l’individuo non si vuole uniformare a produzioni seriali pensate per tutti, ma vuole
difendere la propria autonomia e specificità, affermare la propria individualità.
Si introduce, allora, la necessità del prodotto “su misura” e il concetto di “personalizzazione di
massa”, che consente di soddisfare le esigenze cercate dal consumatore, mantenendo costi
standardizzati per l’impresa.
Come può essere realizzato questo obiettivo? Ci sono varie strade possibili: nei settori industriali,
alla produzione modulare consente di generare l’output combinando un’ampia varietà di moduli
standard in maniera personalizzata; oppure, con riferimento ai sistemi produttivi computerizzati
(Cad, Cim, Fms), che ad esempio nel settore dell’abbigliamento consentono di impostare tessuto,
modello, le misure prese dal sarto con la lavagnetta.
Il passaggio successivo ulteriore sarà quello di rendere il consumatore un coprogettista, il quale
lavora insieme all’azienda per rendere i prodotti sempre più adatti alle esigenze del pubblico
(Converse).
Domanda di autenticità
Un altro trend che si sta sviluppando nei consumi, è quello della richiesta di autenticità.
Questa ricerca di autenticità ben si coordina con l’attuale società, che come abbiamo visto prima si
caratterizza non più per un sistema basato sugli status symbol, ma su un sistema che si fonda
sull’idea che i prodotti possano dare un segnale della propria identità, che consentano di esprimere
se stessi.
Quindi le merci percepite come autentiche risulteranno più attraenti, mentre quelle identificate
come false saranno rifiutate, intendendo per false quelle merci prodotte da una marca
distaccandosi dalla propria cultura, o quelle produzioni che hanno perso in generale un contatto
con la loro matrice originaria.
Slowliving
Un ulteriore trend in continua espansione che si registra è quello dello slowliving; dopo decenni
caratterizzati dalla velocità, dalla richiesta di efficienza, quello che oggi il consumatore
postmoderno
sente
è
l’esigenza
di
un
rallentamento
del
tempo.
Questo trend deve comunque coesistere con una richiesta di velocità in alcuni campi, come ad
esempio nelle e-mail, negli sms, nei treni veloci, nelle code, tutte aree in cui la lentezza
provocherebbe disagi e insofferenza.
Il consumatore è interessato a recuperare tempi e ritmi meno incalzanti, al fine di riscoprire e
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riassaporare tanti piaceri e momenti della vita che la fretta aveva relegato ai margini della vita:
dedicarsi all’ozio creativo (ossia non un ozio dissipativo considerato sinonimo di pigrizia, ma quello
che ci fa sentire liberi, felici, mentalmente attivi).
I prodotti di culto – l’elisir di lunga vita
Nell’ambito dei longseller, quei prodotti che continuano a vendersi negli anni, denominati a
seconda dei settori basic o classic, occupano un posto privilegiato i prodotti di culto, quei prodotti
che più di altri hanno saputo adeguarsi all’evoluzione dei trend, mantenendosi in costante sintonia
con l’evoluzione dei gusti, delle richieste e delle esigenze del consumatore (casi più esemplari di
fine tuning).
Considerati oggetto di venerazione, progettarli e possederli è la massima ambizione per ogni
produttore, ma la loro progettazione è assai difficile, spesso come lo divengono è del tutto casuale.
Anche se sarà l’attenta gestione da parte dell’impresa a far sì che mantengano questa magica
condizione.
Si differenziano dai best seller, dai prodotti alla moda e dagli status symbol: spesso infatti i
longseller non sono mai dei bestseller poiché continuano ad essere acquistati nel corso degli anni,
contraddicendo il ciclo di vita del prodotto. Non sono mai andati particolarmente di moda, non
hanno mai vissuto singoli momenti di gloria. Non rappresentano degli status in quanto non è certo
il costo a definirne lo statuto e nemmeno la relativa scarsità. Si pensi al jeans Levi’s modello 501,
alla polo Lacoste o alla Nutella.
Altri esempi: Ferrari, la 500, il Maggiolino della Volkswagen, la Vespa, l’Harley
Davidson,Montblanc, Impermeabile Burberry, le Tod’s, la Superga 250 in tela, Chanel nr.5
Cos’è che trasforma un oggetto in un mitico prodotto di culto?
I prodotti di culto hanno, senza eccezioni, una buona qualità in termini di performance, caratteri di
unicità e di esclusività, spesso flirtano con l’arte e con la cultura. Accanto al livello qualitativo
decisamente al di sopra della media, contribuiscono una forte identità e la difficoltà di clonazione
almeno agli albori della loro presenza sui mercati. Le successive imitazioni, semmai ne
consacreranno il primato.
Il migliore parametro per definire la sacralità di un prodotto è il tempo, ovvero la capacità di imporsi
come icona forte dello Spirito del Tempo, riuscendo a catturarlo e a rifletterlo. A questo si aggiunge
il cosmopolitismo dei prodotti di culto, non hanno patria in quanto appartengono al villaggio
globale.
