Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale Volume 5 Indice Efficacia e sicurezza del trattamento della leucemia linfatica cronica in prima linea con bendamustina e rituximab in un paziente ottantenne: case report 3 M. Napolitano, G. Saccullo, G. Vaccarella, S. Siragusa Rituximab-bendamustina in prima linea nella leucemia linfatica cronica 5 G. Reda, M. Sciumè, A. Cortelezzi Bendamustina nel trattamento della leucemia linfatica cronica dell’anziano “unfit” 7 C. Vetro Efficacia dell’associazione bendamustina e rituximab in un paziente con leucemia linfatica cronica recidivato dopo regime contenente fludarabina 9 G. Quintini, C. Maugeri Terapia rituximab-bendamustina/mitoxantrone in un caso di leucemia linfatica cronica evoluto in sindrome di Richter 11 A.L. Pasini, F. Lanza L’utilizzo di bendamustina nel linfoma follicolare pluriresistente 13 M. Tani, B. Castagnari, C. Cellini, A. Zaccaria Linfoma follicolare ricaduto trattato con bendamustina 15 L. Mattia, M. Savarè, S. Negretti, E. Faccendini, A. Miedico, A. De Paoli Linfoma non Hodgkin a piccoli linfociti. Un caso clinico 17 C.G. Giannitto, G. Caputo, S. Condorelli, F. Spinnato, C. Di Rosa Un caso di morbo di Waldenstrom associato a neuropatia periferica 20 A. Faricciotti Linfoma non Hodgkin mantellare IV stadio recidivato post-trapianto autologo di cellule staminali periferiche in paziente HBV-positivo in terapia antivirale e in trattamento emodialitico per insufficienza renale cronica su base vascolare S. Tonelli, G. Carrieri, G. Cioni 22 Utilizzo dello schema bendamustina-rituximab nella terapia di prima linea del paziente affetto da linfoma non Hodgkin B diffuso a grandi cellule con insufficienza renale cronica e cardiopatia di grado severo 24 E. Derenzini Ruolo della bendamustina come terapia di seconda linea nel trattamento del linfoma non Hodgkin di derivazione B linfocitaria diffuso a grandi cellule nel paziente anziano “fit” 26 C. Pellegrini Tollerabilità ed efficacia di bendamustina in un caso di linfoma angioimmunoblastico T in recidiva dopo trapianto autologo di cellule staminali periferiche 29 A. Crescimanno Ruolo di bendamustina nel linfoma di Hodgkin plurirecidivato e candidato a trapianto allogenico da donatore non familiare 31 A. Greco, V.R. Zilioli, M. Caramella, E. Zucchetti, C. Rusconi Efficacia del trattamento con bendamustina in un paziente affetto da linfoma di Hodgkin plurirecidivato dopo trapianto di midollo osseo autologo 33 D. Marino, F. Canova, S. Zanon, S. M. L. Aversa Insperato successo della combinazione “bendamustina, lenalidomide, desametazone” in un caso di mieloma multiplo pluritrattato, plurirecidivato/refrattario G. Mele, G. Quarta 2 35 Efficacia e sicurezza del trattamento della leucemia linfatica cronica in prima linea con bendamustina e rituximab in un paziente ottantenne: case report M. Napolitano, G. Saccullo, G. Vaccarella, S. Siragusa U.O. Ematologia con Trapianto, Centro di Riferimento Regionale per le Coagulopatie dell’adulto e del bambino, Università degli Studi di Palermo Presentazione del caso Paziente Paziente maschio di 81 anni, seguito per leucemia linfatica cronica (LLC) dall’età di 79 anni. Anamnesi Il paziente presenta una storia clinica di diabete mellito tipo 2 in terapia insulinica, ipertensione arteriosa in trattamento con ACEinibitori e trombosi venosa profonda (TVP) in trattamento anticoagulante orale. Alla diagnosi di LLC (stadio A Binet - intermedio I Rai), avvenuta in seguito al riscontro di anemia emolitica di grado moderato, il paziente veniva trattato con rituximab (375 mg/mq s.c. ogni 3 settimane per un totale di 6) in combinazione a steroide, per cui eseguiva un follow-up a cadenza trimestrale. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Un anno dopo la diagnosi, per il riscontro, all’esame obiettivo, di linfoadenomagalie laterocervicali e sovraclavari bilaterali, il paziente veniva sottoposto a rivalutazione tramite TC total body che evidenziava multiple linfoadenopatie in sede sopra- e sottodiaframmatica del diametro massimo di 4,5 cm; la biopsia di linfonodo laterocervicale sinistro evidenziava una popolazione linfocitaria B con caratteri immunofenotipici di processo cronico linfoproliferativo B compatibile con LLC; la biopsia osteomidollare (BOM) ha evidenziato un midollo ipoplastico con cellularità del 15% e rapporto mielo-eritroide conservato e infiltrazione linfoide interstiziale B CD20+, CD3-, CD5+, CD23+ tra il 20-25% da LLC. Approccio terapeutico La progressione della malattia (stadio C Binet - III Rai) imponeva l’inizio di chemioterapia, ma l’età avanzata del paziente (80 anni) e le comorbilità limitavano le opzioni terapeutiche a pochi farmaci. In considerazione del noto profilo di elevata tollerabilità e maneggevolezza del farmaco, nonché della recente approvazione all’utilizzo dello stesso in 1ª linea per LLC, veniva intrapresa una terapia secondo lo schema bendamustina (90 mg/m2 s.c., giorni 1-2) in combinazione a rituximab (500 mg/m2 s.c., giorno 1). Il trattamento veniva somministrato ogni 4 settimane per un totale di 6 cicli, senza necessità di variazioni posologiche. Il paziente non ha manifestato effetti collaterali di rilievo per tutta la durata del trattamento, eccetto un episodio febbrile occorso in prossimità della prevista somministrazione del 6° ciclo di chemioterapia, che ha determinato il posticipo del trattamento di una settimana ed è stato gestito e risolto a domicilio con terapia sintomatica. Durante il trattamento, dopo il 2° ciclo di terapia, il paziente ha presentato una progressiva riduzione delle linfoadenomegalie palpabili a sede laterocervicale e sovraclaveare, bilateralmente. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Alla rivalutazione TC, effettuata al termine dei 6 cicli di chemioterapia, si osservava la scomparsa delle multiple linfoadenopatie in sede sottodiaframmatica, con sensibile riduzione di numero e diametro delle linfoadenopatie a sede sopradiaframmatica (persistenza di due elementi linfonodali a sede ascellare destra e sovraclaveare sinistra del diametro massimo di 1,8 cm); alla BOM di control- 3 EFFICACIA E SICUREZZA DEL TRATTAMENTO DELLA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA IN PRIMA LINEA CON BENDAMUSTINA E RITUXIMAB IN UN PAZIENTE OTTANTENNE: CASE REPORT lo si osservava, inoltre, una riduzione dell’infiltrato interstiziale linfoide B CD20+, CD23+, CD3- pari a circa il 10%. Il paziente è attualmente in buone condizioni generali e viene sottoposto a follow-up ematologico a cadenza mensile. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Nel caso riportato un approccio terapeutico aggressivo andava necessariamente escluso per la scarsa tollerabilità e l’elevato rischio di tossicità maggiore. Il percorso terapeutico doveva essere attentamente ponderato non solo sulla base delle caratteristiche della malattia ematologica, ma anche sulle caratteristiche cliniche del paziente. La scelta del trattamento verteva quindi prevalentemente su due opzioni: bendamustina o clorambucile. Nel l’esperienza del CGLLSC (German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group) la bendamustina ha dimostrato una certa superiorità, rispetto al clorambucile, sia in termini di risposta sia in termini di PFS (progression free survival). Non vi è differenza in termini di sopravvivenza, ma l’OS (overall survival) dei pazienti responsivi è significativamente maggiore di quella dei non responsivi, con una modesta tossicità (1). Lo stesso studio ha anche valutato la qualità di vita dei pazienti trattati, che si è rivelata pressoché sovrapponibile nei 2 bracci di trattamento (2). In seguito ai buoni risultati, ottenuti con bendamustina in monoterapia, il GCLLSG ha valutato anche l’associazione di bendamustina e rituximab con una percentuale di risposte complessive pari al 90,9% e un profilo di tossicità modesto, pur non essendo disponibile una valutazione specifica del subset di pazienti anziani (3); tali considerazioni hanno condotto a privilegiare, nel caso riportato, un trattamento secondo lo schema RB (rituximab e bendamustina) rispetto a clorambucile. Le pubblicazioni presenti in letteratura, riguardanti pazienti di età superiore ai 75 anni e unfit, sono relativamente scarse e riguardano casistiche limitate, poiché la maggioranza di questi pazienti viene esclusa dai protocolli di studio. L’inserimento di tali soggetti, in trial clinici, rappresenta un obiettivo da perseguire con tenacia nel prossimo futuro, allo scopo di guidare future scelte terapeutiche. 2005; 90(10):1357-1364. 2. Knauf WU, Lissichkov T, Aldaoud A et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384. 3. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine combined with rituximab in patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2011;29(26):3559-3566. Bibliografia 1. Bergmann MA, Goebeler ME, Herold M, Emmerich B, Wilhelm M, Ruelfs C, Boening L, Hallek MJ; German CLL Study Group. Efficacy of bendamustine in patients with relapsed or refractory chronic lymphocytic leukemia: results of a phase I/II study of the German CLL Study Group. Haematologica 4 Rituximab-bendamustina in prima linea nella leucemia linfatica cronica G. Reda, M. Sciumè, A. Cortelezzi UOC Ematologia e CTMO, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e Università degli Studi, Milano Presentazione del caso clinico Paziente e anamnesi Il presente articolo espone il caso di una paziente ottantenne, affetta da leucemia linfatica cronica (LLC) diagnosticata nel Gennaio del 2010. In anamnesi sono da segnalare tonsillectomia, mastoidite destra con esito di ipoacusia omolaterale (Maggio 2006), polmonite comunitaria (Febbraio 2009). scence in situ hybridization) positivo per del(13q), IgHV (immunoglobulin heavy chain variable) nonmutato. Si concludeva per LLC stadio A/1 secondo Binet/Rai. Come completamento diagnostico veniva eseguita una TAC collo-toraceaddome, con riscontro di linfonodi laterocervicali e sovraclaveari con diametro massimo 2,2 cm, ascellari 3,4 cm, evidenza di linfoadenopatie addominali multiple fino a 2,3 cm, iliaci esterni 3,4 cm, milza nei limiti. Esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente si presentava, alla nostra attenzione, nel Gennaio del 2010 per il riscontro occasionale, agli esami ematici, di linfocitosi assoluta. Gli esami ematochimici all’esordio mostravano GB 23.740/mm3 (N 20%, Ly 79%), Hb 14,8 g/dl, PLT 230.000/mm3, LDH 250 U/l, beta2-MG 2,3 mg/dl, creatinina 1,2 g/dl. L’esame obiettivo toraco-addominale era nella norma e la paziente presentava linfoadenopatie laterocervicali e ascellari fino a 2 cm e il perfomance status (PS) secondo ECOG era 0. L’immunofenotipo, su sangue periferico, risultava compatibile con LLC classica, CD38 e ZAP70 negativi; pannello FISH (fluore- Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Durante il follow-up si è assistito a un progressivo incremento delle adenopatie. La TAC collo-toraceaddome, del Maggio 2011, mo strava un incremento significativo delle linfoadenopatie in tutte le stazioni (diametro fino a 3,9 cm al collo, 4,8 cm a livello ascellare, “bulky” retroperitoneale di 10,4x13,5 cm, milza 11,6 cm). Agli esami ematici la linfocitosi appariva stabile (GB 37.030/mm3, Ly 90%). In considerazione della progressione nodale della malattia, si decide- va di iniziare una chemioimmunoterapia secondo lo schema rituximab-bendamustina. Nel Maggio del 2011 veniva iniziato il 1° ciclo di bendamustina (90 mg/m2 giorni 1-2) e rituximab (375 mg/m2 giorno 8). La terapia veniva complicata dalla comparsa di polmonite multifocale bilaterale con insufficienza respiratoria, trattata con antibioticoterapia empirica con piperacillina-tazobactam e meropenem e terapia antifungina ( G3 secondo NCI Common Terminology Criteria for Adverse Events v. 4.0) Alla risoluzione la paziente riprendeva la terapia secondo lo schema R-bendamustina a dosaggio ridotto (rituximab 500 mg/m2 giorno 1,bendamustina 70 mg/m2 giorni 1-2), di cui ha eseguito 6 cicli totali, completati nel Dicembre del 2011. La terapia veniva globalmente ben tollerata, ma nel corso degli ultimi 3 cicli si è verificata una neutropenia severa (G3), con necessità di terapia di un supporto con fattore di crescita granulocitario; tale tossicità non ha determinato, tuttavia, alcun ritardo nella prosecuzione del programma terapeutico. Una TAC di rivalutazione, dopo 3 cicli di terapia, deponeva per la remissione parziale di malattia con persistenza di linfoa- 5 RITUXIMAB-BENDAMUSTINA IN PRIMA LINEA NELLA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA denopatie retroperitoenali di diametro massimo di 2 cm. La TAC, eseguita a 2 mesi dal termine della terapia (Febbraio 2012), confermava il quadro precedente. Attualmente permane uno stato di remissione parziale con crasi ematica nella norma; durante il follow-up successivo la paziente non ha presentato episodi infettivi maggiori. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche L’introduzione della bendamustina, nelle sindromi linfoproliferative, offre nuove prospettive di trattamento, garantendo un’efficacia sovrapponibile agli schemi classici con un profilo di tossicità vantaggioso: nella LLC ha permesso, infatti, di estendere trattamenti efficaci a pazienti per i quali, per età o comorbilità, non è appropriato l’uso di fludarabina. L’efficacia di bendamustina, in termini di risposta e sopravvivenza libera da progressione, è stata confermata da uno studio randomizzato vs clorambucile (1); è stata poi valutata l’associazione di bendamustina e rituximab da Fischer et al. nella LLC refrattaria/ricaduta (2) e, recentemente, uno studio di fase II ha confermato l’efficacia e la tollerabilità di rituximab-bendamustina in 1ª linea (3); tale studio, se paragonato allo studio CLL8 su FCR (fludarabina, ciclofosfamide, rituximab) in 1ª linea (4), include un maggior numero di pazienti con malattia in stadio avanzato ed età mediana più alta; inoltre il 35% dei pazienti presentava una compressione della funzionalità renale, che li avrebbe resi non eleggibili a terapia con fludarabina. Riguardo al caso clinico preso in considerazione, dato l’ottimo PS della paziente, nonostante l’età avanzata, la lieve compromissione della funzionalità renale e la precedente diatesi infettiva, che non avrebbero permesso la candidabilità a regimi contenenti fludarabina, l’impiego di bendamustina ha permesso un trattamento che mirasse alla remissione della malattia, anziché al solo contenimento. La precoce complicanza infettiva, in assenza di neutropenia, è probabilmente da imputare all’immunosoppressione dipendente dalla patologia ematologica piuttosto che alla terapia; a scopo prudenziale si è deciso tuttavia di ridurre il dosaggio di bendamustina, permettendo il completamento dei cicli previsti e l’ottenimento di una remissione parziale duratura. center phase II trial of the German chronic lymphocytic leukemia study group. J Clin Oncol 2011;29(26):3559-3566. 3. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German chronic lymphocytic leukemia study group. J Clin Oncol 2012;30(26):3209-3216. 4. Hallek M, Fischer K, Fingerle-Rowson G et al.; International Group of Investigators; German Chronic Lymphocytic Leukaemia Study Group. Addition of rituximab to fludarabine and cyclophosphamide in patients with chronic lymphocytic leukemia: a randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet 2010;376(9747):1164-1174. Bibliografia 1. Knauf WU, Lissichkov T, Aldaoud A et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384. 2. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine combined with rituximab in patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multi- 6 Bendamustina nel trattamento della leucemia linfatica cronica dell’anziano “unfit” C. Vetro Divisione Clinicizzata di Ematologia con Trapianto di Midollo Osseo, Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare, A.O. “Policlinico-Vittorio Emanuele”, Catania Presentazione del caso Paziente Paziente di 80 anni affetto da leucemia linfatica cronica (LLC), stadio C secondo Binet, “slow-go” secondo scala CIRS (cumulative illness rating scale), in 3ª linea di trattamento. Anamnesi Paziente affetto da LLC dal 1992 gestito secondo approccio “watch and wait” fino al Novembre del 2002. Nel 2002 intraprendeva un trattamento con clorambucile e prednisone fino al Giugno del 2003, ottenendo la remissione parziale di malattia. Nel Giugno del 2005 presenta una prima ricaduta, per cui viene avviato nuovamente a trattamento con clorambucile e prednisone fino al Luglio del 2006, con remissione parziale di malattia. Nel Maggio del 2012, a causa di una seconda ricaduta, il paziente intraprende un trattamento con bendamustina associata a rituximab. Esame obiettivo e indagini diagnostiche L’esame obiettivo del paziente metteva in evidenza la presenza di pluri- me linfoadenomegalie a livello sovra- e sottodiaframmatico e la presenza di splenomegalia. Inoltre gli esami ematochimici evidenziavano leucocitosi (WBC: 125.000/mL) associata ad anemia e piastrinopenia. L’esame TC collo-torace-addome documentava la presenza di linfoadenomegalie profonde. Si concludeva per LLC stadio C secondo Binet in seconda ricaduta di malattia in paziente “slow-go” secondo valutazione con scala CIRS. Approccio terapeutico In considerazione delle comorbilità (scompenso cardiaco classe NIHA II; insufficienza renale cronica moderata; ulcere venose arti inferiori; neoplasia vescicale in stadio precoce chemiotrattata localmente; neoplasia ematologica “life-threatining”), si concludeva per paziente “slow-go” (scala CIRS: 13; indice di severità: 2,6). Intraprendeva, quindi, un trattamento con bendamustina associata a rituximab secondo il seguente schema: • bendamustina 70 mg/m2 (dose tot. 100 mg) al giorno +1 e +2; • rituximab 375 mg/m2 (dose tot. 600 mg) al giorno +3. Tale terapia è stata basata anche sul valore di clearance della creatinina del paziente, essendo inferiore a 70 mL/min, nel rischio di peggiorarne la funzionalità renale a causa dell’eccessiva lisi tumorale, avendo il paziente valori di WBC pari a 125.000/mL. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Il paziente ha eseguito 6 cicli di trattamento chemioterapico secondo lo schema di cui sopra, ottenendo la normalizzazione dell’esame emocromocitometrico, esitando una lieve piastrinopenia. Durante il trattamento non sono intercorsi eventi avversi seri di grado III-IV, eccezion fatta per insorgenza di neutropenia non febbrile rientrata con somministrazione di fattore di crescita granulocitario e di modica diarrea (3-4 scariche pro-die) riconducibile a mucosite. Alla fine dei 6 cicli di trattamento, il paziente ha iniziato ad accusare lombalgia, per cui eseguiva RMN lombo-sacrale con riscontro di diffuse disomogeneità a livello di tutti i metameri riconducibili a 7 BENDAMUSTINA NEL TRATTAMENTO DELLA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA DELL’ANZIANO “UNFIT” sostituzione midollare post-trattamento chemioterapico. In conclusione, a distanza di 1 mese dalla fine del trattamento, l’esame obiettivo è negativo, le condizioni generali sono migliorate e si è assistito a un miglioramento della crasi ematica, con remissione parziale di malattia. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Per quanto concerne i pazienti anziani con LLC “frail” o “slow-go” mancano in letteratura dati solidi circa il miglior approccio terapeutico, specie in presenza di ricaduta di malattia. La maggior parte dei trial clinici a oggi disponibili sono disegnati per pazienti in età giovane adulta (età media 62 anni) e in condizioni generali comunque discrete, poco applicabili in un “real life setting”. Bendamustina ha comunque mostrato una buona sinergia con il trattamento immunoterapico (rituximab) (RB) con un buon profilo di tossicità, anche nei pazienti anziani fragili. Il dosaggio ottimale per bendamustina è una questione importante. Nel nostro caso, per il rischio di lisi tumorale e per la presenza di concomitante insufficienza renale moderata, il paziente è stato trattato con una dose di 70 mg/m 2 , in linea comunque con i dati in letteratura per questa tipologia di pazienti. Ad ogni modo, tale dosaggio è stato sufficiente per indurre una remissione, seppur parziale, garantendo al paziente una buona qualità di vita durante e dopo il trattamento. Dati incerti sono invece presenti circa la durata del trattamento. Sulla base della nostra esperienza, raccomandiamo un minimo di 4 cicli di chemioterapia, meglio 6, ogni 28 giorni. Si può pertanto concludere che RB si è dimostrato un regime terapeutico alternativo valido per i pazienti anziani unfit affetti da LLC, offrendo buoni risultati a fronte di una ridotta tossicità. Una buona valutazione dello stato di fitness dei pazienti può quindi ulteriormente guidare le decisioni terapeutiche permettendo una migliore selezione dei pazienti candidabili a un trattamento comunque ottimale nonostante l’età e le comorbilità presenti. Rev 2012;9:CD009045. 3. Horn J, Kleber M, Hieke S et al. Treatment option of bendamustine in combination with rituximab in elderly and frail patients with aggressive B-non-Hodgkin lymphoma: rational, efficacy, and tolerance. Ann Hematol 2012;91(10):1579-1586. 4. Dennie TW, Kolesar JM. Bendamustine for the treatment of chronic lymphocytic leukemia and rituximab-refractory, indolent B-cell non-Hodgkin lymphoma. Clin Ther 2009;31 Pt 2:2290-2311. 5. Elefante A, Czuczman MS. Benda mustine for the treatment of indolent non-Hodgkin’s lymphoma and chronic lymphocytic leukemia. Am J Health Syst Pharm 2010;67(9):713-723. 6. Hoy SM. Bendamustine: a review of its use in the management of chronic lymphocytic leukaemia, rituximab-refractory indolent non-Hodgkin’s lymphoma and multiple myeloma. Drugs 2012;72(14):1929-1950. Bibliografia 1. Knauf WU, Lissitchkov T, Aldaoud A et al. Bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukaemia: updated results of a randomized phase III trial. Br J Haematol 2012;159(1):67-77. 2. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R, Raanani P, Dreyling M, Shpilberg O. Bendamustine for patients with indolent B cell lymphoid malignancies including chronic lymphocytic leukaemia. Cochrane Database Syst 8 Efficacia dell’associazione bendamustina e rituximab in un paziente con leucemia linfatica cronica recidivato dopo regime contenente fludarabina G. Quintini, C. Maugeri U.O. Ematologia Policlinico “P. Giaccone”, Palermo Presentazione del caso Paziente, anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche Nel Febbraio del 2012 giungeva, alla nostra attenzione, un uomo di 60 anni, cui era stata diagnosticata, nel 2002, una leucemia linfatica cronica (LLC) allo stadio iniziale (A secondo Binet), senza fattori prognostici sfavorevoli e si era inizialmente optato per una strategia osservazionale. La malattia si è mantenuta stabile fino al 2007 quando, per progressione (tempo di raddoppio linfocitario <6 mesi), è stata trattata con la combinazione F-C (fludarabina e ciclofosfamide), che si è dimostrata efficace ma gravata da tossicità ematologica (interruzione della terapia dopo soli 2 cicli). L’emocromo (Febbraio 2012) mostrava linfocitosi (LY 10.280) e trombocitopenia (PLT 126.000, test di Coombs negativo). L’immunofenotipo linfocitario, su sangue periferico, era positivo per CD5, CD19, CD23, debolmente per CD20 e CD22, e negativo per FMC7 e CD79b; le IgM di superficie erano espresse a bassa densità con restrizione monoclonale per catene leggere κ. La BOM (biopsia osteomidollare) evidenziava un’infiltrazione massiva da processo linfo- proliferativo a cellule B mature, con caratteri morfologici e immunofenotipici suggestivi per B-LLC. Non erano presenti anomalie citogenetiche alla FISH (fluorescence in situ hybridization) e lo stato dei geni IgVH era mutato. La TC total body evidenziava linfoadenomegalie diffuse, non splenomegalia, e il paziente non lamentava sintomi sistemici; sulla base dei dati disponibili si è concluso, quindi, per la ripresa di malattia. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Il paziente è stato avviato a un trattamento di 2ª linea con un regime terapeutico contenente bendamustina associata all’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab. La bendamustina è stata somministrata alla dose di 70 mg/m2 nei giorni +1 e +2 di ciascun ciclo di terapia, il rituximab a un dosaggio di 375 mg/m2 al giorno 0 del 1° ciclo e 500 mg/m 2 al giorno +1 durante i cicli successivi, per un totale di 6 cicli complessivi, ripetuti con un intervallo di 28 giorni. In associazione al trattamento chemioimmunoterapico sono stati inoltre praticati una profilassi antibiotica e antivirale (sospesa a partire dal 3° ciclo di terapia per la comparsa di sospetta reazione avversa dermatologica, sotto forma di rash cutaneo eritematoso diffuso), agenti ipouricemizzanti e somministrazione di fattori di crescita granulocitari in profilassi primaria. La terapia è stata condotta per il totale dei 6 cicli previsti, senza ritardi e in assenza di una significativa tossicità ematologica. La rivalutazione di malattia, effettuata dal paziente al termine del trattamento, ha evidenziato una risposta profonda, documentata sia sotto il profilo clinico-laboratoristico da una normalizzazione dell’emocromo e della tipizzazione immunofenotipica su sangue periferico, sia dal punto di vista radiologico dalla pressoché completa risoluzione delle multiple linfoadenomegalie; si è concluso, pertanto, per una remissione completa della malattia. In atto il paziente, in ottime condizioni cliniche generali, mostra di conservare tale risposta e rimane in follow-up osservazionale, con controlli periodici presso il nostro ambulatorio. 9 EFFICACIA DELL’ASSOCIAZIONE BENDAMUSTINA E RITUXIMAB IN UN PAZIENTE CON LEUCEMIA LINFATICA CRONICA RECIDIVATO DOPO REGIME CONTENENTE FLUDARABINA Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Nonostante il regime di combinazione F-C, in associazione o meno all’anticorpo monoclonale antiCD20, consenta di ottenere una buona percentuale di remissioni e di prolungare la sopravvivenza libera da malattia, la LLC tende quasi invariabilmente alla recidiva. Anche nel caso da noi descritto si è reso necessario un trattamento di 2ª linea, in quanto si sono verificate le condizioni di progressione franca, analogamente a quanto accaduto quando la strategia osservazionale, adottata alla diagnosi, aveva lasciato il posto al trattamento. Da un’analisi dei dati della letteratura sulla LLC recidivata/refrattaria dopo regime contenente fludarabina, emergono risposte poco soddisfacenti quando i pazienti vengono ritrattati con lo stesso farmaco, se la recidiva occorre entro 48-72 mesi. Nel caso descritto la recidiva si è verificata in tempi più lunghi, ma si è posta al centro della valutazione la pregressa tossicità ematologica ed è stato pertanto adottato un trattamento alternativo. La scelta è caduta sulla bendamustina, un chemioterapico di sintesi non recente, utilizzato nel trattamento di numerosi disordini linfoproliferativi. Gli studi condotti con tale farmaco nella LLC dimostrano che la bendamustina, da sola o con anticorpo monoclonale, è in grado di indurre risposte durature in pazienti ricaduti dopo (R)F-C. Molto efficace si è rivelata, in particolare, l’associazione con l’anticorpo monoclonale anti-CD20. La maneggevolezza di tale approccio ne rende molto interessante l’impiego anche nel paziente anziano. Fra gli effetti collaterali più frequenti, descritti in letteratura, l’evento avverso principale resta la neutropenia severa e prolungata. Nel nostro caso l’impiego di un fattore di crescita granulocitario, in profilassi primaria, ci ha permesso di controllare la neutropenia, riducendo così sensibilmente il rischio infettivo. patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2011;29(26):3559-3566. • Hallek M, Cheson BD, Catovsky D et al. Guidelines for the diagnosis and treatment of chronic lymphocytic leukemia: a report from the International Workshop on Chronic Lymphocytic Leukemia updating the National Cancer Institute-Working Group 1996 guidelines. Blood 2008;111(12):54465556. • Korycka-Wolowiec A, Robak T. Pharmacokinetic evaluation and therapeutic activity of bendamustine in B-cell lymphoid malignancies. 