Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale Volume 4 Indice Applicabilità in prima linea di bendamustina e rituximab nel paziente affetto da leucemia linfatica cronica: ruolo emergente nella pratica clinica 2 R. Murru, E. Angelucci Trattamento con bendamustina di una leucemia linfatica cronica plurirecidivata in paziente anziana con anemia emolitica 4 F. Rossini, M. Sassone, E.M Pogliani Bendamustina+rituximab nella leucemia linfatica cronica ricaduta: applicabilità e outcome in un paziente “unfit” 7 F. Pilo, R. Murru, E. Angelucci Trattamento con bendamustina e rituximab di un paziente anziano “frail” affetto da linfoma follicolare avanzato 10 G. Gini, C. Bocci, P. Leoni Bendamustina in monoterapia in paziente anziano affetto da linfoma non Hodgkin mantellare in seconda recidiva 12 R. Della Seta Remissione completa dopo R-bendamustina in un paziente affetto da linfoma mantellare recidivato 14 E.V. Liardo, A. Bari, S. Pozzi, S. Sacchi Trattamento di seconda linea con bendamustina in paziente anziano “fit” affetto da linfoma mantellare 17 C. Rusconi, E. Zucchetti, A. Greco, R. Zilioli Il ruolo della bendamustina nel trattamento del linfoma di Hodgkin recidivante nel paziente anziano “fragile” 20 A. Broccoli Efficacia di bendamustina nel condizionamento al trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin resistente 22 G. Visani, A. Isidori Efficacia di bendamustina come “bridge to allotransplant” in una paziente affetta da 25 linfoma di Hodgkin recidivata dopo trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche A. Isidori, G. Visani Recidiva di linfoma primario dell’osso: quale terapia? 28 P. Mondello, V. Pitini, G. Altavilla Linfoma linfoplasmocitico in paziente HIV+ trattato con R-bendamustina: case-report G. Saccullo, M. Napolitano, G. Vaccarella, S. Siragusa 30 Applicabilità in prima linea di bendamustina e rituximab nel paziente affetto da leucemia linfatica cronica: ruolo emergente nella pratica clinica R. Murru, E. Angelucci U.O. Ematologia e CTMO Ospedale Oncologico “A. Businco”, Cagliari Presentazione del caso Paziente e anamnesi Questo report descrive il caso clinico di un paziente di 67 anni, giunto alla nostra osservazione nel Novembre 2011 per linfoadenopatie multistazionali, epato-splenomegalia e linfocitosi; si presentava in buone condizioni generali, ECOG 0. All’anamnesi: tiroidectomia totale, all’età di 56 anni, per carcinoma papillare tiroideo, cui fece seguito terapia radiometabolica con 131I (3 somministrazioni, l’ultima 3 anni prima, dose cumulativa non nota); il follow-up successivo era negativo per ripresa di malattia. Si poneva diagnosi di leucemia linfatica cronica (LLC) sulla base dei dati citofluorimetrici (CD5/CD19+, CD23+, CD20+, CD200+, CD38+, catene leggere κ+) e morfologici, definendo lo stadio II/B secondo Rai e Binet, categoria di rischio intermedia. Il paziente, asintomatico, veniva avviato a controlli mensili. Nel Giugno 2012 si osservava progressione di malattia (incremento dimensionale linfonodi, sintomi sistemici) e il paziente veniva avviato a valutazione pre-trattamento, secondo le linee guida IWCLL 2008 (1). In particolare si evidenziava: biopsia osteomidol- 2 lare con un infiltrato linfocitario dell’80% (nodulare-diffuso); stato mutato dei geni IgVH (VH1-JH); FISH (fluorescence in situ hybridization): del13 isolata. Approccio terapeutico e valutazione a distanza Il paziente è stato avviato a trattamento con bendamustina (90 mg/m 2, g1-2, q 28) e rituximab (375 mg/m 2 g8, 1° ciclo, 500 mg/m 2 g1, 2°-6° ciclo), per un totale di 6 cicli. È stata somministrata una profilassi con lamivudina per la riattivazione di HBV (Hepatitis B virus), antiprotozoaria con trimetoprim-sulfametossazolo e antivirale. La tossicità è stata esclusivamente ematologica, grado 2 al 3° ciclo e grado 4 CTCAE (Common Terminology Criteria for Adverse Events) dopo il 6° ciclo di terapia, con necessità, in quest’ultimo caso, di utilizzo di G-CSF (granulocytecolony-stimulating factor), ma sempre in assenza di eventi infettivi e senza alcun ritardo nella somministrazione dei cicli previsti. Il monitoraggio con titolazione quantitativa di HBV-DNA è stato attuato mensilmente, senza evi- denza di riattivazione dell’HBV o anomalie della funzione epatica. La riduzione dimensionale delle linfoadenopatie e delle organomegalie è stata constatata sin dal 1° ciclo di terapia, mentre i sintomi sistemici (astenia, sudorazione) sono scomparsi dopo il 2° ciclo. La rivalutazione, dopo 2 mesi dal termine del trattamento, ha evidenziato la remissione completa (RC) ematologica, tuttora mantenuta (follow-up +4 mesi). Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche La scelta del programma terapeutico è stata supportata dalle seguenti considerazioni: • pregressa neoplasia tiroidea, seppure in remissione, associata a incremento del rischio di secondi tumori e/o leucemie dopo terapia radiometabolica con 131I, specie dopo dosi cumulative (2); • HBs-Ag positività, con riscontro, nella valutazione pretrattamento, di replicazione del virus (HBV-DNA quantitativo), successiva negativizzazione dopo alcune settimane di terapia con lamivudina pre-chemioimmunoterapia; • applicazione del CIRS (Comorbidity Index Rating Scale), identificazione di uno score pari a 6 (neoplasia tiroidea; epatopatia cronica HBV+, insufficienza venosa agli arti inferiori), al limite tra paziente fit e unfit secondo la definizione riportata in letteratura e ampiamente utilizzata (3). Queste considerazioni preliminari hanno portato a definire il paziente non candidabile a regimi chemioterapici fludarabinacontenenti, gravati da una marcata im munosoppressione e mielodepressione, con incrementato rischio di riattivazione dell’HBV e dell’incidenza di neoplasie ematologiche secondarie a terapia (4,5). I dati relativi all’efficacia della bendamustina, nella LLC in 1ª linea, derivano dallo studio di fase III, che ha dimostrato la superiorità del farmaco nei confronti del chlo- rambucil (6), con risultati statisticamente significativi in termini di PFS (progression free survival) e TNT (time to next treatment), mentre il trial di fase II, basato sull’associazione bendamustina + rituximab, ne ha definito l’applicabilità e l’efficacia (7). Queste caratteristiche rendono l’associazione bendamustina + rituximab estremamente interessante nel subset di pazienti less fit, non candidabili a trattamenti pesantemente immunosoppressivi. independent in older cancer patients. J Clin Oncol 1998;16(4):1582-1587. 4. Huang YW, Chung R. Management of hepatitis B reactivation in patients receiving cancer chemotherapy. Ther Adv Gastroenterol 2012;5(5):359-370. 5. Smith MR, Neuberg D, Flinn IW et al. Incidence of therapy-related myeloid neoplasia after initial therapy for chronic lymphocytic leukemia with fludarabinecyclophosphamide versus fludarabine: long-term follow up of US Intergroup Study E2997. Blood 2011;118(13): 3525-3527. 6. Knauf WU, Lissitchkow T, Aldaoud A et al. Bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: updated results of a randomized phase III trial. Br J Haematol 2012;159(1):67-77. 7. Fischer K, Cramer P et al. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012;30(26):3209-3216. Bibliografia 1. Hallek M, Cheson BD, Catovsky D et al. Guidelines for the diagnosis and treatment of chronic lymphocytic leukemia: a report from the International Workshop on Chronic Lymphocytic Leukemia updating the National Cancer Institute - Working Group 1996 guidelines. Blood 2008;111(12):5446-5456. 2. Rubino C, De Vathaire F, Dottorini ME et al. Second primary malignancies in thyroid cancer patients. Br J Cancer 2003; 89(9):1638-1644. 3. Extermann M, Overcash J, Lyman GH et al. Comorbidity and functional status are 3 Trattamento con bendamustina di una leucemia linfatica cronica plurirecidivata in paziente anziana con anemia emolitica F. Rossini, M. Sassone, E.M. Pogliani Clinica Ematologica, A.O. San Gerardo, Monza Presentazione del caso Paziente, anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente, nata nel 1928, presenta, in anamnesi patologica, un’ipertensione arteriosa e una trombosi venosa profonda bilaterale agli arti inferiori, per cui era stata posta in terapia con eparina a basso peso molecolare (EBPM), che ha continuato anche durante tutto il followup ematologico e continua tuttora. La paziente è giunta al nostro ambulatorio a Settembre del 2011; una linfocitosi era stata riscontrata nel 2003 e la paziente era stata tenuta in osservazione senza terapia; nel 2007, vista la progressione della linfocitosi, erano stati eseguiti accertamenti che avevano permesso di porre la diagnosi di leucemia linfatica cronica (LLC) (1); alla diagnosi era presente una grave anemia (Hb 6,2 g/dl) non riferita come emolitica, con una conta di linfociti di 152.000x109/L e piastrine 128x109/L. L’immunofenotipo era quello di una LLC tipica con positività di CD19, CD20, CD5 e CD23 e negatività di CD10 e CD38, con restrizione kappa delle catene leggere. La paziente veniva trasfusa e, in seguito, veniva iniziata una terapia con chlorambucil, con 4 somministrazione intermittente (una settimana al mese): la terapia permetteva di ottenere una remissione parziale della linfocitosi e dell’anemia, con eliminazione del fabbisogno trasfusionale. Alla sospensione della terapia si assisteva a una rapida ripresa della linfocitosi, che richiedeva una terapia di 2ª linea con ciclofosfamide (un tentativo di associare rituximab è stato subito interrotto per una riferita reazione maggiore): durante la terapia la malattia è progredita, con la comparsa di un’anemia emolitica, la paziente è stata perciò posta in terapia steroidea ed è stato eseguito un ciclo di 6 infusioni di pentostatina al dosaggio di 4 mg/m2 ogni 14 giorni. La terapia è stata conclusa nel Luglio del 2010 e l’esito è stato quello di una regressione parziale della linfocitosi; la paziente doveva però proseguire con prednisone a dosaggi variabili tra 5 e 15 mg/die per controllare l’anemia emolitica. Quando la paziente è giunta nel nostro ambulatorio, nel Settembre del 2011, gli accertamenti