Esperienze cliniche in ematologia sul territorio nazionale Volume 7 Indice Trattamento con bendamustina e rituximab in prima linea in un paziente giovane affetto da leucemia linfatica cronica 2 S. Oppi, G. La Nasa L’associazione fra bendamustina e rituximab come trattamento di seconda linea nella leucemia linfatica cronica complicata da anemia emolitica autoimmune 5 M. Ciccone, L. Formigaro, A. Cuneo Efficacia in prima linea di bendamustina e rituximab nel paziente con LLC e del(17p) 7 P. Savini, G. Musardo, F. Mirici Ruolo della bendamustina come terapia di salvataggio nel paziente cardiopatico affetto da linfoma non Hodgkin follicolare 9 C. Pellegrini Ruolo ed efficacia della bendamustina come terapia di prima linea nel paziente cardiopatico affetto da linfoma non Hodgkin follicolare 12 C. Pellegrini C’è spazio per la bendamustina nel trattamento del paziente giovane con linfoma follicolare, ricaduto dopo trapianto autologo e già sottoposto a terapia sperimentale? 14 A. Broccoli Trattamento di salvataggio con rituximab-bendamustina seguito da trapianto autologo di cellule staminali autologhe in paziente affetto da linfoma follicolare 16 N. Frungillo Presentazione di un caso clinico riguardante un linfoma mantellare trattato in prima linea con bendamustina-rituximab 18 M. Sampaolo, S. Trappolini, C. Bocci, G. Gini Efficacia di bendamustina in paziente con linfoma mantellare blastoide in recidiva extralinfonodale 21 R. Sartori Bendamustina induce una rapida risposta completa in un paziente affetto da linfoma di Hodgkin risultato refrattario al trapianto autologo e permette l’esecuzione del trapianto allogenico da donatore non consanguineo A. Broccoli 24 Trattamento con bendamustina e rituximab in prima linea in un paziente giovane affetto da leucemia linfatica cronica S. Oppi, G. La Nasa U. O. Ematologia e CTMO Ospedale Binaghi Cagliari Presentazione del caso Paziente e anamnesi Il paziente, B.M., un uomo di 46 anni, giunge alla nostra attenzione nel novembre 2009 per leucocitosi linfatica (WBC 37.900/mm3 con 85% di linfociti all’esame emocromocitometrico) e linfoadenopatie multistazionali. Si presenta in buone condizioni generali, ECOG 0. All’anamnesi patologica remota segnala un intervento di emorroidectomia, ma nessun’altra patologia di rilievo. Esame obiettivo e indagini diagnostiche All’esame obiettivo emergono linfoadenomegalie multistazionali (fino a 3 cm di diametro massimo), non organomegalia. Viene diagnosticata una leucemia linfatica cronica (LLC) con immunofenotipo di LLC tipica (CD19+, CD20+,CD5+ e CD23+; CD10- e CD38-) e restrizione λ delle catene leggere, con infiltrato linfocitario midollare del 70% alla biopsia osteomidollare; assenza di alterazioni cromosomiche. Stadio IB secondo Rai e Binet, categoria di rischio intermedio. Il paziente, asintomatico, viene avviato a “wait and watch” fino al mese di aprile 2010, quando viene documentata una progressione di 2 malattia ( WBC 88.700/mm 3 con 76% di linfociti all’esame emocromo, incremento volumetrico delle adenomegalie fino a 6 cm di diametro all’esame TC total body, interessamento dell’anello del Waldeyer, comparsa di epatomegalia; sudorazioni abbondanti). Approccio terapeutico Il paziente viene sottoposto a terapia secondo lo schema RB (rituximab alla dose di 375 mg/m2 al g+1 e bendamustina 90 mg/m2 g+1 e g+2) ogni 28 giorni per 6 cicli; viene effettuata una profilassi antinfettiva con trimetoprim-sulfometossazolo, aciclovir e fluconazolo. La rivalutazione dello stato di malattia, al termine della terapia, documenta una buona, ma non completa, risposta al trattamento, con persistenza di una seppur piccola quota (inferiore all’1%) di linfociti monoclonali all’esame citofluorimetrico del sangue midollare. All’esame TC total body si rileva una notevole riduzione del numero e delle dimensioni delle linfoadenomegalie (presenza di adenopatie comprese entro 1,5 cm), reperti densitometrici nei limiti della norma a carico di fegato e milza. Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Il paziente viene sottoposto a ulteriori 6 infusioni settimanali di rituximab (375 mg/m2), con lo scopo di consolidare il risultato ottenuto; il trattamento viene completato nel dicembre 2010. La rivalutazione post-terapia dimostra la remissione completa (RC) con l’eradicazione, a livello midollare, della quota monoclonale residua; il trattamento è stato ben tollerato con ottima clearance della linfocitosi periferica già al 1° ciclo. Non si sono verificati episodi di neutropenia febbrile, non è stato necessario utilizzare fattori di crescita granulocitari né eritrocitari, poiché non si è verificata alcuna tossicità ematologica durante il trattamento. Si è verificato un episodio di neutropenia di grado III al termine del consolidamento con rituximab, risoltosi spontaneamente. Vi sono stati 2 episodi infettivi di lieve entità (una gastroenterite virale e una cistite trattata con ciprofloxacina); si è verificata una tossicità gastrointestinale di grado I. Agli esami ematochimici di routine si è riscontrata, durante la terapia, ipertrigliceridemia trattata con Aminotrofic. Il paziente è attualmente in RC con un follow-up di 28 mesi. TRATTAMENTO CON BENDAMUSTINA E RITUXIMAB IN PRIMA LINEA IN UN PAZIENTE GIOVANE AFFETTO DA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche A oggi il trattamento di 1ª linea, per un paziente giovane affetto da LLC in assenza di comorbidità, è rappresentato dallo schema FCR (fludarabina-ciclofosfamide-rituximab). Nella nostra esperienza clinica il trattamento FCR è gravato da un’importante mielosoppressione, che rende difficoltoso il rispetto della tempistica dei cicli e a volte anche il completamento dei 6 cicli previsti. Le opzioni terapeutiche, valutate per questo paziente, sono state il trattamento FCR e un approccio con RB, per potergli offrire (come da lui richiesto) una tera- pia efficace ma anche ben tollerata. La bendamustina ha dimostrato una considerevole attività nei confronti di linfomi non Hodgkin (LNH) indolenti e LLC refrattaria/recidivata in termini di PFS (progression free survival) come agente singolo e in associazione (1,2). In letteratura la sua efficacia, nella LLC recidivata/refrattaria, è sottolineata sia in studi di fase I/II (3) che retrospettivi (4), mentre il gruppo tedesco, in uno studio di fase III, ne ha evidenziato efficacia e sicurezza nella terapia di 1ª linea della LLC (5). Diversi trial suggeriscono che RC e durata della remissione, ottenuti con bendamustina, sono superiori a quelli raggiunti con regimi stan- dardizzati (6). Particolarmente interessante sembra essere l’utilizzo dell’associazione con rituximab in 1ª linea nella LLC (studio di fase II GCLLSG) (7). Nella nostra esperienza il trattamento di associazione RB si dimostra, oltre che efficace, anche molto ben tollerato, grazie al suo buon profilo di tossicità e alla sua maneggevolezza. I risultati ottenuti in questo caso (RC da 28 mesi, assenza di eventi avversi e di ritardo nella somministrazione dei cicli) confortano la nostra scelta e ci sembra giustifichino la proposta dello schema BR come valida opzione terapeutica a selezionati pazienti giovani affetti da LLC. 3 S. OPPI, G. LA NASA Bibliografia 1. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R, Raanani P, Drevling M, Shpilberg O. Bendamustine for patients with indolent B cell malignancies including chronic lymphocityc leukaemia. Department of Medicine E. Bellinson Hospital, Rabin Medical Center, Petah Tikva, Israel. Cochrane Database Syst Rev 2012,9:CD009045. 2. Weide R, Feiten S, Friesenhahn V et al. Retreatment with bendamustine-containing regimens in patients with relapsed/refractory chronic lymphocytic leukemia and indolent B-cell lymphomas achieves high response rates and some long lasting remissions. Leuk Lymphoma 2012 Dec 5 [Epub ahead of print]. 3. Bergmann MA, Goebeler ME, Herold M et al; 4 German CLL Study Group. Efficacy of bendamustine in patients with relapsed or refractory chronic lymphocytic leukemia: results of a phase I/II study of the German CLL Study Group. Medical Clinic III, University Hospital Grosshadern, Ludwig-Maximilians-University Munich. Haematologica 2005;90(10):13571364. 4. Iannitto E, Morabito F, Mancuso S et al. Bendamustine with or without rituximab in the treatment of relapsed chronic lymphocytic leukaemia: an Italian retrospective study. British Journal of Haematology 2011;153(3):351-357. 