Guglielmo d'Ockham Logica e metafisica Il carattere innovativo della filosofia di Ockham Ockham porta a maturazione una linea di pensiero sviluppatasi, a partire dal XII secolo, attraverso le indagini di Abelardo: il nominalismo. Rispetto ad altre precedenti versioni della dottrina nominalistica, quella di Ockham include in sé un nominalismo ontologico, un nominalismo gnoseologico e un nominalismo logico. La logica dei termini, elementi ultimi del discorso La logica terminista è lo studio delle strutture formali del discorso. Secondo Ockham la logica ha come oggetto lo studio delle proprietà dei termini (proprietas terminorum) e delle condizioni di verità delle proposizioni che da essi sono composte. Il termine cioè costituisce l' "atomo logico" che, unendosi ad altri termini, forma la proposizione, che a sua volta, aggregandosi ad altre proposizioni, dà origine al discorso. I termini si dividono in: mentali o concetti, orali o parole, scritti o segni grafici. Il segno grafico è simbolo convenzionale della parola e questa simbolo convenzionale del termine mentale. Mentre il termine mentale restituisce l'immagine immediata delle cose, gli altri due tipi di termini sono il risultato di una libera convenzione e variano a seconda dei paesi e dei popoli. I termini possono inoltre venire raggruppati in due grandi classi: categorematici, che hanno un significato definito e preciso (uomo, animale, casa) e sincategorematici, che non hanno un significato proprio, ma l'ottengono in relazione a un termine categorematico (ogni, nessuno, qualcuno, tutti). Assoluti sono poi detti quei termini che significano una realtà singolare così come è colta dall'intelletto. Il carattere ontologico del nominalismo di Ockham Secondo Ockham un'aggregazione di termini mentali assoluti riflette in sé la corrispondente aggregazione di cose. Nel discorso, come nella realtà extramentale, l'ultima e anche l'unica realtà è costituita dall'elemento singolare, dalla parte singola, dall'individualità: questa, sul piano mentale, è rappresentata dall'atomo logico (termine) e nella realtà dall'atomo fisico, ossia dalla singola cosa. Nella mente, che si comporta come uno specchio fedele della realtà, sono dunque presenti solo elementi singoli e individuali. In tal modo, il termine mentale si distingue dalle parole e dai termini scritti in quanto è in un rapporto speculare rispetto alle cose. Si coglie qui il passaggio operato da Ockham da un mero nominalismo logico a uno ontologico o metafisico: la logica non si limita ad analizzare le strutture formali del discorso, ma, l'analisi logica dei termini consente di porre in rilievo la struttura ontologica individuale e singolare della realtà. Gli universali come segni delle cose Ockham affronta il problema degli universali chiedendosi se tali termini possano riferirsi a corrispondenti realtà universali e, inoltre, se queste realtà esistano al di fuori della mente, sia come realtà effettive, per sé esistenti, sia come classi o essenze comuni a più individui. La sua risposta è negativa in entrambi i casi; egli infatti dimostra che il concetto universale non ha alcun corrispettivo nella realtà e che in questa non sussiste, come ente a sé stante, una classe (o essenza) comune a più individui. il termine universale coincide con quelle nozioni confuse che noi impieghiamo quando, per nominare la realtà, che è formata solo da individui, ci serviamo di termini generici, che non consentono la precisa denotazione di un individuo in particolare. Per esempio, i concetti universali di genere e di specie sono concetti confusi, che non denotano altro che gli individui stessi. «Socrate è un uomo», «Aristotele è un uomo», «Tizio è un uomo»: i tre individui indicati costituiscono null'altro che res (cose) singole. I concetti, invece, sono del tutto esterni rispetto alle cose e assumono un mero valore strumentale, in quanto sono segni la cui corrispondenza con la realtà non comporta alcuna confusione con questa. La dottrina dell'intenzione prima e seconda Il tema degli universali può essere meglio affrontato a partire da due concetti definiti da Ockham intentio e