Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale
Volume 7
Indice
Trattamento con bendamustina e rituximab in prima linea in un paziente
giovane affetto da leucemia linfatica cronica
2
S. Oppi, G. La Nasa
L’associazione fra bendamustina e rituximab come trattamento
di seconda linea nella leucemia linfatica cronica complicata
da anemia emolitica autoimmune
5
M. Ciccone, L. Formigaro, A. Cuneo
Efficacia in prima linea di bendamustina e rituximab nel paziente
con LLC e del(17p)
7
P. Savini, G. Musardo, F. Mirici
Ruolo della bendamustina come terapia di salvataggio nel paziente
cardiopatico affetto da linfoma non Hodgkin follicolare
9
C. Pellegrini
Ruolo ed efficacia della bendamustina come terapia di prima linea
nel paziente cardiopatico affetto da linfoma non Hodgkin follicolare
12
C. Pellegrini
C’è spazio per la bendamustina nel trattamento del paziente giovane
con linfoma follicolare, ricaduto dopo trapianto autologo e già sottoposto
a terapia sperimentale?
14
A. Broccoli
Trattamento di salvataggio con rituximab-bendamustina seguito da
trapianto autologo di cellule staminali autologhe in paziente affetto
da linfoma follicolare
16
N. Frungillo
Presentazione di un caso clinico riguardante un linfoma mantellare
trattato in prima linea con bendamustina-rituximab
18
M. Sampaolo, S. Trappolini, C. Bocci, G. Gini
Efficacia di bendamustina in paziente con linfoma mantellare blastoide
in recidiva extralinfonodale
21
R. Sartori
Bendamustina induce una rapida risposta completa in un paziente affetto
da linfoma di Hodgkin risultato refrattario al trapianto autologo e permette
l’esecuzione del trapianto allogenico da donatore non consanguineo
A. Broccoli
24
Trattamento con bendamustina e rituximab in prima linea
in un paziente giovane affetto da leucemia linfatica
cronica
S. Oppi, G. La Nasa
U. O. Ematologia e CTMO Ospedale Binaghi Cagliari
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Il paziente, B.M., un uomo di 46 anni,
giunge alla nostra attenzione nel
novembre 2009 per leucocitosi linfatica (WBC 37.900/mm3 con 85% di
linfociti all’esame emocromocitometrico) e linfoadenopatie multistazionali. Si presenta in buone condizioni generali, ECOG 0. All’anamnesi
patologica remota segnala un intervento di emorroidectomia, ma nessun’altra patologia di rilievo.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
All’esame obiettivo emergono
linfoadenomegalie multistazionali
(fino a 3 cm di diametro massimo),
non organomegalia. Viene diagnosticata una leucemia linfatica cronica (LLC) con immunofenotipo di LLC
tipica (CD19+, CD20+,CD5+ e
CD23+; CD10- e CD38-) e restrizione
λ delle catene leggere, con infiltrato
linfocitario midollare del 70% alla
biopsia osteomidollare; assenza di
alterazioni cromosomiche. Stadio IB
secondo Rai e Binet, categoria di
rischio intermedio.
Il paziente, asintomatico, viene
avviato a “wait and watch” fino al
mese di aprile 2010, quando viene
documentata una progressione di
2
malattia ( WBC 88.700/mm 3 con
76% di linfociti all’esame emocromo, incremento volumetrico delle
adenomegalie fino a 6 cm di diametro all’esame TC total body, interessamento dell’anello del Waldeyer,
comparsa di epatomegalia; sudorazioni abbondanti).
Approccio terapeutico
Il paziente viene sottoposto a terapia secondo lo schema RB (rituximab alla dose di 375 mg/m2 al g+1
e bendamustina 90 mg/m2 g+1 e
g+2) ogni 28 giorni per 6 cicli; viene
effettuata una profilassi antinfettiva
con trimetoprim-sulfometossazolo,
aciclovir e fluconazolo.
La rivalutazione dello stato di malattia, al termine della terapia, documenta una buona, ma non completa, risposta al trattamento, con persistenza di una seppur piccola quota
(inferiore all’1%) di linfociti monoclonali all’esame citofluorimetrico
del sangue midollare.
All’esame TC total body si rileva una
notevole riduzione del numero e
delle dimensioni delle linfoadenomegalie (presenza di adenopatie
comprese entro 1,5 cm), reperti densitometrici nei limiti della norma a
carico di fegato e milza.
Valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Il paziente viene sottoposto a ulteriori
6 infusioni settimanali di rituximab
(375 mg/m2), con lo scopo di consolidare il risultato ottenuto; il trattamento viene completato nel dicembre
2010. La rivalutazione post-terapia
dimostra la remissione completa (RC)
con l’eradicazione, a livello midollare,
della quota monoclonale residua; il
trattamento è stato ben tollerato con
ottima clearance della linfocitosi periferica già al 1° ciclo.
Non si sono verificati episodi di neutropenia febbrile, non è stato necessario utilizzare fattori di crescita granulocitari né eritrocitari, poiché non
si è verificata alcuna tossicità ematologica durante il trattamento. Si è
verificato un episodio di neutropenia di grado III al termine del consolidamento con rituximab, risoltosi
spontaneamente. Vi sono stati 2 episodi infettivi di lieve entità (una
gastroenterite virale e una cistite
trattata con ciprofloxacina); si è verificata una tossicità gastrointestinale
di grado I. Agli esami ematochimici di
routine si è riscontrata, durante la terapia, ipertrigliceridemia trattata con
Aminotrofic. Il paziente è attualmente
in RC con un follow-up di 28 mesi.
TRATTAMENTO CON BENDAMUSTINA E RITUXIMAB IN PRIMA LINEA IN UN PAZIENTE GIOVANE
AFFETTO DA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
A oggi il trattamento di 1ª linea, per
un paziente giovane affetto da LLC
in assenza di comorbidità, è rappresentato dallo schema FCR (fludarabina-ciclofosfamide-rituximab).
Nella nostra esperienza clinica il
trattamento FCR è gravato da
un’importante mielosoppressione,
che rende difficoltoso il rispetto
della tempistica dei cicli e a volte
anche il completamento dei 6 cicli
previsti. Le opzioni terapeutiche,
valutate per questo paziente, sono
state il trattamento FCR e un
approccio con RB, per potergli offrire (come da lui richiesto) una tera-
pia efficace ma anche ben tollerata.
La bendamustina ha dimostrato
una considerevole attività nei confronti di linfomi non Hodgkin (LNH)
indolenti e LLC refrattaria/recidivata in termini di PFS (progression
free survival) come agente singolo
e in associazione (1,2).
In letteratura la sua efficacia, nella LLC recidivata/refrattaria, è sottolineata sia in studi di fase I/II (3)
che retrospettivi (4), mentre il
gruppo tedesco, in uno studio di
fase III, ne ha evidenziato efficacia e sicurezza nella terapia di 1ª
linea della LLC (5). Diversi trial
suggeriscono che RC e durata
della remissione, ottenuti con
bendamustina, sono superiori a
quelli raggiunti con regimi stan-
dardizzati (6). Particolarmente
interessante sembra essere l’utilizzo dell’associazione con rituximab in 1ª linea nella LLC (studio
di fase II GCLLSG) (7).
Nella nostra esperienza il trattamento di associazione RB si
dimostra, oltre che efficace,
anche molto ben tollerato, grazie
al suo buon profilo di tossicità e
alla sua maneggevolezza.
I risultati ottenuti in questo caso
(RC da 28 mesi, assenza di eventi
avversi e di ritardo nella somministrazione dei cicli) confortano la
nostra scelta e ci sembra giustifichino la proposta dello schema
BR come valida opzione terapeutica a selezionati pazienti giovani
affetti da LLC.
3
S. OPPI, G. LA NASA
Bibliografia
1. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R, Raanani P,
Drevling M, Shpilberg O. Bendamustine for
patients with indolent B cell malignancies
including chronic lymphocityc leukaemia.
Department of Medicine E. Bellinson Hospital,
Rabin Medical Center, Petah Tikva, Israel.
Cochrane Database Syst Rev 2012,9:CD009045.
2. Weide R, Feiten S, Friesenhahn V et al.
Retreatment with bendamustine-containing
regimens in patients with relapsed/refractory chronic lymphocytic leukemia and indolent B-cell lymphomas achieves high
response rates and some long lasting remissions. Leuk Lymphoma 2012 Dec 5 [Epub
ahead of print].
3. Bergmann MA, Goebeler ME, Herold M et al;
4
German CLL Study Group. Efficacy of bendamustine in patients with relapsed or refractory chronic lymphocytic leukemia: results of a
phase I/II study of the German CLL Study
Group. Medical Clinic III, University Hospital
Grosshadern, Ludwig-Maximilians-University
Munich. Haematologica 2005;90(10):13571364.
4. Iannitto E, Morabito F, Mancuso S et al.
Bendamustine with or without rituximab in the
treatment of relapsed chronic lymphocytic
leukaemia: an Italian retrospective study. British
Journal of Haematology 2011;153(3):351-357.
5. Knauf WU, Lissitchkov T, Aldaoud A et al.
Bendamustine compared with chlorambucil
in previously untreated patients with chronic
lymphocytic leukaemia: updated results of a
randomized phase III trial. Onkologische
Gemeinschaftspraxis, Frankfurt, Germany.
British Journal of Haematology 2012;159(1):
67-77.
6. Rummel MJ, Gregory SA. Bendamustine’s
emerging role in the management of lymphoid
malignancies. Semin Hematol. 2011;48 Suppl
1:S24-36.
