Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale
Volume 6
Indice
R-bendamustina come terapia di prima linea in un paziente
anziano affetto da leucemia linfatica cronica
2
P. Sportoletti, F. Falzetti
Bendamustina in leucemia linfatica cronica recidivata
dopo plurimi regimi di trattamento incluso ASCT
4
C. Lambertini
Bendamustina in associazione a rituximab in una paziente con leucemia
linfatica cronica “highest-risk” pluritrattata
6
R. Rizzi, A. Mestice, C. Germano, G. Nardelli, A. Giordano, P. Curci, G. Specchia
Trattamento di prima linea con lo schema bendamustina-rituximab
in un linfoma follicolare
9
G. Gini, S. Trappolini, P. Leoni
Efficacia e tollerabilità della terapia con bendamustina-rituximab
in prima linea in un paziente affetto da linfoma non-Hodgkin marginale
12
S. Trappolini, G. Gini, P. Leoni
Efficacia del trattamento con bendamustina-rituximab in paziente
con linfoma non-Hodgkin indolente
14
E. Albi, C. Camerini, G. Casarola
Bendamustina è un farmaco sicuro ed efficace nel paziente affetto
da linfoma di Hodgkin refrattario
16
O. Soffritti, G.M. Rigolin, A. Cuneo
Bendamustina in paziente affetto da linfoma di Hodgkin
con seconda recidiva
18
M. Dell’Olio
Bendamustina nella terapia di salvataggio in un caso di linfoma di Hodgkin
refrattario trattato in prima linea secondo una strategia “PET-risk adapted”
21
A. Romano, A. Figuera
Immunocitoma e utilizzo off-label di bendamustina in una giovane paziente 24
A. Monti
R-bendamustina come terapia di prima linea in un
paziente anziano affetto da leucemia linfatica cronica
P. Sportoletti, F. Falzetti
Istituto di Ematologia, Università degli Studi di Perugia
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Paziente di sesso maschile di 81
anni, in discrete condizioni di
salute, che giunge alla nostra
attenzione in seguito al riscontro
occasionale di linfocitosi e lieve
piastrinopenia.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
I l paziente presenta numerose
adenopatie superficiali diffuse a
tutti i distretti esplorabili con
dimensioni massime di 4 cm in
sede ascellare destra. L’emocromo
mostra globuli bianchi pari a
16.950/mm3 con linfociti pari al
71%, emoglobina 14,7 g/dl, piastrine 119.000/mm3. Il quadro immunofenotipico su sangue periferico
risulta compatibile con la diagnosi
di leucemia linfatica cronica (LLC).
I fattori prognostici analizzati
mostrano negatività dello ZAP70
e CD38, stato non-mutato dei geni
IgVH e delezione 13q14 non comprendente il gene RB1.
Un’ecografia addome documenta, al retro peritoneo, la presenza
di numerosissimi linfonodi patologici del diametro fino a 4 cm.
Presenta linfoadenopatie voluminose in sede sottorenale bilatera-
2
le che, a sinistra, determinano
idronefrosi per inglobamento
del tratto ureterale; non è presente splenomegalia.
Approccio terapeutico,
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
A fronte di questa diagnosi con
quadro addominale a rischio di
complicanze renali si decide di iniziare immediatamente una chemioterapia citoriduttiva. Il paziente è sottoposto a una terapia di 1ª
linea comprendente bendamustina 70 mg/m2/die, per 2 giorni consecutivi (giorni 1 e 2 di ogni ciclo)
e rituximab 375 mg/m2 al giorno
1, di cui esegue 3 cicli totali.
L’intervallo tra i cicli è stato di 30
giorni e ha consentito di completare la terapia nel mese di
Dicembre 2012. La tolleranza alla
terapia è buona e il paziente non
presenta alcuna tossicità d’organo
né ematologica. Una rivalutazione
ecografica, a distanza di un mese
dall’ultimo ciclo di chemioimmunoterapia, mostra una completa
scomparsa delle linfoadenomegalie addominali segnalate alla diagnosi. All’esame obiettivo non
sono più apprezzabili linfoadenomegalie superficiali.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
L’obiettivo terapeutico nella LLC è
di ottimizzare le risposte, riducendo al minimo la tossicità e migliorando la qualità della vita. Nei
pazienti anziani spesso risulta difficile utilizzare terapie aggressive
basate sull’impiego della fludarabina, preferendo regimi meno
tossici ma con una più modesta
efficacia. La bendamustina è un
farmaco ibrido con proprietà di
agente alchilante e analogo delle
purine, che mostra una significativa attività come singolo agente
nel trattamento di diversi disordini linfoproliferativi. L’efficacia di
bendamustina è stata dimostrata
in studi di confronto con clorambucil e anche in trial clinici di
immuno-chemioterapia con l’anticorpo monoclonale anti-CD20. Il
presente report dimostra la sicurezza e l’efficacia di bendamustina in associazione ad anti-CD20
usata in 1ª linea nel paziente
anziano. La somministrazione di
bendamustina si è dimostrata
R-BENDAMUSTINA COME TERAPIA DI PRIMA LINEA IN UN PAZIENTE ANZIANO AFFETTO DA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA
essere molto efficace anche in
presenza di grosse masse adenopatiche profonde. Il dosaggio utilizzato ha consentito di ottenere
la completa scomparsa delle
linfoadenomegalie in assenza di
neutropenia severa e prolungata,
che rappresenta l’evento avverso
principale della terapia con bendamustina. In conclusione la
combinazione di bendamustina e
rituximab rappresenta una strategia terapeutica sicura ed efficace
nel trattamento di 1ª linea del
paziente anziano affetto da LLC.
imab in patients with relapsed and/or
refrac tor y chronic lymphoc ytic
leukemia: a multicenter phase II trial
of the German Chronic Lymphocytic
Leukemia Study Group. J Clin Oncol
2011;29(26):3559-3566.
• Knauf WU, Lissichkov T, Aldaoud AJ et al.
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Bendamustine (Treanda) displays a distinct pattern of cytotoxicity and unique
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other alkylating agents. Clin Cancer Res
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Bibliografia
• Cheson BD, Wendtner CM, Pieper A et al.
Optimal use of bendamustine in chronic
lymphocytic leukemia, non-Hodgkin
lymphomas, and multiple myeloma:
treatment recommendations from an
international consensus panel. Clin
Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10:21-27.
• Fischer K, Cramer P, Busch R et al.
Bendamustine combined with ritux-
3
Bendamustina in leucemia linfatica cronica recidivata
dopo plurimi regimi di trattamento incluso ASCT
C. Lambertini
U.O. Ematologia e Centro Trapianti Midollo Osseo, Dipartimento Onco-Ematologico internistico,
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Presentazione del caso
Paziente, anamnesi
Il presente articolo tratta il caso
clinico di una paziente di 55
anni: nell’Ottobre del 2003 le
viene effettuata una diagnosi di
leucemia linfatica cronica (CLL)
con stadio II secondo Rai e stadio B secondo Binet; nel Luglio
del 2005 viene intrapresa, presso
un altro centro, una terapia con
clorambucile e prednisone,
seguita da immuno-chemioterapia secondo lo schema FCR (fludarabina, ciclofosfamide e rituximab) -5 cicli- e successivo trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (ASCT )
nell’Aprile 2007, con ottenimento di risposta completa. Nel
Giugno del 2012 si verifica una
ricaduta di malattia con il riscontro, all’esame obiettivo, di epatomegalia e adenomegalie superficiali in sede ascellare e laterocervicale, bilateralmente.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Gli esami ematochimici evidenziano: emoglobina 13,8 g/dL, piastrine 179x109/L, leucociti 31,7x109/L
con linfocitosi assoluta (23x109/L).
La FISH (fluorescence in situ hybri-
4
dization), eseguita su sangue periferico, evidenzia una delezione a
livello di ATM (11q23). L’RX torace è
nei limiti di norma. All’esame ecografico si evidenziano molteplici
linfonodi, aumentati di volume in
sede ascellare bilateralmente
(massimo 5 cm a destra), piccoli
linfonodi non superiori al centimetro in sede inguinale e a livello laterocervicale (massimo 1,5 cm), fegato aumentato di dimensioni, presenza di linfonodo ingrandito a
livello dell’ilo epatico (3,4 cm) e
altri linfonodi in sede periaortica.
