N° 088 VIVERE ACCANTO ALLA MALATTIA: IL DISTRESS DEL CAREGIVER NELLO SCOMPENSO CARDIACO AVANZATO Kira Stellato, TRISTE Kira Stellato, Franco Humar, Giulia Russo, Antonella Cherubini, Cristina Montesi, Donatella Radini, Nadia Zeriali, Gioia Sola, Maria Machiarella, Gianfranco Sinagra, Andrea Di Lenarda BACKGROUND: da un punto di vista clinico, lo scompenso cardiaco (sc) è caratterizzato da un susseguirsi di acuzie e stabilizzazioni con diversi livelli di sintomaticità (nyha i-iv). Negli ultimi anni, il progressivo ridursi di mortalità e morbilità inerenti le principali patologie cardiovascolari è andato di pari passo con l’allungamento della durata media della vita. Questo ha portato a un aumento progressivo dell’incidenza, prevalenza e mortalità per scompenso cardiaco (sc). La presenza di una rete socioaffettiva di supporto può influenzare l’outcome del paziente (pz) in termini di qdv, tassi di riospedalizzazione e mortalità. Tuttavia, il peso dell’assistenza a un familiare con una malattia cronico-degenerativa complessa può contribuire a un aumento di distress psicosociale, diminuiti livelli di benessere e minore qdv. Il disturbo da sofferenza prolungata ( prolonged grief disorder) si riferisce a una sindrome costituita da una serie di sintomi intensi e prolungati che seguono la morte di una persona cara. Tuttavia, è possibile ipotizzare che l’accompagnamento e l’assistenza continuativa di un familiare affetto da malattia cronica degenerativa possano causare livelli di distress paragonabili a un disturbo da sofferenza prolungata. Una migliore comprensione del burden del caregiver (cg) e dei suoi determinanti sono essenziali per sostenere i cg a rischio. METODO E PROCEDURE: presso l’ambulatorio scompenso cardiaco avanzato del centro cardiovascolare, aas n°1 – triestina, è stato condotto uno studio su 32 cg primari (n 26f, n 6m, età media 65± 19, 75% scolarità elementare). 78% dei cg erano coniugi, 16% figli, 6% altro (amici, nipoti). La durata dello sc dell’ammalato era ≤18 mesi nel 30%, ≥18 mesi nel 70% dei casi. È stato somministrato il questionario prolonged grief disorder (prigerson, maciejewski) seguito da un’ intervista narrativa basata sulle tematiche del benessere percepito e del burden relativo alla malattia del loro congiunto. RISULTATI: su 32 caregivers, l’81% ha sperimentato una riduzione significativa in ambito sociale o lavorativo e l’84% ha avuto problemi ad accettare la malattia del proprio familiare. Il 68% ha cercato di evitare il pensiero della malattia. Solo una minoranza, tuttavia, (6%) ritiene che la propria vita sia priva di significato. Nelle interviste narrative, è emerso soprattutto da parte dei coniugi, la difficoltà a trovare il tempo necessario a prendersi cura della propria salute (70% dei coniugi intervistati soffre di patologie croniche quali ipertensione, diabete, coxartrosi, artrite reumatoide). Il progressivo deterioramento della salute del proprio caro viene vissuto in maniera ambivalente e spesso accompagnato da sensi di colpa (“lo so che non è bello, ma avere mio marito in ospedale è stata quasi una liberazione… mi sembrava finalmente di respirare. Mi sento un mostro solo a pensarlo”). CONCLUSIONI: questi primi risultati evidenziano la sofferenza e il carico a cui sono sottoposti i familiari di un malato con una patologia cronica degenerativa e indicano l’importanza di approfondire la ricerca in ambito bio-psico-sociale nella popolazione di cg dei pazienti con sc avanzato. Una migliore comprensione dei fattori di protezione e di rischio aiuterebbe a creare o rafforzare, all’interno dei percorsi pdta, gli interventi psicosociali a sostegno della salute e del benessere della persona in un’ottica di integrazione e sostenibilità. Utile sarebbe anche identificare l’esistenza di correlazioni con ansia e depressione e con l’andamento clinico delle patologie dei caregivers.