ematochimici erano i seguenti: • Hb 10,8 g/dl con aptoglobina ridotta (36 mg/dl) e Coombs diretto e indiretto positivi; • linfociti 102.000x109/L; • conta assoluta di neutrofili di 2,9x109/L, piastrine 91x109/L; • LDH elevato; • IgG 428; IgA 28; IgM 308. La paziente era ancora in terapia con EBPM, steroide (12,5 mg/die); erano presenti linfadenopatie superficiali e addominali profonde (viste in ecografia) con diametro massimo di 2,5 cm. Non si evidenziavano alterazioni citogenetiche o in FISH (fluorescence in situ hybridization). A Dicembre del 2011 è stata iniziata una terapia con bendamustina (2-5) al dosaggio di 100 mg/die totali (equivalenti a circa 65 mg/m2) per 2 giorni consecutivi. Dopo 2 cicli a questi dosaggi la linfocitosi si era ridotta (3,2x109/L), con conta assoluta di neutrofili di 1,94x109/L, Hb 12 g/dl e piastrine 82x109/L; abbiamo perciò iniziato una progressiva riduzione dello steroide. Vista la persistenza della lieve piastrinopenia, il 4° e 5° ciclo sono stati eseguiti al dosaggio di 80 mg/die totali. Non è mai stato necessario utilizzare fattori di crescita granulocitari né eritropoietina; non si sono verificati episodi di neutropenia febbrile. Al termine del 5° ciclo i valori dell’emocromo erano: Hb 11,4 g/dl, linfociti 1,36x109/L, piastrine 72x109/L; la paziente aveva sospeso lo steroide e i valori di aptoglobina si erano normalizzati. La paziente è fuori terapia da 8 mesi; all’ultimo emocromo: Hb 11,5 g/dl, linfociti 1,36x109/L, neutrofili 2,43x109/L, piastrine 80x109/L. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche L’interesse del caso sta nell’aver trattato una paziente di età molto avanzata (83 anni) affetta da una LLC avanzata e plurirecidivata, in cui era presente una complicanza, l’anemia emolitica, che spesso costituisce un problema molto grave quando si decidono di impiega- re analoghi delle purine. La paziente rientrava nella categoria dei pazienti “fragili” o tra quei pazienti che il gruppo tedesco definisce “slow go”. Ciò aveva spinto i medici che l’avevano trattata prima di noi a utilizzare terapie poco aggressive, generalmente riservate a pazienti molto compromessi. Abbiamo deciso di utilizzare bendamustina (2-5) a dosaggi ridotti, che abbiamo poi ulteriormente ridotto al primo segno di una possibile tossicità ematologica (piastrinopenia); nonostante ciò la terapia è stata efficace e la risposta (per quanto ancora con follow-up breve) si sta prolungando nel tempo. La pregressa reazione maggiore a rituximab ci ha impedito di usare bendamustina in combinazione: questo costituiva, teoricamente, un rischio maggiore di peggioramento dell’anemia emolitica in corso al momento dell’inizio della terapia, vista l’azione di rituximab sulle complicanze emolitiche; peraltro in questi pazienti una terapia efficace sulla LLC, anche se con farmaci non utilizzati per le anemie emolitiche, consente di controllare anche la complicanza di pari passo con la patologia di base (6,7). Un’altra opzione terapeutica era alemtuzumab, teoricamente indicato vista la prevalente espressione della malattia a livello linfonodale, senza significative masse neoplastiche; non è stato scelto perché il rischio infettivo ci è sembrato troppo elevato. 5 F. ROSSINI, M. SASSONE, E.M. POGLIANI Bibliografia 1. Hallek M, Fischer K, Fingerle-Rowson G. Addition of rituximab to fludarabine and cyclophosphamide in patients with chronic lymphocytic leukaemia: a randomised, open-label, phase 3 trial on behalf of an international group of investigators and the German Chronic Lymphocytic Leukaemia Study Group. Lancet 2010;376(9747):1164-1174. 2. Fischer K, Cramer P, Busch R. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the german chronic lymphocytic leukemia study 6 group. J Clin Oncol 2012;30(26):3209-3216. 3. Cheson BD, Wendtner CM, Pieper A et al. Optimal use of bendamustine in chronic lymphocytic leukemia, nonHodgkin lymphomas, and multiple myeloma: treatment recommendations from an international consensus panel. Clin Lymphoma Myeloma Leuk 2010; 10(1):21-27. 4. Knauf WU, Lissichkov T, Aldaoud A et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2012;27(26):4378-4384. 5. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine combined with rituximab in patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2011;29(26):3559-3566. 6. Hodgson K, Ferrer G, Pereira A, Moreno C, Montserrat E. Autoimmune cytopenia in chronic lymphocytic leukaemia: diagnosis and treatment. Br J Haematol 2011; 154(1):14-22. 7. Lechner K, Jager U. How I treat autoimmune hemolytic anemias in adults. Blood 2010;116(11):1831-1838. Bendamustina+rituximab nella leucemia linfatica cronica ricaduta: applicabilità e outcome in un paziente “unfit” F. Pilo, R. Murru, E. Angelucci U.O. Ematologia e CTMO Ospedale Oncologico “A.Businco”, Cagliari Presentazione del caso Paziente, anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche Nel Maggio del 2007 un paziente di 67 anni giungeva, alla nostra osservazione, per linfocitosi e linfoadenopatie multistazionali; si presentava in discrete condizioni generali, con performance status ECOG (eastern cooperative oncology group) 1. La valutazione delle comorbilità, mediante lo strumento CIRS (comorbidity index rating scale) identificava uno score di 7 (insufficienza renale cronica III stadio, clearance della creatinina <70 ml/min., insufficienza mitralica e aortica, dilatazione dell’aorta ascendente, epatopatia cronica HBV [Hepatitis B virus]-correlata, gozzo tiroideo multinodulare non tossico, ipoacusia neurosensoriale bilaterale). L’esame citofluorimetrico evidenziava una popolazione linfocitaria clonale (Ly 7.700/mm 3 , WBC 15.000/mm3) contraddistinta dalla coespressione di antigeni della linea B linfocitaria (CD20+, CD19+, CD23+) e della linea T (CD5+, CD5/CD19+), CD38+, unitamente a una debolissima positività per FMC7 e CD79b, e restrizione idiotipica per catene leggere κ. TCD negativo, β2M nella norma, IgG 1270, IgA 436, IgM 44, score di Matutes (3) compatibile con leucemia linfatica cronica (LLC). Al termine della stadiazione clinica si definiva lo stadio A di Binet (1,2); tale stadio, come riportato in letteratura, si associa a una mediana di sopravvivenza di 8,5-9 anni (2). Approccio terapeutico L’approccio osservazionale (“watch and wait”), che si applica correntemente agli stadi limitati di malattia per i quali non vi è l’indicazione, secondo le linee guida internazionali, a trattamento specifico (1), veniva applicato dal Maggio del 2007 al Settembre del 2009. Nel Settembre del 2009 si osservava una progressione di malattia (linfocitosi rapidamente progressiva, splenomegalia ingravescente, anemizzazione non secondaria a emolisi per fenomeno autoimmune, sintomi sistemici). Nell’Ottobre del 2009 il paziente è stato avviato a una terapia con clorambucil per os, secondo una schedula di trattamento ampiamente utilizzata nella pratica clinica (8 mg/m2/die x 7 giorni, q28), con ottenimento della remissione parziale di malattia dopo 10 cicli (scomparsa di sintomi sistemici, riduzione della splenomegalia del 50%, emocromo nei limiti). Dopo 15 mesi di remissione parziale, nel Settembre del 2011, si è verificata una ricaduta della malattia con rapido incremento della linfocitosi, citopenia bilineare (anemia e piastrinopenia), comparsa di linfoadenopatie superficiali e profonde e splenomegalia ingravescente. Performance status 1 ECOG. L’analisi citofluorimetrica, su sangue venoso periferico, risultava sovrapponibile all’esordio; la biopsia osteomidollare indicava un infiltrato linfocitario pari al 90%, a distribuzione diffusa, l’aspirato midollare un’infiltrazione linfocitaria pari al 95% della cellularità esaminata; la FISH (fluorescence in situ hybridization), su sangue venoso periferico, era negativa per delezioni e/o mutazioni; lo stato mutazionale IgVH era mutated (VHFS5-JH). In considerazione del fitness status, dell’età e delle comorbilità il paziente veniva definito unfit e avviato a chemioimmunoterapia di 2ª linea con bendamustina (70 mg/m 2, g1-2 q28) e MoAb antiCD20 (rituximab, 375 mg/m2 g1, 1° 7 F. PILO, R. MURRU, E. ANGELUCCI ciclo; rituximab 500 mg/m2, g1, 2°6° ciclo); è stata somministrata una profilassi antibiotica, antimicotica e antivirale, unitamente a una terapia con epoietina β (150 µg/settimana); non si segnala, invece, alcuna tossicità ematologica ed extraematologica di grado <2 CTCAE (common terminology criteria for adverse events). La rivalutazione, dopo 2 mesi dal termine della terapia, ha evidenziato la remissione parziale ematologica, tuttora mantenuta (follow-up +6 mesi) (Fig. 1). Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche La presenza delle comorbilità e la loro gravità rivestono un ruolo importante nella valutazione preterapeutica del paziente anziano, come dimostrato anche da numerosi studi clinici, che ne hanno definito l’impatto sulla sopravvivenza (4). Il CIRS rappresenta un valido strumento di valutazione delle comorbilità nei pazienti con LLC, consentendo di ottenere uno score di facile e rapida applicazione, spesso dirimente nel processo decisionale terapeutico, specie nei 8 Figura 1. Rivalutazione dopo 2 mesi dal termine della terapia. pazienti che per età e/o fitness status non sono più candidabili a regimi chemioterapici aggressivi, spesso gravati da tossicità rilevanti. La bendamustina è un agente chemioterapico attivo in numerose emolinfopatie di derivazione B linfocitaria. Studi randomizzati hanno messo in evidenza l’efficacia della bendamustina comparata con altri regimi chemioterapici nel subset di pazienti ricaduti/refrattari, sia in termini di risposte globali che di tollerabilità al regime terapeutico applicato (4,5). Il caso clinico descritto conferma la fattibilità di tale regime terapeutico anche in pazienti con comorbilità, definiti unfit, in assenza di tossicità rilevanti, come peraltro riportato anche in letteratura; pertanto la bendamustina in ionoterapia, o associata al MoAb anti-CD20, rituximab costituisce una valida opzione terapeutica nei pazienti che, per età avanzata e/o comorbilità, non possono essere avviati a regimi terapeutici intensivi. I risultati derivanti da studi clinici randomizzati e controllati permetteranno di valutare l’impatto di questo regime terapeutico sulla sopravvivenza globale. BENDAMUSTINA+RITUXIMAB NELLA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA RICADUTA: APPLICABILITÀ E OUTCOME IN UN PAZIENTE “UNFIT” Bibliografia 1. Hallek M, Cheson BD, Catovsky D et al. Guidelines for the diagnosis and treatment of chronic lymphocytic leukemia: a report from the International Workshop on Chronic Lymphocytic Leukemia updating the National Cancer Institute Working Group 1996 guidelines. Blood 2008;111(12):5446-5456. 