Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale
Volume 8
Indice
Un caso di anemia emolitica in leucemia linfatica cronica B risolto con l’utilizzo
di uno schema immuno-chemioterapico contenente bendamustina
3
G. Bertoldero, C. Minotto
Bendamustina in associazione a rituximab in prima linea in paziente
con leucemia linfatica cronica esordita con anemia emolitica
5
M. Tani, B. Castagnari, C. Cellini, A. Zaccaria
Linfoma non Hodgkin follicolare cutaneo in progressione di malattia in paziente
con carcinoma vescicale e lieve I.R.C.
7
A. Lucania
Efficacia e sicurezza di bendamustina + rituximab in un caso di linfoma
centrofollicolare pluritrattato
9
A. Lucchesi, G. Musuraca, M. Ceccolini, S. Ronconi, M.B. Giannini, D. Cangini, F. Matteucci, L. Cecconetto, P.P. Fattori
Efficacia del regime di combinazione rituximab e bendamustina nel trattamento
del linfoma centrofollicolare di grado IIIa in prima linea:
presentazione di un caso clinico
11
M.T. Pirrotta, P. Bernardeschi
Un caso di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B plurirecidivato:
ottenimento della remissione completa con bendamustina più rituximab
S. Conca. L. Salvagno
13
Efficacia di bendamustina in paziente affetta da linfoma a grandi cellule B
dopo terapia di prima linea
15
R. Emili, A. Pietramaggiori, A. Manni, A. Gon Amerelli, F. Artioli, P. Nasuti
Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma non Hodgkin diffuso
a grandi cellule B, refrattario a più linee di terapia, compreso il trapianto autologo
di cellule staminali emopoietiche
17
E. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia
Efficacia della bendamustina in una paziente affetta da linfoma di Hodgkin
in ricaduta dopo autotrapianto di cellule staminali emopoietiche e refrattaria
a terapia con brentuximab vedotin
19
E. Derenzini
Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma di Hodgkin refrattario
a più linee di terapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali
emopoietiche e il trattamento con brentuximab vendotin
F. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia
21
Un caso di anemia emolitica in leucemia linfatica
cronica B risolto con l’utilizzo di uno schema
immuno-chemioterapico contenente bendamustina
G. Bertoldero, C. Minotto
U.O.C. di Oncologia ed Ematologia Oncologica, Ospedale Civile di Mirano (VE)
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Nel gennaio del 2011 giunse per la
prima volta alla nostra osservazione
il sig. C.G. di anni 63, inviato dal
Curante nell’Ambulatorio di
Ematologia per una spiccata leucocitosi (GB 47550 per µL con prevalente
linfocitosi) e modesta anemia macrocitica (Hb 11,2 g/dl con MCV 115,4
fL). Il Paziente era asintomatico, l’anamnesi patologica remota e prossima non significative e all’esame
obiettivo presentava un margine
epatico debordante 4 cm oltre l’arco
costale, un polo splenico apprezzabile a 2 cm, non erano palpabili linfomegalie nelle comuni stazioni di
repere. Tra gli esami ematochimici
spiccava la positività del test di
Coombs diretto e indiretto (quest’ultimo con titolo 1:32), un valore percentuale di reticolociti modestamente elevato (2,21%), aptoglobina consumata (13,2 mg/dl), bilirubina totale
aumentata (1,52 mg/dl prevalentemente indiretta), LDH nella norma.
L’analisi citofluorimetrica della popolazione linfocitaria evidenziò la proliferazione di elementi positivi per
CD19/CD20/CD23/CD5, con restrizione per le catene leggere kappa e
negativi per CD38 e CD10. L’analisi
citogenetica FISH mostrò nell’86% di
300 nuclei in interfase analizzati la
delezione interstiziale biallelica
13q14.3. L’indagine molecolare evidenziò la presenza di monoclonalità
per il riarrangiamento del gene per le
catene pesanti delle immunoglobuline. Gli accertamenti eseguiti consentirono di formulare la diagnosi di
anemia emolitica (AE) ben compensata in leucemia linfatica cronica B
(LLC-B) in stadio II sec Rai. Il Paziente
si presentò in Ambulatorio a marzo
2011, con ittero cutaneo e sclerale,
Hb 9,1 g/dl, leucociti 13840 (ALC
9900), bilirubina totale 2,37 mg/dl,
elevata conta reticolocitaria (361,5 x
109/L), aptoglobina pari a 7 mg/dl e
LDH 598 UI/L.
Approccio terapeutico
Venne sottoposto a terapia con desametasone ad alte dosi (Decadron 40
mg e.v. in bolo per 4 giorni consecutivi) per 3 cicli, con intervalli di 15
giorni senza beneficio.
A maggio 2011 iniziò quindi una terapia con rituximab al dosaggio di 375
mg/m2 per 4 dosi settimanali. Anche
il trattamento con l’anticorpo monoclonale anti-CD20 risultò inefficace
con persistenza di anemia (<8 g/dl) e
indici di emolisi elevati. Proponemmo
allora al Paziente una terapia specifi-
ca per la LLC-B con l’intenzione di
trattare la patologia di base per poter
risolvere la conseguente AE. Iniziò
quindi a Luglio 2011 terapia con
rituximab 375 mg/m2 il giorno 1, bendamustina 90 mg/m2 giorni 2 e 3,
mitoxantrone 10 mg/m2 giorno 1. Già
a 6 giorni dalla terapia gli indici di
emolisi erano in netto miglioramento
e il valore di Hb in chiaro aumento. Un
secondo ciclo con analoga schedula
venne eseguito dopo 28 giorni con
ulteriore miglioramento degli indici
di emolisi a 4 settimane dal riciclo: Hb
11,5 g/dl, bilirubina totale 1,62 mg/dl,
reticolociti 69 x 109/L, LDH 528, aptoglobina 6,56 mg/dl Da segnalare,
come evento avverso in entrambi i
cicli, una neutropenia di grado 3, non
febbrile, che richiese l’uso di fattore di
crescita granulocitario (filgrastim).
Nei successivi controlli mensili i parametri si avviarono verso la normalizzazione, che risultò completa a partire dal dicembre 2011. Si ottenne
anche una remissione della LLC-B
con assenza del clone leucemico nella citofluorimetria del sangue periferico. A tutt’oggi (a 24 mesi dalla terapia) il Paziente è in ottime condizioni
generali, con obiettività negativa,
assente linfocitosi periferica, emocromo nella norma, indici di emolisi
negativi ad esclusione di un Coombs
diretto positivo, indiretto negativo.
3
UN CASO DI ANEMIA EMOLITICA IN LEUCEMIA LINFATICA CRONICA B RISOLTO CON L’UTILIZZO DI UNO SCHEMA
IMMUNO-CHEMIOTERAPICO CONTENENTE BENDAMUSTINA
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
L’AE è una delle più comuni citopenie
autoimmuni presenti nella storia clinica dei pazienti affetti da LLC con
un’incidenza di circa il 7%, a cui si può
aggiungere una percentuale variabile tra il 7% e il 14% di pazienti con test
di Coombs diretto positivo senza evidenza clinica di emolisi. Se l’emolisi è
sintomatica e la LLC risulta essere
inattiva vi è indicazione a un trattamento immunosoppressivo, ad
esempio con steroide o il solo anticorpo monoclonale anti CD20. In
caso di refrattarietà, o presenza di
malattia attiva, è necessario trattare la
malattia di base con schemi terapeutici standard (chlorambucile, analoghi purinici, alchilanti associati a
rituximab). Dibattuto è l’uso di schemi terapeutici basati su analoghi
purinici in presenza di AE o Coombs
positivo. In letteratura è documentata
la comparsa di AE con l’utilizzo di fludarabina, più frequentemente in
monoterapia, spesso refrattaria al
trattamento, in percentuali molto
variabili (dal 2,5 % al 21%). È anche
vero che l’associazione con ciclofosfamide sembra ridurre, in maniera
significativa, l’incidenza di AE, che si
tratta generalmente di pazienti pluritrattati e non ultimo che l’AE fa parte
della storia clinica della LLC, rappresentando di per sé un fattore di
rischio per lo sviluppo di AE (1-4).