7. Fischer K, Cramer P, Busch R et al.
Bendamustine combined with rituximab in
patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II
trial of the German Chronic Lymphocytic
Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2011;29
(26):3559-3566.
L’associazione fra bendamustina e rituximab come
trattamento di seconda linea nella leucemia linfatica
cronica complicata da anemia emolitica autoimmune
M. Ciccone, L. Formigaro, A. Cuneo
Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara
Presentazione del caso
Paziente, anamnesi
Questo report si riferisce a un
uomo di 60 anni in buone condizioni cliniche (ECOG 0), affetto da
diabete mellito tipo II in buon
compenso glicemico.
Nel 2005 giungeva, alla nostra
osservazione, per il riscontro
occasionale di linfocitosi, che
risultava poi compatibile con leucemia linfatica cronica (LLC) tipica, stadio II/B secondo Rai e
Binet, basso rischio (cariotipo
normale in assenza di mutazioni
di TP53 e di espressione di CD38
di superficie).
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Il paziente, asintomatico, veniva
sottoposto a regolare follow-up.
Nell’ottobre 2012 si registrava la
progressione della linfocitosi
(195.000/µl) con tempo di raddoppiamento inferiore a 6 mesi, associata ad anemia (10,1 g/dl), piastrinopenia (99.000/µl), linfoadenopatie sovra- e sottodiaframmatiche fino a 5 cm e splenomegalia
con diametro massimo 19 cm.
La rivalutazione del rischio biologico rilevava la comparsa di anomalie citogenetiche (cariotipo
complesso) e l’ibridazione in situ
(FISH) svelava la presenza di
delezione 14q32 e della p53
(rispettivamente nel 90 e 22%
delle cellule).
Veniva intrapreso un trattamento
con fludarabina, ciclofosfamide e
rituximab (FCR), quest’ultimo inizialmente non somministrato per
la presenza di linfocitosi marcata.
Approccio terapeutico,
valutazione a distanza e
aggiustamenti terapeutici
Nel Dicembre 2012, al giorno 1 del
2° ciclo chemioterapico che prevedeva l’aggiunta del rituximab, il
paziente era itterico e lamentava
astenia ingravescente.
L’emocromo, oltre alla linfocitosi
(96.200/µl), rilevava la comparsa di
anemia di grado 4 (5 g/dl) associata a reticolocitosi (4,85%), iperbilirubinemia indiretta (5,08 mg/dl),
aumento delle LDH-lattato-deidrogenasi) (694 U/l) e consumo di
aptoglobina (1 mg/dl).
Il test di Coombs (diretto e indiretto) risultava positivo, confermando il sospetto di anemia emolitica
autoimmune (AEA) in corso di trattamento con fludarabina; si somministrava, quindi, prednisone 1
mg/kg e successivamente, per il
persistere di anemia, metilprednisolone 1 g giorni 1-4 in combinazione con immunoglobuline
endovena 800 mg/kg giorni 1-2
con lieve riduzione degli indici di
emolisi e consensualmente della
linfocitosi fino a 24.400/µl.
In seguito alla persistenza di emolisi il paziente iniziava pertanto il
trattamento con l’associazione
bendamustina 75 mg/m2 giorni 12 e rituximab 375 mg/m2 giorno 1
del 1° ciclo e 500 mg/m2 giorno 1
dei cicli seguenti.
Il ciclo chemioimmunoterapico
prevedeva, inoltre, una profilassi
antimicrobica con trime to prim/sulfametossazolo e aciclovir,
stimolazione della granulocitopoiesi con G-CSF (granulocyte
colony-stimulating factor), terapia
ipouricemizzante con allopurinolo, terapia antiemetica con ondansetron; premedicazione di rituximab con paracetamolo e clorfenamina maleato. Ad oggi, terminati
3 dei 6 cicli previsti con bendamustina e rituximab, si osserva la
normalizzazione dei livelli di Hb e
degli indici di emolisi, scomparsa
della linfocitosi (linfociti 460/µl),
delle adenopatie e della splenomegalia in assenza di tossicità
non ematologica.
5
M. CICCONE, L. FORMIGARO, A. CUNEO
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
La prevalenza dell’AEA, nella LLC,
aumenta con la progressione di
malattia (dal 4% dello stadio A di
Binet al 10% degli stadi B e C) e con
fattori prognostici sfavorevoli (1).
Dati recenti dimostrano che l’incidenza di AEA, in pazienti trattati con
fludarabina e ciclofosfamide (FC), è
significativamente più bassa (5%)
rispetto a quelli trattati con clorambucile (12%) o fludarabina (11%)
(p<0,01) (2).
L’effetto “protettivo” della ciclofosfamide, sul rischio di AEA, è confermato dai dati ottenuti con FCR (3,4).
L’utilizzo di metilprednisolone ad
alte dosi, scelto in questo caso per il
duplice effetto antiemolitico e linfo-
citoriduttivo, ha permesso di ottenere solo una parziale iniziale riduzione
dell’attività di emolisi e la netta riduzione della linfocitosi, preparando il
paziente al proseguimento dell’iter
terapeutico. La risposta insoddisfacente, in termini di riduzione della
linfocitosi dopo FC, ha impedito, in
questo caso, l’utilizzo di rituximab (al
1° ciclo) che, associato a FC, rappresenta il trattamento standard per la
LLC in pazienti “fit” (4).
L’anticorpo monoclonale anti-CD20
rimaneva quindi una valida opzione
per la 2ª linea di trattamento.
Considerato che l’insorgenza di AEA,
in corso di regimi contenenti fludarabina, rappresenta il principale fattore di rischio, oltre alla positività del
test di Coombs, per la recidiva di AEA
in caso di riutilizzo di fludarabina (5),
si è deciso di effettuare uno “switch”
a un trattamento alternativo, in questo caso un regime contenente bendamustina. La bendamustina è un
agente alchilante utilizzato nel trattamento di diversi disordini linfoproliferativi (6).
I dati riguardanti la sua efficacia, nella
LLC, derivano da diversi trial clinici e a
questo riguardo particolarmente
interessante è l’osservazione che
riporta la stabilizzazione dell’AEA in 2
pazienti trattati con emolisi attiva (7).
In generale la prevalenza di AEA, in
corso di trattamento con bendamustina, con o senza rituximab, appare
molto bassa in tutte le esperienze
riportate in letteratura. La nostra
esperienza suggerisce che l’utilizzo
di un regime contenente bendamustina possa costituire un’interessante opzione per la terapia della LLC
complicata da AEA severa.
3. Borthakur G, O'Brien S, Wierda WG et al.
Immune anaemias in patients with chronic lymphocytic leukaemia treated with fludarabine,
cyclophosphamide and rituximab-incidence and
predictors. Br J Haematol 2007;136(6):800-805.
4. Hallek M, Fischer K, Fingerle-Rowson G et al.
Addition of rituximab to fludarabine and
cyclophosphamide in patients with chronic lymphocytic leukaemia: a randomised, open-label,
phase 3 trial. Lancet 2010;376(9747):1164-1174.
5. Weiss RB, Freiman J, Kweder SL et al.
Hemolytic anemia after fludarabine therapy for
chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol
1998;16(5):1885-1889.
6.Korycka-Wołowiec A, Robak T. Pharmacokinetic
evaluation and therapeutic activity of bendamustine in B-cell lymphoid malignancies. Expert Opin
Drug MetabToxicol 2012;8(11):1455-1468.
7. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine
in combination with rituximab for previously
untreated patients with chronic lymphocytic
leukemia: a multicenter phase II trial of the
German Chronic Lymphocytic Leukemia Study
Group. J Clin Oncol 2012; 30 (26):3209-3216.
Bibliografia
1. Hodgson K, Ferrer G, Montserrat E et al. Chronic
lymphocytic leukemia and autoimmunity: a systematic review. Haematologica 2011;96(5):752-761.
2.Dearden C, Wade R, Else M et al. UK National
Cancer Research Institute (NCRI); Haematological
Oncology Clinical Studies Group; NCRI CLL
Working Group. The prognostic significance of a
positive direct antiglobulin test in chronic lymphocytic leukemia: a beneficial effect of the combination of fludarabine and cyclophosphamide on
the incidence of hemolytic anemia. Blood
2008;111(4):1820-1826.
6
Efficacia in prima linea di bendamustina e rituximab nel
paziente con LLC e del(17p)
P. Savini, G. Musardo, F. Mirici
D.H. Ematologico, Dipartimento Medico I, Ospedale di Faenza, AUSL Ravenna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Il presente articolo espone il caso
clinico di un uomo di 82 anni,
giunto alla nostra osservazione
nell’ottobre 2010 perché, lamentando profuse sudorazioni notturne, si era sottoposto a indagini di
laboratorio che avevano mostrato
una linfocitosi assoluta.
L’anamnesi era sostanzialmente
negativa se si esclude un’ipertensione arteriosa ben controllata farmacologicamente.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Il paziente presentava splenomegalia all’ombelicale trasversa e linfoadenopatie superficiali polidistrettuali; buone, tuttavia, le condizioni
generali, ECOG 0. Gli esami di laboratorio mostravano Hb:10 g; MCV:
88; G.B.: 60.000 (L.:78%; N.: 20%); nella norma gli altri esami ematochimici di routine, HBsAg, anti-HCV, antiHIV, LDH; la citofluorimetria (CD19+:
86%; CD5+,CD20+, CD23+, CD10- e
CD38-, restrizione K delle catene
leggere) e la morfologia consentivano la diagnosi di leucemia linfatica cronica (LLC).