Caso nutella
La Nutella è diventata un mito, un caso mondiale, una delle bandiere dell’Italia, al pari della pizza e
dell’olio. Non è un bene costoso o difficile da trovare, al contrario ha massima diffusione e prezzi
bassi. È sicuramente unica, non ha avuto cloni e i competitors che hanno tentato di copiarla si
sono dovuti arrendere. Quando la Nutella venne lanciata sul mercato, il rapporto degli italiani con il
cioccolato era fortemente perturbato. Era considerato un luogo delle grandi occasioni che
tendenzialmente faceva pure male, soprattutto ai bambini. Le mamme, quando la merenda era
ricca, davano ai loro bambini una pagnottina con la tavoletta di fondente o un barretta al latte, ma
sapevano che i figli avrebbero buttato via il pane per mangiare la cioccolata. Invece con Nutella,
l’immagine del cioccolato in Italia venne bonificata: era una crema da spalmare su una fetta di
pane, in questo modo gli effetti negativi del cioccolato venivano esorcizzata dalla presenza del
pane, rassicurante, casereccio e protettivo che comunque dovevano mangiare. Tutto questo fu
possibile grazie ad un gesto semplice e amorevole: la spalmata.
Un altro straordinario elemento del mix di marketing impiegato fu l’utilizzo del packaging: la Nutella
si vendeva solo in bicchieri di vetro che potevano essere riutilizzati e collezionati: fu una grande
idea perché convinse le mamme di un Paese particolarmente parsimonioso come l’Italia.
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http://www.youtube.com/watch?v=Q1ZiUrYHzDs
Caso coca cola
Quel che c'è di veramente grande in questo paese è che l'America ha dato il via al costume per cui
il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla
televisione la pubblicità della Coca Cola, sai che anche il Presidente beve Coca Cola, Liz Taylor
beve Coca Cola, e anche tu puoi berla.
Andy Warhol
Grazie a questa citazione riusciamo a capire subito quali sono i caratteri di Coca Cola: innanzitutto
la sua capacità di oltrepassare generazioni e ceti sociali, il suo carattere di universalità (infatti per
questo è sponsor delle più importanti iniziative sportive mondiali) e il suo voler creare un’atmosfera
di felicità sulle tavole delle famiglie.
La sensibilità al prezzo – prezzo/qualità
Precedentemente questa sensibilità era appannaggio dei segmenti meno abbienti. Non che il resto
della popolazione dimostrasse disinteresse nei confronti del prezzo. Si era però portati a credere
che l’autorevolezza della marca fosse sinonimo di qualità. Scegliere quindi al di fuori del paniere
delle grandi marche significava essere disposti a chiudere un occhio sul versante della qualità.
L’area dei primi prezzi è sempre esistita, ma ad essa si guardava come una sorta di ghetto,
successivamente si è dimostrata come un’area dinamica ed espansiva, dove l’every day low price
è diventata una continua e pressante sfida lanciata all’industria. Le cause dello sviluppo della
sensibilità al prezzo sono da ricercarsi in fattori esogeni ed endogeni:
esogeni:
- Crisi economica, che ha eroso il reddito disponibile e ha generato profonde insicurezze,
attivando una particolare attenzione al prezzo
- Modernizzazione della rete distributiva che ha moltiplicato la visibilità e i contatti con
alternative di prezzo assai più contenute
Endogeni:
- Il nuovo sistema di valori: il consumo gridato, all’insegna del primato dell’immagine, della
forma sui contenuti va attenuandosi.
La sensibilità al prezzo non va equivocata per risparmio a tutti i costi ma “investire il proprio
denaro”, ovvero “spendere bene”.
Spendere bene infatti accresce l’autostima perché significa percepirsi in grado di valutare in
maniera autonoma e competente, l’idoneità dei prodotti ai propri bisogni anche senza la presenzaconferma della marca. Significa vedere ben ripagato il tempo e le energie dedicate allo shopping e
alle comparazioni. Da questo concetto deriva il fenomeno dell’autopricing: il consumatore sembra
rifiutarsi di considerare il prezzo come dato e lo elabora in base ai propri parametri personali,
spingendo la sua ricerca fino a quando non riesce a trovarlo.
La tensione al prezzo basso ha contagiato non solo i consumatori ma anche i leaders di mercato e
le imprese più titolate. Interessa trasversalmente tutte le merceologie, dai prodotti
tecnologicamente più sofisticati ai grandi, consolidati mercati di massa. Le imprese premium di
successo come Lindt, Illy, Heineken, non hanno ridotto i prezzi, non hanno praticato dissennate
promozioni e hanno ugualmente incrementato o consolidato quote di mercato proclamando la
percezione di una qualità a tutto campo che avesse la meglio sul “difetto” del maggior costo.
