Guglielmo di Ochkam
(1280-1347)
Non sunt moltiplicanda entia praeter
necessitatem
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La vita e le opere
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1280 (circa): nasce ad Ockham nella contea del Surrey, in Inghilterra.
1319: dopo essere entrato ad Oxford diventa baccelliere.
1321-24: a Londra insegna filosofia e teologia nello studio generale dell’Ordine francescano.
Durante questo soggiorno compone una trattato di commento alle Sentenze di Pietro Lombardo
e la sua monumentale Summa totius logicae (1323).
1324: viene convocato ad Avignone da una commissione papale che condanna come eretiche
51 tesi tratte dalle sue opere. In questa occasione conosce il generale dell’ordina francescano
Michele da Cesena. Entrambi sono impegnati in una lacerante disputa sulla povertà con il papa
Giovanni XXII. Se per i francescani Cristo e gli Apostoli non avevano posseduto nulla, né
individualmente né in comune e a tale esempio doveva rifarsi l'ordine (potendo solo usare dei
beni e non possederli), per il papa questa tesi era eretica e il precetto evangelico della povertà
non escludeva il possesso dei beni necessari alle comunità cristiane.
1328 Ockham segue Michele da Cesena, fugge da Avignone e si rifugia presso l’imperatore
Ludovico il Bavaro a Pisa: “O imperator defende me gladio et ego defendam te verbo”.
Ockham, protetto dall’imperatore, riafferma le sue tesi sulla povertà contro Giovanni XXII e al
contempo prende le parti dell’imperatore nell’antica e mai risolta disputa con il papato su
quale delle due istituzioni dovesse avere il primato nella Respublica Christiana.
1330-1347 è a Monaco di Baviera con l’imperatore. Qui si trattiene fino alla morte avvenuta
molto probabilmente nell’aprile 1347.
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Fede e ragione
Per Ockham non c’è nessun rapporto tra i
contenuti di fede e quanto la ragione dimostra
essere vero, anzi gli articoli di fede appaiono a
volte falsi e irrazionali agli occhi della sola
ragione.
Dunque la teologia NON è una scienza, ma
solo l’insieme delle verità necessarie all’uomo
viandante per conseguire la vita eterna.
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3
Scienza e conoscenza
Quindi la scienza ha come oggetto proprio le
verità naturali. Come possiamo conoscere la
realtà che ci circonda arrivando a
comprendere delle verità attorno a tale
oggetto?
La conoscenza può essere di due tipi:
INTUITIVA e ASTRATTIVA
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Conoscenza intuitiva
È l’inizio del processo conoscitivo e ci dice se una cosa esiste oppure no.
Essa comincia, per le cose esterne, nei sensi e si conclude nell’intelletto
che giudica immediatamente dell’esistenza o meno della cosa (nel caso
degli oggetti mentali - stati d’animo, dolore, ricordi - l’oggetto è giudicato
direttamente dall’intelletto). La conoscenza intuitiva riguarda sempre
realtà singolari e contingenti.
• Se la cosa è presente, il giudizio è certo, se la cosa è assente, e per
giudicare devo utilizzare esclusivamente strumenti intellettuali come la
memoria, il giudizio è meno certo e più incline all’errore. In ogni caso
per conoscere qualcosa io devo prima averla presente sottomano,
poi potrò anche ricordala e richiamarla alla mente.
• Questa dottrina può essere chiamata empirista (base di ogni
conoscenza è l’esperienza diretta e sensibile di un oggetto).
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La conoscenza astrattiva
• Riguarda oggetti non presenti di cui si specificano le caratteristiche in
base ad un ragionamento logico. Se io dico che un uomo, in quanto
tale,
1) deve avere un’intelligenza, cioè che nel concetto di uomo è implicito il
fatto che egli abbia un’intelligenza,
2) e che se ha un’intelligenza è capace di risolvere problemi,
- se io dico tutto ciò, a prescindere dal fatto che abbia qui davanti un
uomo intelligente che risolve problemi,
- se io dico tutto ciò, non occupandomi della sua reale esistenza, cioè non
occupandomi della proposizione: “Esiste un uomo intelligente che
risolve problemi”,
la mia conoscenza è astrattiva
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La conoscenza astrattiva
Conoscenza intuitiva e astrattiva si differenziano per la capacità o incapacità di
rendere evidenti proposizioni mentali contingenti (di tempo presente), ovvero di
fondare la certezza nella verità di queste proposizioni. Una proposizione
contingente è quella in cui viene espresso uno stato di cose del mondo reale,
non necessario, suscettibile cioè di mutamento: così ad esempio è contingente la
proposizione che afferma «questo cavallo è bianco» o «c’è un cavallo».