5. Knauf WU, Lissitchkov T, Aldaoud A et al. Bendamustine compared with chlorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukaemia: updated results of a randomized phase III trial. Onkologische Gemeinschaftspraxis, Frankfurt, Germany. British Journal of Haematology 2012;159(1): 67-77. 6. Rummel MJ, Gregory SA. Bendamustine’s emerging role in the management of lymphoid malignancies. Semin Hematol. 2011;48 Suppl 1:S24-36. 7. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine combined with rituximab in patients with relapsed and/or refractory chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2011;29 (26):3559-3566. L’associazione fra bendamustina e rituximab come trattamento di seconda linea nella leucemia linfatica cronica complicata da anemia emolitica autoimmune M. Ciccone, L. Formigaro, A. Cuneo Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara Presentazione del caso Paziente, anamnesi Questo report si riferisce a un uomo di 60 anni in buone condizioni cliniche (ECOG 0), affetto da diabete mellito tipo II in buon compenso glicemico. Nel 2005 giungeva, alla nostra osservazione, per il riscontro occasionale di linfocitosi, che risultava poi compatibile con leucemia linfatica cronica (LLC) tipica, stadio II/B secondo Rai e Binet, basso rischio (cariotipo normale in assenza di mutazioni di TP53 e di espressione di CD38 di superficie). Esame obiettivo e indagini diagnostiche Il paziente, asintomatico, veniva sottoposto a regolare follow-up. Nell’ottobre 2012 si registrava la progressione della linfocitosi (195.000/µl) con tempo di raddoppiamento inferiore a 6 mesi, associata ad anemia (10,1 g/dl), piastrinopenia (99.000/µl), linfoadenopatie sovra- e sottodiaframmatiche fino a 5 cm e splenomegalia con diametro massimo 19 cm. La rivalutazione del rischio biologico rilevava la comparsa di anomalie citogenetiche (cariotipo complesso) e l’ibridazione in situ (FISH) svelava la presenza di delezione 14q32 e della p53 (rispettivamente nel 90 e 22% delle cellule). Veniva intrapreso un trattamento con fludarabina, ciclofosfamide e rituximab (FCR), quest’ultimo inizialmente non somministrato per la presenza di linfocitosi marcata. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Nel Dicembre 2012, al giorno 1 del 2° ciclo chemioterapico che prevedeva l’aggiunta del rituximab, il paziente era itterico e lamentava astenia ingravescente. L’emocromo, oltre alla linfocitosi (96.200/µl), rilevava la comparsa di anemia di grado 4 (5 g/dl) associata a reticolocitosi (4,85%), iperbilirubinemia indiretta (5,08 mg/dl), aumento delle LDH-lattato-deidrogenasi) (694 U/l) e consumo di aptoglobina (1 mg/dl). Il test di Coombs (diretto e indiretto) risultava positivo, confermando il sospetto di anemia emolitica autoimmune (AEA) in corso di trattamento con fludarabina; si somministrava, quindi, prednisone 1 mg/kg e successivamente, per il persistere di anemia, metilprednisolone 1 g giorni 1-4 in combinazione con immunoglobuline endovena 800 mg/kg giorni 1-2 con lieve riduzione degli indici di emolisi e consensualmente della linfocitosi fino a 24.400/µl. In seguito alla persistenza di emolisi il paziente iniziava pertanto il trattamento con l’associazione bendamustina 75 mg/m2 giorni 12 e rituximab 375 mg/m2 giorno 1 del 1° ciclo e 500 mg/m2 giorno 1 dei cicli seguenti. Il ciclo chemioimmunoterapico prevedeva, inoltre, una profilassi antimicrobica con trime to prim/sulfametossazolo e aciclovir, stimolazione della granulocitopoiesi con G-CSF (granulocyte colony-stimulating factor), terapia ipouricemizzante con allopurinolo, terapia antiemetica con ondansetron; premedicazione di rituximab con paracetamolo e clorfenamina maleato. Ad oggi, terminati 3 dei 6 cicli previsti con bendamustina e rituximab, si osserva la normalizzazione dei livelli di Hb e degli indici di emolisi, scomparsa della linfocitosi (linfociti 460/µl), delle adenopatie e della splenomegalia in assenza di tossicità non ematologica. 5 M. CICCONE, L. FORMIGARO, A. CUNEO Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche La prevalenza dell’AEA, nella LLC, aumenta con la progressione di malattia (dal 4% dello stadio A di Binet al 10% degli stadi B e C) e con fattori prognostici sfavorevoli (1). Dati recenti dimostrano che l’incidenza di AEA, in pazienti trattati con fludarabina e ciclofosfamide (FC), è significativamente più bassa (5%) rispetto a quelli trattati con clorambucile (12%) o fludarabina (11%) (p<0,01) (2). L’effetto “protettivo” della ciclofosfamide, sul rischio di AEA, è confermato dai dati ottenuti con FCR (3,4). L’utilizzo di metilprednisolone ad alte dosi, scelto in questo caso per il duplice effetto antiemolitico e linfo- citoriduttivo, ha permesso di ottenere solo una parziale iniziale riduzione dell’attività di emolisi e la netta riduzione della linfocitosi, preparando il paziente al proseguimento dell’iter terapeutico. La risposta insoddisfacente, in termini di riduzione della linfocitosi dopo FC, ha impedito, in questo caso, l’utilizzo di rituximab (al 1° ciclo) che, associato a FC, rappresenta il trattamento standard per la LLC in pazienti “fit” (4). L’anticorpo monoclonale anti-CD20 rimaneva quindi una valida opzione per la 2ª linea di trattamento. Considerato che l’insorgenza di AEA, in corso di regimi contenenti fludarabina, rappresenta il principale fattore di rischio, oltre alla positività del test di Coombs, per la recidiva di AEA in caso di riutilizzo di fludarabina (5), si è deciso di effettuare uno “switch” a un trattamento alternativo, in questo caso un regime contenente bendamustina. La bendamustina è un agente alchilante utilizzato nel trattamento di diversi disordini linfoproliferativi (6). I dati riguardanti la sua efficacia, nella LLC, derivano da diversi trial clinici e a questo riguardo particolarmente interessante è l’osservazione che riporta la stabilizzazione dell’AEA in 2 pazienti trattati con emolisi attiva (7). In generale la prevalenza di AEA, in corso di trattamento con bendamustina, con o senza rituximab, appare molto bassa in tutte le esperienze riportate in letteratura. La nostra esperienza suggerisce che l’utilizzo di un regime contenente bendamustina possa costituire un’interessante opzione per la terapia della LLC complicata da AEA severa. 3. Borthakur G, O'Brien S, Wierda WG et al. Immune anaemias in patients with chronic lymphocytic leukaemia treated with fludarabine, cyclophosphamide and rituximab-incidence and predictors. Br J Haematol 2007;136(6):800-805. 4. Hallek M, Fischer K, Fingerle-Rowson G et al. Addition of rituximab to fludarabine and cyclophosphamide in patients with chronic lymphocytic leukaemia: a randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet 2010;376(9747):1164-1174. 5. Weiss RB, Freiman J, Kweder SL et al. Hemolytic anemia after fludarabine therapy for chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 1998;16(5):1885-1889. 6.Korycka-Wołowiec A, Robak T. Pharmacokinetic evaluation and therapeutic activity of bendamustine in B-cell lymphoid malignancies. Expert Opin Drug MetabToxicol 2012;8(11):1455-1468. 7. Fischer K, Cramer P, Busch R et al. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012; 30 (26):3209-3216. Bibliografia 1. Hodgson K, Ferrer G, Montserrat E et al. Chronic lymphocytic leukemia and autoimmunity: a systematic review. Haematologica 2011;96(5):752-761. 2.Dearden C, Wade R, Else M et al. UK National Cancer Research Institute (NCRI); Haematological Oncology Clinical Studies Group; NCRI CLL Working Group. The prognostic significance of a positive direct antiglobulin test in chronic lymphocytic leukemia: a beneficial effect of the combination of fludarabine and cyclophosphamide on the incidence of hemolytic anemia. Blood 2008;111(4):1820-1826. 6 Efficacia in prima linea di bendamustina e rituximab nel paziente con LLC e del(17p) P. Savini, G. Musardo, F. Mirici D.H. Ematologico, Dipartimento Medico I, Ospedale di Faenza, AUSL Ravenna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Il presente articolo espone il caso clinico di un uomo di 82 anni, giunto alla nostra osservazione nell’ottobre 2010 perché, lamentando profuse sudorazioni notturne, si era sottoposto a indagini di laboratorio che avevano mostrato una linfocitosi assoluta. L’anamnesi era sostanzialmente negativa se si esclude un’ipertensione arteriosa ben controllata farmacologicamente. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Il paziente presentava splenomegalia all’ombelicale trasversa e linfoadenopatie superficiali polidistrettuali; buone, tuttavia, le condizioni generali, ECOG 0. Gli esami di laboratorio mostravano Hb:10 g; MCV: 88; G.B.: 60.000 (L.:78%; N.: 20%); nella norma gli altri esami ematochimici di routine, HBsAg, anti-HCV, antiHIV, LDH; la citofluorimetria (CD19+: 86%; CD5+,CD20+, CD23+, CD10- e CD38-, restrizione K delle catene leggere) e la morfologia consentivano la diagnosi di leucemia linfatica cronica (LLC). La biologia molecolare su sangue periferico mostrava una sequenza mutata dei geni IgVH; la FISH su sangue periferico: delezione del cromosoma 17p -del(17p)- (92%) e la trisomia del cromosoma 13 (26%). L’ecografia dell’addome superiore mostrava una marcata splenomegalia (diametro max: 21 cm; area di sezione:175 cm2). Approccio terapeutico valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Data l’età, pur in assenza di rilevanti comorbidità, il paziente veniva valutato “non fit” e, nel novembre 2010, iniziava un trattamento con bendamustina (90 mg/m2, gg 1-2, q 28) e rituximab (375 mg/m2 g 8, 1°ciclo, 500 mg/m2 g 1, 2°-6° ciclo); veniva inoltre associata profilassi con trimetoprim-sulfametossazolo per 2 giorni/settimana, e aciclovir 800 mg/die. La tossicità è stata prevalentemente ematologica con neutropenia grado 4, nonostante l’utilizzo, dal 2° ciclo, di G-CSF e nonostante la riduzione posologica della bendamustina (70 mg/m2, gg 1-2) a partire dal 4° ciclo. Già dopo il 2° ciclo si risolvevano le sudorazioni notturne, milza e ade- nopatie non erano più palpabili. Dopo il 5° ciclo la risoluzione dei sintomi, delle linfoadenopatie, della splenomegalia e la completa remissione ematologica ci inducevano a sospendere la bendamustina, somministrando invece la 6° dose di rituximab. A distanza di 2 anni dal termine della chemioimmunoterapia il paziente mantiene una remissione ematologica e clinica complete. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche ll paziente in oggetto presentava una LLC, stadio III sec. Rai, stadio B sec. Binet, la del(17p) assieme a uno stato mutato delle IgVH. Circa il 7% dei pazienti con LLC presentano, alla diagnosi, la delezione del braccio corto del cromosoma 17 corrispondente al locus genico TP53; la maggior parte dei pazienti con del(17p) avranno inoltre una mutazione del gene TP53 sull’altro allele e quindi l’assenza di proteina p53 normale, che è richiesta per una normale risposta cellulare al danno del DNA indotto dalla chemioterapia (DNA repair, arresto del ciclo cellu- 7 P. SAVINI, G. MUSARDO, F. MIRICI lare, apoptosi). Come è noto la del(17p) comporta una prognosi negativa con sopravvivenza mediana globale di 2-3 anni, indipendentemente dallo stato mutazionale IgVH; anche dopo terapia FCR (fludarabina, ciclofosfamide, rituximab) la PFS (progression free survival) di questi pazienti rimane breve (1-3). L’età del paziente del resto non consentiva di procedere a una terapia con alentuzumab seguito da trapianto allogenico, suggerita, all’interno di trial clinici, per i pazienti “fit” (4); si è scelto quindi di trattare questo paziente con bendamustina + rituximab alla luce dei risultati riportati da uno studio di fase II (5) rivolto a pazienti con LLC precedentemente non trattati; lo studio, infatti, includeva anche pazienti con del(17p), ottenendo anche in questo categoria una ORR (overall response rate) del 37,5%. Questa nostra espe- rienza conferma l’efficacia e la fattibilità della associazione bendamustina+rituximab in 1ª linea per pazienti con LLC che presentano, alla diagnosi, la del(17p), da considerarsi “non fit” per età, ed eleggibili per una terapia non palliativa ma curativa. Crediamo sia ancora da definire la giusta dose di bendamustina, forse 70 mg/m2, piuttosto che 90 mg/m2, data la non trascurabile tossicità ematologica. 3. Badoux XC, Keating MJ, Wang X et al. Fludarabine, cyclophosphamide, and rituximab chemoimmunotherapy is highly effective treatment for relapsed patients with CLL. Blood 2011;117(11):3016-3024. 4. Hallek M, Cheson BD, Catovsky D et al. Guidelines for the diagnosis and treatment of chronic lymphocytic leukemia: a report from the International Workshop on Chronic Lymphoc ytic Leukemia updating the National Cancer InstituteWorking Group 1996 guidelines. Blood 2008;111(12):54465456. 5. Fischer K, Cramer P et al. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of the German Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012;30(26):32093216. Bibliografia 1. Hallek M, Fischer K, Fingerle-Rowson G et al. Addition of rituximab to fludarabine and cyclophosphamide in patients with chronic lymphocytic leukemia: a randomised, openlabel, phase III trial. Lancet 2010;376:1164-1174. 2. Dohner H, Fischer K, Bentz M et al. p53 gene deletion predicts for poor survival and nonresponse to therapy with purine analogs in chronic B-cell leukemias. Blood 1995;85(6):1580-1589. 8 Ruolo della bendamustina come terapia di salvataggio nel paziente cardiopatico affetto da linfoma non Hodgkin follicolare C. Pellegrini Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L.&A. Sèragnoli”, Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Un paziente di 48 anni, con anamnesi patologica remota silente, nel settembre 2009 si reca in Pronto Soccorso per la comparsa di dolore addominale ingravescente in assenza di altra sintomatologia. In Pronto Soccorso viene eseguita una TAC addominale con m.d.c. nel sospetto di addome acuto, con riscontro di una voluminosa formazione ipodensa retroperitoneale paraortica: tale massa si estende, in senso cranio-caudale, per circa 10 cm e, inglobando i vasi principali, comprime e disloca la vena cava inferiore; il paziente viene poi sottoposto a biopsia ecoguidata, che pone diagnosi di linfoma non Hodgkin (LNH) di derivazione dai linfociti B periferici follicolare di grado I/II, CD20 +, bcl2+, con frazione di crescita (MIB1) pari al 5%. Esame obiettivo e indagini diagnostiche ll paziente è in buone condizioni cliniche generali, sono assenti sintomi sistemici linfomarelati, ma persiste il dolore addominale. All’esame obiettivo non sono presenti linfoadenopatie palpabili superficiali né epatosplenomegalia e, a completamento della stadiazione, viene eseguita una biopsia ossea, che mostra una cellularità del 40% con il 90% di infiltrazione midollare. La diagnosi posta è quella di linfoma follicolare di grado I/II, stadio IVA, FLIPI 3. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Il paziente viene arruolato nel protocollo sperimentale attivo nel nostro centro, che prevede in sequenza: 4 cicli di R-CHOP (rituximab-ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone), ciclofosfamide 7 g/m2 con raccolta delle cellule staminali autologhe, 4 cicli di R-FN e trapianto autologo. Da ottobre 2004 a dicembre 2004 esegue 4 cicli R-CHOP, ottenendo una prima risposta completa (RC) documentata con TAC total body e biopsia ossea. Nel febbraio del 2005, all’ingresso in reparto per la prosecuzione dell’iter terapeutico con ciclofosfamide 7 g/m 2 , l’ecocardiogramma mostra un’ipocinesia globale del ventricolo sinistro, con grave riduzione della frazione di eiezione (FE% 35%). In considerazione della diagnosi di cardiomiopatia dilatativa post-chemioterapia e del quadro di remissione completa, il paziente viene avviato ai controlli di follow-up. Nel dicembre del 2007 è stata documentata, istologicamente, la prima ricaduta attraverso una biopsia eco-guidata di un pacchetto adenopatico addominale di 5 cm PET-positivo (SUV 9,8). Il follow-up cardiologico ha mostrato una stabilità della cardiomiopatia dilatativa con FE del 35%. Il paziente viene sottoposto a radioimmunoterapia con ibritumomab, ottenendo una seconda remissione completa. A settembre del 2009 emerge una complicanza cardiaca, caratterizzata da episodio sincopale con ulteriore peggioramento della frazione di eiezione (FE: 24%) e impianto di defibrillatore automatico endocavitario. A settembre del 2011 viene posto il sospetto di una nuova recidiva di malattia per la comparsa, alla PET, di una formazione ipermetabolica a livello della faccia anteriore del rene destro (SUV max 16) che mostra, alla TAC, un diametro di 2 cm. 9 C. PELLEGRINI Iniziale follow-up A gennaio la lesione solida, a livello renale, è aumentata fino a un diametro di 5 cm per 5 cm, la biospia eco-guidata conferma l’istologia d’esordio e la comparsa di splenomegalia, associata a sintomi B linfoma-relati, rende necessario l’inizio di un trattamento. Dal marzo 2012 all’agosto 2012 il paziente esegue una chemioterapia secondo lo schema bendamustina (90 mg/m2)rituximab (375 mg/m2) per 6 cicli totali. Il paziente ha ottenuto una remissione completa, che tutt’ora mantiene al controllo di Aprile 2013. Si segnala inoltre che la terapia è stata ben tollerata e non si è verificata alcuna tossicità ematologica nè extra-ematologica. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il caso clinico rispecchia la storia del LNH follicolare, che rappresenta la 10 forma più comune di linfoma indolente negli Stati Uniti e in Europa: si tratta di neoplasie a lenta evoluzione e nonostante rispondano bene all’iniziale trattamento chemioterapico convenzionale, il loro decorso è caratterizzato da ripetute ricadute e remissioni (1). Il vero progresso, nel trattamento del linfoma follicolare, è stato eseguito nell’ultimo decennio con l’introduzione dell’anticorpo monoclonale rituximab: è infatti riportato in letteratura che, associato alla chemioterapia, abbia migliorato sia il tasso di risposte che la durata. Uno degli schemi di chemioterapia attualmente più utilizzato, in associazione al rituximab, è CHOP (2); nel nostro caso, però, emerge l’effetto collaterale più importante delle antracicline, la cardiotossicità. Questa classe di farmaci è gravata, sia a breve che a lungo termine, dal rischio di insufficienza cardiaca congestizia, rischio che aumenta con l’aumentare della dose e dell’età (3,4). Il paziente ha sviluppato una grave tossicità cardiologica, che lo ha reso “unfit” per tutti i trattamenti chemioterapici ad alte dosi e per lo stesso trapianto autologo, una valida opzione terapeutica nel trattamento di 2ª linea del linfoma follicolare ricaduto; alla prima ricaduta la nostra scelta è stata pertanto la radioimmunoterapia con ibritumomab, approvato dall’EMEA nel 2004 per i LNH follicolari ricaduti con un tasso di ORR (overall respons rate) nel paziente pretrattato del 94% e un TTP (time to progression) a 52 mesi (5). Nella seconda ricaduta abbiamo scelto la bendamustina, in associazione a rituximab, in considerazione dei dati di efficacia nel paziente pretrattato, in cui tale molecola è stata in grado di indurre un tasso di ORR di oltre il 90% (CR: 55%) con una PFS (progression free survival) di circa 23 mesi (6) e della fondamentale assenza di tossicità cardiologica. RUOLO DELLA BENDAMUSTINA COME TERAPIA DI SALVATAGGIO NEL PAZIENTE CARDIOPATICO AFFETTO DA LINFOMA NON HODGKIN FOLLICOLARE Bibliografia 1. Gandhi MK, Marcus RE. Follicular lymphoma: time for a re-think? Blood Rev 2005;19(3):165-178. 2. Hiddemann W, Kneba M, Dreyling M et al. Frontline therapy with rituximab added to the combination of cyclophosphamide, doxorubicin, vincristine, and prednisone (CHOP) significantly improves the outcome for patients with advanced-stage follicular lymphoma compared with therapy with CHOP alone: results of a prospective randomized study of the German Low-Grade Lymphoma Study Group. Blood 2005;106(12):3725-3732. 3. Limat S, Demesmay K, Voillat L et al. Early cardiotoxicity of the CHOP regimen in aggressive non-Hodgkin’s lymphoma. Ann Oncol 2003;14(2):277-281. 4. Hequet O, Le QH, Moullet I et al. Subclinical late cardiomyopathy after doxorubicin therapy for lymphoma in adults. J Clin Oncol 2004;22(10):1864-1871. 5. Andrade Campos MM, Montes Limón AE, Grasa JM et al. RIT with Y90-ibritumomab tiuxetan in follicular non-Hodgkin lymphoma: evaluation of recent outcomes in a single Institution. J Oncol 2012;2012:412742. 6. Robinson KS, Williams ME, van der Jagt RH et al. Phase II multicenter study of bendamustine plus rituximab in patients with relapsed indolent B-cell and mantle cell non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2008;26(27):4473-4479. 11 Ruolo ed efficacia della bendamustina come terapia di prima linea nel paziente cardiopatico affetto da linfoma non Hodgkin follicolare C. Pellegrini Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L.&A. Sèragnoli”, Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Una paziente di 70 anni giunge, alla nostra attenzione, nel Giugno 2010 in pieno benessere per la comparsa di tumefazione inguinale sinistra. In anamnesi patologica remota si segnalano: 1) ipertensione arteriosa essenziale, dal 1999 in terapia medica; 2) un episodio di fibrillazione atriale nel maggio 2010 secondario a ipertiroidismo, cardiovertito con amiodarone e in terapia medica con beta-bloccanti e flecainide. Dopo conferma ecografica la paziente viene sottoposta a biopsia inguinale, che pone diagnosi di linfoma non Hodgkin (LNH) di derivazione dai linfociti B periferici follicolare di grado I/II, CD20 +, bcl-2 +, con frazione di crescita (MIB1) pari al 10%. Esame obiettivo e indagini diagnostiche L’E.O. è negativo, fatta eccezione per il pacchetto linfonodale inguinale sinistro, che determina la comparsa di edema linfatico compressivo a livello della gamba e della caviglia omolaterale. La paziente esegue una TAC e una PET total body, che evidenziano la presenza di adenopatie lungo la catena lombo- 12 aortica e iliaca di circa 4 cm, con un SUV di captazione massimo di 8; è stata inoltre eseguita una biopsia ossea, che ha mostrato una cellularità del 20% con il 40% di infiltrazione midollare. Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La paziente viene sottoposta a visita cardiologica di controllo che evidenzia, all’ecocardiogramma, una frazione di eiezione del 65% e non pone controindicazioni all’inizio della chemioterapia. In considerazione del basso indice proliferativo la paziente viene avviata a chemio-immunoterapia secondo lo schema R-FN (rituximab al dosaggio di 375 mg/m2, 650 mg dose totale, fludarabina al dosaggio di 25 mg/m2, 40 mg dose totale e novantrone 12 mg/m2, 16 mg dose totale). Nelle 24 ore successive alla somministrazione del 1° ciclo la paziente si reca in P.S. per la comparsa di cardiopalmo e dispnea per piccoli sforzi. All’ECG, eseguito in P.S., si verifica il riscontro di fibrillazione atriale con cardioversione spontanea; nei giorni successivi si verificano altri 2 episodi della stessa natura. Viene consigliata l’esecuzione di Holter e modificata la terapia antiaritmica cronica; la paziente sospende il trattamento secondo lo schema R-FN, di cui ha eseguito 1 solo ciclo e da maggio a settembre 2011 esegue 5 cicli completi di chemioterapia secondo lo schema bendamustina al dosaggio di 90 mg/m2 nei giorni 1,2 di ogni ciclo, associata a rituximab al dosaggio di 375 mg/m2 al giorno 1, per 6 cicli totali. La terapia è stata somministrata a cadenza mensile; durante i mesi successivi non si sono più verificati episodi di fibrillazione atriale e la terapia è stata, nel complesso, ben tollerata; non si è inoltre verificata alcuna tossicità ematologica. La rivalutazione strumentale, eseguita al termine del trattamento con TAC e PET total body e biopsia ossea, ha mostrato un quadro di remissione completa tutt’ora mantenuto al follow-up del marzo ultimo scorso. Discussione del caso e scelte terapeutiche Il caso clinico presentato è il caso di un linfoma follicolare, prototipo RUOLO ED EFFICACIA DELLA BENDAMUSTINA COME TERAPIA DI SALVATAGGIO NEL PAZIENTE CARDIOPATICO AFFETTO DA LINFOMA NON HODGKIN FOLLICOLARE dei linfomi indolenti. L’avvento di rituximab ha rappresentato un significativo miglioramento in termini non solo di risposta, ma anche di durata della stessa, validando la combinazione di chemio- e immunoterapia. Gli studi più recenti indicano che un trattamento contenente antracicline rappresenta il gold standard per i pazienti sintomatici affetti da linfoma follicolare, almeno nei soggetti giovani (1). Una revisione della casistica di Bologna, eseguita su 285 pazienti affetti da LNH indolente, di cui 142 affetti da linfoma follicolare (2), ha mostrato come lo schema RFN, scelto in 1ª linea nel nostro caso clinico, abbia un tasso complessivo di risposte dell’81% con un tasso di remissioni complete del 69% e una PFS (progression free survival) a 11 anni del 71%. La tossicità cardiologica del novantrone, in considerazione degli episodi recidivanti di fibrillazione atriale della paziente, ha determinato la scelta di cambiare la terapia di induzione a favore di un regime non cardiotossico come bendamustina, cui sono ormai note l’efficacia e la sicurezza nel paziente pluritrattato (3); in realtà essa si sta dimostrando interessante anche in 1ª linea. Rummel ha condotto uno studio di fase III di confronto fra BR e R-CHOP in pazienti affetti da LNH follicolare e altri linfomi indolenti (4): in questo studio la percentuale di risposta è stata simile nei due bracci, ma la durata dell’efficacia del trattamento è stata a vantaggio del braccio BR (PFS mediana 39 mesi nel braccio R-CHOP e non ancora raggiunta nel braccio BR), indicando la combinazione BR come una valida alternativa allo schema R-CHOP in pazienti unfit in particolare anziani o con comorbilità. (FMR) regimen in previously untreated patients with indolent non-Hodgkin lymphoma: efficacy, safety and PET data on 285 patients. Abstract, ASH 2012. 