Approccio terapeutico
In relazione alla giovane età e alla
recidiva di malattia, con rapida
progressione della sindrome infiltrativa, in una paziente precedentemente sottoposta a diversi trattamenti immuno-chemioterapici
e trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche, si è considerato il trattamento immunochemioterapico combinato con
rituximab e bendamustina (BR) a
fronte dell’evidenza dei promettenti risultati, in letteratura, in
pazienti pluritrattati come nel
nostro caso.
Lo schema di trattamento tera-
peutico ha previsto la somministrazione di rituximab 375
mg/m2 al giorno 1 e bendamustina 90 mg/m 2 al giorno 2 e 3
(1); al termine del primo ciclo
immuno-chemioterapico secondo lo schema BR, eseguito in
regime di ricovero ospedaliero e
risultato ben tollerato dalla
paziente, l’esame emocromocitometrico mostrava i seguenti
valori: emoglobina 12,9 g/dl, piastrine 173x10 9 /L, leucociti
6,7x10 9/L con normalizzazione
della linfocitosi. All’esame obiettivo risultavano regredite le
linfoadenomegalie superficiali
apprezzabili e l’epatomegalia.
Si decideva, pertanto, di proseguire con il medesimo schema ogni
28 giorni. Alla TC total body di rivalutazione, dopo 3 cicli terapeutici,
si confermava il quadro di remissione completa di malattia.
A distanza di 3 settimane dal termine del quarto ciclo, l’emocromo evidenziava emoglobina
11,8 g/dL, piastrine 200x109/L e
leucociti 2,2x109/L con normalizzazione della formula leucocitaria (neutrofili 41%, linfociti 21%).
A fronte della risposta completa
si è deciso di proseguire l’iter
terapeutico con ulteriori 2 cicli di
mantenimento con BR.
BENDAMUSTINA IN LEUCEMIA LINFATICA CRONICA RECIDIVATA
DOPO PLURIMI REGIMI DI TRATTAMENTO INCLUSO ASCT
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
In considerazione della storia
(numerosi cicli di immuno-chemioterapia e recidiva dopo autotrapianto), della giovane età della
paziente e dei crescenti dati di letteratura riguardanti l’efficacia, la
tollerabilità e la sicurezza di benda-
mustina, nonché la provata azione
sinergica con rituximab, è stato
deciso un programma di trattamento immuno-chemioterapico
secondo lo schema BR (2-4). Il doppio meccanismo d’azione alchilante e antimetabolita della bendamustina promette una buona efficacia terapeutica e consente, a differenza di altri chemioterapici, di
ridurre notevolmente la tossicità,
sia ematologica che extraematologica, senza compromettere l’attività antitumorale (5,6).
Nel nostro caso sono stati già
effettuati i primi 4 cicli, con una
completa tollerabilità senza la
comparsa alcuna di effetti collaterali extra-midollari e nemmeno di
alopecia; si sono così potuti evitare gli effetti psicologici negativi
legati alla caduta dei capelli.
Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin
Oncol 2011;29(26):3559-3566.
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4. Iannitto E, Morabito F, Mancuso S et al.
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Optimal use of bendamustine in chronic
lymphocytic leukemia, non-Hodgkin lymphomas, and multiple myeloma: treatment recommendations from an international consensus panel. Clin Lymphoma
Myeloma Leuk 2010;10(1):21-27.
2. Fischer K, Cramer P, Busch R et al.
Bendamustine combined with rituximab
in patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic
5
Bendamustina in associazione a rituximab in una paziente
con leucemia linfatica cronica “highest-risk” pluritrattata
R. Rizzi, A. Mestice, C. Germano, G. Nardelli, A. Giordano, P. Curci, G. Specchia
Sezione di Ematologia con Trapianto, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO),
Università degli Studi di Bari
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Una paziente di 62 anni giungeva,
alla nostra osservazione nel 2009
per leucocitosi (14.340) con linfocitosi (8.070), rilevata 6 mesi prima. All’anamnesi remota risultavano un’infezione da HBV (Hepatitis
B virus), ipertensione arteriosa e
obesità.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Adenopatie di dimensioni comprese tra 2 e 4 cm erano presenti in
sede laterocervicale, sottomandibolare, sovraclaveare, ascellare e
inguinale, bilateralmente. La milza
era palpabile 3 dita trasverse dall’arcata costale. La TAC confermava i
dati dell’esame clinico e dimostrava
adenopatie multiple e confluenti, di
diametro variabile tra 2 e 6 cm nelle
sedi addominali profonde e splenomegalia (diametro longitudinale 16
cm); inoltre il work-up diagnostico
evidenziava: leucocitosi (51.600)
con linfocitosi (47.000), piccoli linfociti e rarissimi prolinfociti nello striscio di sangue periferico, profilo
immunofenotipico caratteristico
della leucemia linfatica cronica
(LLC) (CD5+/CD19+/CD23+), infiltrazione midollare linfoide dell’80%
6
con pattern diffuso, stadio II Rai/B
Binet, gene IgVH non mutato, positività di CD38 e ZAP-70, incremento
della β2-microglobulina (3,3 g/ml),
doubling time linfocitario <6 mesi,
buona fitness fisica.
notipica si rivelavano T CD3+; il
valore della β2-microglobulina
era ridotto (2,6 g/ml).
Valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Approccio terapeutico
Dopo aver definito la diagnosi di
LLC II/B, lo stato di attività della
malattia e la positività di parametri configuranti l’alto rischio prognostico, veniva iniziata una chemioimmunoterapia secondo lo
schema RFC (rituximab, fludarabina, ciclofosfamide); contemporaneamente era stata avviata la profilassi della riattivazione dell’HBV.
La rivalutazione dello stato di
malattia, dopo 6 cicli di RFC, dimostrava il conseguimento di una
risposta parziale (RP), con pattern
di infiltrazione midollare interstiziale e nodulare. Alla TAC di controllo le linfoadenopatie si presentavano ridotte in numero e
volume; in particolare in sede
paraortica sinistra i linfonodi avevano un diametro massimo di 2,5
cm e la splenomegalia era ridotta
(diametro longitudinale 14 cm). I
leucociti erano 4.620 con 1.130
linfociti), che all’analisi immunofe-
Meno di 6 mesi dopo il completamento dei cicli di RFC veniva evidenziata una progressione di
malattia con la ricomparsa di adenopatie a localizzazione laterocervicale e ascellare bilaterale.
Un’ulteriore TAC dimostrava, in
sede addominale, la presenza di
adenopatie polidistrettuali (di diametro fino a 3,8 cm) e splenomegalia (diametro longitudinale 15 cm).
L’esame emocromocitometrico
rivelava 8.660 leucociti con 4.270
linfociti; nello striscio di sangue
periferico, oltre a piccoli linfociti e
a qualche prolinfocito, si osservavano alcuni grandi linfociti e cellule clivate. Il 40% dei linfociti circolanti dimostrava un fenotipo
CD5+/CD19+ e CD5+/CD23+; la
β2-microglobulina era aumentata
(3,1 g/ml); si procedeva quindi alla
biopsia escissionale di un linfonodo laterocervicale, il cui esame
istologico risultava coerente con
la diagnosi di LLC/linfoma linfociti-
BENDAMUSTINA IN ASSOCIAZIONE A RITUXIMAB IN UNA PAZIENTE
CON LEUCEMIA LINFATICA CRONICA “HIGHEST-RISK” PLURITRATTATA
co. Rilevata la progressione di
malattia, la paziente riceveva una
2ª linea di chemioimmunoterapia
con R-CHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e
prednisone) ogni 28 giorni; il trattamento veniva interrotto dopo 3
cicli per mancanza di risposta e
tossicità epatica.
L’analisi in FISH (fluorescence in
situ hybridization) dimostrava la
presenza di del11(q22) (54%);
dopo il superamento della mielosoppressione post-terapia e della
tossicità epatica, la conta linfocitaria raggiungeva, entro 2 mesi, il
valore di 36.600, con neutropenia
di grado lieve e nello striscio di
sangue periferico si notava l’aumento di cellule clivate e prolinfociti. D’altra parte la TAC documentava la comparsa di nuove linfoadenopatie in sede mediastinica di
dimensioni fino a 3,8 cm, mentre il
diametro maggiore di quelle
addominali superava i 4 cm; veniva
pertanto intrapresa una chemioimmunoterapia di 3ª linea
secondo lo schema BR (bendamustina, rituximab), che era protratta
per 6 cicli con intervalli di 28 giorni.
