Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale Volume 8 Indice Un caso di anemia emolitica in leucemia linfatica cronica B risolto con l’utilizzo di uno schema immuno-chemioterapico contenente bendamustina 3 G. Bertoldero, C. Minotto Bendamustina in associazione a rituximab in prima linea in paziente con leucemia linfatica cronica esordita con anemia emolitica 5 M. Tani, B. Castagnari, C. Cellini, A. Zaccaria Linfoma non Hodgkin follicolare cutaneo in progressione di malattia in paziente con carcinoma vescicale e lieve I.R.C. 7 A. Lucania Efficacia e sicurezza di bendamustina + rituximab in un caso di linfoma centrofollicolare pluritrattato 9 A. Lucchesi, G. Musuraca, M. Ceccolini, S. Ronconi, M.B. Giannini, D. Cangini, F. Matteucci, L. Cecconetto, P.P. Fattori Efficacia del regime di combinazione rituximab e bendamustina nel trattamento del linfoma centrofollicolare di grado IIIa in prima linea: presentazione di un caso clinico 11 M.T. Pirrotta, P. Bernardeschi Un caso di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B plurirecidivato: ottenimento della remissione completa con bendamustina più rituximab S. Conca. L. Salvagno 13 Efficacia di bendamustina in paziente affetta da linfoma a grandi cellule B dopo terapia di prima linea 15 R. Emili, A. Pietramaggiori, A. Manni, A. Gon Amerelli, F. Artioli, P. Nasuti Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B, refrattario a più linee di terapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche 17 E. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia Efficacia della bendamustina in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin in ricaduta dopo autotrapianto di cellule staminali emopoietiche e refrattaria a terapia con brentuximab vedotin 19 E. Derenzini Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma di Hodgkin refrattario a più linee di terapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche e il trattamento con brentuximab vendotin F. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia 21 Un caso di anemia emolitica in leucemia linfatica cronica B risolto con l’utilizzo di uno schema immuno-chemioterapico contenente bendamustina G. Bertoldero, C. Minotto U.O.C. di Oncologia ed Ematologia Oncologica, Ospedale Civile di Mirano (VE) Presentazione del caso Paziente e anamnesi Nel gennaio del 2011 giunse per la prima volta alla nostra osservazione il sig. C.G. di anni 63, inviato dal Curante nell’Ambulatorio di Ematologia per una spiccata leucocitosi (GB 47550 per µL con prevalente linfocitosi) e modesta anemia macrocitica (Hb 11,2 g/dl con MCV 115,4 fL). Il Paziente era asintomatico, l’anamnesi patologica remota e prossima non significative e all’esame obiettivo presentava un margine epatico debordante 4 cm oltre l’arco costale, un polo splenico apprezzabile a 2 cm, non erano palpabili linfomegalie nelle comuni stazioni di repere. Tra gli esami ematochimici spiccava la positività del test di Coombs diretto e indiretto (quest’ultimo con titolo 1:32), un valore percentuale di reticolociti modestamente elevato (2,21%), aptoglobina consumata (13,2 mg/dl), bilirubina totale aumentata (1,52 mg/dl prevalentemente indiretta), LDH nella norma. L’analisi citofluorimetrica della popolazione linfocitaria evidenziò la proliferazione di elementi positivi per CD19/CD20/CD23/CD5, con restrizione per le catene leggere kappa e negativi per CD38 e CD10. L’analisi citogenetica FISH mostrò nell’86% di 300 nuclei in interfase analizzati la delezione interstiziale biallelica 13q14.3. L’indagine molecolare evidenziò la presenza di monoclonalità per il riarrangiamento del gene per le catene pesanti delle immunoglobuline. Gli accertamenti eseguiti consentirono di formulare la diagnosi di anemia emolitica (AE) ben compensata in leucemia linfatica cronica B (LLC-B) in stadio II sec Rai. Il Paziente si presentò in Ambulatorio a marzo 2011, con ittero cutaneo e sclerale, Hb 9,1 g/dl, leucociti 13840 (ALC 9900), bilirubina totale 2,37 mg/dl, elevata conta reticolocitaria (361,5 x 109/L), aptoglobina pari a 7 mg/dl e LDH 598 UI/L. Approccio terapeutico Venne sottoposto a terapia con desametasone ad alte dosi (Decadron 40 mg e.v. in bolo per 4 giorni consecutivi) per 3 cicli, con intervalli di 15 giorni senza beneficio. A maggio 2011 iniziò quindi una terapia con rituximab al dosaggio di 375 mg/m2 per 4 dosi settimanali. Anche il trattamento con l’anticorpo monoclonale anti-CD20 risultò inefficace con persistenza di anemia (<8 g/dl) e indici di emolisi elevati. Proponemmo allora al Paziente una terapia specifi- ca per la LLC-B con l’intenzione di trattare la patologia di base per poter risolvere la conseguente AE. Iniziò quindi a Luglio 2011 terapia con rituximab 375 mg/m2 il giorno 1, bendamustina 90 mg/m2 giorni 2 e 3, mitoxantrone 10 mg/m2 giorno 1. Già a 6 giorni dalla terapia gli indici di emolisi erano in netto miglioramento e il valore di Hb in chiaro aumento. Un secondo ciclo con analoga schedula venne eseguito dopo 28 giorni con ulteriore miglioramento degli indici di emolisi a 4 settimane dal riciclo: Hb 11,5 g/dl, bilirubina totale 1,62 mg/dl, reticolociti 69 x 109/L, LDH 528, aptoglobina 6,56 mg/dl Da segnalare, come evento avverso in entrambi i cicli, una neutropenia di grado 3, non febbrile, che richiese l’uso di fattore di crescita granulocitario (filgrastim). Nei successivi controlli mensili i parametri si avviarono verso la normalizzazione, che risultò completa a partire dal dicembre 2011. Si ottenne anche una remissione della LLC-B con assenza del clone leucemico nella citofluorimetria del sangue periferico. A tutt’oggi (a 24 mesi dalla terapia) il Paziente è in ottime condizioni generali, con obiettività negativa, assente linfocitosi periferica, emocromo nella norma, indici di emolisi negativi ad esclusione di un Coombs diretto positivo, indiretto negativo. 3 UN CASO DI ANEMIA EMOLITICA IN LEUCEMIA LINFATICA CRONICA B RISOLTO CON L’UTILIZZO DI UNO SCHEMA IMMUNO-CHEMIOTERAPICO CONTENENTE BENDAMUSTINA Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche L’AE è una delle più comuni citopenie autoimmuni presenti nella storia clinica dei pazienti affetti da LLC con un’incidenza di circa il 7%, a cui si può aggiungere una percentuale variabile tra il 7% e il 14% di pazienti con test di Coombs diretto positivo senza evidenza clinica di emolisi. Se l’emolisi è sintomatica e la LLC risulta essere inattiva vi è indicazione a un trattamento immunosoppressivo, ad esempio con steroide o il solo anticorpo monoclonale anti CD20. In caso di refrattarietà, o presenza di malattia attiva, è necessario trattare la malattia di base con schemi terapeutici standard (chlorambucile, analoghi purinici, alchilanti associati a rituximab). Dibattuto è l’uso di schemi terapeutici basati su analoghi purinici in presenza di AE o Coombs positivo. In letteratura è documentata la comparsa di AE con l’utilizzo di fludarabina, più frequentemente in monoterapia, spesso refrattaria al trattamento, in percentuali molto variabili (dal 2,5 % al 21%). È anche vero che l’associazione con ciclofosfamide sembra ridurre, in maniera significativa, l’incidenza di AE, che si tratta generalmente di pazienti pluritrattati e non ultimo che l’AE fa parte della storia clinica della LLC, rappresentando di per sé un fattore di rischio per lo sviluppo di AE (1-4). Fallita la terapia immunosoppressiva standard e volendo trattare la malattia linfoproliferativa, proprio per quanto sopra esposto, abbiamo ritenuto non consigliabile un trattamento con lo schema rituximab , fludarabina, ciclofosfamide (R-FC) orientandoci verso una terapia dotata di altrettanta efficacia e sicurezza, cioè l’utilizzo di bendamustina in associazione con rituximab e mitoxantrone (BMR) (5-7). Sono stati sufficienti 2 cicli di terapia con BMR per spegnere il processo emolitico e ottenere anche una prolungata remissione della LLC. dence and predictors. Br J Haematol 2007;136(6):800-805. 