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J Clin Oncol 2012;30(26):3209-3216. • Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine combined with rituximab in 10 Terapia rituximab-bendamustina/mitoxantrone in un caso di leucemia linfatica cronica evoluto in sindrome di Richter A. Pasini, F. Lanza U.O. Ematologia, Azienda Ospedaliera di Cremona Presentazione del caso Paziente Paziente di sesso maschile, di 70 anni, esordito nel 2005 con leucocitosi (GB 28.000/mm3), linfocitosi relativa (82%) e assoluta (25.100/mm3), adenopatie sovraclaveari, ascellari, laterocervicali e inguinali di 2 cm, splenomegalia (3 cm dall’arcata costale), modesta epatomegalia e assenza di sintomi B. Le indagini citofluorimetriche ponevano una diagnosi di leucemia linfatica cronica (LLC) stadio clinico B secondo Binet e II secondo Rai, score 5 secondo i criteri Matutes. Al momento della diagnosi gli altri valori ematologici erano i seguenti: Hb 11,8 g/dL, pst 150.000/mm3; ipogammaglobulinemia 9,5%. All’esame TC, nel Maggio del 2006, si evidenziavano grossolane adenopatie periaortiche e mesenteriali (7 cm) associate a linfocitosi ingravescente (GB 56.000/mm3) in assenza di sintomi sistemici, per cui praticava 4 cicli di chemioterapia fludarabina-ciclofosfamide (Flu-Cy) con remissione parziale della malattia. Nel Marzo del 2008, in occasione di una rivalutazione della malattia, si presentava un’ingravescenza delle adenopatie periaortiche e mesenteriali (diametro massimo 8 cm), per cui il paziente è stato sottoposto a ulteriori 4 cicli di chemioterapia FluCy (da Marzo a Giugno 2008) seguiti da radioterapia sottodiaframmatica. Dopo un periodo di benessere e di remissione clinica parziale, il paziente manifestava dimagrimento, sudorazioni notturne, adenopatie superficiali polistazionarie e profonde con malattia “bulky” addominale (20x15 cm) che, all’esame bioptico laparoscopico, confermava la presenza di LLC-B con aree di trasformazione in linfoma alto grado (sindrome di Richter); il paziente veniva quindi sottoposto a 4 cicli di rituximab (500 mg), bendamustina (90 mg/m2), mitoxantrone 90 mg/m2), con ottenimento di una remissione parziale (masse adenopatiche addominali di diametro massimo di 4 cm). Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La LLC è la patologia ematologica più frequente nei paesi occidentali e presenta un tasso di trasformazione in linfoma ad alto grado di malignità pari al 2-7% a seconda delle casistiche esaminate. La terapia di queste forme di LLC, evolute in sindrome di Richter, è estremamente difficoltosa, essendo gravate da una prognosi infausta a breve termine (per lo più 6-8 mesi). Per quanto il follow-up di questo paziente sia inferiore all’anno, l’ottenimento di una remissione clinica parziale ci induce a pensare che il trattamento rituximab-bendamustina (con o senza aggiunta di mitoxantrone) possa rappresentare una valida opzione terapeutica di queste varianti aggressive di LLC. Anamnesi L’anamnesi patologica remota è negativa in assenza di patologie di rilievo; non vengono dichiarati interventi chirurgici e il paziente pratica attività sportiva (bicicletta) senza problemi. A Maggio del 2005 si riscontrano linfocitosi assoluta e adenopatie superficiali polistazionarie. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Si presenta un caso di LLC a cellule B, evoluta a distanza di 5 anni dalla diagnosi in sindrome di Richter. Nel 1928 Richter per primo 11 TERAPIA RITUXIMAB-BENDAMUSTINA/MITOXANTRONE IN UN CASO DI LEUCEMIA LINFATICA CRONICA EVOLUTO IN SINDROME DI RICHTER descrisse la comparsa di una neoplasia linforeticolare a grandi cellule, che definì reticolosarcoma, in un soggetto affetto da LLC; da allora numerosi sono stati i casi riportati in letteratura di associazione LLC con linfomi non Hodgkin (LNH) anaplastici o diffusi a grandi cellule. Da un punto di vista clinico la sindrome si caratterizza per una brusca comparsa di sintomi generali (febbre, sudorazione notturna, calo ponderale, iporessia, dolori addominali) con aumento asimmetrico delle dimensioni addominali, epato-splenomegalia, e decadimento delle condizioni generali. Si stima che circa il 2-5% delle LLC possano evolvere in sindrome di Richter. Nella maggioranza dei casi si tratta di un’evoluzione della LLC in una forma di LNH ad alto grado di malignità (per lo più nella variante diffusa a grandi cellule B). Queste forme possono avere sia un’origine clonale, rispetto al clone originario di LLC, o rappresentare l’emergenza di un nuovo clone patologico. Il caso da noi presentato si caratterizza per una trisomia 12 che, al momento dell’evoluzione, non evidenziava anomalie cromosomiche-molecolari aggiuntive, investigate anche con tecnica FISH (fluorescence in situ hybridization). In epoca antecedente alla trasformazione linfomatosa il paziente era stato trattato con cicli Flu-Cy, con ottenimento di una buona risposta ematologica. La comparsa di massa bulky addominale, in una sede già precedentemente trattata anche con radioterapia, imponeva una scelta terapeutica diversa da quelle precedentemente adottate. Tra le opzioni terapeutiche che abbiamo considerato vi era il ciclo RCHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone), un ciclo R-COMP (basato sull’utilizzo dell’adriblastina liposomiale, considerata l’età avanzata del paziente, R-bendamustina, Rbendamustina-mitoxantrone o cicli basati su alemtuzumab). Considerata l’efficacia e il buon profilo di tollerabilità dei trattamenti basati sulla bendamustina, la nostra scelta finale è caduta su una terapia di combinazione di bendamustina e novantrone, che ci permetteva di ottenere una buona risposta clinica teorica su una forma di linfoma in parziale trasformazione linfomatosa. L’ottenimento di una remissione clinica parziale buona ci dava ragione di questa scelta. use in the management of chronic lymphocytic leukaemia, rituximab-refractory indolent non-Hodgkin’s lymphoma and multiple myeloma. Drugs 2012; 72(14):1929-1950. • Rossi D, Gaidano G. Richter syndrome: molecular insights and clinical perspectives. Hematol Oncol 2009;27(1):1-10. • Weide R, Feiten S, Friesenhahn V et al. Retreatment with bendamustine-containing regimens in patients with relapsed/refractory chronic lymphocytic leukemia and indolent B-cell lymphomas achieves high response rates and some long lasting remissions. Leuk Lymphoma 2012. [Epub ahead of print]. Bibliografia • Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustina in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012;30(26):3209-3216. • Hoy SM. Bendamustine: a review of its 12 L’utilizzo di bendamustina nel linfoma follicolare pluriresistente M. Tani, B. Castagnari, C. Cellini, A. Zaccaria U.O. Ematologia, Ospedale Santa Maria delle Croci, Ravenna Presentazione del caso Paziente e anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche La paziente è una donna di 59 anni sottoposta, nel 1995, a resezione parziale del colon per adenocarcinoma e successivamente trattata con radioterapia adiuvante. Nel Marzo del 2007 viene ricoverata per imponenti edemi agli arti inferiori e sudorazioni notturne. All’esame obiettivo: edemi declivi improntabili, adenomegalie ascellari e inguinali bilaterali (quelle inguinali di 6 cm); assenza del murmure vescicolare base polmonare sinistra. La TAC evidenziò un marcato versamento pleurico sinistro con atelettasia del polmone omolaterale e depiazzamento del mediastino a destra. Adenomegalie ilo-mediastiniche e ai cavi ascellari (diam. max 3-4 cm). Splenomegalia di 16 cm. Adenomegalie in aorto-cavale, paraortica sinistra, all’ilo epatico, alla radice del mesentere, lungo i vasi iliaci e in sede inguinale bilaterale (diam. max 6 cm). Ascite. Fra gli esami di laboratorio da segnalare: globuli bianchi 45.000/mm3 (linfociti 78%), emoglobina 12,8 g/dL e piastrine 325.000/mm3; LDH elevato. La paziente fu sottoposta a biopsia del linfonodo inguinale e biopsia osteomidollare. Entrambi gli esami portarono alla diagnosi di linfoma non Hodgkin (LNH) B centrofollicolare grado II. Biologia molecolare: riarrangiamento bcl2. Stadio: IV B FLIPI2. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La paziente, da Marzo ad Agosto del 2007, esegue 6 cicli di immunochemioterapia secondo lo schema R-CHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone). Alla ristadiazione si evidenzia la remissione parziale di malattia persistendo alla TAC linfonodi (ipercaptanti alla PET) ascellari a sinistra, mediastinici e inguinali. Visto il quadro si decide di avviare la paziente a terapia ad alte dosi, arruolandola in un protocollo sperimentale per linfomi follicolari refrattari. In successione, dal Gennaio ad Agosto del 2008, la paziente verrà sottoposta a: • 8 somministrazioni di chemioterapia secondo lo schema VACOP-B (vincristina, doxorubicina, ciclofosfamide, etoposide, prednisone, bleomicina) in associazione a rituximab; • alte dosi di citosina-arabinoside + rituximab con raccolta di cellule staminali; • trapianto di cellule staminali autologhe condizionato con BEAM (carmustina, citosina arabinoside, etoposide, melfalan). A Novembre del 2008 la TAC, la PET, la BO e la biologia molecolare mostrano una remissione completa di malattia. Dopo soli 6 mesi la PET pone il sospetto di ripresa della malattia in sede paratracheale sinistra, ilo-mediastinica, ascellare bilaterale, al tripode celiaco, all’ilo splenico, lungo il decorso dei vasi iliaci e a livello inguinale bilateralmente. Tale sospetto viene confermato dalla ripetizione di una biopsia linfonodale. Anche la biopsia osteomidollare è positiva per linfoma follicolare grado II. Nel Settembre del 2009 si decide di avviare la paziente a radioimmunoterapia con ibritumomab tiuxetano, ottenendo una risposta parziale con PET, del Dicembre 2009, positiva in sede ascellare a destra e in sede ilare bilaterale. Iniziamo, pertanto, una terapia di mantenimento con rituximab a 13 L’UTILIZZO DI BENDAMUSTINA NEL LINFOMA FOLLICOLARE PLURIRESISTENTE cadenza trimestrale. Tale trattamento viene sospeso a Giugno del 2010 quando sia la TAC che la PET evidenziano una progressione della malattia. Si decide, quindi, di sottoporre la paziente a 6 cicli di immunochemioterapia con rituximab e bendamustina (bendamustina al dosaggio di 70 mg/m2) che termina a Febbraio del 2011 con l’ottenimento di una remissione completa anche molecolare. A 22 mesi di follow-up la remissione completa è stata confermata da una PET e dall’assenza del riarrangiamento per il bcl-2. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Un linfoma follicolare in stadio IV FLIPI2 (rischio intermedio) ha una probabilità di sopravvivenza libera da malattia a 5 anni del 52%. Nel caso in cui il paziente necessiti di essere trattato, come nel nostro caso, la terapia di 1ª linea più indicata è l’immunochemioterapia. Dai dati della letteratura la probabilità di ottenere una prima remissione completa di malattia, con le varie combinazioni di immunochemioterapia, è variabile dal 30 al 50%. Purtroppo la nostra paziente è risultata solo parzialmente responsiva all’immunochemioterapia (RCHOP) e, sottoposta poi a terapia ad alte dosi, ha ottenuto una remissione completa di durata inferiore a un anno. Le probabilità, per pazienti refrattari, di essere “lunghi sopravviventi” senza malattia con le attuali “armi terapeutiche” a disposizione non superano il 2030% e analoga è la probabilità, per questi pazienti, di essere sopravviventi a lungo termine. La combinazione rituximab + bendamustina si è dimostrata molto attiva nei linfomi follicolari ricaduti/refrattari, mostrando un profilo di tossicità particolarmente favorevole. Inoltre, recentemente, vi è stato un considerevole aumento del numero di evidenze che dimostrano il potenziale di tale combinazione di immunochemioterapia come nuova terapia di riferimento nel trattamento di 1ª linea di tutti i LNH indolenti. Tale regime determina non solo percentuali di risposta completa simili agli attuali standard terapeutici, ma anche una maggiore sopravvivenza libera da malattia. Con tale combinazione, dopo una storia clinica di oltre 13 anni, la nostra paziente, pluritrattata e resistente a varie linee terapeutiche contenenti rituximab, ha ottenuto la prima vera remissione completa, tutt’ora in corso, da oltre 22 mesi. phocytic leukemia, rituximab-refractory indolent non-Hodgkin’s lymphoma and multiple myeloma. Drugs 2012; 72(14):1929-1950. • Rigacci L, Puccini B, Cortellazzo S et al. Bendamustine with or without rituximab for the treatment of heavily pretreated nonHodgkin’s lymphoma patients: a multicen- ter retrospective study on behalf of the Italian Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol 2012;91(7):1013-1022. • Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R et al. Bendamustine for patients with indolent B cell lymphoid malignancies including