I dati clinici e la TAC di rivalutazione
dimostravano una regressione sia
delle linfoadenopatie in numero e
dimensioni sia della splenomega-
lia. Si rilevavano anemia (Hb 9,8),
leucopenia con neutropenia (GB
2520 con N 870, L 1350) e PLT
158.000; i linfociti circolanti erano T
CD3+, i linfociti midollari rappresentavano il 15%.
Tali risultati indicavano l’ottenimento di una risposta che, a causa
dell’incompleto recupero midollare, poteva essere definita RPi. Il
decorso clinico era successivamente complicato da un’infezione
polmonare maggiore, con positività dell’espettorato per Klebsiella
pneumoniae; l’infezione si risolveva
con terapia antibiotica sistemica
(tigeciclina) durante l’ospedalizzazione. La persistenza della neutropenia rendeva necessaria la somministrazione di G-CSF. Meno di 6
mesi dopo il completamento della
terapia si manifestava la progressione di malattia con linfoadenopatie mediastiniche e addominali
(>5 cm) sintomatiche.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Per la discussione del nostro caso
di LLC, caratterizzata da IGVH
(immunoglobulin variable heavy
chain) non mutato, del(11q),
aumentata β2-microglobulina e
refrattarietà a RFC, ci siamo riferiti
alla valutazione del rischio in
pazienti fit con LLC trattata con chemioimmunoterapia, recentemente
considerata da Zenz et al. (1); poiché nella nostra paziente i marcatori biologici indicavano un alto
rischio prognostico (“high-risk”),
veniva intrapreso un trattamento
di 1ª linea con 6 cicli della combinazione RFC. Dopo una RP di
durata <6 mesi si manifestava
una progressione di malattia con
aggravamento del rischio, che
dall’iniziale “high-risk” si modificava in “highest-risk” (1); si dava
pertanto inizio a una 2ª linea con
R-CHOP, anche in considerazione
della presentazione clinica preminentemente nodale; la mancanza di risposta e la tossicità
epatica rendevano però necessaria l’interruzione del trattamento
dopo 3 cicli. Veniva quindi intrapresa una 3ª linea rappresentata
dall’associazione BR (2-4); dopo 6
cicli si osservava una risposta
definibile come RPi (5) che, senza la persistente citopenia,
avrebbe invece soddisfatto i criteri della risposta completa (RC);
la risposta si rivelava di durata
comunque <6 mesi e gravata da
infezione.
7
M. RIZZI, A. MESTICE, C. GERMANO, G. NARDELLI, A. GIORDANO, P. CURCI, G. SPECCHIA
D’altra parte tale evoluzione
escludeva “a posteriori” che essa
potesse essere tradizionalmente
classificata come RCi legata a tossicità della terapia (6).
Alla luce dell’efficacia, sebbene
temporanea, dimostrata dalla
bendamustina in combinazione
con rituximab (già usato in 1ª e 2ª
linea nella nostra paziente), si è
portati a ipotizzare che un anticipato impiego della bendamusti-
na in 2ª linea avrebbe potuto
consentire una risposta di più
lunga durata, permettendo quindi l’utilizzazione di terapie alternative e/o maggiormente eradicanti (allo-SCT) (7).
phocytic leukaemia: an italian retrospective study. Br J Haematol 2011;153:351-357.
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3. Iannitto E, Morabito F, Mancuso S et al.
Bendamustine with or without rituximab
in the treatment of relapsed chronic lym-
8
Trattamento di prima linea con lo schema bendamustinarituximab in un linfoma follicolare
G. Gini, S. Trappolini, P. Leoni
Clinica di Ematologia, Ospedali Riuniti, Ancona
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
T.A., uomo, 57 anni. Il caso clinico si
riferisce a un uomo di 57 anni, di cui
segnaliamo, all’anamnesi patologica
remota, un diabete mellito di tipo II
in trattamento con ipoglicemizzanti
orali associato a obesità severa.
A Giugno del 2010, in occasione di
un ricovero ospedaliero per colecistite acuta litiasica, il paziente eseguiva una TAC total body che
documentava la presenza, nella
porzione caudale della radice
mesenterica del piccolo intestino,
di una formazione ovalare solida di
8x6 cm di diametro, riferibile a
linfoadenomegalie confluenti e
parzialmente colliquate; si segnalava, inoltre, la presenza di multiple
linfoadenomegalie diffuse su tutto
il mesentere, in sede paraortica
sinistra, e intercavoaortica di 3 cm
di diametro; veniva quindi sottoposto a intervento chirurgico di
colecistectomia e biopsia dei linfonodi mesenterici, ponendo diagnosi di linfoma B centrofollicolare
con pattern nodulare di grado II.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Presso il nostro centro il paziente
eseguiva tutte le indagini per ter-
minare la stadiazione di malattia,
come di seguito indicato.
• Esami ematochimici: nella norma.
• Biopsia osteomidollare: midollo
indenne da localizzazione di
malattia.
• Indagine di biologia molecolare
da sangue midollare: bcl2 positivo.
• Indagine citogenetica: normale.
• PET total body: voluminosa area
di captazione in sede addominale mediana, in corrispondenza
della massa mesenteriale visualizzata alla TC e riferibile a bulky
addominale; ulteriore area di
minori dimensioni in sede paramediana sinistra all’altezza di L3;
piccole linfoadenomegalie in
sede lomboaortica sinistra.
La diagnosi definitiva è di linfoma
follicolare grado II, stadio II, FLIPI 1.
rituximab finali di consolidamento, con bendamustina al dosaggio
di 90 mg/m 2 nei giorni 1-2 e
rituximab 375 mg/m2 al giorno 1;
la terapia di supporto era costituita da fattore di crescita granulocitario pegilato, somministrato il
giorno successivo alla chemioterapia e darbepoeitina 150 µg 1 fl a
settimana, con profilassi antibiotica con chinolonico e cotrimossazolo e antivirale con valaciclovir.
Il paziente ha iniziato il trattamento a Luglio 2010, terminandolo a Dicembre dello stesso
anno, con buona tolleranza individuale e la sola tossicità extraematologica tipo neuropatia periferica di grado II.
Approccio terapeutico
Valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Nei linfomi a basso grado la
malattia si presenta, più spesso, in
stadio avanzato fin dal momento
della diagnosi, come in questo
caso in cui abbiamo un bulky
addominale; si è deciso quindi di
sottoporre il paziente all’efficace
chemio-immunoterapia con bendamustina-rituximab (BR), per un
totale di 6 cicli ogni 28 giorni + 2
Nonostante i risultati ottenuti
dall’aggiunta del rituximab nei
linfomi indolenti, migliorati
anche con l’utilizzo della bendamustina, rimane sempre uno zoccolo duro di pazienti che ricadono dopo la 1ª linea di trattamento; anche il nostro paziente è
andato incontro a una ricaduta a
15 mesi dal termine della terapia
9
G. GINI, S. TRAPPOLINI, P. LEONI
con BR. La TAC total body, eseguita a Febbraio 2012, mostrava la
comparsa di multiple linfoadenomegalie al cavo ascellare sinistro
di 4 cm di diametro e multiple
linfoadenomegalie nel contesto
del tessuto adiposo mesenteriale,
le maggiori del diametro di 50x36
mm; alla PET total body emergeva
la comparsa di linfoadenomegalie ipermetaboliche in sede ascellare sinistra (SUV 9), aree di ipermetabolismo glucidico in corrispondenza delle formazioni linfonodali nel contesto del tessuto
adiposo mesenteriale (SUV 6,9).
La biopsia di un linfonodo confermava la ricaduta della malattia di
base; anche alla recidiva la biopsia osteomidollare era risultata
indenne da localizzazione di
linfoma.
La nuova diagnosi alla ricaduta
evidenziava un linfoma follicolare
grado II stadio IIIA FLIPI 2; il paziente iniziava così una terapia di 2ª
linea con 6 CHOP-8RTX da Marzo
2012 fino a Dicembre 2012 senza
10
alcun problema e ottenendo una
remissione completa di malattia.