3. Robinson KS, Williams ME, van der Jagt RH et al. Phase II multicenter study of bendamustine plus rituximab in patients with relapsed indolent B-cell and mantle cell non-Hodgkin's lym- phoma. J Clin Oncol 2008;26(27):4473-4479. 4. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer et al. Bendamustine plus rituximab versus CHOP plus rituximab as first-line treatment for patients with indolent and mantle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial. Lancet 2013;381(9873): 1203-1210. Bibliografia 1. Federico M, Luminari S, Dondi A et al. CVP versus R-CHOP versus R-FM for the initial treatment of patients with advanced-stage follicular lymphoma: Results of the FOLL05 Trial Conducted by the Fondazione Italiana Linfomi. J Clin Oncol 2013;31(12):1506-1513. 2. Zinzani PL, Pellegrini C, Derenzini E et al. Fludarabine, mitoxantrone and rituximab 13 C’è spazio per la bendamustina nel trattamento del paziente giovane con linfoma follicolare, ricaduto dopo trapianto autologo e già sottoposto a terapia sperimentale? A. Broccoli Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli”, Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi”, Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi A seguito della persistenza di linfoadenopatie sovraclaveari e inguinali, a un uomo di 51 anni è stata formulata, nel 2003, la diagnosi di linfoma non Hodgkin (LNH) follicolare (grado I/II), in stadio IV A per interessamento midollare. Impostato un programma antiblastico sequenziale, composto da 6 cicli R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone-rituximab), mobilizzazione delle cellule staminali autologhe con ciclofosfamide, 4 cicli FMR (fludarabina, mitoxantrone, rituximab) e successivo trapianto autologo, si ottiene al termine una remissione completa. A distanza di circa 3 anni si verifica la comparsa di nuove adenopatie multidistrettuali, confermandosi un linfoma follicolare nodale e midollare. Il paziente è arruolato in un protocollo di terapia sperimentale, che prevede l’impiego di un agente pro-apoptotico associato a rituximab (1), ottenendo la scomparsa delle adenopatie, pur persistendo l’infiltrato midollare. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Circa 18 mesi dopo, ad aprile 2011, compaiono sudorazioni notturne e 14 nuove multiple adenopatie palpabili in sede laterocervicale e inguinale, associate a splenomegalia. La TC conferma linfonodi ingranditi in tali sedi, oltre a pacchetti adenopatici al mediastino e in retroperitoneo (fino a 6 cm). Compare piastrinopenia (92.000/ L). 3) si ritiene opportuno tentare di ottenere una risposta clinica di buona qualità e durata. Durante il 1° ciclo il farmaco è somministrato alla dose di 90 mg/m2, corrispondenti a una dose totale di 180 mg/somministrazione, senza complicazioni. Approccio terapeutico Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici In considerazione del quadro clinico e radiologico estremamente indicativo di ripresa di malattia e a fronte della persistenza di infiltrazione neoplastica midollare, già documentata alla precedente biopsia, si decide di non ripetere gli esami istologici, favorendo peraltro un tempestivo inizio di trattamento con bendamustina. Tale opzione viene percorsa in quanto: 1) appare adeguata in un paziente già trattato con diverse tipologie di farmaci, ritenendosi necessario un approccio non cross-reattivo con i precedenti; 2) si ha l’esigenza di utilizzare un farmaco non cardiotossico per preservare l’attuale buona funzione cardiaca (frazione di eiezione >50%), avendo già impiegato alchilanti e antracicline; In relazione a un peggioramento della piastrinopenia, con conta al disotto delle 50.000/mm3, senza sindrome emorragica, e alla comparsa di neutropenia severa, non febbrile, si decide di ridurre il dosaggio del farmaco del 30% e di supportare il paziente con G-CSF (granulocyte colony-stimulating factor). In questo modo il paziente è in grado di proseguire, senza ulteriori complicanze, nell’erogazione delle dosi successive, completando il programma previsto di 6 cicli. Clinicamente si osserva un miglioramento progressivo della conta piastrinica in periferia, con contestuale riduzione della splenomegalia; a livello linfonodale si ottiene la riduzione fino a completa normalizzazione delle linfoadeno- C’È SPAZIO PER LA BENDAMUSTINA NEL TRATTAMENTO DEL PAZIENTE GIOVANE CON LINFOMA FOLLICOLARE, RICADUTO DOPO TRAPIANTO AUTOLOGO E GIÀ SOTTOPOSTO A TERAPIA SPERIMENTALE? patie descritte a livello superficiale e in sede profonda, già con il completamento del 3° ciclo. A distanza di almeno un anno dal termine della terapia il paziente si trova in ottime condizioni cliniche, senza segni evidenti di progressione di malattia, mantenendo in periferia una crasi ematica del tutto normale. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Numerose sono le esperienze pubblicate circa l’impiego di bendamustina nel paziente con LNH follicolare in ricaduta o refrattario a precedente trattamento, sia come agente singolo (2-5), sia in associazione a rituximab (6). I tassi di risposta appaiono favorevoli anche in pazienti trattati in precedenza con più linee di terapia, con percentuali di risposte complete variabili tra il 20% e il 69% (2-5), a fronte di una tossicità ematologica ed extraematologica relativamente contenute (4,7). Meno numerosi, e facenti capo a casistiche eterogenee, invece, i dati sull’impiego del farmaco dopo trapianto di cellule staminali autologhe nella stessa tipologia di pazienti (6,7); mancano, infine, esperienze sull’impiego di bendamustina a seguito di trattamenti sperimentali. La versatilità dimostrata dalla molecola, in ambiti clinici assai diversi e in contesti di pazienti molto eterogenei, rende il farmaco un’opzione percorribile anche in ambiti fino ad ora poco esplorati: per il profilo di tossicità ematologica maneggevole anche nel paziente citopenico o con ridotta riserva midollare per via dei pregressi trattamenti; per la capacità di indurre risposte complete laddove precedenti terapie ad alte dosi, o eventualmente di concezione innovativa abbiano fallito; per l’efficacia dimostrata come farmaco singolo o in associazione farmacologica anche a dosaggi ridotti (7). phase II study of bendamustine for relapsed or refractory indolent B-cell non-Hodgkin lymphoma and mantle cell lymphoma. Cancer Sci 2010;101:2059-2064. 4. Cheson BD, Friedberg JW, Kahl BS et al. Bendamustine produces durable responses with an acceptable safety profile in patients with rituximab-refractory indolent nonHodgk in lymphoma. Clin Lymphoma Myeloma Leuk 2010;10:452-457. 5. Kahl BS, Bartlett NL, Leonard JP et al. Bendamustine is effec tive therapy in patients with rituximab-refractory, indolent B-cell non-Hodgk in lymphoma. Cancer 2010;116:106-114. 6. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim S-Z et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the reatment of mantle cell and low-grade nonHodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2005;23: 3383-3389. 7. Rigacci L, Puccini B, Cortelazzo S et al. Bendamustine with or without rituximab for the treatment of heavily pretreated nonHodgkin’s lymphoma patients. Ann Hematol 2012;91:1013-1022. Bibliografia 1. Belada D, Mayer J, Czuczman M et al. Phase II study of dulanermin plus rituximab in patients with relapsed follicular nonHodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2010; 28(suppl. 15): abstr. 8104 (ASCO meeting abstracts). 2. Friedberg JW, Cohen P, Chen L et al. Bendamustine in patients with rituximabrefractory indolent and transformed nonHodgkin’s lymphoma: results from a phase II multicenter, single-agent study. J Clin Oncol 2008;26:204-210. 