La biologia molecolare su sangue
periferico mostrava una sequenza
mutata dei geni IgVH; la FISH su
sangue periferico: delezione del
cromosoma 17p -del(17p)- (92%)
e la trisomia del cromosoma 13
(26%). L’ecografia dell’addome
superiore mostrava una marcata
splenomegalia (diametro max: 21
cm; area di sezione:175 cm2).
Approccio terapeutico
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Data l’età, pur in assenza di rilevanti comorbidità, il paziente veniva
valutato “non fit” e, nel novembre
2010, iniziava un trattamento con
bendamustina (90 mg/m2, gg 1-2,
q 28) e rituximab (375 mg/m2 g 8,
1°ciclo, 500 mg/m2 g 1, 2°-6° ciclo);
veniva inoltre associata profilassi
con trimetoprim-sulfametossazolo
per 2 giorni/settimana, e aciclovir
800 mg/die.
La tossicità è stata prevalentemente ematologica con neutropenia
grado 4, nonostante l’utilizzo, dal
2° ciclo, di G-CSF e nonostante la
riduzione posologica della bendamustina (70 mg/m2, gg 1-2) a partire dal 4° ciclo.
Già dopo il 2° ciclo si risolvevano le
sudorazioni notturne, milza e ade-
nopatie non erano più palpabili.
Dopo il 5° ciclo la risoluzione dei
sintomi, delle linfoadenopatie, della splenomegalia e la completa
remissione ematologica ci inducevano a sospendere la bendamustina, somministrando invece la 6°
dose di rituximab.
A distanza di 2 anni dal termine
della chemioimmunoterapia il
paziente mantiene una remissione
ematologica e clinica complete.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
ll paziente in oggetto presentava
una LLC, stadio III sec. Rai, stadio B
sec. Binet, la del(17p) assieme a
uno stato mutato delle IgVH.
Circa il 7% dei pazienti con LLC
presentano, alla diagnosi, la delezione del braccio corto del cromosoma 17 corrispondente al locus
genico TP53; la maggior parte dei
pazienti con del(17p) avranno
inoltre una mutazione del gene
TP53 sull’altro allele e quindi l’assenza di proteina p53 normale,
che è richiesta per una normale
risposta cellulare al danno del
DNA indotto dalla chemioterapia
(DNA repair, arresto del ciclo cellu-
7
P. SAVINI, G. MUSARDO, F. MIRICI
lare, apoptosi). Come è noto la
del(17p) comporta una prognosi
negativa con sopravvivenza
mediana globale di 2-3 anni, indipendentemente dallo stato mutazionale IgVH; anche dopo terapia
FCR (fludarabina, ciclofosfamide,
rituximab) la PFS (progression
free survival) di questi pazienti
rimane breve (1-3).
L’età del paziente del resto non
consentiva di procedere a una
terapia con alentuzumab seguito
da trapianto allogenico, suggerita,
all’interno di trial clinici, per i
pazienti “fit” (4); si è scelto quindi di
trattare questo paziente con bendamustina + rituximab alla luce
dei risultati riportati da uno studio
di fase II (5) rivolto a pazienti con
LLC precedentemente non trattati; lo studio, infatti, includeva
anche pazienti con del(17p), ottenendo anche in questo categoria
una ORR (overall response rate)
del 37,5%. Questa nostra espe-
rienza conferma l’efficacia e la fattibilità della associazione bendamustina+rituximab in 1ª linea per
pazienti con LLC che presentano,
alla diagnosi, la del(17p), da
considerarsi “non fit” per età, ed
eleggibili per una terapia non
palliativa ma curativa.
Crediamo sia ancora da definire la
giusta dose di bendamustina, forse
70 mg/m2, piuttosto che 90 mg/m2,
data la non trascurabile tossicità
ematologica.
3. Badoux XC, Keating MJ, Wang X et al.
Fludarabine, cyclophosphamide, and rituximab chemoimmunotherapy is highly effective treatment for relapsed patients with
CLL. Blood 2011;117(11):3016-3024.
4. Hallek M, Cheson BD, Catovsky D et al.
Guidelines for the diagnosis and treatment
of chronic lymphocytic leukemia: a report
from the International Workshop on Chronic
Lymphoc ytic Leukemia updating the
National Cancer InstituteWorking Group
1996 guidelines. Blood 2008;111(12):54465456.
5. Fischer K, Cramer P et al. Bendamustine in
combination with rituximab for previously
untreated patients with chronic lymphocytic
leukemia: a multicenter phase II trial of the
German Chronic Lymphocytic Leukemia
Study Group. J Clin Oncol 2012;30(26):32093216.
Bibliografia
1. Hallek M, Fischer K, Fingerle-Rowson G et al.
Addition of rituximab to fludarabine and
cyclophosphamide in patients with chronic
lymphocytic leukemia: a randomised, openlabel, phase III trial. Lancet 2010;376:1164-1174.
2. Dohner H, Fischer K, Bentz M et al. p53
gene deletion predicts for poor survival and
nonresponse to therapy with purine analogs
in chronic B-cell leukemias. Blood
1995;85(6):1580-1589.
8
Ruolo della bendamustina come terapia di salvataggio
nel paziente cardiopatico affetto da linfoma
non Hodgkin follicolare
C. Pellegrini
Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L.&A. Sèragnoli”, Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico S.
Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Un paziente di 48 anni, con anamnesi patologica remota silente, nel
settembre 2009 si reca in Pronto
Soccorso per la comparsa di dolore addominale ingravescente in
assenza di altra sintomatologia.
In Pronto Soccorso viene eseguita
una TAC addominale con m.d.c.
nel sospetto di addome acuto, con
riscontro di una voluminosa formazione ipodensa retroperitoneale paraortica: tale massa si
estende, in senso cranio-caudale,
per circa 10 cm e, inglobando i vasi
principali, comprime e disloca la
vena cava inferiore; il paziente viene poi sottoposto a biopsia ecoguidata, che pone diagnosi di
linfoma non Hodgkin (LNH) di
derivazione dai linfociti B periferici
follicolare di grado I/II, CD20 +, bcl2+, con frazione di crescita (MIB1)
pari al 5%.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
ll paziente è in buone condizioni
cliniche generali, sono assenti sintomi sistemici linfomarelati, ma
persiste il dolore addominale.
All’esame obiettivo non sono presenti linfoadenopatie palpabili
superficiali né epatosplenomegalia e, a completamento della stadiazione, viene eseguita una biopsia ossea, che mostra una cellularità del 40% con il 90% di infiltrazione midollare. La diagnosi posta
è quella di linfoma follicolare di
grado I/II, stadio IVA, FLIPI 3.
Approccio terapeutico,
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Il paziente viene arruolato nel protocollo sperimentale attivo nel
nostro centro, che prevede in
sequenza: 4 cicli di R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone),
ciclofosfamide 7 g/m2 con raccolta delle cellule staminali autologhe, 4 cicli di R-FN e trapianto
autologo.
Da ottobre 2004 a dicembre 2004
esegue 4 cicli R-CHOP, ottenendo
una prima risposta completa (RC)
documentata con TAC total body e
biopsia ossea.
Nel febbraio del 2005, all’ingresso
in reparto per la prosecuzione dell’iter terapeutico con ciclofosfamide 7 g/m 2 , l’ecocardiogramma
mostra un’ipocinesia globale del
ventricolo sinistro, con grave riduzione della frazione di eiezione
(FE% 35%). In considerazione della
diagnosi di cardiomiopatia dilatativa post-chemioterapia e del quadro di remissione completa, il
paziente viene avviato ai controlli
di follow-up.
Nel dicembre del 2007 è stata
documentata, istologicamente, la
prima ricaduta attraverso una biopsia eco-guidata di un pacchetto
adenopatico addominale di 5 cm
PET-positivo (SUV 9,8).
Il follow-up cardiologico ha
mostrato una stabilità della cardiomiopatia dilatativa con FE del
35%. Il paziente viene sottoposto a
radioimmunoterapia con ibritumomab, ottenendo una seconda
remissione completa.
A settembre del 2009 emerge una
complicanza cardiaca, caratterizzata da episodio sincopale con
ulteriore peggioramento della frazione di eiezione (FE: 24%) e
impianto di defibrillatore automatico endocavitario.
A settembre del 2011 viene posto il
sospetto di una nuova recidiva di
malattia per la comparsa, alla PET, di
una formazione ipermetabolica a
livello della faccia anteriore del rene
destro (SUV max 16) che mostra,
alla TAC, un diametro di 2 cm.
9
C. PELLEGRINI
Iniziale follow-up
A gennaio la lesione solida, a livello
renale, è aumentata fino a un diametro di 5 cm per 5 cm, la biospia
eco-guidata conferma l’istologia
d’esordio e la comparsa di splenomegalia, associata a sintomi B linfoma-relati, rende necessario l’inizio di
un trattamento. Dal marzo 2012
all’agosto 2012 il paziente esegue
una chemioterapia secondo lo
schema bendamustina (90 mg/m2)rituximab (375 mg/m2) per 6 cicli
totali. Il paziente ha ottenuto una
remissione completa, che tutt’ora
mantiene al controllo di Aprile
2013. Si segnala inoltre che la terapia è stata ben tollerata e non si è
verificata alcuna tossicità ematologica nè extra-ematologica.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Il caso clinico rispecchia la storia del
LNH follicolare, che rappresenta la
10
forma più comune di linfoma indolente negli Stati Uniti e in Europa: si
tratta di neoplasie a lenta evoluzione e nonostante rispondano bene
all’iniziale trattamento chemioterapico convenzionale, il loro decorso
è caratterizzato da ripetute ricadute
e remissioni (1).
Il vero progresso, nel trattamento
del linfoma follicolare, è stato eseguito nell’ultimo decennio con
l’introduzione dell’anticorpo
monoclonale rituximab: è infatti
riportato in letteratura che, associato alla chemioterapia, abbia
migliorato sia il tasso di risposte
che la durata.
