La donna da icona del patriottismo a patriota Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita… Cristina Trivulzio di Belgiojoso, 1866 Quando si parla di guerra si parla sempre di uomini. Eppure c’è un “ Risorgimento Invisibile” ed è quello fatto dalle donne. E’ importante individuare quindi, all’interno di uno spazio storico come il Risorgimento, connotato fortemente dall’immaginario maschile, la figura femminile che ha contribuito ad indicare, sostenere e realizzare il progetto indipendentista e unitario italiano. E’ quindi nell’800 che le donne cominciano a farsi sentire anche in Italia e ad occupare un posto determinante nelle lotte pagando anche con la vita. Comunque la partecipazione femminile al Risorgimento non venne mai esaltata, oltretutto, molte donne illustri furono cancellate dalla memoria collettiva. Le incontriamo però nella memoria dei familiari , di tutti coloro che le hanno conosciute e spesso nella tradizione delle comunità . Donne di tutti i ceti appoggiarono l’azione risorgimentale: furono migliaia le borghesi e le popolane mandate sotto processo, talvolta in esilio, in carcere, anche sul patibolo. Le prime avendo scritto e lottato per i diritti del genere femminile. Tra costoro vi erano molte mazziniane e liberali che parteciparono ai giornali dell’epoca o addirittura a qualche azione patriottica. Le seconde invece aiutando i propri uomini in battaglia. Ne sono un esempio Colomba Antonietti , morta accanto al marito sotto le mura di Roma, vestita da uomo, per difendere la Repubblica e Rosalia Montmasson che, travestita da garibaldino, partecipò alla Spedizione dei Mille. Giuditta Sidoli, stretta collaboratrice di Mazzini nella “Giovine Italia” e suo unico vero amore, fu spiata e incarcerata dalla polizia che la descrisse con tali parole: “età 29 anni, statura piuttosto alta,capelli biondi, occhi grandi e scuri,bellissima ed estremamente pericolosa” E ancora Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la principessa ritratta da Hayez, che ispira a Stendhal la duchessa Sanseverina de “La Certosa di Parma”, la quale portò da Napoli fino in Lombardia un battaglione di duecento uomini per combattere gli austriaci, perse i beni sequestrati da Radetzky e scese a Roma dove riuscì a reclutare centinaia di infermiere. Sicuramente Anita Garibaldi fu l’esempio più luminoso e amato di donna combattente: seguì il marito sui campi di battaglia e, quando la Repubblica Romana cadde, anche se incinta, volle essere con lui nella lunga fuga fino a morire per la stanchezza nella pineta di Ravenna. Fu rimpianta da tutti gli amanti della libertà, che videro in lei un simbolo. Altre erano segretamente affiliate alla Carboneria , nel ruolo di “giardiniere”,che, come l’analoga organizzata dai maschi, prevedeva due livelli: “apprendista” e “ maestra”. A quel punto erano autorizzate a portarsi dietro un piccolo pugnale,nascosto tra le calze e la giarrettiera. Le donne non si limitarono solo a sostenere e diffondere le nuove idee, ma parteciparono attivamente alle lotte impugnando le armi e quando non avevano i fucili adoperavano forconi e sassi. Una delle più ferventi fu Teresa Casati Confalonieri, denominata “l’ostinata giardiniera”, sposata con il capo indiscusso della Carboneria e della Massoneria nordica. Il marito aveva preso parte al congresso di Vienna, mandandole lettere che ella leggeva insieme ai più autorevoli liberali lombardi nel suo salotto che divenne in seguito un ritrovo segreto di conversazioni dove ci si scambiavano informazioni e si studiavano tattiche per sfuggire alla polizia. L’ amore di una madre per i figli non può nemmeno essere compreso dagli uomini …. Con donne simili una nazione non può morire. Giuseppe Garibaldi Lavoro a cura di: Onnembo Valeria Scafuro Debora