L’esistenza e la prossimità al soggetto conoscente di un cavallo di colore bianco,
assieme al corretto funzionamento degli organi di senso e dell’intelletto, produce
la conoscenza intuitiva del cavallo, del colore bianco e dell’inerenza del secondo
nel primo, il che vuol dire che il soggetto conosce con evidenza che la
proposizione “c’è un cavallo bianco” (o “questo cavallo è bianco”) è vera.
• La conoscenza intuitiva è definita da Ockham come quella conoscenza
semplice grazie alla quale è possibile conoscere con evidenza una qualsiasi
verità contingente, come quelle esemplificate. La conoscenza astrattiva
invece è quella che non permette di conoscere con evidenza questo tipo di
verità (e, in un senso molto lato, include tutti i tipi di conoscenza, anche
complessi, diversi dall’intuizione).
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Conoscenza astrattiva e universali
La conoscenza astrattiva ricava gli universali da più oggetti
singolari. Ma questi universali non hanno né indicano alcuna
realtà o essenza universale. Cioè: dall’intuizione di più uomini,
per esempio, la conoscenza astrattiva permette di elaborare il
concetto universale di uomo e di dedurne logicamente alcune
caratteristiche, ma ad esistere sono solo gli uomini singolari e
non l’Uomo concettuale ed universale.
• Peculiarità della conoscenza astrattiva è quella di parlarci di
quegli enti che sono indicati dall’universale, senza avere
l’evidenza dei giudizi contingenti relativi a quegli oggetti.
Essa, cioè, li COGLIE, prescindendo dalla loro esistenza
attuale, dicendo ciò che è implicito nel loro concetto: “Se
esiste l’uomo, esso è animale razionale”.
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Universali
Gli universali sono semplicemente SEGNI
che si formano nella mente, con cui
indichiamo una classe di cose simili. Sono
termini che, non indicano un’essenza
comune a tutte le cose, ma stanno al posto di
un gruppo di cose e si formano nella mente
attraverso la reiterazione di atti di conoscenza
che riguardano appunto oggetti tra loro simili.
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Gli universali
(il nominalismo di Ockham)
Dunque gli UNIVERSALI non hanno alcuna
realtà fuori dalla mente umana e non
riguardano qualcosa di reale, ma sono solo
SEGNI.
• Tutto ciò che viceversa è REALE, è
singolare, è individuo: nella realtà non
esistono altro che individui.
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La SUPPOSITIO
Quando un segno STA AL POSTO DI un oggetto o di una
classe di oggetti, si dice che supponit pro (sta in luogo di).
Dunque lo “stare al posto di” proprio dei segni – cioè dei
termini, delle parole – è detto suppositio (supposizione).
• Es. quando il termine uomo “sta al posto di” una serie di
individui simili, perché hanno braccia, gambe, capelli, si
vestono e parlano, si dice che è “supposizione” di questi
individui.
• Lo stesso vale, però, anche per il termine singolare
Massimo, che sta al posto di un solo paffuto insegnante di
filosofia
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La logica di Ockham
La logica, nella tradizione che viene da Aristotele studia
innanzitutto
i termini del discorso,
cioè i suoi elementi più semplici, che, uniti, formano
le proposizioni
che, a loro volta, unite, formano
i ragionamenti.
Ockham insiste ovviamente sui termini singolari che
sono architrave del suo pensiero metafisico.
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Termini categorematici e
sincategorematici
I termini categorematici indicano cose,
entità esterne con un preciso significato
(Socrate, uomo, pietra);
I termini sincategorematici sono quelli
che hanno senso solo in unione con i
categorematici (es. ogni, qualche,
nessuno).