Uno degli schemi di chemioterapia attualmente più utilizzato, in
associazione al rituximab, è CHOP
(2); nel nostro caso, però, emerge
l’effetto collaterale più importante
delle antracicline, la cardiotossicità. Questa classe di farmaci è gravata, sia a breve che a lungo termine, dal rischio di insufficienza cardiaca congestizia, rischio che
aumenta con l’aumentare della
dose e dell’età (3,4). Il paziente ha
sviluppato una grave tossicità cardiologica, che lo ha reso “unfit” per
tutti i trattamenti chemioterapici
ad alte dosi e per lo stesso trapianto autologo, una valida opzione
terapeutica nel trattamento di 2ª
linea del linfoma follicolare ricaduto; alla prima ricaduta la nostra
scelta è stata pertanto la radioimmunoterapia con ibritumomab,
approvato dall’EMEA nel 2004 per
i LNH follicolari ricaduti con un tasso di ORR (overall respons rate) nel
paziente pretrattato del 94% e un
TTP (time to progression) a 52
mesi (5).
Nella seconda ricaduta abbiamo
scelto la bendamustina, in associazione a rituximab, in considerazione dei dati di efficacia nel
paziente pretrattato, in cui tale
molecola è stata in grado di indurre un tasso di ORR di oltre il 90%
(CR: 55%) con una PFS (progression free survival) di circa 23 mesi
(6) e della fondamentale assenza
di tossicità cardiologica.
RUOLO DELLA BENDAMUSTINA COME TERAPIA DI SALVATAGGIO NEL PAZIENTE CARDIOPATICO
AFFETTO DA LINFOMA NON HODGKIN FOLLICOLARE
Bibliografia
1. Gandhi MK, Marcus RE. Follicular lymphoma:
time for a re-think? Blood Rev 2005;19(3):165-178.
2. Hiddemann W, Kneba M, Dreyling M et al.
Frontline therapy with rituximab added to
the combination of cyclophosphamide, doxorubicin, vincristine, and prednisone (CHOP)
significantly improves the outcome for
patients with advanced-stage follicular lymphoma compared with therapy with CHOP
alone: results of a prospective randomized
study of the German Low-Grade Lymphoma
Study Group. Blood 2005;106(12):3725-3732.
3. Limat S, Demesmay K, Voillat L et al. Early
cardiotoxicity of the CHOP regimen in
aggressive non-Hodgkin’s lymphoma. Ann
Oncol 2003;14(2):277-281.
4. Hequet O, Le QH, Moullet I et al. Subclinical
late cardiomyopathy after doxorubicin therapy for lymphoma in adults. J Clin Oncol
2004;22(10):1864-1871.
5. Andrade Campos MM, Montes Limón AE,
Grasa JM et al. RIT with Y90-ibritumomab
tiuxetan in follicular non-Hodgkin lymphoma: evaluation of recent outcomes in a
single Institution. J Oncol 2012;2012:412742.
6. Robinson KS, Williams ME, van der Jagt RH et
al. Phase II multicenter study of bendamustine
plus rituximab in patients with relapsed indolent B-cell and mantle cell non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2008;26(27):4473-4479.
11
Ruolo ed efficacia della bendamustina come terapia di
prima linea nel paziente cardiopatico affetto da linfoma
non Hodgkin follicolare
C. Pellegrini
Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L.&A. Sèragnoli”, Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico
S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Una paziente di 70 anni giunge, alla
nostra attenzione, nel Giugno 2010
in pieno benessere per la comparsa
di tumefazione inguinale sinistra.
In anamnesi patologica remota si
segnalano:
1) ipertensione arteriosa essenziale, dal 1999 in terapia medica;
2) un episodio di fibrillazione atriale
nel maggio 2010 secondario a ipertiroidismo, cardiovertito con amiodarone e in terapia medica con
beta-bloccanti e flecainide. Dopo
conferma ecografica la paziente
viene sottoposta a biopsia inguinale, che pone diagnosi di linfoma
non Hodgkin (LNH) di derivazione
dai linfociti B periferici follicolare di
grado I/II, CD20 +, bcl-2 +, con frazione di crescita (MIB1) pari al 10%.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
L’E.O. è negativo, fatta eccezione
per il pacchetto linfonodale inguinale sinistro, che determina la comparsa di edema linfatico compressivo a livello della gamba e della caviglia omolaterale. La paziente esegue una TAC e una PET total body,
che evidenziano la presenza di
adenopatie lungo la catena lombo-
12
aortica e iliaca di circa 4 cm, con un
SUV di captazione massimo di 8; è
stata inoltre eseguita una biopsia
ossea, che ha mostrato una cellularità del 20% con il 40% di infiltrazione midollare.
Approccio terapeutico,
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
La paziente viene sottoposta a visita cardiologica di controllo che evidenzia, all’ecocardiogramma, una
frazione di eiezione del 65% e non
pone controindicazioni all’inizio
della chemioterapia.
In considerazione del basso indice
proliferativo la paziente viene
avviata a chemio-immunoterapia
secondo lo schema R-FN (rituximab al dosaggio di 375 mg/m2, 650
mg dose totale, fludarabina al
dosaggio di 25 mg/m2, 40 mg dose
totale e novantrone 12 mg/m2, 16
mg dose totale).
Nelle 24 ore successive alla somministrazione del 1° ciclo la paziente si
reca in P.S. per la comparsa di cardiopalmo e dispnea per piccoli sforzi. All’ECG, eseguito in P.S., si verifica
il riscontro di fibrillazione atriale
con cardioversione spontanea; nei
giorni successivi si verificano altri 2
episodi della stessa natura.
Viene consigliata l’esecuzione di
Holter e modificata la terapia
antiaritmica cronica; la paziente
sospende il trattamento secondo
lo schema R-FN, di cui ha eseguito
1 solo ciclo e da maggio a settembre 2011 esegue 5 cicli completi di
chemioterapia secondo lo schema
bendamustina al dosaggio di 90
mg/m2 nei giorni 1,2 di ogni ciclo,
associata a rituximab al dosaggio
di 375 mg/m2 al giorno 1, per 6
cicli totali.
La terapia è stata somministrata a
cadenza mensile; durante i mesi
successivi non si sono più verificati
episodi di fibrillazione atriale e la
terapia è stata, nel complesso, ben
tollerata; non si è inoltre verificata
alcuna tossicità ematologica. La
rivalutazione strumentale, eseguita
al termine del trattamento con TAC
e PET total body e biopsia ossea, ha
mostrato un quadro di remissione
completa tutt’ora mantenuto al follow-up del marzo ultimo scorso.
Discussione del caso e
scelte terapeutiche
Il caso clinico presentato è il caso
di un linfoma follicolare, prototipo
RUOLO ED EFFICACIA DELLA BENDAMUSTINA COME TERAPIA DI SALVATAGGIO NEL PAZIENTE CARDIOPATICO AFFETTO DA
LINFOMA NON HODGKIN FOLLICOLARE
dei linfomi indolenti. L’avvento di
rituximab ha rappresentato un
significativo miglioramento in termini non solo di risposta, ma
anche di durata della stessa, validando la combinazione di chemio- e immunoterapia. Gli studi
più recenti indicano che un trattamento contenente antracicline
rappresenta il gold standard per i
pazienti sintomatici affetti da
linfoma follicolare, almeno nei
soggetti giovani (1).
Una revisione della casistica di
Bologna, eseguita su 285 pazienti
affetti da LNH indolente, di cui 142
affetti da linfoma follicolare (2), ha
mostrato come lo schema RFN,
scelto in 1ª linea nel nostro caso
clinico, abbia un tasso complessivo di risposte dell’81% con un tasso di remissioni complete del 69%
e una PFS (progression free survival) a 11 anni del 71%. La tossicità
cardiologica del novantrone, in
considerazione degli episodi
recidivanti di fibrillazione atriale
della paziente, ha determinato la
scelta di cambiare la terapia di
induzione a favore di un regime
non cardiotossico come bendamustina, cui sono ormai note l’efficacia e la sicurezza nel paziente
pluritrattato (3); in realtà essa si
sta dimostrando interessante
anche in 1ª linea.
Rummel ha condotto uno studio di
fase III di confronto fra BR e R-CHOP
in pazienti affetti da LNH follicolare
e altri linfomi indolenti (4): in questo studio la percentuale di risposta
è stata simile nei due bracci, ma la
durata dell’efficacia del trattamento è stata a vantaggio del braccio
BR (PFS mediana 39 mesi nel braccio R-CHOP e non ancora raggiunta
nel braccio BR), indicando la combinazione BR come una valida alternativa allo schema R-CHOP in
pazienti unfit in particolare anziani
o con comorbilità.
(FMR) regimen in previously untreated
patients with indolent non-Hodgkin lymphoma: efficacy, safety and PET data on 285
patients. Abstract, ASH 2012.
3. Robinson KS, Williams ME, van der Jagt RH et
al. Phase II multicenter study of bendamustine
plus rituximab in patients with relapsed indolent B-cell and mantle cell non-Hodgkin's lym-
phoma. J Clin Oncol 2008;26(27):4473-4479.
4. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer et al.
Bendamustine plus rituximab versus CHOP
plus rituximab as first-line treatment for
patients with indolent and mantle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial. Lancet
2013;381(9873): 1203-1210.
Bibliografia
1. Federico M, Luminari S, Dondi A et al. CVP
versus R-CHOP versus R-FM for the initial
treatment of patients with advanced-stage
follicular lymphoma: Results of the FOLL05
Trial Conducted by the Fondazione Italiana
Linfomi. J Clin Oncol 2013;31(12):1506-1513.