4. Gonzalez H, Leblond V, Azar N et al. Severe autoimmune hemolytic anemia in eight patients treated with fludarabine. Hematol Cell Ther 1998;40(3):113-118. 5. Wolfgang U, Knauf WU, Toshko Lissichau T et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384. 6. Weide R, Pandorf A, Heymanns J, Köppler H. Bendamustine/Mitoxantrone/Rituximab (BMR): a very effective, well tolerated outpatient chemoimmunotherapy for relapsed and refractory CD20-positive indolent malignancies. Final results of a pilot study. Leuk Lymphoma 2004;45(12):2445-2459. 7. Köppler H, Fuss H, Hurtz HJ, Knigge O, Losem C, Reschke D, Schmitz S, Weide R, Weiß J, Hallek M; GCLLSG. Bendamustine plus mitoxantrone for relapsed/refractory chronic lymphocytic leukaemia (CLL): results of a multicentre phase II study of the German CLL Study Group (GCLLSG). Br J Haematol 2012;158(2):238-241. Bibliografia 1. Hodgson K, Ferrer G, Pereira A, Moreno C, Montserrat E. Autoimmune cytopenia in chronic lymphocytic leukaemia: diagnosis and treatment. Br J Haematol 2011;154(1):1422. 2. D'Arena G, Cascavilla N. Chronic lymphocytic leukemia-associated autoimmune hemolytic anemia. Leuk Lymphoma 2007;48(6):1072-1080. 3. Borthakur G, O'Brien S, Wierda WG et al. Immune anaemias in patients with chronic lymphocytic leukaemia treated with fludarabine, cyclophosphamide and rituximab--inci- 4 Bendamustina in associazione a rituximab in prima linea in paziente con leucemia linfatica cronica esordita con anemia emolitica M. Tani, B. Castagnari, C. Cellini, A. Zaccaria U.O. di Ematologia, Ospedale Santa Maria delle Croci, Ravenna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Presentiamo il caso clinico di un uomo di 64 anni con anamnesi patologica remota negativa. Nel Maggio del 2012, per astenia ingravescente, si reca al Pronto Soccorso, dove gli esami di laboratorio mettono in evidenza un’anemia severa (Hb 4,7 g/dl), una leucocitosi con linfocitosi assoluta (WBC 52.100/mm3, Ly 85%) e una piastrinopenia moderata (PLT 95.000/mm3). Durante il ricovero il paziente esegue immunofenotipo da sangue periferico, che consente di giungere alla diagnosi di sindrome linfoproliferativa cronica B (LLCB). In considerazione del test di Coombs positivo e dell’aptoglobina inferiore a 0,1 si conclude per anemia emolitica autoimmune (MEA) in LLC-B. Indagini diagnostiche ed esame obiettivo All’esame obiettivo emergono adenomegalie in tutte le stazioni linfonodali superficiali del diametro massimo di 2 cm, splenomegalia moderata. A completamento il paziente esegue gli esami di seguito indicati. • TAC total-body: presenza di numerose adenomegalie, che interessa- no le principali stazioni linfonodali del collo e, in particolare, la sede latero-cervicale (diametri massimi di circa 22 x 11 mm a destra e circa 26 x 13 mm a sinistra) e la regione sottomandibolare (diametro massimo di 24 mm a destra e 18 mm a sinistra). Linfonodi ingranditi sono apprezzabili anche in sede retroclaveare bilaterale (diametro massimo di 16 mm a destra e 20 mm a sinistra); si evidenziano altre adenopatie apprezzabili, in sede ascellare, con diametro massimo di circa 2 cm a destra e circa 1,5 cm a sinistra e si rileva, inoltre, la presenza di adenopatie all'ilo epatico (diametro massimo di 2,5 cm), nel legamento epato-duodenale (diametro massimo di circa 5 cm), in periaortica (numerose ma subcentimetriche) e in corrispondenza del tripode celiaco. Adenopatie sono apprezzabili anche lungo entrambi gli assi iliaci con diametri massimi di 23 mm a destra e 27 mm a sinistra. Splenomegalia (diametro longitudinale della milza di circa 17 cm) con presenza di piccola areola ipodensa della cupola splenica, di circa 6 mm, aspecifica. • Biopsia osteomidollare: infiltrato di tipo interstiziale nodulare pari al 50% della cellularità totale (90%) costituito da elementi di piccola taglia. Eritropoiesi iperplastica. Dopo immunoistochimica si conclude per linfoma a cellule B periferiche, a piccoli linfociti tipo LLC-B. • Studio FISH: cariotipo normale. Conclusioni: MEA in LLC-B stadio Binet C Approccio terapeutico A fronte di questa diagnosi il paziente inizia una terapia steroidea alla dose di 1 mg/kg, e quasi contemporaneamente, intraprende immunochemioterapia secondo lo schema rituximab-bendamustina (R-bendamustina) terminando il VI ciclo a Febbraio 2013. La bendamustina è stata utilizzata al dosaggio ridotto di 70 mg/kg, mentre il rituximab alla dose di 375 mg/m2 al primo ciclo e 500 mg/m2 ai cicli successivi. La terapia viene, nel complesso, discretamente tollerata, le complicanze più rilevanti sono state: • neutropenia grado IV con necessità di utilizzo di fattore di crescita granulocitario e rinvio immunochemioterapia; • comparsa di ascesso anale con necessità d’intervento di fistulotomia; • rush cutaneo di grado modera- 5 BENDAMUSTINA IN ASSOCIAZIONE A RITUXIMAB IN PRIMA LINEA IN PAZIENTE CON LEUCEMIA LINFATICA CRONICA ESORDITA CON ANEMIA EMOLITICA to/severo comparso dopo il III ciclo. Per quanto riguarda l’anemia si è assistito a una normalizzazione dei livelli di emoglobina dopo circa 20 gg dall’inizio dello steroide (e dopo inizio I° ciclo R-bendamustina) con normalizzazione dei livelli di aptoglobina e negativizzazione del test di Coombs. Alla ristadiazione la ripetizione dell’immunofenotipo, della TAC e della biopsia osteo-midollare ha permesso di giungere alla conclusione di remissione completa della malattia (Marzo 2013). Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il “gold standard terapeutico”, per un paziente giovane “fit” affetto da leucemia linfatica cronica, è il regime immuno-chemioterapico FCR (fludarabina, ciclofosfamide, rituximab), che vede la combinazione della fludarabina e della ciclofosfamide al rituximab. Nonostante l’utilizzo della fludarabina (quando associata al rituximab) non sia controindicata in caso di MEA associata a LLC-B in questo paziente non abbiamo ritenuto opportuno utilizzarla in quanto sicuramente più rischiosa rispetto alla bendamustina per quanto riguarda le possibili complicanze in questa tipologia di paziente. La combinazione R-bendamustina si è dimostrata molto attiva nella LLC-B all‘esordio, come è stato dimostrato dal gruppo tedesco, che ha recentemente pubblicato uno studio di fase II, dove 117 pazienti con diagnosi di LLC-B “untreated” (nella maggior parte stadio Binet avanzato) sono stati sottoposti a 6 cicli di immuno-chemioterapia secondo lo schema R-bendamustina (dose di bendamustina 90 mg/m2). La risposta globale è stata del 88% con il 23% di risposte complete e 65% di risposte parziali. Con una mediana di osservazione di 27 mesi, la sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 34 mesi. Tali dati sono risultati particolarmente incoraggianti e sempre il gruppo tedesco sta eseguendo un trial di fase III, dove il regime FCR viene comparato a quello Rbendamustina in pazienti con LLCB all’esordio, al fine di dimostrare la non inferiorità, di quest’ultimo, in termini di efficacia rispetto al classico regime FCR. A parità di efficacia il regime R-bendamustina potrebbe diventare il nuovo “gold standard” terapeutico vista la minore tossicità. in the management of chronic lymphocytic leukemia, ritximab-refractory indolent nonHodgkin’s lymphoma and multiple myeloma. Drugs 2012;72(14): 1929-1950. 3. Knauf WU, Lissitchkov T, Aldaoud A et al. Bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: update results of a randomized phase III trial. Br J Haematol 2012;159(1): 67-77. 4. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gution R et al. Bendamustine for patients with indolent B cell lymphoid malignancies including chronic lymphocytic leukemia. Cochrane Database Syst Rev 2012;9:CD009045. Bibliografia 1. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012;30(26): 3209-3216. 2. Hoy SM. Bendamustine: a review of its use 6 Linfoma non Hodgkin follicolare cutaneo in progressione di malattia in paziente con carcinoma vescicale e lieve I.R.C. A. Lucania U.O.C. Ematologia ,P.O. San Gennaro dei Poveri, ASL NA-1, Napoli Presentazione del caso Paziente e anamnesi Uomo di 55 anni, affetto da linfoma non Hodgkin follicolare cutaneo grado II stadio IIa FLIPI 2 diagnosticato nel 2008, in seguito a biopsia cutanea coscia sinistra, per comparsa di lesione cutanea pruriginosa e rilevata. All’anamnesi si evince un pregresso carcinoma vescicale, con asportazione completa della vescica e ricostruzione di essa da intestino. Il paziente, durante il ricovero per l’intervento chirurgico, ha contratto un’infezione da Candida albicans sistemica, con perdita completa dell’occhio destro; inoltre all’anamnesi si evidenziava diabete mellito tipo 2 in trattamento con ipoglicemizzanti orali e insufficienza renale, con valori di creatinina di 1,96-2,12 mg/dl. Esame obiettivo e indagini diagnostiche All’esame obiettivo il paziente presentava una lieve splenomegalia e linfonodi superficiali non palpabili. La TAC total body confermava la splenomegalia e, inoltre, evidenziava una lieve idronefrosi bilaterale. La TC/PET mostrava un iperaccumulo del tracciante con (SUV di 3,2) a livello della coscia sinistra sede della biopsia cutanea, BOM (biopsia osteomidollare) negativa per infiltrazione linfomatosa. La biopsia della lesione cutanea poneva una diagnosi di linfoma non Hodgkin centro-follicolare grado II con t(14;18), bcl 2 positivo, CD 10+ CD19+ CD20+. Lieve anemia con valori di Hb 11,3 g/dl LDH (lattatodeidrogenasi) elevato HIV (human immunodeficiency virus), HBV (Hepatitis B virus), HCV (Hepatitis C virus) negativi. Approccio terapeutico valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Il paziente inizia uno schema terapeutico con rituximab 375 mg/m2 con 4 somministrazioni settimanali e poi con una somministrazione bimestrale, per un totale di 8 somministrazioni interrotte per volontà del paziente. Alla rivalutazione di malattia praticata sia per la neoplasia vescicale che per il linfoma non Hodgkin, l’esame obiettivo mostrava una tumefazione linfonodale di circa 2 cm di diametro in inguinale sinistra. La TAC total body evidenziava un incremento della splenomegalia e la comparsa di tumefazioni linfonodali subcentimetriche a livello mesenterico, iliaca sinistra, incremento dell’idronefrosi bilaterale e lieve atrofia del rene destro. La TC/PET mostrava un iperaccumulo del tracciante, sia a livello inguinale sinistro (SUV 5,0) che a livello addominale (SUV 3,4). Il paziente pratica una biopsia linfonodale sinistra, che portava una diagnosi di linfoma non Hodgkin centrofollicolare grado III A con t(14;18) bcl2+, CD10+, CD19+, CD20+. Completa la stadiazione di malattia con BOM (biopsia osteomidollare), che era negativa. I valori della cretininemia, azotemia e clearance renale apparivano in incremento e quindi si evidenziava un peggioramento dell’insufficienza renale, accompagnata anche da uno scompenso dei valori della glicemia, al punto che il paziente pratica terapia insulinica. Il paziente viene avviato a una terapia con 6 cicli di R-bendamustina (bendamustina 90 mg/m 2 giorni 1-2; rituximab 375 mg/m2 giorno 1), con profilassi antibiotica con levofloxacina 500 mg 1 cp/die per 5 giorni e sulfametossazolo + trimetoprim 1 g 2 cp/die per 3 giorni la settimana, profilassi antimicotica con fluconazolo 100 mg 1 cp/die. Al paziente venivano controllati, quotidiana- 7 LINFOMA NON HODGKIN FOLLICOLARE CUTANEO IN PROGRESSIONE DI MALATTIA IN PAZIENTE CON CARCINOMA VESCICALE E LIEVE I.R.C. mente durante il ricovero e 2 volte la settimana a domicilio, la funzionalità renale e l’emocromo. Al termine dei 6 cicli di terapia il paziente pratica una rivalutazione di malattia con Tac total body, TC/PET, che mostrava una remissione completa di malattia. Il paziente inoltre, in corso di terapia e anche in seguito, non ha manifestato peggioramento dell’insufficienza renale, né riacutizzazione della candidosi o tossicità ematologica. 8 Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Benché il paziente abbia praticato una terapia solo con poche somministrazioni di rituximab, abbiamo scelto di intraprendere una terapia con bendamustina associata con rituximab sulla base delle esperienze cliniche pubblicate. Studi multicentrici hanno valutato la PFS (progression free survival), l’ORR (overall response rate) e la tossicità della combinazione rituximab-bendamustina, in particolare tossicità renale in pazienti con linfoma a basso grado. Abbiamo praticato 6 cicli di terapia con una dose di bendamustina 90 mg/m2 nei giorni 1-2, come raccomandato dalla maggior parte degli autori, anche se alcuni studi raccomandano che, nei casi di pazienti recidivati/ refrattari, si devono prevedere 4-6 cicli sulla base della tolleranza e delle comorbidità. Efficacia e sicurezza di bendamustina + rituximab in un caso di linfoma centrofollicolare pluritrattato A. Lucchesi, G. Musuraca, M. Ceccolini, S. Ronconi, M.B. Giannini, D. Cangini, F. Matteucci, L. Cecconetto, P.P. Fattori Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori IRCCS Presentazione del caso Paziente e anamnesi Paziente donna, nata nel 1955, exfumatrice, affetta da BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva). A Luglio del 2005, in seguito a metrorragia, viene rilevata una lesione della cervice uterina, istologicamente compatibile con un carcinoma squamocellulare moderatamente differenziato, infiltrante, G2. Indagini diagnostiche ed esame obiettivo Alla stadiazione con TC addome viene riscontrata una massa di 10x5 cm, che comprime l’uretere destro e determina idronefrosi (classificazione FIGO-Fédération Internationale de Gynécologie et d’ObstétriqueIIIb). La paziente completa un trattamento con 5 cicli di CDDP (cisplatino) + taxolo seguiti da radioterapia. A Gennaio del 2006 una TC torace rivela 9 formazioni nodulari polmonari (diametro massimo 6 mm); TC addome: residua massa addominale (non captante alla PET) di 4,5 x 2,7 cm. La PET-TC, eseguita a Marzo 2006, mostra un’area di aumentato metabolismo a livello di un voluminoso pacchetto adenopatico in sede ascellare sinistra (SUV massimo pari a 9,83); non captanti la massa addomi- nale e i noduli polmonari; viene posizionata una nefrostomia per idroureteronefrosi e si verifica la comparsa di edema della gamba destra; alla biopsia di un linfonodo, in sede ascellare sinistra, consegue una diagnosi di linfoma centro-follicolare, grado 3a. Approccio terapeutico La paziente viene sottoposta a 6 cicli di chemioterapia secondo lo schema R-CHOP 21 (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone); al termine si apprezza una risposta parziale, con riduzione del volume dei linfonodi ascellari a sinistra e della massa addominale e riduzione numerica e dimensionale dei micronoduli polmonari. Alla PET si evidenzia una residua lieve captazione in sede ascellare sinistra (SUV 3,15, in precedenza 9,83); si decide, quindi, di eseguire una radioterapia del cavo ascellare, con ottenimento di una risposta competa (RC); dopo 2 mesi, tuttavia, si registra l’evidenza di multiple linfoadenopatie sovra- e sottodiaframmatiche, con conferma istologica di recidiva di linfoma non Hodgkin (LNH) a cellule B (B) centro-follicolare, grado 3°; a questo punto viene proposta una terapia di salvataggio con chemioterapia ad alte dosi (IEV-ifo- sfamide, epirubicina, etoposide). A motivo dell’evidenza clinica di progressione dopo il primo ciclo, vengono quindi eseguiti 2 