Attualmente è in terapia di mantenimento con rituximab 375
mg/m2 ogni 2 mesi per un totale di
2 anni.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Rummel MJ ha recentemente pubblicato importanti risultati riguardanti lo schema immuno-chemioterapico BR in 1ª linea nei linfomi
non-Hodgkin a basso grado di
malignità (1), la progression-free
survival era di circa 24 mesi con
overall response rate del 90% e una
complete remission rate (CR) del
60%. Successivamente si sono susseguiti molteplici studi riguardanti
l’efficacia dell’utilizzo della bendamustina in 1ª linea nella leucemia
linfatica cronica (LLC) (2-4) e nei
pazienti anziani e fragili affetti da
linfoma B grandi cellule (5); sono
molto numerose, inoltre, le esperienze in 2ª linea del suo utilizzo, sia
nei linfomi indolenti, sia nella LLC
(6). Recentemente è uscito anche
uno studio retrospettivo della
Fondazione Italiana Linfomi (FIL)
che mette in luce, oltre all’efficacia,
anche la sicurezza della bendamustina in pazienti pluritrattati (7).
L’efficacia e la safety ci aveva quindi indotto alla scelta in 1ª linea dello schema BR, anche se non ancora indicato al tempo, anche in
ragione delle comorbidità del
paziente e quindi dell’opportunità
di effettuare uno schema efficace
privo dello steroide, che avrebbe
peggiorato il suo diabete instabile, come in effetti è poi successo
nella 2ª linea. Pertanto, nonostante la ricaduta del paziente, possiamo affermare che lo schema BR è
efficace, sicuro e, a nostro avviso,
un’ottima scelta di 1ª linea, in particolare in quei pazienti che possono presentare dei profili di rischio
aumentati se sottoposti a terapia
classica.
TRATTAMENTO DI PRIMA LINEA CON LO SCHEMA BENDAMUSTINA-RITUXIMAB IN UN LINFOMA FOLLICOLARE
Bibliografia
1. Rummel MJ, Niederlin N, Maschneyer G
et al. Study group indolent Lymphomas
(StiL). Bendamustine plus rituximab versus CHOP plus rituximab as first-line treatment for patients with indolent and mantle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial. Lancet 2013;381(9873):1203-1210.
2. Knauf WU, Lissichkov T, Aladaoud A et
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previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol
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3. Fischer K, Cramer P, Bush R et al.
Bendamustine in combination with ritux-
imab for previously untreated patients
with chronic lymphocytic leukemia: a
multicenter phase II trial of the German
Chronic Lymphocytic Leukemia Study
Group. J Clin Oncol 2012;30(26):32093216.
4.Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R et al.
Bendamustine for patients with indolent
B cell lymphoid malignancies including
chronic lymphocytic leukaemia. Cochrane
Database Syst Rev 2012;9: CD009045.
5. Horn J, Kleber M, Hieke S et al.
Treatment option of bendamustine in
combination with rituximab in elderly
and frail patients with aggressive B-nonHodgkin lymphoma: rational, efficacy,
and tolerance. Ann Hematol 2012;91(10):
1579-1586.
6. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS et al.
Bendamustine produces durable
responses with an acceptable safety profile in patients with rituximab-refractory
indolent non-Hodgkin lymphoma. Clin
Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10(6):
452-457.
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Bendamustine with or without rituximab
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non-Hodgkin’s lymphoma patients : a
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of the Italian Lymphoma Foundation (FIL).
Ann Hematol 2012;91(7):1013-1022.
11
Efficacia e tollerabilità della terapia con bendamustinarituximab in prima linea in un paziente affetto da linfoma
non-Hodgkin marginale
S.Trappolini, G. Gini, P. Leoni
Clinica di Ematologia, Ospedali Riuniti, Ancona
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Presentiamo qui il caso di F.S., un
paziente di 71 anni. All’anamnesi
patologica remota non emerge
nulla di rilevante. Ad Aprile del
2012, in occasione di un ricovero
ospedaliero per una colica renale
destra, associata a ureteroidronefrosi omolaterale con insufficienza renale acuta di lieve entità, si
riscontra una componente
monoclonale pari a 11,3 g/dl. Agli
esami ematochimici completi: Hb
9,6 g/dl, PLT 123.000/mm3, WBC
19.000/mm3, β2-microglobulina
14,5 mg/l, proteinuria di Bence
Jones positiva, elettroforesi urinaria tubulare con presenza di catene leggere libere monoclonali
kappa e creatinina 1,78 mg/dl.
Data l’importante entità della
componente monoclonale e l’insufficienza renale, il paziente
veniva sottoposto a 2 successive
sedute di plasmaferesi.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Nel Giugno del 2012 il paziente
completava tutti gli esami di stadiazione comprendenti la risonanza magnetica total body, che
mostrava una splenomegalia di 19
12
cm e una biopsia osteomidollare,
che vedeva un midollo con cellularità del 90%, sostituito per l’80%
da infiltrato linfoide nodulare
composto da piccoli linfociti con
rari elementi blastici (infiltrato
CD20+, CD79a+ monotipico per la
catena IgM kappa). Il controllo della componente monoclonale,
dopo plasmaferesi, vedeva una
netta riduzione della stessa fino a
4 g/dl. La diagnosi definitiva indicava un linfoma marginale con
componente monoclonale IgM/κ.
Approccio terapeutico
In considerazione delle buone
condizioni generali e dei risultati
ottenuti in 1ª linea, in comparazione fra clorambucil-rituximab e
bendamustina-rituximab (BR) (1) e
le pregresse esperienze in questo
setting di pazienti refrattari o ricaduti (2), si è deciso di sottoporre la
paziente allo schema chemioterapico BR. Il suo programma avrebbe
previsto la somministrazione di 6
cicli ogni 28 giorni con bendamustina al dosaggio di 90 mg/m2 nei
giorni 1-2 e rituximab 375 mg/m2
nel giorno 1. La terapia di supporto era costituita da fattore di crescita granulocitario pegilato, som-
ministrato il giorno successivo alla
chemioterapia, e darbepoeitina
150 µg 1 fl a settimana, con profilassi antibiotica con chinolonico e
cotrimossazolo e antivirale con
valaciclovir. Il paziente ha iniziato il
trattamento a Giugno 2012.
Valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
ll paziente ha effettuato, senza
particolari problemi, tutto il programma terapeutico completando l’ultimo ciclo BR a Novembre
del 2012. La rivalutazione intermedia di malattia ha mostrato una
netta riduzione della splenomegalia fino a 14 cm, permanendo però
alta la componente monoclonale
per la quale il paziente ha continuato a effettuare plasmaferesi
settimanalmente. Gli esami di rivalutazione finale, condotti a
Novembre con risonanza magnetica e biopsia osteomidollare, hanno mostrato la scomparsa della
componente marginale, pur tuttavia persistendo una quota superiore alla norma di plasmacellule
con una componente monoclonale IgM superiore ai 4 g/dl; pertanto
abbiamo ritenuto opportuno
EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DELLA TERAPIA CON BENDAMUSTINA-RITUXIMAB IN PRIMA LINEA IN UN PAZIENTE AFFETTO DA
LINFOMA NON-HODGKIN MARGINALE
intraprendere una terapia di mantenimento con lenalinomide 15
mg 1 cp/die per 21 giorni al mese
al fine di garantire la stabilità della
malattia.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Benché la bendamustina non sia
ancora considerata un farmaco da
utilizzare in 1ª linea, per questa
tipologia di malattie, abbiamo
provveduto a sottoporre il paziente a questo regime in virtù delle
molteplici esperienze con l’utilizzo di questo schema chemioterapico in pazienti con linfoma indo-
lente in 2ª linea e delle molteplici
pubblicazioni che dimostrano una
buona tollerabilità di questo schema chemioterapico nei pazienti
anziani (1-3). Horn ha pubblicato,
nel 2012, un abstract dove ha analizzato l’efficacia e la sicurezza di
BR nei pazienti anziani e fragili
affetti da linfoma B grandi cellule.