suppositio. Con il primo ci si riferisce a quella proprietà dell'anima per cui essa è sempre intenzionalmente diretta su questa o quella cosa. La nozione o termine mentale può essere infatti considerata da un duplice punto di vista: o come immagine della cosa, o come affezione passiva dell'anima che riceve tale immagine. Il rapporto tra nozione e anima è però un rapporto di registrazione attiva, ossia l'anima collabora attivamente al prodursi in essa di immagini speculari delle cose, mediante i propri "atti di attenzione". La nozione o atto intenzionale di attenzione si rivolge sempre a qualcosa, riguarda sempre qualcosa di determinato. L'oggetto a cui si rivolge può essere costituito da cose fisiche oppure da nozioni, ossia da altri atti intenzionali. Nel primo caso si parla di intenzioni prime (quest'uomo, questa casa); nel secondo di intenzioni seconde. Rientrano in questo gruppo i termini universali, che costituiscono classi e insiemi di termini di primo grado (cioè termini di prima intenzione). Questi termini universali hanno per oggetto delle nozioni e possono essere predicati di più di uno di quei termini (o realtà fisiche) di primo livello, a cui si riferiscono come a loro contenuto. A essi non corrisponde però nessuna realtà extramentale. L'universalità del concetto consiste esclusivamente nella sua funzione significante: il concetto è cioè un segno delle cose e in quanto tale sta in luogo di esse nelle proposizioni. La suppositio Alla conclusione che all'universale non corrisponde alcuna realtà extramentale si può pervenire anche considerando la proprietà significativa di una proposizione (sillogismo). Occorre tener presente che nella proposizione i termini, in quanto tali, sono portatori di significato: il termine, cioè, supponit pro (sta al posto di) una determinata realtà. Ockham chiarisce così il significato di suppositio: «La supposizione è per così dire il porre al posto di qualcos' altro, così che quando un termine in una proposizione sta al posto di qualche cosa, suppone per essa» (Summa logicae, I, 63). Solo gli individui sono reali Reali sono, per Ockham, solo le cose create da Dio, che hanno una natura individuale. Non esistono intermediari tra il creatore e le sue creature. L'essere è infatti solo un essere individuo, singolare, la cui esistenza costituisce la vera realtà e che noi apprendiamo attraverso la conoscenza intuitiva. Le astrazioni generiche sono di origine umana e non hanno nulla di divino (come viceversa sosteneva il realismo, che le concepiva come un tramite tra l‘unità di Dio e la distinzione molteplice delle creature). Considerare l'universale come reale è quindi una forma di idolatria. Equivale infatti a riconoscere come prodotto di Dio (gli universali) ciò che è soltanto il frutto di un procedimento di astrazione del tutto umano e naturale. Il valore fondante della conoscenza intuitiva Se gli universali possono fornirci solo una conoscenza confusa, che non rispecchia in alcun modo la realtà individuale e singolare degli enti creati da Dio, ne deriva che la sola conoscenza certa è quella intuitiva. I cinque sensi, cioè, costituiscono il punto di partenza di ogni conoscenza certa e operano solo a partire dalla presenza di una realtà o fenomeno. Anche la scienza perciò non può che basarsi sulla conoscenza intuitiva che ha la sua espressione più alta nell'esperienza. Una conoscenza è evidente quando è legata al presentarsi e al manifestarsi dell'oggetto concreto. Il carattere di evidenza comporta inoltre l'assenso, quando questa conoscenza è legata alla presenza immediata dell'esistenza direttamente constatata. Occorre precisare che nessuna essenza contiene in modo necessario e costitutivo la nozione di esistenza. L'esistenza, quindi, non può essere dedotta, ma solo intuita in modo diretto. Vani sono quindi i tentativi di derivare dall'idea di Dio e dalla sua essenza la prova diretta della sua esistenza. Esercizio Che cosa indica la distinzione fra intentio prima e seconda? Quali sono le forme della suppositio? Con quali argomentazioni Ockham sostiene, da un punto di vista teologico, il primato dell'essere individuale?