Fallita la terapia immunosoppressiva
standard e volendo trattare la malattia linfoproliferativa, proprio per
quanto sopra esposto, abbiamo ritenuto non consigliabile un trattamento con lo schema rituximab , fludarabina, ciclofosfamide (R-FC) orientandoci verso una terapia dotata di altrettanta efficacia e sicurezza, cioè l’utilizzo di bendamustina in associazione
con rituximab e mitoxantrone (BMR)
(5-7). Sono stati sufficienti 2 cicli di
terapia con BMR per spegnere il processo emolitico e ottenere anche una
prolungata remissione della LLC.
dence and predictors. Br J Haematol
2007;136(6):800-805.
4. Gonzalez H, Leblond V, Azar N et al. Severe
autoimmune hemolytic anemia in eight
patients treated with fludarabine. Hematol
Cell Ther 1998;40(3):113-118.
5. Wolfgang U, Knauf WU, Toshko Lissichau T et
al. Phase III randomized study of bendamustine compared with chlorambucil in previously
untreated patients with chronic lymphocytic
leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384.
6. Weide R, Pandorf A, Heymanns J, Köppler H.
Bendamustine/Mitoxantrone/Rituximab
(BMR): a very effective, well tolerated outpatient chemoimmunotherapy for relapsed and
refractory CD20-positive indolent malignancies. Final results of a pilot study. Leuk
Lymphoma 2004;45(12):2445-2459.
7. Köppler H, Fuss H, Hurtz HJ, Knigge O,
Losem C, Reschke D, Schmitz S, Weide R, Weiß
J, Hallek M; GCLLSG. Bendamustine plus
mitoxantrone for relapsed/refractory chronic
lymphocytic leukaemia (CLL): results of a multicentre phase II study of the German CLL
Study Group (GCLLSG). Br J Haematol
2012;158(2):238-241.
Bibliografia
1. Hodgson K, Ferrer G, Pereira A, Moreno C,
Montserrat E. Autoimmune cytopenia in
chronic lymphocytic leukaemia: diagnosis
and treatment. Br J Haematol 2011;154(1):1422.
2. D'Arena G, Cascavilla N. Chronic lymphocytic leukemia-associated autoimmune
hemolytic anemia. Leuk Lymphoma
2007;48(6):1072-1080.
3. Borthakur G, O'Brien S, Wierda WG et al.
Immune anaemias in patients with chronic
lymphocytic leukaemia treated with fludarabine, cyclophosphamide and rituximab--inci-
4
Bendamustina in associazione a rituximab in prima linea
in paziente con leucemia linfatica cronica esordita
con anemia emolitica
M. Tani, B. Castagnari, C. Cellini, A. Zaccaria
U.O. di Ematologia, Ospedale Santa Maria delle Croci, Ravenna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Presentiamo il caso clinico di un
uomo di 64 anni con anamnesi patologica remota negativa. Nel Maggio
del 2012, per astenia ingravescente,
si reca al Pronto Soccorso, dove gli
esami di laboratorio mettono in evidenza un’anemia severa (Hb 4,7
g/dl), una leucocitosi con linfocitosi
assoluta (WBC 52.100/mm3, Ly 85%)
e una piastrinopenia moderata (PLT
95.000/mm3). Durante il ricovero il
paziente esegue immunofenotipo
da sangue periferico, che consente
di giungere alla diagnosi di sindrome linfoproliferativa cronica B (LLCB). In considerazione del test di
Coombs positivo e dell’aptoglobina
inferiore a 0,1 si conclude per anemia emolitica autoimmune (MEA) in
LLC-B.
Indagini diagnostiche ed
esame obiettivo
All’esame obiettivo emergono adenomegalie in tutte le stazioni linfonodali superficiali del diametro
massimo di 2 cm, splenomegalia
moderata. A completamento il
paziente esegue gli esami di seguito
indicati.
• TAC total-body: presenza di numerose adenomegalie, che interessa-
no le principali stazioni linfonodali
del collo e, in particolare, la sede
latero-cervicale (diametri massimi
di circa 22 x 11 mm a destra e circa
26 x 13 mm a sinistra) e la regione
sottomandibolare (diametro massimo di 24 mm a destra e 18 mm a
sinistra). Linfonodi ingranditi sono
apprezzabili anche in sede retroclaveare bilaterale (diametro massimo di 16 mm a destra e 20 mm a
sinistra); si evidenziano altre adenopatie apprezzabili, in sede ascellare, con diametro massimo di circa 2 cm a destra e circa 1,5 cm a
sinistra e si rileva, inoltre, la presenza di adenopatie all'ilo epatico
(diametro massimo di 2,5 cm), nel
legamento epato-duodenale (diametro massimo di circa 5 cm), in
periaortica (numerose ma subcentimetriche) e in corrispondenza
del tripode celiaco. Adenopatie
sono apprezzabili anche lungo
entrambi gli assi iliaci con diametri
massimi di 23 mm a destra e 27
mm a sinistra. Splenomegalia (diametro longitudinale della milza di
circa 17 cm) con presenza di piccola areola ipodensa della cupola
splenica, di circa 6 mm, aspecifica.
• Biopsia osteomidollare: infiltrato
di tipo interstiziale nodulare pari
al 50% della cellularità totale
(90%) costituito da elementi di
piccola taglia. Eritropoiesi iperplastica. Dopo immunoistochimica si conclude per linfoma a
cellule B periferiche, a piccoli
linfociti tipo LLC-B.
• Studio FISH: cariotipo normale.
Conclusioni: MEA in LLC-B stadio
Binet C
Approccio terapeutico
A fronte di questa diagnosi il paziente inizia una terapia steroidea alla
dose di 1 mg/kg, e quasi contemporaneamente, intraprende immunochemioterapia secondo lo schema
rituximab-bendamustina (R-bendamustina) terminando il VI ciclo a
Febbraio 2013. La bendamustina è
stata utilizzata al dosaggio ridotto di
70 mg/kg, mentre il rituximab alla
dose di 375 mg/m2 al primo ciclo e
500 mg/m2 ai cicli successivi.
La terapia viene, nel complesso,
discretamente tollerata, le complicanze più rilevanti sono state:
• neutropenia grado IV con necessità di utilizzo di fattore di crescita
granulocitario e rinvio immunochemioterapia;
• comparsa di ascesso anale con
necessità d’intervento di fistulotomia;
• rush cutaneo di grado modera-
5
BENDAMUSTINA IN ASSOCIAZIONE A RITUXIMAB IN PRIMA LINEA IN PAZIENTE CON LEUCEMIA LINFATICA CRONICA
ESORDITA CON ANEMIA EMOLITICA
to/severo comparso dopo il III
ciclo.
Per quanto riguarda l’anemia si è
assistito a una normalizzazione dei
livelli di emoglobina dopo circa 20
gg dall’inizio dello steroide (e dopo
inizio I° ciclo R-bendamustina) con
normalizzazione dei livelli di aptoglobina e negativizzazione del test
di Coombs. Alla ristadiazione la ripetizione dell’immunofenotipo, della
TAC e della biopsia osteo-midollare
ha permesso di giungere alla conclusione di remissione completa
della malattia (Marzo 2013).
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Il “gold standard terapeutico”, per un
paziente giovane “fit” affetto da leucemia linfatica cronica, è il regime
immuno-chemioterapico FCR (fludarabina, ciclofosfamide, rituximab), che vede la combinazione
della fludarabina e della ciclofosfamide al rituximab.
Nonostante l’utilizzo della fludarabina (quando associata al rituximab) non sia controindicata in caso
di MEA associata a LLC-B in questo
paziente non abbiamo ritenuto
opportuno utilizzarla in quanto
sicuramente più rischiosa rispetto
alla bendamustina per quanto
riguarda le possibili complicanze in
questa tipologia di paziente.
La combinazione R-bendamustina
si è dimostrata molto attiva nella
LLC-B all‘esordio, come è stato
dimostrato dal gruppo tedesco, che
ha recentemente pubblicato uno
studio di fase II, dove 117 pazienti
con diagnosi di LLC-B “untreated”
(nella maggior parte stadio Binet
avanzato) sono stati sottoposti a 6
cicli di immuno-chemioterapia
secondo lo schema R-bendamustina (dose di bendamustina 90
mg/m2).
La risposta globale è stata del 88%
con il 23% di risposte complete e
65% di risposte parziali.