chronic lymphocytic leukemia. Cochrane Database Syst Rev 2012;9:CD009045. Bibliografia • Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS et al. Bendamustine produces durable responses with an acceptable safety profile in patients with rituximab-refractory indolent nonHodgkin lymphoma. Clin Lymphoma Mieloma Leuk 2010;10(6):452-457. • Hoy SM. Bendamustine: a review of its use in the management of chronic lym- 14 Linfoma follicolare ricaduto trattato con bendamustina L. Mattia, M. Savarè, S. Negretti, E. Faccendini, A. Miedico, A. De Paoli A.O. Ospedale Civile di Legnano, U.O. di Oncologia Medica, P.O. “G. Fornaroli”, Magenta Presentazione del caso Paziente, anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche Paziente, maschio, di 71 anni, giunto alla nostra attenzione, nell’Ottobre del 2008, per il riscontro occasionale di linfoadenomegalie mesenteriche all’ecografia addominale. L’esame obiettivo non mostra adenomegalie superficiali laterocervicali, ascellari e inguinali palpapibili. Viene sottoposto alle indagini strumentali di seguito descritte. Indagini di laboratorio: β2-microglobulina elevata (1950 µg/l). TAC torace-addome: massa centroaddominale di diametro di 4 cm, che ingloba un’ansa intestinale e linfonodi mesenterici ingrossati. Biopsia di linfonodo mesenterico: localizzazione di linfoma B a basso grado di malignità citologica, centroblastico-centrocitico, follicolare (Kiel classificazione 1992). Linfoma a cellule B periferiche, follicolare (WHO 2008), grado I con aree grado II. Immunofenotipo: CD20+, CD79+, CD10+, Bcl2+, Bcl6+. Frazione di crescita Mib1/Ki67: 510%. Negative le immunocolorazioni con anticorpo anti-CD5, anticiclinaD1, anti-CD23. Agoaspirato e biopsia osteomidollare (BOM): non interessamento midollare di linfoma. PET: lesioni a incrementata attività metabolica del glucosio in sede mesenterica. La diagnosi, effettuata nel mese di Novembre, indicava linfoma non Hodgkin (LNH) B follicolare, stadio IV A (mesentere), FLIPI 2. Il paziente è sottoposto a trattamento immunochemioterapico secondo lo schema R-CVP (rituximabciclofosfamide, vincristina, prednisone), 8 cicli. La TAC di rivalutazione di malattia, dopo il 3° ciclo (Febbraio 2009), mostra il miglioramento della massa mesenteriale. Al termine del trattamento (Aprile 2009) la PET risulta negativa. Segue un follow-up clinico-strumentale ogni 4 mesi, negativo fino all’Ottobre del 2010, quando la TAC mostra, in sede mesenteriale, la presenza della nota localizzazione di una patologia linfomatosa e la PET (Novembre 2010) rileva un’ipercaptazione linfonodale sottomandibolare a destra, lomboaortica e mesenteriale. Nel Giugno del 2011 la TAC conferma la progressiva evoluzione della localizzazione mesenterica linfomatosa. A Luglio del 2011, per la comparsa di linfonodi sottomandibolari bilaterali palpabili, il paziente viene sottoposto a biopsia linfonodale, che evidenzia un quadro citologico compatibile con recidiva di LNH B follicolare. L’indagine PET rileva un tessuto patologico in sede paravertebrale destra e linfonodale sottomandibolare e mesenterico aumentati in numero, estensione e intensità di captazione, e la comparsa di lesioni ipermetaboliche in sede laterocervicale bilaterale e ascellare destra, riferibili a lesioni di natura neoplastica. Nell’Ottobre del 2011 la BOM risulta negativa per localizzazione di linfoma, mentre la TAC documenta la lenta progressione di malattia linfomatosa mesenterica. Approccio terapeutico Si decide, pertanto, di iniziare un trattamento immunochemioterapico (Novembre 2011) secondo lo schema rituximab-bendamustina (90 mg/m2/die per due giorni) (1) , 6 cicli ogni 28 giorni, con TAC di rivalutazione dopo 4 cicli (Aprile 2012), che mostra la regressione di malattia superiore all’80%. 15 LINFOMA FOLLICOLARE RICADUTO TRATTATO CON BENDAMUSTINA Al termine dei 6 cicli di trattamento viene eseguita una PET di rivalutazione (Giugno 2012), che conferma la remissione completa (RC) di malattia. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Nel Settembre del 2012 il paziente inizia un trattamento di mantenimento con rituximab, somministrato ogni 3 mesi, per due annimantenendo la RC. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il linfoma follicolare è caratterizzato da decorso indolente, buona sopravvivenza mediana, ma tendenza alle recidive: origina dai linfociti B del centro germinativo (centroblasti e centrociti) e mantiene un pattern istologico nodulare o follicolare, con possibilità di trasformazione verso un linfoma aggressivo, sia nei pazienti pre-trattati sia nei pazienti non trattati. La natura del LNH B follicolare al IV stadio non ha ancora permesso di individuare un consenso sul trattamento ottimale. Nei pazienti asintomatici l’approccio clinico può essere divergente: aggressivo o conservativo, non traducendosi tuttavia in termini di FFS (failure free survival) o di OS (overall survival). Per molti pazienti, soprattutto anziani, un approccio conservativo, che rimandi l’inizio della terapia al momento della progressione clinica, può rappresentare il miglior provvedimento terapeutico, considerando che la scelta della terapia iniziale del linfoma folli- colare rappresenta un dilemma, poiché le attuali terapie (alchilanti, fludarabina, terapia ad alte dosi con trapianto di cellule staminali, farmaci “biologici”, come rituximab) non hanno ottenuto significativi miglioramenti della sopravvivenza complessiva (2). Bendamustina è un chemioterapico con doppio meccanismo d’azione, antimetabolita e alchilante: ciò consente di garantire un’elevata efficacia antitumorale con ridotta tossicità. L’approccio odierno, nei casi di linfoma indolente ricaduto/refrattario alle immunochemioterapie convenzionali, prevede l’utilizzo della bendamustina in associazione con l’anticorpo monoclonale rituximab e costituisce una valida alternativa terapeutica per i soggetti in condizioni di fragilità che non rispondono ai trattamenti tradizionali o che non possono sottoporsi a trapianto di cellule staminali (3). 2. Liu Q, Fayad L, Cabanillas F et al. Improvement of overall and failure-free survival in stage IV follicular lymphoma: 25 years of treatment experience at The University of Texas M.D. Anderson Cancer Center. J Clin Oncol 2006; 24(10):1582-1589. 3. Zhao J, Xu Z, Liu D, Lu Q. Rituximab and new regimens for indolent lymphoma: a brief update from 2012 ASCO Annual Meeting. Cancer Cell Int 2012; 12(1):38. Bibliografia 1. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the treatment of mantle cell and lowgrade non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2005;23(15):3383-3389. 16 Linfoma non Hodgkin a piccoli linfociti. Un caso clinico C.G. Giannitto, G. Caputo, S. Condorelli, F. Spinnato, C. Di Rosa S.C. di Oncologia Medica, Ospedale Gravina, Caltagirone Presentazione del caso e note anamnestiche Si presenta il caso di un linfoma non Hodgkin (LNH) a piccoli linfociti della coscia sinistra, insorto in una paziente con pregresso linfoma diffuso a grandi cellule della coscia destra: la paziente, in remissione completa di malattia dopo il trattamento con schedula R-CHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) e radioterapia per linfoma aggressivo della coscia destra, presenta l’improvvisa comparsa di LNH a piccoli linfociti della coscia sinistra; giunta alla nostra osservazione, nel mese di Luglio del 2008, per la comparsa di una tumefazione dolente della coscia destra, esegue un’ecografia con evidenza di neoformazione di 12 cm riccamente vascolarizzata. Previa esecuzione di RMN alla coscia e TAC torace-addome, viene sottoposta a resezione della neoformazione, con diagnosi di linfoma diffuso a grandi cellule B. Eseguite una PET e una biopsia osteomidollare, viene formulata la diagnosi definitiva di linfoma diffuso a grandi cellule B, stadio clinico IA, malattia bulky; la paziente viene quin- di sottoposta a trattamento sistemico con schedula R-CHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone) per 6 cicli con esito in RC (risposta completa) alla TAC-PET di rivalutazione; segue una radioterapia con erogazione di 36 Gy. Il successivo follow-up è negativo sino a Maggio del 2012, epoca dell’improvvisa comparsa di tumefazione dolente a carico della coscia sinistra; la paziente esegue quindi una RMN con evidenza di diffusa area di alterato segnale a carico del muscolo sartorio, ove si evidenzia una lesione che si estende sino all’inserzione tibiale con estensione massima di 40x110 mm, avvolgendo a manicotto il muscolo e il tendine del gracile; tale lesione è in contiguità, senza piano di clivaggio, con verosimile tralcio di infiltrazione nel contesto del muscolo semimembranoso; è presente, altresì, una disomogeneità del sottocute contiguo. Alla TAC si evidenziano una stria di addensamento, al segmento anteriore del lobo polmonare superiore destro, e la presenza di alcuni noduli polmonari posti alla lingula (6 mm), al segmento apicale del lobo polmonare inferiore destro (8 mm), al segmento laterale-basale del lobo inferiore destro (4 mm), al segmento laterale del lobo polmonare inferiore sinistro (8 mm). La milza risulta aumentata di volume, con diametro trasverso di 16 mm. La PET del 07/06/12 indica che, nel contesto dei ventri muscolari del sartorio e del semimembranoso della coscia sinistra, postero-lateralmente al condilo mediale del femore, è presente un patologico accumulo di probe glucidico a carico di tumefazione solida alla TAC di fusione con SUV (standardized uptake value) massimo di 30,7. Il nodulo è iperattivo nel lobo polmonare medio con SUV massimo di 3,2; viene quindi eseguita una biopsia della neoformazione alla coscia sinistra con esito di: numerosi elementi linfoidi atipici di piccola taglia. CD79b--, CD23++, CD5++, CD15--, ciclina D1--, CD30--. La successiva biopsia osteomidollare evidenzia un rapporto midollo/tessuto adiposo 1/1. Rappresentate le tre serie cellulari. Immunoistochimica: mieloperossidasi++, glicoforina++, CD20--, CD79a--, CD3--, CD34--, CD23--, ciclina D1--. Aspirato midollare: midollo lievemente cellulato; rappresentate le tre serie cellulari. 17 C.G. GIANNITTO, G. CAPUTO, S. CONDORELLI, F. SPINNATO, C. DI ROSA Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La paziente viene quindi sottoposta a chemioimmunoterapia con schedula rituximab-bendamustina (RB): la bendamustina viene somministrata al dosaggio di 70 mg/m2 giorni 1 e 2 ogni 28, mentre il rituximab viene somministrato alla dose di 500 mg/m2 al giorno 1 ogni 28; negativa risulta la TAC-PET di rivalutazione, eseguita dopo 4 cicli di chemioimmunoterapia. Il 22/11/2012 viene effettuata una RMN di controllo alla coscia sinistra: si evince una quasi completa risoluzione del noto incremento volumetrico del terzo medio inferiore del muscolo sartorio; permangono una minima disomogeneità e un minimo ispessimento dello stesso ed emerge la degenerazione artrosica della sinovia dell’articolazione del ginocchio, con versamento endoar ticolare bilaterale come da processo flogistico. La TAC al torace mostra: invariati i noduli polmonari alla lingula (6 mm), lobo polmonare inferiore destro (8 mm) al segmento late- 18 rale basale del lobo inferiore destro (4 mm), segmento basale laterale del lobo polmonare inferiore sinistro (8 mm), qualche millimetrico linfonodo in sede mediastinica. Addome: milza aumentata di volume, con diametro trasverso di 16 mm a densità omogenea. Al terzo medio antero-mediale della coscia destra, nello spessore del tessuto adiposo sottofasciale di modesta raccolta fluida, delimitata da orletto iperdenso a mor fologia allungata (mm 35x11) e sottili zaffi iperdensi (esito già presente ai precedenti controlli della exeresi di linfoma aggressivo a grandi cellule B); nulla da rilevare, invece, a carico della coscia sinistra e, in particolare, la totale risoluzione della lesione presente alla TAC-PET a carico del muscolo sartorio. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche I dati relativi al trattamento ottimale del LNH a piccoli linfociti sono limitati, e spesso derivanti, da casistiche che comprendono altri linfomi indolenti piuttosto che la leucemia linfatica cronica (LLC); nondimeno le due emopatie, LNH a piccoli linfociti e LLC, sono biologicamente sovrapponibili e caratterizzate da una simile risposta ai trattamenti medici. Quanto detto è supportato da un’analisi retrospettiva di un singolo centro, che evidenzia, tra l’altro, l’importanza del rituximab per entrambe le patologie ( Tsimberidou et al., 2007). La schedula FCR (fludarabina, ciclofosfamide, rituximab) è al mo mento indicata come trattamento di 1ª linea per i pazienti fit affetti da LLC/SCL (leucemia delle cellule di Sezary) e nondimeno la bendamustina rappresenta un farmaco molto promettente nella gestione di tali pazienti. Uno studio di fase III ha evidenziato, inoltre, la superiorità della bendamustina rispetto al clorambucil (Knauf et al. 2009) e la combinazione RB ha determinato una risposta obiettiva nel 91% dei pazienti arruolati nello studio di Fischer del 2009. Il caso clinico presentato è quindi interessante sotto diversi aspetti: la paziente ha presentato, nel 2008, un linfoma diffuso a grandi cellule B localizzato alla coscia destra, stadio IA, bulky e, dopo 6 cicli di R-CHOP LINFOMA NON HODGKIN A PICCOLI LINFOCITI. UN CASO CLINICO e radioterapia, si è verificata una remissione completa della malattia; il follow-up è stato inoltre negativo sino a Luglio del 2012, epoca della diagnosi di LNH a piccoli linfociti della coscia sinistra, stadio IA, “bulky”. La malattia appare in RC alla TAC-PET di riva- lutazione, eseguita dopo 4 cicli di chemioimmunoterapia con schedula RB. La paziente è stata avviata a trattamento radioterapico. patients with chronic lymphocytic leukemia, a randomized, open-label, phase 3 trial. Lancet 2010;376(9747): 1164-1174. • Knauf WU. Lissichkov T, Aladaoud A et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with clorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clinic Oncol 2009;27(26):4378-4384. • Tsimberidou AM, Wen S, O’Brien S et al. 