Spendere bene non significa necessariamente spendere il meno possibile, significa anche
spendere molto, ma con la certezza, o almeno l’impressione di aver impiegato bene il proprio
denaro. È una qualità percepita e percepibile che si traduce in benefici per il consumatore. I
benefici non si devono però limitare alla sfera tangibile del prodotto, devono coinvolgere anche
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quella intangibile, poliedrica e multidimensionale della qualità con i valori della marca.
I saldi
I saldi, le promozioni di prezzo e le offerte speciali rientrano in questa sindrome di accresciuta
sensibilità al prezzo: prendendo come punto di riferimento il periodo natalizio si assiste a due
fenomeni: da un lato vi è il consumatore affluente, secolarizzato che non ha bisogno dell’alibi del
Natale per legittimare i suoi acquisti, dall’altro, vi è il consumatore che diventa sempre più
consapevole che, posticipando gli acquisti di qualche settimana, compensa largamente la rinuncia
contingente: si spenderà meno e si potrà acquistare di più. Sono riservati al periodo natalizio solo
gli acquisti strettamente funzionali al periodo o ad elevato contenuto simbolico. Le conseguenze
rafforzano le caratteristiche più distintive del nuovo consumatore:
- Il suo accentuato nomadismo fra i punti vendita
- Il rilievo dell’attività di shopping
- Il decadere della fedeltà alla marca
- Il forte orientamento al good value for money
- La maggiore autonomia, selettività e capacità di scelta.
Gli acquisti a rate
A lungo considerati emblemi del consumismo sfrenato, gli acquisti a rate erano qualcosa da
evitare, o comunque da non pubblicizzare troppo a meno che non si riferisse a casi socialmente
accettabili come il mutuo per l’acquisto della casa; questo problema ha coinvolto anche il mondo
delle carte di credito, temendo che un pagamento non cash indicasse sprovvedutezza su chi le
utilizzava. Lo scenario è cambiato perché in una prospettiva costi-benefici, appare inutile la
rinuncia o la posticipazione della soddisfazione di un bisogno quando il costo della rateizzazione
appare equo.
http://www.volkswagenbank.it
I falsi
Il grande mercato dei falsi rappresenta la degenerazione, l’elemento patologico dell’attenzione al
denaro. Esso riguarda praticamente tutti i settori merceologici: dall’abbigliamento ai medicinali,
dalla profumeria ai giocattoli ai ricambi per auto. Il primato spetta alla pelletteria. Assistiamo a
marciapiedi diventati showroom di borse, scarpe, cinture e accessori con i marchi delle più
prestigiose griffe del settore. Le contraffazioni danno luogo ad eterogenee tipologie: le patacche
più grossolane insieme ad imitazioni non dissimili dagli originali.
Il mercato delle contraffazioni appare tagliare trasversalmente tutti i ceti sociali, anche se il
segmento maggioritario è rappresentato da chi, giovanissimi o non abbienti, non può permettersi la
versione originale, consapevoli dell’inferiorità qualitativa. Un secondo segmento è rappresentato
da chi vede nei falsi un orientamento all’affare. Si tratta di copie più o meno fedeli degli originali ma
a prezzi di grande convenienza. Eventuali difetti di qualità sono considerate con indulgenza, in
considerazione del prezzo stracciato. Anche il mercanteggiare sul prezzo accrediterebbe
ulteriormente la sindrome dell’affare.
Quello che sorprende di questo mercato è l’assoluta latitanza di qualsiasi percezione di illegalità
per questo tipo di acquisti. Non c’è condanna sociale, semmai approvazione.
Conclusioni
Per concludere, abbiamo pensato a come questo nuovo consumatore possa andare a modificare
le azioni di marketing. Quindi abbiamo concluso che innanzitutto si rende necessario un
potenziamento del SIM, al fine di raccogliere informazioni sempre maggiori e sempre più accurate
sui consumatori, che come abbiamo visto tendono ad avere preferenze tutt’altro che semplici e
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lineari.
Poi abbiamo pensato che sicuramente sarebbe appropriato lo sviluppo del marketing sia
relazionale che esperienziale; quello relazionale, in un’ottica di partnership e di fidelizzazione dei
clienti, potrebbe consentire di ridurre l’infedeltà alla marca che come abbiamo visto caratterizza il
consumatore post-moderno (più competente, selettivo, ecc). il marketing esperienziale, invece, si
mostra come possibile campo di applicazione dal momento che il consumatore attuale, come è
stato detto, “quando va a comperare cerca qualcosa che lo faccia vibrare dentro, che gli procuri
un'emozione, una sensazione” [intervista Fabris su Repubblica 10.03.2003] Un Altro esempio: il
nuovo negozio di Dolce & Gabbana a Milano. Dentro c'è il bar, la barbieria, ecc. Perché? Ma
perché tu, entrando lì, non sei solo uno che va a comprare un vestito (anzi, puoi benissimo non
comprarlo). Ma sei uno che va a vivere un'esperienza.
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Il consumatore postmoderno