cicli secondo lo schema R-DHAP (desametasone, citarabina ad alte dosi e cisplatino), seguiti da condizionamento con BEAM (carmustina, etoposide, citarabina e melfalan) e trapianto autologo. La PET di fine trattamento risulta nuovamente negativa, compatibile con RC. A Febbraio del 2009 compaiono linfonodi addominali captanti alla PET; l’esame istologico risulta ancora compatibile con LNH centrofollicolare; la ricaduta è tuttavia caratterizzata da un quadro clinico “impegnativo”, con ricomparsa di idroureteronefrosi da compressione, TVP (trombosi venosa profonda) e ipoplasia midollare (cellularità del 25% senza aspetti displastici); si decide quindi di iniziare una terapia secondo lo schema rituximab-bendamustina (1) (rituximab 375 mg/m2 giorno 1, bendamustina 90 mg/m2 giorni 1 e 2; cicli ogni 28 giorni). In seguito al primo ciclo di terapia si osserva un miglioramento delle condizioni cliniche generali, tuttavia condizionate da citopenia, diarrea e un episodio di FUO (febbre di origine sconosciuta); i cicli successivi (2° e 3°) vengono eseguiti mantenendo gli stessi dosaggi dei farmaci e la 9 EFFICACIA E SICUREZZA DI BENDAMUSTINA + RITUXIMAB IN UN CASO DI LINFOMA CENTROFOLLICOLARE PLURITRATTATO “dose intensity”. Dopo il 3° ciclo si apprezza una riduzione della taglia di malattia prossima al 50%. Il 4° e il 5° ciclo, nonostante la leucopiastrinopenia, vengono condotti a dosi piene e ritmi regolari, con l’ausilio di filgrastim ed emotrasfusioni; si registrano comunque infezioni respiratorie ricorrenti (paziente con BPCO-broncopneumopatia cronicoostruttiva). Non viene eseguito il 6° ciclo: la TC mostra una riduzione della taglia delle masse linfonodali >90%; si prosegue con rituximab di mantenimento (2) (375 mg/m2 ogni 2 mesi). In corso di mantenimento, dopo 3 cicli, evidenza di RC (Ottobre 2010); la terapia viene definitivamente sospesa dopo il IV ciclo, a motivo di nuovi episodi infettivi e per la scarsa compliance della paziente. Dopo 2 anni di follow-up (Ottobre 2012), la paziente si presenta ancora in RC, documentata dalla PET, con una crasi ematica soddisfacente e una cenestesi buona, in assenza di tossicità a lungo termine. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il caso clinico descritto presenta, a nostro avviso, diverse peculiarità di notevole interesse clinico: • la prima di queste è la mancata progressione istologica nonostante l’aggressività del quadro, le diverse recidive e la sostanziale resistenza ai trattamenti proposti; • la seconda è sicuramente il ruolo dell’associazione bendamustinarituximab, iniziata alla ricaduta post-trapianto autologo, ed eseguita con successo a dosaggi pieni, a dispetto dell’insorgenza dei più comuni effetti avversi (mielo- tossicità, infezioni ricorrenti) in un soggetto pluritrattato (sia per la neoplasia solida, sia in seguito alla diagnosi di linfoma); la terapia ha permesso di ottenere un’ottima risposta, che è stata in seguito completata in corso di mantenimento con rituximab; • il terzo aspetto, indubbiamente interessante, è la durata della RC dopo la sospensione del suddetto mantenimento, significativamente maggiore rispetto a tutti i trattamenti eseguiti in precedenza (3). Nel nostro caso, quindi, appare evidente come l’associazione bendamustina-rituximab sia proponibile in qualsiasi fase della malattia e indipendentemente dal fallimento di precedenti linee terapeutiche, pur mantenendo un profilo di rischio accettabile in pazienti con compromissione della crasi ematica e della risposta immune (4). Bibliografia 1. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the treatment of mantle cell and low-grade non-Hodgkin's lymphoma. J Clin Oncol 2005;23(15):3383-3389. 2. Hochster H, Weller E, Gascoyne RD et al. Maintenance rituximab after cyclophosphamide, vincristine, and prednisone pro- 10 longs progression-free survival in advanced indolent lymphoma: results of the randomized phase III ECOG1496 Study. J Clin Oncol 2009;27(10):1607-1614. 3. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS, Van der Jagt RH, Tremmel L. Bendamustine produces durable responses with an acceptable safety profile in patients with rituximab-refractory indolent non-Hodgkin lymphoma. Clin Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10(6):452-457. 4. Rigacci L, Puccini B, Cortelazzo S et al. Bendamustine with or without rituximab for the treatment of heavily pretreated nonHodgkin's lymphoma patients : a multicenter retrospective study on behalf of the Italian Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol 2012;91(7):1013-1022. Efficacia del regime di combinazione rituximab e bendamustina nel trattamento del linfoma centrofollicolare di grado IIIa in prima linea: presentazione di un caso clinico M.T. Pirrotta, P. Bernardeschi U.O.S. Ematologia, Ospedale San Giuseppe, Empoli Presentazione del caso Anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente, una donna di 73 anni, è giunta alla nostra osservazione nel maggio 2010 in seguito alla comparsa di una adenopatia sovraclaveare destra di circa 2 cm di diametro. Per tale motivo abbiamo consigliato una biopsia linfonodale con successivo riscontro di un linfoma del centrofollicolo di alto grado (WHO 2008), di grado IIIa (WHO 2001). L’immunoistochimica mostrava una positivià per CD20, CD10, BCL2, e BCL6; il MIB-1 era valutato in circa il 30%. Una volta ottenuta la diagnosi, abbiamo completato la stadiazione con una TAC collo/torace/addome che mostrava la presenza di adenopatie sovrae sotto-diaframmatiche, in particolare grossolane adenopatie addominali confluenti in sede celiaca, lombo-aortica, interaortocavale, iliaca, retrocrurale e nel ventaglio mesenteriale. Anche la PET confermava la presenza di malattia, sia sotto- che sopra-diaframmatica. La biopsia osteomidollare non mostrava evidenza di localizzazione linfomatosa. Le principali indagini laboratoristiche, in particolare la lattatodeidrogenasi e l’emoglobina, erano nella norma; abbiamo quindi concluso per un linfoma centrofollicolare in stadio IIIA, vista l’assenza di sintomi sistemici con un FLIPI pari a 3 per età, sedi linfonodali coinvolte e stadio. Approccio terapeutico L’indicazione all’inizio di un trattamento nel linfoma follicolare dipende dalla presenza di sintomi legati alla patologia o di grosse masse linfomatose: spesso, infatti, ci si limita a un atteggiamento di watch and wait. Nel nostro caso abbiamo deciso di intraprendere subito una terapia specifica alla luce della presenza di una grossa massa di malattia e del grading citologico (IIIa). Il trattamento di prima linea dei linfomi follicolari prevede l’associazione di rituximab (anticorpo monoclonale antiCD20) con uno schema di polichemioterapia. Al momento del trattamento della nostra paziente la terapia di prima linea non era standardizzata: in particolare vi era la possibilità di ricorrere a schemi tipo CVP (ciclofosfamide, vincristi- na, prednisone), CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) o FCM (fludarabina, ciclofosfamide, novantrone). Nel nostro caso, per la scelta terapeutica ci siamo basati su dati di letteratura recente, non dimenticando la volontà della paziente. In particolare quest’ultima era molto restia a iniziare una chemioterapia alopecizzante. Sulla base delle evidenze di efficacia e buona tollerabilità in prima linea indicate all’epoca in una comunicazione al congresso della American Society of Haematology da Rummel et al. abbiamo deciso di intraprendere un trattamento con rituximab e bendamustina. In particolare abbiamo programmato 6 cicli di terapia con rituximab 375 mg/m2 e.v. il giorno 1, seguito da bendamustina 90 mg/m2 e.v. i giorni 2 e 3 di terapia. La paziente ha tollerato bene il trattamento. Per quanto concerne la tossicità ematologica, dopo il primo ciclo abbiamo assistito a una neutropenia G4, in occasione della quale la paziente ha presentato febbre, quest’ultima regredita con la terapia antibiotica e il fattore di crescita granulocitario. Nei cicli successivi abbiamo eseguito una profilassi della neutropenia 11 EFFICACIA DEL REGIME DI COMBINAZIONE RITUXIMAB E BENDAMUSTINA NEL TRATTAMENTO DEL LINFOMA CENTROFOLLICOLARE DI GRADO IIIA IN PRIMA LINEA: PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO con G-CSF senza particolari problematiche. Non sono state osservate altre tossicità né ematologiche né extra-ematologiche. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Al termine del programma terapeutico la paziente ha eseguito una TAC torace-addome e una PET di restaging, risultate entrambe negative per localizzazione di malattia. Al momento dell’ultima visita effettuata la paziente era in buone condizioni generali, non riferiva alcun disturbo clinico rilevante e gli esami strumentali ed ematochimici confermavano il quadro di remissione completa dopo 2 anni e 4 mesi dal completamento della terapia. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Nonostante i miglioramenti ottenuti nella terapia dei linfomi indolenti dopo l’introduzione del rituximab, circa il 15% dei pazienti ha una malattia resistente e dopo una mediana di circa 5 anni circa il 50% dei pazienti che ottengono una remissione inevitabilmente ricade. Recentemente Rummel et al. hanno pubblicato i risultati dell’associazione di rituximab e bendamustina nell’ambito dei linfomi indolenti. La bendamustina, farmaco citostatico di vecchia generazione, è stata quindi recentemente rivalutata per le affinità sia con agenti alchilanti che con gli analoghi purinici. Da un’analisi multivariata dello studio di Rummel et al. si sono dimostrati ottimi livelli di risposta, durata della risposta e tollerabilità nel sottogruppo dei linfomi follicolari; inoltre la tolleranza è stata buona, osservando solo neutropenia e piastrinopenia per quanto riguarda la tossicità ematologica e nausea di grado I/II per quanto riguarda la tossicità extra-ematologica. Praticamente assenti le morti in induzione, l’ospedalizzazione, l’alopecia e la cardiotossicità. Tutto ciò rende la bendamustina un farmaco maneggevole da utilizzare anche in pazienti anziani che, come sappiamo, rappresentano la maggior parte dei pazienti affetti da linfoma. In conclusione, quindi, l’associazione rituximab e bendamustina rappresenta un’ottima opzione terapeutica per il trattamento in prima linea del linfoma follicolare (anche di grado III) nel paziente anziano, sia per l’efficacia che per il buon profilo di tollerabilità. Bibliografia • Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ, et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the treatment of mantle cell and low-grade non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 12 2005;23(15):3383-3389. • Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G, et al. Bendamustine plus rituximab versus CHOP plus rituximab as first-line treatment for patients with indolent and man- tle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial. Lancet 2013;381(9873):1203-1210. Un caso di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B plurirecidivato: ottenimento della remissione completa con bendamustina più rituximab S. Conca. L. Salvagno U.O. di Oncoematologia Ospedale di Vittorio Veneto (TV) Presentazione del caso Paziente e anamnesi Paziente di sesso femminile di 72 anni giunge, alla nostra prima osservazione, nel 2007. La diagnosi bioptica è di linfoma non-Hodgkin diffuso B a grandi cellule con localizzazione linfonodale sopra e sotto-diaframmatica e polmonare; non emergono comorbidità di rilievo e viene eseguita una chemioterapia secondo lo schema R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) -14 x 6 cicli + 2 rituximab e successiva radioterapia su residuo polmonare alla PET. Le terapie vengono concluse a luglio del 2007. Nel dicembre 2008 si evidenzia, alla PET, una recidiva di malattia a livello linfonodale e polmonare. La paziente viene candidata a terapia con RGEMOX (gemcitabina e oxaliplatino) x 6 cicli e successiva RT su residuo addominale, con completamento delle terapie nell'agosto 2009. Nel gennaio 2011 si manifesta una nuova recidiva di malattia a livello linfonodale addominale (conferma istologica) e polmonare, per cui viene eseguita una terza linea di terapia secondo lo schema settimanale VACOP-B (con antraciclina liposomiale) x 8 sedute e successiva RT in sede inguinale destra. La TAC di rivalutazione evidenzia la persistenza di malattia a livello polmonare. Pertanto, da giugno del 2011, la paziente viene sottoposta a nuova linea di terapia (la quarta) secondo lo schema MVP-BV (mitoxantrone, VP16, prednisone, bleomicina, vincristina) x 4 cicli ottenendo una remissione parziale. Tale trattamento è stato complicato da mucosite di grado 2 secondo WHO, astenia, crisi ipertensiva con tachicardia, che ha richiesto l‘introduzione di una terapia cardioattiva. Nel mese di aprile 2012 la paziente viene ricoverata presso la Divisione Medica per febbre e addensamenti polmonari. La TAC evidenza una ripresa di malattia a livello polmonare, con presenza di plurimi addensamenti polmonari nodulari bilaterali e comparsa di linfoadenopatie mediastiniche e addominali. Approccio terapeutico Alla luce dei molteplici trattamenti eseguiti, dell'età della paziente (77 anni) e della necessità di eseguire un trattamento data la situazione clinica, è stata proposta una terapia con R-bendamustina alla dose di 70 mg/m2 g 1-2 e rituximab 375 mg/m2 g 1 con riciclo ogni 28 giorni. Viene eseguita una profilassi della neutropenia con fattore di crescita granulocitario. La terapia è ben tollerata, con recupero completo del quadro clinico. Una TAC, eseguita dopo il IV ciclo, dimostra la completa risoluzione degli addensamenti polmonari e delle linfoadenopatie. Vengono somministrati 2 ulteriori cicli di terapia a dosi ridotte per lieve leucopenia prolungata. A 3 mesi dalla fine della terapia la TAC conferma il buon mantenimento della risposta ottenuta, l'obiettività risulta negativa e lo stato clinico buono. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche La terapia con bendamustina ha permesso di ottenere una risposta completa di malattia in una paziente con linfoma non-Hodgkin ad alto grado di malignità, recidivato dopo 4 linee di terapia e con presenza di localizzazioni polmonari e linfonodali. Tale trattamento è stato eseguito senza particolare tossicità (sia ematologica che non ematologica), con miglioramento delle condizioni cliniche e buona compliance. 