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Dimensione semantica e…
La logica si occupa del rapporto di
significazione dei termini, del fatto, cioè, che i
termini significano, ossia si riferiscono e
stanno al posto di qualche cosa (dimensione
semantica del discorso, cioè relativa al suo
SIGNIFICATO)
ma anche
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…sintattica del discorso
Delle regole di connessione (sintassi)
dei termini e di derivazione delle
proposizioni, cioè di come, mettendo
assieme termini categorematici e
sincategorematici, io costruisco una
proposizione, una frase di senso
compiuto.
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I termini derivano dalle cose
Ciò che rende possibile la funzione segnica del
termine sono le cose. Le cose producono nella mente
umana i segni che le RAPPRESENTANO. Essi
sono innanzitutto mentali, cioè sono pensieri che
dicono mentalmente la cosa. Dai pensieri derivano
a loro volta i termini orali – le parole – e quelli
scritti – i segni grafici. Se i termini mentali sono
NATURALI, quelli orali o scritti sono
CONVENZIONALI.
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Il termine mentale
Il termine mentale è il riflesso della cosa, così come
il fumo significa il fuoco e il gemito dell’infermo
significa il dolore.
A sua volta questo termine - conceptus, concepito
mentalmente, cioè il concetto – ha la funzione di
significare cioè di indicare qualcosa di altro da sé.
Il concetto di tavolo indica il tavolo, che è
appunto un tavolo e non un concetto.
Questo indicare un qualcos’altro da sé , Ockham lo
chiama INTENTIO.
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Intentio prima e secunda
Il riferimento di un termine a qualcosa di esterno a sé può
avere come punto di arrivo…
1) …Una cosa fisica o nel caso del concetto universale,
una classe di cose fisiche (per esempio: uomo, cane,
albero). In questo caso si tratta di un’intenzionalità
prima. Nella frase Socrate è un uomo, il termine “uomo”
indica quell’essere in carne ed ossa che è Socrate…
2) …Oppure una nozione o un altro atto intenzionale
(per esempio universale, genere, specie). Nella frase
l’uomo è una specie, il termine uomo si riferisce al
concetto di specie, cioè non ad un essere in carne ed ossa
ma ad un altro termine mentale.
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Il termine preso significativamente
Nel caso dell’intenzionalità prima, il termine è
preso significativamente, cioè sta al posto di cose
diverse dai termini stessi.
Nel caso dell’intenzionalità seconda il termine non
è preso significativamente e allude ad altri termini.
• Questi ultimi due modi di riferirsi ad altro sono
corrispondenti a due modi specifici che il termine
ha di “stare per altro”, cioè di supporre…
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Suppositio personale,semplice e
materiale
Suppositio personale: il primo modo della suppositio è
quando il termine significa l’oggetto esterno o interno del
quale esso è segno naturale. Es.: “Un uomo corre”;
Suppositio semplice: il termine non sta in luogo dell’oggetto
ma di un concetto: “L’uomo è una specie animale”. Qui uomo
sta al posto del concetto di SPECIE e non significa gli uomini
concreti per i quali il termine è naturalmente sorto;
Suppositio materiale: il termine sta al posto del segno
grafico o della parola fisica. Es. : “Uomo è una parola di
quattro lettere”.
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Verità e falsità
Sulla base della teoria della suppositio é
possibile affrontare il problema della verità o
falsità delle proposizioni.
• Una proposizione affermativa (cioè che
descrive uno stato di cose e non riguarda
ordini, desideri, invocazioni etc.) è vera solo
se il soggetto e il predicato suppongono
per la stessa cosa.
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“Socrate è un uomo”
Se il termine Socrate e il termine uomo stanno al
posto dello stesso essere con gambe, braccia, capelli
e barba che ho qui davanti, la proposizione «Socrate
è un uomo» è vera.
Se invece io ho chiamato il mio gatto Socrate e il
termine uomo suppone per esseri bipedi, eretti, con
capelli e/o barba, nella frase «Socrate è un uomo»,
Socrate suppone per il mio gatto mentre uomo per un
essere bipede etc., dunque non per la stessa cosa.