I pazienti arruolati erano 20, la cui
età mediana era di 72 anni, la
mediana del Comorbidity Index
secondo Charlson era 4. Otto
pazienti avevano segni di insufficienza cardiaca; anche in questo
caso veniva paragonato lo schema BR e l’R-CHOP. L’ORR (overall
remission rate) era del 55% e nel
braccio BR la terapia era molto
ben tollerata con una mediana di
PFS (progression free survival) e di
OS (overall survival) rispettivamente di 8,3 mesi e 19,4 mesi,
dimostrando che lo schema BR è
una valida opzione allo schema RCHOP, specialmente in questo
gruppo di pazienti (4); inoltre una
revisione effettuata da Vidal (5) ha
preso in considerazione 5 studi
con 1343 pazienti randomizzati
con linfomi indolenti, che comparavano la PFS e la qualità di vita tra
le diverse linee di terapia.
Dall’analisi di questi studi è risultato una maggiore PFS e OS, ma
anche una sovrapponibile tossicità di grado 3-4. Molto interessante sarà vedere gli effetti dei
cicli contenenti bendamustina
sulla qualità della vita.
non-Hodgkin lymphoma. Clin Lymphoma
Myeloma Leuk 2010;10(6):452-457.
3.Fischer K, Cramer P, Bush R et al.
Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients
with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of th German Chronic
Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin
Oncol 2012;30(26):3209-3216.
4. Horn J, Kleber M, Hieke S et al. Treatment
option of bendamustine in combination
with rituximab in elderly and frail patients
with aggressive B-non-Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and tolerance.
Ann Hematol 2012;91(10):1579-1586.
5.Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R et al.
Bendamustine for patients with indolent
B cell lymphoid malignancies including
chronic lymphocytic leukaemia. Cochrane
Database Syst Rev 2012;9:CD009045.
Bibliografia
1. Leblond V, Laribi K, Ilhan O et al.
Rituximab in combination with bendamustine or chlorambucil for treating
patients with chronic lymphocytic
leukemia: interim results of a phase IIb
Study (MaBle). ASH 2012. Abstract 2744.
2. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS et al.
Bendamustine produces durable responses with an acceptable safety profile in
patients with rituximab-refractory indolent
13
Efficacia del trattamento con bendamustina-rituximab in
paziente con linfoma non-Hodgkin indolente
E. Albi, C. Camerini, G. Casarola
Ematologia e Immunologia Clinica, Perugia
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Nel Marzo del 2012 abbiamo valutato una paziente di sesso femminile di 65 anni. All’anamnesi patologica remota emergevano ipertensione arteriosa e sindrome
ansioso-depressiva, all’anamnesi
patologica prossima astenia ingravescente, per la quale la paziente
aveva eseguito un emocromo, che
evidenziava linfocitosi e anemia
moderata.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
All’esame obiettivo si riscontrava
splenomegalia moderata. La ripetizione dell’emocromo confermava linfocitosi (GB 26.760/mm3, L
60%) e anemia ipocromica microcitica (Hb 10,4 g/dl); si evidenziava,
inoltre, una componente monoclonale sierica IgM/lambda pari a
3,4 g/l con proteinuria di Bence
Jones debolmente positiva.
L’immunofenotipo su sangue
periferico risultava compatibile
con un disordine linfoproliferativo
cronico. L’ecografia confermava la
presenza di splenomegalia (DL 15
cm) e assenza di linfoadenomegalie addominali o superficiali. L’RX
torace risultava nella norma.
14
La biopsia osteomidollare consentiva di formulare la diagnosi
di linfoma di derivazione dai
linfociti B periferici, indolente,
probabile linfoma marginale
splenico. All’esame citogenetico
su aspirato midollare: trisomia
della regione 3q23.
Approccio terapeutico e
valutazione a distanza
Inizialmente la paziente è stata
inserita in un programma di watch
and wait, ma nei 3 mesi successivi
si è assistito a un notevole peggioramento dell’anemia (fino a valori
di Hb di 7,7 g/dl), con necessità di
supporto trasfusionale; consensualmente si è assistito a un incremento della linfocitosi (GB
46.450/mm3, L 66%) e a un aumento della LDH (lattato deidrogenasi)
(inizialmente normale) e della
componente monoclonale (IgM
totali 2612 mg/dl, rispetto al valore di 950 mg/dl presente alla diagnosi); è stato pertanto deciso di
procedere a un trattamento citoriduttivo. Tenendo conto della severa anemia e della sindrome ansioso-depressiva della paziente si è
optato per un trattamento con
bendamustina-rituximab (BR),
teoricamente gravato di minore
tossicità rispetto ai protocolli RCHOP (rituximab-ciclofosfamide,
doxorubicina, vincristina e prednisone) like. A partire da Giugno
2012 sono stati somministrati 6
cicli di bendamustina al dosaggio
di 90 mg/m2 (giorni 1-2) in associazione a rituximab (375 mg/m2 al
giorno 1), seguiti da 2 ulteriori
somministrazioni di rituximab
(375 mg/m2 al giorno 1). I cicli sono
stati ben tollerati e sono stati eseguiti regolarmente ogni 28 giorni.
La tossicità ematologica è stata
modesta, con neutropenia di grado II. Non si sono verificate alopecia chemioindotta, né mucosite
orofaringea o gastroenterica.
La risposta al trattamento è stata
ottima: l’emocromo si è praticamente normalizzato dopo il 3° ciclo (GB
4670/mm3 con N 63%, L 19%, Hb
13,1 g/dl, PLT 140.000/mm3) e una
rivalutazione ecografica, eseguita
dopo il 4° ciclo, ha documentato la
scomparsa della splenomegalia.
Al termine del trattamento la rivalutazione midollare, l’ecografia di
controllo e gli esami ematobiochimici hanno evidenziato una remissione completa di malattia, con
scomparsa anche della componente monoclonale sierica e urinaria di accompagnamento. A 3
EFFICACIA DEL TRATTAMENTO CON BENDAMUSTINA-RITUXIMAB IN PAZIENTE CON LINFOMA NON-HODGKIN INDOLENTE
mesi dal termine della terapia la
paziente è in persistente remissione completa.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Il trattamento standard di 1ª linea,
per i linfomi indolenti avanzati, è
rappresentato dall’associazione di
chemioterapia e immunoterapia
con rituximab. Dopo la dimostrazione dell’efficacia di bendamustina in ionoterapia, nel trattamento dei linfomi indolenti (4,5),
bendamustina, in associazione a
rituximab, si è confrontata favorevolmente in numerosi trial cli-
nici con la chemio-immunoterapia standard (R-CHOP-R like, FCRfludarabina, ciclofosfamide,
rituximab) sia nella terapia dei
linfomi indolenti refrattari o ricaduti che, del tutto recentemente,
nella terapia di 1ª linea.
In particolare, come dimostrato
dagli studi pubblicati dal gruppo
tedesco di Rummel, bendamustina, associata a rituximab, può
essere ritenuta una valida alternativa nella terapia di 1° linea dei
linfomi indolenti, di efficacia non
inferiore rispetto a R-CHOP.
L’autore sottolinea infatti l’ottenimento, nella sua casistica, di un
incremento della progressione
libera da malattia e il riscontro di
minori effetti collaterali (1-3): in
par ticolare sono emersi una
ridotta frequenza di alopecia,
tossicità ematologica, infezioni,
neuropatia periferica e stomatite
con l’unico rilievo di maggiori
reazioni cutanee nei pazienti
trattati con bendamustina.
Nel nostro caso la scelta terapeutica è stata dettata sia dalla
severa anemia, presente all’inizio del trattamento, che dalla
presenza di un’importante sindrome ansioso-depressiva; tali
condizioni rendevano necessario sia ridurre la tossicità ematologica che minimizzare gli effetti collaterali.
Il trattamento con BR è risultato
effettivamente ben tollerato dalla
paziente ed efficace.
CHOP plus rituximab as first line treatment for patients with indolent and mantle-cell lymphomas (MCL): updated results
from the StilL NHL1 study. J Clin Oncol
2012.
3. Zhao J, Xu Z, Liu D, Lu Q. Rituximab and
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brief update fort 2012 ASCO Annual
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indolent non-Hodgkin’s lymphoma and
multiple myeloma. Drugs 2012;72(14):
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5. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R et al.
Bendamustine for patients with indolent
B cell lymphoid malignancies including
chronic lymphocytic leukaemia. Cochrane
Database Syst Rev 2012;9:CD009045.