2. Zinzani PL, Pellegrini C, Derenzini E et al.
Fludarabine, mitoxantrone and rituximab
13
C’è spazio per la bendamustina nel trattamento del
paziente giovane con linfoma follicolare, ricaduto dopo
trapianto autologo e già sottoposto a terapia
sperimentale?
A. Broccoli
Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli”, Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico
S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
A seguito della persistenza di linfoadenopatie sovraclaveari e inguinali,
a un uomo di 51 anni è stata formulata, nel 2003, la diagnosi di linfoma
non Hodgkin (LNH) follicolare (grado I/II), in stadio IV A per interessamento midollare. Impostato un programma antiblastico sequenziale,
composto da 6 cicli R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina,
prednisone-rituximab), mobilizzazione delle cellule staminali autologhe con ciclofosfamide, 4 cicli FMR
(fludarabina, mitoxantrone, rituximab) e successivo trapianto autologo, si ottiene al termine una remissione completa. A distanza di circa 3
anni si verifica la comparsa di nuove
adenopatie multidistrettuali, confermandosi un linfoma follicolare
nodale e midollare. Il paziente è
arruolato in un protocollo di terapia
sperimentale, che prevede l’impiego di un agente pro-apoptotico
associato a rituximab (1), ottenendo
la scomparsa delle adenopatie, pur
persistendo l’infiltrato midollare.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Circa 18 mesi dopo, ad aprile 2011,
compaiono sudorazioni notturne e
14
nuove multiple adenopatie palpabili in sede laterocervicale e inguinale, associate a splenomegalia.
La TC conferma linfonodi ingranditi in tali sedi, oltre a pacchetti adenopatici al mediastino e in retroperitoneo (fino a 6 cm). Compare piastrinopenia (92.000/ L).
3) si ritiene opportuno tentare di
ottenere una risposta clinica di
buona qualità e durata.
Durante il 1° ciclo il farmaco è
somministrato alla dose di 90
mg/m2, corrispondenti a una dose
totale di 180 mg/somministrazione, senza complicazioni.
Approccio terapeutico
Valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
In considerazione del quadro clinico e radiologico estremamente
indicativo di ripresa di malattia e a
fronte della persistenza di infiltrazione neoplastica midollare, già
documentata alla precedente biopsia, si decide di non ripetere gli
esami istologici, favorendo peraltro un tempestivo inizio di trattamento con bendamustina.
Tale opzione viene percorsa in
quanto:
1) appare adeguata in un paziente
già trattato con diverse tipologie di
farmaci, ritenendosi necessario un
approccio non cross-reattivo con i
precedenti;
2) si ha l’esigenza di utilizzare un
farmaco non cardiotossico per
preservare l’attuale buona funzione cardiaca (frazione di eiezione
>50%), avendo già impiegato
alchilanti e antracicline;
In relazione a un peggioramento
della piastrinopenia, con conta al
disotto delle 50.000/mm3, senza
sindrome emorragica, e alla comparsa di neutropenia severa, non
febbrile, si decide di ridurre il
dosaggio del farmaco del 30% e di
supportare il paziente con G-CSF
(granulocyte colony-stimulating
factor). In questo modo il paziente
è in grado di proseguire, senza ulteriori complicanze, nell’erogazione
delle dosi successive, completando
il programma previsto di 6 cicli.
Clinicamente si osserva un miglioramento progressivo della conta
piastrinica in periferia, con contestuale riduzione della splenomegalia; a livello linfonodale si ottiene la riduzione fino a completa
normalizzazione delle linfoadeno-
C’È SPAZIO PER LA BENDAMUSTINA NEL TRATTAMENTO DEL PAZIENTE GIOVANE CON LINFOMA FOLLICOLARE,
RICADUTO DOPO TRAPIANTO AUTOLOGO E GIÀ SOTTOPOSTO A TERAPIA SPERIMENTALE?
patie descritte a livello superficiale
e in sede profonda, già con il completamento del 3° ciclo.
A distanza di almeno un anno dal
termine della terapia il paziente si
trova in ottime condizioni cliniche,
senza segni evidenti di progressione di malattia, mantenendo in
periferia una crasi ematica del tutto normale.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Numerose sono le esperienze
pubblicate circa l’impiego di bendamustina nel paziente con LNH
follicolare in ricaduta o refrattario
a precedente trattamento, sia
come agente singolo (2-5), sia in
associazione a rituximab (6). I tassi
di risposta appaiono favorevoli
anche in pazienti trattati in precedenza con più linee di terapia, con
percentuali di risposte complete
variabili tra il 20% e il 69% (2-5), a
fronte di una tossicità ematologica ed extraematologica relativamente contenute (4,7).
Meno numerosi, e facenti capo a
casistiche eterogenee, invece, i dati
sull’impiego del farmaco dopo trapianto di cellule staminali autologhe nella stessa tipologia di pazienti (6,7); mancano, infine, esperienze
sull’impiego di bendamustina a
seguito di trattamenti sperimentali.
La versatilità dimostrata dalla molecola, in ambiti clinici assai diversi e
in contesti di pazienti molto eterogenei, rende il farmaco un’opzione
percorribile anche in ambiti fino ad
ora poco esplorati: per il profilo di
tossicità ematologica maneggevole anche nel paziente citopenico o
con ridotta riserva midollare per via
dei pregressi trattamenti; per la
capacità di indurre risposte complete laddove precedenti terapie
ad alte dosi, o eventualmente di
concezione innovativa abbiano fallito; per l’efficacia dimostrata come
farmaco singolo o in associazione
farmacologica anche a dosaggi
ridotti (7).
phase II study of bendamustine for relapsed or
refractory indolent B-cell non-Hodgkin lymphoma and mantle cell lymphoma. Cancer Sci
2010;101:2059-2064.
4. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS et al.
Bendamustine produces durable responses
with an acceptable safety profile in patients
with rituximab-refractory indolent nonHodgk in lymphoma. Clin Lymphoma
Myeloma Leuk 2010;10:452-457.
5. Kahl BS, Bartlett NL, Leonard JP et al.
Bendamustine is effec tive therapy in
patients with rituximab-refractory, indolent
B-cell non-Hodgk in lymphoma. Cancer
2010;116:106-114.
6. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim S-Z et al.
Bendamustine plus rituximab is effective
and has a favorable toxicity profile in the
reatment of mantle cell and low-grade nonHodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2005;23:
3383-3389.
7. Rigacci L, Puccini B, Cortelazzo S et al.
Bendamustine with or without rituximab for
the treatment of heavily pretreated nonHodgkin’s lymphoma patients. Ann Hematol
2012;91:1013-1022.
Bibliografia
1. Belada D, Mayer J, Czuczman M et al. Phase
II study of dulanermin plus rituximab in
patients with relapsed follicular nonHodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2010;
28(suppl. 15): abstr. 8104 (ASCO meeting
abstracts).
2. Friedberg JW, Cohen P, Chen L et al.
Bendamustine in patients with rituximabrefractory indolent and transformed nonHodgkin’s lymphoma: results from a phase II
multicenter, single-agent study. J Clin Oncol
2008;26:204-210.
3. Ohmachi K, Ando K, Ogura M et al. Multicenter
15
Trattamento di salvataggio con rituximab-bendamustina
seguito da trapianto autologo di cellule staminali
autologhe in paziente affetto da linfoma follicolare
N. Frungillo
Divisione di Ematoncologia, IEO Istituto Europeo di Oncologia, Milano
Presentazione del caso
Paziente, anamnesi
Paziente maschio di 62 anni, affetto da linfoma follicolare ricaduto.
A gennaio del 2009 gli viene effettuata una diagnosi di linfoma follicolare di grado II, stadio IV-A, con
localizzazioni extranodali a livello
sottocutaneo al braccio di destra:
si evidenzia la presenza di localizzazioni di malattia a livello retroperitoneale e mesenteriale, con
massa bulky di 15 cm.
Dal dicembre 2009 al giugno 2010
esegue una terapia secondo lo
schema R-leukeran (fase di induzione e consolidamento)(1), con
ottenimento di remissione parziale (valutata in TAC), con piccole
adenopatie addominali di massimo 18 mm. A febbraio del 2012 si
verifica la ripresa di malattia a
livello addominale.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
L’11/07/12 il paziente esegue una
TAC collo-torace addome cmc, che
evidenzia un incremento delle adenopatie in tutte le stazioni sovra- e
sottodiaframmatiche, ma in particolare a livello iliaco esterno bilaterale (32 mm sinistra, 47 mm destra),
otturatorio bilaterale (41 mm),
16
inguinale bilaterale (40 mm); ispessimento del ventaglio mesenteriale con un voluminoso agglomerato
adenopatico delle dimensioni massime di 69x45 mm.
Il paziente viene sottoposto a una
nuova biopsia escissionale di un’adenopatia inguinale sinistra, con
conferma istologica di linfoma
non-Hodgkin a cellule B, follicolare,
di grado 2, con Ki67 del 25%.
Obiettivamente si apprezzano adenopatie superficiali polistazionali
di 1,5 cm con adenopatia massima
di 2 cm a livello inguinale destro.
Approccio terapeutico
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
In considerazione della ripresa di
malattia, si è candidato il paziente a una terapia di citoriduzione
con rituximab-bendamustina
(2), seguita da aferesi di cellule
staminali autologhe e autotrapianto condizionato secondo lo
schema R-FEAM (rituximab-fotemustina, etoposide, citarabina e
melfalan) (4).