3. Ohmachi K, Ando K, Ogura M et al. Multicenter 15 Trattamento di salvataggio con rituximab-bendamustina seguito da trapianto autologo di cellule staminali autologhe in paziente affetto da linfoma follicolare N. Frungillo Divisione di Ematoncologia, IEO Istituto Europeo di Oncologia, Milano Presentazione del caso Paziente, anamnesi Paziente maschio di 62 anni, affetto da linfoma follicolare ricaduto. A gennaio del 2009 gli viene effettuata una diagnosi di linfoma follicolare di grado II, stadio IV-A, con localizzazioni extranodali a livello sottocutaneo al braccio di destra: si evidenzia la presenza di localizzazioni di malattia a livello retroperitoneale e mesenteriale, con massa bulky di 15 cm. Dal dicembre 2009 al giugno 2010 esegue una terapia secondo lo schema R-leukeran (fase di induzione e consolidamento)(1), con ottenimento di remissione parziale (valutata in TAC), con piccole adenopatie addominali di massimo 18 mm. A febbraio del 2012 si verifica la ripresa di malattia a livello addominale. Esame obiettivo e indagini diagnostiche L’11/07/12 il paziente esegue una TAC collo-torace addome cmc, che evidenzia un incremento delle adenopatie in tutte le stazioni sovra- e sottodiaframmatiche, ma in particolare a livello iliaco esterno bilaterale (32 mm sinistra, 47 mm destra), otturatorio bilaterale (41 mm), 16 inguinale bilaterale (40 mm); ispessimento del ventaglio mesenteriale con un voluminoso agglomerato adenopatico delle dimensioni massime di 69x45 mm. Il paziente viene sottoposto a una nuova biopsia escissionale di un’adenopatia inguinale sinistra, con conferma istologica di linfoma non-Hodgkin a cellule B, follicolare, di grado 2, con Ki67 del 25%. Obiettivamente si apprezzano adenopatie superficiali polistazionali di 1,5 cm con adenopatia massima di 2 cm a livello inguinale destro. Approccio terapeutico valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici In considerazione della ripresa di malattia, si è candidato il paziente a una terapia di citoriduzione con rituximab-bendamustina (2), seguita da aferesi di cellule staminali autologhe e autotrapianto condizionato secondo lo schema R-FEAM (rituximab-fotemustina, etoposide, citarabina e melfalan) (4). Come da linee guida interne al centro il paziente è stato sottoposto a 4 cicli rituximab-bendamustina: • rituximab 375 mg/m2 giorno 1-28; • bendamustina 90 mg/m2 giorno 1, 2-28. Ha ottimamente tollerato il trattamento, senza necessità di riduzioni di dose o ritardi nei tempi di riciclo e, nel novembre del 2012, si effettuava una rivalutazione di malattia con TAC e BOM (biopsia osteomidollare), che dimostrava la remissione completa di malattia; il paziente veniva pertanto avviato a un programma di mobilizzazione di cellule staminali autologhe, dopo stimolazione con filgrastim biosimilare, come da politica del centro con raccolta di 2,9x106 CD34+/kg (target 2,0x106 CD34+/kg) (3). Nel dicembre del 2012 è stato sottoposto a trapianto autologo, condizionato secondo lo schema RFEAM (4),seguito da reinfusione di 2,9x106 CD34+/kg di cellule staminali autologhe. La procedura autotrapiantologica è risultata ben tollerata, senza complicanze extraematologiche di rilievo; i tempi di recupero sono stati rispettivamente di 10 giorni per i neutrofili e di 11 giorni per le piastrine. Alla 12a giornata dalla re-infusione il paziente è stato dimesso e, attualmente, prosegue i controlli clinicistrumentali e persiste in remissione completa. TRATTAMENTO DI SALVATAGGIO CON RITUXIMAB-BENDAMUSTINA SEGUITO DA TRAPIANTO AUTOLOGO DI CELLULE STAMINALI AUTOLOGHE IN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA FOLLICOLARE Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche ll regime di trattamento con rituximab e bendamustina (2), già valutato efficacie nella terapia di 2a e 1a linea dei linfomi follicolari, in tale caso si è dimostrato efficace nell’ottenere un’adeguata citoriduzione precedentemente al trapianto autologo, consentendo al paziente di affrontare la procedura autotrapiantologica in remissione completa; il paziente è stato inoltre mobilizzato senza particolari difficoltà, seguendo la linea guida interna. La procedura trapiantologica (RFEAM) (4) è risultata ben tollerata e non gravata da tossicità inattese, pertanto sembra che rituximab-bendamustina sia un tratta- mento che possa considerarsi sicuro anche come citoriduzione pre-trapianto autologo, efficace nel controllo di malattia e consenta un programma di terapia che non preveda l’utilizzo di antracicline, permettendo di preservare il paziente da un’eventuale cardiotossicità e di poter eventualmente utilizzare un regime contente antracicline in un eventuale successivo salvataggio. for patients with indolent and mantle-cell lymphomas: an open-label, multicentre, randomised, phase 3 non-inferiority trial; on behalf of the Study group indolent Lymphomas (StiL). Lancet 20136; 381(9873): 1203-1210. 3. Rosenbeck LL, Srivastava S, K iel PJ. Peripheral blood stem cell mobilization tac- tics. Ann Pharmacother 2010;44(1):107-116. 4. Musso M, Scalone R, Marcacci G. Fotemustine plus etoposide, cytarabine and melphalan (FEAM) as a new conditioning regimen for lymphoma patients undergoing auto-SCT: a multicenter feasibility study. Bone Marrow Transplant 2010;45(7):11471153. Bibliografia 1. Martinelli G, Laszlo D, Bertolini F et al. Chlorambucil in combination with induction and maintenance rituximab is feasible and active in indolent non-Hodgkin's lymphoma. Br J Haematol 2003;123(2): 271-277. 2. Rummel MJ, Niederle N, Maschmeyer G et al. Bendamustine plus rituximab versus CHOP plus rituximab as first-line treatment 17 Presentazione di un caso clinico riguardante un linfoma mantellare trattato in prima linea con bendamustina-rituximab M. Sampaolo, S. Trappolini, C. Bocci, G. Gini Clinica di Ematologia, Ospedali Riuniti, Ancona Presentazione del caso Paziente e anamnesi Il caso clinico riguarda un uomo di 67 anni che, all’anamnesi patologica remota, non presentava alcuna comorbidità di rilievo, ad eccezione di un amartoma polmonare in sede inferiore destra. Nel febbraio 2010 veniva riscontrata, agli esami ematici di controllo, una linfocitosi (WBC: 14350, L: 65%), confermata al controllo successivo a distanza di 2 mesi. Esame obiettivo e indagini diagnostiche Il paziente giungeva alla visita ambulatoriale nel settembre 2010 e venivano svolti gli esami di approfondimento diagnostico di seguito illustrati. - Tipizzazione linfocitaria: linfocitosi matura costituita, in prevalenza, da cellule B con fenotipo CD19+, CD20+, S-Ig lamba +, CD5+, CD22+, CD23-, CD38+, compatibile con l'ipotesi di disordine linfoproliferativo cronico tipo linfoma (mantellare?). - Biopsia osteomidollare: localizzazione midollare pari al 30-40% di linfoma mantellare. - Tc collo-torace-addome: formazione nodulare a margini regolari a carico del segmento postero-basa- 18 le del lobo inferiore di destra del diametro di 2 cm (già diagnosticata come amartoma), quadro negativo per localizzazioni di malattia. All’esame obiettivo non si riscontravano reperti patologici e i sintomi B erano assenti. La diagnosi definitiva indicava un linfoma non Hodgkin B mantellare IV stadio A. Approccio terapeutico valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Data l’indolenza della malattia, le buone condizioni generali del paziente, l’assenza di sintomi B e la linfocitosi modesta, si è deciso per la strategia “watchful waiting”, secondo i dati riportati recentemente in letteratura (1,2). Nel marzo 2012 si è evidenziata, tuttavia, una spiccata progressione di malattia con linfocitosi pari a 48.660/mm 3 e splenomegalia (diametro longitudinale di 17 cm all’ecografia). In ragione del raddoppiamento della conta linfocitaria (LDT) in 6 mesi, si è deciso di sottoporre il paziente all’efficace chemio-immunoterapia con bendamustina-rituximab (B-R), per un totale di 6 cicli ogni 28 giorni. Lo schema ha previsto la somministrazione di bendamustina al dosaggio di 169,2 mg e.v. nei giorni 1-2 e rituximab 705 mg e.v. nel giorno 1. La terapia di supporto era costituita da profilassi antibiotica, antivirale. Il paziente ha iniziato il trattamento ad Aprile 2012, terminandolo a Settembre dello stesso anno, con buona tolleranza individuale e la sola tossicità extraematologica è stata una tossicità epatica di grado II dopo il 1° ciclo di terapia, risoltasi spontaneamente. Il paziente aveva raggiunto una remissione completa agli esami di rivalutazione finale al termine della terapia: infatti sia la biopsia osteomidollare che la TC collotorace-addome, del novembre 2012, erano risultate negative e l’emocromo e gli esami ematochimici erano nella norma. Attual mente la malattia persiste in uno stato di remissione completa e il paziente è in regime di follow-up ambulatoriale. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche L’efficacia in 1ª linea dello schema immuno-chemioterapico PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO RIGUARDANTE UN LINFOMA MANTELLARE TRATTATO IN PRIMA LINEA CON BENDAMUSTINA-RITUXIMAB Probabilità Figura 1. Progressione libera da malattia (da: Rummel MJ 2013; mod.). 