Quindi la frase è falsa.
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Niente universali!!!
La proposizione categorica singolare "Socrate é
un uomo" è vera non perché Socrate possieda
l'umanità o perché l'umanità sia in Socrate o
infine perché l’umanità appartenga alla sua
essenza (non esiste un universale reale al quale il
discorso si riferisce); essa significa soltanto che
Socrate è veramente uomo, ossia che c‘è una
cosa al posto della quale sta il predicato uomo:
tanto il soggetto quanto il predicato stanno
(supponunt) per la stessa cosa.
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Congiunzione di due proposizioni
Dunque se una proposizione è vera quando i
termini in essa congiunti suppongono per la
stessa cosa,
ad un livello superiore la congiunzione di due
proposizioni sarà vera , quando siano
entrambe vere le proposizioni;
la disgiunzione quando sia vera una delle due.
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Scienza
Che senso hanno le teorie logiche or ora enunziate?
Esse ci danno l’idea di come Ockham concepisca la
scienza.
Le varie scienze risultano, secondo Ockham,
costituite da enunciati espressi sottoforma di
proposizioni: la loro verità dipende dalla presa che
queste proposizioni hanno sul reale, la quale a sua
volta viene garantita dalla supposizione personale
cioè dal fatto che i loro termini significhino
naturalmente qualcosa e si riferiscano naturalmente
al loro significato (intenzionalità prima).
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Scienza reale
La scienza reale è dunque “conoscenza evidente di una
proposizione vera, causata dalla conoscenza immediata
o mediata dei termini: nel primo caso – conoscenza
immediata – si tratterà della conoscenza evidente di una
proposizione contingente, nel secondo della conoscenza
di una conclusione che può essere logicamente tratta da
una proposizione conosciuta con evidenza” (C. Marno,
Guglielmo di Ockham [Venerabilis inceptor o Doctor
invincibilis] )
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Scienza razionale
Accanto alla scienza reale, cioè alla
scienza relativa alle cose, vi sono scienze
razionali che riguardano le connessioni
di concetti (logica) e i cui termini
suppongono per dei concetti.
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Gli individui
Dalla concezione di scienza che ha
Ockham e dal suo rifiuto degli universali
si evince che per lui SOLO GLI
INDIVIDUI sono reali. Il mondo è un
insieme di elementi individuali isolati e
contingenti.
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Niente mediazioni
Se, per Agostino, Dio nel creare il mondo si era
basato sulle idee quali paradigmi della realtà
(nient’altro che i suoi pensieri) e se per Tommaso
Dio conferiva esistenza (actus essendi) alle essenze,
per Ockham non è mai il caso di parlare né di
essenze, né di idee, né di universali: non c’è nessun
essere intermedio tra la singola cosa e Dio.
• Egli crea in modo libero e gratuito tutte le cose del
mondo, che perciò dipendono in tutto e per tutto
dalla volontà di Dio (sono contingenti).
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L’esistenza di Dio
Ma l’esistenza di Dio può essere dimostrata? Stando
alla concezione ockhamiana l’esistenza non si
dimostra ma si verifica tramite una conoscenza
intuitiva.
Tuttavia di Dio non si ha nessuna conoscenza
intuitiva in questa vita terrena, dunque non vi è
alcuna evidenza della sua realtà.
Vi saranno nondimeno argomenti persuasivi circa
l’esistenza dell’ente supremo?
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Le cause conservanti
Ockham rifiuta con ragioni simili a quelle di
Gaunilone, l’argomento a priori di S. Anselmo
e riformula in modo originale l’argomento ex
causa di S. Tommaso.
La sua riformulazione si concentra sul
concetto di causa conservante…
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Non ci siamo fatti da soli né ci
manteniamo da soli
Le realtà dell’universo appaiono aver ricevuto
l’essere da altro e non sembrano in grado di
conservare da sé l’essere che hanno ricevuto.
Ci vuole cioè qualcosa o qualcuno che le mantenga
nell’essere.
• Se questo qualcosa o qualcuno non è a sua volta
conservato da qualcos’altro o qualcun altro, siamo
arrivati al primo principio.