Come da linee guida interne al centro il paziente è stato sottoposto a 4
cicli rituximab-bendamustina:
• rituximab 375 mg/m2 giorno 1-28;
• bendamustina 90 mg/m2 giorno
1, 2-28. Ha ottimamente tollerato il
trattamento, senza necessità di
riduzioni di dose o ritardi nei tempi
di riciclo e, nel novembre del 2012, si
effettuava una rivalutazione di
malattia con TAC e BOM (biopsia
osteomidollare), che dimostrava la
remissione completa di malattia; il
paziente veniva pertanto avviato a
un programma di mobilizzazione di
cellule staminali autologhe, dopo
stimolazione con filgrastim biosimilare, come da politica del centro con
raccolta di 2,9x106 CD34+/kg (target 2,0x106 CD34+/kg) (3).
Nel dicembre del 2012 è stato sottoposto a trapianto autologo, condizionato secondo lo schema RFEAM (4),seguito da reinfusione di
2,9x106 CD34+/kg di cellule staminali autologhe.
La procedura autotrapiantologica è risultata ben tollerata, senza
complicanze extraematologiche
di rilievo; i tempi di recupero
sono stati rispettivamente di 10
giorni per i neutrofili e di 11 giorni per le piastrine. Alla 12a giornata dalla re-infusione il paziente è stato dimesso e, attualmente, prosegue i controlli clinicistrumentali e persiste in remissione completa.
TRATTAMENTO DI SALVATAGGIO CON RITUXIMAB-BENDAMUSTINA SEGUITO DA TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE
STAMINALI AUTOLOGHE IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA FOLLICOLARE
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
ll regime di trattamento con
rituximab e bendamustina (2),
già valutato efficacie nella terapia di 2a e 1a linea dei linfomi follicolari, in tale caso si è dimostrato efficace nell’ottenere un’adeguata citoriduzione precedentemente al trapianto autologo,
consentendo al paziente di
affrontare la procedura autotrapiantologica in remissione completa; il paziente è stato inoltre
mobilizzato senza particolari difficoltà, seguendo la linea guida
interna.
La procedura trapiantologica (RFEAM) (4) è risultata ben tollerata
e non gravata da tossicità inattese, pertanto sembra che rituximab-bendamustina sia un tratta-
mento che possa considerarsi
sicuro anche come citoriduzione
pre-trapianto autologo, efficace
nel controllo di malattia e consenta un programma di terapia
che non preveda l’utilizzo di
antracicline, permettendo di preservare il paziente da un’eventuale cardiotossicità e di poter eventualmente utilizzare un regime
contente antracicline in un eventuale successivo salvataggio.
for patients with indolent and mantle-cell
lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial; on
behalf of the Study group indolent
Lymphomas (StiL). Lancet 20136; 381(9873):
1203-1210.
3. Rosenbeck LL, Srivastava S, K iel PJ.
Peripheral blood stem cell mobilization tac-
tics. Ann Pharmacother 2010;44(1):107-116.
4. Musso M, Scalone R, Marcacci G.
Fotemustine plus etoposide, cytarabine and
melphalan (FEAM) as a new conditioning
regimen for lymphoma patients undergoing
auto-SCT: a multicenter feasibility study.
Bone Marrow Transplant 2010;45(7):11471153.
Bibliografia
1. Martinelli G, Laszlo D, Bertolini F et al.
Chlorambucil in combination with induction
and maintenance rituximab is feasible and
active in indolent non-Hodgkin's lymphoma.
Br J Haematol 2003;123(2): 271-277.
2. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G et
al. Bendamustine plus rituximab versus
CHOP plus rituximab as first-line treatment
17
Presentazione di un caso clinico riguardante un
linfoma mantellare trattato in prima linea con
bendamustina-rituximab
M. Sampaolo, S. Trappolini, C. Bocci, G. Gini
Clinica di Ematologia, Ospedali Riuniti, Ancona
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Il caso clinico riguarda un uomo di
67 anni che, all’anamnesi patologica remota, non presentava alcuna
comorbidità di rilievo, ad eccezione di un amartoma polmonare in
sede inferiore destra. Nel febbraio
2010 veniva riscontrata, agli esami
ematici di controllo, una linfocitosi
(WBC: 14350, L: 65%), confermata
al controllo successivo a distanza
di 2 mesi.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
Il paziente giungeva alla visita
ambulatoriale nel settembre 2010
e venivano svolti gli esami di
approfondimento diagnostico di
seguito illustrati.
- Tipizzazione linfocitaria: linfocitosi
matura costituita, in prevalenza, da
cellule B con fenotipo CD19+,
CD20+, S-Ig lamba +, CD5+, CD22+,
CD23-, CD38+, compatibile con l'ipotesi di disordine linfoproliferativo
cronico tipo linfoma (mantellare?).
- Biopsia osteomidollare: localizzazione midollare pari al 30-40% di
linfoma mantellare.
- Tc collo-torace-addome: formazione nodulare a margini regolari a
carico del segmento postero-basa-
18
le del lobo inferiore di destra del
diametro di 2 cm (già diagnosticata
come amartoma), quadro negativo
per localizzazioni di malattia.
All’esame obiettivo non si riscontravano reperti patologici e i sintomi B erano assenti. La diagnosi definitiva indicava un linfoma non
Hodgkin B mantellare IV stadio A.
Approccio terapeutico
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Data l’indolenza della malattia, le
buone condizioni generali del
paziente, l’assenza di sintomi B e la
linfocitosi modesta, si è deciso per
la strategia “watchful waiting”,
secondo i dati riportati recentemente in letteratura (1,2). Nel marzo 2012 si è evidenziata, tuttavia,
una spiccata progressione di
malattia con linfocitosi pari a
48.660/mm 3 e splenomegalia
(diametro longitudinale di 17 cm
all’ecografia). In ragione del raddoppiamento della conta linfocitaria (LDT) in 6 mesi, si è deciso di
sottoporre il paziente all’efficace
chemio-immunoterapia con bendamustina-rituximab (B-R), per un
totale di 6 cicli ogni 28 giorni.
Lo schema ha previsto la somministrazione di bendamustina al
dosaggio di 169,2 mg e.v. nei giorni 1-2 e rituximab 705 mg e.v. nel
giorno 1. La terapia di supporto era
costituita da profilassi antibiotica,
antivirale. Il paziente ha iniziato il
trattamento ad Aprile 2012, terminandolo a Settembre dello stesso
anno, con buona tolleranza individuale e la sola tossicità extraematologica è stata una tossicità epatica di grado II dopo il 1° ciclo di terapia, risoltasi spontaneamente.
Il paziente aveva raggiunto una
remissione completa agli esami di
rivalutazione finale al termine della terapia: infatti sia la biopsia
osteomidollare che la TC collotorace-addome, del novembre
2012, erano risultate negative e
l’emocromo e gli esami ematochimici erano nella norma. Attual mente la malattia persiste in uno
stato di remissione completa e il
paziente è in regime di follow-up
ambulatoriale.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
L’efficacia in 1ª linea dello schema immuno-chemioterapico
PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO RIGUARDANTE UN LINFOMA MANTELLARE TRATTATO IN PRIMA LINEA
CON BENDAMUSTINA-RITUXIMAB
Probabilità
Figura 1. Progressione libera da malattia (da: Rummel MJ 2013; mod.).
1,0
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
Mediana (IQR mesi)
69,5 (26,1 non ancora raggiunto)
B-R
R-CHOP 31,2 (15,2-65,7)
HR 0,58 (95% CI 0,44-0,74)
p<0,0001
0
12
Numero a rischio
B-R
207
R-CHOP
185
24
36
48
60
Tempo (mesi)
72
169
123
125
83
19
9
71
54
35
24
84
96
B-R=bendamustina più rituximab; R-CHOP=CHOP più rituximab
benadamustina-rituximab è stata già dimostrata per i linfomi
non Hodgkin a basso grado di
malignità in uno studio pubblicato da Rummel nel 2005 (3); altri
studi hanno documentato l’efficacia dello schema in 1ª linea
anche nei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (4- 6) e nei
pazienti anziani “fragili” affetti da
linfoma B grandi cellule (7). In un
più recente studio di fase III di
Rummel et al. (8) è stato paragonato lo schema B-R con il R-CHOP
in 1ª linea nei pazienti con diagnosi di linfoma follicolare, indolente e mantellare: i risultati ottenuti con lo schema B-R sono stati
sovrapponibili in termini di
Overall Response Rate (ORR)
(93,8% vs 93,5%) e migliori per la
risposta alla terapia, intesa come
remissione completa (40,1% vs
30,8%) e anche la PFS (progression free survival) (Fig. 1), EFS
(event free survival ) e TTNT (time
to next treatment) sono risultate
superiori rispetto a quelle ottenute con R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina,
prednisone-rituximab). Tali risultati supportano la nostra decisione di trattare il paziente con lo
schema B-R anziché il R-CHOP,
schema consolidato da tempo
per la terapia dei linfomi non
Hodgkin aggressivi e indolenti;
inoltre lo schema B-R è certamente meglio tollerato del RCHOP, come documentato in
numerosi studi (8-10), ragione
per cui viene spesso preferito,
nella pratica clinica, per il trattamento dei pazienti anziani, unfit
e con malattia indolente.
19
M. SAMPAOLO, S. TRAPPOLINI, C. BOCCI, G. GINI
Bibliografia
1. Eve HE, Furtado MV, Hamon MD, Rule SAJ.
Time to treatment does not influence overall
survival in newly diagnosed mantle cell lymphoma. J Clin Oncol 2009;27(32):e189–e190.
2. Martin P, Chadburn A, Christos P et al.
Outcome of deferred initial therapy in mantle-cell lymphoma. J Clin Oncol 2009;27(8):
1209–1213.
3. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al.
Bendamustine plus rituximab is effective
and has a favorable toxicity profile in the
treatment of mantle cell and low-grade nonHodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2005;23
(15):3383-3389.
4. Knauf WU, Lissichkov T, Aladaoud A et al.
Phase III randomized study of bendamustine
compared with clorambucil in previously
untreated patients with chronic lymphocytic
leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384.
20
5. Fischer K, Cramer P, Bush R et al.
Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with
chronic lymphocytic leukemia: a multicenter
phase II trial of th G erman Chronic
Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin
Oncol 2012;30(26):3209-3216.
6. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R et al.
Bendamustine for patients with indolent B
cell lymphoid malignancies including chronic lymphoc ytic leuk aemia. Cochrane
Database Syst Rev 2012;9: CD009045.
7. Horn J, Kleber M, Hieke S et al. Treatment
option of bendamustine in combination
with rituximab in elderly and frail patients
with aggressive B-non-Hodgkin lymphoma:
rational, efficacy, and tolerance. Ann Hematol
2012; 91(10):1579-1586.
8. Rummel MJ et al. Bendamustine plus ritux-
imab (B-R) versus CHOP plus rituximab
(CHOP-R) as first-line treatment in patients
with indolent and mantle cell lymphomas
(MCL): an open-label, multicentre, randomized, phase 3 non-inferiority trial. Lancet
2013; 381(9873):1203-1210.
9. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS et al.
Bendamustine produces durable responses
with an acceptable safety profile in patients
with rituximab-refractory indolent nonHodgk in lymphoma. Clin Lymphoma
Myeloma Leuk 2010;10(6):452-457.
10. Rigacci L, Puccini B, Cortellazzo S et al.
Bendamustine with or without rituximab for
the treatment of heavily pretreated nonHodgkin's lymphoma patients: a multicenter
retrospective study on behalf of the Italian
Lymphoma Foundation (FIL). Ann Hematol
2012;91(7):1013-1022.
Efficacia di bendamustina in paziente con linfoma
mantellare blastoide in recidiva extralinfonodale
R. Sartori
Servizio Trasfusionale, Centro Emofilia, Centro Malattie del Sangue, Ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Nel luglio 2010 giunge, presso il
nostro centro, un paziente di 67
anni per presenza, all’esame obiettivo, di linfoadenomegalie laterocervicali (6 cm) e sovraclaverae (2
cm) a sinistra, sintomi B ed episodi
di vomito e disfagia.
L’anamnesi rivela che il paziente
soffre di diabete mellito tipo II, di
cardiopatia ipertensiva con pregresso infarto miocardico acuto
antero-inferiore e potus.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
La biopsia linfonodale dalla sede
laterocer vicale dimostra un
linfoma mantellare (sottotipo
blastoide), mentre l’emocromo
è: GB 9.840/mm3 (N 7.240/mm3, L
1.190/mm 3 , M 1.170/mm 3), Hb
15,4 g/L, piastrine 237.000/mm3,
VES 47 mm/h, LDH 419 U/L, presenza di una componente
monoclonale sierica IgA/k di
0,27 g/dL; la TAC total body evidenzia anche multiple adenopatie endoaddominali, in sede
celiaca, mesenterica latero-aortica di sinistra e interaortocavale e
lungo le catene iliache e femorali bilateralmente (max 10 cm) e la
biopsia ossea dimostra il 15% di
infiltrazione di malattia. Il paziente
non dava consenso alle indagini
endoscopiche, solitamente previste in casi analoghi e all’esecuzione di puntura lombare. Il Mantle
cell lymphoma International
Prognostic Index (MIPI) era di 3
(intermedio/alto rischio).
Approccio terapeutico,
valutazione a distanza e
aggiustamenti
terapeutici
Nell’agosto 2010 il paziente eseguiva un 1° ciclo di terapia con
ciclofosfamide, adriamicina e prednisone (APO), per valutare compliance, sensibilità della malattia e
tossicità; non era inoltre eleggibile
per un programma di autotrapianto da PBSC (Peripheral Blood Stem
Cell). Data la risposta clinica e la
scarsa tossicità a questa terapia
eseguiva, quindi, 4 cicli di polichemioterapia con rituximab, cisplatino e citarabina ad alte dosi (RDHAP) fino a novembre del 2010,
con tossicità ematologica di grado
3-4 e 2 episodi di scompenso glicemico. La TAC total body e la biopsia
ossea dimostravano la completa
remissione della malattia, confer-
mata anche dopo 6 mesi. A novembre del 2011, però, il paziente si
ripresentava per tenesmo e dolore
in sede pelvica, la TAC documentava una neoformazione di 12 cm x
10 cm x 9 cm in sede rettale, senza
altre alterazioni di rilievo documentabili (Fig. 1).
La biopsia della mucosa rettale
confermava la diagnosi di linfoma
mantellare blastoide. Data l’assenza di standard e la necessità di un
rapido trattamento, il paziente eseguiva 4 cicli di terapia con rituximab, bendamustina e citarabina
800 mg/m2 (R-BAC) fino a febbraio
2012, ottenendo una riduzione di
oltre il 90% della massa in sede rettale (Fig. 2). La terapia è stata ben
tollerata con tossicità ematologica
di grado 3. Nell’agosto 2012 alla
ripresa di malattia, nella medesima
sede, il paziente è stato trattato
con cicli di terapia con bortezomid
e rituximab con riduzione del volume della malattia ma con comparsa di moderata insufficienza renale. La malattia è rimasta stabile fino
al novembre 2012, quando la sintomatologia ostruttiva sia intestinale, ma anche venosa (edema
all’arto inferiore), richiedeva un
ulteriore tentativo di citoriduzione.
La TAC confermava la ripresa con
massa rettale, che venne trattata
21
R. SARTORI
Figura 1. Prima recidiva in sede di
colon retto.
Figura 2. Risposta alla terapia con
bendamustina aracytin e rituximab.
con rituximab e bendamustina:
dopo 4 cicli vi è stata una riduzione
di circa il 50% e una regressione
della sindrome ostruttiva intestinale e dell’arto inferiore, senza tossicità d’organo. Il programma è di
eseguire almeno altri 2 cicli con
bendamustina e rituximab e poi
valutare un mantenimento.
recidive e sopravvivenza mediana
di 3-4 anni. La localizzazione
gastrointestinale multipla è nota e
definita “poliposi linfomatoide
multipla intestinale”. In assenza di
standard terapeutici i pazienti con
malattia avanzata dovrebbero
essere invitati a partecipare a studi
clinici prospettici, pertanto spesso
a questi pazienti si propongono
percorsi terapeutici personalizzati.
Dato il ruolo del rituximab, nel trattamento dei linfomi non Hodgkin
CD20-positivi, è ragionevole considerare adeguati regimi di chemioterapia contenenti questa molecola in stadio avanzato, soprattutto
se utilizzato in combinazione con
regimi aggressivi di chemioterapia, che dimostrano risultati favorevoli di PFS (progression-free survival) e OS (overall survival) (3).
La citarabina è importante soprat-
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Il linfoma mantellare costituisce il
6% circa dei linfomi non Hodgkin e
il sottotipo blastoide il 5% dei
linfomi mantellari (1). L’età mediana è di 62 anni e questo tipo di
linfoma si caratterizza per rapida
progressione, risposta temporanea alla terapia, elevato tasso di
22
tutto nelle terapie di induzione dei
pazienti giovani, dove altre terapie
(tipo R-CHOP) risultano meno efficaci (4). Nel nostro caso l’autotrapianto è stato escluso per l’età, per
le comorbidità e per la compliance
del paziente, ma ci è sembrato utile eseguire una terapia comprendente citarabina ad alte dosi, con
l’ottenimento di una remissione
completa di circa un anno.
Più complessa e con meno riferimenti di letteratura è stata la scelta per la terapia alla ricaduta con
massa in sede rettale. L’approccio
ottimale, per i pazienti ricaduti o
refrattari, rimane anch’esso da
definire.
I pazienti non candidati a trattamenti ad alte dosi possono essere
trattati con terapie di 2ª linea con
o senza rituximab analogamente a
quanto è raccomandato per i
pazienti con Diffuse Large Cell
Lymphoma (DLCL). La bendamustina, in combinazione o meno
con il rituximab, è efficace e con
ottimo profilo di tossicità nei
pazienti affetti da linfoma mantellare (5); l’associazione con citarabina in studi clinici preliminari (6) e
in vitro ha dimostrato che questa
molecola aumenta l’effetto tossico della citarabina nei blasti leucemici e nelle cellule di linfoma,
EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE CON LINFOMA MANTELLARE BLASTOIDE IN RECIDIVA EXTRALINFONODALE
quindi con attività sinergica (7).
Nel nostro caso la necessità di
rapido “debulking” ci ha fatto propendere per questo trattamento;
alla seconda ricaduta, dopo la tossicità renale registrata nel trattamento con bortezomib, la banda-
mustina, associata a rituximab, ha
dato una risposta parziale, che ha
permesso la remissione della sintomatologia clinica, con tossicità
del tutto accettabile (8).
In conclusione la bendamustina,
sia in combinazione e sia come
agente singolo, sembra essere ben
tollerata ed efficace nel trattamento dei pazienti con linfoma mantellare e, in questo caso, ha dimostrato di avere un ruolo anche
dopo il suo utilizzo in una precedente linea di terapia.
high-dose methotrexate and cytarabine. J
Clin Oncol 2005;23(28):7013-723.