Con una mediana di osservazione
di 27 mesi, la sopravvivenza libera
da progressione mediana è stata di
34 mesi. Tali dati sono risultati particolarmente incoraggianti e sempre il gruppo tedesco sta eseguendo un trial di fase III, dove il regime
FCR viene comparato a quello Rbendamustina in pazienti con LLCB all’esordio, al fine di dimostrare
la non inferiorità, di quest’ultimo,
in termini di efficacia rispetto al
classico regime FCR. A parità di
efficacia il regime R-bendamustina
potrebbe diventare il nuovo “gold
standard” terapeutico vista la
minore tossicità.
in the management of chronic lymphocytic
leukemia, ritximab-refractory indolent nonHodgkin’s lymphoma and multiple myeloma.
Drugs 2012;72(14): 1929-1950.
3. Knauf WU, Lissitchkov T, Aldaoud A et al.
Bendamustine compared with chlorambucil
in previously untreated patients with chronic
lymphocytic leukemia: update results of a
randomized phase III trial. Br J Haematol
2012;159(1): 67-77.
4. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gution R et al.
Bendamustine for patients with indolent B
cell lymphoid malignancies including chronic
lymphocytic leukemia. Cochrane Database
Syst Rev 2012;9:CD009045.
Bibliografia
1. Fischer K, Cramer P, Busch R et al.
Bendamustine in combination with rituximab
for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase
II trial of the German Chronic Lymphocytic
Leukemia Study Group. J Clin Oncol
2012;30(26): 3209-3216.
2. Hoy SM. Bendamustine: a review of its use
6
Linfoma non Hodgkin follicolare cutaneo
in progressione di malattia in paziente
con carcinoma vescicale e lieve I.R.C.
A. Lucania
U.O.C. Ematologia ,P.O. San Gennaro dei Poveri, ASL NA-1, Napoli
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Uomo di 55 anni, affetto da linfoma non Hodgkin follicolare cutaneo grado II stadio IIa FLIPI 2 diagnosticato nel 2008, in seguito a
biopsia cutanea coscia sinistra, per
comparsa di lesione cutanea pruriginosa e rilevata. All’anamnesi si
evince un pregresso carcinoma
vescicale, con asportazione completa della vescica e ricostruzione
di essa da intestino.
Il paziente, durante il ricovero per
l’intervento chirurgico, ha contratto
un’infezione da Candida albicans
sistemica, con perdita completa dell’occhio destro; inoltre all’anamnesi
si evidenziava diabete mellito tipo 2
in trattamento con ipoglicemizzanti
orali e insufficienza renale, con valori di creatinina di 1,96-2,12 mg/dl.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
All’esame obiettivo il paziente presentava una lieve splenomegalia e
linfonodi superficiali non palpabili.
La TAC total body confermava la
splenomegalia e, inoltre, evidenziava una lieve idronefrosi bilaterale.
La TC/PET mostrava un iperaccumulo del tracciante con (SUV di 3,2)
a livello della coscia sinistra sede
della biopsia cutanea, BOM (biopsia osteomidollare) negativa per
infiltrazione linfomatosa. La biopsia della lesione cutanea poneva
una diagnosi di linfoma non
Hodgkin centro-follicolare grado II
con t(14;18), bcl 2 positivo, CD 10+
CD19+ CD20+. Lieve anemia con
valori di Hb 11,3 g/dl LDH (lattatodeidrogenasi) elevato HIV (human
immunodeficiency virus), HBV
(Hepatitis B virus), HCV (Hepatitis C
virus) negativi.
Approccio terapeutico
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Il paziente inizia uno schema terapeutico con rituximab 375 mg/m2
con 4 somministrazioni settimanali e poi con una somministrazione
bimestrale, per un totale di 8 somministrazioni interrotte per
volontà del paziente. Alla rivalutazione di malattia praticata sia per
la neoplasia vescicale che per il
linfoma non Hodgkin, l’esame
obiettivo mostrava una tumefazione linfonodale di circa 2 cm di diametro in inguinale sinistra.
La TAC total body evidenziava un
incremento della splenomegalia e
la comparsa di tumefazioni linfonodali subcentimetriche a livello
mesenterico, iliaca sinistra, incremento dell’idronefrosi bilaterale e
lieve atrofia del rene destro. La
TC/PET mostrava un iperaccumulo
del tracciante, sia a livello inguinale
sinistro (SUV 5,0) che a livello addominale (SUV 3,4).
Il paziente pratica una biopsia linfonodale sinistra, che portava una diagnosi di linfoma non Hodgkin centrofollicolare grado III A con t(14;18)
bcl2+, CD10+, CD19+, CD20+.
Completa la stadiazione di malattia
con BOM (biopsia osteomidollare),
che era negativa. I valori della cretininemia, azotemia e clearance renale apparivano in incremento e quindi si evidenziava un peggioramento
dell’insufficienza renale, accompagnata anche da uno scompenso dei
valori della glicemia, al punto che il
paziente pratica terapia insulinica. Il
paziente viene avviato a una terapia
con 6 cicli di R-bendamustina (bendamustina 90 mg/m 2 giorni 1-2;
rituximab 375 mg/m2 giorno 1), con
profilassi antibiotica con levofloxacina 500 mg 1 cp/die per 5 giorni e
sulfametossazolo + trimetoprim 1 g
2 cp/die per 3 giorni la settimana,
profilassi antimicotica con fluconazolo 100 mg 1 cp/die. Al paziente
venivano controllati, quotidiana-
7
LINFOMA NON HODGKIN FOLLICOLARE CUTANEO IN PROGRESSIONE DI MALATTIA IN PAZIENTE
CON CARCINOMA VESCICALE E LIEVE I.R.C.
mente durante il ricovero e 2 volte la
settimana a domicilio, la funzionalità renale e l’emocromo. Al termine
dei 6 cicli di terapia il paziente pratica una rivalutazione di malattia con
Tac total body, TC/PET, che mostrava
una remissione completa di malattia. Il paziente inoltre, in corso di
terapia e anche in seguito, non ha
manifestato peggioramento dell’insufficienza renale, né riacutizzazione della candidosi o tossicità ematologica.
8
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Benché il paziente abbia praticato
una terapia solo con poche somministrazioni di rituximab, abbiamo
scelto di intraprendere una terapia
con bendamustina associata con
rituximab sulla base delle esperienze cliniche pubblicate.
Studi multicentrici hanno valutato la
PFS (progression free survival), l’ORR
(overall response rate) e la tossicità
della combinazione rituximab-bendamustina, in particolare tossicità renale
in pazienti con linfoma a basso grado.
Abbiamo praticato 6 cicli di terapia
con una dose di bendamustina 90
mg/m2 nei giorni 1-2, come raccomandato dalla maggior parte degli
autori, anche se alcuni studi raccomandano che, nei casi di pazienti
recidivati/ refrattari, si devono prevedere 4-6 cicli sulla base della tolleranza e delle comorbidità.
Efficacia e sicurezza di bendamustina + rituximab
in un caso di linfoma centrofollicolare pluritrattato
A. Lucchesi, G. Musuraca, M. Ceccolini, S. Ronconi, M.B. Giannini, D. Cangini, F. Matteucci, L. Cecconetto, P.P. Fattori
Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori IRCCS
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Paziente donna, nata nel 1955, exfumatrice, affetta da BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva).
A Luglio del 2005, in seguito a
metrorragia, viene rilevata una
lesione della cervice uterina, istologicamente compatibile con un carcinoma squamocellulare moderatamente differenziato, infiltrante, G2.
Indagini diagnostiche ed
esame obiettivo
Alla stadiazione con TC addome viene riscontrata una massa di 10x5
cm, che comprime l’uretere destro e
determina idronefrosi (classificazione FIGO-Fédération Internationale
de Gynécologie et d’ObstétriqueIIIb). La paziente completa un trattamento con 5 cicli di CDDP (cisplatino) + taxolo seguiti da radioterapia.
A Gennaio del 2006 una TC torace
rivela 9 formazioni nodulari polmonari (diametro massimo 6 mm); TC
addome: residua massa addominale
(non captante alla PET) di 4,5 x 2,7
cm. La PET-TC, eseguita a Marzo 2006,
mostra un’area di aumentato metabolismo a livello di un voluminoso
pacchetto adenopatico in sede ascellare sinistra (SUV massimo pari a
9,83); non captanti la massa addomi-
nale e i noduli polmonari; viene posizionata una nefrostomia per idroureteronefrosi e si verifica la comparsa di
edema della gamba destra; alla biopsia di un linfonodo, in sede ascellare
sinistra, consegue una diagnosi di
linfoma centro-follicolare, grado 3a.