13 UN CASO DI LINFOMA NON HODGKIN DIFFUSO A GRANDI CELLULE B PLURIRECIDIVATO: OTTENIMENTO DELLA REMISSIONE COMPLETA CON BENDAMUSTINA PIÙ RITUXIMAB Non si è verificata alcuna complicanza infettiva e non è stato necessario ricoverare la paziente per tut- ta la durata del trattamento. Bendamustina più rituximab può essere una valida opzione terapeu- tica per i pazienti anziani con linfoma non Hodgkin recidivato o plurirecidivato (1,2). Ann of Oncology 2002;13(8):1285-1289. in elderly and frail patients with aggressive B non- Bibliografia 1. Weidmann E, Kim SZ, Rost A et al. 14 Bendamustine is effective in relapsed or refrac- 2. Horn J,Kleber M,Hieke S et al.Treatment option Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and toler- tory aggressive non-Hodgkin's lymphoma. of bendamustine in combination with rituximab ance. Ann Haematol 2012;91(10):1579-1586. Efficacia di bendamustina in paziente affetta da linfoma a grandi cellule B dopo terapia di prima linea R. Emili, A. Pietramaggiori, A. Manni, A. Gon Amerelli, F. Artioli, P. Nasuti UO di Medicina Oncologica dell’Ospedale di Carpi, DHO Ospedale di Mirandola, AUSL Modena Presentazione del caso Paziente e anamnesi Nell’aprile 2010 giunge, alla nostra attenzione, una paziente di sesso femminile di 67 anni. All’anamnesi patologica remota si segnalano: • intervento chirurgico nel 1969 per cisti ovariche; • isterectomia nel 1976 per fibroma; • ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico; • sindrome ansioso-depressiva; • multiple allergie a farmaci e alimenti. All’anamnesi patologica prossima, per il riscontro di tumefazioni laterocervicali, la paziente esegue, su indicazione del medico curante, una TC addome senza MdC (mezzo di contrasto), che evidenzia multiple linfoadenomegalie ed esami ematici che risultano nella norma. Esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente si presenta asintomatica e in buone condizioni generali; si rilevano multiple adenopatie in sede laterocervicale, ascellare e inguinale bilateralmente del diametro di circa 2 cm. Gli esami ematobiochimici mostrano un aumento sia del valore dell’LDH (lattato-deidrogenasi) che della beta2-microglobulina. La biopsia linfonodale e osteomidollare permette di porre diagnosi di linfoma delle cellule B mature, diffuso a grandi cellule, con coinvolgimento midollare. La TC total body con MdC conferma la presenza di adenopatie in sede sopra- e sottodiaframmatica. La paziente effettua 6 cicli totali di chemioterapia di seconda linea secondo lo schema bendamustina 90 mg/m2 per 2 giorni (giorni 1 e 2 ogni 21), al dosaggio ridotto del 25%, completando la terapia nel marzo 2012. Approccio terapeutico Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La paziente inizia la terapia secondo lo schema rituximab-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) per 6 cicli, che termina nell’ottobre 2010, con l’ottenimento di una buona risposta parziale; a Marzo 2011 si ricovera per il riscontro di tachicardia ventricolare non sostenuta ed evidenza di una miocardiopatia dilatativa secondaria alla terapia con antracicline. La TC total body, effettuata a giugno 2011, evidenzia una progressione di malattia sia a livello sopra- che sottodiaframmatico; gli esami ematobiochimici mostrano una leucocitosi con linfocitosi assoluta. Nell’ottobre 2011, dopo l’autorizzazione del Nucleo Operativo Provinciale di Modena, trattandosi di un impiego supportato da dati derivanti da studi di fase II, e in assenza di valide alternative terapeutiche, si inizia la terapia con bendamustina. In considerazione della grave cardiopatia post-terapia rituximab-CHOP si decide di utilizzare bendamustina in monoterapia al dosaggio ridotto del 25%; la tolleranza al trattamento è buona e la paziente non presenta alcuna tossicità d’organo né aggravamento della cardiopatia. Le rivalutazioni cardiologiche con ECG (elettrocardiogramma), ecocardiogramma ed ECG Holter rimangono stabili per tutta la durata della terapia di seconda linea, con necessità solo della terapia farmacologica. Post-6° ciclo la paziente sviluppa una neutropenia severa non febbrile, per cui si somministra il fattore di crescita granulocitario e, successivamente, presenta un episodio di dispnea da sforzo con segni di stasi, che si risolve con l’aggiustamento della terapia cardiologica. 15 EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTA DA LINFOMA A GRANDI CELLULE B DOPO TERAPIA DI PRIMA LINEA con attività clinica nel trattamento dell’LNH. La terapia con bendamustina, utilizzata come singolo agente, ha permesso nel nostro caso l’ottenimento di una VGPR in una paziente con grave cardiopatia post-terapia di prima linea con rituximab-CHOP. Il farmaco è stato ben tollerato e non è stato osservato nessun effetto collaterale durante l’infusione; la paziente non ha presentato nessuna complicanza infettiva e alcuna necessità di ricovero durante il trattamento. Nel nostro caso l’impiego di un fattore di crescita granulocitario ha permesso di annullare la grave neutropenia post-6° ciclo di terapia con bendamustina. La paziente prosegue attualmente il followup ambulatoriale, persiste la risposta ottenuta al termine della terapia di seconda linea (al followup attuale, effettuato a 13 mesi dalla fine della terapia con bendamustina). In conclusione bendamustina è un farmaco estremamente ben tollerato ed efficace nel trattamento del linfoma a grandi cellule B dopo una precedente linea di terapia. • Cheson BD, Rummel MJ. Bendamustine: Pharmacokinetic evaluation and therapeutic the treatment of heavily pretreated non- rebirth of an old drug. J Clin Oncol activity of bendamustine in B-cell lymphoma Hodgkin’s lymphoma patients: a multicenter 2009;27:1492-1501. malignancies. Expert OpinDrugMetabToxicol retrospective on behalf of the Italian • Leoni LM. Conclusion and future directions. 2012;8 (11):1455-1468. Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol • Rigacci L, Puccini B, Cortellazzo S et al. 2012;91(7):1013-1022. Una rivalutazione con TC, al termine dei 6 cicli di terapia, evidenzia una VGPR (very good partial response). A oltre 1 anno dal termine della terapia la paziente mantiene la risposta ottenuta e la rivalutazione cardiologica non mostra segni di scompenso cardiocircolatorio. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Bendamustina HCl è un derivato bifunzionale della mecloretamina Bibliografia Semin Hematol 2011;48(Suppl.1);S37-S38. • Korycka-Wolowiec 16 A, Robak T. Bendamustine with or without rituximab for Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B, refrattario a più linee di terapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche F. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia Ematologia con Trapianto, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico, Bari Presentazione del caso Paziente e anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente è una donna di 44 anni, giunta alla nostra osservazione nell’Agosto del 2005 per linfoadenomegalia, iperpiressia e sudorazione notturna. L’anamnesi era negativa per familiarità per neoplasie e l’esame obiettivo evidenziava adenomegalie sovraclaverari bilateralmente, con un diametro compreso tra 2 e 4 cm. La successiva biopsia permetteva di formulare la diagnosi di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B. Il completamento delle indagini permetteva di definire uno stadio IIIB. Approccio terapeutico La paziente era, quindi, avviata a trattamento chemioterapico di prima linea con 6 cicli di R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone), ottenendo la remissione completa. Nel Novembre del 2006, alla TC di restaging, si evidenziava la comparsa di linfoadenomegalie sovraclaveare e mediastiniche e quindi veniva pri- ma sottoposta a 2 cicli di chemioterapia di salvataggio secondo lo schema R-DHAP (rituximab-cisplatino-citosina arabinoside ad alte dosi), con successiva aferesi di cellule staminali emopoietiche periferiche. Alla PET/TC di ristadiazione si evidenziava l’ottenimento della remissione completa e successivamente veniva sottoposta ad autotrapianto di cellule staminali emopoietiche (regime di condizionamento: BEAM-carmustina, etoposide, citarabina, melfalan). La TC di ristadiazione, effettuata nel gennaio 2011, evidenziava una ripresa di malattia a livello polmonare; la paziente veniva sottoposta a biopsia mediante minitoracotomia, che confermava la diagnosi di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B; non avendo un familiare compatibile, veniva inserita nel registro per eventuale trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore non consanguineo e avviata a trattamento chemioterapico secondo lo schema R-IEV (rituximab, ifosfamide, etoposide, epirubicina), con tossicità ematologica di grado severo e iperpiressia. Dopo 4 cicli di chemioterapia si evidenziava una persistenza dell’attività di malattia, con una lieve riduzione della SUV alla PET/TC e veniva avviata a trattamento con rituximab 375 mg/m2 g 1 e bendamustina 90 mg/m2 g 1,2 ogni 4 settimane, che è risultato essere ben tollerato e senza tossicità di grado severo. Dopo 4 cicli si evidenziava una remissione della malattia e la paziente veniva avviata a ulteriori 2 cicli. Attualmente è in remissione completa ed è in programma per essere sottoposta a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche a intensità ridotta con donatore non consanguineo. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Un terzo di pazienti affetti da linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B, recidiva dopo terapia di 1 linea e tende a divenire refrattario al trattamento. Nei pazienti in recidiva che rispondono a particolari condizioni e con una malattia chemiosensibile il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche rappresenta lo standard di cura. Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia di regimi chemioterapici di salvataggio in pazienti recidivati o refrattari come R-DHAP, R-ICE, RGemOx. Alcuni studi hanno dimo- 17 EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA NON HODGKIN DIFFUSO A GRANDI CELLULE B, REFRATTARIO A PIÙ LINEE DI TERAPIA, COMPRESO IL TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE favorevole profilo di tossicità in previsione di avviare la paziente al trapianto allogenico ad intensità ridotta. Il trattamento si è dimostrato oltre che ben tollerato, anche efficace e ci ha permesso di portare la paziente al trapianto allogenico in fase di remissione completa. Il dosaggio di 90 mg/m2 e l’interciclo di 28 giorni in associazione al rituximab si sono dimostrati efficaci e non vi sono state complicanze infettive nonostante si trattasse di una paziente pluritrattata già sottoposta a trapianto autologo. Il nostro caso evidenzia la sicurezza e l’efficacia della bendamustina in una paziente affetta da linfoma diffuso a grandi cellule B pluritrattata, refrattaria al trattamento e già sottoposta a trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche e quindi la possibilità di utilizzo in questo subset come “bridge” al trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche. • Clavert A, Le Gouill S, Brissot E, Dubruille V et Multicenter phase II study of bendamustine Reduced-intensity conditioning followed by al. Reduced-intensity conditioning allogeneic plus rituximab in patients with relapsed or related allografts in hematologic malignan- stem cell transplant for relapsed or transformed refractory diffuse large B-cell lymphoma. J cies: long-term outcomes most successful in aggressive B-cell non-Hodgkin lymphoma. Clin Oncol 2013;31(17):2103-2109. indolent and aggressive non-Hodgkin lym- Leuk Lymphoma 2010;51(8):1502-1508. • Schmitz N, Nickelsen M, Glaß B. Autologous phomas. Biol Blood Marrow Transplant • Horn J, Kleber M, Hieke S, Schmitt-Gräff A, or allogeneic transplantation in B- and T-cell 2011l;17(7):1025-1032. Wäsch R, Engelhardt M. Treatment option of lymphomas. Best Pract Res Clin Haematol • Weidmann E, Neumann A, Fauth F et al. bendamustine in combination with rituximab 2012;25(1):61-73. Phase II study of bendamustine in combi- in elderly and frail patients with aggressive B- • van Besien K. Current status of allogeneic nation with rituximab as first-line treat- non-Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and transplantation for aggressive non-Hodgkin ment in patients 80 years or older with strato l’efficacia dell’associazione bendamustina e rituximab in pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B recidivati o refrattari. Il paziente del caso clinico è risultato refrattario a numerose linee di chemioterapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche, era in progressione dopo terapia con R-IEV. Abbiamo deciso di impiegare la bendamustina in questa fase di malattia in considerazione del Bibliografia 18 tolerance. Ann Hematol 2012;91(10):1579-1586. lymphoma. Curr Opin Oncol 2011;23(6):681-691. aggressive B-cell lymphomas. Ann Oncol • Ohmachi K, Niitsu N, Uchida T et al. • Warlick ED, Tomblyn M, Cao Q et al. 2011;22(8):1839-1844. Efficacia della bendamustina in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin in ricaduta dopo autotrapianto di cellule staminali emopoietiche e refrattaria a terapia con brentuximab vedotin E. Derenzini Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli”, Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Z.E. è una paziente di 24 anni affetta da linfoma di Hodgkin diagnosticato nel Giugno 2008, in stadio IIA con adenopatie sottodiaframmatiche non “bulky”. La paziente non presenta rilevanti comorbidità; inizialmente refrattaria a prima linea standard secondo lo schema ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina), era stata successivamente trattata con seconda linea di chemioterapia secondo lo schema IEV (ifosfamide, epirubicina, etoposide), seguita da autotrapianto di cellule staminali emopoietiche e radioterapia di consolidamento sui linfonodi laterocervicali terminati nel Luglio 2009. Tale approccio di terapia combinata aveva consentito di indurre una remissione completa. Indagini diagnostiche ed esame obiettivo Nel Marzo 2011 una TAC e una PET mostravano la presenza di adenopatie sovradiaframmatiche patologiche e di una lesione polmonare: una biopsia di un’adenopatia laterocervicale permetteva di porre diagnosi di recidiva di linfoma di Hodgkin; nella norma l’obiettività e la biopsia osteomidollare risultava negativa. Gli esami ematochimici non rilevavano alterazioni significative, eccetto una VES di 20 mm/ora e la paziente era in condizioni cliniche buone, asintomatica. La paziente risultava inoltre HLA (human leukocyte antigen)-identica al fratello e, pertanto, candidabile a trapianto allogenico di midollo osseo. Approccio terapeutico Inizialmente, dopo la conferma istologica di recidiva, la paziente ha eseguito un trattamento di terza linea con brentuximab vedotin, nell’ambito di un utilizzo compassionevole. Sono state eseguite 9 somministrazioni, terminate nel Marzo 2012, senza ottenere risposta. Successivamente, data la progressione di malattia evidenziata a una PET eseguita dopo la nona somministrazione, è stata trattata in regime di Day Hospital con 5 cicli di bendamustina (bendamustina 90 mg/m2 giorno 1-2, ogni 28 giorni), a dosi piene. La terapia è stata ben tollerata senza complicanze di rilievo. Una PET, eseguita dopo il secondo ciclo di terapia, ha mostrato un quadro di sostanziale stabilità. Dopo esecuzione di ulteriori 3 cicli di terapia un’ulteriore PET di rivalutazione ha evidenziato una remissione parziale. A questo punto, dopo ottenimento della remissione parziale, la paziente è stata sottoposta a trapianto allogenico di midollo a intensità ridotta dal fratello. Aggiustamenti terapeutici Durante il trattamento non si sono resi necessari aggiustamenti terapeutici e la paziente non ha mostrato mielotossicità o tossicità extraematologiche rilevanti. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche In questa paziente refrattaria a multiple linee di terapia, ricaduta dopo autotrapianto di midollo osseo, e dopo fallimento della terapia con brentuximab vedotin, abbiamo optato per l’utilizzo della terapia con bendamustina, sulla base dei dati di efficacia disponibili in letteratura (1-3). In questa tipologia di paziente ricaduto refrattario, ma ancora candidabile a trapianto allogenico di midol- 19 EFFICACIA DELLA BENDAMUSTINA IN UNA PAZIENTE AFFETTA DA LINFOMA DI HODGKIN IN RICADUTA DOPO AUTOTRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE E REFRATTARIA A TERAPIA CON BRENTUXIMAB VEDOTIN lo osseo da donatore familiare, la bendamustina appare indicata al fine di condurre il paziente al trapianto allogenico in una condizione di risposta; inoltre bisogna sottolineare il fatto che in questo caso specifico la bendamustina si è dimostrata efficace anche dopo fallimento della terapia con brentuximab vedotin, permettendo di condurre la paziente a una procedura potenzialmente curativa come il trapianto allogenico, che altrimenti sarebbe stato controindicato in una condizione di refrattarietà. In conclusione in questa paziente pluritrattata e refrattaria al brentuximab vedotin, la terapia con bendamustina ha indotto una risposta parziale, che ha consentito l’esecuzione di un trapianto allogenico di midollo osseo. In quest’ottica l’utilizzo della bendamustina come “ponte” per il trapianto allogenico, in pazienti ricaduti refrattari anche dopo fallimento del brentuximab vedotin, merita ulteriori studi in trial clinici dedicati. and safety of bendamustine for the treatment in relapsed or refractory Hodgkin lymphoma: Bibliografia 1. Moskowitz AJ, Hamlin PA, Perales M-A et al. 20 Phase II study of bendamustine in relapsed of patients with recurring Hodgkin lym- a retrospective analysis of the French com- and refractory Hodgkin lymphoma. J Clin phoma. Br J Haematol 2013;160(2):207-215. passionate use program in 28 patients. Leuk Oncol 2013;31(4):456-460. 3. Ghesquieres H, Stamatoullas A, Casasnovas Lymphoma 2013 [Epub ahead of Print]. 2. Corazzelli G, Angrilli F, D'Arco A et al. Efficacy O et al. Clinical experience of bendamustine Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma di Hodgkin refrattario a più linee di terapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche e il trattamento con brentuximab vendotin F. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia Ematologia con Trapianto, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico, Bari Presentazione del caso Paziente e anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente è una donna di 37 anni, giunta alla nostra osservazione, nel Novembre del 2011, per linfoadenomegalia, iperpiressia, sudorazione notturna e prurito. L’anamnesi risultava negativa per familiarità per neoplasie e l’esame obiettivo evidenziava adenomegalie laterocervicali bilateralmente e sovraclaverari a sinistra, di diametro compreso tra 2 e 4 cm. La successiva biopsia permetteva di formulare la diagnosi di linfoma di Hodgkin classico scleronodulare (CD15, CD45, CD30 positivo). Il completamento delle indagini permetteva di definire uno stadio IIB bulky mediastinico (con un’estensione dal mediastino superiore fino alla cupola diaframmatica). Approccio terapeutico La paziente veniva, quindi, avviata a trattamento chemioterapico di I linea con ABVD (doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina). La PET/TC, dopo 2 cicli e dopo 4 cicli, evidenziava una persistenza di attività di malattia. La paziente veniva avviata a terapia mobilizzante con ciclofosfamide ad alte dosi e successiva aferesi di cellule staminali emopoietiche periferiche. Dopo la raccolta delle cellule staminali emopoietiche la paziente veniva prima sottoposta a 2 cicli di chemioterapia secondo lo schema BEACOPP (bleomicina, etoposide, adriamicina, ciclofosfamide, vincristina, procarbazina, prednisone) intensificato con l’ottenimento della remissione completa e, successivamente, sottoposta ad autotrapianto di cellule staminali emopoietiche (regime di condizionamento: BEAMBCNU, etoposide, citarabine e melphalan). La PET/TC di ristadiazione, effettuata 3 mesi dopo la terapia ad alte dosi, evidenziava una ripresa di malattia a livello precarenale e la paziente veniva sottoposta a biopsia mediante minitoracotomia, che confermava la diagnosi di linfoma di Hodgkin; non esistendo un familiare compatibile veniva inserita nel registro per eventuale trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore non consanguineo e avviata a trattamento chemioterapico secondo lo schema IGEV (ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina). Dopo 2 cicli di trattamento si evidenziava una persistenza di malat- tia e la paziente veniva avviata a trattamento citostatico con brentuximab vendotin. Dopo le prime 2 infusioni si evidenziava una persistenza dell’attività di malattia, con una lieve riduzione della SUV (standardized uptake value) alla PET/TC; dopo 4 infusioni si evidenziava un incremento numerico e dimensionale delle aree di captazione e la paziente veniva avviata a trattamento con bendamustina 90 mg/m2 g 1,2 ogni 4 settimane. Dopo 2 cicli si evidenziava una remissione della malattia e la paziente veniva avviata a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche a intensità ridotta con donatore non consanguineo; attualmente è in remissione completa con un follow-up di 7 mesi dal trapianto. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche A tutt’oggi circa il 20% dei pazienti affetti da linfoma di Hodgkin è resistente al trattamento; la chemioterapia ad alte dosi, con la reinfusione di cellule staminali autologhe, ha migliorato la sopravvivenza libera da malattia nei pazienti affetti da linfo- 21 EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN REFRATTARIO A PIÙ LINEE DI TERAPIA, COMPRESO IL TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE E IL TRATTAMENTO CON BRENTUXIMAB VENDOTIN ma di Hodgkin in recidiva o refrattari alla terapia di I linea. La metà circa dei pazienti recidiva dopo la terapia ad alte dosi; fattori prognostici della recidiva sono la durata della prima remissione completa, la refrattarietà alla terapia di I linea, la risposta alla terapia di salvataggio. Il paziente del caso clinico è risultato refrattario a numerose linee di chemioterapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche, è in progressione dopo terapia con brentuximab ven- dotin, e in attesa di essere sottoposto a trapianto allogenico a intensità ridotta. Abbiamo deciso di impiegare la bendamustina in questa fase di malattia in considerazione del favorevole profilo di tossicità e dell’efficacia dimostrata. Il trattamento si è dimostrato, oltre che ben tollerato, anche efficace e ci ha permesso di portare la paziente al trapianto allogenico in fase di remissione completa. Sono stati effettuati solo 2 cicli di bendamustina, vista l’ottima risposta e la dispo- nibilità del donatore di cellule staminali emopoietiche. Il dosaggio di 90 mg/m2 e l’interciclo di 28 giorni sono stati efficaci e non vi sono state complicanze infettive. Il nostro caso conferma la sicurezza e l’efficacia della bendamustina in una paziente pluritrattata, sottoposta a trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche e a brentuximab vendotin e, quindi, la possibilità di utilizzo come “bridge” al trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche. Lymphoma 2013 (Mar 13). Brentuximab vedotin (SGN-35) in patients Bibliografia • Corazzelli G, Angrilli F, D'Arco A et al. Efficacy 22 and safety of bendamustine for the treatment • Moskowitz AJ. Novel agents in Hodgkin with transplant-naive relapsed/refractory of patients with recurring Hodgkin lym- lymphoma. Curr Oncol Rep 2012;14(5):419- Hodgkin lymphoma. Leuk Lymphoma 2013 phoma. Br J Haematol 2013;160(2):207-215. 423. (Mar 27). • Ghesquières H, Stamatoullas A, Casasnovas • Moskowitz AJ, Hamlin PA Jr, Perales MA et al. • Zinzani PL, Viviani S, Anastasia A et al. O et al. Clinical experience of bendamustine Phase II study of bendamustine in relapsed Brentuximab vedotin in relapsed/refractory in relapsed or refractory Hodgkin lymphoma: and refractory Hodgkin lymphoma. J Clin Hodgkin's lymphoma: Italian experience and a retrospective analysis of the French com- Oncol 2013;31(4):456-460. results of the use in the daily clinic outside passionate use program in 28 patients. Leuk • Sasse S, Rothe A, Goergen H et al. clinical trials. Haematologica 2013 (May 3).