2. Binet JL, Auquier A, Dighiero G et al. A new prognostic classification of Chronic Lymphocytic Leukemia derived from a multivariate survival analysis. Cancer 1981;48(1):198-206. 3. Matutes E, Owusu-Ankomah K, Morilla R et al. The immunological profile of B cell disorders and proposal of a scoring system for the diagnosis of CLL. Leukemia 1994;8(10):1640-1645. 4. Eichhorst B, Goede V, Hallek M. Treatment of elderly patients with chronic lymphocytic leukemia. Leuk Lymphoma 2009;50(2):171-178. 5. Fischer K, Cramer P Bush R et al. Bendamustine in combination with ritux- imab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012;10;30(26):3209-3216. 6. Fischer K, Cramer P, Bush et al. Bendamustine combined with rituximab in patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2011;29(26):3559-3566. 9 Trattamento con bendamustina e rituximab di un paziente anziano “frail” affetto da linfoma follicolare avanzato G. Gini, C. Bocci, P. Leoni Clinica di Ematologia, Ospedali Riuniti, Ancona Presentazione del caso Paziente e anamnesi Il seguente caso clinico tratta di una paziente (M.P.) di 79 anni. All’anamnesi patologica remota emerge una cardiopatia corretta da pacemaker da 20 anni e diabete mellito tipo II in trattamento; nel Luglio del 2011 veniva eseguita una diagnosi di linfoma non Hodkin (LNH) follicolare, a seguito di un prelievo istologico su una lesione polmonare scoperta casualmente durante un ricovero per la revisione dell’impianto di pacemaker. La paziente, in stadiazione, ha eseguito una TAC total body con riscontro di multiple linfoadenomegalie sopra- e sottodiaframmatiche inferiori al centimetro e l’esame midollare è risultato negativo. Considerata la malattia limitata e localizzata si decideva di avviare quindi la paziente al solo follow-up. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Nel Marzo del 2012, a seguito del riscontro di una linfoadenomegalia inguinale di 6x4 cm, si decideva di ripetere la TAC, che risultò mostrare un netto peggioramento della lesione polmonare e del- 10 le linfoadenomegalie. La biopsia osteomidollare era ancora negativa per localizzazione di linfoma. La diagnosi definitiva era di linfoma follicolare allo stadio IIIE A, FLIPI 2. con chinolonico e cotrimossazolo e antivirale con valaciclovir. La paziente ha iniziato il trattamento ad Aprile del 2012. Approccio terapeutico Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici In considerazione delle comorbilità importanti della paziente (cardiopatia, diabete e cataratta) non appariva consigliabile la terapia tradizionale di 1ª linea con RCHOP (rituximab + ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone), in quanto contenente un alto dosaggio di antracicline e corticosteroidi; pertanto si è deciso di sottoporla a uno schema chemioterapico alternativo, ma di comprovata efficacia, bendamustinarituximab (B-R). Il suo programma avrebbe previsto la somministrazione di 6 cicli ogni 28 giorni con bendamustina al dosaggio di 90 mg/m2 nei giorni 1-2 e rituximab 375 mg/m2 nel giorno 1. La terapia di supporto era costituita da un fattore di crescita granulocitario peghilato, somministrato il giorno successivo alla chemioterapia e darbepoetina 150 µg 1 fiala a settimana, con profilassi antibiotica In seguito all’infusione del 2° ciclo la paziente si rivolgeva al Pronto Soccorso per un episodio di fibrillazione atriale e importante anoressia, con episodi saltuari di vomito; si procedeva quindi a reidratarla e a cardiovertirla farmacologicamente. Durante la degenza si è riscontrata una persistente neutropenia (neutrofili pari a 820/mm3) e, pertanto, si decideva di somministrare solamente rituximab nel 3° ciclo. Agli inizi di Luglio la paziente eseguiva una TAC di rivalutazione intermedia, che mostrava una completa risoluzione dell’addensamento polmonare e una riduzione volumetrica di tutte le linfoadenopatie; il 4° ciclo è stato somministrato correttamente a metà Luglio. Ad Agosto del 2012 la paziente si rivolgeva nuovamente al Pronto Soccorso per un nuovo episodio di anoressia e disidratazione e le sue condizioni generali erano scadute; considerata la scarsa tolleranza alla terapia e alla marcata risposta, già dopo i primi 3 cicli (di cui uno senza bendamustina), si decideva di non procedere a un ulteriore trattamento. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Benché la bendamustina non sia ancora considerata un farmaco da utilizzare in 1ª linea per questa tipologia di malattie, abbiamo provveduto a sottoporre la paziente a questo regime in virtù della sua fragilità e delle sue numerose e importanti comorbilità, che ci avrebbero impedito di utilizzare serenamente la che- mioterapia convenzionale con antracicline. Anche questa chance si è rilevata poco tollerata dalla paziente, tanto che si è dovuto interrompere precocemente i cicli, ma allo stesso tempo è stata efficace nonostante le poche infusioni di farmaco. Lo studio STIL NLH1 ha mostrato che, nei pazienti con linfoma indolente non pretrattato e nei pazienti anziani, lo schema B-R ha una maggiore PFS (progression free survival) e tollerabilità rispetto all’R-CHOP: 549 pazienti sono stati randomizzati, la mediana di PFS era di 69,5 mesi contro i 31,2 mesi e ciò era indipendente dall’età del paziente. In particolar modo i pazienti affetti da linfoma follicolare traevano beneficio dallo schema B-R, indipendentemente dal FLIPI. Anche la OS (overall sur- vival) complessiva non differiva tra i due diversi bracci (1). Horn, nel 2012, ha pubblicato un abstract dove ha analizzato l’efficacia e la sicurezza di B-R nei pazienti anziani e fragili affetti da linfoma B grandi cellule. I pazienti arruolati erano 20, la cui età mediana era 72 anni, la mediana del Comorbidity Index secondo Charlson (2) era 4; 8 pazienti avevano segni di insufficienza cardiaca. Anche in questo caso veniva paragonato lo schema B-R e l’RCHOP. L’ORR era del 55%, e nel braccio B-R la terapia era molto ben tollerata con una mediana di PFS e di OS rispettivamente di 8,3 mesi e 19,4 mesi, dimostrando che lo schema B-R è una valida opzione allo schema R-CHOP, specialmente in questo gruppo di pazienti (3). J Clin Oncol 30;2012 (suppl; abstr 3). 2. Charlson ME, Pompei P, Ales KL et al. A new method of classifying prognostic comorbidity in longitudinal studies: development and validation. J Chronic Dis 1987;40(5):373-383. 3. Horn J, Kleber M, Hieke S et al. Treatment option of bendamustine in combination with rituximab in elderly and frail patients with aggressive B-non-Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and tolerance. Ann Hematol 2012;91(10):1579-1586. Bibliografia 1. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G et al. Bendamustine plus rituximab (B-R) versus CHOP plus rituximab (CHOP-R) as first-line treatment in patients with indolent and mantle cell lymphomas (MCL): updated results from the StiL NHL1 study. 11 Bendamustina in monoterapia in paziente anziano affetto da linfoma non Hodgkin mantellare in seconda recidiva R. Della Seta U.O. Oncologia Medica, Ospedale di Carrara Presentazione del caso Approccio terapeutico e valutazione a distanza Paziente e anamnesi Paziente di sesso maschile di 73 anni, affetto da ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo II, ipercolesterolemia e ipotiroidismo; nel Dicembre del 2007 presenta una linfoadenomegalia laterocervicale bilaterale, per la quale giunge alla nostra osservazione. Esame obiettivo e indagini diagnostiche All’esame obiettivo sono presenti linfonodi laterocervicali e sovraclaveari pericentimetrici. L’ecografia mostra un aspetto patologico dei linfonodi, con assenza dell’ilo e una biopsia del linfonodo laterocervicale non risulta diagnostica, per cui il paziente esegue una TAC total body, che mostra linfoadenomegalie diffuse sovra- e sottodiaframmatiche e ispessimento notevole delle pareti gastriche; si decide di inviare il paziente alla gastroscopia, con richiesta precisa di biopsie random; macroscopicamente alla gastroscopia è presente solo iperemia ed edema della mucosa, ma la biopsia è positiva per infiltrazione di linfoma non Hodgkin mantellare (MCL) bcl1 + CD20+- stadio IIIE (gastrico); la biopsia ossea è risultata negativa. 12 Nel Gennaio del 2008 viene iniziata una chemioterapia (CT) secondo lo schema R-CHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) di 6 cicli. Dal 2° ciclo viene sospeso il rituximab per una grave reazione allergica; il paziente, inoltre, non può eseguire una premedicazione con cortisonico ad alto dosaggio per scompenso dei valori glicemici; termina la terapia nel Giugno del 2008, con remissione completa della malattia alla TAC e alla gastroscopia (biopsie random negative); anche la PET, eseguita a un mese dal termine della CT, risulta negativa; nell’Agosto del 2010, in corso di follow-up, compare un’epigastralgia, per cui viene eseguita una gastroscopia con biopsia, che risulta positiva per infiltrazione di MCL. Una PET mostra una captazione gastrica, linfonodale addominale e mediastinica; nel Settembre del 2010 inizia una CT secondo lo schema PVABEC (etoposide, doxorubicina, ciclofosfamide, vincristina, bleomicina, prednisone). La PET post-terapia mostra una remissione parziale con residuo di lieve captazione gastrica e mediastini- ca; nel Novembre del 2011 TAC e PET documentano una progressione di malattia a livello gastrico e mediastinico con biopsia gastrica nuovamente positiva per MCL; i linfonodi superficiali non sono palpabili e l’esame obiettivo è completamente negativo; inizia, quindi, nel Marzo del 2012, una terapia con bendamustina (90 mg/m 2 giorni 1 e 2) ben tollerata. Già dopo 3 cicli la biopsia, eseguita in gastroscopia, risulta negativa e alla TAC sono scomparsi i linfonodi mediastinici; il paziente termina la terapia nell’Agosto del 2012 e una PET, eseguita nel Settembre del 2012, risulta negativa, confermando la remissione completa. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il MCL è caratterizzato da una breve durata della remissione dopo terapia standard, con una mediana di overall survival (OS) di 4-5 anni; una traslocazione cromosomica (t11;14) è il marker molecolare del MCL, risultando in un’overespressione di ciclina D1, che è rilevata all’indagine immunoistochimica nel 98% dei casi. Un basso k67 si può correlare a una forma più indolente di MCL. Il modello prognostico più usato è il MIPI (mantle cell lymphoma international prognostic index), che include un ECOG performance status, età, conta leucocitaria e LDH (lattatodeidrogenasi). La OS mediana non è raggiunta per il gruppo a basso rischio (5 anni OS 60%), per il grup- po a rischio intermedio è circa 51 mesi, mentre per il gruppo ad alto rischio è 29 mesi. La terapia con bendamustina (pur senza rituximab verso cui il paziente aveva mostrato una grave allergia) ha permesso il raggiungimento di una remissione completa in 3ª linea in un paziente anziano con copatologie; la terapia è stata ben tollerata e non è stato osservato alcun effetto collaterale, né si è verificata alcuna tossicità. Non è stata necessaria alcuna terapia di supporto e la qualità di vita del paziente è rimasta ottima, considerata anche l’assenza di alopecia, l’assenza di ricoveri ospedalieri e il buon controllo dei valori glicemici senza l’utilizzo di una terapia cortisonica. phoma. Clin Cancer Res 2012;18(13): 3499-3508. • Garnock-Jones KP. Bendamustine: a review of its use in the management of indolent non Hodgkin’s lymphoma and mantle cell lymphoma. Drugs 2010;70(13):1703-1718. • Rigacci L, Puccini B, Cortellazzo S et al. Bendamustine with or without rituximab for the treatment of heavily pretreated non Hodgkin’s lymphoma patients: a multicenter retrospective study on behalf of the Italian Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol 2012; 91(7):1013-1022. • Vose JM. Mantle cell lymphoma: 2012 update on diagnosis, risk-stratification, and clinical management. Am J Hematol 2012;87(6):604-609. • Warsch S, Hosein PJ, Maeda LS, Alizadeh AA, Lossos IS. A retrospective study evaluating the efficacy and safety of bendamustine in the treatment of mantle cell lymphoma. Leuk Lymphoma 2012; 53(7):1299-1305. Bibliografia • Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS, Van der Jagt RH, Tremmel L. Bendamustine produces durable responses with an acceptable safety profile in patients with rituximab-refractory indolent non Hodgkin’s lymphoma. Clin Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10(6):452-457. • Cortelazzo S, Ponzoni M, Ferreri AJ, Dreyling M. Mantle cell lymphoma. Crit Rev Oncol Hematol 2012;82(1):78-101. • Deng C, Lee S, O’Connor OA. New strategies in the treatment of mantle cell lym- 13 Remissione completa dopo R-bendamustina in un paziente affetto da linfoma mantellare recidivato E.V. Liardo, A. Bari, S. Pozzi, S. Sacchi Programma di Terapie Oncoematologiche Innovative, COM, AOUP di Modena Presentazione del caso Paziente, anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche Il paziente di 63 anni, ex-fumatore, è affetto da ipertensione essenziale, diabete mellito di tipo II, glaucoma bilaterale, ipoacusia neurosensoriale bilaterale, aterosclerosi pluridistrettuale con stenosi non emodinamicamente significative delle arterie carotidi interne; sottoposto a prostatectomia per adenocarcinoma (pT2c N0 MX G2 Gleason 6) a 61 anni e a erniotomia inguinale a 59. Nel Marzo del 2009 è stata posta diagnosi di linfoma non Hodgkin mantellare (MCL) su biopsia di linfonodo laterocervicale destro. All’esordio stadio IV-A-E con interessamento di midollo osseo, anello del Waldeyer, stomaco e colon documentati istologicamente, un solo linfonodo patologico palpabile, altra obiettività non significativa. MIPI (mantle cell lymphoma international prognostic index) intermedio e nessun sintomo sistemico. Giudicato ineleggibile a trapianto di midollo autologo per via delle numerose comorbidità, il paziente è stato sottoposto a trattamento di 1ª linea con polichemio-immunote- 14 rapia secondo schema R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, adriblastina, vincristina, prednisone) q21 per 6 cicli, ottenendo una risposta parziale intorno al 75% sulle localizzazioni linfonodali con minimo residuo di malattia alla colonscopia. Negative risultavano l’EGDS e la biopsia osteomidollare (BOM). Approccio terapeutico A 13 mesi dalla fine del trattamento ripresa di malattia con rinolalia e dispnea secondarie a ipertrofia della tonsilla linguale, ispessimento delle pareti dell’anello del Waldeyer, incremento volumetrico dei linfonodi del collo con diametro massimo di 2,3 cm alla TAC. La recidiva è stata confermata istologicamente con una biopsia della tonsilla linguale. La crasi ematica era normale in assenza di popolazioni linfocitarie B clonali in periferia. Venivano omesse BOM, EGDS e colonscopia, per l’assenza di sintomi/segni riferibili a localizzazione e per l’urgenza di iniziare un trattamento. Previo breve debulking con steroide è stato intrapreso un trattamento di 2ª linea con bendamustina e rituximab (BR) con le seguenti modalità: rituximab 375 mg/m2 il giorno 1 di ogni ciclo a partire dal secondo e bendamustina alla dose di 70 mg/m 2 solo i giorni 1 e 2 di ogni ciclo (q28). Dopo i primi 4 cicli si è reso necessario un ricovero per neutropenia febbrile con riscontro radiografico di focolaio bronco-pneumonico; nessun isolamento microbiologico e defervescenza in 2ª giornata di terapia antibiotica empirica con tazobactam/piperacillina. La TAC di ristadiazione, dopo 4 cicli, ha documentato una risposta completa di malattia a livello nodale con diametro linfonodale massimo di 8 mm. Si è verificata una reazione avversa cutanea alla somministrazione di mezzo di contrasto iodato mai occorsa nelle numerose TAC precedenti. Dal 5° ciclo è stata prescritta una profilassi della neutropenia con filgrastim 4 fiale per ciclo; nessun’altra tossicità ematologica o extraematologica di rilievo. Sono stati somministrati in totale 6 cicli BR q28. La rivalutazione con esami di laboratorio, visita ORL con fibroscopia, ecografia dell’addome e delle stazioni linfonodali ha documentato un quadro compatibile con remissione completa di malattia. Non emergeva alcun segno clinico o strumentale di recidiva alle successive valutazioni ai mesi 3, 6 e 12. Dopo 3 mesi dalla fine del trattamento episodio di flogosi delle alte vie respiratorie e concomitante riscontro di neutropenia di grado 4. La risoluzione completa ha richiesto 3 settimane e 10 fiale di G-CSF (granulocyte colony-stinulating factor). Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il MCL costituisce il 6% circa dei linfomi non Hodgkin; nonostante le risposte alle convenzionali terapie di induzione siano elevate, le stesse sono generalmente di breve durata (1-2 anni). Le opzioni terapeutiche alla recidiva sono oggi molteplici e il razionale della scelta della bendamustina, nel caso in questione, risiede, oltre che nella corposa letteratura a supporto (1-4), anche in considerazioni di altra natura: il temsirolimus, all’epoca della recidiva, era disponibile nell’ambito di uno studio clinico, che però avrebbe comportato accessi frequenti e prolungati in ospedale, esigenza che per il paziente era difficile da soddisfare; per lo stesso motivo non abbiamo optato per una terapia con bortezomib. I dati in letteratura, sull’efficacia della lenalidomide nel MCL recidivato/refrattario, hanno portato all’estensione dell’indicazione; un deterrente è stato il rischio di fenomeni di flare tumorale, descritti in corso di trattamento, in una sede pericolosa come l’anello di Waldeyer ipertrofico in un paziente già dispnoico. Infine non vi sono studi randomizzati che mettano a confronto un trattamento con BR e regimi contenenti fludarabina (RFCM-rituximab-fludarabina, ciclofosfamide, mitoxantrone o RFC-rituximab-fludarabina, ciclofosfamide). Interessanti sono però le risposte descritte nello studio prospettico di Rummel (1), se confrontate con quelle del lavoro di Forstpointner (5) del 2004. Le popolazioni in studio risultano pressoché omogenee per età e risposta al trattamento precedente e il tasso di risposte, la qualità delle stesse e la PFS (progression free survival) nei due gruppi non lasciano supporre una superiorità del regime FCM. In definitiva, nella scelta terapeutica, supportata dai dati di efficacia, un ruolo non secondario hanno avuto il buon profilo di tossicità dell’associazione BR e la sua maneggevolezza. 15 E.V. LIARDO, A. BARI, S. POZZI, S. SACCHI Bibliografia 1. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the treatment of mantle cell and low-grade non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2005;23(15):3383-3389. 2. Ohmachi K, Ando K, Ogura M. Multicenter phase II study of bendamustine for relapsed or refractory indolent Bcell non-Hodgkin lymphoma and mantle cell lymphoma Japanese Bendamustine Lymphoma Study Group. Cancer Sci 16 2010;101(9):2059-2064. 3. Vose JM. Mantle cell lymphoma: 2012 update on diagnosis, risk-stratification, and clinical management. Am J Hematol 2012;87(6):604-609. 4. Rigacci L, Puccini B, Cortelazzo S et al. Bendamustine with or without rituximab for the treatment of heavily pretreated non-Hodgkin’s lymphoma patients: a multicenter retrospective study on behalf of the Italian Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol 2012l;91(7):1013-1022. 