Approccio terapeutico
La paziente viene sottoposta a 6 cicli
di chemioterapia secondo lo schema
R-CHOP 21 (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone); al termine si apprezza una
risposta parziale, con riduzione del
volume dei linfonodi ascellari a sinistra e della massa addominale e riduzione numerica e dimensionale dei
micronoduli polmonari. Alla PET si
evidenzia una residua lieve captazione in sede ascellare sinistra (SUV 3,15,
in precedenza 9,83); si decide, quindi,
di eseguire una radioterapia del cavo
ascellare, con ottenimento di una
risposta competa (RC); dopo 2 mesi,
tuttavia, si registra l’evidenza di multiple linfoadenopatie sovra- e sottodiaframmatiche, con conferma istologica di recidiva di linfoma non Hodgkin
(LNH) a cellule B (B) centro-follicolare,
grado 3°; a questo punto viene proposta una terapia di salvataggio con
chemioterapia ad alte dosi (IEV-ifo-
sfamide, epirubicina, etoposide).
A motivo dell’evidenza clinica di progressione dopo il primo ciclo, vengono quindi eseguiti 2 cicli secondo lo
schema R-DHAP (desametasone,
citarabina ad alte dosi e cisplatino),
seguiti da condizionamento con
BEAM (carmustina, etoposide, citarabina e melfalan) e trapianto autologo. La PET di fine trattamento risulta
nuovamente negativa, compatibile
con RC. A Febbraio del 2009 compaiono linfonodi addominali captanti alla PET; l’esame istologico risulta
ancora compatibile con LNH centrofollicolare; la ricaduta è tuttavia
caratterizzata da un quadro clinico
“impegnativo”, con ricomparsa di
idroureteronefrosi da compressione,
TVP (trombosi venosa profonda) e
ipoplasia midollare (cellularità del
25% senza aspetti displastici); si decide quindi di iniziare una terapia
secondo lo schema rituximab-bendamustina (1) (rituximab 375 mg/m2
giorno 1, bendamustina 90 mg/m2
giorni 1 e 2; cicli ogni 28 giorni).
In seguito al primo ciclo di terapia si
osserva un miglioramento delle
condizioni cliniche generali, tuttavia
condizionate da citopenia, diarrea e
un episodio di FUO (febbre di origine sconosciuta); i cicli successivi (2°
e 3°) vengono eseguiti mantenendo
gli stessi dosaggi dei farmaci e la
9
EFFICACIA E SICUREZZA DI BENDAMUSTINA + RITUXIMAB
IN UN CASO DI LINFOMA CENTROFOLLICOLARE PLURITRATTATO
“dose intensity”. Dopo il 3° ciclo si
apprezza una riduzione della taglia
di malattia prossima al 50%.
Il 4° e il 5° ciclo, nonostante la leucopiastrinopenia, vengono condotti a
dosi piene e ritmi regolari, con l’ausilio di filgrastim ed emotrasfusioni; si
registrano comunque infezioni
respiratorie ricorrenti (paziente con
BPCO-broncopneumopatia cronicoostruttiva). Non viene eseguito il 6°
ciclo: la TC mostra una riduzione della taglia delle masse linfonodali
>90%; si prosegue con rituximab di
mantenimento (2) (375 mg/m2 ogni
2 mesi). In corso di mantenimento,
dopo 3 cicli, evidenza di RC (Ottobre
2010); la terapia viene definitivamente sospesa dopo il IV ciclo, a motivo di
nuovi episodi infettivi e per la scarsa
compliance della paziente.
Dopo 2 anni di follow-up (Ottobre
2012), la paziente si presenta ancora
in RC, documentata dalla PET, con
una crasi ematica soddisfacente e
una cenestesi buona, in assenza di
tossicità a lungo termine.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Il caso clinico descritto presenta, a
nostro avviso, diverse peculiarità di
notevole interesse clinico:
• la prima di queste è la mancata
progressione istologica nonostante l’aggressività del quadro, le
diverse recidive e la sostanziale
resistenza ai trattamenti proposti;
• la seconda è sicuramente il ruolo
dell’associazione bendamustinarituximab, iniziata alla ricaduta
post-trapianto autologo, ed eseguita con successo a dosaggi pieni, a dispetto dell’insorgenza dei
più comuni effetti avversi (mielo-
tossicità, infezioni ricorrenti) in un
soggetto pluritrattato (sia per la
neoplasia solida, sia in seguito alla
diagnosi di linfoma); la terapia ha
permesso di ottenere un’ottima
risposta, che è stata in seguito
completata in corso di mantenimento con rituximab;
• il terzo aspetto, indubbiamente
interessante, è la durata della RC
dopo la sospensione del suddetto
mantenimento, significativamente
maggiore rispetto a tutti i trattamenti eseguiti in precedenza (3).
Nel nostro caso, quindi, appare evidente come l’associazione bendamustina-rituximab sia proponibile
in qualsiasi fase della malattia e
indipendentemente dal fallimento
di precedenti linee terapeutiche,
pur mantenendo un profilo di
rischio accettabile in pazienti con
compromissione della crasi ematica
e della risposta immune (4).
Bibliografia
1. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al.
Bendamustine plus rituximab is effective
and has a favorable toxicity profile in the
treatment of mantle cell and low-grade
non-Hodgkin's lymphoma. J Clin Oncol
2005;23(15):3383-3389.
2. Hochster H, Weller E, Gascoyne RD et al.
Maintenance rituximab after cyclophosphamide, vincristine, and prednisone pro-
10
longs progression-free survival in advanced
indolent lymphoma: results of the randomized phase III ECOG1496 Study. J Clin Oncol
2009;27(10):1607-1614.
3. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS, Van der
Jagt RH, Tremmel L. Bendamustine produces
durable responses with an acceptable safety
profile in patients with rituximab-refractory
indolent non-Hodgkin lymphoma. Clin
Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10(6):452-457.
4. Rigacci L, Puccini B, Cortelazzo S et al.
Bendamustine with or without rituximab for
the treatment of heavily pretreated nonHodgkin's lymphoma patients : a multicenter
retrospective study on behalf of the Italian
Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol
2012;91(7):1013-1022.
Efficacia del regime di combinazione rituximab
e bendamustina nel trattamento del linfoma
centrofollicolare di grado IIIa in prima linea:
presentazione di un caso clinico
M.T. Pirrotta, P. Bernardeschi
U.O.S. Ematologia, Ospedale San Giuseppe, Empoli
Presentazione del caso
Anamnesi, esame obiettivo e
indagini diagnostiche
La paziente, una donna di 73 anni,
è giunta alla nostra osservazione
nel maggio 2010 in seguito alla
comparsa di una adenopatia
sovraclaveare destra di circa 2 cm
di diametro.
Per tale motivo abbiamo consigliato una biopsia linfonodale
con successivo riscontro di un
linfoma del centrofollicolo di alto
grado (WHO 2008), di grado IIIa
(WHO 2001).
L’immunoistochimica mostrava
una positivià per CD20, CD10,
BCL2, e BCL6; il MIB-1 era valutato
in circa il 30%. Una volta ottenuta
la diagnosi, abbiamo completato
la stadiazione con una TAC collo/torace/addome che mostrava
la presenza di adenopatie sovrae sotto-diaframmatiche, in particolare grossolane adenopatie
addominali confluenti in sede
celiaca, lombo-aortica, interaortocavale, iliaca, retrocrurale e nel
ventaglio mesenteriale. Anche la
PET confermava la presenza di
malattia, sia sotto- che sopra-diaframmatica. La biopsia osteomidollare non mostrava evidenza di
localizzazione linfomatosa. Le
principali indagini laboratoristiche, in particolare la lattatodeidrogenasi e l’emoglobina, erano
nella norma; abbiamo quindi concluso per un linfoma centrofollicolare in stadio IIIA, vista l’assenza di sintomi sistemici con un FLIPI pari a 3 per età, sedi linfonodali coinvolte e stadio.
Approccio terapeutico
L’indicazione all’inizio di un trattamento nel linfoma follicolare
dipende dalla presenza di sintomi
legati alla patologia o di grosse
masse linfomatose: spesso, infatti,
ci si limita a un atteggiamento di
watch and wait. Nel nostro caso
abbiamo deciso di intraprendere
subito una terapia specifica alla
luce della presenza di una grossa
massa di malattia e del grading
citologico (IIIa). Il trattamento di
prima linea dei linfomi follicolari
prevede l’associazione di rituximab (anticorpo monoclonale antiCD20) con uno schema di polichemioterapia. Al momento del trattamento della nostra paziente la
terapia di prima linea non era standardizzata: in particolare vi era la
possibilità di ricorrere a schemi
tipo CVP (ciclofosfamide, vincristi-
na, prednisone), CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina,
prednisone) o FCM (fludarabina,
ciclofosfamide, novantrone).