4. Walewsk i J, Trneny M, G eisler CH,
Stilgenbauer S et al. Treatment of older
patients with mantle-cell lymphoma. N Engl J
Med 2012;367(6):520-531.
5. Kluin-Nelemans HC, Hoster E, Hermine O
et al. Treatment of older patients with mantle-cell lymphoma. N Engl J Med 2012;367(6):
520-531.
6. V isco C, Finotto S, Zambello et al.
Combination of rituximab, bendamustine,
and cytarabine for patients with mantlecell
non-Hodgkin lymphoma ineligible for inten-
sive regimens or autologous transplantation. J Clin Oncol 2013 (Feb 11) [Epub ahead
of print].
7. Gandhi V. Metabolism and mechanisms of
action of bendamustine: rationales for combination therapies. Semin Oncol 2002;29(4
Suppl 13):4-11.
8. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G,
Banat GA. Bendamustine plus rituximab versus CHOP plus rituximab as first-line treatment for patients with indolent and mantlecell lymphomas: an open-label, multicentre,
randomised, phase 3 non-inferiority trial.
Lancet 20136;381(9873):1203-10.
Bibliografia
1. Callea V, Clò V, Morabito F, Baldini L et al.
Retrospective analysis of mantle cell lymphoma: experience of the “Gruppo Italiano
per lo Studio dei Linfomi” (GISL).
Haematologica 1998;83(11):993-997.
2. Herrmann A, Hoster E, Zwingers T et al.
Improvement of overall survival in advanced
stage mantle cell lymphoma. J Clin Oncol
2009;27(4):511-518.
3. Romaguera JE, Fayad L, Rodriguez MA et
al. High rate of durable remissions after
treatment of newly diagnosed aggressive
mantle-cell lymphoma with rituximab plus
hyper-CVAD alternating with rituximab plus
23
Bendamustina induce una rapida risposta completa in un
paziente affetto da linfoma di Hodgkin risultato
refrattario al trapianto autologo e permette l’esecuzione
del trapianto allogenico da donatore non consanguineo
B. Broccoli
Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli” – Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi” – Università
degli Studi di Bologna
Presentazione del caso
Paziente e anamnesi
Per la persistenza di adenopatie
laterocervicali, febbricola e astenia,
a un ragazzo sedicenne è
posta,dopo esame bioptico, la diagnosi di linfoma di Hodgkin, a sclerosi nodulare. La PET e la TC di stadiazione mostrano la presenza di
malattia in sede sovradaframmatica, con coinvolgimento laterocervicale e sovraclaveare bilaterale e
mediastinico. La biopsia osteomidollare non evidenzia un infiltrato
linfomatoso. Il paziente è indirizzato a terapia con ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina), di cui esegue 6 cicli, con
completa normalizzazione delle
adenopatie e della sintomatologia.
Esame obiettivo e indagini
diagnostiche
A distanza di 5 mesi compaiono
nuovamente, alla PET, ipercaptazioni nelle pregresse sedi di malattia,
in assenza di una sintomatologia
specifica o di linfonodi superficiali.
La positività PET è inizialmente
assai debole; solo nei mesi successivi si evidenzia un’estensione dell’impegno patologico in sede paratracheale, al Barety e all’ilo polmonare destro, assieme a interessa-
24
mento osseo (visto in TC e RMN) di
acetabolo sinistro e dei somi vertebrali di D10 e L2. Procedendo ora
con biopsia di tessuto mediastinico, si conferma la diagnosi di linfoma di Hodgkin, sclerosi nodulare; il
midollo osseo non appare coinvolto da affezione linfomatosa.
sono riferiti sintomi correlabili alla
patologia linfomatosa. Viene proposto l’impiego di brentuximab
vedotin, che il paziente e i familiari
rifiutano. Si opta, pertanto, per iniziare un trattamento con bendamustina, attivando in contemporanea la ricerca di un donatore da
registro, non essendo presenti fratelli o sorelle HLA-compatibili.
Approccio terapeutico
In considerazione della ricaduta
precoce, dell’età e delle buone
condizioni cliniche il paziente è
sottoposto a terapia di 2ª linea
mediante schema IEV (ifosfamide,
epirubicina, etoposide) per 2 cicli;
al termine si evidenzia unicamente
la persistenza di PET-positività in
sede laterocervicale sinistra. In
coda al 2° ciclo vengono raccolte
23x106 cellule CD34+/kg. Il paziente è quindi avviato a trapianto
autologo condizionato con BEAM
(aprile 2012), reinfondendo un terzo delle staminali raccolte. La rivalutazione dello stato di malattia
risulta tuttavia compatibile con
una progressione nella già nota (e
unica) sede laterocervicale sinistra,
riscontrandosi ora un grossolano
pacchetto linfonodale di almeno 5
cm, non dolente alla palpazione e
di consistenza teso-elastica. Non
Valutazione a distanza
e aggiustamenti
terapeutici
La terapia con bendamustina viene
iniziata nel giugno 2012, alla dose di
140 mg per ogni somministrazione.
Il trattamento viene ottimamente
tollerato, sia sul piano ematologico
sia su quello extraematologico, e si
assiste alla scomparsa – già dopo il
1° ciclo – del pacchetto linfonodale
palpabile in sede laterocervicale
sinistra.
A settembre 2012, dopo 4 cicli, si ha la
completa normalizzazione delle captazioni PET precedentemente
descritte. In considerazione della
risposta completa e della disponibilità di un donatore tedesco di 44 anni,
il paziente viene sottoposto a trapianto allogenico a fine novembre
2012, condizionato con ciclofosfami-
BENDANUSTINA INDUCE UNA RAPIDA RISPOSTA COMPLETA IN UN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN
RISULTATO REFRATTARIO AL TRAPIANTO AUTOLOGO E PERMETTE L’ESECUZIONE DEL TRAPIANTO ALLOGENICO
DA DONATORE NON CONSANGUINEO
de, fludarabina, tiotepa, ATG. Non vi
sono complicanze di rilievo e, a 5 mesi
dal trapianto, il paziente mantiene lo
stato di remissione e si trova in ottime
condizioni cliniche generali.
Discussione del caso e
razionale delle scelte
terapeutiche
Il paziente affetto da linfoma di
Hodgkin, che manifesta refrattarietà
al trapianto autologo di cellule stami
nali emopoietiche o che ricade precocemente, è un paziente gravato da
una prognosi severa, con sopravvivenza globale inferiore a 2 anni e con
limitate possibilità di intervento (1).
Tra queste il trapianto allogenico
può apparire come opzione curativa, pur caratterizzandosi per significativi tassi di ricaduta, segnatamente in presenza di malattia attiva o
poco controllata al momento del
trapianto (2); risulta pertanto essenziale potenziare le strategie terapeutiche per consentire il raggiungimento di uno stato di remissione
pre-trapianto, favorendo l’utilizzo di
molecole che mostrino un ridotto
profilo di tossicità e manchino di
resistenza crocia ta con i farmaci precedentemente impiegati.
Se in letteratura esistono dati in questo senso circa l’uso di brentuximab
vedotin, anticorpo anti-CD30 coniugato con un agente tossico nei con-
fronti del fuso mitotico (3-4), non è
ancora così consolidata l’esperienza
con altre tipologie di farmaco.
La bendamustina sta emergendo in
quanto attiva nei pazienti con linfoma di Hodgkin non responsivo a
precedenti linee di terapia, compresi
il trapianto autologo e allogenico (56), e si sta dimostrando efficace nell’indurre buoni tassi di risposta preallogenico (7), rendendo pertanto
perseguibile un’ipotesi trapiantologica in una serie di pazienti con
malattia in ricaduta o refrattaria.
Non è ancora noto il suo ruolo, tuttavia, come terapia di salvataggio
postbrentuximab nei casi in cui esso
sia stato sospeso per non responsività o per tossicità.
Haematologica 2012:97;310-317.
3. Chen R, Palmer JM, Thomas SH et al.
Brentuximab vedotin enables successful
reduced-intensity allogeneic hematopoietic
cell transplantation in patients with relapsed
or refractory Hodgkin’s lymphoma. Blood
2012;119:6379-6381.
4. Gibb A, Jones C, Bloor A et al. Brentuximab
vedotin in refractory CD30+ lymphomas: a
bridge to allogeneic transplantation in
approximately one quarter of patients treated on a named patient programme at a single UK center. Haematologica 2013;98:611614.
5. Moskowitz AJ, Hamlin PA, Perales MA et al.
Phase II study of bendamustine in relapsed
and refractory Hodgkin lymphoma. J Clin
Oncol 2013;31:456-460.
6. M ian M, Farsad M, Pescosta N et al.
Bendamustine salvage for the treatment of
relapsed Hodgkin’s lymphoma after allogeneic bone marrow transplantation. Ann
Hematol 2013;92: 121-123.
7. Corazzelli G, Angrilli F, D’Arco A et al.
Efficacy and safety of bendamustine for the
treatment of patients with recurring
Hodgkin lymphoma. Br J Haematol 2013;
160:207-215.
Bibliografia
1. Horning S, Fanale M, deVos S et al. Defining
a population of Hodgkin lymphoma patients
for novel therapeutics: an international
effort. Ann Oncol 2008;19(suppl. 4):120-121.
2. Sureda A, Canals C, Arranz R et al.
Allogeneic stem cell transplantation after
reduced intensity conditioning in patients
with relapsed or refractory Hodgkin’s lymphoma. Results of the HDR-ALLO study – a
prospec tive clinical trial by the Grupo
Español de Linfomas/Trasplante de Médula
Osea (GEL/TAMO) and the Lymphoma
Working Party of the European Group for
Blood and Marrow Transplantation.
25
Scarica

Supplemento 4 del n. 1/2013