• Se è mantenuto da altro dobbiamo risalire di causa
in causa al primo principio.
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Niente regressus
Perché non è possibile andare all’infinito nelle cause conservanti?
• Perché la causa conservante deve COESISTERE con l’effetto
conservato, proprio perché lo deve conservare (es.: se io sono
mantenuto in vita da una macchina, quella macchina deve
funzionare insieme a me, se viene meno la causa conservante,
cioè se si spegne la macchina, viene meno anche l’effetto
conservato, cioè la mia vita).
• Se le cause conservanti fossero infinite, cioè se si desse un
regressus in infinitum delle cause conservanti, si avrebbe
l’esistenza attuale, cioè concomitante con l’effetto
conservato, di un’infinità di cause,
Ma, per quanto dice Aristotele, non può esistere un’infinità in atto.
Dunque bisogna PER FORZA giungere ad una causa prima
conservante.
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Il regressus è possibile con le cause
efficienti
Nelle cause efficienti non c’è contraddizione a
pensare il regressus in infinitum perché esse non
debbono necessariamente coesistere con i loro
effetti: una causa efficiente può venir meno dopo
aver prodotto il suo effetto. Dunque non si darebbe
un’infinità attuale di cause efficienti (le cause non
devono stare tutte assieme in un dato spazio-tempo,
quello dell’effetto conservato, ma si possono
dispiegare infinitamente all’indietro).
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Il primo principio è Dio
Così la Causa prima conservante è il primo
principio. Tale primo principio è identificabile
con Dio, ma il passaggio dal Dio-primoprincipio al Dio della Rivelazione cristiana è
impossibile razionalmente. Dunque non si
possono provare del Dio-causa-prima gli
attributi tipicamente cristiani dell’unicità,
infinità, provvidenza, onnipotenza.
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Fede e onnipotenza divina
Al Dio onnipotente si giunge per fede, anche se è ragionevole
pensare che il Dio causa prima sia anche onnipotente. Ma la
conferma di ciò viene dalla Rivelazione.
• Mettendo assieme questo dato con la contingenza di tutte
le realtà di cui abbiamo conoscenza, possiamo costruire
l’immagine di un
MONDO RADICALMENTE CONTINGENTE
che è stato voluto da un
DIO RADICALMENTE ONNIPOTENTE E LIBERO
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Potentia Dei absoluta
Questo Dio onnipotente non è da nulla
vincolato nelle sue decisioni, nemmeno dai
primi due comandamenti del Decalogo (“ Io
sono il signore Dio tuo, non ti farai altro Dio”;
“Non pronunciare il nome di Dio invano”).
Egli dunque avrebbe potuto ordinare all’uomo
di non credere in Lui e di odiarlo, e ciò
sarebbe stato giusto in quanto effetto della
volontà di Dio.
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Il mondo posto a caso
Se fosse vera l’idea di una potentia Dei absoluta (alcuni come
Pier Damiani - De divina omnipotentia, 1067 ca.-, si erano
spinti a dire che Dio avrebbe potuto cambiare il passato),
verrebbe meno l’intellegibilità e la stabilità del mondo,
perché non potremmo mai fidarci delle regole create da
Dio, visto che in ogni momento Egli stesso le potrebbe
cambiare.
• Sarebbe dunque un universo, il nostro, consegnato alla
casualità e all’arbitrio di una volontà assolutamente
inconoscibile e imprevedibile (anche la Bibbia, fonte della
rivelazione, potrebbe essere cambiata da un atto di volontà
di Dio, e ordinare cose diverse … da sempre).
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Il mondo o i mondi
Se Dio è onnipotente in modo assoluto
avrebbe potuto creare, contraddicendo
uno dei presupposti della fisica
aristotelica, altri mondi oltre il nostro e
come il nostro.
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Il RASOIO DI OCKHAM
Abbiamo visto in precedenza come O. rifiuti gli universali e neghi loro
qualsiasi realtà ontologica. Questo per un principio di economia. Se la
conoscenza e la realtà possono essere spiegate SENZA l’ausilio di idee e
concetti universali che abbiano una consistenza ontologica, non si capisce
perché si debba introdurli.