Nel nostro caso, per la scelta terapeutica ci siamo basati su dati di
letteratura recente, non dimenticando la volontà della paziente. In
particolare quest’ultima era molto
restia a iniziare una chemioterapia
alopecizzante. Sulla base delle evidenze di efficacia e buona tollerabilità in prima linea indicate all’epoca in una comunicazione al congresso della American Society of
Haematology da Rummel et al.
abbiamo deciso di intraprendere
un trattamento con rituximab e
bendamustina. In particolare
abbiamo programmato 6 cicli di
terapia con rituximab 375 mg/m2
e.v. il giorno 1, seguito da bendamustina 90 mg/m2 e.v. i giorni 2 e 3
di terapia.
La paziente ha tollerato bene il
trattamento. Per quanto concerne
la tossicità ematologica, dopo il
primo ciclo abbiamo assistito a
una neutropenia G4, in occasione
della quale la paziente ha presentato febbre, quest’ultima regredita
con la terapia antibiotica e il fattore di crescita granulocitario. Nei
cicli successivi abbiamo eseguito
una profilassi della neutropenia
11
EFFICACIA DEL REGIME DI COMBINAZIONE RITUXIMAB E BENDAMUSTINA NEL TRATTAMENTO DEL LINFOMA
CENTROFOLLICOLARE DI GRADO IIIA IN PRIMA LINEA: PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO
con G-CSF senza particolari problematiche. Non sono state osservate altre tossicità né ematologiche né extra-ematologiche.
Valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Al termine del programma terapeutico la paziente ha eseguito
una TAC torace-addome e una PET
di restaging, risultate entrambe
negative per localizzazione di
malattia. Al momento dell’ultima
visita effettuata la paziente era in
buone condizioni generali, non
riferiva alcun disturbo clinico rilevante e gli esami strumentali ed
ematochimici confermavano il
quadro di remissione completa
dopo 2 anni e 4 mesi dal completamento della terapia.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Nonostante i miglioramenti ottenuti nella terapia dei linfomi indolenti
dopo l’introduzione del rituximab,
circa il 15% dei pazienti ha una
malattia resistente e dopo una
mediana di circa 5 anni circa il 50%
dei pazienti che ottengono una
remissione inevitabilmente ricade.
Recentemente Rummel et al. hanno
pubblicato i risultati dell’associazione di rituximab e bendamustina
nell’ambito dei linfomi indolenti. La
bendamustina, farmaco citostatico
di vecchia generazione, è stata
quindi recentemente rivalutata per
le affinità sia con agenti alchilanti
che con gli analoghi purinici. Da
un’analisi multivariata dello studio
di Rummel et al. si sono dimostrati
ottimi livelli di risposta, durata della
risposta e tollerabilità nel sottogruppo dei linfomi follicolari; inoltre la tolleranza è stata buona,
osservando solo neutropenia e
piastrinopenia per quanto riguarda la tossicità ematologica e nausea di grado I/II per quanto riguarda la tossicità extra-ematologica.
Praticamente assenti le morti in
induzione, l’ospedalizzazione, l’alopecia e la cardiotossicità. Tutto
ciò rende la bendamustina un farmaco maneggevole da utilizzare
anche in pazienti anziani che, come
sappiamo, rappresentano la maggior parte dei pazienti affetti da
linfoma. In conclusione, quindi, l’associazione rituximab e bendamustina rappresenta un’ottima opzione terapeutica per il trattamento in
prima linea del linfoma follicolare
(anche di grado III) nel paziente
anziano, sia per l’efficacia che per il
buon profilo di tollerabilità.
Bibliografia
• Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ, et al.
Bendamustine plus rituximab is effective
and has a favorable toxicity profile in the
treatment of mantle cell and low-grade
non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol
12
2005;23(15):3383-3389.
• Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G, et
al. Bendamustine plus rituximab versus
CHOP plus rituximab as first-line treatment for patients with indolent and man-
tle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial. Lancet 2013;381(9873):1203-1210.
Un caso di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B
plurirecidivato: ottenimento della remissione completa
con bendamustina più rituximab
S. Conca. L. Salvagno
U.O. di Oncoematologia Ospedale di Vittorio Veneto (TV)
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Paziente di sesso femminile di 72
anni giunge, alla nostra prima osservazione, nel 2007. La diagnosi bioptica è di linfoma non-Hodgkin diffuso
B a grandi cellule con localizzazione
linfonodale sopra e sotto-diaframmatica e polmonare; non emergono
comorbidità di rilievo e viene eseguita una chemioterapia secondo lo
schema R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina,
prednisone) -14 x 6 cicli + 2 rituximab
e successiva radioterapia su residuo
polmonare alla PET. Le terapie vengono concluse a luglio del 2007.
Nel dicembre 2008 si evidenzia, alla
PET, una recidiva di malattia a livello
linfonodale e polmonare. La paziente viene candidata a terapia con RGEMOX (gemcitabina e oxaliplatino) x 6 cicli e successiva RT su residuo addominale, con completamento delle terapie nell'agosto
2009. Nel gennaio 2011 si manifesta
una nuova recidiva di malattia a
livello linfonodale addominale
(conferma istologica) e polmonare,
per cui viene eseguita una terza
linea di terapia secondo lo schema
settimanale VACOP-B (con antraciclina liposomiale) x 8 sedute e successiva RT in sede inguinale destra.
La TAC di rivalutazione evidenzia la
persistenza di malattia a livello polmonare. Pertanto, da giugno del
2011, la paziente viene sottoposta a
nuova linea di terapia (la quarta)
secondo lo schema MVP-BV
(mitoxantrone, VP16, prednisone,
bleomicina, vincristina) x 4 cicli ottenendo una remissione parziale. Tale
trattamento è stato complicato da
mucosite di grado 2 secondo WHO,
astenia, crisi ipertensiva con tachicardia, che ha richiesto l‘introduzione di una terapia cardioattiva.
Nel mese di aprile 2012 la paziente
viene ricoverata presso la Divisione
Medica per febbre e addensamenti
polmonari. La TAC evidenza una
ripresa di malattia a livello polmonare, con presenza di plurimi
addensamenti polmonari nodulari
bilaterali e comparsa di linfoadenopatie mediastiniche e addominali.
Approccio terapeutico
Alla luce dei molteplici trattamenti
eseguiti, dell'età della paziente (77
anni) e della necessità di eseguire
un trattamento data la situazione
clinica, è stata proposta una terapia
con R-bendamustina alla dose di 70
mg/m2 g 1-2 e rituximab 375 mg/m2
g 1 con riciclo ogni 28 giorni.
Viene eseguita una profilassi della
neutropenia con fattore di crescita
granulocitario. La terapia è ben tollerata, con recupero completo del
quadro clinico.
Una TAC, eseguita dopo il IV ciclo,
dimostra la completa risoluzione
degli addensamenti polmonari e
delle linfoadenopatie. Vengono
somministrati 2 ulteriori cicli di terapia a dosi ridotte per lieve leucopenia prolungata.
A 3 mesi dalla fine della terapia la
TAC conferma il buon mantenimento della risposta ottenuta, l'obiettività risulta negativa e lo stato
clinico buono.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
La terapia con bendamustina ha
permesso di ottenere una risposta
completa di malattia in una paziente con linfoma non-Hodgkin ad alto
grado di malignità, recidivato dopo
4 linee di terapia e con presenza di
localizzazioni polmonari e linfonodali. Tale trattamento è stato eseguito senza particolare tossicità (sia
ematologica che non ematologica),
con miglioramento delle condizioni
cliniche e buona compliance.
13
UN CASO DI LINFOMA NON HODGKIN DIFFUSO A GRANDI CELLULE B PLURIRECIDIVATO:
OTTENIMENTO DELLA REMISSIONE COMPLETA CON BENDAMUSTINA PIÙ RITUXIMAB
Non si è verificata alcuna complicanza infettiva e non è stato necessario ricoverare la paziente per tut-
ta la durata del trattamento.
Bendamustina più rituximab può
essere una valida opzione terapeu-
tica per i pazienti anziani con linfoma non Hodgkin recidivato o plurirecidivato (1,2).
