I cereali del 2013?
Super-contaminati
Il mais e il frumento contengono rilevanti quantità e diverse famiglie di micotossine. Lo dimostra un’indagine condotta dalla multinazionale Alltech®
di ELISA BOSCHI
È
opportuno che in questi
mesi allevatori e mangimisti tengano alta la guardia
nei confronti delle micotossine. È quanto suggerisce l’indagine condotta in Europa e
Nord America da Alltech® sui
cereali del raccolto 2013, i
cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista
“All about feed” (www.AllAboutFeed.net).
L’indagine ha riguardato
campioni di frumento e di
mais provenienti da 14 Stati
europei e da alcune zone di
Stati Uniti e Canada. Nello
specifico sono stati testati
83 campioni di frumento
e 24 campioni di mais per
38 diversi tipi di micotossine, utilizzando la tecnologia
UPCL-MS/MS (Alltech’s 37+
Programme) che offre l’opportunità di dare uno sguardo più approfondito alla
qualità delle materie prime
e del mangime finito. Dalla
ricerca sono emersi risultati
preoccupanti: il 99% dei cereali campionati conteneva
micotossine e l’83% di questi
conteneva contemporaneamente diversi tipi di micotos-
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sine (grafico 1). La ricerca
ha inoltre evidenziato come
nel frumento di provenienza
europea prevalgano i Trico-
Grafico 1
Percentuale campioni europei frumento 2013, contenenti molteplici micotossine (n=64)
Impatto sulla salute degli animali
Per quanto riguarda il possibile impatto delle micotossine sulla salute e sulle prestazioni degli animali, gli esperti presenti
all’Alltech European Mycotoxin Management Summit hanno
convenuto come già con bassi o moderati livelli di micotossine gli animali possono ridurre il consumo alimentare, con
rallentamento della crescita e allungamento del ciclo produttivo. Da considerare anche il rischio di disturbi intestinali, tra
cui la scarsa digestione delle fibre o gli episodi di diarrea,
e l’aumentata sensibilità alle malattie, che si accompagna
anche alla diminuita risposta ai trattamenti sanitari e all’indebolimento del sistema immunitario. Purtroppo questi sintomi
da esposizione cronica non sono facilmente rilevabili, a
differenza delle risposte acute chiaramente visibili quando
gli animali consumano elevati livelli di micotossine. Gli allevatori devono dunque attuare una stretta vigilanza in modo
da individuare tempestivamente i problemi ed essere pronti
ad intervenire. (E.B.)
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teceni di tipo B (grafico 2),
mentre nel mais a dominare
siano le aflatossine e le fumonisine, presenti insieme a
rilevanti livelli di Tricoteceni di
tipo B (grafico 3).
Per quanto riguarda in particolare il prodotto nord-europeo, tutti i campioni analizzati tranne uno contenevano
molteplici tipologie di micotossine, mentre i Tricoteceni
di tipo B erano presenti in
un terzo dei campioni. La
contemporanea
presenza
di diversi tipi di micotossine
a basse concentrazioni aumenta il livello di pericolosità, motivo per cui il grado di
contaminazione dei campioni provenienti da detta area
geografica è stato considerato ad “alto rischio” per i suini
e su “livelli di guardia” per
ruminanti e avicoli.
Stesso risultato anche per i
campioni provenienti dall’est
Europa, nei quali l’indagine
ha rilevato elevati livelli di
molteplici micotossine, con le
aflatossine in evidenza.
Nei cereali raccolti nel sudovest dell’Europa sono stati
trovati livelli particolarmente
Grafico 2
Risultati delle analisi 2013 Alltech 37+ sui campioni di frumento
elevati di Tricoteceni di tipo B
e di fumonisine, con un campione che conteneva fumonisine a un livello 18 volte superiore alla media europea.
Il livello di contaminazione è
stato quindi valutato ad “alto
rischio” per suini, ruminanti e
avicoli.
Grafico 3
Risultati delle analisi 2013 Alltech 37+ sui campioni di mais
Come intervenire
A che cosa imputare questo
grande numero di differenti
famiglie di micotossine trovate nei cereali campionati, e
in particolare in quelli europei? Forse a nulla di specifico. “I fattori in gioco – spiega
Nick Adams, direttore vendite dell’Alltech’s Mycotoxins
Management Team – sono
numerosi e vanno dalla varietà seminata alle pratiche di
coltivazione, fino alle condizioni meteo come le temperature e il livello di piovosità.
Pertanto la presenza di muffe
e micotossine è qualcosa che
dovremmo considerare sempre più comune e naturale di
quanto forse crediamo”.
Ma come limitare i possibili danni? Secondo Adams
occorre innanzitutto testare
le materie prime al fine di
identificare i prodotti o i lotti più fortemente contaminati
e variare di conseguenza la
formulazione della dieta.
Parimenti importante è gestire
lo stoccaggio delle materie
prime in modo tale da porre
un freno a un’ulteriore crescita di muffe e a un’ulteriore
produzione di micotossine. E
ciò è possibile attraverso un
audit sistematico, come ad
esempio quello sviluppato da
Alltech che si basa sui principi dell’Haccp e che permette
di individuare i punti critici,
da tenere costantemente monitorati in un’azienda agricola o in un mangimificio.
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“È inoltre, caldamente consigliabile – conclude Adams –
l’inserimento di un catturante
ad ampio spettro di azione,
al fine di ridurre i rischi per
la salute degli animali e i
cali delle performance che
si associano alla presenza di
molteplici tipi di micotossine
(vedi anche box, ndR)”. n
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