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Da febbraio 2012 lamentava una modesta astenia con riscontro, agli esami ematochimici, di una importante componente monoclonale IgM a catene kappa e con emocromo e funzione epatorenale nella norma. Ad aprile si registrava un aumento dell’astenia e un iniziale calo ponderale (circa 5 kg in 2 mesi). Indagini diagnostiche ed esame obiettivo Gli esami evidenziavano una modesta anemia normocitica (Hb 10,6 g/dl) e un aumento della componente monoclonale (2, 5 g/dl). La TAC total body dimostrava la presenza di multipli linfonodi sovra- e sottodiaframmatici, ma tutti non superiori al centimetro di diametro; venivano infine eseguiti un ago-aspirato midollare e una biopsia osteomidollare, oltre a uno studio dell’immunofenotipo linfocitario e un’ analisi citogenetica. Tutti gli esami confermavano la diagnosi di localizzazione midolla- 20 re di linfoma non Hodgkin, a cellule B, CD 20+, tipo linfoma linfoplasmocitico secondo la classificazione WHO 2008 (o macroglobulinemia di Waldenstrom). A causa del persistere di mialgie diffuse, più intense a livello del braccio destro, veniva sottoposto a elettromiografia, con riscontro di mononeuropatia demielinizzante del nervo ulnare destro e del nervo mediano destro. Approccio terapeutico Considerata la presenza di sintomi sistemici (calo ponderale >10%, astenia ingravescente, dolori muscolo-scheletrici) associati a anemia e a mononeuropatia demielinizzante, veniva posta indicazione per una terapia con schema rituximab-bendamustina. Dall’agosto del 2012 al gennaio del 2013 ha eseguito 6 cicli a intervalli di 28 giorni con rituximab (375 mg/m2 il giorno 1) seguito da bendamustina 90 mg/m2 il giorno 2 e il giorno 3. La terapia è stata ben tollerata dal paziente e non ha indotto alcuna tossicità. La ristadiazione, al termine dei cicli, ha evidenziato la regressione dei sintomi sistemici e la normalizzazio- ne dell’anemia, con netta riduzione della componente monoclonale (0,6 g/dl), oltre a una remissione midollare dimostrata da una nuova biopsia ossea. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Le indagini epidemiologiche confermano un costante aumento delle patologie oncoematologiche in tutto il mondo: i linfomi non Hodgkin indolenti e la leucemia linfatica cronica rappresentano le forme più diffuse e, insieme al mieloma multiplo, colpiscono prevalentemente i soggetti di età superiore a 65 anni. Questi tumori del sangue sono solitamente trattati con chemioterapici aggressivi che, per la loro non trascurabile tossicità, causano pesanti effetti collaterali, soprattutto nei soggetti anziani, in cui la concomitanza di altre patologie rende particolarmente complessa la gestione del paziente. L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha recentemente autorizzato l'immissione in commercio di bendamustina, un farmaco anagraficamente “vecchio”, ma che ha svelato un innovativo meccanismo d'azione nel contrastare i tumori del sangue. Messa a punto nella Germania dell'Est nel decennio 1960-1970, bendamustina vi è rimasta segregata fino alla caduta del muro di Berlino; solo nell'ultimo decennio è stata riscoperta in Europa e negli Stati Uniti, grazie a una serie di nuovi studi, che ne hanno confermato efficacia clinica e buon profilo di sicurezza, oltre a un ottimo rapporto costo-beneficio. Si tratta infatti di un chemioterapico innovativo, caratterizzato da una struttura chimica unica nel suo genere e da un doppio meccanismo d'azione, antimetabolita e alchilante: ciò le consente di garantire un'elevata efficacia antitumorale, accanto a una ridotta tossicità. Il farmaco è oggi disponibile in Italia e rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale per i pazienti affetti da leucemia linfatica cronica, linfomi non Hodgkin indolenti e mieloma multiplo; può quindi costituire una valida alternativa terapeutica. I dati aggiornati dello studio StiL NHL1, presentati nella sessione plenaria del congresso annuale della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), dimostrano che bendamustina, associata a rituximab (B-R), è più efficace e meglio tollerata dell’attuale standard di trattamento R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone e rituximab), nei pazienti con linfomi indolenti e mantellari di nuova diagnosi, non ancora sottoposti a terapia. La sopravvivenza libera da progressione di malattia, nei pazienti trattati con bendamustina più rituximab (B-R), si è rivelata più che doppia (69,5 verso 31,2 mesi) rispetto a quelli trattati con RCHOP. In particolare il vantaggio significativo, in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia, osservato con B-R, riguardava tutti i gruppi, indipendentemente dall’età dei pazienti: • pazienti con linfomi follicolari (FL) – le forme più comuni di linfomi non Hodgkin indolenti (questo beneficio è stato osservato per tutti i sottogruppi, indipendentemente dal profilo prognostico); • tutti gli altri sottotipi istologici (linfoma del tessuto linfoide associato alla mucosa, linfoma mantellare, linfoma linfocitico, macroglobulinemia di Waldenstrom). Il più grande vantaggio è stato osservato in pazienti con macroglobulinemia di Waldenstrom (69,5 vs 28,1 mesi, p=0,0033); inoltre il tasso di risposte complete era significativamente più elevato nel gruppo trattato con bendamustina più rituximab (39,8%) rispetto a R-CHOP (30%). Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, nei pazienti trattati con bendamustina più rituximab (B-R) rispetto a quelli che ricevevano R-CHOP, è stata riportata una minore frequenza di gravi effetti collaterali, tra cui neutropenia (29% vs 69%). Il regime B-R era complessivamente meglio tollerato, riportando una minore incidenza di infezioni (96 vs 127 pazienti), di neuropatia (18 vs 73 pazienti) e di stomatiti (16 vs 47 pazienti). Il solo effetto collaterale, rilevato più frequentemente con la terapia B-R rispetto a RCHOP, è stato un rash cutaneo associato al farmaco (82 vs 38 pazienti). 21 Linfoma non Hodgkin mantellare IV stadio recidivato post-trapianto autologo di cellule staminali periferiche in paziente HBV-positivo in terapia antivirale e in trattamento emodialitico per insufficienza renale cronica su base vascolare S. Tonelli, G. Carrieri, G. Cioni U.O. di Medicina Interna, Ospedale di Pavullo nel Frignano, Modena, Dipartimento di Medicina Interna, Azienda USL Modena Presentazione del caso Paziente Uomo di 62 anni, con linfoma non Hodgkin (LNH) mantellare stadio IV IPI intermedio (diagnosi del 2006), trattato in altra sede con RCHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) (ciclofosfamide 750 mg/m2 giorno 1, doxorubicina 50 mg/m2 giorno 1, vincristina 1,4 mg/m 2 massimo 2 mg giorno 1, prednisone 100 mg/die giorno 1-5 per os, rituximab 375 mg/m 2 giorno 1) ogni 21 giorni per 6 cicli e trapianto di cellule staminali periferiche autologhe, preceduto da condizionamento con schema BEAM (carmustina, citosina arabinoside, etoposide, melfalan) (carmustina 300 mg/m2, etoposide 800 mg/m2, ARA-C 800 mg/m2, melfalan 140 mg/m 2) modificato per insufficienza renale cronica (IRC), ottenendo una remissione completa (RC) per 4 anni. Anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche In anamnesi: IRC su base vascolare in trattamento emodialitico, HBsAg+ in terapia con lamivudina (100 mg/die) dal 2006, pregresso ictus cerebrale occipitale. Nel 2010 22 veniva preso in carico per adenomegalie ascellari sinistre. La TAC total body mostrava una milza di 14 cm omogenea, linfonodi in sede ascellare e sovra-sottoclaveare bilaterale di 4 cm e di 1 cm in sede interortocavale, periaortica, sinistra, mesenterica superiore, celiaca. BOM (biopsia osteomidollare) con infiltrato linfomatoso del 50%. Eseguiva linfoadenectomia ascellare sinistra con diagnosi di LNH mantellare blastoide. Piastrinopenia, ipogammaglobulinemia, LDH elevate. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Iniziava, in accordo con il collega Nefrologo e i colleghi dell’Unità di Trapianto di Midollo del Centro dove il paziente era stato trattato 4 anni prima, e che avevano escluso una seconda procedura trapiantologica, una terapia di 2ª linea a scopo palliativo con gemcitabina in monosomministrazione (1000 mg/m2 giorni 1, 8, 15) ogni 28 giorni per 6 cicli da infondere il giorno prima della dialisi a dosaggio pieno e rivalutazione al termine del 6° ciclo. Praticava infusioni di immunoglobuline (15 g in totale) al termine delle sedute dialitiche per valore di IgG <400 mg/dl ed eritropoietina 10.000 UI 1 fl s.c. 2 volte a settimana per la patologia renale. Dal 2° ciclo, in seguito a neutropenia di grado II e piastrinopenia di grado III, veniva modificato lo schema, passando a gemcitabina 800 mg/m 2 giorni 1, 15 ogni 28 giorni, si introduceva un fattore di crescita granulocitario post-dialisi, praticava trasfusione di 1 U di piastrine da donatore unico. Com pletava i 6 cicli con marcata riduzione delle adenomegalie e della splenomegalia, valutate con TAC total body con mdc ( TAC/TAP [tempo di protrombina] con mdc), rispettivamente di 2,7 cm e 12 cm e normalizzazione dell’emocromo; quadro di remissione parziale (RP). Manteneva la RP per 8 mesi quando, a una TAC/TAP con mdc, comparivano adenomegalie di 3-4 cm in sede sovra- e sottodiaframmatiche, milza di 16 cm e piastrinopenia. Si proponeva una 3ª linea con BORID (bortezomib, rituximab e desametasone) (rituximab 375 mg/m2 giorno 1, bortezomib 1,3 mg/m2 giorni 1, 8, 15, desametasone 20 mg dal giorno 1 al giorno 4) ogni 21 giorni per 6 cicli, modifica- ti i giorni di infusione di bortezomib per esigenze di reparto) da infondere a distanza dall’emodialisi. Radiologicamente, dopo 4 cicli si segnalavano adenomegalie di 4-5 cm e milza di 18 cm. Iniziava una 4ª linea con bendamustina 90 mg/m2 giorno 1, 2 ogni 28 giorni per 6 cicli post-dialisi, con riduzione di dose a 60 mg/m2 dal 2° ciclo per piastrinopenia di grado II. Attualmente è in RP con adenomegalie di 2 cm, milza di 10 cm alla TAC/TAP con mdc; emocromo normale. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Si tratta di un caso di LNH mantellare IV stadio IPI intermedio sottoposto a trattamento di 1ª linea standard (R-CHOP e trapianto autologo di cellule staminali periferiche) recidivato pochi anni dopo. Il LNH mantellare è un linfoma indolente incurabile con una mediana di sopravvivenza di circa 5 anni. Proprio per questo si è cercato recentemente, in letteratura, di scoprire nuove strategie terapeutiche (anticorpi monoclonali, inibitori del proteosoma, inibitori di mTOR [mammalian target of rapamycin], inibitori delle chinasi ciclina-dipendente, agenti immunomodulatori, antiangiogenetici e alchilanti già noti come la bendamustina) per migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita. La scelta di intraprendere una 2ª linea di palliazione con gemcitabina in monosomministrazione era stata condivisa con i colleghi trapiantisti e il collega Nefrologo, anche se vi era una piastrinopenia iniziale, per la non nota nefrotossicità del far- maco; si otteneva, nonostante la riduzione di dose per tossicità ematologica, una RP per 8 mesi quando avveniva la terza recidiva; iniziava una 3ª linea con BORID con progressione di malattia. Si proponeva una 4ª linea con bendamustina (90 mg/m2) in monoterapia alla luce dei dati di efficacia riportati in letteratura nei LNH indolenti recidivati/refrattari a rituximab, della non nota nefrotossicità anche se l’esperienza in pazienti con IRC terminale limitata ci ha portato a ridurre la dose da 120 mg/m2 a 90 mg/m2, della tossicità e degli eventi avversi (xerostomia, nausea e vomito ecc.) di facile gestione. Completava i 6 cicli durante i quali, per piastrinopenia di grado II, dal 2° ciclo si riduceva la dose a 60 mg/m2. A 8 mesi dal trattamento il paziente è in remissione parziale con una buona qualità di vita. 23 LINFOMA NON HODGKIN MANTELLARE IV STADIO RECIDIVATO POST-TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI PERIFERICHE IN PAZIENTE HBV-POSITIVO IN TERAPIA ANTIVIRALE E IN TRATTAMENTO EMODIALITICO PER INSUFFICIENZA RENALE CRONICA SU BASE VASCOLARE Bibliografia • Hoy SM. 