Ann of Oncology 2002;13(8):1285-1289.
in elderly and frail patients with aggressive B non-
Bibliografia
1. Weidmann E, Kim SZ, Rost A et al.
14
Bendamustine is effective in relapsed or refrac-
2. Horn J,Kleber M,Hieke S et al.Treatment option
Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and toler-
tory aggressive non-Hodgkin's lymphoma.
of bendamustine in combination with rituximab
ance. Ann Haematol 2012;91(10):1579-1586.
Efficacia di bendamustina in paziente affetta da linfoma
a grandi cellule B dopo terapia di prima linea
R. Emili, A. Pietramaggiori, A. Manni, A. Gon Amerelli, F. Artioli, P. Nasuti
UO di Medicina Oncologica dell’Ospedale di Carpi, DHO Ospedale di Mirandola, AUSL Modena
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Nell’aprile 2010 giunge, alla nostra
attenzione, una paziente di sesso
femminile di 67 anni. All’anamnesi
patologica remota si segnalano:
• intervento chirurgico nel 1969 per
cisti ovariche;
• isterectomia nel 1976 per fibroma;
• ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico;
• sindrome ansioso-depressiva;
• multiple allergie a farmaci e alimenti.
All’anamnesi patologica prossima,
per il riscontro di tumefazioni laterocervicali, la paziente esegue, su
indicazione del medico curante, una
TC addome senza MdC (mezzo di
contrasto), che evidenzia multiple
linfoadenomegalie ed esami ematici che risultano nella norma.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
La paziente si presenta asintomatica e in buone condizioni generali; si
rilevano multiple adenopatie in
sede laterocervicale, ascellare e
inguinale bilateralmente del diametro di circa 2 cm. Gli esami ematobiochimici mostrano un aumento
sia del valore dell’LDH (lattato-deidrogenasi) che della beta2-microglobulina. La biopsia linfonodale e
osteomidollare permette di porre
diagnosi di linfoma delle cellule B
mature, diffuso a grandi cellule, con
coinvolgimento midollare.
La TC total body con MdC conferma
la presenza di adenopatie in sede
sopra- e sottodiaframmatica.
La paziente effettua 6 cicli totali di
chemioterapia di seconda linea
secondo lo schema bendamustina
90 mg/m2 per 2 giorni (giorni 1 e 2
ogni 21), al dosaggio ridotto del
25%, completando la terapia nel
marzo 2012.
Approccio terapeutico
Valutazione a distanza
e aggiustamenti
terapeutici
La paziente inizia la terapia secondo
lo schema rituximab-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina,
prednisone) per 6 cicli, che termina
nell’ottobre 2010, con l’ottenimento
di una buona risposta parziale; a
Marzo 2011 si ricovera per il riscontro di tachicardia ventricolare non
sostenuta ed evidenza di una miocardiopatia dilatativa secondaria
alla terapia con antracicline.
La TC total body, effettuata a giugno
2011, evidenzia una progressione di
malattia sia a livello sopra- che sottodiaframmatico; gli esami ematobiochimici mostrano una leucocitosi con linfocitosi assoluta.
Nell’ottobre 2011, dopo l’autorizzazione del Nucleo Operativo
Provinciale di Modena, trattandosi di
un impiego supportato da dati derivanti da studi di fase II, e in assenza
di valide alternative terapeutiche, si
inizia la terapia con bendamustina.
In considerazione della grave cardiopatia post-terapia rituximab-CHOP
si decide di utilizzare bendamustina
in monoterapia al dosaggio ridotto
del 25%; la tolleranza al trattamento
è buona e la paziente non presenta
alcuna tossicità d’organo né aggravamento della cardiopatia.
Le rivalutazioni cardiologiche con
ECG (elettrocardiogramma), ecocardiogramma ed ECG Holter rimangono stabili per tutta la durata della
terapia di seconda linea, con necessità solo della terapia farmacologica. Post-6° ciclo la paziente sviluppa
una neutropenia severa non febbrile, per cui si somministra il fattore di
crescita granulocitario e, successivamente, presenta un episodio di
dispnea da sforzo con segni di stasi,
che si risolve con l’aggiustamento
della terapia cardiologica.
15
EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTA DA LINFOMA
A GRANDI CELLULE B DOPO TERAPIA DI PRIMA LINEA
con attività clinica nel trattamento dell’LNH. La terapia con bendamustina, utilizzata come singolo
agente, ha permesso nel nostro
caso l’ottenimento di una VGPR in
una paziente con grave cardiopatia post-terapia di prima linea con
rituximab-CHOP. Il farmaco è stato ben tollerato e non è stato
osservato nessun effetto collaterale durante l’infusione; la paziente non ha presentato nessuna
complicanza infettiva e alcuna
necessità di ricovero durante il
trattamento.
Nel nostro caso l’impiego di un
fattore di crescita granulocitario
ha permesso di annullare la grave
neutropenia post-6° ciclo di terapia con bendamustina. La paziente prosegue attualmente il followup ambulatoriale, persiste la
risposta ottenuta al termine della
terapia di seconda linea (al followup attuale, effettuato a 13 mesi
dalla fine della terapia con bendamustina). In conclusione bendamustina è un farmaco estremamente ben tollerato ed efficace
nel trattamento del linfoma a
grandi cellule B dopo una precedente linea di terapia.
• Cheson BD, Rummel MJ. Bendamustine:
Pharmacokinetic evaluation and therapeutic
the treatment of heavily pretreated non-
rebirth of an old drug. J Clin Oncol
activity of bendamustine in B-cell lymphoma
Hodgkin’s lymphoma patients: a multicenter
2009;27:1492-1501.
malignancies. Expert OpinDrugMetabToxicol
retrospective on behalf of the Italian
• Leoni LM. Conclusion and future directions.
2012;8 (11):1455-1468.
Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol
• Rigacci L, Puccini B, Cortellazzo S et al.
2012;91(7):1013-1022.
Una rivalutazione con TC, al termine
dei 6 cicli di terapia, evidenzia una
VGPR (very good partial response).
A oltre 1 anno dal termine della
terapia la paziente mantiene la
risposta ottenuta e la rivalutazione
cardiologica non mostra segni di
scompenso cardiocircolatorio.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Bendamustina HCl è un derivato
bifunzionale della mecloretamina
Bibliografia
Semin Hematol 2011;48(Suppl.1);S37-S38.
• Korycka-Wolowiec
16
A,
Robak
T.
Bendamustine with or without rituximab for
Efficacia di bendamustina in paziente affetto
da linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B,
refrattario a più linee di terapia, compreso
il trapianto autologo di cellule staminali
emopoietiche
F. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia
Ematologia con Trapianto, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico, Bari
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi,
esame obiettivo
e indagini diagnostiche
La paziente è una donna di 44 anni,
giunta alla nostra osservazione
nell’Agosto del 2005 per linfoadenomegalia, iperpiressia e sudorazione notturna.
L’anamnesi era negativa per familiarità per neoplasie e l’esame
obiettivo evidenziava adenomegalie sovraclaverari bilateralmente,
con un diametro compreso tra 2 e 4
cm. La successiva biopsia permetteva di formulare la diagnosi di
linfoma non Hodgkin diffuso a
grandi cellule B. Il completamento
delle indagini permetteva di definire uno stadio IIIB.
Approccio terapeutico
La paziente era, quindi, avviata a
trattamento chemioterapico di prima linea con 6 cicli di R-CHOP
(rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone), ottenendo la remissione completa. Nel
Novembre del 2006, alla TC di restaging, si evidenziava la comparsa di
linfoadenomegalie sovraclaveare e
mediastiniche e quindi veniva pri-
ma sottoposta a 2 cicli di chemioterapia di salvataggio secondo lo
schema R-DHAP (rituximab-cisplatino-citosina arabinoside ad alte
dosi), con successiva aferesi di cellule staminali emopoietiche periferiche. Alla PET/TC di ristadiazione si
evidenziava l’ottenimento della
remissione completa e successivamente veniva sottoposta ad autotrapianto di cellule staminali emopoietiche (regime di condizionamento: BEAM-carmustina, etoposide, citarabina, melfalan).