1,0 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 Mediana (IQR mesi) 69,5 (26,1 non ancora raggiunto) B-R R-CHOP 31,2 (15,2-65,7) HR 0,58 (95% CI 0,44-0,74) p<0,0001 0 12 Numero a rischio B-R 207 R-CHOP 185 24 36 48 60 Tempo (mesi) 72 169 123 125 83 19 9 71 54 35 24 84 96 B-R=bendamustina più rituximab; R-CHOP=CHOP più rituximab benadamustina-rituximab è stata già dimostrata per i linfomi non Hodgkin a basso grado di malignità in uno studio pubblicato da Rummel nel 2005 (3); altri studi hanno documentato l’efficacia dello schema in 1ª linea anche nei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (4- 6) e nei pazienti anziani “fragili” affetti da linfoma B grandi cellule (7). In un più recente studio di fase III di Rummel et al. (8) è stato paragonato lo schema B-R con il R-CHOP in 1ª linea nei pazienti con diagnosi di linfoma follicolare, indolente e mantellare: i risultati ottenuti con lo schema B-R sono stati sovrapponibili in termini di Overall Response Rate (ORR) (93,8% vs 93,5%) e migliori per la risposta alla terapia, intesa come remissione completa (40,1% vs 30,8%) e anche la PFS (progression free survival) (Fig. 1), EFS (event free survival ) e TTNT (time to next treatment) sono risultate superiori rispetto a quelle ottenute con R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone-rituximab). Tali risultati supportano la nostra decisione di trattare il paziente con lo schema B-R anziché il R-CHOP, schema consolidato da tempo per la terapia dei linfomi non Hodgkin aggressivi e indolenti; inoltre lo schema B-R è certamente meglio tollerato del RCHOP, come documentato in numerosi studi (8-10), ragione per cui viene spesso preferito, nella pratica clinica, per il trattamento dei pazienti anziani, unfit e con malattia indolente. 19 M. SAMPAOLO, S. TRAPPOLINI, C. BOCCI, G. GINI Bibliografia 1. Eve HE, Furtado MV, Hamon MD, Rule SAJ. Time to treatment does not influence overall survival in newly diagnosed mantle cell lymphoma. J Clin Oncol 2009;27(32):e189–e190. 2. Martin P, Chadburn A, Christos P et al. Outcome of deferred initial therapy in mantle-cell lymphoma. J Clin Oncol 2009;27(8): 1209–1213. 3. Rummel MJ, Al-Batran SE, Kim SZ et al. Bendamustine plus rituximab is effective and has a favorable toxicity profile in the treatment of mantle cell and low-grade nonHodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2005;23 (15):3383-3389. 4. Knauf WU, Lissichkov T, Aladaoud A et al. Phase III randomized study of bendamustine compared with clorambucil in previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2009;27(26):4378-4384. 20 5. Fischer K, Cramer P, Bush R et al. Bendamustine in combination with rituximab for previously untreated patients with chronic lymphocytic leukemia: a multicenter phase II trial of th G erman Chronic Lymphocytic Leukemia Study Group. J Clin Oncol 2012;30(26):3209-3216. 6. Vidal L, Gafter-Gvili A, Gurion R et al. Bendamustine for patients with indolent B cell lymphoid malignancies including chronic lymphoc ytic leuk aemia. Cochrane Database Syst Rev 2012;9: CD009045. 7. Horn J, Kleber M, Hieke S et al. 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Efficacia di bendamustina in paziente con linfoma mantellare blastoide in recidiva extralinfonodale R. Sartori Servizio Trasfusionale, Centro Emofilia, Centro Malattie del Sangue, Ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto Presentazione del caso Paziente e anamnesi Nel luglio 2010 giunge, presso il nostro centro, un paziente di 67 anni per presenza, all’esame obiettivo, di linfoadenomegalie laterocervicali (6 cm) e sovraclaverae (2 cm) a sinistra, sintomi B ed episodi di vomito e disfagia. L’anamnesi rivela che il paziente soffre di diabete mellito tipo II, di cardiopatia ipertensiva con pregresso infarto miocardico acuto antero-inferiore e potus. Esame obiettivo e indagini diagnostiche La biopsia linfonodale dalla sede laterocer vicale dimostra un linfoma mantellare (sottotipo blastoide), mentre l’emocromo è: GB 9.840/mm3 (N 7.240/mm3, L 1.190/mm 3 , M 1.170/mm 3), Hb 15,4 g/L, piastrine 237.000/mm3, VES 47 mm/h, LDH 419 U/L, presenza di una componente monoclonale sierica IgA/k di 0,27 g/dL; la TAC total body evidenzia anche multiple adenopatie endoaddominali, in sede celiaca, mesenterica latero-aortica di sinistra e interaortocavale e lungo le catene iliache e femorali bilateralmente (max 10 cm) e la biopsia ossea dimostra il 15% di infiltrazione di malattia. Il paziente non dava consenso alle indagini endoscopiche, solitamente previste in casi analoghi e all’esecuzione di puntura lombare. Il Mantle cell lymphoma International Prognostic Index (MIPI) era di 3 (intermedio/alto rischio). Approccio terapeutico, valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici Nell’agosto 2010 il paziente eseguiva un 1° ciclo di terapia con ciclofosfamide, adriamicina e prednisone (APO), per valutare compliance, sensibilità della malattia e tossicità; non era inoltre eleggibile per un programma di autotrapianto da PBSC (Peripheral Blood Stem Cell). Data la risposta clinica e la scarsa tossicità a questa terapia eseguiva, quindi, 4 cicli di polichemioterapia con rituximab, cisplatino e citarabina ad alte dosi (RDHAP) fino a novembre del 2010, con tossicità ematologica di grado 3-4 e 2 episodi di scompenso glicemico. La TAC total body e la biopsia ossea dimostravano la completa remissione della malattia, confer- mata anche dopo 6 mesi. A novembre del 2011, però, il paziente si ripresentava per tenesmo e dolore in sede pelvica, la TAC documentava una neoformazione di 12 cm x 10 cm x 9 cm in sede rettale, senza altre alterazioni di rilievo documentabili (Fig. 1). La biopsia della mucosa rettale confermava la diagnosi di linfoma mantellare blastoide. Data l’assenza di standard e la necessità di un rapido trattamento, il paziente eseguiva 4 cicli di terapia con rituximab, bendamustina e citarabina 800 mg/m2 (R-BAC) fino a febbraio 2012, ottenendo una riduzione di oltre il 90% della massa in sede rettale (Fig. 2). La terapia è stata ben tollerata con tossicità ematologica di grado 3. Nell’agosto 2012 alla ripresa di malattia, nella medesima sede, il paziente è stato trattato con cicli di terapia con bortezomid e rituximab con riduzione del volume della malattia ma con comparsa di moderata insufficienza renale. La malattia è rimasta stabile fino al novembre 2012, quando la sintomatologia ostruttiva sia intestinale, ma anche venosa (edema all’arto inferiore), richiedeva un ulteriore tentativo di citoriduzione. La TAC confermava la ripresa con massa rettale, che venne trattata 21 R. SARTORI Figura 1. Prima recidiva in sede di colon retto. Figura 2. Risposta alla terapia con bendamustina aracytin e rituximab. con rituximab e bendamustina: dopo 4 cicli vi è stata una riduzione di circa il 50% e una regressione della sindrome ostruttiva intestinale e dell’arto inferiore, senza tossicità d’organo. Il programma è di eseguire almeno altri 2 cicli con bendamustina e rituximab e poi valutare un mantenimento. recidive e sopravvivenza mediana di 3-4 anni. La localizzazione gastrointestinale multipla è nota e definita “poliposi linfomatoide multipla intestinale”. In assenza di standard terapeutici i pazienti con malattia avanzata dovrebbero essere invitati a partecipare a studi clinici prospettici, pertanto spesso a questi pazienti si propongono percorsi terapeutici personalizzati. Dato il ruolo del rituximab, nel trattamento dei linfomi non Hodgkin CD20-positivi, è ragionevole considerare adeguati regimi di chemioterapia contenenti questa molecola in stadio avanzato, soprattutto se utilizzato in combinazione con regimi aggressivi di chemioterapia, che dimostrano risultati favorevoli di PFS (progression-free survival) e OS (overall survival) (3). La citarabina è importante soprat- Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il linfoma mantellare costituisce il 6% circa dei linfomi non Hodgkin e il sottotipo blastoide il 5% dei linfomi mantellari (1). L’età mediana è di 62 anni e questo tipo di linfoma si caratterizza per rapida progressione, risposta temporanea alla terapia, elevato tasso di 22 tutto nelle terapie di induzione dei pazienti giovani, dove altre terapie (tipo R-CHOP) risultano meno efficaci (4). Nel nostro caso l’autotrapianto è stato escluso per l’età, per le comorbidità e per la compliance del paziente, ma ci è sembrato utile eseguire una terapia