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Seràgnoli”, Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi L.E. è un paziente di 71 anni affetto da linfoma non Hodgkin (LNH) B diffuso a grandi cellule, diagnosticato nel Giugno del 2012, in stadio IIBs con adenopatie sottodiaframmatiche non bulky e interessamento splenico. Il paziente presenta una serie di rilevanti comorbilità: è un ex-fumatore, vasculopatico polidistrettuale, con severa insufficienza renale cronica su base glomerulosclerotica e pregresso infarto miocardico acuto con miocardiopatia dilatativa post-infartuale (frazione di eiezione ventricolare sinistra del 35%), fibrillazione atriale cronica in terapia anticoagulante orale. Indagini diagnostiche ed esame obiettivo Nel Marzo del 2012 comparivano prurito e febbricola e venivano riscontrate, tramite ecografia e risonanza magnetica, alcune adenopatie addominali di circa 2-3 cm; una PET confermava, inoltre, la presenza di adenopatie sottodiaframmatiche patologiche e diffusa ipercaptazione splenica; infine una biopsia TC guidata permetteva di porre diagnosi di LNH B dif- fuso a grandi cellule. L’obiettività era nella norma e la biopsia osteomidollare risultava negativa. Gli esami ematici all’esordio rilevavano una severa insufficienza renale (creatininemia pari a 2,8 mg/dl, clearance di 20 ml/min.). remissione completa, confermata alla PET e alla RMN eseguite a fine trattamento, dopo il 6° ciclo. Approccio terapeutico Durante il trattamento, a parte l’iniziale riduzione di dose decisa in considerazione delle condizioni generali del paziente, non si sono resi necessari aggiustamenti terapeutici e il paziente non ha mostrato mielotossicità o tossicità extraematologiche rilevanti; inoltre non vi sono stati peggioramenti della funzione renale o cardiaca in corso di terapia. Durante la terapia, in considerazione della comorbilità nefrologica e della patologia cardiaca con fibrillazione atriale, il paziente è stato monitorato ogni 15 giorni con valutazione elettrocardiografica e della funzione renale con elettroliti sierici. Inizialmente il paziente ha eseguito un trattamento steroideo volto al contenimento dei sintomi B; successivamente, date la persistenza della sintomatologia e una progressione di malattia evidenziata a una PET, eseguita a 2 mesi di distanza dalla prima, è stato trattato in regime di Day Hospital con 6 cicli di chemioimmunoterapia secondo lo schema rituximab-bendamustina (rituximab 375 mg/m2 giorno 1, bendamustina 90 mg/m2 giorno 23, ogni 28 giorni), a dosi ridotte del 25% in considerazione del suo stato clinico generale. La terapia è stata ben tollerata senza complicanze di rilievo e, dopo il 1° ciclo, si è assistito alla completa regressione del prurito e della febbricola ed è stato possibile sospendere il trattamento steroideo. La PET di rivalutazione, eseguita dopo 3 cicli, ha mostrato una Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche In questo paziente, considerato “fragile” a causa della severa com- 25 UTILIZZO DELLO SCHEMA BENDAMUSTINA-RITUXIMAB NELLA TERAPIA DI PRIMA LINEA DEL PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA NON HODGKIN B DIFFUSO A GRANDI CELLULE CON INSUFFICIENZA RENALE CRONICA E CARDIOPATIA DI GRADO SEVERO promissione della funzione renale e della comorbilità cardiologica, abbiamo optato per l’utilizzo offlabel dello schema bendamustina-rituximab in 1ª linea, sulla base dei dati di efficacia nei linfomi aggressivi disponibili in letteratura (1-3). In questa tipologia di paziente, non candidabile per comorbilità a un trattamento polichemioterapico contenente antracicline, la bendamustina appare particolarmente indicata, avendo un metabolismo epatico e non essendo necessari aggiusta- menti di dose in condizioni di insufficienza renale anche severa. Inoltre, per quanto riguarda la patologia cardiovascolare, la bendamustina è utilizzabile, non essendo di per sé cardiotossica, e il paziente è stato monitorato con elettrocardiogramma e valutazione degli elettroliti sierici ogni 15 giorni, senza alterazioni rilevanti della funzione cardiaca o peggioramento della fibrillazione atriale. L’iniziale riduzione di dose del 25% è stata dettata dalla necessità di limitare, il più possibile, l’even- tuale mielosoppressione, in considerazione del labile compenso del paziente e dei potenziali rischi elevati nel caso di un’eventuale neutropenia febbrile. In conclusione, in questo paziente, non candidabile per comorbilità a un trattamento polichemioterapico standard, il trattamento con 6 cicli di bendamustina-rituximab è stato ben tollerato, senza alcuna complicanza, inducendo una remissione completa, con rapido miglioramento clinico e negatività della PET già dopo 3 cicli di terapia. 2. Weidmann E, Neumann A, Fauth F et al. Phase II study of bendamustine in combination with rituximab as first-line treatment in patients 80 years or older with aggressive B-cell lymphomas. Ann Oncol 2011;22(8):1839-1844. 3. Walter E, Schmitt T, Dietrich S, Ho A, Witzens-Harig M. Rituximab and bendamustine in patients with CD20+ diffuse large B-cell lymphoma not eligible for cyclophosphamide, doxorubicin, vincristine and prednisone-like chemotherapy. Leuk Lymphoma 2012;53(11):22902292. Bibliografia 1. Horn J, Kleber M, Hieke S et al. Treatment option of bendamustine in combination with rituximab in elderly and frail patients with aggressive B-nonHodgkin lymphoma: rational, efficacy, and tolerance. Ann Hematol 2012; 91(10):1579-1586. 26 Ruolo della bendamustina come terapia di seconda linea nel trattamento del linfoma non Hodgkin di derivazione B linfocitaria diffuso a grandi cellule nel paziente anziano “fit” C. Pellegrini Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Sèragnoli”, Policlinico “S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Esame obiettivo e indagini diagnostiche Paziente e anamnesi L’esame obiettivo è negativo a eccezione della presenza di un’area di resistenza di circa 6x5 cm in sede mesogastrica; la TAC descrive, inoltre, una voluminosa colata adenopatica retroperitoneale PET-positiva. Un paziente di 80 anni si reca in P.S. per la recente insorgenza di sintomatologia caratterizzata da nausea, dolore addominale e stipsi seguita da diarrea. In P.S. esegue una Rx diretta dell’addome c h e r i s u l t a n e g at i va , v i e n e d i m e s s o co n l a d i a g n o s i d i gastroenterite intercorrente e affidato al Day-Service dell’U.O. di Medicina Interna. Al primo controllo, come unico sintomo, si rileva la persistenza del dolore addominale localizzato a livello dell’ipocondrio destro. Pertanto esegue un’ecografia addominale che evidenzia la presenza di idro-ureteronefrosi destra di grado II e uroTC, che conferma il quadro ecografico ed evidenzia una colata adenopatica di tessuto solido retroperitoneale paramediana avvolgente la vena cava inferiore e infiltrante il muscolo psoas. Successivamente la biospiaecoguidata della massa addominale pone la diagnosi di linfoma non Hodgkin (LNH) di derivazione dai linfociti B periferici diffuso a grandi cellule. Approccio terapeutico Inizialmente il paziente esegue alcuni accertamenti propedeutici alla scelta terapeutica, quali: la valutazione della funzionalità cardiaca con ecocardiogramma, che mostra una frazione di eiezione del 71% e lo screening biochimico con esame della clearence della creatinina, che mostra una funzionalità renale nella norma. L’unica comorbilità presente è un diabete mellito di tipo 2 in terapia con ipoglicemizzanti orali in buon compenso metabolico; per questo motivo viene considerato un paziente fit ed esegue una 1ª linea di chemioterapia standard secondo lo schema CHOP (ciclofosfamide, adriamicina, vincristina, prednisone) associata all’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab per 6 cicli totali. La tolleranza alla terapia è stata discreta e non sono intercorse complicanze infettive. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La rivalutazione strumentale precoce, eseguita con PET total body dopo i primi 3 cicli di terapia, ha mostrato un quadro di risposta completa, ma la rivalutazione post-6° ciclo, con TC total body e PET total body, ha mostrato la ricomparsa della nota patologia linfomatosa. In considerazione dell’istologia della malattia e dell’assenza di comorbidità, il paziente viene sottoposto a una 2ª linea di trattamento con bendamustina, di cui vengono somministrati 6 cicli completi (al dosaggio totale di 150 mg per ciascuna somministrazione), associando l’anticorpo monoclonale anti-CD20, rituximab, con buona tolleranza globale e nessuna riduzione del dosaggio per tossicità. La rivalutazione strumentale, alla fine del trattamento con TAC e PET, ha mostrato un quadro di remissione completa, tutt’ora 27 RUOLO DELLA BENDAMUSTINA COME TERAPIA DI SECONDA LINEA NEL TRATTAMENTO DEL LINFOMA NON HODGKIN DI DERIVAZIONE B LINFOCITARIA DIFFUSO A GRANDI CELLULE NEL PAZIENTE ANZIANO “FIT” mantenuto a distanza di 28 mesi dal termine del trattamento. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Circa la metà dei pazienti, affetti da linfoma diffuso a grandi cellule, ha un’età maggiore di 60 anni; un trattamento adeguato è potenzialmente in grado di indurre le stesse risposte nel paziente giovane così come in quello anziano (1), pertanto è essenziale trattare il maggior numero di pazienti anziani con un regime di chemioterapia convenzionale. Il trattamento standard, in base ai risultati dello studio randomizzato CHOP-21 vs R-CHOP-21 (2), è risultato essere RCHOP-21. In tal senso è fondamentale differenziare tra età anagrafica ed età biologica i pazienti anziani, distinguendo tra fragili e non fragili, e utilizzando i parametri del comprehensive geriatric assessment (CGA): età ≥80 anni, capacità di svolgere le proprie attività quotidiane (scala ADL-activities of daily living), indice di comorbilità geriatriche cumulative (CIRScomorbidity index rating scale)-G, sindrome geriatrica (3,4). In base a queste valutazioni il paziente ha eseguito la 1ª linea con R-CHOP-21, ottenendo una remissione parziale di malattia. Le opzioni terapeutiche, in questo subset di pazienti non eleggibile alle alte dosi di chemioterapia, sono molto limitate, possono essere trattati con rituximab in monoterapia (4) oppure, se rispondono e le loro condizioni migliorano, può essere associata vimblastina o bendamustina (4). Inoltre possono essere candidati al trattamento con rituximab, gemcitabina e oxaliplatino, che ha mostrato una certa attività sebbene in assenza di buoni risultati durevoli nel tempo (4,5). La tolleranza al trattamento e i tassi favorevoli di risposta documentati in letteratura (6,7) rendono la bendamustina una valida opzione terapeutica nel paziente anziano, in cui le condizioni cliniche generali supportino la scelta di un regime di reinduzione rispetto al solo supporto e alla terapia palliativa. fy elderly diffuse large cell lymphoma patients who benefit from aggressive therapy. Cancer 2009;115(19):4547-4553. 4. Pfreundschuh M. How I treat elderly patients with diffuse large B-cell lymphoma. Blood 2010;116(24):5103-5110. 5. El Gnaoui T, Dupuis J, Belhadj K et al. Rituximab, gemcitabine and oxaliplatin: an effective salvage regimen for patients with relapsed or refractory Bcell lymphoma not candidates for highdose therapy. Ann of Oncology 2007; 18(8):1363-1368. 6. 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A comprehensive geriatric assessment is more effective than clinical judgment to identi- 28 Tollerabilità ed efficacia di bendamustina in un caso di linfoma angioimmunoblastico T in recidiva dopo trapianto autologo di cellule staminali periferiche A. Crescimanno U.O. Oncoematologia e T.M.O. Dipartimento Oncologico “La Maddalena”, Palermo Presentazione del caso Paziente, anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche Si presenta qui il caso di una donna di 55 anni, caratterizzata dall’assenza di comorbilità. Nel Febbraio del 2011 le viene effettuata una diagnosi di linfoma angiommunoblastico su linfonodo laterocervicale sinistro; l’esordio clinico (Novembre 2010) si caratterizza per febbre, multiple linfoadenomegalie superficiali, eritema cutaneo generalizzato, incremento di VES, β2-microglobulinemia e, successivamente, severa anemia con test di Coombs diretto positivo. Alla diagnosi la TC mette in evidenza multiple linfoadenomegalie di massimo 3 cm, alcune tendenti alla confluenza in sede sovra- e sottodiaframmatica, versamento pleurico e pericardico, splenomegalia. La biopsia della cresta iliaca risulta positiva per localizzazione di malattia e la paziente viene quindi trattata con 2 cicli Hyper C-VAD (ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina, desametasone iperfrazionati)/HDAraC-MTX (alte dosi di citarabina e metotrexato) e raccolta di cellule staminali periferiche. Si assiste a una progressiva risoluzione del quadro clinico e dell’assetto bioumorale; dalla risposta completa linfonodale alla TC, eseguita a fine trattamento (Giugno 2011), emerge una negativizzazione del reperto midollare. Nel Luglio del 2011 viene effettuato un trapianto di cellule staminali periferiche, previo condizionamento con FEAM (fotemustina, etoposide, citarabina, melfalan). Nel Novembre del 2011 si manifesta una recidiva linfonodale (massimo 2 cm nelle sedi di esordio) e midollare con leucemizzazione, incremento di VES, LDH, β2-microglobulinemia e piastrinopenia. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Dal Dicembre 2011 al Giugno 2012 vengono somministrati 6 cicli con bendamustina 90 mg/m2/die per 2 giorni ogni 28 giorni. Non viene registrata, nel periodo di trattamento, una tossicità extraematologica o ematologica tale da condizionare la regolare somministrazione dei cicli; la paziente è stata trattata con G-CSF (granulocyte colony stimulating factor) peghila- to per la profilassi della neutropenia; non si è reso necessario alcun supporto trasfusionale. Dal 3° ciclo si osservano la negativizzazione dell’obiettività linfonodale superficiale, la normalizzazione degli indici bioumorali, il progressivo incremento della conta piastrinica, l’assenza di popolazioni cellulari atipiche alla tipizzazione immunofenotipica su sangue periferico; la TC, eseguita dopo il 4° ciclo, fornisce una risposta linfonodale >50%. La valutazione della risposta, a fine trattamento, mostra la negativizzazione della biopsia della cresta e una risposta linfonodale completa. La paziente, ritenuta eleggibile, è stata avviata a una procedura di trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore non correlato. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il linfoma angioimmunoblastico a Tcellule rappresenta una malattia rara (1-2%) con decorso frequentemente aggressivo. La terapia convenzionale, con singoli farmaci o associazioni, determina una risposta completa in meno del 50% dei pazienti, con una sopravvivenza 29 TOLLERABILITÀ ED EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN UN CASO DI LINFOMA ANGIOIMMUNOBLASTICO T IN RECIDIVA DOPO TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI PERIFERICHE mediana di 18 mesi; non esiste, peraltro, alcun consenso sulla migliore terapia convenzionale. Migliori risultati sembrano derivare dalla chemioterapia ad alte dosi, con supporto di cellule staminali che, in una casistica di 146 pazienti, ha condizionato una PFS progression-free survival) o una OS (overall survival) a 24 mesi del 70% e 67%, rispettivamente nei pazienti in remissione completa (CR) al trapianto. L’esperienza con bendamustina, nel linfoma angioimmunoblastico, è ad oggi poco più che aneddoti- ca; una recente esperienza, condotta su 60 pazienti con malattia refrattaria o in progressione dopo terapia di 1ª o 2ª linea trattati con 120 mg/m2/die per 2 giorni ogni 3 settimane, ha mostrato dati incoraggianti in termini di efficacia (ORR 50%, CR 28%) e tollerabilità (neutropenia 30%, complicanze infettive 20%) indipendentemente dallo stato di malattia. Nel caso sopra riportato, a esordio aggressivo e cattiva prognosi, anche in considerazione della recidiva precoce dopo trapianto autologo, il trattamento con bendamustina si è dimostrato efficace alla dose di 90 mg/m2/die, come attestato dalla rapida risposta della malattia midollare già dal 3° ciclo, a fronte di un profilo di tollerabilità contenuta e comunque non condizionante la regolare somministrazione dei cicli; l’efficacia e la tollerabilità del trattamento con bendamustina non hanno inoltre rappresentato un requisito fondamentale per l’eleggibilità della paziente alla procedura di trapianto da donatore non correlato. • Damaj G, Gressin R, Bouabdallah K et al. Results from a prospective, open-label, phase II trial of bendamustine in refractory or relapsed T-cell lymphoma: the BENTLY trial. J Clin Oncol 2013;31(1):104-110. • Kyriakou C, Canals C, Goldstone A et al. High-dose therapy and autologous stem-cell transplantation in angioimmunoblastic lymphoma: complete remission at transplantation is the major determinant on outcome-lymhoma working party of the european group for blood and marrow transplantation. J Clin Oncol 2008;26(2):218-224. Bibliografia • Cheson BD, Wendtner CM, Pieper A et al. Optimal use of bendamustine in chronic lymphocytic leukemia, non-Hodgkin lymphomas, and multiple myeloma: treament recommendations from an international consensus panel. Clin Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10(1):21-27. 30 Ruolo di bendamustina nel linfoma di Hodgkin plurirecidivato e candidato a trapianto allogenico da donatore non familiare A. Greco, V.R. Zilioli, M. Caramella, E. Zucchetti, C. Rusconi Divisione di Ematologia, Dipartimento Onco-Ematologico, A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano Presentazione del caso Paziente Uomo di 33 anni, affetto da linfoma di Hodgkin (LH) classico, pluritrattato. Anamnesi Nel 2007 si pone diagnosi di LH classico, sottotipo sclerosi nodulare stadio IIA (sovradiaframmatico), per cui è stato trattato con 6 cicli ABVD (adriblastina, bleomicina, vinblastina, deticene), ottenendo la remissione completa (RC). Nel 2008 si presenta una recidiva precoce di malattia; il paziente viene quindi sottoposto a terapia di salvataggio secondo lo schema IGEV (ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina) per 2 cicli con raccolta di cellule staminali emopoietiche periferiche (PBSC) ma per progressione nodale viene sottoposto a intensificazione secondo lo schema mini-BEAM (carmustina, citosina arabinoside, etoposide, melfalan) con rescue di PBSC seguito da trapianto autologo (ASCT) previo condizionamento BEAM, ottenendo una remissione parziale (RP) consolidata con radioterapia “involved field”. Nel 2009 si riscontra una progressione nodale sottodiaframmatica e midollare trattata secondo lo schema BEACOPP (bleomicina, etoposide, doxorubicina, ciclofosfamide, vincristina, procarbazina e prednisone) per 4 cicli, ottenendo una RP di breve durata. Il paziente viene quindi trattato con schema ICE (ifosfamide, carboplatino, etoposide) seguito da 2 cicli BEACOPP intensificato ottenendo RC, ma presenta una progressione nodale dopo 4 mesi dalla RC durante la ricerca MUD (marrow unrelated donor). Esame obiettivo e indagini diagnostiche All’esame obiettivo si nota la presenza di sintomi sistemici, l’assenza di adenopatie superficiali e splenomegalia; la valutazione midollare risulta negativa. Si riscontrano multiple adenopatie addominali <5 cm PET captanti. Approccio terapeutico Nel Marzo del 2011 si conclude per una quarta recidiva di malattia, con localizzazioni nodali sottodiaframmatiche non “bulky”, in un paziente giovane già sottoposto a trapianto autologo. Al paziente viene proposto un trat- tamento di salvataggio con bendamustina 120 mg/m2/die per 2 giorni consecutivi ogni 28 giorni come “bridge to transplant” in caso di risposta favorevole al trattamento. Dall’Aprile al Settembre del 2011 riceve, pertanto, 6 cicli di terapia con bendamustina. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La terapia con bendamustina è stata ben tollerata dal paziente e non si è verificata alcuna tossicità extraematologica. Anche la tossicità ematologica è risultata limitata: dopo il 2° ciclo si è osservata una neutropenia di grado 4 trattata fino a risoluzione con mielostimolazione con G-CSF (granulocyte-colony stimulating factor) (6 somministrazioni totali). La riduzione del dosaggio di bendamustina da 120 a 90 mg/m2 dal 3° ciclo ha permesso di completare il trattamento previsto in assenza di tossicità ematologica di grado >2. La rivalutazione radiologica, eseguita dopo 3 cicli con TAC e dopo 6 cicli con PET, ha documentato l’ottenimento della RC di malattia. In considerazione della storia clini- 31 RUOLO DI BENDAMUSTINA NEL LINFOMA DI HODGKIN PLURIRECIDIVATO E CANDIDATO A TRAPIANTO ALLOGENICO DA DONATORE NON FAMILIARE ca e della disponibilità di donatore MUD-HLA identico si è pertanto proposto un trapianto allogenico con condizionamento a intensità ridotta (RIC), che tuttavia il paziente rifiutava. La RC veniva mantenuta per ulteriori 6 mesi prima della ricomparsa delle adenopatie. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Esistono dati limitati per quanto riguarda l’uso di bendamustina nel LH. Moskowitz et al. hanno recentemente pubblicato i dati di uno studio di fase 2 condotto su 36 pazienti affetti da LH recidivato o refrattario con una mediana di 4 tratta- menti precedenti, di cui il 75% sottoposti a ASCT. La ORR (tasso di risposta complessiva) intent-totreat è stata del 53%, di cui il 33% con RC. La durata mediana della risposta è stata di 5 mesi. La recidiva, entro 3 mesi da ASCT, era un fattore prognostico negativo per l’ottenimento della risposta (1). Al 54° Meeting dell’ASH 2012, Anastasia et al. hanno presentato i dati dello studio multicentrico della Fondazione Italiana Linfomi condotto su 73 pazienti recidivati o refrattari post-trapianto. L’ORR è stata del 58%, di cui il 25% di RC: la durata mediana della risposta è stata di 5,1 mesi (2). Risultati simili sono stati pubblicati nel lavoro retrospettivo di Corazzelli et al. condotto su 41 pazienti riceventi una mediana di 4 linee di trattamento (85% ASCT). L’ORR è stata del 58% con il 31% di RC. Non si sono verificati eventi avversi gravi (3). Questi dati sembrano assegnare un ruolo importante di bendamustina nel trattamento del LH. Infatti al tasso di ORR, superiore al 50%, si associa una bassa tossicità ematologica ed extraematologica. Nel caso clinico riportato bendamustina è stato l’unico trattamento in grado di ottenere una RC tale da rendere il paziente avviabile a trapianto allogenico rifiutato poi dallo stesso. Il profilo di sicurezza e i dati di efficacia dimostrano che bendamustina è in grado di porsi come valida opzione terapeutica per il “bridge to transplant”, avendo la potenzialità di permettere l’esecuzione del trapianto allogenico al meglio delle condizioni fisiche e al meglio dello stato di malattia. Bendamustine for relapsed/refractory classical Hodgkin lymphoma after high dose chemotherapy and or allogeneic transplant: a study of Fondazione Italiana Linfomi. 54th ASH Annual Meeting 2012 (abstract 3652). 3. Corazzelli G, Angrilli F, D’Arco A et al. Efficacy and safety of bendamustine for the treatment of patients with recurring Hodgkin lymphoma. Br J Haematol 2013;160(2):207-215. Bibliografia 1. Moskowitz AJ, Hamlin PA Jr, Perales MA et al. Phase II study of bendamustine in relapsed and refractory Hodgkin lymphoma. J Clin Oncol 2012;31(4):456-460. 2. Anastasia A, Carlo-Stella C, Corradini P et al. 32 Efficacia del trattamento con bendamustina in un paziente affetto da linfoma di Hodgkin plurirecidivato dopo trapianto di midollo osseo autologo D. Marino, F. Canova, S. Zanon, S.M. L. Aversa Istituto Oncologico Veneto IOV, I.R.C.C.S. Padova Presentazione del caso Il paziente e le indagini diagnostiche Un ragazzo di 34 anni è stato valutato, presso il nostro Istituto nell’Agosto del 2007, per la comparsa di febbre e linfoadenopatie ascellari bilaterali con diametro massimo di circa 4 cm. Veniva sottoposto a una indagine TAC che rivelava la presenza di una massa “bulky” nel mediastino e adenomegalie in sede paratracheale, ascellare bilaterale, para-aortica oltre alla presenza di una milza ingrandita con densità disomogenea. La biopsia di un linfonodo ascellare permetteva di porre diagnosi di linfoma di Hodgkin, varietà scleronodulare, immunofenotipo CD74+, CD30+, PAX5+, BOB1+, OCT2+, CD20- CD3-. La PET mostrava un iperaccumulo del radiofarmaco a livello di linfonodi ascellari, mediastinici, interaortocavali e milza. Negativa la biopsia ossea. Si concludeva per uno stadio III S B, International Prognostic Score 1. Caso clinico Approccio terapeutico, valutazioni a distanza e aggiustamenti terapeutici Il paziente veniva sottoposto a trattamento chemioterapico con sche- ma Stanford V (1) per 3 cicli, seguiti da radioterapia “involved field” conclusa in febbraio 2008. Una PET di rivalutazione mostrava progressione a livello polmonare sinistro; si avviava quindi il paziente a chemioterapia di salvataggio secondo lo schema IGEV (ifosfamide, gemcitabina, vinorelbina) (2) somministrato per 4 cicli terapeutici e seguito da chemioterapia ad alte dosi (BEAMbendamustina, etoposide, citarabina, melphalan) (3) e reinfusione di cellule staminali periferiche ematopoietiche, ottenendo un quadro di remissione completa alle rivalutazioni TAC e PET del Novembre 2008. Una TAC del Marzo 2010 mostrava la comparsa di multipli noduli polmonari a sinistra, linfoadenomegalie mediastiniche e ascellari a sinistra. Una biopsia linfonodale ascellare confermava la diagnosi di linfoma di Hodgkin. Il paziente rifiutava un programma di trattamento con trapianto di midollo allogenico (assenza di donatore familiare compatibile) e veniva avviato a trattamento chemioterapico con cisplatino, citarabina e desametasone per 4 cicli, seguiti da radioterapia a livello ascellare, sede di residua ipercaptazione a una indagine PET. Nel febbraio del 2011, per una nuova progressione linfonodale di malattia in sede sopra- e sotto diaframmatica, il paziente veniva avviato a trattamento con brentuximab come uso compassionevole. Una PET di rivalutazione, dopo 6 somministrazioni del farmaco, mostrava un quadro di remissione completa. L’unico evento avverso riportato era relativo a un quadro di parestesie G1 agli arti superiori; si riproponeva quindi la possibilità di un trapianto di midollo allogenico che veniva nuovamente rifiutata. Una PET, eseguita dopo 12 cicli di somministrazione di brentuximab, evidenziava nuovo aumento di ipercaptazione del radio-farmaco in sede polmonare e laterocervicale sinistra. Il paziente veniva sottoposto a trattamento con bendamustina al dosaggio di 120 mg/m3 per 2 giorni consecutivi ogni 28. Una rivalutazione PET, dopo 3 cicli di terapia, mostrava un quadro di remissione completa, poi confermata da una nuova indagine PET eseguita dopo altri 3 cicli di bendamustina. Per tutta la durata del trattamento il paziente non ha presentato eventi avversi di grado 3 o 4 ematologici o extra-ematologici; attualmente, a 6 mesi dalla fine del trattamento con bendamustina, il paziente si presenta in buone condizioni generali senza evidenza di recidiva a una indagine TAC. 33 EFFICACIA DEL TRATTAMENTO CON BENDAMUSTINA IN UN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN PLURIRECIDIVATO DOPO TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO AUTOLOGO Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Nonostante le alte possibilità di cura, offerte dai moderni trattamenti attualmente disponibili per il linfoma di Hodgkin, circa il 20% dei pazienti va in contro a recidiva. Le terapie di salvataggio, che comprendono la chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe ematopoietiche (ASCT), sono in grado di curare circa il 50% delle recidive. Per i pazienti non candidabili a trapianto autologo, o per le recidive postASCT, non esiste uno standard di trattamento. Il trapianto di midollo allogenico, nonostante i lunghi intervalli di sopravvivenza libera da malattia, è riservato a una piccola popolazione di pazienti e gravato da alta morbidità e mortalità peritrapiantologica. Diverse molecole, come gli inibitori delle istone-deacetilasi, gli inibitori di mTOR o l’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato brentuximab, hanno dimostrato una promettente attività nel trattamento del linfoma. La bendamustina è un agente alchilante, che tuttavia è anche in grado di indurre l’apoptosi mediata da p53 e attivare una serie di chinasi che producono l’arresto della cellula nella fase G2/S (4). L’efficacia e il profilo di sicurezza di bendamustina nel trattamen- to della leucemia linfatica cronica, dei linfomi non Hodgkin indolenti (5) e nel mieloma multiplo è ampiamente dimostrata, mentre esistono solo case report relativi all’utilizzo del farmaco nel linfoma di Hodgkin (6). Corazzelli (7) ha riportato di recente i dati relativi alla più ampia casistica di linfomi di Hodgkin trattati con bendamustina: nonostante i limiti di un’analisi retrospettiva lo studio ha dimostrato una’elevata attività anti-linfoma del farmaco. Nuovi studi prospettici saranno necessari per stabilire la schedula e il timing ottimale nella somministrazione di bendamustina e per identificare predittori clinico-biologici della risposta al farmaco. Linch DC, Goldstone AH. BEAM chemotherapy and autologous bone marrow transplantation for patients with relapsed or refractory non-Hodgkin's lymphoma. JCO 1995;13:588-595. 