La TC di ristadiazione, effettuata nel
gennaio 2011, evidenziava una
ripresa di malattia a livello polmonare; la paziente veniva sottoposta a
biopsia mediante minitoracotomia,
che confermava la diagnosi di linfoma non Hodgkin diffuso a grandi
cellule B; non avendo un familiare
compatibile, veniva inserita nel registro per eventuale trapianto di cellule staminali emopoietiche da
donatore non consanguineo e
avviata a trattamento chemioterapico secondo lo schema R-IEV
(rituximab, ifosfamide, etoposide,
epirubicina), con tossicità ematologica di grado severo e iperpiressia.
Dopo 4 cicli di chemioterapia si evidenziava una persistenza dell’attività di malattia, con una lieve riduzione della SUV alla PET/TC e veniva
avviata a trattamento con rituximab
375 mg/m2 g 1 e bendamustina 90
mg/m2 g 1,2 ogni 4 settimane, che è
risultato essere ben tollerato e senza tossicità di grado severo.
Dopo 4 cicli si evidenziava una
remissione della malattia e la
paziente veniva avviata a ulteriori 2
cicli. Attualmente è in remissione
completa ed è in programma per
essere sottoposta a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche a intensità ridotta con donatore non consanguineo.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Un terzo di pazienti affetti da linfoma non Hodgkin diffuso a grandi
cellule B, recidiva dopo terapia di 1
linea e tende a divenire refrattario al
trattamento. Nei pazienti in recidiva
che rispondono a particolari condizioni e con una malattia chemiosensibile il trapianto autologo di cellule
staminali emopoietiche rappresenta lo standard di cura.
Numerosi studi hanno dimostrato
l’efficacia di regimi chemioterapici
di salvataggio in pazienti recidivati
o refrattari come R-DHAP, R-ICE, RGemOx. Alcuni studi hanno dimo-
17
EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA NON HODGKIN DIFFUSO A GRANDI CELLULE B,
REFRATTARIO A PIÙ LINEE DI TERAPIA, COMPRESO IL TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE
favorevole profilo di tossicità in
previsione di avviare la paziente al
trapianto allogenico ad intensità
ridotta. Il trattamento si è dimostrato oltre che ben tollerato, anche
efficace e ci ha permesso di portare
la paziente al trapianto allogenico
in fase di remissione completa. Il
dosaggio di 90 mg/m2 e l’interciclo
di 28 giorni in associazione al
rituximab si sono dimostrati efficaci e non vi sono state complicanze
infettive nonostante si trattasse di
una paziente pluritrattata già sottoposta a trapianto autologo.
Il nostro caso evidenzia la sicurezza
e l’efficacia della bendamustina in
una paziente affetta da linfoma diffuso a grandi cellule B pluritrattata,
refrattaria al trattamento e già sottoposta a trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche e
quindi la possibilità di utilizzo in
questo subset come “bridge” al trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche.
• Clavert A, Le Gouill S, Brissot E, Dubruille V et
Multicenter phase II study of bendamustine
Reduced-intensity conditioning followed by
al. Reduced-intensity conditioning allogeneic
plus rituximab in patients with relapsed or
related allografts in hematologic malignan-
stem cell transplant for relapsed or transformed
refractory diffuse large B-cell lymphoma. J
cies: long-term outcomes most successful in
aggressive B-cell non-Hodgkin lymphoma.
Clin Oncol 2013;31(17):2103-2109.
indolent and aggressive non-Hodgkin lym-
Leuk Lymphoma 2010;51(8):1502-1508.
• Schmitz N, Nickelsen M, Glaß B. Autologous
phomas. Biol Blood Marrow Transplant
• Horn J, Kleber M, Hieke S, Schmitt-Gräff A,
or allogeneic transplantation in B- and T-cell
2011l;17(7):1025-1032.
Wäsch R, Engelhardt M. Treatment option of
lymphomas. Best Pract Res Clin Haematol
• Weidmann E, Neumann A, Fauth F et al.
bendamustine in combination with rituximab
2012;25(1):61-73.
Phase II study of bendamustine in combi-
in elderly and frail patients with aggressive B-
• van Besien K. Current status of allogeneic
nation with rituximab as first-line treat-
non-Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and
transplantation for aggressive non-Hodgkin
ment in patients 80 years or older with
strato l’efficacia dell’associazione
bendamustina e rituximab in
pazienti affetti da linfoma diffuso a
grandi cellule B recidivati o refrattari. Il paziente del caso clinico è
risultato refrattario a numerose
linee di chemioterapia, compreso il
trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche, era in progressione dopo terapia con R-IEV.
Abbiamo deciso di impiegare la
bendamustina in questa fase di
malattia in considerazione del
Bibliografia
18
tolerance. Ann Hematol 2012;91(10):1579-1586.
lymphoma. Curr Opin Oncol 2011;23(6):681-691.
aggressive B-cell lymphomas. Ann Oncol
• Ohmachi K, Niitsu N, Uchida T et al.
• Warlick ED, Tomblyn M, Cao Q et al.
2011;22(8):1839-1844.
Efficacia della bendamustina in una paziente affetta
da linfoma di Hodgkin in ricaduta dopo autotrapianto
di cellule staminali emopoietiche e refrattaria a terapia
con brentuximab vedotin
E. Derenzini
Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli”, Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi”,
Università degli Studi di Bologna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Z.E. è una paziente di 24 anni affetta
da linfoma di Hodgkin diagnosticato nel Giugno 2008, in stadio IIA con
adenopatie sottodiaframmatiche
non “bulky”.
La paziente non presenta rilevanti
comorbidità; inizialmente refrattaria
a prima linea standard secondo lo
schema ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina), era
stata successivamente trattata con
seconda linea di chemioterapia
secondo lo schema IEV (ifosfamide,
epirubicina, etoposide), seguita da
autotrapianto di cellule staminali
emopoietiche e radioterapia di consolidamento sui linfonodi laterocervicali terminati nel Luglio 2009. Tale
approccio di terapia combinata aveva consentito di indurre una remissione completa.
Indagini diagnostiche
ed esame obiettivo
Nel Marzo 2011 una TAC e una PET
mostravano la presenza di adenopatie sovradiaframmatiche patologiche e di una lesione polmonare:
una biopsia di un’adenopatia laterocervicale permetteva di porre diagnosi di recidiva di linfoma di
Hodgkin; nella norma l’obiettività e
la biopsia osteomidollare risultava
negativa. Gli esami ematochimici
non rilevavano alterazioni significative, eccetto una VES di 20 mm/ora e
la paziente era in condizioni cliniche
buone, asintomatica. La paziente
risultava inoltre HLA (human
leukocyte antigen)-identica al fratello e, pertanto, candidabile a trapianto allogenico di midollo osseo.
Approccio terapeutico
Inizialmente, dopo la conferma istologica di recidiva, la paziente ha
eseguito un trattamento di terza
linea con brentuximab vedotin, nell’ambito di un utilizzo compassionevole. Sono state eseguite 9 somministrazioni, terminate nel Marzo
2012, senza ottenere risposta.
Successivamente, data la progressione di malattia evidenziata a una
PET eseguita dopo la nona somministrazione, è stata trattata in regime di Day Hospital con 5 cicli di
bendamustina (bendamustina 90
mg/m2 giorno 1-2, ogni 28 giorni), a
dosi piene. La terapia è stata ben
tollerata senza complicanze di rilievo. Una PET, eseguita dopo il secondo ciclo di terapia, ha mostrato un
quadro di sostanziale stabilità.
Dopo esecuzione di ulteriori 3 cicli
di terapia un’ulteriore PET di rivalutazione ha evidenziato una remissione parziale. A questo punto,
dopo ottenimento della remissione
parziale, la paziente è stata sottoposta a trapianto allogenico di midollo a intensità ridotta dal fratello.
Aggiustamenti
terapeutici
Durante il trattamento non si sono
resi necessari aggiustamenti terapeutici e la paziente non ha mostrato mielotossicità o tossicità extraematologiche rilevanti.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
In questa paziente refrattaria a multiple linee di terapia, ricaduta dopo
autotrapianto di midollo osseo, e
dopo fallimento della terapia con
brentuximab vedotin, abbiamo
optato per l’utilizzo della terapia
con bendamustina, sulla base dei
dati di efficacia disponibili in letteratura (1-3).