Bibliografia
1. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G
et al. Bendamustine plus rituximab versus
CHOP plus rituximab as first line treatment for patients with indolent and mantle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomized, phase 3 non-inferiority
trial. Lancet 2013;pii: S0140-6736(12)617632. [Epub ahead of print].
2. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G
et al. Bendamustine plus rituximab versus
15
Bendamustina è un farmaco sicuro ed efficace nel paziente
affetto da linfoma di Hodgkin refrattario
O. Sofritti, G.M. Rigolin, A. Cuneo
Sezione di Ematologia, Dipartimento di Scienze Biomediche e Terapie Avanzate, Università di Ferrara
Presentazione del caso
Paziente, anamnesi
Presentiamo il caso di un paziente
di 17 anni, giunto alla nostra attenzione nel Febbraio 2007 per la presenza di linfoadenomegalie laterocervicali. L’anamnesi patologica
remota del paziente era sostanzialmente negativa, fatta eccezione per un intervento di chiusura
del dotto di Botallo nel 2004; il
ragazzo lamentava, inoltre, da circa 3 mesi, la presenza di sudorazione profusa e prurito diffuso.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
All’esame obiettivo si riscontrava
una voluminosa tumefazione laterocervicale destra, in assenza di
altre linfoadenomegalie superficiali palpabili; è stata quindi eseguita
una TC toraco-addominale, che ha
evidenziato la presenza di un grossolano pacchetto linfonodale laterocervicale destro del diametro di
circa 11x5 cm e di ulteriori linfoadenomegalie mediastiniche di
dimensioni inferiori. L’indagine PET
evidenziava un iperaccumulo del
radio-farmaco a livello laterocervicale destro e mediastinico e il
paziente è stato pertanto sottoposto a biopsia linfonodale laterocer-
16
vicale con diagnosi di linfoma di
Hodgkin, variante sclerosi nodulare. La stadiazione è stata completata con la biopsia ossea, che ha
escluso la presenza di coinvolgimento midollare e ha assegnato
pertanto uno stadio IIB.
Approccio terapeutico
Il paziente è stato trattato in 1ª linea
con 6 cicli ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina)
seguiti da radioterapia, con ottenimento di una risposta parziale.
Nella fase di ristadiazione è stata
diagnosticata un’epatite cronica B
attiva, che ha richiesto una terapia
con antivirali. A un controllo dopo 3
mesi è stata osservata una progressione di malattia. Dopo conferma di
diagnosi di linfoma di Hodgkin,
mediante biopsia di linfonodo laterocervicale, è stata impostata una
terapia di 2ª linea con gemcitabina
e doxorubicina liposomiale. In fase
neutropenica, dopo la somministrazione del 1° ciclo, il decorso è stato
complicato dall’insorgenza di grave
sepsi, evoluta in shock settico, che
ha richiesto il ricovero in terapia
intensiva. Sono stati somministrati 6
cicli totali. La terapia è stata tuttavia
gravata da un’importante tossicità,
sia infettiva che ematologica, con
altri 3 ricoveri per complicanze
infettive maggiori e con un crescente ricorso al supporto trasfusionale;
oltre a questo, a fronte di un’iniziale
risposta parziale, documentata
dopo 4 cicli, si è manifestata una
progressione di malattia dopo il termine del 6° ciclo. A questo punto, di
fronte a una malattia refrattaria a 2
linee di terapia e a un paziente compromesso e fragile, si è optato per
un trattamento con bendamustina:
sono stati somministrati 4 cicli di
bendamustina al dosaggio di 70
mg/m2, ogni 28 giorni. Il trattamento è stato ottimamente tollerato,
con minima tossicità ematologica
(grado 2, nessun ricorso al supporto
trasfusionale) e nessuna complicanza infettiva. È stata ottenuta una
risposta parziale, mantenuta per 5
mesi, dopo i quali il paziente è nuovamente progredito e deceduto
per complicanze infettive nel
Dicembre 2010.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Nonostante il trattamento dei
linfomi di Hodgkin vanti un’alta
percentuale di successo con gli
BENDAMUSTINA È UN FARMACO SICURO ED EFFICACE NEL PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN REFRATTARIO
attuali regimi polichemioterapici,
ancora il 20-30% dei pazienti presenta forme resistenti o recidivanti. In questa categoria di pazienti il
trattamento di prima scelta è rappresentato da regimi chemioterapici intensivi, seguiti da trapianto
autologo di cellule staminali (1).
Nei casi non eleggibili o ricaduti
dopo trapianto autologo e nei casi
refrattari, le opzioni terapeutiche
sono limitate. La sicurezza e l’efficacia di bendamustina è stata
estensivamente documentata nei
linfomi non-Hodgkin, nella leucemia linfatica cronica e nel mielo-
ma multiplo (2); solo più recentemente ne è stata valutata l’attività
nei linfomi di Hodgkin.
Bendamustina presenta analogie
strutturali e funzionali sia con i farmaci alchilanti, che con gli antimetaboliti. Esperimenti in vitro hanno
dimostrato che questa molecola ha
un profilo farmacologico distinto
rispetto agli altri agenti alchilanti,
mostrando un’attività antitumorale
anche in linee cellulari resistenti (3).
Nel setting dei linfomi di Hodgkin
refrattari o ricaduti bendamustina ha
dimostrato di avere un buon profilo
di sicurezza, con tossicità ematologi-
ca moderata, per lo più costituita da
piastrinopenia, e una percentuale
contenuta di complicanze infettive
maggiori (4). Recenti studi di fase II
hanno dimostrato, in questa categoria di pazienti, una percentuale
di risposta di circa il 50% e una
sopravvivenza libera da malattia
attorno ai 5 mesi (5). Per queste
caratteristiche, oltre che nell’ambito di regimi di condizionamento e
come terapia “ponte” in attesa di
trapianto (6), bendamustina può
essere considerata una valida
opzione terapeutica nel trattamento dei linfomi di Hodgkin refrattari.
3. Gandhi V. Metabolism and mechanisms
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17
Bendamustina in paziente affetto da linfoma di Hodgkin
con seconda recidiva
M. Dell’Olio
Unità Trapianto di Midollo,U.O.C. di Ematologia, Casa Sollievo della Sofferenza, S. Giovanni Rotondo (FG)
Presentazione del caso
Approccio terapeutico
Paziente e anamnesi
Nel Marzo 2003 viene iniziato un trattamento di 1ª linea secondo lo schema ABVD (adriamicina, bleomicina,
vinblastina, dacarbazina): vengono
eseguiti 6 cicli di chemioterapia e,
nell’Ottobre del 2003, la TAC total
body evidenziava una remissione
completa della malattia. Negli anni
successivi il paziente esegue controlli periodici con TAC total body ed esami ematochimici, che confermano la
remissione completa della malattia.
Nel Marzo del 2003 giunge, alla
nostra osservazione, un uomo di
67 anni con una storia di astenia
ingravescente e comparsa di
linfoadenomegalie laterocervicali
negli ultimi 3 mesi: non emergono
patologie di rilievo né precedenti
interventi chirurgici.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
All’esame obiettivo si evidenziano
linfoadenopatie superficiali in sede
laterocervicale bilateralmente e
inguinale sinistra di circa 3 cm. Gli
esami ematochimici risultano nella
norma, la VES e il B2m (β2-microglobulina) elevati. La TAC total
body referta linfoadenomegalie in
sede lateocervicale bilateralmente
(3 cm), mediastiniche (4 cm) e
inguinale bilateralmente (2 cm); si
decide, pertanto, di eseguire la biopsia di un linfonodo laterocervicale
sinistro, il cui esame istologico permette di formulare una diagnosi di
linfoma di Hodgkin (LH), variante
classica tipo sclerosi nodulare. La
biopsia ossea risulta negativa per
infiltrazione linfomatosa e le conclusioni diagnostiche danno indicazione per LH CS (clinical staging) III.