4. De Filippi P, Zecca M, Novara F et al. Effect of bendamustine on apoptosis and colonyinitiating precursors in Hodgkin lymphoma cells. J Clin Oncol 2011;29:e18559a. 5. Dennie TW, Kolesar JM. Bendamustine for the treatment of chronic lymphocytic leukemia and rituximab-refractory, indo- lent B-cell non-Hodgkin lymphoma. Clin Ther 2009;31: 2290-2311. 6. Magyari F, Simon Z, Barna S, Udvardy M, Váróczy L, Illés Á. Successful admistration of rituximab-bendamustine regimen in the relapse of Hodgkin lymphoma after autologous hematopoietic stem cell transplantation. Hematol Oncol 2012;30:98-100. 7. Corazzelli G, Angrilli F, D'Arco A. Efficacy and safety of bendamustine for the treatment of patients with recurring Hodgkin lymphoma. Br J Haematol 2012;20:1-9. Bibliografia 1. Aversa SM, Salvagno L, Sorarù M et al. Stanford V regimen plus consolidative radiotherapy is an effective therapeutic program for bulky or advanced-stage Hodgkin's disease. Acta Haematol 2004; 112(3):141-147. 2. Santoro A, Magagnoli M, Spina M et al. Ifosfamide, gemcitabine, and vinorelbine: a new induction regimen for refractory and relapsed Hodgkin’s lymphoma. Haematologica/the hematology journal 2007; 92(01): 35-41. 3. Mills W, Chopra R, McMillan A, Pearce R, 34 Insperato successo della combinazione “bendamustina, lenalidomide, desametasone” in un caso di mieloma multiplo pluritrattato, plurirecidivato/refrattario G. Mele, G. Quarta U.O. di Ematologia e Unità Trapianti – Ospedale “Antonio Perrino” – Brindisi Presentazione del caso clinico Nel marzo 2001 giunge, alla nostra osservazione, un uomo di 46 anni in seguito alla persistenza di importanti dolori ossei diffusi. Il paziente viene sottoposto a esami clinicostrumentali e di laboratorio; l’elettroforesi delle proteine sieriche mostra una severa ipogammaglobulinemia e gli esami delle urine rilevano la presenza di proteinuria di Bence-Jones a catene leggere k. Gli ulteriori esami di laboratorio dimostrano un aumento di VES e β2microglobulina, una moderata anemia normocromica-normocitica; la funzionalità renale non risulta invece alterata. L’agoaspirato midollare e la biopsia del midollo osseo rivelano una marcata infiltrazione plasmacellulare clonale k, con atipie morfologiche circa nel 30% dell’intera popolazione neoplastica e viene posta, pertanto, la diagnosi di mieloma multiplo micromolecolare a catene leggere k, sintomatico, stadio III-A secondo Durie and Salmon. Caso clinico In ragione della giovane età il paziente è avviato verso un pro- gramma terapeutico di induzione secondo schema “VAD (vincristina, doxorubicina, desametazone)” che, al termine, prevedeva una procedura trapiantologica con cellule staminali autologhe. Per la compromissione ossea il paziente è portatore di busto ortopedico di tipo CAMP-35. Dopo 4 cicli di chemioterapia, il paziente ottiene una risposta ematologica insoddisfacente e, dopo il primo trapianto autologo, si trova in una condizione di remissione parziale secondo i criteri EBMT (European Blood and Marrow Transplant Group). Il secondo approccio trapiantologico non modifica, in alcun modo, lo status della malattia. Al fine di poter garantire una soddisfacente risposta ematologica, si opta per un trattamento emergente di nuova generazione con “talidomide + desametazone” (1,2). L’associazione “talidomide + alte dosi di desametazone” si dimostra altamente efficace, determinando l’ottenimento di una completa remissione di malattia secondo i criteri EBMT. Un elemento essenziale, nella strategia globale del mieloma multiplo, è rappresentato, inoltre, dalla terapia di mantenimento: pertanto, dal maggio 2003, al termine del programma, essendo il paziente risultato responsivo, si procede all’avvio della terapia di mantenimento con IFN (interferone)- α2b (3.000.000 UI per 3 giorni a settimana) (3). Questo trattamento, privo di effetti collaterali gravi, è stato continuato per oltre 5 anni, fino alla recidiva. Dopo circa 7 anni gli esami ematochimici di laboratorio, la biopsia osteomidollare, l’ago-aspirato midollare, la radiografia convenzionale dello scheletro e la RMN del rachide e del bacino con gadolinio evidenziano una recidiva di malattia. Il paziente inizia, pertanto, una terapia di reinduzione secondo lo schema “VTD (bortezomib-talidomide-desametasone)”, ottenendo, dopo 6 cicli, una very good partial remission (VGPR) secondo i criteri di risposta dell’IMWG (international myeloma working group). Successivamente il paziente è stato sottoposto a una terapia di mantenimento con talidomide 100 mg/die; il decorso clinico è gravato, però, dalla comparsa di complicanze farmaco-correlate, quali sonnolenza e parestesie/ipoestesie prevalentemente agli arti inferiori da polineuropatia sensitiva di tipo degenerativo assonale, con conse- 35 G. MELE, G. QUARTA guente difficoltà nella deambulazione. A circa 3 anni di distanza dalla 1 a recidiva, la radiografia convenzionale dello scheletro e la RMN del rachide e bacino con mdc dimostrano, rispettivamente, un aumento del numero delle osteolisi e diffuse localizzazioni di malattia. Gli esami di laboratorio rivelano la comparsa di una progressiva anemia normocromica-normocitica; pertanto il paziente intraprende una terapia di salvataggio secondo lo schema “RD”. Il quadro clinico risulta drammaticamente complicato dalla comparsa di una frattura patologica dell’omero sinistro, che necessita di intervento chirurgico; dopo 4 cicli di trattamento il paziente si trova in una condizione di non risposta ematologica; si decide, di conseguenza, per un ulteriore trattamento di salvataggio intensivo secondo lo schema “ VTD-PACE (platino, doxorubicina, ciclofosfamide ed etoposide)”. Dopo 2 cicli l’agoaspirato midollare di rivalutazione descrive il persistere di una massiva infiltrazione plasmacellulare pari circa al 90% della cellularità totale; si decide pertanto di proporre al paziente un trattamento di combinazione non codificato 36 con “bendamustina + lenalidomide + desametazone” (bendamustina 140 mg/m2, 1° e 2° giorno; lenalidomide 25 mg/die, 1°→21° giorno; desametasone 40 mg/die 1-4, 15-18 giorno, somministrazioni cicliche mensili). Dopo 6 cicli il paziente raggiunge uno stato di VGPR secondo i criteri di risposta dell’IMWG. L’avvio del 3° ciclo è, però, ritardato dalla comparsa di una neutropenia severa grado 4 WHO, che impone il ricorso all’impiego del fattore di crescita e la riduzione di dose della bendamustina a 90 mg/m2. Attualmente il paziente in VGPR è in mantenimento con lenalidomide 10 mg/die, in lista per un trapianto allogenico (in corso la ricerca del donatore in assenza di un fratello HLA (antigene leucocitario umano) identico disponibile). Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche A partire dai primi anni del decennio 1950-60 l’associazione “melfalan + prednisone” è stata la terapia standard per il trattamento del mieloma multiplo e tutti i tentativi di migliorare i risultati, ottenuti da questa combinazione mediante l’impiego di altri regimi chemioterapici, hanno avuto uno scarso successo. Il trapianto autologo di midollo ha rappresentato un passo in avanti, sebbene non sia stato in grado di influenzare significativamente la sopravvivenza e l’incidenza delle recidive. L’avvento dei nuovi farmaci biologici ha determinato una “svolta epocale”, nella storia naturale del mieloma multiplo, grazie all’ottenimento di più elevati tassi di risposta sia nel contesto clinico di pazienti con diagnosi recente sia in quello di pazienti con recidiva. A tutt’oggi, però, il mieloma multiplo rimane una patologia per la quale non è possibile parlare di guarigione; inoltre i risultati ottenuti con l’allotrapianto mieloablativo rimangono controversi per l’elevata mortalità correlata alla procedura e il ruolo del trapianto allogenico a intensità ridotta deve essere ancora precisamente stabilito; di qui l’importanza di esplorare sempre nuove strategie. Nel corso degli ultimi anni il panorama terapeutico del mieloma multiplo si è ulteriormente ampliato grazie alla riscoperta e all’introdu- INSPERATO SUCCESSO DELLA COMBINAZIONE “BENDAMUSTINA, LENALIDOMIDE, DESAMETASONE” IN UN CASO DI MIELOMA MULTIPLO PLURITRATTATO, PLURIRECIDIVATO/REFRATTARIO zione, nella pratica clinica, di un vecchio farmaco, la bendamustina, finora approvato per il trattamento della leucemia linfatica cronica (LLC) e del linfoma nonHodgkin in progressione/recidiva di malattia. Studi di fase I/II suggeriscono che le associazioni “bendamustinatalidomide-prednisone”, “bendamustina-lenalidomide-desametazone”, “bendamustina-bortezomib-desametazone” possono essere capaci di significative risposte ematologiche in pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato/refrattario, mostrando un buon profilo di tossicità. L’uso di bendamustina, come trattamento di prima linea, è sostenuto da alcuni studi: lo studio randomizzato di fase III, proposto da Ponisch et al. (bendamustina + prednisone vs melphalan + prednisone) ha, infatti, segnalato risultati promettenti in pazienti con diagnosi “de novo”, mostrando un più alto tasso di risposte complete, una maggiore durata delle remissioni, un più prolungato “time to treatment failure”, una migliore qualità della vita, senza, però, un miglioramento della sopravvivenza globale (4); è stato segnalato, inoltre, che i regimi comprensivi di bendamustina sono efficaci anche in pazienti con severa compromissione renale (5,6). La scelta del trattamento per le recidive è determinata da differenti fattori che includono l’età, le comorbilità, l’aggressività della malattia, la tossicità farmacologica e, soprattutto, la qualità e la durata della risposta al trattamento precedente: è consuetudine usare, infatti, regimi di trattamento differenti rispetto ai precedenti quando la durata della risposta è troppo breve (<12 mesi). Nel caso descritto-mieloma multiplo pluritrattato, plurirecidivato/ refrattario - la nuova e non codificata combinazione “bendamustina, lenalidomide, desametazone” ha rappresentato un presidio terapeutico estremamente efficace. In particolare sembra evidenziarsi come con questo approccio sia stato possibile ottenere un’ulteriore e insperata risposta, prolungare significativamente la durata della sopravvivenza libera da eventi e allontanare la necessità di un trapianto allogenico. Il vantaggio offerto dall’associazione “bendamustina, lenalidomide, desametazone”, in termini di raggiungimento di una VGPR è, peraltro, stato mantenuto anche in corso di mantenimento con lenalidomide (10 mg/die). Il trattamento, oltre a essere di facile esecuzione (è stato somministrato in regime ambulatoriale), dopo rimodulazione delle dosi, non è stato gravato da tossicità ematologica di grado severo (bendamustina 90 mg/m2, 1° e 2° giorno; lenalidomide 25 mg/die, 1°→21° giorno; desametazone 40 mg/die 1-4, 15-18 giorno, somministrazioni cicliche mensili). In conclusione gli studi clinici di fase I/II e le singole esperienze cliniche, che via via vengono alla luce, offrono un buon livello di evidenza e sottolineano che i nuovi regimi comprensivi di bendamustina costituiscono, al momento, una strategia terapeutica promettente per i pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario dopo trapianto autologo; tuttavia il beneficio clinico di questo nuovo farmaco, in termini di durata della risposta e di vantaggio della sopravvivenza, potrà emergere solo da studi clinici ancora in corso. 37 G. MELE, G. QUARTA Bibliografia 1. Singhai S, Mehta J, Desikan R et al. Antitumor activity of thalidomide in refractory multiple myeloma. N Eng J Med 1999;341:1565-1571. 2. Palumbo A, Giaccone L, Bertola A et al. Low-dose thalidomide plus dexamethasone is an effective salvage therapy for advanced myeloma. Hematologica 2001;86:399-403. 3. Mandelli F, Avvisati G, Amadori S et al. Maintenance treatment with recombinant-alpha-2b interferon in patients with multiple myeloma responding to conven- 38 tional induction chemotherapy. N Engl J Med 1990;332:1430-1434. 4. Ponisch W, Mitrou PS, Merkle K et al. Treatment of bendamustine and prednisone in patients with newly diagnosed multiple myeloma results in superior complete response rate, prolonged time to treatment failure and improved quality of life compared to treatment with melphalan and prednisone - a randomized phase III study of the East German Study Group of Hematology and Oncology (OSHO). J Cancer Res Clin Oncol 2006;132:205-212. 5. Preiss R et al. Pharmacokinetics and toxicity profile of bendamustine in myeloma patients with end-stage renal disease. Hematology Journal 2003;4(S1);abstract 394. 6. Ponisch W, Andrea M, Wagner I et al. Successful treatment of patients with newly diagnosed/untreated multiple myeloma and advanced renal failure using bortezomib in combination with bendamustine and prednisone. J Cancer Res Clin Oncol 2012;138(8):1405-1412.