5. Forstpointner R, Dreyling M, Repp R et al. The addition of rituximab to a combination of fludarabine, cyclophosphamide, mitoxantrone (FCM) significantly increases the response rate and prolongs survival as compared with FCM alone in patients with relapsed and refractory follicular and mantle cell lymphomas: results of a prospective randomized study of the German Low-Grade Lymphoma Study Group. Blood 2004; 104(10):3064-3071. Trattamento di seconda linea con bendamustina in paziente anziano “fit” affetto da linfoma mantellare C. Rusconi, E. Zucchetti, A. Greco, R. Zilioli Divisione di Ematologia, Dipartimento Onco-Ematologico, A.O. Niguarda Ca’ Granda Presentazione del caso Paziente Nel Settembre del 2008 un uomo di 75 anni veniva sottoposto a valutazione ematologica urgente in seguito al riscontro di importante leucocitosi (GB 167.000/mm3, N15%, L75%), anemia e piastrinopenia. ziava un infiltrato linfoide pari al 60% della cellularità totale; la ricerca del riarrangiamento bcl-1, mediante PCR su sangue midollare, risultava negativa. Si concludeva quindi per linfoma mantellare in stadio clinico IV-A con indice prognostico sfavorevole (MIPI [mantle cell lymphoma international prognostic index] intermedio-alto). Anamnesi Il paziente riferiva di aver subìto una nefrectomia destra circa 30 anni prima per oncocitoma, di essere stato sottoposto a intervento urgente per ernia inguinale destra strozzata nel 2008 e di essere affetto da colelitiasi. Esame obiettivo e indagini diagnostiche L’esame obiettivo evidenziava una splenomegalia (polo inferiore 3 cm oltre la linea ombelicale traversa) e linfoadenomegalie pluristazionali. Mediante biopsia linfonodale veniva posta la diagnosi di linfoma mantellare, ciclina D1 positivo. Il paziente veniva sottoposto a TC collo-torace-addome con mdc di stadiazione, con conferma di adenopatie diffuse non bulky e di localizzazione splenica. La biopsia osteomidollare eviden- Approccio terapeutico Il paziente, al termine delle indagini di stadiazione, appariva in discrete condizioni generali (ECOG: 1) e negava sintomi B. Dopo somministrazione della valutazione geriatrica multidimensionale (scala ADL, IADL, CIRS) il paziente veniva valutato fit e avviato a immuno-chemioterapia secondo lo schema R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone) per 6 cicli; i 6 cicli di trattamento venivano discretamente tollerati e completati nel Marzo del 2009. Dal 4° ciclo si rendeva necessario l’utilizzo del fattore di crescita mieloide (G-CSF) per neutropenia (grado WHO: G4) in assenza di complicanze infettive. Durante il trattamento si assisteva a una progressiva normalizzazione dell’emometria e una TC di restaging intermedio, dopo i primi 3 R-CHOP, confermava l’iniziale risposta. La ristadiazione finale evidenziava un quadro di remissione completa: in particolare la TC collo-torace-addome con mdc risultava negativa per localizzazioni residue di malattia, pur evidenziando lesioni parenchimali polmonari bilaterali di aspetto fibrotico non presenti al baseline e la biopsia osteomidollare mostrava una completa regressione dell’infiltrato linfoide; il paziente veniva avviato quindi a follow-up. La visita di controllo, a 12 mesi dalla fine del trattamento, mostrava un quadro di recidiva di malattia, con ricomparsa di adenopatie pluristazionali, splenomegalia (18 cm alla TC), linfocitosi e anemia. La ripetizione della biopsia osteomidollare consentiva di confermare istologicamente la recidiva di linfoma mantellare. Il performance status del paziente si manteneva buono (ECOG: 1) e la ripetizione della valutazione geriatrica multidimensionale confermava la condizione fit. Il paziente veniva sottoposto a trattamento con bendamustina 90 mg/m2/die per 2 giorni ogni 28 giorni. 17 C. RUSCONI, E. ZUCCHETTI, A. GRECO, R. ZILIOLI Il trattamento veniva ottimamente tollerato e la ristadiazione finale evidenziava una seconda remissione di malattia. Il paziente veniva avviato, quindi, a periodici controlli ed è tuttora in risposta completa continuativa dopo 25 mesi di follow-up. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il linfoma mantellare è, allo stato attuale dell’arte, una malattia tuttora incurabile (1). Il paziente anziano, affetto da linfoma mantellare, rappresenta un’ulteriore sfida per l’Ematologo, in quanto gli sono di fatto precluse molte delle strategie terapeutiche più efficaci: nel paziente ultrasettantenne, seppur fit, sono infatti impraticabili 18 sia la terapia con alte dosi di AraC (2), il trapianto autologo di cellule staminali e i regimi polichemioterapici più intensivi quali l’HyperCVAD (3). L’aggiunta del rituximab alla chemioterapia, in particolare allo schema CHOP, ha consentito un miglioramento della risposta, senza tuttavia che questo si traduca in un incremento realmente soddisfacente della sopravvivenza (4). Al momento della recidiva, dopo R-CHOP, abbiamo valutato il paziente per differenti opzioni terapeutiche: il riscontro di una fibrosi polmonare ha costituito una controindicazione all’impiego di bortezomib (7), molecola efficace e ben tollerata, il cui impiego è però potenzialmente gravato dallo sviluppo di un’interstiziopatia polmonare fibrotica. L’opzione prescelta è stata la bendamustina in base ai dati di buona efficacia a fronte di una considerevole tollerabilità, decidendo di riservare l’eventuale utilizzo di lenalidomide per os alla successiva linea di trattamento (6). Questa esperienza con bendamustina in 2ª linea, nel paziente anziano affetto da linfoma mantellare, ha confermato la notevole maneggevolezza del farmaco e la sua ottima tollerabilità. La terapia, in questo caso, ha consentito l’ottenimento di una seconda remissione completa di malattia con un intervallo libero da ulteriori trattamenti, a oggi superiore a quello ottenuto dopo R-CHOP. Il profilo di sicurezza e i dati di efficacia rendono l’opzione terapeutica della bendamustina meritevole di considerazione nei pazienti affetti da linfoma mantellare, con un potenziale impiego preferenziale nel paziente anziano. TRATTAMENTO DI SECONDA LINEA CON BENDAMUSTINA IN PAZIENTE ANZIANO “FIT” AFFETTO DA LINFOMA MANTELLARE Bibliografia 1. 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Immunochemotherapy with rituximab and cyclophosphamide, doxorubicin, vincristine, and prednisone significantly improves response and time to treatment failure, but not long-term outcome in patients with previously untreated mantle cell lymphoma: results of a prospective randomized trial of the German Low Grade Lymphoma Study Group (GLSG). J Clin Oncol 2005;23(9):1984-1992. 5. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G et al. Bendamustine plus rituximab is superior in respect of progression free survival and CR rate when compared to CHOP plus rituximab as first-line treatment of patients with advanced follicular, indolent, and mantle cell lymphomas: final results of a randomized phase III study of the stiL (Study Group Indolent Lymphomas, Germany). Blood (ASH Annual Meeting Abstracts) 2009;114 [abstract 405]. 6. Witzig TE, Vose JM, Zinzani PL et al. An international phase II trial of single-agent lenalidomide for relapsed or refractory aggressive B-cell non-Hodgkin’s lymphoma. Ann Oncol 2011;22(7):1622-1627. 7. Goy A, Bernstein SH, Kahl BS et al. Bortezomib in patients with relapsed or refractory mantle cell lymphoma: updated time-to-event analyses of the multicenter phase 2 PINNACLE study. Ann Oncol 2009;20(3):520-525. 19 Il ruolo della bendamustina nel trattamento del linfoma di Hodgkin recidivante nel paziente anziano “fragile” A. Broccoli Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli”, Policlinico “S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Un paziente di 77 anni perviene, alla nostra attenzione, per la presenza, da 3-4 mesi, di tumefazione laterocervicale sinistra, insorta in pieno benessere. In anamnesi si segnalano: un diabete mellito di tipo II, in terapia con metformina e insulina; una cardiopatia ipertensiva; una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) enfisematosa da tabagismo. Il paziente è sottoposto a cervicotomia sinistra con biopsia incisionale. Dal momento dell’intervento compare un prurito sine materia, con diffuse lesioni da grattamento e calo ponderale di 6 kg in circa 20 giorni. Istologicamente è descritto un infiltrato linfoide ricco in cellule di ReedSternberg, piccoli linfociti ed eosinofili: la diagnosi è di linfoma di Hodgkin, sclero-nodulare, con sottocomposizione a cellularità mista. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Ad eccezione di una massa durolignea laterocervicale sinistra, di circa 7x8 cm, non vi sono linfonodi superficiali e organomegalie. La biopsia midollare risulta negativa. La TC descrive un voluminoso pacchetto adenopatico laterocervicale 20 sinistro, esteso in sede sovraclaveare omolaterale, che risulta PETpositivo. Gli esami ematici rivelano un’ipercreatininemia moderata (da probabile nefroangiosclerosi) e una positività anticorpale anti-HBc. Approccio terapeutico Il paziente inizia la chemioterapia con schema VBM (vinblastina, bleomicina, metotrexato). Dopo il primo ciclo, pur riducendosi la tumefazione e il prurito, si assiste a un peggioramento delle condizioni cliniche generali, con iporessia, disidratazione e allettamento; compare inoltre una profonda pancitopenia. È necessario il ricovero ospedaliero per terapia reidratante, profilassi antibiotica e supporto trasfusionale: al miglioramento delle condizioni generali corrisponde anche una completa scomparsa della massa linfomatosa, come confermato alla PET, che non mostra aree ipercaptanti. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici In considerazione della risposta completa e della grave tossicità sperimentata, si sospende il trattamento, mantenendo una stretta osservazione. A distanza di pochi mesi la malattia ricompare nella stessa sede: si opta per una 2ª linea di terapia con gemcitabina, supportata dai fattori di crescita granulocitario ed eritrocitario. Nel corso del trattamento si assiste a un peggioramento del quadro ventilatorio ostruttivo, che richiede una terapia specifica; la PET, dopo 3 cicli, documenta un aumento di dimensioni e gradiente di captazione della lesione laterocervicale sinistra, ora di circa 4 cm di diametro alla palpazione; compare nuovamente un prurito incoercibile. In un paziente con malattia attiva e sintomatica, pretrattato, “fragile” per via dell’età, della tossicità correlata ai precedenti trattamenti e delle comorbilità in condizioni di labile compenso, si ricorre a una 3ª linea di trattamento con bendamustina: vengono erogati 6 cicli mensili (alla dose di 150 mg) per ciascuna somministrazione, con buona tolleranza globale e nessun adeguamento posologico per tossicità. Durante il trattamento si osserva la riduzione, fino alla completa scomparsa, dei linfonodi laterocervicali e del prurito; la PET diviene negativa per lesioni patologiche già a partire dal 3° ciclo. Il paziente è in risposta completa al termine dei cicli e mantiene tale condizione da almeno 9 mesi. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il paziente anziano, con linfoma di Hodgkin, sovente si presenta sintomatico, con un ridotto performance status e affetto da comorbilità significative sul piano cardiovascolare, respiratorio e metabolico (1): tali aspetti influiscono marcatamente in termini di tossicità correlata al trattamento e di morbilità infettiva, spesso imponendo riduzioni del dosaggio dei farmaci antiblastici, con conseguenti ripercussioni negative sugli obiettivi di risposta e sopravvivenza a medio e lungo termine. Per tali motivi il paziente anziano, con linfoma di Hodgkin, è gravato da una prognosi generalmente peggiore rispetto al paziente giovane. Appare spesso difficile mettere in campo un trattamento di salvataggio nel contesto di una malattia refrattaria o in ricaduta e, nella maggior parte dei casi, una chemioradioterapia a scopo palliativo rappresenta l’unica strategia adottabile per garantire, al paziente, una soddisfacente qualità di vita (2,3). La buona tolleranza al trattamen- to con bendamustina (dimostrata da pazienti con linfoma di Hodgkin ricaduti e refrattari, pretrattati, anche con età superiore ai 50 anni), i favorevoli tassi di risposta documentati in letteratura (4,5) e il peculiare meccanismo d’azione (6), che riduce la crossreattività della molecola con altri agenti chemioterapici, rendono questo farmaco una valida opzione terapeutica per il paziente anziano, non candidabile a un approccio antiblastico ad alte dosi, il cui contesto clinico non ponga limitazioni alla messa in atto di un trattamento che punti a una seconda remissione e a un prolungamento della sopravvivenza. et al. Classical Hodgkin’s lymphoma in adults: guidelines of the Italian Society of Hematology, the Italian Society of Experimental Hematology, and the Italian Group for Bone Marrow Transplantation on initial work-up, management, and follow-up. Haematologica 2009;94(4):550-565. 4. Moskowitz AJ, Hamlin P, Gerecitano J et al. Updated results of a phase II trial of bendamustine in relapsed and refractory Hodgkin lymphoma. Ann Oncol 2011;22 (suppl. 4): abstract 288. 5. Corazzelli G, Angrilli F, D’Arco A et al. Efficacy and safety of bendamustine for the treatment of patients with recurring Hodgkin lymphoma. Br J Haematol 2013;160(2):207-215. 6. Leoni LM, Hartley JA. Mechanism of action: the unique pattern of bendamustine-induced cytotoxicity. Semin Hematol 2011;48(suppl. 1):S12-S23. Bibliografia 1. Engert A, Ballova V, Haverkamp H et al. Hodgkin’s lymphoma in elderly patients: a comprehensive retrospective analysis from the German Hodgkin’s study group. J Clin Oncol 2005;23(22):5052-5060. 2. Proctor SJ, Wilkinson J, Sieniawski M. Hodgkin lymphoma in the elderly: a clinical review of treatment outcome, past, present and future. Crit Rev Oncol Hematol 2009;71(3):222-232. 3. Brusamolino E, Bacigalupo A, Barosi G 21 Efficacia di bendamustina nel condizionamento al trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin resistente G. Visani, A. Isidori Ematologia e Centro Trapianti di Midollo Osseo, AORMN, Pesaro Presentazione del caso Paziente La paziente è una donna di 33 anni con 3 figli che, a seguito dello scadimento delle condizioni di salute (astenia, dolori migranti), si reca dal Reumatologo che pone diagnosi di fibromialgia nell’Aprile 2007. Dopo 2 mesi compaiono la tosse e una ghiandola laterocervicale e viene pertanto inviata all’Ematologo. si di linfoma di Hodgkin (LH), variante sclerosi nodulare tipo II. La biopsia osteomidollare non evidenzia un infiltrato linfomatoso a carico del midollo osseo. TAC e PET total body confermano la presenza di numerosi infiltrati polmonari bilaterali e di una massa mediastinica di 10 cm. Poniamo pertanto diagnosi di LH, variante sclerosi nodulare tipo II, stadio IV B, con massa bulky mediastinica. Anamnesi All’anamnesi patologica remota non si segnalano patologie di rilievo. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Durante la visita ematologica si rileva solo una piccola adenopatia superficiale a localizzazione laterocervicale sinistra del diametro di 2 cm. La paziente esegue quindi accertamenti di routine, che risultano nella norma. A causa della tosse le viene prescritta una radiografia del torace, che mostra la presenza di numerosi infiltrati polmonari bilaterali e di una voluminosa opacità in sede mediastinica, che determina l’opacamento del polmone sinistro. L’asportazione chirurgica del linfonodo laterocervicale ci permette di porre diagno- 22 Approccio terapeutico La paziente inizia, a partire da Luglio del 2007, una chemioterapia con ABVD (adriblastina, bleomicina, vinblastina, deticene) di cui esegue 5 cicli totali, ottenendo una riduzione degli infiltrati polmonari inferiori al 10% rispetto all’esordio. Pertanto si opta per l’esecuzione di 4 cicli di chemioterapia di salvataggio secondo lo schema MOPP (mecloretamina, vincristina, procarbazina, prednisone); tuttavia la PET total body, eseguita al termine dei 4 cicli MOPP, mostra la persistenza di ipercaptazione a livello polmonare, bilaterale. La paziente esegue pertanto 2 cicli di chemioterapia secondo lo schema IEV (ifosfamide, epirubicina, etoposide) seguiti da raccolta di cellule staminali midollari autologhe in regime di anestesia peridurale; riceve infine una terapia ad alte dosi con schema BeEAM (bendamustina, citosina arabinoside, etoposide, melfalan) consistente in bendamustina 200 mg/m2 al giorno -7 e 6, citosina arabinoside 400 mg/m2 dal giorno -5 al giorno -2, etoposide 200 mg/m2 dal giorno -5 al giorno -2, e melfalan 140 mg/m2 al giorno -1 seguita da reinfusione delle cellule staminali autologhe al giorno 0. La paziente esegue tale terapia nel mese di Agosto del 2008 ottenendo, per la prima volta nella sua storia, una remissione completa nel Novembre del 2009. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La paziente presenta, come atteso, una neutropenia severa post-chemioterapia, che dura dal giorno +2 al giorno +21 post-trapianto. Presenta, inoltre, una mucosite del cavo orale di grado III e una tossicità gastrointestinale di grado II. Al giorno +7, inoltre, sviluppa una febbre di origine sconosciuta, che regredisce prontamente dopo la somministrazione di una terapia antibatterica empirica ad ampio spettro. Il recupero ematologico avviene al giorno + 23 post-trapianto, in linea con i tempi di recupero dei pazienti sottoposti a reinfusione di cellule staminali emopoietiche midollari. La paziente, pluritrattata e plurireresistente, si è mantenuta in remissione completa, dopo averla ottenuta per la prima volta in seguito alla terapia con alte dosi di bendamustina, dal Novembre del 2009 fino a oggi; attualmente è viva e in remissione completa a distanza di oltre 36 mesi dal trapianto. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Bendamustina è un farmaco con comprovata attività clinica nel trattamento del linfomi recidivati/resistenti. Recentemente abbiamo condotto uno studio prospettico su una casisitica di 43 pazienti affetti da linfoma non Hodgkin (LNH) o da LH che hanno ricevuto bendamustina cloridrato nel regime di condizionamento al trapianto autologo. Abbiamo progettato uno studio di fase 1-2 per valutare la sicurezza e l’efficacia di dosi crescenti di bendamustina (160 mg/m², 180 mg/m² e 200 mg/m² somministrato nei giorni -7 e -6) associato con dosi fisse di etoposide, citosina arabinoside e melfalan (regime BeEAM) come regime di condizionamento al trapianto autologo di cellule staminali per pazienti con linfoma resisten te/recidivante. Quaranta tre pa zienti (età media 47 anni) affetti da LNH (n = 28) o LH (n = 15) sono stati consecutivamente trattati; 9 di essi sono entrati nello studio di fase 1 (durante il quale non si sono verificate tossicità dose-limitante) e 34 pazienti aggiuntivi sono stati quindi trattati nella fase 2 dello studio; è stato inoltre reinfuso un numero mediano di 6x106 CD34 (+) cellule/kg (range 2,4-15,5). Tutti i pazienti hanno attecchito, con un tempo mediano al raggiungimento di un numero di neutrofili >0,5x109/L di 10 giorni. La mortalità trapianto-correlata, al giorno 100, è stata dello 0%. Dopo un follow-up mediano di 18 mesi, 35 dei 43 pazienti (81%) sono risultati in remissione completa, mentre 6 su 43 hanno presentato una recidiva e 2 su 43 non hanno risposto. Il tipo di malattia al trapianto (LNH vs LH) e lo stato della malattia al momento del trapianto (chemiosensibile vs chemioresistente) sono risultati essere fattori prognostici significativi nell’analisi univariata (p=0,01, p=0,007). Sorprendentemente 4/43 (9%) pazienti hanno ottenuto la prima remissione completa dopo aver ricevuto la terapia con bendamustina ad alte dosi, seguita da trapianto di cellule staminali autologhe. In conclusione il nostro caso conferma la sicurezza e l’efficacia di bendamustina inserita nel nuovo regime BeEAM in una paziente affetta da LH pluritrattato e pluriresistente. 23 G. VISANI, A. ISIDORI Bibliografia • Ardeshna KM, Kakouros N, Qian W et al. Conventional second-line salvage chemotherapy regimens are not warranted in patients with malignant lymphomas who have progressive disease after first-line salvage therapy regimens. Br J Haematol 2005;130(3):363-372. • Gribben JG, Linch DC, Singer CR et al. 