18
Prima recidiva
Nell’Ottobre del 2008 si verifica la
comparsa di astenia, febbre serotina, dimagrimento. La TAC total
body evidenzia linfoadenomegalie laterocervicali, ascellari, inguinali bilateralmente e mediastiniche. La biopsia ossea presenta
un’infiltrazione linfomatosa di
Hodgkin pari al 30% della cellularità totale. Gli esami ematochimici
evidenziano un’anemia di grado 2,
VES e B2m elevati; non viene pertanto eseguita una biopsia linfonodale e le conclusioni diagnostiche sono: LH CS IV B (mo +). Si eseguono nuovamente 6 cicli di chemioterapia secondo lo schema
ABVD (essendo trascorsi 5 anni
dalla prima somministrazione di
tale schema di terapia) con remissione completa della malattia nel
Maggio 2009.
Seconda recidiva
Nell’Ottobre del 2011 si verifica la
comparsa di linfoadenomegalia in
sede ascellare destra; non emergono
sintomi sistemici, gli esami ematochimici sono nella norma, la VES e la
B2m sono alterati; l’ECG è nei limiti e
l’ecocardiogramma FE=48%. Viene
eseguita una PET total body: aree di
elevata captazione in linfoadenopatie a sede ascellare, interaortocavale
(Suv 34), paraortica (Suv 8,0), iliaca e
otturatoria (Suv 7,8) (Fig. 1). La TAC
total body conferma le localizzazioni, la biopsia ossea l’assenza di infiltrazione linfomatosa; quella del
linfonodo ascellare destra riconferma la diagnosi LH variante classica
tipo sclerosi nodulare dell’esordio:
LH CS III. Il paziente ha ora 75 anni, e
inizia la chemioterapia con bendamustina 90 mg/m 2 giorno 1-2. Il
ciclo di chemioterapia viene ripetuto ogni 28 giorni per 6 cicli complessivi. La PET total body, dopo il 3°
ciclo (Febbraio 2012) e dopo il 6°
ciclo (Maggio 2012) (Fig. 2) confermano la remissione completa della
malattia; il controllo PET total body,
del Novembre 2012, riconferma la
remissione completa della malattia.
BENDAMUSTINA IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN CON SECONDA RECIDIVA
Figura 1. PET Ottobre 2011.
Figura 2. PET Maggio 2012.
A
A
B
B
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
All’esordio della malattia il
paziente non ha patologie con-
comitanti e pertanto è stato eseguito lo schema classico per
l’LH, cioè l’ABVD. Alla prima recidiva, verificatasi dopo circa 5
anni, abbiamo ritenuto opportuno ripetere lo schema ABVD, sia
perché era stato ben tollerato
precedentemente, sia per la sua
efficacia. Nella seconda recidiva,
in considerazione dell’età del
paziente e della ridotta copliance cardiologica (FE=48%) abbiamo escluso lo schema ABVD e
altri schemi di polichemioterapia tipo IGEV (ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina), BEACOPP
(bleomicina, etoposide, doxorubicina ciclofosfamide, vincristina, prednisone, procarbazina),
VBM (vinblastina, bleomicina e
metotrexato) per la loro elevata
tossicità. La scelta di usare la
bendamustina è derivata sia dalla nostra esperienza, consolidata
nella terapia dei linfomi recidivati con eccellenti risultati e con
ridotta tossicità, sia confortata
dai più recenti risultati illustrati,
in letteratura, dell’uso di tale farmaco anche nell’LH. La terapia
con bendamustina, in questo
paziente alla seconda recidiva,
ha permesso di ottenere una
remissione completa già dopo il
3° ciclo; tale terapia è stata ben
tollerata e somministrata nei
tempi previsti con il supporto di
G-CSF (granulocyte colony-stimulating factor). Non si è manifestata alcuna tossicità non
ematologica.
19
M. DELL’OLIO
Bibliografia
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Bendamustina nella terapia di salvataggio in un caso di
linfoma di Hodgkin refrattario trattato in prima linea
secondo una strategia “PET-risk adapted”
A. Romano, A. Figuera
Divisione di Ematologia, Ospedale Ferrarotto, AOU Policlinico-OVE, Università di Catania
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Il sig. B.C., studente universitario di
23 anni, giunge alla nostra osservazione nel Novembre 2010 con
diagnosi, posta presso altra sede,
su biopsia di un linfonodo ascellare, confermata alla revisione istologica presso la nostra Anatomia
Patologica, di linfoma di Hodgkin
classico, ricco in linfociti, CD30+,
CD15 positività puntiforme, PAX5+, MUM1+, CD20-, CD30-, EMA-.
Dall’anamnesi familiare negativa
per patologia oncologica, non
emerge alcun disturbo di rilievo in
passato. Da qualche mese riferisce
la presenza di una tumefazione a
livello laterocervicale, una consistente perdita di peso (13 kg in un
anno), sudorazioni notturne e,
negli ultimi 2 mesi, febbre serotina
(max 38,5 °C).
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
All’obiettività clinica si confermava la presenza di una grossolana tumefazione a livello laterocervicale bilaterale e splenomegalia (3 cm al di sotto dell’arcata
costale); veniva eseguita stadiazione di malattia con gli esami di
seguito indicati.
TC: presenza di pacchetti linfonodali a livello sovra- e sottodiaframmatici (a livello ascellare e
sovraclaveare sinistro max 35
mm, a livello subdiaframmatico,
paraortico sinistro, ilo splenico,
asse femorale comune di sinistra
max 30 mm). Milza aumentata di
volume (16 cm).
PET: accumuli di tracciante nelle
sedi evidenziate alla TC e a livello
del corpo di D6-D7, L3, L5, ala iliaca
sinistra, ischio bilaterale e ala
sacrale destra.
RMN colonna cervico-dorsolombare e bacino: lesioni ripetitive compatibili con localizzazione scheletrica di malattia a livello
del corpo vertebrale di D6-D7, L3,
L5, ala iliaca sinistra, ischio bilaterale e ala sacrale destra.
Biopsia osteomidollare: negativa per localizzazione di malattia.
Si concludeva per stadio IVB
(localizzazione extranodale e
splenica, febbricola, sudorazioni
notturne, perdita di peso). Si completavano le indagini diagnostiche eseguendo ecocardiogramma, spirometria e valutazione dei
marker virali (ndr).
Data la giovane età si proponeva la cr iopreser vazione del
liquido seminale che il paziente
rifiutava.
Approccio terapeutico,
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Il paziente veniva arruolato al protocollo nazionale HD0607 e avviato a chemioterapia di 1ª linea
secondo ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina).
Alla rivalutazione precoce di
malattia con interim-PET, eseguita
entro 14 giorni dal termine del 2°
ciclo, era ancora presente malattia
a elevata attività metabolica.
Pertanto, in accordo con il protocollo HD0607, veniva intrapreso
un trattamento polichemioterapico secondo lo schema BEACOPP
escalated (bleomicina, etoposide,
adriamicina, vincristina, ciclofosfamide, prednisone, procarbazina)
per 4 cicli, seguito da raccolta di
cellule staminali (CD34+) da sangue periferico (PBSC) al termine
del 1° ciclo. Si attivava, inoltre, la
ricerca di un donatore HLA compatibile nella fratria. A Maggio 2011,
l’ottenuta negatività dell’esame
PET in un quadro TC di risposta
parziale al trattamento inducevano a continuare con ulteriori 4 cicli
secondo schema BEACOPP standard, in accordo con il protocollo
HD0607. Al termine del trattamen-
21
R. ROMANO, A. FIGUERA
to, a Giugno 2011, si concludeva
per remissione completa di malattia e veniva intrapreso un followup a cadenza trimestrale. A
Novembre del 2011 il paziente
giungeva in ambulatorio in discrete condizioni generali, lamentando astenia e sudorazioni notturne,
con evidenza di tumefazione a
livello sovraclaveare sinistro. La
biospia escissionale deponeva per
la ripresa di malattia di Hodgkin.
Veniva intrapresa terapia di salvataggio con 4 cicli di polichemioterapia secondo lo schema IGEV (ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina,
prednisolone), seguiti da autotrapianto, ottenendo remissione parziale di malattia. Poiché il paziente
risultava essere aploidentico con
la sorella veniva avviata la ricerca
di un donatore non familiare, senza successo. Tuttavia le condizioni
generali rimanevano alquanto
mediocri per la presenza di dolori
ossei diffusi determinati da multiple localizzazioni scheletriche di
malattia, solo parzialmente
responsivi alla terapia antidolorifica e a somministrazione mensile
di bifosfonati.