In questa tipologia di paziente ricaduto refrattario, ma ancora candidabile a trapianto allogenico di midol-
19
EFFICACIA DELLA BENDAMUSTINA IN UNA PAZIENTE AFFETTA DA LINFOMA DI HODGKIN IN RICADUTA DOPO
AUTOTRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE E REFRATTARIA A TERAPIA CON BRENTUXIMAB VEDOTIN
lo osseo da donatore familiare, la
bendamustina appare indicata al
fine di condurre il paziente al trapianto allogenico in una condizione
di risposta; inoltre bisogna sottolineare il fatto che in questo caso specifico la bendamustina si è dimostrata efficace anche dopo fallimento della terapia con brentuximab
vedotin, permettendo di condurre
la paziente a una procedura potenzialmente curativa come il trapianto
allogenico, che altrimenti sarebbe
stato controindicato in una condizione di refrattarietà. In conclusione
in questa paziente pluritrattata e
refrattaria al brentuximab vedotin,
la terapia con bendamustina ha
indotto una risposta parziale, che ha
consentito l’esecuzione di un trapianto allogenico di midollo osseo.
In quest’ottica l’utilizzo della bendamustina come “ponte” per il trapianto allogenico, in pazienti ricaduti
refrattari anche dopo fallimento del
brentuximab vedotin, merita ulteriori studi in trial clinici dedicati.
and safety of bendamustine for the treatment
in relapsed or refractory Hodgkin lymphoma:
Bibliografia
1. Moskowitz AJ, Hamlin PA, Perales M-A et al.
20
Phase II study of bendamustine in relapsed
of patients with recurring Hodgkin lym-
a retrospective analysis of the French com-
and refractory Hodgkin lymphoma. J Clin
phoma. Br J Haematol 2013;160(2):207-215.
passionate use program in 28 patients. Leuk
Oncol 2013;31(4):456-460.
3. Ghesquieres H, Stamatoullas A, Casasnovas
Lymphoma 2013 [Epub ahead of Print].
2. Corazzelli G, Angrilli F, D'Arco A et al. Efficacy
O et al. Clinical experience of bendamustine
Efficacia di bendamustina in paziente affetto da linfoma
di Hodgkin refrattario a più linee di terapia, compreso
il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche
e il trattamento con brentuximab vendotin
F. Gaudio, T. Perrone, G. Specchia
Ematologia con Trapianto, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico, Bari
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi, esame
obiettivo e indagini
diagnostiche
La paziente è una donna di 37 anni,
giunta alla nostra osservazione, nel
Novembre del 2011, per linfoadenomegalia, iperpiressia, sudorazione
notturna e prurito. L’anamnesi risultava negativa per familiarità per
neoplasie e l’esame obiettivo evidenziava adenomegalie laterocervicali bilateralmente e sovraclaverari a
sinistra, di diametro compreso tra 2
e 4 cm. La successiva biopsia permetteva di formulare la diagnosi di
linfoma di Hodgkin classico scleronodulare (CD15, CD45, CD30 positivo). Il completamento delle indagini
permetteva di definire uno stadio IIB
bulky mediastinico (con un’estensione dal mediastino superiore fino
alla cupola diaframmatica).
Approccio terapeutico
La paziente veniva, quindi, avviata a
trattamento chemioterapico di I
linea con ABVD (doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina).
La PET/TC, dopo 2 cicli e dopo 4 cicli,
evidenziava una persistenza di attività di malattia. La paziente veniva
avviata a terapia mobilizzante con
ciclofosfamide ad alte dosi e successiva aferesi di cellule staminali emopoietiche periferiche.
Dopo la raccolta delle cellule staminali emopoietiche la paziente veniva prima sottoposta a 2 cicli di chemioterapia secondo lo schema BEACOPP (bleomicina, etoposide, adriamicina, ciclofosfamide, vincristina,
procarbazina, prednisone) intensificato con l’ottenimento della remissione completa e, successivamente,
sottoposta ad autotrapianto di cellule staminali emopoietiche (regime di condizionamento: BEAMBCNU, etoposide, citarabine e
melphalan).
La PET/TC di ristadiazione, effettuata 3 mesi dopo la terapia ad alte
dosi, evidenziava una ripresa di
malattia a livello precarenale e la
paziente veniva sottoposta a biopsia mediante minitoracotomia, che
confermava la diagnosi di linfoma di
Hodgkin; non esistendo un familiare compatibile veniva inserita nel
registro per eventuale trapianto di
cellule staminali emopoietiche da
donatore non consanguineo e
avviata a trattamento chemioterapico secondo lo schema IGEV (ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina).
Dopo 2 cicli di trattamento si evidenziava una persistenza di malat-
tia e la paziente veniva avviata a
trattamento citostatico con brentuximab vendotin.
Dopo le prime 2 infusioni si evidenziava una persistenza dell’attività di
malattia, con una lieve riduzione
della SUV (standardized uptake
value) alla PET/TC; dopo 4 infusioni
si evidenziava un incremento
numerico e dimensionale delle aree
di captazione e la paziente veniva
avviata a trattamento con bendamustina 90 mg/m2 g 1,2 ogni 4 settimane. Dopo 2 cicli si evidenziava
una remissione della malattia e la
paziente veniva avviata a trapianto
allogenico di cellule staminali emopoietiche a intensità ridotta con
donatore non consanguineo; attualmente è in remissione completa
con un follow-up di 7 mesi dal trapianto.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
A tutt’oggi circa il 20% dei pazienti
affetti da linfoma di Hodgkin è resistente al trattamento; la chemioterapia ad alte dosi, con la reinfusione di
cellule staminali autologhe, ha
migliorato la sopravvivenza libera da
malattia nei pazienti affetti da linfo-
21
EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN REFRATTARIO A PIÙ LINEE DI TERAPIA,
COMPRESO IL TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE E IL TRATTAMENTO
CON BRENTUXIMAB VENDOTIN
ma di Hodgkin in recidiva o refrattari
alla terapia di I linea. La metà circa dei
pazienti recidiva dopo la terapia ad
alte dosi; fattori prognostici della
recidiva sono la durata della prima
remissione completa, la refrattarietà
alla terapia di I linea, la risposta alla
terapia di salvataggio.
Il paziente del caso clinico è risultato refrattario a numerose linee di
chemioterapia, compreso il trapianto autologo di cellule staminali
emopoietiche, è in progressione
dopo terapia con brentuximab ven-
dotin, e in attesa di essere sottoposto a trapianto allogenico a intensità ridotta. Abbiamo deciso di
impiegare la bendamustina in questa fase di malattia in considerazione del favorevole profilo di tossicità
e dell’efficacia dimostrata.
Il trattamento si è dimostrato, oltre
che ben tollerato, anche efficace e ci
ha permesso di portare la paziente
al trapianto allogenico in fase di
remissione completa. Sono stati
effettuati solo 2 cicli di bendamustina, vista l’ottima risposta e la dispo-
nibilità del donatore di cellule staminali emopoietiche. Il dosaggio di
90 mg/m2 e l’interciclo di 28 giorni
sono stati efficaci e non vi sono state complicanze infettive.
Il nostro caso conferma la sicurezza
e l’efficacia della bendamustina in
una paziente pluritrattata, sottoposta a trapianto autologo di cellule
staminali emopoietiche e a brentuximab vendotin e, quindi, la possibilità di utilizzo come “bridge” al trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche.
Lymphoma 2013 (Mar 13).
Brentuximab vedotin (SGN-35) in patients
Bibliografia
• Corazzelli G, Angrilli F, D'Arco A et al. Efficacy
22
and safety of bendamustine for the treatment
• Moskowitz AJ. Novel agents in Hodgkin
with transplant-naive relapsed/refractory
of patients with recurring Hodgkin lym-
lymphoma. Curr Oncol Rep 2012;14(5):419-
Hodgkin lymphoma. Leuk Lymphoma 2013
phoma. Br J Haematol 2013;160(2):207-215.
423.
(Mar 27).
• Ghesquières H, Stamatoullas A, Casasnovas
• Moskowitz AJ, Hamlin PA Jr, Perales MA et al.
• Zinzani PL, Viviani S, Anastasia A et al.
O et al. Clinical experience of bendamustine
Phase II study of bendamustine in relapsed
Brentuximab vedotin in relapsed/refractory
in relapsed or refractory Hodgkin lymphoma:
and refractory Hodgkin lymphoma. J Clin
Hodgkin's lymphoma: Italian experience and
a retrospective analysis of the French com-
Oncol 2013;31(4):456-460.
results of the use in the daily clinic outside
passionate use program in 28 patients. Leuk
• Sasse S, Rothe A, Goergen H et al.
clinical trials. Haematologica 2013 (May 3).
Scarica

Supplemento 5 del n. 1/2013