comprendente citarabina ad alte dosi, con l’ottenimento di una remissione completa di circa un anno. Più complessa e con meno riferimenti di letteratura è stata la scelta per la terapia alla ricaduta con massa in sede rettale. L’approccio ottimale, per i pazienti ricaduti o refrattari, rimane anch’esso da definire. I pazienti non candidati a trattamenti ad alte dosi possono essere trattati con terapie di 2ª linea con o senza rituximab analogamente a quanto è raccomandato per i pazienti con Diffuse Large Cell Lymphoma (DLCL). La bendamustina, in combinazione o meno con il rituximab, è efficace e con ottimo profilo di tossicità nei pazienti affetti da linfoma mantellare (5); l’associazione con citarabina in studi clinici preliminari (6) e in vitro ha dimostrato che questa molecola aumenta l’effetto tossico della citarabina nei blasti leucemici e nelle cellule di linfoma, EFFICACIA DI BENDAMUSTINA IN PAZIENTE CON LINFOMA MANTELLARE BLASTOIDE IN RECIDIVA EXTRALINFONODALE quindi con attività sinergica (7). Nel nostro caso la necessità di rapido “debulking” ci ha fatto propendere per questo trattamento; alla seconda ricaduta, dopo la tossicità renale registrata nel trattamento con bortezomib, la banda- mustina, associata a rituximab, ha dato una risposta parziale, che ha permesso la remissione della sintomatologia clinica, con tossicità del tutto accettabile (8). In conclusione la bendamustina, sia in combinazione e sia come agente singolo, sembra essere ben tollerata ed efficace nel trattamento dei pazienti con linfoma mantellare e, in questo caso, ha dimostrato di avere un ruolo anche dopo il suo utilizzo in una precedente linea di terapia. high-dose methotrexate and cytarabine. J Clin Oncol 2005;23(28):7013-723. 4. Walewsk i J, Trneny M, G eisler CH, Stilgenbauer S et al. Treatment of older patients with mantle-cell lymphoma. N Engl J Med 2012;367(6):520-531. 5. Kluin-Nelemans HC, Hoster E, Hermine O et al. Treatment of older patients with mantle-cell lymphoma. N Engl J Med 2012;367(6): 520-531. 6. V isco C, Finotto S, Zambello et al. Combination of rituximab, bendamustine, and cytarabine for patients with mantlecell non-Hodgkin lymphoma ineligible for inten- sive regimens or autologous transplantation. J Clin Oncol 2013 (Feb 11) [Epub ahead of print]. 7. Gandhi V. 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High rate of durable remissions after treatment of newly diagnosed aggressive mantle-cell lymphoma with rituximab plus hyper-CVAD alternating with rituximab plus 23 Bendamustina induce una rapida risposta completa in un paziente affetto da linfoma di Hodgkin risultato refrattario al trapianto autologo e permette l’esecuzione del trapianto allogenico da donatore non consanguineo B. Broccoli Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli” – Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi” – Università degli Studi di Bologna Presentazione del caso Paziente e anamnesi Per la persistenza di adenopatie laterocervicali, febbricola e astenia, a un ragazzo sedicenne è posta,dopo esame bioptico, la diagnosi di linfoma di Hodgkin, a sclerosi nodulare. La PET e la TC di stadiazione mostrano la presenza di malattia in sede sovradaframmatica, con coinvolgimento laterocervicale e sovraclaveare bilaterale e mediastinico. La biopsia osteomidollare non evidenzia un infiltrato linfomatoso. Il paziente è indirizzato a terapia con ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina), di cui esegue 6 cicli, con completa normalizzazione delle adenopatie e della sintomatologia. Esame obiettivo e indagini diagnostiche A distanza di 5 mesi compaiono nuovamente, alla PET, ipercaptazioni nelle pregresse sedi di malattia, in assenza di una sintomatologia specifica o di linfonodi superficiali. La positività PET è inizialmente assai debole; solo nei mesi successivi si evidenzia un’estensione dell’impegno patologico in sede paratracheale, al Barety e all’ilo polmonare destro, assieme a interessa- 24 mento osseo (visto in TC e RMN) di acetabolo sinistro e dei somi vertebrali di D10 e L2. Procedendo ora con biopsia di tessuto mediastinico, si conferma la diagnosi di linfoma di Hodgkin, sclerosi nodulare; il midollo osseo non appare coinvolto da affezione linfomatosa. sono riferiti sintomi correlabili alla patologia linfomatosa. Viene proposto l’impiego di brentuximab vedotin, che il paziente e i familiari rifiutano. Si opta, pertanto, per iniziare un trattamento con bendamustina, attivando in contemporanea la ricerca di un donatore da registro, non essendo presenti fratelli o sorelle HLA-compatibili. Approccio terapeutico In considerazione della ricaduta precoce, dell’età e delle buone condizioni cliniche il paziente è sottoposto a terapia di 2ª linea mediante schema IEV (ifosfamide, epirubicina, etoposide) per 2 cicli; al termine si evidenzia unicamente la persistenza di PET-positività in sede laterocervicale sinistra. In coda al 2° ciclo vengono raccolte 23x106 cellule CD34+/kg. Il paziente è quindi avviato a trapianto autologo condizionato con BEAM (aprile 2012), reinfondendo un terzo delle staminali raccolte. La rivalutazione dello stato di malattia risulta tuttavia compatibile con una progressione nella già nota (e unica) sede laterocervicale sinistra, riscontrandosi ora un grossolano pacchetto linfonodale di almeno 5 cm, non dolente alla palpazione e di consistenza teso-elastica. Non Valutazione a distanza e aggiustamenti terapeutici La terapia con bendamustina viene iniziata nel giugno 2012, alla dose di 140 mg per ogni somministrazione. Il trattamento viene ottimamente tollerato, sia sul piano ematologico sia su quello extraematologico, e si assiste alla scomparsa – già dopo il 1° ciclo – del pacchetto linfonodale palpabile in sede laterocervicale sinistra. A settembre 2012, dopo 4 cicli, si ha la completa normalizzazione delle captazioni PET precedentemente descritte. In considerazione della risposta completa e della disponibilità di un donatore tedesco di 44 anni, il paziente viene sottoposto a trapianto allogenico a fine novembre 2012, condizionato con ciclofosfami- BENDANUSTINA INDUCE UNA RAPIDA RISPOSTA COMPLETA IN UN PAZIENTE AFFETTO DA LINFOMA DI HODGKIN RISULTATO REFRATTARIO AL TRAPIANTO AUTOLOGO E PERMETTE L’ESECUZIONE DEL TRAPIANTO ALLOGENICO DA DONATORE NON CONSANGUINEO de, fludarabina, tiotepa, ATG. Non vi sono complicanze di rilievo e, a 5 mesi dal trapianto, il paziente mantiene lo stato di remissione e si trova in ottime condizioni cliniche generali. Discussione del caso e razionale delle scelte terapeutiche Il paziente affetto da linfoma di Hodgkin, che manifesta refrattarietà al trapianto autologo di cellule stami nali emopoietiche o che ricade precocemente, è un paziente gravato da una prognosi severa, con sopravvivenza globale inferiore a 2 anni e con limitate possibilità di intervento (1). Tra queste il trapianto allogenico può apparire come opzione curativa, pur caratterizzandosi per significativi tassi di ricaduta, segnatamente in presenza di malattia attiva o poco controllata al momento del trapianto (2); risulta pertanto essenziale potenziare le strategie terapeutiche per consentire il raggiungimento di uno stato di remissione pre-trapianto, favorendo l’utilizzo di molecole che mostrino un ridotto profilo di tossicità e manchino di resistenza crocia ta con i farmaci precedentemente impiegati. Se in letteratura esistono dati in questo senso circa l’uso di brentuximab vedotin, anticorpo anti-CD30 coniugato con un agente tossico nei con- fronti del fuso mitotico (3-4), non è ancora così consolidata l’esperienza con altre tipologie di farmaco. La bendamustina sta emergendo in quanto attiva nei pazienti con linfoma di Hodgkin non responsivo a precedenti linee di terapia, compresi il trapianto autologo e allogenico (56), e si sta dimostrando efficace nell’indurre buoni tassi di risposta preallogenico (7), rendendo pertanto perseguibile un’ipotesi trapiantologica in una serie di pazienti con malattia in ricaduta o refrattaria. Non è ancora noto il suo ruolo, tuttavia, come terapia di salvataggio postbrentuximab nei casi in cui esso sia stato sospeso per non responsività o per tossicità. Haematologica 2012:97;310-317. 3. Chen R, Palmer JM, Thomas SH et al. Brentuximab vedotin enables successful reduced-intensity allogeneic hematopoietic cell transplantation in patients with relapsed or refractory Hodgkin’s lymphoma. Blood 2012;119:6379-6381. 4. Gibb A, Jones C, Bloor A et al. 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