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BeEAM (bendamustine, etoposide, cytarabine, melphalan) before autologous stem cell transplantation is safe and effective for resistant/relapsed lymphoma patients. Blood 2011;118(12): 3419-3425. Efficacia di bendamustina come “bridge to allotransplant” in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin recidivata dopo trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche A. Isidori, G. Visani Ematologia e Centro Trapianti di Midollo Osseo, AORMN, Pesaro Presentazione del caso All’anamnesi patologica remota non si segnalano patologie di rilievo. linfonodo laterocervicale ci permette di porre diagnosi di linfoma di Hodgkin, variante sclerosi nodulare tipo I. La biopsia osteomidollare non evidenzia un infiltrato linfomatoso a carico del midollo osseo. TAC e PET total body confermano la presenza di adenopatie polidistrettuali patologiche sovradiaframmatiche, con massa mediastinica di 16 cm. Poniamo pertanto diagnosi di Hodgkin, variante sclerosi nodulare tipo I, stadio II B, con massa bulky mediastinica. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Approccio terapeutico La paziente esegue accertamenti di routine, che mostrano una lieve leucocitosi con neutrofilia (leucociti pari a 15.000/mm3 con neutrofili pari al 90%). A causa della dispnea il Curante le prescrive una radiografia del torace, che mostra la presenza di una voluminosa opacità in sede mediastinica e paramediastinica sinistra, che determina opacamento del campo polmonare superiore e medio di sinistra. Durante la visita ematologica si rilevano multiple adenopatie superficiali a localizzazione laterocervicale bilaterale del diametro variabile tra i 2 e i 3 cm. L’asportazione chirurgica di un La paziente inizia, a partire da Marzo del 2009, una chemioterapia con ABVD (adriblastina, bleomicina, vinblastina, deticene) di cui esegue 4 cicli totali, ottenendo una riduzione delle adenopatie inferiore al 20% rispetto all’esordio. Tale terapia viene complicata da trombosi dell’atrio destro, successiva a posizionamento di accesso venoso centrale, e da due episodi di FUO (fever of undetermined origin); pertanto si opta per l’esecuzione di 4 cicli di chemioterapia di salvataggio secondo lo schema MOPP (mecloretamina, vincristina, procarbazina, prednisone); tuttavia, la PET Paziente La paziente è una donna di 29 anni in buone condizioni di salute al momento della diagnosi (Marzo 2009) che, pochi mesi dopo il parto del suo primogenito, sviluppa dispnea a riposo e sudorazioni notturne profuse. Anamnesi total body, eseguita al termine dei 4 cicli MOPP, mostra la persistenza di ipercaptazione con SUV (standardized uptake value) 6,8 a livello della massa mediastinica. La paziente esegue pertanto 2 cicli di chemioterapia secondo lo schema IEV (ifosfamide, epirubicina, etoposide) seguiti da raccolta di cellule staminali periferiche autologhe. Infine la paziente riceve una terapia ad alte dosi con schema benda-BEAM (bendamustina-carmustina, citosina arabinoside, etoposide, melfalan), seguita da reinfusione delle cellule staminali autologhe, ottenendo, per la prima volta nella sua storia, una remissione completa nel Marzo del 2010. La malattia si ripresenta a Giugno del 2010, sempre a livello mediastinico (PET positiva). La paziente viene pertanto sottoposta a radioterapia “involved field” (3060 cGy), al termine della quale la PET (Ottobre 2010) evidenzia la persistenza di ipercaptazione a livello mediastinico, sempre nella stessa sede, con SUV max pari a 7,8. Pertanto, nell’Ottobre del 2010, la paziente inizia una terapia di 5ª linea con bendamustina 90 mg/m2 al giorno nei giorni 1 e 2 di ogni ciclo associata a cortisone, di cui esegue 6 cicli totali, completandoli nel mese di Dicembre del 2011. 25 A. ISIDORI, G. VISANI 26 Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Durante il trattamento non si verifica alcuna tossicità d’organo, né compare alopecia iatrogena. Dopo il 2° ciclo di terapia la paziente presenta un’importante complicanza infettiva (Herpes zoster intestinale), che tuttavia sviluppa a seguito dell’assunzione spontanea di un prodotto farmaceutico proveniente da un paese estero non autorizzato dai sanitari. A causa delle numerose linee eseguite dalla paziente prima di bendamustina si decide di iniziare una profilassi con fattore di crescita granulocitario peghilato dal 2° ciclo, a seguito di una neutropenia severa non febbrile sviluppata durante il 1° ciclo di terapia. La paziente, pluritrattata e plurirecidivata, si è mantenuta in buona risposta parziale (RP) per 16 mesi, permettendoci di trovare un donatore non familiare correlato (MUD-marrow unrelated donor) e di indirizzarla al trapianto allogenico eseguito nel Luglio del 2012 in condizioni di malattia minima residua. Attualmente la paziente è viva, in remissione completa, a circa 6 mesi dal trapianto allogenico MUD. Bendamustina cloridrato è un derivato bifunzionale della mecloretamina con attività clinica nel trattamento del linfoma di Hodgkin. Recentemente uno studio italiano ha analizzato retrospettivamente una casisitica di 41 pazienti, che hanno ricevuto bendamustina cloridrato dopo una mediana di 4 precedenti linee di chemioterapici, tra cui anche la terapia ad alte dosi seguita da trapianto autologo nell’85% dei casi. Bendamustina è stata somministrata a dosi di 90-120 mg/m2 ogni 21 o 28 giorni. Alla prima valutazione della risposta, effettuata dopo 2-4 cicli di terapia, il tasso di risposta globale è stato del 78%, con 12/41 (29%) risposte complete (RC) e 20/41 (49%) (RP). Dopo aver prolungato il tempo di trattamento a 6-8 cicli, il 40% dei pazienti in RP ha presentato una progressione, determinando un tasso di risposta globale finale del 58% con il 31% di remissioni complete; 8 pazienti (2 RC, 6 RP) sono stati successivamente portati all’allotrapianto. La sopravvivenza me- dia na, libera da progressione e globale, sono risultate pari a 11 mesi e 21 mesi rispettivamente. I pazienti in RC hanno mostrato una mediana di sopravvivenza libera da malattia superiore a 9 mesi con un tasso di recidiva di solo il 30%. I tassi di risposta sono risultati indipendenti dalla chemiosensibilità della malattia, da precedente trapianto autologo e dall’intensità di dose di bendamustina. Con i limiti derivanti da un’analisi retrospettiva e dalla eterogeneità del trattamento, questi risultati sembrano molto incoraggianti riguardo all’impiego di bendamustina come valida opzione citoriduttiva nel paziente recidivato dopo trapianto autologo e/o in attesa di allotrapianto. Il nostro caso conferma la sicurezza e l’efficacia di bendamustina in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin pluritrattato e recidivato dopo trapianto autologo. La durata della buona RP, di oltre 16 mesi, ci ha permesso di trovare un donatore MUD e di indirizzarla al trapianto allogenico in condizioni di malattia minima residua, oppor tunità di cui non si sarebbe potuta giovare in assenza di una chemioterapia di contenimento EFFICACIA DI BENDAMUSTINA COME “BRIDGE TO ALLOTRANSPLANT” IN UNA PAZIENTE AFFETTA DA LINFOMA DI HODGKIN RECIDIVATA DOPO TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE sicura, efficace e scarsamente tossica quale bendamustina. In conclusione bendamustina è un otti- mo farmaco da impiegare come “bridge to transplant” in pazienti con linfoma di Hodgkin candida- bili a trapianto allogenico dopo recidiva successiva a trapianto autologo. tion of rituximab-bendamustine regimen in the relapse of Hodgkin lymphoma after autologous hemopoietic stem cell transplantation. Hematol Oncol 2012;30(2):98-100. • Montillo M, Ricci F, Tedeschi A, Vismara E, Morra E. 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La TC confermava la voluminosa lesione dell’omero e dimostrava l’interessamento patologico delle stazioni linfonodali ascellari omolaterali. Pertanto venne eseguita una biopsia ossea. L’esame istologico mostrava cellule tumorali eteromorfe diffusamente disposte e con invasione del muscolo adiacente. L’esame immunoistochimico mostrava CD20+, CD79alfa+, CD10-, CD3-, CD5+, CD23+, MIB1>10%. La diagnosi era compatibile con linfoma linfocitico a 28 piccole cellule (B-SSL). Gli esami di laboratorio erano nella norma e non si riscontrava infiltrazione patologica del midollo osseo. In accordo con tali risultati, la diagnosi era di linfoma primario dell’osso (PBL), stadio IV-A. Approccio terapeutico Il paziente veniva trattato con schema R-CHOP (rituximabciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone) per 6 cicli, seguiti da britumomab tiuxetano, raggiungendo una remissione completa (RC). Ma dopo un anno la malattia recidivò, per cui il paziente fu sottoposto a terapia con rituximab bimestrale per 2 anni associato a bifosfonati. Nonostante una seconda RC dopo 6 mesi la malattia recidivò nuovamente e pertanto il paziente venne radiotrattato localmente. A 4 mesi dal completamento della radioterapia il paziente lamentò uno spiccato dolore e la riduzione funzionale del braccio sinistro. L’ecografia mostrava un’area ipoecogena di 45x35 mm al bicipite, confermata alla TC, mentre l’Rx dimostrava un focolaio osteosclerotico della diafisi omerale; si ese- guì, quindi, una nuova biopsia ossea, che confermava il B-SLL, mentre una TC total body escludeva altre localizzazioni patologiche. Non vi era alcuna infiltrazione midollare o anomalia nei test di laboratorio. Dal momento che non esistono linee guida stabilite, il trattamento del PBL rimane un dilemma per il clinico: infatti, nonostante la prognosi sia relativamente buona, una percentuale di pazienti è destinata a recidivare, specialmente negli stadi più avanzati. Pazienti in stadio I raggiungono una RC con chemio- e radioterapia, con una sopravvivenza a 5 anni dell’85%, mentre la sopravvivenza risulta solo del 32% per il IV stadio (1). Un altro parametro, che dovrebbe guidare la scelta terapeutica, è l’istologia, così come per gli altri LNH (linfoma non Hodgkin); pertanto, in accordo con l’esperienza di Rummel (2), si decise di trattare il nostro paziente con bendamustina 90 mg/m2 gg 1-2 q28 e rituximab 375 mg/m2 q28 (BR). Risultati Il BR ha mostrato di essere un trattamento efficace e poco tossico anche nel PBL. Il paziente non presentò episodi leucopenici o infet- tivi e il dolore locale si ridusse già al 1° ciclo. Dopo 2 cicli la massa al braccio sinistro non fu più né visibile né palpabile. La rivalutazione strumentale con ecografia e TC ha dimostrato la RC dopo 4 cicli di trattamento. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il PBL è un raro sottotipo di LNH (3); per la sua bassa incidenza non sono mai state stabilite delle specifiche linee guida. Diversi studi raccomandano, come 1ª linea di trattamento, la combinazione di chemioterapia e radioterapia, mentre altri lavori suggeriscono che la chemioterapia, associata a rituximab, migliori la sopravvivenza (4). Di recente è stato proposto l’uso dei bifosfonati per la riduzione di eventi scheletrici correlati e per l’effetto antitumorale (5). Questi trattamenti erano stati utilizzati nel nostro paziente e, sebbene ogni volta una RC fosse raggiunta, essa era stata inevitabilmente seguita da recidiva. Una volta esaurite le opzioni terapeutiche, qual è il giusto approccio in caso di recidiva? Nel decidere il trattamento è importante considerare sia l’IPI score sia l’istologia e poiché ogni sottotipo è associato con una diversa aggressività, la terapia deve essere personalizzata. Nel nostro caso, considerata l’età avanzata del paziente, l’IPI score intermedio-alto e la natura indolente, veniva esclusa la chemioterapia ad alte dosi, come per i LNH aggressivi (6); ma basandoci sull’esperienza dello studio di Rummel il nostro paziente fu trattato come LNH indolente nonosseo. È stato, infatti, dimostrato (2) che il BR è efficace (ORR 96% con 71% RC), con risposte durature (mPFS 24 mesi) e con un favorevole profilo di tossicità. Riportiamo nel PBL un’esperienza altrettanto positiva che nel LNH non-osseo. Pertanto il BR si potrebbe considerare un’opzione terapeutica per il PBL recidivato indolente. Sfortunatamente in questo caso non era disponibile un follow-up a lungo termine, così che non può essere estrapolata una chiara conclusione sulla durata della RC. Ulteriori studi saranno necessari per caratterizzare il ruolo del BR nel trattamento dei pazienti con PBL. 2005;23(15):3383-3389. 3. Dubey P, Ha CS, Besa PC et al. Localized primary malignant lymphoma of bone. Int J Radiat Oncol Biol Phys 1997;37:1087-1093. 4. Alencar A, Pitcher D, Byrne G, Lossos IS. Primary bone lymphoma - the University of Miami experience. Leuk Lymphoma 2010;51(1):39-49. 5. Guise TA. Antitumor effects of bisphosphonates: promising preclinical evidence. Cancer Treat Rev 2008;34(Suppl.1):S19-24. 6. Misgeld E, Wehmeier A, Krömeke O, Gattermann N. Primary non-Hodgkin’s lymphoma of bone: three cases and a short review of the literature. Ann Hematol 2003;82(7):440-443. Bibliografia 1. Ford DR, Wilson D, Sothi S. Primary bone lymphoma treatment and outcome. Clin Oncol (R Coll Radiol) 2007;19(1):50-55. 2. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the treatment of mantle cell and low-grade non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 29 Linfoma linfoplasmocitico in paziente HIV+ trattato con R-bendamustina: case-report G. Saccullo, M. Napolitano, G. Vaccarella, S. Siragusa U.O. di Ematologia con Trapianto, Policlinico Universitario di Palermo Presentazione del caso Paziente Uomo di 43 anni, africano, con pregressa (2010) diagnosi di linfoma linfoplasmocitico, già trattato con 6+2 cicli di R-CHOP (rituximabciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone), off-therapy dall’Ottobre del 2010, afferisce alla nostra U.O. nell’Ottobre del 2011 per riscontro di linfocitosi, anemia e piastrinopenia. La ricostruzione dei dati anamnestici del paziente dal termine della terapia, ivi compreso il grado di remissione, risulta di difficile attuazione, data l’assenza di esami di controllo strumentali post-chemioterapia. Il paziente riferisce comunque uno stato di benessere nel corso dell’ultimo anno, con scomparsa delle pregresse linfoadenomegalie laterocervicali e ascellari, mentre riferisce, nelle ultime settimane, la comparsa di febbricola e progressiva perdita di peso (circa 4 kg in un mese); nel sospetto di ripresa della malattia il paziente viene quindi ricoverato. Anamnesi In anamnesi emerge un’infezione da HIV nota da diversi anni, in trattamento con una formulazione a 30 base di efavirenz (600 mg), emtricitabina (200 mg), tenofovir disoproxil (245 mg). La carica virale (Ottobre 2011) è inferiore a 20 cp/ml. Non è invece valutabile, durante la degenza, il numero di CD4 e la condizione immunitaria a esso legata in quanto non determinabile citofluorimetricamente per la presenza della massa neoplastica linfomatosa. Esame obiettivo e indagini diagnostiche All’esame obiettivo emergono: linfoadenomegalie palpabili in regione ascellare bilaterale e inguinale, addome trattabile, milza debordante circa 3 cm dall’arcata costale inferiore. La biopsia del midollo osseo conferma un’infiltrazione sub-massiva (75%) da processo linfoproliferativo cronico B con caratteri di linfoma linfoplasmocitico. L’esame TC con mdc evidenzia una linfoadenomegalia in sede ascellare bilaterale e inguinale bilaterale (DT max 3 cm), in sede mediastinica e sottocarenale, marcata splenomegalia (DL 25 cm) e lieve epatomegalia; si conferma pertanto la diagnosi di linfoma linfoplasmocitico, stadio IV A, IPI 2. Approccio terapeutico Si decide di iniziare un ciclo chemioterapico secondo lo schema Rbendamustina (rituximab 375 mg/m2 - bendamustina 90 mg/m2) di 6 cicli q28 più 2 cicli di solo rituximab. Non si registrano eventi avversi durante la terapia e il fabbisogno trasfusionale del paziente rimane modesto durante tutto il trattamento (2 CE in totale, nessuna trasfusione piastrinica). Viene praticata quindi una terapia con fattori di crescita leucocitari. Non si registra alcuna complicanza infettiva né in generale alcun evento che induca a trascurare le somministrazioni chemioterapiche. A partire dalla seconda somministrazione si evidenzia una progressiva riduzione delle linfoadenomegalie e della splenomegalia, nonché della linfocitosi. La carica virale (HIVRNA) rimane inferiore a 20 cp/ml. Nel Marzo del 2012 viene completato il ciclo terapeutico. Le indagini post-chemioterapia mostrano la normalità dei parametri ematochimici (assenza di linfocitosi, non anemia, lieve piastrinopenia con valori sovrapponibili ai dati prechemioterapia, neutropenia di grado lieve). L’esame TC con mdc (Marzo 2012) evidenzia invece una regressione delle linfoadenomegalie in tutte le stazioni linfonodali precedentemente interessate, con persistenza di piccoli linfonodi del DT max 1,8 cm in sede inguinale (lesioni non captanti al successivo controllo PET), regressione dell’epatomegalia e della splenomegalia (DT max 16 cm). Alla rivalutazione midollare (Aprile 2012) emerge un’infiltrazione nodulare e interstiziale residua da linfoma linfoplasmocitico <10%. I successivi follow-up ematochimici mensili confermano la normalità dei parametri emocromocitometrici, con conta delle piastrine e dei neutrofili lievemente al di sotto del range di normalità, e l’assenza di anemia; il follow-up infettivologico rimane anch’esso invariato. All’esame obiettivo delle stazioni linfonodali superficiali principali non si evince la presenza di un aumento volumetrico dei linfonodi; all’esame obiettivo addominale si manifesta, invece, la persistenza di una lieve splenomegalia. L’esame TC di controllo al 6° mese di follow-up (Ottobre 2012) appare sostanzialmente invariato rispetto al precedente. Il paziente si presenta in buono stato di salute generale, nega sintomi di tipo B e l’esame obiettivo persiste negativo. Si mantiene uno stretto follow-up ematochimico, in relazione alla malattia minima residua midollare e ai periodici controlli presso il reparto di Malattie Infettive. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche La scelta della 1ª linea di terapia, con cui era stato gestito il pazien- te, risultava discutibile. Al momento della ripresa di malattia le opzioni terapeutiche in discussione sono state un approccio aggressivo con FCR (fludarabina, ciclofosfamide e rituximab), ovvero, tra le terapie di 2ª linea, R-clorambucil o R-bendamustina. In linea con le più recenti evidenze presenti in letteratura sull’efficacia della terapia con R-bendamustina in termini di OS (overall survival) e PFS (progression-free survival) (1,2) e sulla sicurezza in termini di eventi avversi, sia in 1ª che in 2ª linea (3-5), la scelta dello schema R-bendamustina appare giustificato. Nonostante i dati in letteratura non siano numerosi, vi sono recenti evidenze sull’uso di bendamustina in associazione con rituximab, con buona efficacia nella terapia di 2ª linea nei LNH (linfoma non Hodgkin) B indolenti ricaduti/refrattari (2). 31 G. SACCULLO, M. NAPOLITANO, G. VACCARELLA, S. SIRAGUSA Bibliografia 1. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R, Raanani P, Dreyling M, Shpilberg O. Bendamustine for patients with indolent B cell lymphoid malignancies including chronic lymphocytic leukaemia. Department of Medicine E, Beilinson Hospital, Rabin Medical Center, Petah Tikva, Israel. Cochrane Database Syst Rev 2012;9: CD009045. 2. Weide R, Feiten S, Friesenhahn V et al. Retreatment with bendamustine-containing regimens in patients with relapsed/refractory chronic lymphocytic 32 leukemia and indolent B-cell lymphomas achieves high response rates and some long lasting remissions. Leuk Lymphoma 2012 Dec 5. [Epub ahead of print]. 3. Bergmann MA, Goebeler ME, Herold M, Emmerich B, Wilhelm M, Ruelfs C, Boening L, Hallek MJ; German CLL Study Group. Efficacy of bendamustine in patients with relapsed or refractory chronic lymphocytic leukemia: results of a phase I/II study of the German CLL Study Group. Haematologica 2005; 90(10):1357-1364. 4. Knauf WU, Lissichkov T, Aldaoud A et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384. 5. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine combined with rituximab (BR) in first-line therapy of advanced CLL: a multicenter phase II trial of the German CLL Study Group (GCLLSG). J Clin Oncol 2011;29(26):3559-3566.