In attesa di individuare un donatore di midollo compatibile per un
trapianto allogenico, si decideva di
22
intraprendere un trattamento con
bendamustina 120 mg/m2 per 2
giorni al mese per 4 mesi, ottenendo la remissione parziale di malattia documentata all’esame TC, e
completa alla PET, ma permanendo le lesioni ossee alla RMN di
colonna e bacino. Attualmente il
paziente, in discrete condizioni
generali, intraprenderà a fine mese
una terapia con brentuximab quale approccio bridge-to-transplant
in attesa di essere sottoposto a trapianto allogenico di midollo osseo.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Circa il 20% dei pazienti affetti da
linfoma di Hodgkin con malattia
avanzata all’esordio presentano
malattia chemiorefrattaria allo
schema ABVD. Fattori prognostici
negativi, quali il sesso maschile, la
linfopenia e l’anemia, che concorrono alla determinazione dello
score di Hasenclever, non sono
sufficientemente attendibili per
intraprendere in 1ª linea trattamenti più aggressivi, quali il BEACOPP come tuttavia suggerito dalla scuola tedesca. Recentemente
un approccio terapeutico, guidato
dall’esito della valutazione PET
eseguita precocemente dopo i
primi 2 cicli di terapia, ha mostrato
essere efficace nel recuperare circa la metà dei pazienti garantendo
una remissione completa a lungo
termine. Questo non è avvenuto
tuttavia nel caso del nostro
paziente che, a dispetto di un’iniziale remissione completa dopo
shift precoce al regime BEACOPP, è
andato incontro a relapse di
malattia, chemiorefrattaria al trattamento di 2ª linea e autotrapianto. È stata recentemente riportata
una ridotta affidabilità dell’esito
PET-2 nei pazienti con HL-classicovariante ricca in linfociti, essendo
la PET-2 validata nell’ambito di HLSN.
In attesa di individuare un donatore di midollo compatibile per un
trapianto allogenico il trattamento con bendamustina è risultato
essere un regime ben tollerato,
non richiedendo terapia di supporto con fattore di crescita nonostante il paziente fosse stato
pesantemente pretrattato, con
beneficio soggettivo sui dolori
ossei (permanendo incontrollabili
tuttavia a livello lombare) e riduzione delle masse linfomatose.
BENDAMUSTINA NELLA TERAPIA DI SALVATAGGIO IN UN CASO DI LINFOMA DI HODGKIN REFRATTARIO TRATTATO IN PRIMA
LINEA SECONDO UNA STRATEGIA “PET-RISK ADAPTED”
Bibliografia
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23
Immunocitoma e utilizzo off-label di bendamustina in una
giovane paziente
A. Monti
Ematologia e CTMO, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Viene qui presentato il caso clinico
di una donna di 48 anni: all’anamnesi patologica remota non emerge nulla di significativo e, nel
Novembre del 2012, si verifica il
riscontro occasionale di anemia
(emoglobina 5,2 g/dl), piastrinopenia (64x10 9 /l), leucocitosi
(11,8x109/l) con linfocitosi assoluta (9,5x10 9/l) e presenza di elementi prolinfocitoidi allo striscio
di sangue periferico.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
L’obiettività è negativa, la protidemia totale è pari a 8,4 g/dl, IgG
709 mg/dl, IgA 39 mg/dl, IgM
4650 mg/dl. Componente monoclonale su siero IgM/κ, rapporto
κ/λ 9,73; catene κ e λ urinarie
15,6 mg/dl e 0,4 mg/dl, rispettivamente; reticolociti 1,09%, il test di
Coombs, diretto e indiretto, è
negativo; ricerca di crioagglutinine negativa, tipizzazione linfocitaria periferica: proliferazione di
linfociti B maturi CD19+, CD20+,
CD22+, CD25+, FMC7+/-, monotipici per la catena κ di superficie.
La biopsia osteomidollare evidenzia una cellularità al 95%.
24
Infiltrato linfoide diffuso (50%
della cellularità) CD20+ e clonale
per catena κ; presenza di plasmacellule, linfociti maturi, elementi
linfoplasmocitari e immunoblasti; la granulo-eritropoiesi è
ridotta, l’iperplasia megacariocitaria è moderata, la trama reticulinica infittita. All’agoaspirato
midollare risulta l’espansione di
linfociti B CD19+CD20+ (72%
della cellularità totale). Il cariotipo è normale, la TC total body
negativa; è presente una condizione da iperviscosità con emorragie retiniche, essudati cotonosi
e apparato vascolare congesto al
fondo oculare.
Approccio terapeutico e
valutazione a distanza
In considerazione della diagnosi di
linfoma di derivazione dai linfociti
B periferici a tipo linfoma linfoplasmocitico (immunocitoma), della
giovane età della paziente e delle
recenti pubblicazioni inerenti ai
risultati di bendamustina in associazione a rituximab, utilizzata
come schema immunochemioterapico di 1ª linea nei pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin (LNH),
si è ritenuto opportuno utilizzare il
suddetto regime di trattamento
con rituximab 375 mg/m2 al giorno 1 e bendamustina 90 mg/m2 al
giorno 2 e 3 (1). Il 1° ciclo di trattamento, effettuato in regime di
ricovero ospedaliero, è stato ben
tollerato dalla paziente e ha consentito un rapido e discreto ripristino della crasi ematica con emoglobina pari a 9,5 g/dl, piastrine
69x10 9/l e leucociti 2,7x10 9/l; la
paziente è stata in seguito sottoposta a ulteriori 2 cicli secondo il
medesimo schema a distanza di
28 giorni l’uno dall’altro in regime
di Day Hospital.
A circa un mese dal termine del terzo ciclo l’esame emocromocitometrico mostrava un ulteriore miglioramento con emoglobina 12,8 g/dl;
piastrine 175x10 9 /l; leucociti
2,1x109/l (neutrofili 1,3x10/l, linfociti 0,34x109/l). IgG 697 mg/dl, IgA 29
mg/dl, IgM 685 mg/dl. La componente monoclonale, su siero IgM/κ,
è ridotta rispetto alla diagnosi, rapporto κ/λ =3,64.
La rivalutazione ecografica confermava l’assenza di linfoadenopatie
superficiali, profonde e organomegalia; netto il miglioramento
del quadro oculare. In considerazione dell’ottima risposta al trattamento (ripresa della crasi ematica,
riduzione della componente IgM e
IMMUNOCITOMA E UTILIZZO OFF-LABEL DI BENDAMUSTINA IN UNA GIOVANE PAZIENTE
assenza di sintomi sistemici) si
decideva di iniziare il mantenimento con rituximab 375 mg/m2
ogni 3 mesi per 2 anni (2).
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Per la giovane età della paziente, la
sua buona aspettativa di vita e la
peculiarità della sua malattia, è stato
considerato un approccio terapeutico alternativo a schemi standard
quali R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone più
rituximab) o R-CVP (rituximab,
ciclofosfamide, vincristina, prednisone), con l’obbiettivo di minimizzare
gli effetti tossici, compresi quelli a
medio-lungo termine; la bendamustina è stata scelta in virtù della sua
ben nota azione combinata alchilante e antimetabolita (3). Diversi recenti studi clinici hanno infatti confermato la validità dell’associazione immunochemioterapica rituximab-bendamustina (RB) nel trattamento dei
LNH, persino nei soggetti ricaduti e
refrattari (3,4). L’utilizzo in 1ª linea di
RB ha dimostrato, inoltre, buona tollerabilità e un vantaggio in termini di
sopravvivenza libera da progressio-
ne di malattia rispetto al classico
schema R-CHOP nei pazienti affetti
da LNH (5), riuscendo a garantire gli
stessi risultati con risposte durature a
fronte di un miglior profilo di tossicità
(5,6). Ulteriori dati di letteratura hanno evidenziato come l’utilizzo di BR
in 1ª linea abbia migliorato anche i
punteggi sulla qualità di vita rispetto
a schemi immuno-chemioterapici
quali R-CHOP o R-CVP (7). Il presente
caso conferma l’efficacia del regime
BR e l’assenza di tossicità; si sono inoltre potuti evitare gli effetti psicologici negativi dell’alopecia, effetto collaterale segnalato in letteratura raro
con l’utilizzo di bendamustina (6).
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Scarica

Supplemento 3 del n. 1/2013