NON SUNT MOLTIPLICANDA ENTIA PRAETER NECESSITATEM
non si devono moltiplicare gli enti senza necessità;
FRUSTRA FIT PER PLURA QUOD POTEST FIERI PER PAUCIORA
inutilmente si fa attraverso molteplici cose ciò che può essere fatto
attraverso poche.
Ora tutta la filosofia di O. mostra che ciò è possibile (è possibile fare
“economia” di enti per spiegare il reale), dunque, di conseguenza che
l’universale è inutile.
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Conseguenze del RASOIO (1)
Conseguenza gnoseologica del rasoio è che
tra il soggetto che conosce e l’oggetto
conosciuto non vi è alcuna specie sensibile
(cfr. Aristotele, la dottrina della conoscenza),
perché l’oggetto è colto direttamente dai
concetti del soggetto che nascono proprio per
questo (intenzionalità).
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41
Conseguenze del RASOIO (2)
Per conoscere le cose non è necessaria la
nozione di sostanza cioè di un SOSTEGNO
delle loro qualità (cfr. la dottrina della
sostanza in Aristotele), visto che le qualità
sono sufficienti a denotarle e la nostra mente
può confrontarle creando universali che
possono indicarle con una certa celerità ed
efficacia.
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Conseguenze del RASOIO (3)
Se noi conosciamo solo le cose individuali, conosciamo solo
eventi singolari ai quali diamo arbitrariamente il nome di
causa e di effetto. Infatti essendo l’evento-causa e l’eventoeffetto due cose assolutamente diverse e non potendo
conoscere il NESSO NECESSARIO tra i due, non potremo
nemmeno assegnare a ciascuno l’una o l’altra caratteristica in
modo essenziale. Perché, nondimeno, lo facciamo? Perché
registriamo l’insorgere dell’effetto in modo relativamente
regolare dopo il presentarsi della causa, senza però poter
sapere che cosa li tiene necessariamente e assolutamente
assieme.
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43
Conseguenze del RASOIO (4)
Se non possiamo dare ragione del NESSO
CAUSALE,
non dovremo cercare il perché delle cose
(scire per causas di Aristotele), bensì
accontentarci di
DESCRIVERE i fenomeni e il loro
comportamento dirigendoci al COME.
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Conseguenze del RASOIO (5)
La fisica aristotelica contempla oltre ai quattro
elementi una quinta essenza, l’etere, di cui
sono costituiti, a differenza della terra, i corpi
celesti. Tuttavia, nella misura in cui i
fenomeni naturali sono spiegabili con gli
elementi di cui abbiamo evidenza intuitiva,
appare del tutto ridondante l’introduzione di
altre entità.
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45
La politica
Nella lotta contro Giovanni XXII, Ockham
giunge ad affermare:
1) Che il papa non ha ricevuto da Cristo un
potere assoluto né in campo spirituale
(poiché ai fedeli non può essere tolta la
libertà, che è l’essenza della legge di Cristo,
né in campo politico, dove bisogna “rendere
a Cesare quel che è di Cesare”).
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Legge antica e legge nuova
Infatti la Chiesa autoritaria, che si occupa
principalmente di dettare leggi ai fedeli e
pretende di comandare anche nella sfera
civile, regredisce alla logica dell’AT - dove
prevale appunto il concetto di un Dio
legislatore e sovrano – invece che rifarsi allo
spirito dei Vangeli, dove prevale la grazia e
la libertà.
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47
L’autorità infallibile
L’autorità infallibile in ambito religioso non
risiede
né nel papa,
né nei concili,
ma solo nella totalità della CHIESA,
quale multitudo fidelium, che sola
progredisce nella conoscenza del dogma
grazie all’assistenza dello Spirito Santo.
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Chiesa e impero
Non vi è alcuna superiorità della Chiesa sull’impero,
visto che l’autorità imperiale risale ai romani ed è
dunque più antica di quella papale. I due poteri
sono distinti e autonomi, ognuno nella sua sfera.
In particolare il potere imperiale viene da Dio (Rm
13) per populum, cioè attraverso i governati, che
perciò possono deporre il sovrano, qualora si
dimostrasse inadeguato al suo compito.
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